GPII 1980 Insegnamenti - Ai Vescovi di Francia - Issy-les-Moulineaux (Francia)


2. La missione della Chiesa che si realizza continuamente nella prospettiva escatologica, è nello stesso tempo pienamente storica. Questo si collega al dovere di leggere i "segni dei tempi", dovere che è stato così profondamente preso in considerazione dal Vaticano II. Con una grande perspicacia, il Concilio ha pure definito quale è la missione della Chiesa nella tappa attuale della storia. Il nostro compito comune rimane dunque l'accettazione e la realizzazione del Vaticano II, conforme al suo contenuto autentico. Ciò facendo noi siamo guidati dalla fede: è la nostra ragione di agire principale e fondamentale. Noi crediamo che Cristo, attraverso lo Spirito Santo era con i padri conciliari, che il Concilio contiene nel suo magistero ciò che lo Spirito dice alla Chiesa, e che egli lo dice nello stesso tempo in piena armonia con la tradizione e secondo le esigenze poste dai "segni dei tempi". Questa fede è fondata sulla promessa di Cristo: "Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo" (Mt 28,20); su questa fede si fonda anche la nostra convinzione che bisogna "realizzare il Concilio" tale quale è e non come certi vorrebbero vederlo e comprenderlo.

Non c'è da meravigliarsi che in questa tappa post-conciliare si siano sviluppate con un'intensità abbastanza grande anche certe interpretazioni del Vaticano II che non corrispondono al suo magistero autentico. Si tratta qui di due tendenze ben conosciute: il "progressismo" e l'"integralismo". Gli uni sono sempre impazienti di adattare perfino il contenuto della fede, l'etica cristiana, la liturgia, l'organizzazione ecclesiale, ai cambiamenti di mentalità, alle esigenze del "mondo" senza tener conto abbastanza, non soltanto del senso comune dei fedeli, che sono disorientati, ma dell'essenziale della fede, già definita, delle radici della Chiesa, della sua esperienza secolare, delle norme necessarie alla sua fedeltà, alla sua unità, alla sua universalità. Essi hanno l'ossessione di "avanzare", ma verso quale "progresso" in definitiva? Gli altri - rilevando taluni abusi che noi siamo evidentemente i primi a riprovare e a correggere - si irrigidiscono fissandosi ad un dato periodo della Chiesa, ad un dato stadio della formulazione teologica o dell'espressione liturgica di cui essi fanno un assoluto, senza penetrare abbastanza il senso profondo, senza considerare la totalità della storia e il suo sviluppo legittimo, temendo le domande nuove, senza ammettere in definitiva che lo spirito di Dio è all'opera oggi nella Chiesa con i suoi pastori unito al successore di Pietro.

Questi fatti non sono sorprendenti se si pensa ai fenomeni analoghi nella storia della Chiesa. Ma è tento più necessario concentrare tutte le forze sull'interpretazione giusta, vale a dire autentica del magistero conciliare come fondamento indispensabile dell'autorealizzazione ulteriore della Chiesa per la quale questo magistero è la sorgente delle ispirazioni e delle orientazioni giuste. Le due tendenze estreme che ho segnalato danno vita non soltanto a una opposizione, ma a una divisione incresciosa e pregiudizievole come se si provocassero reciprocamente al punto di creare un disagio per tutti, diciamolo pure uno scandalo, e disperdere in questo sospetto, in questa critica reciproca, tante energie che sarebbero così utili ad un vero rinnovamento. Bisogna sperare che gli uni e gli altri, cui non manca né generosità né fede, imparino umilmente con i loro pastori a superare questa opposizione tra fratelli per accettare l'interpretazione autentica del Concilio - perché qui è la questione di fondo - e affrontare insieme la missione della Chiesa nella diversità delle loro sensibilità pastorali. Certo la grande maggioranza dei cristiani del vostro paese sono pronti a manifestare la loro fedeltà e disponibilità a seguire la Chiesa; non condividono queste posizioni estreme e abusive; ma un certo numero di loro ondeggiano tra le due o ne sono turbati; e il problema è anche che essi rischiano di diventare indifferenti e di allontanarsi dalle fede. L'ora vi impone di essere più che mai gli artefici dell'unità, vegliando sia sulle questioni di fondo che sono in gioco, sia sulle difficoltà psicologiche che ostacolano la vita ecclesiale nella verità e nella carità.


3. Ed ora vengo a un'altra questione fondamentale: perché nella tappa attuale della missione della Chiesa è necessaria una concentrazione particolare sull'uomo? Ho già sviluppato queste idee nell'enciclica "Redemptor Hominis", cercando di mettere in evidenza il fatto che questo accento antropologico ha una radice cristologica profonda e forte.

Le cause sono diverse. Ci sono cause visibili e percettibili, secondo le variazioni molteplici che dipendono per esempio dall'ambiente, dal paese, dalla nazione, dalla storia, dalla cultura. Esiste dunque certamente un insieme specifico di cause che sono caratteristiche della realtà "francese" della Chiesa nel mondo del nostro tempo. Voi siete nelle condizioni migliori per conoscerle e comprenderle. Se mi permetto di affrontare questo argomento, lo faccio nella convinzione che il problema - vista la condizione attuale della civiltà da una parte, e le minacce che pesano sull'umanità dall'altra - ha una dimensione sia fondamentale che universale. In questa dimensione universale e nel contempo locale, la Chiesa deve in conseguenza affrontare la problematica comune dell'uomo come una parte integrante della sua missione evangelica.

Non soltanto il messaggio evangelico è rivolto all'uomo. ma è anche un grande messaggio messianico sull'uomo: è la rivelazione all'uomo della verità totale su lui stesso e sulla vocazione in Cristo (cfr. "Gaudium et Spes").

