GPII 1980 Insegnamenti - L'omelia nella piazza della cattedrale - Frascati


2. Nel ricordo di questi eventi, che appartengono ormai alla storia di Frascati, noi siamo riuniti insieme per proclamare il lieto messaggio della speranza cristiana perché - come abbiamo ascoltato dalla Liturgia - noi oggi celebriamo "con gioia la Natività della Beata Vergine Maria: da Lei è sorto il sole di giustizia, Cristo, nostro Dio!".

Questa festività mariana è tutta un invito alla gioia, proprio perché con la nascita di Maria Santissima Dio dava al mondo quasi la garanzia concreta che la salvezza era ormai imminente: l'umanità che da millenni, in forme più o meno coscienti, aveva atteso qualcosa o qualcuno che la potesse liberare dal dolore, dal male, dall'angoscia, dalla disperazione, e che nel Popolo eletto aveva trovato, specialmente nei Profeti, i portavoce della Parola di Dio, rassicurante e consolatrice, poteva finalmente guardare, commossa e trepidante, a Maria "Bambina", la quale era il punto di convergenza e di arrivo di un complesso di promesse divine, echeggiate misteriosamente nel cuore stesso della storia.

E' proprio questa Bambina, ancor piccola e fragile, la "Donna" del primo annuncio della Redenzione futura, contrapposta da Dio al serpente tentatore: "Io porro inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno!" (Gn 3,15).

E' proprio questa Bambina la "Vergine" che "concepirà e partorirà un Figlio, che sarà chiamato Emanuele, che significa: Dio con noi" (cfr. Is 7,14 Mt 1,23).

E' proprio questa Bambina la "Madre" che partorirà a Betlemme "colui che deve essere il dominatore di Israele" (cfr. Mi 5,1s).

La Liturgia odierna applica a Maria nascente il brano della Lettera ai Romani, in cui San Paolo descrive il piano misericordioso di Dio nei confronti degli eletti: Maria è predestinata dalla Trinità ad una altissima missione; è chiamata; è santificata; è glorificata.

Dio l'ha predestinata ad essere intimamente associata alla vita ed all'opera del suo Figlio unigenito. Per questo l'ha santificata, in maniera mirabile e singolare, fin dal primo momento della sua concezione, costituendola "piena di grazia" (cfr. Lc 1,28); l'ha resa conforme all'immagine del suo Figlio: una conformità che, possiamo dire, fu unica, perché Maria è stata la prima e la più perfetta discepola del Figlio.

Il disegno di Dio in Maria è culminato poi in quella glorificazione, che ha reso il suo corpo mortale conforme al corpo glorioso di Gesù risuscitato; l'assunzione di Maria al cielo, in anima e corpo, rappresenta come l'ultima tappa della vicenda di questa Creatura, nella quale il Padre celeste ha manifestato, in maniera esaltante, il suo divino compiacimento.

La Chiesa tutta, pertanto, non può oggi non gioire nel celebrare la Natività di Maria Santissima, la quale - come afferma con accenti commossi san Giovanni Damasceno - è quella "porta verginale e divina, dalla quale e attraverso la quale Dio, che è al di sopra di ogni cosa, sta per fare il suo ingresso sulla terra corporalmente... Oggi è spuntato un rampollo dal tronco di Jesse, dal quale nascerà al mondo un Fiore sostanzialmente unito alla divinità. Oggi, sulla terra, dalla natura terrena, Colui che un tempo separo il firmamento dalle acque e lo elevo in alto, ha creato un cielo, e questo cielo è di gran lunga divinamente più splendido del primo!".


3. Guardare a Maria significa specchiare noi stessi in un modello che Dio stesso ci ha donato per la nostra elevazione e per la nostra santificazione.

E Maria oggi ci insegna anzitutto a conservare intatta la fede in Dio, quella fede che ci è stata donata nel Battesimo e che deve continuamente crescere e maturare in noi nelle varie tappe della nostra vita cristiana. Commentando le parole di san Luca (2,19), sant'Ambrogio così si esprime: "Riconosciamo in tutto la verecondia della Vergine santa, che, intemerata nel corpo non meno che nelle parole, meditava nel suo cuore gli argomenti della fede". Anche noi, fratelli e sorelle carissimi, dobbiamo continuamente meditare nel nostro cuore "gli argomenti della fede", dobbiamo cioè essere aperti e disponibili alla Parola di Dio, per far si che la nostra vita quotidiana - a livello personale, familiare, professionale - sia sempre in perfetta sintonia ed in armoniosa coerenza col messaggio di Gesù, con l'insegnamento della Chiesa, con gli esempi dei Santi.

Maria, la Vergine-Madre, riafferma oggi a noi tutti il valore altissimo della maternità, gloria e gioia della donna, ed altresi quello della verginità cristiana, professata ed accolta "in vista del Regno dei Cieli" (cfr. Mt 19,12), cioè come una testimonianza, in questo mondo caduco, di quel mondo finale, in cui i salvati saranno "come gli angeli di Dio" (cfr. Mt 22,30).


4. L'odierna festività ci suggerisce ancora un altro spunto per la nostra riflessione, collegato con un evento ecclesiale di particolare importanza, che coinvolgerà per parecchi mesi la diocesi di Frascati. L'anno venturo voi celebrerete solennemente il III centenario della consacrazione della vostra artistica cattedrale, cioè del Tempio principale, più importante della diocesi.

