GPII 1980 Insegnamenti - Recita del Regina Coeli - Basilica di san Pietro - Città del Vaticano (Roma)

Recita del Regina Coeli - Basilica di san Pietro - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Domando la vostra preghiera per l'unione dei cristiani

1. "Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire..." gli apostoli e "tutti" coloro che erano riuniti nel cenacolo con Maria, madre di Cristo, "furono... pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d'esprimersi" (Ac 2,4).

Quanti allora erano presenti a Gerusalemme, "giudei osservanti" di ogni nazione che è sotto il cielo, pieni di stupore e di ammirazione, dicevano: "Costoro che parlano non sono forse tutti galilei? E com'è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa?" (Ac 2,7-8).

Mentre riviviamo oggi la solennità della Pentecoste (discesa dello Spirito Santo), ci conviene ancora una volta ritornare con la memoria a quei paesi del continente africano, che ho avuto la gioia di visitare recentemente. Li abbiamo udito come sono annunziate e confessate "le grandi opere di Dio" in altre lingue, diverse da quelle di cui fa menzione il libro degli Atti degli apostoli, e da quelle comunemente conosciute nella Chiesa e nel mondo. E non solo nelle proprie lingue si esprimono i popoli dell'Africa, che hanno ricevuto il battesimo ed il Vangelo, ma cercano anche, per la loro fede e per tutti il messaggio cristiano, una adeguata espressione nella propria cultura.

Contemporaneamente gli elementi di quella cultura nativa, illuminati dai raggi della verità del Vangelo e da essa trasformati, quei popoli cercano di introdurli nel loro proprio modo di vivere la liturgia e "le grandi opere di Dio", come espressione della loro viva presenza nella comunione universale della Chiesa, come in una grande famiglia spirituale, che accoglie con amore nel suo tesoro spirituale tutto ciò che è buono, nobile e bello.

Bisogna quindi rallegrarsi che, in questo modo, l'evento e, nello stesso tempo, il mistero della Pentecoste continui a perdurare e si sviluppi nella storia dell'umanità.


2. Desidero anche, in questo giorno raccomandare allo Spirito di verità e di amore i lavori del dialogo teologico che si iniziano tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse nel loro insieme.

Giovedi prossimo, 29 maggio, nell'isola di Patmos, dove si vuole che san Giovanni abbia scritto l'Apocalisse, si riunirà, per la prima volta, la commissione mista cattolico-ortodossa. In occasione della mia visita al venerato fratello, Dimitrios I, al patriarcato ecumenico, nello scorso novembre, abbiamo congiuntamente resa pubblica la creazione di questa commissione. Abbiamo insieme pregato perché questo dialogo ci porti alla piena comunione e alla celebrazione dell'eucaristia, unico sacrificio dell'unico e comune Signore.

In questa solennità di Pentecoste, giorno dell'effusione dello Spirito Santo sui discepoli e, perennemente, sulla Chiesa, domando la vostra preghiera e quella di tutti i cattolici sparsi nel mondo affinché Dio onnipotente, per Gesù Cristo nostro Signore, capo della Chiesa, ci invii il suo Spirito per ricondurre alla piena unità cattolici ed ortodossi.

In questa vigilia dell'apertura del dialogo teologico con le Chiese ortodosse, questa coincidenza ci ricorda che l'unità della Chiesa è sinfonica e che nella piena unità vi è posto per l'espressione di tutti i doni dello Spirito.

Ed è in uno spirito di conversione interiore e di totale fiducia nell'opera di Dio, che il dialogo potrà aiutare cattolici ed ortodossi a ritrovare il calore e la potenza della piena carità, nella piena verità, nella piena unità.

Imploriamo quella unità come frutto speciale della Pentecoste.

Su questo importante dialogo invochiamo l'intercessione della Theotokos, la Madre di Dio, nel cui grembo il Verbo, per opera dello Spirito Santo, si è incarnato e fatto uomo "per noi uomini e per la nostra salvezza", al fine di riportare tutti in comunione con Dio.


3. Nella vigilia di Pentecoste - un anno fa - iniziavo il pellegrinaggio alla mia terra d'origine, la Polonia, il quale è durato fino alla solennità della santissima Trinità.

Ricordando, dopo un anno, con gratitudine tutto ciò che ha costituito per me, per i miei connazionali, per la Chiesa in Polonia quel viaggio (legato al 900° anniversario del martirio di san Stanislao), con la stessa fiducia raccomando a Dio, per intercessione della Madre di Cristo, tutti gli ulteriori frutti di quel pellegrinaggio.