Annunciando questo messaggio noi siamo al centro della realizzazione del Vaticano II. E la messa in opera di questo messaggio c'è d'altronde imposta dall'insieme della posizione dell'uomo nel mondo contemporaneo. Non vorrei ripetere quello che è già stato detto nella "Gaudium et Spes" e nella "Redemptor Hominis" alle quali bisogna sempre riferirsi. Tuttavia non è forse esagerato dire in questo luogo e in questo contesto che noi viviamo una tappa di tentazione particolare per l'uomo.

Noi conosciamo differenti tappe di questa tentazione a cominciare dalla prima al capitolo 3 della Genesi fino alle tentazioni tanto significative a cui è stato sottoposto lo stesso Gesù: esse sono come una sintesi di tutte le tentazioni scaturite dalla triplice concupiscenza. La tentazione attuale tuttavia va più lontano (si potrebbe quasi dire che è una "meta-tentazione"); va al "di là" di tutto ciò che nel corso della storia ha costituito il tema della tentazione dell'uomo e manifesta nello stesso tempo, si direbbe, il fondo stesso di ogni tentazione. L'uomo contemporaneo sottoposto alla tentazione del rifiuto di Dio in nome della sua propria umanità.

E' una tentazione particolarmente profonda e particolarmente minacciosa dal punto di vista antropologico, se si considera che l'uomo non ha un senso suo proprio se non come immagine e somiglianza di Dio.


4. In quanto pastori della Chiesa inviati all'uomo del nostro tempo noi dobbiamo essere ben coscienti di questa tentazione sotto i suoi molteplici aspetti non per "giudicare l'uomo" ma per amare di più ancora quest'uomo: "amare" vuol sempre dire prima di tutto "comprendere".

Insieme a questo atteggiamento che potremmo chiamare passivo bisogna che abbiamo, in modo tanto più profondo, un atteggiamento positivo, vale a dire quello di essere coscienti del fatto che l'uomo storico è profondamente iscritto nel mistero di Cristo, di essere coscienti della capacità antropologica di questo mistero, della "larghezza, lunghezza, altezza e profondità" secondo l'espressione di san Paolo (Ep 3,18).

Inoltre noi dobbiamo essere particolarmente disposti al dialogo. Ma bisogna anzitutto definire il suo significato principale e le sue condizioni fondamentali.

Secondo il pensiero di Paolo VI e si può dire anche del Concilio il "dialogo" significa certamente l'apertura, la capacità di comprendere un altro fino alle sue stesse radici: la sua storia, il cammino che ha percorso, le ispirazioni che l'animano. Non significa invece né l'indifferentismo, né in alcun modo "l'arte di confondere i concetti essenziali"; ebbene purtroppo quest'arte è molto spesso riconosciuta come l'equivalente dell'attitudine al "dialogo". Tanto meno esso significa "velare" la verità delle proprie convinzioni, del proprio "credo".

Certo il Concilio richiede alla Chiesa del nostro tempo di avere una fede aperta al dialogo nei diversi strati di interlocutori di cui parlava Paolo VI; e chiede ugualmente che la sua fede sia capace di riconoscere tutti i segni di verità dovunque essi si trovino. Ma per questa stessa ragione le chiede una fede molto matura, una fede molto cosciente della sua propria verità e nello stesso tempo profondamente animata dall'amore.

Tutto questo è importante in ragione della nostra missione di pastori della Chiesa e di predicatori del Vangelo.

Bisogna tenter conto del fatto che queste forme moderne della tentazione dell'uomo che prende l'uomo come assoluto coinvolgono anche la comunità della Chiesa, diventano anche forme della sua tentazione e cercano così di deviarla dall'automatizzazione alla quale essa è stata chiamata dallo spirito di verità, precisamente attraverso il Concilio del nostro secolo.

D'un lato noi ci troviamo di fronte alla minaccia dell'ateizzazione "sistematica" e in un certo senso "forzata" in nome del progresso dell'uomo; ma d'altro canto c'è qui un'altra minaccia interiore alla Chiesa: essa consiste nel volere, in molti modi, "conformarsi al mondo" nel suo aspetto "attuale" e "voluto".

Si sa quanto questo desiderio si distingua radicalmente da ciò che ha insegnato Cristo; basta ricordare il paragone evangelico del lievito e del sale della terra per mettere in guardia gli apostoli contro la somiglianza con il mondo.

E tuttavia non mancano pionieri né "profeti" di questo orientamento "progressista" nella Chiesa.


5. Questo significa quanto sia ampio il compito dei pastori in materia di "discernimento" tra ciò che costituisce un vero "rinnovamento", e ciò che sotto la superficie nasconde le tendenze della "secolarizzazione" contemporanea e della "laicizzazione", o anche la tendenza al "compromesso" con un sistema di cui non si conoscono forse tutte le premesse.

Questo significa anche quanto grande sia il compito dei pastori per "conservare", il deposito, per restare fedeli al mistero di Cristo iscritto nell'insieme della storia dell'uomo e anche per restare fedeli a questo meraviglioso "senso soprannaturale della fede" del Popolo di Dio tutto intero, che in generale non è l'oggetto della pubblicità dei mass-media, che si esprime tuttavia nella profondità dei cuori e delle coscienze con il linguaggio autentico dello Spirito. Il nostro ministero dottrinale e pastorale deve restare soprattutto al servizio di questo "sensum fidelium", come ha ricordato la costituzione "Lumen Gentium" (cfr. LG 12).

In un'epoca in cui tanto si parla del "carisma profetico" - non utilizzando sempre questo concetto secondo il suo esatto senso - noi dobbiamo rinnovare profondamente e ricostruire la coscienza del carisma profetico legato al ministero episcopale dei maestri della fede e delle "guide del gregge", che incarnano nella vita, secondo un'analogia adeguata, le parole di Cristo sul "buon pastore".