Ma il tempio di pietre ci richiama ad un Tabernacolo vivente, al vero Tempio santo dell'Altissimo, quale è stata Maria, che ha concepito nel suo grembo verginale ed ha generato, per opera dello Spirito Santo, il Verbo incarnato. E, secondo la Parola di Dio, ogni cristiano, mediante il Battesimo diviene tempio di Dio (1Co 3,16-17 1Co 6,19 2Co 6,16); è una pietra viva per la costruzione di un edificio spirituale (cfr. 1P 2,5), deve cioè, con la sua esemplare vita cristiana, contribuire alla crescita ed alla edificazione della Chiesa, Corpo Mistico di Cristo, Popolo di Dio, Famiglia di Dio.

Il prossimo III centenario della consacrazione della vostra Cattedrale deve spronarvi ed impegnarvi, fratelli e figli carissimi, ad una testimonianza di vita cristiana sempre più concreta, costante, generosa, in filiale unione con i vostri Pastori. Le mie parole di esortazione si rivolgono, in primo luogo, ai sacerdoti e religiosi, i quali hanno scelto una vita di completa donazione e dedizione alla dilatazione del Regno di Dio. Ma in questa circostanza mi rivolgo, in modo del tutto particolare, ai Laici, cioè agli uomini, alle donne, padri, madri, professionisti, operai, giovani, ragazze, studenti, e ricordando le parole, che 17 anni or sono rivolgeva proprio a voi, fedeli di Frascati, Paolo VI, parlando della maturazione della coscienza del laicato cattolico nei confronti dell'apostolato. Questa coscienza - egli affermava - "non è data... soltanto dalla necessità di allungare le braccia del Sacerdote che non arriva a tutti gli ambienti e non riesce a contenere tutte le fatiche. E' data da qualche cosa di più profondo e di più essenziale, dal fatto, cioè, che anche il laico è cristiano.

Dall'interno della sua coscienza squilla una voce: Se sono cristiano, non devo essere un elemento negativo, passivo e neutro e forse avversario dell'onda di spirito che il Cristianesimo pone nelle anime".

Facendo eco a queste parole del mio grande Predecessore, io dico a voi, fedeli di Frascati: Cristo Capo ha bisogno di voi, perché voi siete le sue membra! La Chiesa ha bisogno di voi, perché voi la formate! Non lasciatevi scoraggiare dalle difficoltà né, tanto meno affascinare o intimidire da concezioni o ideologie in contrasto con il messaggio cristiano! "Questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo, la nostra fede!" (1Jn 5,4), ci rassicura san Giovanni l'Evangelista; questa fede sia sempre solida, profonda, schietta, operosa, dinamica.

O Vergine nascente, speranza e aurora di salvezza al mondo intero, / volgi benigna il tuo sguardo materno a noi tutti, / qui riuniti per celebrare e proclamare le tue glorie! O Vergine fedele, che sei stata sempre pronta e sollecita ad accogliere, conservare e meditare la Parola di Dio, / fa' che anche noi, in mezzo alle drammatiche vicende della storia, / sappiamo mantenere sempre intatta la nostra fede cristiana, / tesoro prezioso tramandatoci dai Padri! O Vergine potente, che col tuo piede schiacci il capo del serpente tentatore, / fa' che realizziamo, giorno dopo giorno, le nostre promesse battesimali, con le quali abbiamo rinunziato a Satana, alle sue opere ed alle sue seduzioni, / e sappiamo dare al mondo una lieta testimonianza della speranza cristiana.

O Vergine clemente, che hai sempre aperto il tuo cuore materno alle invocazioni dell'umanità, talvolta divisa dal disamore ed anche, purtroppo, dall'odio e dalla guerra, fa' che sappiamo sempre crescere tutti, secondo l'insegnamento del tuo figlio, nell'unità e nella pace, per essere degni figli dell'unico Padre celeste.

Amen!

Data: 1980-09-08 Data estesa: Lunedi 8 Settembre 1980.


Ai giovani nell'oratorio di Capocroce - Frascati

Titolo: Collaborate con ogni mezzo alla diffusione del Vangelo

Carissimi giovani, Sono felice di essere in mezzo a voi, cari giovani di Frascati, che appartenete al Gruppo Catechistico Diocesano, all'Azione Cattolica ed ai Movimenti di GN e di Comunione e Liberazione! Siete qui convenuti per il colloquio ormai consueto col Papa, accompagnati da molti altri giovani ed anche in rappresentanza di tanti ragazzi e ragazze che collaborano con voi nello sforzo di costruire una società viva, perché animata dall'amore di Cristo. Ed è nel nome e nel segno vittorioso di Cristo, che oggi rivolgo il mio saluto paterno e festoso a ciascuno di voi, in questa piazza divenuta giardino di liete speranze.