Lo Spirito Santo doni alla Chiesa, che è nella mia patria, e a tutti i miei connazionali la luce e la forza dei suoi beati doni.

[Omissis. Seguono i saluti ai fedeli della parrocchia san Giovanni Battista in Lonato; ad un grupoo del circolo ricreativo "ATA" di san Martino Buon Albergo; ad un gruppo di pellegrini provenienti dallo Sri Lanka.]

Data: 1980-05-25 Data estesa: Domenica 25 Maggio 1980.


Messaggio al custode della Basilica di San Francesco in Assisi

Titolo: San Francesco brilla nella Chiesa per la sua adesione all'Evangelo di Cristo

Reverendo Padre Bernardino Farnetani Custode della Basilica di San Francesco in Assisi.

Nella solenne circostanza del 750° anniversario della sepoltura di San Francesco in codesta Basilica, sono lieto di rivolgere a Lei e all'intera Comunità che ne custodisce le spoglie, il mio pensiero, assicurando la mia spirituale, intensa partecipazione al festoso evento.

Sono felice di pormi, in questo modo, in continuità col mio lontano predecessore Papa Gregorio IX, che volle la meravigliosa chiesa sepolcrale sul "colle del Paradiso" e ne pose personalmente la prima pietra; e di proseguire idealmente quel pellegrinaggio di fede e di impetrazione, che ho compiuto qui all'inizio del mio Pontificato.

Intendo così rendere omaggio al Santo, che brilla nella Chiesa per la sua semplice e straordinaria adesione all'evangelo di Gesù Cristo, conformandosi a lui nell'umile povertà e nella letizia della Croce, nell'amore schietto per gli uomini e nella giubilante ammirazione per la bellezza di tutte le creature.

Ringrazio profondamente il Signore per aver suscitato una tale luce, capace di "illuminare tutti quelli che sono nella casa" (Mt 5,15); auguro a tutte le Famiglie Francescane di essere sempre fedeli allo spirito del Fondatore; e prego Dio che non lasci mai mancare alla sua Chiesa l'abbondanza di una uguale, fecondissima grazia.

In pegno di questi voti, amo concedere di vero cuore la mia Benedizione Apostolica a Lei, ai suoi confratelli, ai fedeli di codesta città ed a tutti i devoti del Poverello di Assisi.

Dal Vaticano, il 22maggio dell'anno 1980, secondo del mio Pontificato.

Data: 1980-05-25 Data estesa: Domenica 25 Maggio 1980.


Ai vescovi dell'Indonesia in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Consapevolezza nelle Chiese locali del mistero dell'unità cattolica

Venerabili e cari fratelli nell'Episcopato, 1. Nel nome di Gesù Cristo il Buon Pastore, voi ed io, in modi diversi, condividiamo una comune responsabilità pastorale per il popolo di Dio in Indonesia. Questa comune responsabilità pastorale è voluta da Cristo e ci spetta in quanto Vescovi della Chiesa Cattolica, successori degli Apostoli e membri del Collegio Episcopale.

E questa responsabilità che ci riunisce oggi al servizio della Chiesa, perché siamo ansiosi di vedere la luce di Cristo splendere sul volto della Chiesa.

Siamo ansiosi di vedere la Chiesa come sacramento di salvezza penetrare sempre più profondamente il tessuto sociale indonesiano e svolgere un ruolo nei diversi aspetti della vita del vostro popolo. So con quale encomiabile patriottismo avete sostenuto la Pancasila o i Cinque Principi della filosofia di Stato indonesiana, e di come vi siete impegnati per dimostrare l'amore di Cristo per tutti i fratelli senza distinzione alcuna. Come il mio predecessore Paolo VI, che ando personalmente in Indonesia per confermare la fede dei pastori e del popolo, e per incoraggiarvi tutti nella speranza e nella perseveranza, anch'io dichiaro la mia solidarietà ecclesiale con voi nel vostro ministero, mentre costruite la comunità di fede e consolidate la vostra gente nella sua vocazione cristiana.


2. Nel riunirci qui oggi, traiamo forza dalla nostra unità cattolica, di cui il nostro ruolo pastorale è un aspetto nel mistero della Chiesa di Cristo. E' questa unità cattolica che chiarisce il nostro ruolo pastorale nei suoi diversi aspetti; ci permette di intravedere le profonde verità della nostra attività apostolica. Le vostre Chiese locali sono espressioni individuali di un unico popolo di Dio, liberato dal dominio delle tenebre e trasferito nel regno del suo amato Figlio, nel quale siamo redenti, e nel quale i nostri peccati sono perdonati (cfr. Col 1,13-14). Il popolo di cui voi siete pastori è chiamato a vivere la nuova vita di Cristo, esprimendola nei propri usi e costumi, e manifestando fedelmente il suo carattere originale nella vita quotidiana. In questo modo essi sono in grado di arricchire l'intero Corpo di Cristo con il loro unico contributo.