Il buon pastore si preoccupa del pastura, del nutrimento delle pecore. E qui io penso particolarmente alle pubblicazioni teologiche diffuse velocemente a largo raggio in molti ambienti e le cui idee essenziali sono volgarizzate nelle riviste: sono esse, secondo le loro qualità, la loro profondità, il loro senso della Chiesa ad educare e approfondire la fede o al contrario a scuoterla o dissolverla con la loro parzialità o i loro metodi. Le pubblicazioni francesi hanno spesso avuto, esse hanno sempre una portata internazionale, anche presso le giovani Chiese. Il vostro carisma profetico vi impone il dovere di vegliare particolarmente alla loro fedeltà dottrinale, alla loro qualità ecclesiale.


6. La domanda fondamentale che noi dobbiamo porci, noi Vescovi sui quali pesa una responsabilità particolare in ciò che concerne la verità del Vangelo e la missione della Chiesa è quella della credibilità di questa missione del nostro servizio. In quest'ambito noi siamo talvolta interrogati e giudicati severamente; uno di voi non ha forse scritto: "La nostra epoca si rivelerà dura nei confronti dei Vescovi"? E d'altronde noi siamo pronti a giudicarci severamente e a giudicare severamente la situazione religiosa del paese e i risultati della nostra pastorale. La Chiesa in Francia non è rimasta esente da tali giudizi: basta ricordare il celebre libro dell'abate Godin "France, pays de mission?", o anche l'affermazione ben nota: "La Chiesa ha perso la classe operaia".

Questi giudizi chiedono tuttavia che si osservi una moderazione perspicace. Bisogna anche pensare a lungo termine perché è essenziale alla nostra missione. Ma non si può negare che la Chiesa in Francia abbia intrapreso e intraprenda grandi sforzi allo scopo di "raggiungere i lontani" soprattutto in ambiente operaio e rurale scristianizzato.

Questi sforzi devono conservare pienamente un carattere evangelico, apostolico e pastorale. Non è possibile soccombere alle "sfide della politica".

Tanto meno possiamo accettare tante risoluzioni che pretendono di essere soltanto "giuste". Noi non possiamo lasciarci bloccare in visioni d'insieme che sono in realtà unilaterali. E' vero che i meccanismi sociali e anche le loro caratteristiche politiche ed economiche sembrano confermare certe visioni d'insieme e certi fatti dolorosi: "terra di missione", "perdita della classe operaia". Sembra tuttavia che noi dobbiamo essere pronti non solo all'autocritica ma anche alla "critica" dei meccamismi stessi. La Chiesa deve essere pronta a difendere i diritti dei lavoratori, in ogni sistema economico e politico.

Soprattutto non si può dimenticare l'enorme contributo della Chiesa e del cattolicesimo francese allo sforzo missionario della Chiesa per esempio, o nell'ambito della cultura cristiana. Non si può accettare che questi capitoli vengano chiusi! Ancor più, non si può accettare che in questi ambiti la Chiesa in Francia cambi qualità del suo contributo, cambi l'orientamento che aveva preso e che merita una credibilità totale.

Bisognerebbe evidentemente considerare qui tutta una serie di compiti elementari all'interno della Chiesa, ivi compresa la Francia, per esempio la catechesi, la pastorale della famiglia, l'opera delle vocazioni, i seminari, l'educazione cattolica, la teologia. Tutto questo in una grande sintesi di quella credibilità che è tanto necessaria per la Chiesa in Francia come dappertutto d'altronde e per il bene comune della Chiesa universale.


7. La vostra responsabilità si estende in effetti - come presso gli altri episcopati, ma in un modo diverso - al di là della "vostra" Chiesa, al di là della Francia. Questo voi dovete accettarlo, non potete liberarvene. Qui ancora è necessaria una visione veramente cristiana della Chiesa e del mondo e particolarmente precisa, direi "senza errore". Voi non potete agire soltanto in funzione delle circostanze che si sono in passato presentate a voi e che vi sono ancora offerte. Dovete invece avere "un piano di solidarietà" preciso ed esatto, riguardo a quanti hanno un diritto particolare a contare sulla vostra solidarietà e ad attenderla da voi. Voi dovete avere gli occhi largamente aperti verso l'occidente e verso l'oriente, verso il nord e verso il sud. Dovete dare la testimonianza della vostra solidarietà a quelli che soffrono la fame e l'ingiustizia a causa dell'eredità coloniale o della ripartizione difettosa dei beni materiali. Ma dovete anche essere molto sensibili a tutti i danni che sono inferti allo spirito umano: alla coscienza, alle convinzioni religiose, ecc... Non dimenticate che l'avvenire del Vangelo e della Chiesa forse si elabora in modo particolare là dove gli uomini subiscono talvolta, per la loro fede e per le conseguenze della fede, sacrifici degni dei primi cristiani. Voi non potete tacere su queste cose di fronte alla vostra società e alla vostra Chiesa. In questo campo è necessaria una particolare solidarietà della testimonianza e della preghiera comune! Ecco una via sicura per rafforzare la credibilità della Chiesa del vostro paese che non deve essere abbandonata. Voi siete di fatto inseriti in un sistema di vasi comunicanti anche se in questo sistema siete senza dubbio una componente particolarmente venerabile, particolarmente importante e influente.

Questo crea moltissimi doveri! La strada verso l'avvenire della Chiesa in Francia, la strada verso questa grande conversione di cui Vescovi, preti e fedeli sentono il bisogno, passa attraverso l'accettazione di questi doveri! Ma di fronte alle negazioni di molti, di fronte alla disperazione, che in seguito a tante vicissitudini storiche sembrano modellare il volto spirituale della società contemporanea non vi resta forse sempre la stessa potente ossatura del Vangelo e della santità che costituisce un patrimonio particolare della Chiesa in Francia? Il cristianesimo non appartiene forse in forma immanente al "genio" della vostra nazione? La Francia non rimane forse sempre "la figlia primogenita della Chiesa"?