Accogliete il mio ringraziamento per questo incontro che, come in ogni altra occasione, occupa un posto centrale nella mia visita alla Comunità ecclesiale di Frascati, e che nell'odierna circostanza è animato anche dai vostri sinceri e coraggiosi interventi. Ho ascoltato, infatti, con grande piacere le notizie che mi avete dato sul vostro impegno di conoscere e di far conoscere Cristo nell'ambiente che vi circonda, attraverso piani sempre rinnovati ed aggiornati di evangelizzazione, progetti di nuovi incrementi di vita cristiana nei vari strati della compagine sociale, e validi contributi di concreta testimonianza di fede. Grazie, cari giovani, per tutto quello che fate, in vista di offrire ad una società, talvolta avvilita e cupamente esasperata dalle sue stesse interiori contraddizioni, un messaggio di gioia e di fiducia. E' una grande missione la vostra, che la Chiesa vuole sostenere, animare ed incoraggiare, in nome del Vangelo che è buona novella e quindi annunzio di salvezza e di incorruttibile felicità del cuore.

1. La Chiesa ha il mandato, affidato alle deboli forze di uomini spesso fragili ed imperfetti, di comunicarvi autenticamente Cristo nella sua Parola divina e nella sua Vita, attraverso la Liturgia e i Sacramenti, affinché possiate assumere le vostre responsabilità future, le vostre decisioni importanti, nello spirito e nell'atteggiamento di Cristo. così sarete in grado di influire, anche nell'esercizio dei vostri compiti personali, sull'operare degli altri e sull'auspicato mutamento della convivenza civile.

Vi è chiesto di apprendere fin d'ora l'arte, difficile ed insieme allettante, di affrontare le ricorrenti sfide, presentate dall'impegno terrestre quotidiano, nella luce della Croce e della Risurrezione di Cristo, in una donazione che non esclude nemmeno il sacrificio totale di se stessi, ed è aperta, contemporaneamente, e con certezza, ad un'aurora luminosa di rinnovamento, che non potrà mancare, perché la nostra è una speranza che non delude (cfr. Rm 5,5).

Come già dissi nell'ottobre scorso ai ventimila giovani raccolti nel Madison Square Garden di New York: "Quando voi siete stupiti del mistero di voi stessi, guardate a Cristo che vi offre il significato della vita. Quando cercate di sapere che cosa significhi essere una persona matura, guardate a Cristo che è la pienezza dell'essere umano. E quando cercate di immaginare quale sarà il vostro ruolo nel futuro del mondo... guardate a Cristo. E' solo in Cristo che raggiungerete l'attuazione piena delle vostre potenzialità sia come uomini che come cittadini".


2. Mentre la Chiesa ha il compito di costruire in voi Cristo, affinché possiate raggiungere la piena maturità dell'uomo, in Lui che è l'Uomo perfetto ed insieme il Figlio di Dio, voi, da parte vostra, accogliendone le parole di vita, incarnate sempre più a fondo in voi stessi il mistero stesso della Chiesa, entrate a far parte di essa, ne assumete le sorti ed i destini, e siete così chiamati a rendere un servizio alla Chiesa, e, al tempo stesso, ai fratelli. Siete interpellati, nelle forme più varie, in sintonia con le propensioni interiori del vostro cuore, per servire, nella verità e nella carità, quanti soffrono ancora per la loro debolezza e per la fatica del lungo, incerto camminare.

Ricordiamo insieme a tale riguardo, quanto Gesù disse durante l'ultima cena, dopo la lavanda dei piedi: "Se dunque io, il Signore ed il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi, gli uni gli altri. Vi ho dato, infatti, l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi" (Jn 13,14-15). E San Paolo traduce questo mandato di Cristo con le parole: "Noi che siamo forti abbiamo il dovere di sopportare l'infermità dei deboli, senza compiacere noi stessi... Cristo, infatti, non cerco di piacere a se stesso" (Rm 15,1 Rm 15,3). Cari giovani, voi ed io, é noi tutti insieme formiamo la Chiesa e siamo chiamati a "compiacere il prossimo nel bene, per edificarlo" (Rm 15,2), offrendo a tutti "il supremo vantaggio di conoscere Gesù Cristo" (Ph 3,8), in cui solo è il vero amore dell'uomo e la pienezza della vita.


3. Ed ora il mio invito a guardare a Cristo per rendere un servizio ai fratelli, assume un significato preciso che sottopongo alla vostra riflessione: la Chiesa ha bisogno di voi.

Voi ne siete convinti. La Chiesa spera molto da voi, anzi essa dipende dal vostro impegno nel testimoniare Cristo e nel trasmettere ad altri il Vangelo.

Voi che siete "Chiesa" non potete sottrarvi ad un tale appello, giustificato dalla vostra formazione cattolica, a collaborare con ogni mezzo alla diffusione del Vangelo. Da voi si attende questo servizio. Ma servire la Chiesa vuol dire accogliere la sua costituzione gerarchica e spirituale insieme, e quindi sentirsi parte di un'ordinata compagine, il cui governo è affidato ai Pastori che Cristo incessantemente sceglie quali Successori degli apostoli. Non può esistere servizio vero, efficace, duraturo, senza unione di propositi e di iniziative col Vescovo diocesano, al fine di coadiuvarne l'opera pastorale a beneficio dell'intera comunità ecclesiale.

Tale opera impone particolari scelte prioritarie, esige un coordinato sviluppo nel tempo e nello spazio, deve esser difesa da tante insidie. Tutto ciò richiede la vigilanza, il presidio ed il governo del Vescovo, a cui deve corrispondere la vostra fiduciosa ed ubbidiente collaborazione. Dovete servire la Chiesa nella Chiesa, in comunione di amore e di disciplina con i Pastori legittimamente costituiti.