Infatti, è l'unica Chiesa, Santa, Cattolica e Apostolica che vive nelle vostre Chiese individuali. E la grande eredità del vostro popolo è l'unica fede Santa, Cattolica e Apostolica, fede che tutti noi Vescovi dobbiamo proclamare "in ogni occasione opportuna e non opportuna" (2Tm 4,2). Come Successore di Pietro, saro chiamato a dar conto "davanti a Dio e a Cristo Gesù che verrà a giudicare i vivi e i morti" (2Tm 4,1) per il modo in cui ho svolto il mio compito, datomi da Cristo, di essere garante della purezza della fede di tutta la Chiesa e di svolgere degnamente il ruolo di Pontefice Romano come "perpetuo e visibile principio e fondamento dell'unità sia dei vescovi sia della massa dei fedeli" (LG 23).


3. La comunione ecclesiale che condividiamo e promuoviamo ci da immensa gioia e consolazione nel nostro ministero di Vescovi della Chiesa Cattolica. Sappiamo di essere, con i nostri fedeli, l'unica Chiesa di Gesù Cristo, uniti in lui e vivendo con il suo Spirito Santo.

La nostra comunione è in primo luogo una comunione di fede. E' la fede apostolica che ci unisce, una fede apostolica che lo Spirito di verità trasmette di generazione in generazione. Sotto questo aspetto, come Vescovi, dobbiamo costantemente impegnarci nella piena professione della fede cattolica, che trascende la comprensione della nostra sapienza umana e del nostro ragionamento teologico. Solo lo Spirito di verità, lo Spirito di Gesù, può garantire sufficientemente la nostra fede, e questo avviene attraverso il Magistero che dobbiamo accettare e proclamare agli altri.

La nostra è anche una comunione di amore - un amore che ha origine nella Santissima Trinità. Siamo stati l'oggetto dell'amore di Dio, e questo amore ci unisce nella comunità della Chiesa. Fra i compiti di un Vescovo, è molto importante riflettere l'amore di Gesù il Buon Pastore anche a livello personale.

In ogni momento della nostra vita come pastori, c'è qualcuno che ha bisogno del nostro amore, qualcuno che merita il nostro amore. I nostri sacerdoti, in particolare, hanno diritto a questo amore. Sono nostri amici, nostri fratelli e nostri figli in Gesù Cristo. Per l'intero gregge, il nostro amore si manifesta nella comprensione e nel servizio generoso e perseverante - soprattutto soddisfacendo il loro bisogno della parola di Dio in tutta la sua forza e purezza.

La nostra comunione è una comunione di preghiera, nella quale tutti traggono forza dal Corpo di Cristo che prega. La preghiera è un'attività molto importante nella vita della Chiesa, ci unisce con i vivi e con i morti nella Comunione dei Santi. I Santi di Dio sono i nostri intercessori. In particolare, la Madre di Gesù, che è Madre di tutto il Corpo, intercede per tutti coloro che hanno ricevuto la vita nel suo Figlio. Legioni di fedeli cristiani svolgono un ruolo ecclesiale di inestimabile valore pregando per la Chiesa e la sua missione.

Contiamo su tutte queste preghiere, e siamo particolarmente grati per il contributo dei malati e degli afflitti.

La nostra comunione implica la solidarietà della Chiesa universale.

Tutte le Chiese locali si preoccupano le une delle altre, poiché è una la Chiesa Cattolica che vive in loro. La nostra comunione gerarchica è espressione del legame di un unico Collegio Episcopale che ci unisce proclamando il Vangelo di Cristo. Nella collegialità, i Pastori della Chiesa in Indonesia offrono la loro solidarietà a tutta la Chiesa, e tutti gli altri Pastori della Chiesa offrono la loro solidarietà alla Chiesa locale indonesiana. In tutto questo, la Santa Sede si sforza di esercitare un ruolo di servizio, coordinando le attività e i servizi utili a tutti. Soprattutto, la Santa Sede si impegna nel servizio dell'unità e della verità nella carità. Secondo la volontà del Signore, il Successore di Pietro cerca di rimanere il servitore di tutti.