Data: 1980-06-01Data estesa: Domenica 1Giugno 1980.


Ai seminaristi - Issy-les-Moulineaux (Parigi)

Titolo: Generosamente disponili alle necessità della Chiesa

Cari amici seminaristi.

1. Non posso concludere questo pomeriggio senza passare un momento con voi, fare conoscenza dei vostri volti, né mancare di esortarvi nel nome del Signore. Quale gioia incontrare voi, voi, giovani in formazione della regione parigina! Mi è stato detto che qui sono riuniti gli allievi del seminario di saint-Sulpice, quelli del seminario universitario del Carmelo e i membri di diversi gruppi che iniziano gli studi. Bene. Sono felice che si possa contare sulla vostra disponibilità a servire, sulla vostra generosità. Rivolgendovi queste parole, mi permettete d'indirizzarmi nello stesso tempo a tutti i vostri confratelli francesi che, fuori di questo paese, ed anche nella mia diocesi di Roma, seguono la stessa strada.

Voi lo sapete, ho avuto una lunga seduta di lavoro con i vostri Vescovi.

E' stato un colloquio particolarmente importante, nel corso del quale abbiamo potuto, noi che portiamo insieme il peso di tutta la Chiesa, metterci di fronte alle nostre responsabilità per assumerle secondo il modo che piace a Dio. E ora sembra del tutto naturale continuare in qualche modo tale conversazione con coloro che si preparano a diventare i collaboratori dell'ordine episcopale e ad essere così associati, nella persona di Cristo, alla predicazione del Vangelo e alla guida del Popolo di Dio. Voi siete ancora giovani, certo, ma capite già molte cose. Voi comprendete che il vostro dono deve essere totale e che, più andrete avanti, più scoprirete la necessità di renderlo - io oso dire - più totale ancora.

E' dunque a questo livello che mi collochero con voi, tenendo conto evidentemente del fatto che un itinerario come il vostro richiede tempo, una lunga maturazione spirituale, intellettuale e pastorale e che il semplice desiderio di diventare sacerdote non basta in sé a corrispondere alle esigenze del sacerdozio.


2. Una di queste esigenze, la più fondamentale, è che voi siate profondamente radicati in Gesù Cristo. Vi invito ad esserlo con tutto il cuore. Se voi imparate con la preghiera e la contemplazione a vivere, predicare, amare e soffrire come Cristo, allora le grandi linee della vostra missione si preciseranno a poco a poco e voi proverete così un bisogno vitale di raggiungere gli uomini e di portare loro ciò di cui essi hanno veramente bisogno. In un tale procedimento si trova già l'anima dell'apostolato, nel senso che l'"agire" è indissolubilmente legato all'"essere", e reciprocamente, senza che sia utile fare vani dibattiti né bene privilegiare l'uno a detrimento dell'altro. La Chiesa intende formarvi ad una unità interiore completa dove la missione richiede l'intimità con Dio e questa chiama quella. Non volete essere voi stessi dei "buoni pastori"? Il buon pastore dà la sua vita e la dà per le sue pecore. Bene. Bisogna scoprire il senso del sacrificio di sé legato al sacrificio di Cristo ed offrirvi per gli altri che attendono da voi questa testimonianza. Questo si può dire a tutti i fedeli, ma a maggior ragione e a un titolo speciale ai sacerdoti e ai futuri sacerdoti. Possano la vostra partecipazione quotidiana all'eucaristia e gli sforzi che compirete per far crescere in voi la devozione eucaristica, aiutarvi su questo cammino.


3. Vi parlavo un momento fa dell'unità nella vostra interiorità. A mio avviso essa permette di acquistare ciò che si potrebbe chiamare la saggezza pastorale. Uno dei frutti del decreto conciliare del Vaticano II sulla formazione al sacerdozio è stato certamente quello di creare delle condizioni per una migliore preparazione pastorale dei candidati. Grazie all'equilibrio interiore realizzato in voi, voi dovrete poter affinare il vostro giudizio sugli uomini, sulle cose, sulle situazioni, guardandole alla luce di Dio e non con gli occhi del secolo. Questo vi condurrà ad una percezione profonda dei problemi, delle urgenze molteplici della vostra missione, e nello stesso tempo vi spingerà verso il giusto obiettivo. Voi subirete meno anche la tentazione di "celebrare" unicamente ciò che vivono i nostri contemporanei o al contrario di sperimentare su questi idee pastorali forse generose, ma personali e senza la garanzia della Chiesa: non si fanno esperienze sugli uomini. E voi prenderete a cuore, per lo stesso fatto, il vostro lavoro intellettuale indispensabile oggi, come dopo l'ordinazione, al fine di trasmettere agli altri tutti i contenuti della fede in una sintesi esatta, armoniosa e facile da assimilare.

E' d'altra parte necessario precisare che il sacerdote è uno in mezzo agli altri? Egli non può essere da solo tutto a tutti. Il suo ministero si esercita nel seno di un presbiterio, attorno a un Vescovo. Tale è già un po' il vostro caso nella misura in cui si rafforza progressivamente il vostro legame con la vostra diocesi dove venite inseriti in équipes pastorali per sviluppare in voi la capacità di operare nella Chiesa. E se il vostro cammino personale - o l'accento messo talvolta sul tale o tal'altro aspetto della vostra preparazione - vi rende più adatti a un tipo di ministero determinato, presso una categoria più particolare di popolazione, voi non sarete meno fondamentalmente inviati a tutti, con l'ansia pastorale per tutti e la volontà di collaborare con tutti senza alcuna esclusività di tendenza o di ambiente. Voi dovete essere capaci anche di accettare ogni ministero che vi sarà affidato senza subordinare la vostra accettazione alla conformità con le convenienze o progetti personali. In materia, sono i bisogni della Chiesa che sono prioritari ed è ad essi che bisogna adattarsi. Questo sembra assolutamente essenziale ai vostri Vescovi ed anche a me in considerazione dell'incarico di cui la provvidenza ci ha investito e al quale voi sarete un giorno associati.