Esiste poi un servizio specialissimo, che è quello reso dal sacerdozio ministeriale, compito sublime che assicura la continuità tra gli uomini dell'opera redentrice di Cristo. La Chiesa ha bisogno di uomini che garantiscano ai propri fratelli un servizio di vita, altissimo ed esaltante, quello di essere depositari ed amministratori dei misteri di Dio, strumenti viventi di perdono e di grazia, ministri della Parola che salva.

Cari giovani, oggi, Gesù Cristo vi rivolge, mediante il suo Vicario, l'appello a seguirlo con donazione irrevocabile e totale per essere suoi rappresentanti viventi e continuatori del suo ministero di redenzione tra le folle anelanti alla salvezza. E' un appello rivolto alla vostra libertà ed alla vostra generosità. Io confido fermamente che la voce di Gesù penetri il cuore, s'immedesimi con le speranze, animi le interiori prospettive dei più generosi tra voi. La vostra risposta al suo invito non è soltanto prova di un coraggio umano, ma anche e soprattutto frutto autentico dell'efficacia della grazia divina.

E', quindi, nella preghiera, nella meditazione, nel profondo anelito di aderire a Cristo Signore, che voi dovete confrontarvi con tale appello a prestare alla Chiesa, quando il Signore chiama, il sublime servizio del sacerdozio ministeriale.

La Vergine Santissima, Madre della Chiesa, di cui oggi festeggiamo la Natività, cioè l'aurora radiosa e promettente della grande opera della redenzione dell'uomo, vi assista nella vostra riflessione, apra il vostro cuore ad autentica donazione e vi dia il coraggio di assumere con fiducia e letizia responsabilità feconde nel servizio della Chiesa.

Vi accompagni sempre la mia affettuosa Benedizione.

Data: 1980-09-08 Data estesa: Lunedi 8 Settembre 1980.





Ai partecipanti all'VIII Congresso Tomistico Internazionale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il metodo e la dottrina di San Tommaso in dialogo con la cultura contemporanea

Venerati e cari fratelli! Sono sinceramente lieto di poter accogliere oggi, in un incontro cordiale, i partecipanti all'ottavo Congresso Tomistico Internazionale celebrato in occasione del centenario dell'Enciclica "Aeterni Patris" di Leone XIII ed altresi della fondazione, ad opera del medesimo Sommo Pontefice, della "Pontificia Accademia Romana di San Tommaso d'Aquino".

Saluto con affetto tutti i presenti e, in particolare, il venerato fratello Cardinale Luigi Ciappi, Presidente dell'Accademia, e Monsignor Antonio Piolanti, Vice-Presidente.

1. Con la celebrazione dell'ottavo Congresso Tomistico Internazionale, organizzato dalla "Pontificia Accademia Romana di San Tommaso d'Aquino e di Religione Cattolica", si concludono le manifestazioni commemorative del centenario dell'Enciclica "Aeterni Patris", emanata il 4 agosto 1879, e della Fondazione della medesima Accademia, avvenuta il 13 ottobre 1879, per opera del grande Pontefice Leone XIII.

Dal primo Convegno, tenuto nell'Università di San Tommaso d'Aquino, nel novembre dello scorso anno, fino ad oggi, le celebrazioni si sono moltiplicate in Europa e in altri Continenti. Queste conclusive tornate accademiche, che hanno veduto illustri e qualificati docenti convenire a Roma da ogni parte del mondo nel nome di Papa Leone XIII e di San Tommaso d'Aquino, hanno potuto fare simultaneamente il bilancio delle celebrazioni tenute nell'anno in corso e quello del centenario dell'Enciclica.

Fin dagli inizi del mio Pontificato non ho lasciato passare occasione propizia senza richiamare la eccelsa figura di San Tommaso, come ad esempio, nella mia visita alla Pontificia Università "Angelicum" ed all'Institut Catholique di Parigi, nell'allocuzione all'UNESCO e, in modo esplicito o implicito, nei miei incontri con i Superiori, Docenti ed alunni delle Pontificie Università Gregoriana e Lateranense.


2. I cento anni dell'Enciclica "Aeterni Patris" non sono passati invano, né quel celebre Documento del Magistero pontificio ha perduto la sua attualità.

L'Enciclica si basa su un principio fondamentale, che le conferisce una profonda unità organica interiore. E' il principio dell'armonia tra le verità della ragione e quelle della fede. E' questo che stava sommamente a cuore a Leone XIII. Tale principio, sempre emergente e attuale, nell'arco di questi cento anni ha fatto notevoli progressi. Basta tener conto della coerenza del Magistero della Chiesa da Papa Leone XIII a Paolo VI e di quanto è maturato nel Concilio Vaticano II, specialmente nei documenti: "Optatam Totius", "Gravissimum Educationis", "Gaudium et Spes".

Alla luce del Concilio Vaticano II vediamo, forse meglio che un secolo fa, l'unità e la continuità tra l'autentico umanesimo e l'autentico cristianesimo, tra la ragione e la fede, grazie alle direttive della "Aeterni Patris" di Leone XIII, il quale con tale documento, che aveva come sottotitolo "De philosophia christiana... ad mentem Sancti Thomae... in scholis catholicis instauranda", manifestava la coscienza che era avvenuta una crisi, una rottura, un conflitto o, quanto meno, un offuscamento circa il rapporto tra la ragione e la fede.