Vivendo questa comunione di fede e amore, di preghiera e solidarietà, cari Fratelli, cerchiamo di fare il possibile per indirizzare la consapevolezza delle Chiese locali al grande mistero dell'unità dei cattolici. Da questa unità la vostra gente ha ricevuto molto e, a sua volta, da un grande contributo incarnando il Vangelo nella sua vita e nella sua cultura.


4. Venerabili fratelli, cerchiamo di trasmettere sempre al nostro popolo un messaggio sovrannaturale di speranza che si fondi sulla salvezza in Gesù Cristo Figlio di Dio come comunicato dalla sua Chiesa. E' Cristo che ci chiama a lui nella sua Chiesa, e per mezzo suo ci conduce al Padre e allo Spirito Santo. E' Cristo che ci incita a condurre il nostro popolo lungo la via della fede. E' Cristo che ci invita ad aprirci con tutti i nostri limiti e i nostri peccati alla sua immensa misericordia. Sperando nella misericordia ci presentiamo davanti a "Cristo Gesù nostra speranza" (1Tm 1,1). Nella speranza consacriamo a lui la nostra vita ed il nostro ministero. A lui dobbiamo dirigere le nostre Chiese locali; dobbiamo parlare di lui ai nostri sacerdoti, ai nostri religiosi e a i nostri laici; dobbiamo proclamare la sua persona e le sue promesse, il suo Regno e la sua Venuta. Questa speranza da grande forza al nostro ministero e alle nostre vite; ci sostiene e ci sprona. Nelle parole di San Paolo: "Noi infatti ci affatichiamo e combattiamo perché abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente, che è il Salvatore di tutti gli uomini, ma soprattutto di quelli che credono" (1Tm 4,10).

Cari fratelli: nell'amore di Cristo, nella comunione della sua Chiesa, nella condivisione della nostra responsabilità pastorale, abbraccio tutti i fedeli delle vostre Chiese locali. Mando anche i miei auguri a tutte le autorità civili e a tutti i vostri concittadini, a tutti coloro che compongono l'unica famiglia del vostro vasto paese. Che Dio benedica l'Indonesia e il vostro ministero al servizio del Vangelo di nostro Signore Gesù.

[Traduzione dall'inglese]

Data: 1980-05-26 Data estesa: Lunedi 26 Maggio 1980.


Messaggio per la giornata missionaria mondiale - La Chiesa si incarna nella missione e plasma l'uomo nuovo


Venerati fratelli e carissimi figli della Chiesa! Il mio recente viaggio nel continente africano mi ha fatto rilevare una volta di più la necessità e l'urgenza dell'attività missionaria, che si qualifica essenzialmente come impegno di annunciare al mondo intero la salvezza dell'uomo in Cristo Gesù, che è morto e risorto per essere il Signore dei vivi e dei morti (cfr. Rm 14,9). Sulla base, pertanto, di questa diretta esperienza, desidero dedicare il consueto messaggio per l'annuale giornata missionaria ad una rinnovata riflessione sulla permanente esigenza di tale attività.

Qual è al presente - c'è da domandarsi - la situazione della Chiesa nel mondo? Tralasciando la realtà dell'occidente, dove più che altrove "sono in atto - come rilevai nella omelia tenuta, lo scorso anno, nella suddetta circostanza - varie forme di anti-evangelizzazione", e restringendo il campo al mondo missionario comunemente inteso, risulta evidente che, dopo duemila anni di cristianesimo. il Vangelo del Signore è ben lungi dall'essere conosciuto e diffuso, nella sua integrità, presso tutti gli uomini. Certo, tale situazione dipende da cause di varia natura, legate talora alle condizioni socio-politiche delle diverse nazioni: ma non si può omettere tra esse l'esiguità del numero di coloro che sono impegnati nell'opera evangelizzatrice. Resta vero, purtroppo, anche ai nostri giorni il giudizio che dava ai suoi tempi il "principe dei missionari", san Francesco Saverio: "Parecchi non diventano cristiani solo perché mancano quelli che li facciano cristiani" (S. Francesco Saverio, "Epist.", I, Roma 1944, p. 166).