4. Miei cari figli, voi vedete l'ampiezza del compito, l'ampiezza dei bisogni. Voi non siete troppo numerosi e tuttavia gli sforzi intrapresi da molti anni cominciano a dare risultati visibili. Non vi diro che la generosità dei laici permetterà di ovviare alla mancanza di sacerdoti. E' cosa di tutt'altro ordine.

Presso i laici voi dovrete sempre sviluppare il senso della responsabilità ed educarli a prendere tutto il loro posto nella comunità. Ma ciò che Dio ha messo nel vostro cuore con la sua chiamata corrisponde a una vocazione specifica.

Cercate di meglio dare la testimonianza della vostra fede e della vostra gioia.

Voi siete i testimoni della vocazione sacerdotale presso gli adolescenti e i giovani della vostra età. Ah! Se voi sapeste rendere conto della speranza che è in voi e mostrare che la missione apostolica non può attendere, in Francia e più ancora in altri paesi meno favoriti! Vi incoraggio con tutte le forze ad essere i primi apostoli delle vocazioni.


5. Voglio incoraggiare anche e ringraziare i vostri maestri e i vostri educatori a tutti i livelii: direttori dei seminari, delegati diocesani, sacerdoti delle parrocchie, delle cappellanie e dei movimenti che concorrono alla vostra formazione e coloro che vi hanno aiutato a discernere la chiamata del Signore. Voi dovete loro molto. La Chiesa deve loro molto. In questo luogo vorrei rendere speciale omaggio ai sacerdoti della Compagnia di saint-Sulpice, che hanno saputo meritare la stima di tutti nel loro servizio al sacerdozio.

I vostri educatori hanno un compito difficile. Bisogna che si sappia, in Francia, che io accordo loro la mia fiducia e do loro il mio appoggio fraterno.

Essi vogliono formare dei sacerdoti di qualità. Che essi continuino ed aumentino ancora i loro sforzi appoggiandosi sui testi del Concilio, sulle eccellenti "rationes" che sono state preparate su richiesta della santa Sede e sui documenti recenti pubblicati dalla congregazione per l'educazione cattolica e che, non dubito, vi sono stati abbondantemente messi a disposizione e commentati.

Un grande ringraziamento a voi tutti, cari confratelli e cari figli. Io vi do appuntamento, fra breve, al Parc des Princes con i giovani della regione parigina e vi benedico con profondo affetto.

Data: 1980-06-01Data estesa: Domenica 1Giugno 1980.


Messaggio ai giovani- Parc-des Princes - Parigi (Francia)

Titolo: Levate gli occhi verso Gesù Cristo

Grazie, grazie, cari giovani di Francia, di essere venuti stasera per questa veglia con il Papa! Grazie della vostra fiducia! Grazie anche a tutti quelli che mi hanno scritto! L'incontro con la gioventù è sempre un tempo forte delle mie visite pastorali. Grazie di ciò che avete preparato stasera per gli occhi e per il cuore. Voi mi offrite ora la vostra testimonianza, voi professate la vostra fede.

E io poi parlero della vostra vita di giovani avendo presente allo spirito le vostre domande e professero con voi tutti la fede della Chiesa.

Cari giovani in Francia.

1. Grazie infinite d'essere venuti così numerosi, così gioiosi, così fiduciosi, così uniti tra voi! Grazie ai giovani di Parigi e della regione parigina! Grazie ai giovani che sono venuti con entusiasmo dai quattro angoli della Francia. Mi sarebbe piaciuto stringere la mano di ciascuno di voi, incontrare il suo sguardo, dirgli una parola personale e amica. Questa impossibilità materiale non è un ostacolo alla profonda comunione degli spiriti e dei cuori. I vostri scambi di testimonianze ne sono la prova. La vostra assemblea rallegra i miei occhi e sconvolge il mio cuore. La vostra assemblea di giovani ha voluto essere degna delle folle di giovani che ho già incontrato nel corso dei miei viaggi apostolici prima in Messico, poi in Polonia, in Irlanda, negli Stati Uniti e di recente in Africa. A voi posso confidarmi: Dio mi ha fatto la grazia - come a tanti Vescovi e sacerdoti - di amare appassionatamente i giovani, certo differenti da un paese all'altro, ma tanto simili nei loro entusiasmi e delusioni, nelle loro aspirazioni e generosità! Quelli tra voi che hanno avuto la possibilità di istituire contatti ed amicizie con la gioventù di una provincia, paese o continente diversi dal loro, comprendono forse meglio e condividono certamente la mia fede nella gioventù, perché essa è dovunque, oggi come ieri, portatrice di grandi speranze per il mondo e per la Chiesa. Giovani di Francia, cristiani convinti o simpatizzanti del cristianesimo, io vorrei in questa sera indimenticabile che facessimo insieme un'ascensione, un'autentica cordata in direzione delle vette, nello stesso tempo difficili e tonificanti, della vocazione dell'uomo, dell'uomo cristiano. In effetti voglio far parte a voi, come un amico con i suoi amici, delle mie proprie convinzioni di uomo e di servitore della fede e dell'unità del Popolo di Dio.