All'interno della cultura del secolo XIX si possono infatti individuare due atteggiamenti estremi: il razionalismo (la ragione senza la fede), il fideismo (la fede senza la ragione). La cultura cristiana si muoveva tra questi due estremi, pendendo da una parte o dall'altra. Il Concilio Vaticano I aveva già detto la sua parola in proposito. Era ormai il tempo di imprimere un nuovo corso agli studi all'interno della Chiesa. Leone XIII s'accinse, con lungimiranza, a questo compito, ripresentando - è questo il senso di instaurare - il perenne pensiero della Chiesa, nella limpida e profonda metodologia del Dottore Angelico.

Il dualismo che metteva in opposizione ragione e fede, tutt'altro che moderno, costituiva una ripresa della dottrina medioevale della "doppia verità", la quale minacciava dall'interno "l'unità intima dell'uomo-cristiano" (Lumen Ecclesiae, 12). Erano stati i grandi Dottori Scolastici del secolo tredicesimo a rimettere sulla buona via la cultura cristiana. Come affermava Paolo VI, "nel compiere l'opera che segna il culmine del pensiero cristiano medioevale, S.

Tommaso non fu solo. Prima e dopo di lui molti altri illustri dottori lavorarono allo stesso scopo: tra i quali sono da ricordare San Bonaventura e Sant'Alberto Magno, Alessandro di Hales, Duns Scoto. Ma senza dubbio San Tommaso, per disposizione della divina Provvidenza, raggiunse il vertice di tutta la teologia e filosofia "scolastica", come si suole chiamarla, e fisso nella Chiesa il cardine centrale intorno al quale allora e in seguito si è potuto svolgere il pensiero cristiano con sicuro progresso" (Lumen Ecclesiae, 13).

Sta in questo la motivazione della preferenza data dalla Chiesa al metodo ed alla dottrina del Dottore Angelico. Tutt'altro che preferenza esclusiva, si tratta di una preferenza esemplare, che permise a Leone XIII di dichiararlo: "inter Scholasticos Doctores, omnism princeps et magister" (Leone XIII, Aeterni Patris, 13). E tale è veramente San Tommaso d'Aquino, non solo per la completezza, l'equilibrio, la profondità, la limpidezza dello stile, ma più ancora per il vivissimo senso di fedeltà alla verità, che può anche dirsi realismo. Fedeltà alla voce delle cose create, per costruire l'edificio della filosofia; fedeltà alla voce della Chiesa per costruire l'edificio della teologia.


3. Nel sapere filosofico, prima di ascoltare quanto dicono i sapienti dell'umanità, a giudizio dell'Aquinate occorre ascoltare e interrogare le cose.

"Tunc homo creaturas interrogat, quando eas diligenter considerat; sed tunc interrogah respondent" (San Tommaso, Super Iob, XII,1). La vera filosofia deve rispecchiare fedelmente l'ordine delle cose stesse, altrimenti finisce col ridursi ad arbitraria opinione soggettiva. "Ordo principalius invenitur in ipsis rebus et ex eis derivatur ad cognitionem nostram". La filosofia non consiste in un sistema soggettivamente costruito a piacere del filosofo, ma dev'essere il fedele rispecchiarsi dell'ordine delle cose nella mente umana.

In questo senso, San Tommaso può considerarsi un autentico pioniere del moderno realismo scientifico, che fa parlare le cose mediante l'esperimento empirico, anche se il suo interesse si limita a farle parlare dal punto di vista filosofico. Piuttosto, c'è da domandarsi se non sia proprio il realismo filosofico che, storicamente, ha stimolato il realismo delle scienze empiriche in tutti i loro settori.

Questo realismo, tutt'altro che escludere il senso storico, crea le basi per la storicità del sapere, senza farlo decadere nella fragile contingenza dello storicismo, oggi largamente diffuso. Perciò dopo aver dato la precedenza alla voce delle cose, San Tommaso si mette in rispettoso ascolto di quanto hanno detto e dicono i filosofi, per darne una valutazione, mettendosi a confronto con la realtà concreta. "Ut videatur quid veritatis sit in singulis opinionibus et in quo dehciant. Omnes enim opiniones secundum quid aliquid verum dicunt". E' impossibile che il conoscere umano e le opinioni degli uomini siano del tutto privi di ogni verità. E' un principio che San Tommaso mutua da Sant'Agostino e che fa proprio: "Nulla est falsa doctrina quae non vera falsis intermisceat". "Impossibile est aliquam cognitionem esse totaliter falsam, sine aliqua veritate".

Questa presenza di verità, sia pure parziale e imperfetta e talora distorta, è un ponte, che unisce ogni uomo agli altri uomini e rende possibile l'intesa, quando c'è buona volontà.