La Chiesa "missione incarnata" dinamicamente aperta al mondo Davanti a questa obiettiva carenza, la Chiesa non può tacere né riposare tranquilla, ignorando i bisogni di tanti milioni di fratelli che attendono l'annuncio del messaggio di salvezza: Dio - ci ricorda san Paolo - vuole che tutti gli uomini arrivino alla conoscenza della verità e siano salvati" (1Tm 2,4). E la verità è Cristo redentore del mondo, il quale "è penetrato in modo unico e irrepetibile nel mistero dell'uomo" e deve divenire "l'unico orientamento dello spirito, l'unico indirizzo dell'intelletto, della volontà e del cuore", perché per tutti gli uomini egli ha versato il suo sangue sulla croce, perché "ognuno è stato compreso nel mistero della redenzione" (Ioannis Pauli PP. II RH 7-8 RH 13). Un atteggiamento rinunciatario da parte della Chiesa contrasterebbe, quindi, con la missione ad essa affidata, che è di rivelare Cristo al mondo e di indirizzare la coscienza di tutta l'umanità verso il suo mistero, "aiutando gli uomini ad aver familiarità con la profondità della redenzione" (Ioannis Pauli PP. II RH 10).

L'imperativo rivolto da Cristo risorto ai suoi discepoli:"Andate, predicate..." (cfr. Mc 16,15 Mt 28,19), fissando efficacemente l'immagine e la funzione della Chiesa peregrinante, esprime il dinamismo missionario che è intrinseco alla sua natura. Essa, mossa incessantemente dallo Spirito, è perennemente "inviata" alle genti per trasmetter loro la sorgente inesauribile di quell'acqua viva, che scaturisce dalla parola e dall'opera del Signore. Lo stesso termine "missione" - lo sottolineava già il mio venerato predecessore Paolo VI nel messaggio missionario del 1964 - "richiama al pensiero questa figura di movimento che caratterizza la vita della Chiesa: essa parte da Cristo, da lui è mandata, è spinta, è seguita; essa lo porta con sé, lo predica, lo comunica, lo trasmette; mediante essa Cristo arriva agli uomini, valica i confini delle nazioni, sorvola i secoli.

L'evangelizzazione, ossia l'attività missionaria corrisponde, dunque, alla vocazione specifica della Chiesa che, sempre nel rispetto della libertà, si fa incontro agli uomini del nostro tempo che ancora "in umbra mortis sedent" (Lc 1,79); si può dire anzi che la Chiesa sia la missione incarnata. Non per nulla il Concilio ha esplicitamente ribadito: "La Chiesa che vive nel tempo è per sua natura missionaria, in quanto è dalla missione del Figlio e dalla missione dello Spirito Santo che essa, secondo il piano di Dio Padre, deriva la sua propria origine" (AGD 2).

Depositaria della buona novella, la Chiesa, come non può non parlare, così deve necessariamente inviare ancora, oggi non meno che in altri tempi, apostoli e missionari, i quali sappiano parlare agli uomini della salvezza trascendente e liberatrice, avviandoli - in piena fedeltà allo Spirito - alla conoscenza della verità: i quali con i sacramenti, a cominciare dalla "porta" del battesimo, li incorporino a Cristo nella vivente comunione del suo corpo mistico; i quali, infine, facciano conoscer loro il senso autentico della loro dignità di creature, modellate ad immagine di Dio, e quindi li illuminino intorno al vero significato della loro esistenza nel mondo. E' così che la Chiesa opera efficacemente, perché sia attuato il piano salvifico di Dio.

Le missioni strumenti di evangelizzazione e centri di promozione umana Alla luce di queste considerazioni le missioni si rivelano tuttora necessarie e insostituibili al punto che, senza di esse, l'attuazione di questo piano e l'espansione del regno fino ai confini della terra non sarebbero neppure concepibili; senza di esse non potrebbe nascere e svilupparsi la civiltà nuova fondata - nel segno di Cristo - sulla giustizia, sulla pace e sull'amore perché è nella missione che si plasma l'uomo nuovo, consapevole della sua dignità e del suo trascendente destino di creatura redenta.

Nelle missioni, fucine di fermento evangelico, batte il cuore della Chiesa universale con tutta la sua sollecitudine rivolta al bene autentico e integrale dell'uomo. Ma esse sono, al tempo stesso, centri di promozione umana poiché se da una parte la Chiesa, in virtù del principio della carità che la anima, non può rimanere insensibile alle necessità materiali dei fratelli, dall'altra, evangelizzando e aiutando l'uomo a comprendere se stesso in Cristo, ne promuove in tal modo anche la coscienza civile e il progresso sociale. Esattissimo appare, al riguardo, ciò che afferma il documento conclusivo della conferenza di Puebla: "Il miglior servizio al fratello è l'evangelizzazione che lo dispone a realizzarsi come figlio di Dio, lo libera dalle ingiustizie e lo promuove integralmente"(Puebla 1145).