2. I vostri problemi e le vostre sofferenze di giovani mi sono noti, almeno sul piano generale: una certa instabilità inerente alla vostra età è accresciuta dall'accelerazione dei mutamenti della storia, una certa diffidenza verso le certezze, esacerbata dal sapere imparato a scuola, e l'ambiente spesso impregnato di critica sistematica, l'inquietudine per l'avvenire e le difficoltà d'inserimento professionale, l'eccitazione e la sovrabbondanza dei desideri in una società che fa del piacere lo scopo della vita, il sentimento penoso d'impotenza a padroneggiare le conseguenze equivoche o nefaste del progresso, le tentazioni di rivolta, d'evasione o di dimissione. Tutto questo voi lo sapete al punto da esserne saturi. Preferisco con voi guadagnare le altezze. Sono persuaso che voi volete uscire da questa atmosfera debilitante e approfondire o riscoprire il senso di un'esistenza veramente umana perché aperta a Dio, in una parola la vostra vocazione di uomini in Cristo.


3. L'essere umano è "un essere corporale". Questa affermazione semplicissima è gravida di conseguenze. Per quanto materiale sia, il corpo non è un oggetto tra altri oggetti. Anzitutto esso è qualcuno, nel senso che è manifestazione della persona, un mezzo di presenza agli altri, di comunicazione, d'espressione estremamente varie. Il corpo è una parola, una lingua. Quale meraviglia e quale rischio nello stesso tempo! Giovani e ragazzi abbiate un grandissimo rispetto del vostro corpo e di quello altrui! Che il vostro corpo sia al servizio del vostro io profondo! Che i vostri gesti, i vostri sguardi siano sempre il riflesso della vostra anima! L'adorazione del corpo? No giammai! Disprezzo del corpo? Ancora meno. Padronanza del corpo! Si! Trasfigurazione del corpo! Più ancora! Vi capita spesso di ammirare questa meravigliosa trasparenza dell'anima in molti uomini e donne durante l'adempimento quotidiano del loro dovere umano. Pensate allo studente e allo sportivo che mettono tutte le loro energie fisiche al servizio del loro rispettivo ideale. Pensate al papà e alla mamma il cui volto chino sul loro bambino respira così profondamente la gioia della paternità e della maternità.

Pensate al musicista o all'attore identificati agli autori che essi fanno rivivere. Guardate il trappista o il certosino, la carmelitana o la clarissa, radicalmente dediti alla contemplazione, tali da lasciar trasparire Dio.

Vi auguro veramente di raccogliere la sfida di questo tempo e di essere tutti e tutte campioni della padronanza cristiana del corpo. Lo sport ben compreso, e che rinasce oggi al di là del cerchio dei professionisti, è un coadiuvante efficace. Questa padronanza è determinante per l'integrazione della sessualità nella vostra vita di giovani e di adulti. E' difficile parlare della sessualità nell'epoca attuale segnata dalla disinibizione, che non è senza spiegazione, ma che è purtroppo favorita da un vero sfruttamento dell'istinto sessuale. Giovani di Francia, l'unione dei corpi è sempre stata il linguaggio più forte che due esseri possono dirsi l'un l'altro. Per questo un tale linguaggio, che tocca il mistero sacro dell'uomo e della donna esige che non si compiano mai i gesti dell'amore senza che siano assicurate le condizioni di una presa a carico totale e definitiva dell'altro e che l'impegno in questo senso venga preso pubblicamente nel matrimonio. Giovani di Francia, conservate o riscoprite una sana visione dei valori corporali! Contemplate di più Cristo redentore dell'uomo! Egli è il Verbo fatto carne che tanti artisti hanno dipinto con realismo per indicarci chiaramente che egli ha tutto assunto dalla natura umana, ivi compresa la sessualità, sublimandola nella castità.


4. Lo spirito è il dato originale che distingue fondamentalmente l'uomo dal mondo animale e che gli dà il potere di padroneggiare l'universo. Non posso trattenermi dal citare il vostro incomparabile scrittore francese Pascal: "L'uomo è una canna, la più debole della natura; ma è una canna pensante. Non è necessario che l'universo intero si armi per spezzarla...; ma quando l'universo la spezzerà, l'uomo sarà ancora più nobile di ciò che lo uccide, perché egli sa di morire: e del vantaggio che l'universo ha su di lui l'universo non sa nulla. Tutta la nostra dignità consiste dunque nel pensiero...; lavoriamo dunque a ben pensare" (Pascal "Pensées", n. 347).

Parlando così dello spirito, intendo lo spirito capace di comprendere, di volere, di amare. Proprio per questo l'uomo è uomo. Salvaguardate ad ogni prezzo in voi e intorno a voi il sacro dominio dello spirito! Voi sapete che nel mondo contemporaneo esistono ancora purtroppo sistemi totalitari che paralizzano lo spirito, portano grave attentato all'integrità e all'identità dell'uomo, riducendolo allo stato di oggetto, di macchina, privandolo della sua forza di valorizzare la sua interiorità, privandolo dei suoi slanci di libertà e di amore.

Voi sapete anche che esistono sistemi economici che pur vantandosi della loro formidabile espansione industriale accentuano nello stesso tempo la degradazione, la decomposizione dell'uomo. Anche i mass-media, che dovrebbero contribuire allo sviluppo integrale degli uomini e al loro arricchimento reciproco in una fraternità crescente, non mancano di provocare un martellamento ed anche lo svuotamento dell'intelligenza e dell'immaginazione che nuociono alla salute dello spirito, del giudizio e del cuore, deformano nell'uomo la capacità di discernere quello che è sano da quello che è malsano. Si, a che scopo riforme sociali e politiche, anche assai generose, se lo spirito che è anche coscienza perde la sua lucidità e il suo vigore? Praticamente in questo mondo, così come è e che voi non dovete fuggire, imparate a riflettere sempre di più, a pensare sempre meglio! Gli studi che voi fate devono essere un momento privilegiato di apprendistato alla vita dello spirito. Smascherate gli slogans, i falsi valori, i miraggi, le strade senza uscita! Vi auguro lo spirito di raccoglimento, di interiorità. Ciascuno e ciascuna di voi al suo livello, deve favorire il primato dello spirito e anche contribuire a rimettere in onore ciò che ha valore di eternità, più ancora che di avvenire. così vivendo, credenti o non credenti, voi siete vicinissimi a Dio.