In questa visuale, San Tommaso ha sempre prestato rispettoso ascolto a tutti gli autori, anche quando non poteva condividerne interamente le opinioni; anche quando si trattava di autori precristiani o non cristiani, come ad esempio gli arabi commentatori dei filosofi greci. Di qui il suo invito ad accostarsi con umano ottimismo persino ai primi filosofi greci, il cui linguaggio non è sempre chiaro e preciso, cercando di portarsi oltre l'espressione linguistica, ancora rudimentale, "ad ea quae exterius ex eorum verbis apparet", ma all'"intentio", che li guida e li anima. Quando poi si tratta di grandi Padri e Dottori della Chiesa, allora egli cerca sempre di trovare l'accordo, più nella pienezza di verità che posseggono come cristiani, che nel modo, apparentemente diverso dal suo, con cui si esprimono. E' noto come, ad esempio, cerchi di attenuare e quasi far sparire ogni divergenza con Sant'Agostino, purché si usi il giusto metodo: "profundius intentionem Augustini scrutari".

Del resto, la base del suo atteggiamento, comprensivo verso tutti, senza mancare di essere schiettamente critico, ogni volta che sentiva di doverlo fare e lo fece coraggiosamente in molti casi, sta nella concezione stessa della verità.

"Licet sint multae veritates participatae, est una sapientia absoluta supra omnia elevata, scilicet sapientia divina, per cuius participationem omnes sapientes sunt sapientes". Questa suprema sapienza, che splende nel creato, non trova sempre la mente umana disposta a riceverla per molteplici ragioni. "Licet enim aliquae mentes sint tenebrosae, id est sapida et lucida sapientia privatae, nulla tamen adeo tenebrosa est quin aliquid divinae lucis participet... quia omne verum, a quocumque dicatur, a Spiritu Sancto est". Di qui la speranza di conversione per ogni uomo, per quanto intellettualmente e moralmente traviato.

Questo metodo realistico e storico, fondamentalmente ottimistico ed aperto, fa di San Tommaso non soltanto il "Doctor Communis Ecclesiae", come lo chiama Paolo VI, nella sua bella Lettera "Lumen Ecclesiae", ma il "Doctor Humanitatis", perché sempre pronto e disponibile a recepire i valori umani di tutte le culture. A buon diritto l'Angelico può affermare: "Veritas in seipsa fortis est et nulla impugnatione convellitur". La verità, come Gesù Cristo, può essere rinnegata, perseguitata, combattuta, ferita, martoriata, crocefissa; ma sempre rivive e risorge e non può mai essere divelta dal cuore umano. San Tommaso ha messo tutta la forza del suo genio ad esclusivo servizio della verità, dietro la quale sembra voler sparire quasi per timore di disturbarne il fulgore perché essa, e non lui, brilli in tutta la sua luminosità.


4. Alla fedeltà alla voce delle cose, in filosofia, corrisponde, secondo San Tommaso, la fedeltà alla voce della Chiesa in teologia.E' sua norma, cui mai venne meno, il principio: "Magis standum est auctoritati Ecdesiae... quam cuiuscumque Doctoris". La verità, proposta dall'autorità della Chiesa assistita dallo Spirito Santo, è dunque la misura della verità, che esprimono tutti i teologi e dottori passati, presenti e futuri. Qui l'autorità della dottrina dell'Aquinate si risolve e si rifonde nell'autorità della Dottrina della Chiesa. Ecco perché la Chiesa l'ha proposto come esemplare modello della ricerca teologica.

Anche in teologia l'Aquinate preferisce, dunque, alla voce dei Dottori, e alla propria voce, quella della Chiesa universale, quasi anticipando quanto dice il Vaticano II: "La totalità dei fedeli che hanno ricevuta l'unzione dello Spirito Santo non può sbagliarsi nel credere" (LG 12); "Quando sia il Romano Pontefice sia il corpo dei Vescovi con lui, definiscono un punto di dottrina, lo fanno secondo la stessa rivelazione, cui tutti debbono stare e conformarsi" (LG 25).

Non è possibile passare in rassegna tutti i motivi che hanno indotto il Magistero a scegliere come guida sicura nelle discipline teologiche e filosofiche San Tommaso d'Aquino; ma uno è senza dubbio questo: l'aver egli posto i principii di valore universale, che reggono il rapporto tra ragione e fede. La fede contiene in modo superiore, diverso ed eminente i valori della sapienza umana, perciò è impossibile che la ragione possa discordare dalla fede e, se discorda, bisogna rivedere e riconsiderare le conclusioni della filosofia. In questo senso la stessa fede diviene un prezioso aiuto per la filosofia.

E' sempre valida la raccomandazione di Leone XIII: "Quapropter qui philosophiae studium cum obsequio fidei christianae coniungunt, ii optime philosophantur: quandoquidem divinarum veritatum splendor, animo exceptus, ipsam iuvat intelligentiam; cui non modo nihil de dignitate detrahit, sed nobilitatis, acuminis, firmiatis plurimum addit" (Leone XII, Aeterni Patris, 13).