Anche laddove la predicazione della Parola è ostacolata, la semplice presenza del missionario, con la sua testimonianza di povertà, di carità, di santità costituisce già una forma efficace di evangelizzazione e crea spesso i presupposti per un dialogo costruttivo. Una volta ancora mi è caro, dunque, cogliere questa occasione per lodare ed esprimere viva gratitudine ai missionari che, con sacrifici immensi, talvolta, e tra difficoltà di ogni genere, spargono il seme della Parola, dal quale la Chiesa si sviluppa e mette radici nel mondo. E il frutto più consolante di questa loro opera eroica ed infaticabile è il fiorire meraviglioso di giovani e fervide comunità cristiane, dal cui "humus" scaturiscono vocazioni sacerdotali e religiose, che sono la speranza per la Chiesa di domani.

Si, i missionari sono operai indispensabili per la vigna del Signore, e le stesse Chiese locali, di recente fondazione, pur sviluppando un loro clero autoctono, sentono ancora il bisogno della loro presenza e delle loro energie, anche per avvantaggiarsi della ricchezza delle tradizioni plurisecolari e della maturità delle antiche Chiese che essi portano con sé. E' così che tra le une e le altre Chiese locali si verifica un fruttuoso scambio di idee, di iniziative e di opere, che è come un'osmosi feconda per la Chiesa universale.

La cooperazione e le pontificie opere missionarie Per tali motivi desidero esprimere il mio compiacimento per ogni forma di cooperazione missionaria, che le comunità ecclesiali sanno escogitare e stabilire con generoso spirito apostolico. So bene che in molte diocesi si promuove attivamente quella forma di collaborazione che è stata tanto raccomandata dal mio predecessore di venerata memoria Pio XII nell'enciclica "Fidei Donum". Il beneficio, infatti, di tale impegno ministeriale "ad tempus" è duplice: i sacerdoti che vi si dedicano, come offrono un evidente servizio alle Chiese missionarie, così, tornando nelle diocesi di origine, vi riportano il tesoro delle loro esperienze, contribuendo in tal modo a quell'opera di animazione, che tanto giova a suscitare tra i fedeli stessi la coscienza missionaria e la volontà di sostenere la causa dell'evangelizzazione.

Sempre in tema di cooperazione, non occorre ripetere che sarebbe un grave errore identificarla esclusivamente con l'aiuto economico, pur necessario per sovvenire alle grandi e talora indicibili miserie di tanti nostri fratelli.

All'aiuto finanziario deve unirsi, come irrinunciabile premessa, quello della preghiera: occorre pregare per le vocazioni, per i missionari, per i fratelli da evangelizzare; occorre pregare altresi perché le nazioni del mondo che godono di un alto grado di civiltà e di benessere aprano il loro cuore alle immense necessità delle nazioni meno privilegiate e, di comune accordo secondo l'orientamento di fondo della solidarietà universale, realizzino una intelligente programmazione e pianificazione degli aiuti che valgano a combattere quelle gravi discriminazioni, sperequazioni ed ingiustizie che costituiscono uno dei grandi scandali del nostro tempo.

Alla preghiera dovrà unirsi, quale elemento prezioso ed efficace per penetrare nel cuore di Dio, l'offerta spontanea delle proprie sofferenze, in unione a Cristo per il bene dei fratelli. Da ultimo, desidero ricordare l'importanza che, ai fini della cooperazione, hanno le pontificie opere missionarie. Nella prossima giornata tutti sono invitati a riflettere sul ruolo che esse svolgono, in seno all'intera comunità ecclesiale, quali strumenti idonei per l'animazione e sensibilizzazione missionaria del Popolo di Dio (cfr. AGD 38).

Ai missionari ed a tutti coloro che, in diverse forme e modi, spendono le loro energie per la diffusione del Vangelo, con profonda, vivissima gratitudine imparto la confortatrice benedizione apostolica.

Dal Vaticano, il 25 maggio, solennità di Pentecoste, dell'anno 1980, secondo del mio pontificato.

Ioannes Paulus PP. II

Data: 1980-05-27 Data estesa: Martedi 27 Maggio 1980.


Alla vigilia del pellegrinaggio in Francia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Un messaggio al popolo francese

Tre giorni prima di partire per Parigi, voglio in primo luogo esprimere la mia viva gratitudine a tutti coloro che mi hanno invitato: l'Unesco, l'episcopato francese, il presidente della repubblica e le autorità civili; e anche a coloro che mi hanno manifestato la loro attesa. Perché, al di fuori delle istanze ufficiali che ho nominato, un gran numero di persone, di ogni condizione, e in particolare molti giovani, hanno espresso i loro sentimenti, soprattutto il loro desiderio del nostro incontro, molto spesso per lettera. Che essi siano ringraziati! Tutto ciò ha potuto creare un clima favorevole che già sento e vorrei rispondere a questa attesa nel migliore dei modi.