Dio è spirito!

5. Voi valete tanto quanto vale il vostro cuore. Tutta la storia dell'umanità è la storia del bisogno di amare e di essere amati. Questo fine secolo - soprattutto nelle regioni di evoluzione sociale accelerata - rende più difficile lo sboccio di una sana affettività. Senza dubbio per questo molti giovani e meno giovani cercano l'ambito di piccoli gruppi al fine di sfuggire all'anonimato e talvolta all'angoscia, al fine di ritrovare la loro vocazione profonda alle relazioni interpersonali. A credere a certa pubblicità, la nostra epoca sarebbe addirittura presa da ciò che si potrebbe chiamare un "doping" del cuore.

E' importante in questo campo, come nei precedenti, di vedere chiaro.

Quale sia l'uso che ne fanno gli uomini, il cuore - simbolo dell'amicizia e dell'amore - ha anch'esso le sue norme e la sua etica. Far posto al cuore nella costruzione armoniosa della vostra personalità non ha niente a che vedere con la sensibilità morbosa né con il sentimentalismo. Il cuore è l'apertura di tutto l'essere all'esistenza degli altri, la capacità di intuirli, di comprenderli. Una tale sensibilità vera e profonda rende vulnerabili. Per questo taluni sono tentati di disfarsene chiudendosi in se stessi.

Amare è dunque essenzialmente donarsi agli altri. Lungi dall'essere una inclinazione istintiva, l'amore è una decisione cosciente della volontà di andare verso gli altri. Per poter amare in verità, bisogna distaccarsi da molte cose e soprattutto da sé, dare gratuitamente, amare fino alla fine. Questa spoliazione di sé - opera di lungo respiro - è spossante e esaltante. E' sorgente di equilibrio.

E' il segreto della felicità.

Giovani di Francia, alzate più spesso gli occhi verso Gesù Cristo! E' l'uomo che ha amato di più nella maniera più cosciente, più volontaria, più gratuita! Meditate il testamento di Cristo: "Non c'è amore più grande che dare la vita per quelli che si amano". Contemplate l'uomo-Dio, l'uomo dal cuore trapassato! Non abbiate paura! Gesù non è venuto a condannare l'amore, ma a liberare l'amore dai suoi equivoci e dalle sue contrattazioni. Lui è quello che ha cambiato il cuore di Zaccheo, della samaritana, e che opera anche oggi, nel mondo intero, simili conversioni. Mi sembra che stasera Cristo mormori a ciascuno e ciascuna di voi: "Dammi il tuo cuore!... Io lo purifichero, lo fortifichero, lo orientero verso tutti quelli che ne hanno bisogno: la tua famiglia, la tua comunità scolastica o universitaria, il tuo ambiente sociale, gli emarginati, gli stranieri che vivono sul suolo di Francia, gli abitanti del mondo intero che non hanno di che vivere o svilupparsi, i più piccoli tra gli uomini. L'amore esige condivisione!".

Giovani di Francia, più che mai è questa l'ora di lavorare, mano nella mano, alla civiltà dell'amore, secondo l'espressione cara al mio grande predecessore Paolo VI. Quale cantiere gigantesco! Quale compito entusiasmante! Sul piano del cuore, dell'amore, ho un'altra confidenza da farvi. Credo con tutte le mie forze che molti tra voi sono capaci di rischiare il dono totale a Cristo e ai loro fratelli, con tutta la loro capacità di amare. Comprendete perfettamente che voglio parlare della vocazione al sacerdozio e alla vita religiosa. Le vostre città e i vostri villaggi di Francia attendono ministri dal cuore bruciante per annunciare il Vangelo, celebrare l'eucaristia, riconciliare i peccatori con Dio e con i loro fratelli. Essi attendono anche donne radicalmente consacrate al servizio delle comunità cristiane e ai loro bisogni umani e spirituali. La vostra risposta eventuale a questo appello si colloca nell'asse dell'ultima domanda di Gesù a Pietro: "Mi ami tu?".


6. Ho parlato dei valori del corpo e dello spirito e del cuore. Ma nello stesso tempo ho lasciato intravvedere una dimensione essenziale senza la quale l'uomo ricade prigioniero di se stesso o degli altri: intendo l'apertura a Dio. Si, senza Dio l'uomo perde la chiave di se stesso, perde la chiave della sua storia. Perché dopo la creazione egli porta in sé la somiglianza di Dio. Essa resta in lui allo stato di desiderio implicito e di bisogno inconscio malgrado il peccato. E l'uomo è destinato a vivere con Dio. Anche qui Cristo si rivela nostra via. Ma questo mistero ci chiede forse un'attenzione maggiore.

Gesù Cristo, Figlio di Dio fatto uomo, ha vissuto tutto ciò che costituisce il valore della nostra natura umana, corpo, spirito e cuore, in una relazione agli altri pienamente libera segnata dal sigillo della verità e piena di amore. Tutta la sua vita come le sue parole hanno manifestato questa libertà, questa verità, questo amore, e specialmente il dono volontario della sua vita per gli uomini. Egli ha potuto proclamare così la carta di un mondo beato, si beato, sul cammino della povertà, della dolcezza, della giustizia, della speranza, della misericordia, della purezza, della pace, della fedeltà anche nelle persecuzioni, e dopo duemila anni, questa carta è iscritta nel cuore del nostro raduno. Ma Cristo non ha solo dato l'esempio e insegnato. Egli ha effettivamente liberato uomini e donne da ciò che teneva prigioniero il loro corpo, il loro spirito e il loro cuore. E dopo che egli è morto e risorto per noi, continua a farlo per gli uomini e le donne di ogni condizione e di ogni paese dal momento in cui gli offrono la loro fede. Egli è il Salvatore dell'uomo, e il Redentore dell'uomo. "Ecce homo" diceva Pilato, senza ben comprendere la portata delle sue parole: "Ecco l'uomo".