La verità filosofica e quella teologica convergono nell'unica verità. La verità della ragione risale dalle creature a Dio; la verità della fede discende direttamente da Dio all'uomo. Ma questa diversità di metodo e di origine non toglie la loro fondamentale unicità, perché identico è l'Autore sia della verità, che si manifesta attraverso la creazione, sia della verità, che viene comunicata personalmente all'uomo attraverso la sua Parola. Ricerca filosofica e ricerca teologica sono due diverse direzioni di marcia dell'unica verità, destinate ad incontrarsi, non a scontrarsi, sulla medesima via, per aiutarsi. così la ragione illuminata, irrobustita, garantita dalla fede diviene una fedele compagna della fede stessa e la fede allarga immensamente l'orizzonte limitato della ragione umana. Su questo punto San Tommaso è davvero un Maestro illuminante: "Quia vero naturalis ratio per creaturas in Dei cognitionem ascendit; fidei vero in nos, e converso, divina revelatione descendit, est autem eadem via ascensus et descensus, oportet eadem via procedere in his quae supra rationem credentur, qua in superioribus processum est circa ea quae ratione investigantur de Deo".

La differenza del metodo e degli strumenti di ricerca diversifica assai il sapere filosofico da quello teologico. Anche la migliore filosofia, quella di stile tomista, che Paolo VI ha così ben definito come "filosofia naturale della mente umana", docile ad ascoltare e fedele nell'esprimere la verità delle cose, è sempre condizionata dai limiti dell'intelligenza e del linguaggio umano. Perciò l'Angelico non esita ad affermare: "Locus ab auctoritate quae fundatur super ratione humana est inhrmissimus". Qualsiasi filosofia, in quanto è un prodotto dell'uomo, ha i limiti dell'uomo. Al contrario, "locus ab auctoritate quae fundatur super revelatione divina est efficacissimus ". L'autorità divina è assoluta, perciò la fede gode della fermezza e della sicurezza di Dio stesso; la scienza umana ha sempre la debolezza dell'uomo, nella misura in cui si fonda sull'uomo. Tuttavia, anche nella filosofia vi è qualcosa di assolutamente vero, indefettibile e necessario, quali sono i principii primi, fondamento di ogni conoscenza.

La retta filosofia innalza l'uomo a Dio, come la Rivelazione avvicina Dio all'uomo. Per Sant'Agostino: "verus philosophus est amator Dei". San Tommaso, riecheggiandolo, dice, in altre parole, la stessa cosa: "Fere totius philosophiae consideratio ad Dei cognitionem ordinatur". "Sapientia est veritatem praecipue de primo principio meditari". Amore del vero e amore del bene quando sono autentici vanno sempre insieme. A sfatare l'idea, da taluni avanzata, che San Tommaso sia un freddo intellettualista sta il fatto che l'Angelico risolve lo stesso conoscere in amore del vero, quando pone come principio di ogni conoscenza: "verum est bonum intellectus". Dunque l'intelletto è fatto per il vero e lo ama come suo bene connaturale. E poiché l'intelletto non si sazia di nessun vero parziale conquistato, ma tende sempre oltre, l'intelletto tende oltre ogni vero particolare ed è naturalmente proteso al Vero Totale e Assoluto che, in concreto, non può essere altri che Dio.

Il desiderio della verità si trasfigura in naturale desiderio di Dio e trova il suo chiarimento soltanto nella luce di Cristo, la Verità fatta Persona.

Così tutta la filosofia e la teologia di San Tommaso non sono situate fuori, ma dentro il celebre aforisma agostiniano: "fecisti nos ad te; et inquietum est cor nostrum, donec requiescat in te". E quando San Tommaso passa dalla connaturata tendenza dell'uomo verso il vero e il bene all'ordine della grazia e della redenzione, si trasforma, non meno che Sant'Agostino, San Bonaventura e San Bernardo, in un cantore del primato della carità: "Charitas est mater et radix omnium virtutum in quantum est omnium virtutum forma".


5. Vi sono ancora altri motivi che rendono attuale San Tommaso: il suo altissimo senso dell'uomo, "tam nobilis creatura". Quale idea abbia egli di questa "nobilis creatura", immagine di Dio, è facile rilevarlo ogni volta che si accinge a parlare dell'Incarnazione e della Redenzione. Fin dalla sua prima grande opera giovanile, il Commento alle Sentenze di Pier Lombardo, nel prologo al Terzo libro, nel quale si accinge a trattare dell'Incarnazione del Verbo, non esita a paragonare l'uomo al "mare", in quanto raccoglie, unifica ed eleva in sé tutto il mondo infraumano, come il mare raccoglie tutte le acque dei fiumi che vi si immettono.

Nel medesimo prologo egli definisce l'uomo come l'orizzonte del creato, nel quale si congiungono il cielo e la terra, come vincolo del tempo e dell'eternità; come sintesi del creato. Il suo vivissimo senso dell'uomo non viene mai meno in tutte le sue opere. Negli ultimi tempi della sua vita, iniziando il trattato dell'Incarnazione nella Terza Parte della "Summa Theologica", ispirandosi sempre a Sant'Agostino, afferma che solo assumendo la natura umana, il Verbo poteva mostrare "quanta sit dignitas humanae naturae ne eam inquinemus peccando".

E subito dopo aggiunge: incarnandosi e assumendo la natura umana Dio poté dimostrare "quam excelsum locum inter creaturas habeat humana natura".