Accade che questo viaggio in Francia si verifichi appena qualche settimana dopo la visita pastorale in Africa e a un mese da una simile visita in Brasile. Confido che la provvidenza e la luce dello Spirito Santo mi aiuteranno a compiere questo viaggio pastorale come un servizio che mi impone il mio ministero di successore di san Pietro, e anche secondo lo spirito di san Paolo che andava a rafforzare la fede delle Chiese, a ricevere la loro testimonianza e a metterle in comunione tra di loro. Io me ne scuso presso gli organizzatori che hanno dovuto lavorare in più.

Questo viaggio mi attira per molti aspetti. Costituisce per me un onore, ma prima di tutto un dovere, una responsabilità.

In primo luogo, la Francia è la figlia primogenita della Chiesa. Ed essa ha generato molti santi! Potrei aggiungere che sul suolo di Francia vi sono molti luoghi ai quali io mi reco spesso in pellegrinaggio con la preghiera e con il cuore. Tra questi, non c'è che Lisieux che ha potuto trovare posto nella presente visita. Ma c'è ancora Ars e molti altri luoghi ai quali sono legato nello spirito, e dai quali ho anche ricevuto degli inviti.

Come non ricordare anche, in questa prospettiva, l'opera culturale del vostro paese, il suo apporto alla cultura generale e nell'ambito propriamente cattolico? Quanti nomi illustri nella vostra secolare tradizione! Si, anche nel corso di questo secolo, quante figure i cui riflessi hanno superato le vostre frontiere, e di cui molti mi sono personalmente molto vicini. E' d'altra parte significativo che l'Unesco, destinata, come organizzazione internazionale, a promuovere la cultura in tutti i paesi, abbia stabilito la sua sede a Parigi.

Così, quando penso all'influsso che la cultura francese, nei campi della filosofia, della storia, della letteratura, e il pensiero dei teologi francesi hanno esercitato sempre su molti uomini e società, io non posso astenermi dal pensare al momento particolare che vive la Chiesa in questo grande paese.

Mi rendo ben conto che la Chiesa in Francia, il cattolicesimo francese si sono trovati, nel corso di questi ultimi anni, dopo il Concilio, in una situazione speciale. Non pretendo di descriverla qui, né di esprimere su di essa un giudizio. Ciascuno sa bene che può trattarsi di ciò che si chiama una "crisi di crescenza". Io spero che sia questa una chiave per interpretare questa situazione particolare che si riscontra in Francia dopo il Concilio.

In effetti, sono ben convinto che ci sono sempre in Francia, nella Chiesa, nella nazione e nella società, delle forze immense, delle risorse immense, che le permetteranno non solo di continuare a essere se stessa, ma anche di mettersi al servizio di altri.

Si, la Chiesa deve al popolo di Francia, che ha molto ricevuto e anche molto dato, qualcuna delle sue più belle pagine: dai grandi ordini religiosi, quali Citeaux e a Chartreux, alle cattedrali, o all'epopea missionaria iniziata nel secolo scorso. La generosità delle sue opere e del suo pensiero le hanno valso l'amicizia di numerosi popoli, e tra i più poveri! Possa la Francia continuare a trovarvi le sue ragioni d'essere! E' più di un anno che sono stato invitato a Lourdes per il congresso eucaristico, che segnerà il centenario di questi congressi, nel luglio del 198 1.

Tuttavia importanti circostanze convergenti, come ho già detto, mi hanno indotto ad anticipare questa visita e ad arrivare a Lourdes passando prima da Parigi.

Invitato, io invito a mia volta i francesi a questo grande incontro nella preghiera, nella riflessione comune, nella comunione degli spiriti.

[Traduzione dal francese]

Data: 1980-05-28 Data estesa: Mercoledi 28 Maggio 1980.


Omelia alla messa per un pellegrinaggio irlandese - Cappella Paolina - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La dimensione dell'attesa è parte della vocazione cristiana

Cari fratelli e sorelle della parrocchia di Long Tower.

1. Io so che per lungo tempo avete atteso con ansia la vostra visita a Roma. Avete ricordato costantemente la vostra meta; avete fatto progetti molto in anticipo; avete preparato la vostra stessa spiritualità per questo pellegrinaggio di fede.

Ed ora le vostre speranze e progetti sono divenuti realtà, e questa realtà porta gioia ai vostri cuori e anche al mio.