Come osiamo noi dire questo, cari amici? La vita terrena di Cristo è stata breve, più breve ancora la sua attività pubblica. Ma la sua vita è unica, la sua personalità è unica al mondo. Egli non è soltanto un fratello per noi, un amico, un uomo di Dio. Noi riconosciamo in lui il Figlio unico di Dio, colui che è una cosa sola con Dio padre e che il Padre ha donato al mondo. Con l'apostolo Pietro di cui sono l'umile successore, io professo: "Tu sei il Cristo, Figlio del Dio vivente". E proprio perché Cristo condivide nello stesso tempo la natura divina e la nostra natura umana, l'offerta della sua vita nella morte e nella risurrezione coinvolge noi uomini d'oggi, ci salva, ci purifica, ci libera, ci eleva: "Il Figlio di Dio è unito in un certo modo a ogni uomo". Mi piace ripetere qui l'auspicio della mia prima enciclica: "Che ogni uomo possa ritrovare Cristo affinché Cristo possa percorrere la strada dell'esistenza in compagnia di ciascuno, con la potenza della verità sull'uomo e sul mondo contenuta nel mistero dell'incarnazione e della redenzione, con la potenza dell'amore che ne irradia" (Ioannis Pauli PP. II RH 13).

Se Cristo libera ed eleva la nostra umanità è perché l'introduce nell'alleanza con Dio, con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Noi abbiamo festeggiato stamattina la santissima Trinità. Ecco la vera apertura a Dio, alla quale ogni cuore umano aspira pur senza saperlo e che Cristo offre al credente. Si tratta di un Dio personale e non solo del Dio dei filosofi e dei sapienti, ma del Dio rivelato nella Bibbia, Dio di Abramo, Dio di Gesù Cristo, colui che è al cuore della nostra storia. E' il Dio che può afferrare tutte le risorse del vostro corpo, del vostro spirito, del vostro cuore per indurle a portare frutto, in una parola che può afferrare tutto il vostro essere per rinnovarlo in Cristo ora e al di là della morte.

Ecco la mia fede, ecco la fede della Chiesa fin dalle origini, la sola che è fondata sulla testimonianza degli apostoli, la sola che salva l'uomo. Sono sicuro che molti tra voi ne hanno già fatto l'esperienza. Possano costoro trovare nella mia venuta un incoraggiamento ad approfondirla con tutti i mezzi che la Chiesa mette a loro disposizione.

Altri senza dubbio sono più esitanti ad aderire pienamente a questa fede. Alcuni si dichiarano in ricerca, a questo proposito, taluni si ritengono non credenti e forse incapaci di credere o indifferenti alla fede. Altri rifiutano ancora un Dio il cui volto è loro mal presentato. Altri infine, accecati dai rigurgiti delle filosofie del sospetto che presentano la religione come illusione o alienazione, sono forse tentati di costruire un umanesimo senza Dio. A tutti costoro io auguro tuttavia che per onestà lascino almeno le loro finestre aperte su Dio. Altrimenti rischiano di passare ai lati della strada dell'uomo che è Cristo, di chiudersi in atteggiamenti di rivolta, di violenza, di contentarsi di sospiri, di impotenza o di rassegnazione. Un mondo senza Dio si costruisce, presto o tardi, contro l'uomo. Certo molte influenze, sociali o culturali, molti avvenimenti personali hanno potuto ingombrare il vostro cammino di fede o distogliervene. Ma di fatto, se voi volete, in mezzo a queste difficoltà che io comprendo, voi avete ancora sostanzialmente molte possibilità, nel vostro paese di libertà religiosa, per sgomberare questo cammino e accedere con la grazia di Dio alla fede! Voi ne avete i mezzi! Li utilizzate veramente? In nome di tutto l'amore che vi porto non esito a invitarvi: "Aprite largamente le vostre porte a Cristo!".

Cosa temete? Dategli fiducia, rischiate di seguirlo. Questo chiede evidentemente che voi usciate da voi stessi, dai vostri ragionamenti, dalla vostra "saggezza" dalla vostra indifferenza, dalla vostra sufficienza, dalle abitudini non cristiane che forse avete preso. Si, questo chiede rinunce, una conversione, che prima dovete osare desiderare, chiedere nella preghiera e cominciare a praticare.

Lasciate che Cristo sia per voi la via, la verità, la vita. Lasciate che sia la vostra salvezza e la vostra felicità. Lasciate che afferri la vostra vita tutta intera affinché essa raggiunga con lui tutte le sue dimensioni così che tutte le vostre relazioni, attività, sentimenti, pensieri siano integrati in lui, si potrebbe dire "cristificati". Auguro che con Cristo voi riconosciate Dio come sorgente e fine della vostra esistenza.

Ecco gli uomini e le donne di cui il mondo ha bisogno, di cui la Francia ha bisogno. Voi avrete personalmente la felicità promessa nelle beatitudini, e sarete, in tutta umiltà e rispetto degli altri e in mezzo a loro, il fermento di cui parla il Vangelo. Voi edificherete un mondo nuovo; preparerete un avvenire cristiano. E' una via crucis, si, ma è anche una via di gioia, perché è una via di speranza.

Con tutta la mia fiducia e il mio affetto invito i giovani di Francia a levare la testa e a marciare insieme su questa strada, la mano nella mano del Signore "Ragazza, alzati! Ragazzo, alzati!".

Data: 1980-06-01
Data estesa: Domenica 1 Giugno 1980.



GPII 1980 Insegnamenti - Ai Vescovi di Francia - Issy-les-Moulineaux (Francia)