6. Negli incontri del vostro Congresso è stato osservato, tra l'altro, che i principii della filosofia e della teologia di San Tommaso non hanno avuto forse nel settore morale una valorizzazione, quale esigono i tempi e quale è possibile ricavare dai grandi principii posti dall'Aquinate, da ricollegare saldamente alle basi metafisiche, per una maggiore organicità e vigore. Nel settore sociale è stato fatto di più, ma vi è ancora molto spazio da colmare, per venire incontro ai problemi più vivi ed urgenti dell'uomo d'oggi.

può essere questo un programma che impegni la Pontificia Accademia Romana di San Tommaso d'Aquino per l'immediato futuro, tenendo lo sguardo attento ai segni dei tempi, alle esigenze di maggiore organicità e penetrazione, secondo le direttive del Vaticano II (cfr. OT 16 GE 10), e dalle correnti di pensiero del mondo contemporaneo, per non pochi aspetti diverse da quelle dei tempi di San Tommaso ed anche del periodo, in cui è stata emanata da Leone XIII l'Enciclica "Aeterni Patris".

San Tommaso ha segnato una via, che può e deve essere portata avanti e aggiornata, senza tradirne lo spirito e i principii di fondo, ma tenendo anche conto delle conquiste scientifiche moderne. Il vero progresso della scienza non può mai contraddire la filosofia, come la filosofia non può mai contraddire la fede. I nuovi apporti scientifici possono avere una funzione catartica e liberatrice di fronte ai limiti imposti alla ricerca filosofica dall'arretratezza medioevale, per non dire dalla non esistenza, di una scienza quale oggi noi possediamo. La luce non può venire oscurata, ma solo potenziata dalla luce. La scienza e la filosofia possono e debbono mutuamente collaborare purché l'una e l'altra rimangano fedeli al proprio metodo. La filosofia può illuminare la scienza e liberarla dai suoi limiti, come, a sua volta, la scienza può proiettare nuova luce sulla stessa filosofia ed aprirle nuove vie. E' questo l'insegnamento del Maestro d'Aquino, ma prima ancora è la Parola della Verità stessa, Gesù Cristo, che ci assicura: "Veritas liberabit vos" (Jn 8,32).


7. Come è noto, Leone XIII, ricco di sapienza e di esperienza pastorale, non si accontento di emanare direttive teoriche. Esorto i Vescovi a creare accademie e centri di studi tomistici e ne diede lui stesso per primo l'esempio, istituendo, qui in Roma, la "Pontificia Accademia di San Tommaso d'Aquino" alla quale venne poi unita nel 1934 la più antica "Accademia di Religione Cattolica". Il Congresso, che si è svolto in questi giorni, aveva anche lo scopo di celebrare il centenario della vostra medesima Accademia. E ben a ragione, perché vi appartennero, come Presidenti o come Soci, illustri Personaggi, insigni Cardinali, molti dei migliori Ingegni e Maestri delle scienze sacre di Roma e del mondo. Un'Accademia, che fu sempre particolarmente cara a tutti i miei Predecessori fino a Paolo VI, che la ricevette ben due volte in udienza, in occasione dei precedenti Congressi, rivolgendo discorsi e dando direttive memorabili.

Non si possono passare sotto silenzio le principali caratteristiche, che hanno permesso alla vostra Accademia di mantenere fede agli impegni che i Sommi Pontefici le hanno, di volta in volta, assegnato: la sua cattolica universalità, per la quale ha sempre avuto, tra i suoi Soci, personalità residenti in Roma e fuori Roma - come non ricordare Jacques Maritain ed Etienne Gilson? -; membri del clero diocesano e religiosi di ogni Ordine e Congregazione; la sua tempestività nello studio dei problemi contemporanei, fatti oggetto di analisi, alla luce della dottrina della Chiesa: "Ecclesiae Doctorum, praesertim Sancti Thomae vestigia premendo" (GE 10), quasi preludendo al Concilio Vaticano II.

La testimonianza più convincente sono le opere dell'Accademia: i numerosi cicli di conferenze, le pubblicazioni, i Congressi periodici voluti da Papa Pio XI ed attuati con esemplare puntualità e con profitto degli studi cattolici.

Né posso fare a meno di ricordare, tra gli alunni che ottennero la laurea nella Pontificia Accademia Romana di San Tommaso d'Aquino, due miei illustri predecessori: Pio XI e Paolo VI.

Venerati e cari fratelli! Il Concilio Vaticano II che ha dato nuovo impulso agli studi cattolici con i suoi decreti sulla formazione sacerdotale e sull'educazione cattolica, all'insegna del Maestro San Tommaso (S. Thoma magistro) (cfr. OT 16), serva di stimolo e auspicio per una rinnovata vita e per più ubertosi frutti, nel prossimo avvenire, per il bene della Chiesa! Mentre vi esprimo il mio più vivo compiacimento per il Congresso Tomistico Internazionale, che, in questi giorni, ha dato veramente un notevole contributo scientifico sia per la qualificazione dei partecipanti e dei relatori, sia per l'accurata messa a punto dei vari problemi storici e filosofici, vi esorto a continuare, con grande impegno e serietà a realizzare le finalità della vostra Accademia; che sia un centro vivo, pulsante, moderno, in cui il metodo e la dottrina dell'Aquinate siano posti in continuo contatto e in sereno dialogo con i complessi fermenti della cultura contemporanea, nella quale viviamo e siamo immersi.

Con tali voti, vi rinnovo la mia sincera benevolenza e vi imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.

Data: 1980-09-13 Data estesa: Sabato 13 Settembre 1980.



GPII 1980 Insegnamenti - L'omelia nella piazza della cattedrale - Frascati