Inoltre, questo momento presente è momento saliente della vostra giornata, perché noi stiamo celebrando insieme il sacrificio eucaristico, che è - come ci ricorda il Concilio Vaticano II - "la sorgente e il culmine della vita cristiana" (LG 11).


2. Siete venuti con le vostre gioie e i vostri dolori, portando nei vostri cuori le vostre intenzioni e quelle di coloro che voi amate. Siete venuti ad invocare l'intercessione dei santi apostoli di Roma, Pietro e Paolo, che dai muri di questa cappella dirigono i vostri sguardi al Signore. Oltre tutto, voi siete venuti a cercare Gesù Cristo al centro della sua Chiesa, e a rinnovare la vostra fede in lui. E' come se aveste sentito e obbedito alle parole dell'autore ispirato che vi spingono ad andare verso Cristo: "Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia ed essere aiutati al momento opportuno" (He 4,16).


3. E oggi l'intera vostra attesa è arrivata a compimento. Voi vi siete avvicinati a Cristo ed egli vi ha uniti nella sua adorazione eucaristica del Padre. Egli vi dà la sua grazia e la sua misericordia, il suo amore e la sua pace.


4. Il senso di attesa che ha preceduto la vostra visita durante questi mesi, perfino anni, da quando per la prima volta avete fatto i vostri progetti è il simbolo di un'altra attesa - un'attesa che fa parte del modo di vivere cristiano.

La preghiera nella messa si riferisce a questo quando afferma che: "Noi aspettiamo in gioiosa speranza la venuta del nostro salvatore Gesù Cristo".

La venuta del nostro salvatore Gesù Cristo nella gloria è il grande prossimo evento che dà una completa nuova dimensione alle nostre vite. Noi siamo cittadini di una città terrena dove fatica e dolore, dove lavoro e sforzo sono parte del tessuto della nostra esistenza. Dio vuole la nostra condizione temporale tanto quanto vuole il nostro futuro destino, ma è precisamente alla luce del futuro che ogni cosa nel presente si pone in questa prospettiva. In altre parole, la pienezza della realtà sarà rivelata solo quando Cristo tornerà a portarci a lui stesso - tutti noi che siamo stati redenti dal suo prezioso sangue, "il prezioso sangue dell'agnello senza difetti o macchia" (1P 1,19). La sua venuta per ciascuno di noi in un momento conosciuto solo al Padre, e la sua finale venuta nella gloria, dà una nuova dimensione al nostro modo di intendere la vita.


5. Fa parte della nostra responsabilità temporale lavorare per il progresso del regno di Dio sulla terra, promuovere la dignità di ogni essere umano, combattere la violenza, diffondere l'accordo e la compassione, e costruire l'edificio della pace sulle sicure fondamenta della giustizia e dell'amore. Come il Figlio dell'uomo noi siamo qui "non per essere serviti ma per servire". Nel fare questo scopriamo una grande gioia e felicità, e anche comprendiamo che: "Quelle cose che occhio non vide, né orecchio non udi, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano" (1Co 2,9).


6. L'elemento di attesa è dunque parte della nostra vocazione cristiana. Esso corrisponde al piano di Dio. L'attesa del nostro salvatore Gesù Cristo, lungi dall'offrirci una scusa di inattività o di mancanza di sensibilità ai bisogni del mondo, ci incoraggia a "vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo" (Tt 2,12).

Carissimi: questa è la testimonianza che dobbiamo dare al mondo: mostrare attraverso le nostre azioni che realmente crediamo che "Cristo ritornerà". In questa attesa noi scopriamo l'immenso valore dei nostri sforzi per un modo di vivere cristiano. In questa attesa noi scopriamo una profonda gioia per le nostre vite.

E ritornando a casa, io desidero chiedervi di portare il mio messaggio a tutti i membri della vostra parrocchia, a tutto il popolo della diocesi di Derry.

Dite a tutti che il Papa vi chiede di vivere in gioiosa speranza, nella ferma convinzione della venuta del "nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo" (Tt 2,13). Dite a tutti loro che il Papa li ringrazia per la loro profonda fedeltà a Cristo e al suo vicario in terra. A voi qui presenti e a tutti i vostri cari a casa con tutto il cuore io imparto la mia benedizione apostolica.

[Traduzione dall'inglese]

Data: 1980-05-28 Data estesa: Mercoledi 28 Maggio 1980.






GPII 1980 Insegnamenti - Recita del Regina Coeli - Basilica di san Pietro - Città del Vaticano (Roma)