GPII 1980 Insegnamenti - Ai Vescovi della Toscana - Siena

Ai Vescovi della Toscana - Siena

Titolo: Tramiti della riconciliazione del mondo contemporaneo con Dio

Signor Cardinale, venerati, carissimi fratelli dell'episcopato toscano! Sono profondamente lieto di trovarmi con voi, oggi, in occasione di questa visita a Siena, che compio per venerare in modo speciale santa Caterina. Se gli incontri di questa giornata hanno, tutti, una grande importanza per me, il vostro riveste evidentemente un particolare significato. E' l'incontro del Papa, tanto amato da Caterina come "il dolce Cristo in terra", con i Vescovi, da lei tanto venerati: essa dice infatti che anche a loro, come al "glorioso apostolo Pietro", Dio lascio "la chiave del sangue de l'unigenito (suo) Figliuolo, la quale chiave diserro vita eterna" (cfr. S.Catharinae Senensis "Dialogus", CXV,). Nel ricordo più intenso di quella figura gigantesca, di quella donna, il cui nome è celebre in Italia e in tutto il mondo, noi Vescovi - anzi, diro, voi Vescovi della Toscana che ha dato alla Chiesa una santa così grande - dobbiamo trarre ispirazione per un impegno, una donazione, una immolazione sempre più autentica per la Chiesa stessa, per le anime che ci sono state affidate come il tesoro più prezioso, perché costano il sangue di Cristo.

1. Caterina ci parla proprio di questo amore alla Chiesa. Noi siamo al servizio della Chiesa, la nostra vita è tutta dedicata alla Chiesa. Scrivendo a Papa Urbano VI, al quale riferiva una visione soprannaturale, la santa ripeteva le parole udite, riguardo alla Chiesa, sposa di Cristo: "Tu la vedi bene vota di quelli che cerchino il mirollo d'essa, cioè il frutto del sangue... Perocché il frutto del sangue è di coloro che portano il prezzo dell'amore; pero ch'ella è fondata in amore, ed è esso amore. E per amore voglio (diceva Dio eterno) che ognuno le dia, secondo che io do a ministrare a servi miei in diversi modi, siccome hanno ricevuto. Ma io mi dolgo che io non trovo chi ci ministri" (S.Catharinae Senensis "Epist. 371"). E tutta la vita di Caterina, passata come una meteora di fuoco illuminando e riscaldando col suo fuoco la Chiesa e la società civile, è stata spesa per questa "sposa", perché fosse veramente quale Cristo l'ha voluta e amata, "tutta gloriosa, senza macchia, né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata" (Ep 5,27). Al suo confessore, il beato Raimondo da Capua, scriveva dopo la sommossa dei romani contro il Papa: "State certi che se io muoio, muoio di passione per la Chiesa" (cfr. I.Taurisano, "S.Caterina da Siena", p. 410).

Questa passione per la Chiesa dev'essere anche la nostra. Con la parola, con l'esempio, con la preghiera, col sacrificio. Siamo mandati da Cristo come suoi rappresentanti davanti agli uomini. "L'amore del Cristo ci spinge, al pensiero che uno è morto per tutti... Dio ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. E' stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro" (2Co 5,14 2Co 5, .


2. Bisogna essere profondamente, totalmente immersi in Dio per poter penetrare e comprendere la piena eloquenza di queste parole, come Caterina è stata immersa in lui e nel modello Gesù. Bisogna essere immersi in Dio e in Cristo, venerati e cari fratelli, perché la nostra missione diventi vita e verità vivificante per gli altri, così come lo è stato in lei e per lei.

E bisogna essere come lei innamorati di Cristo, con l'amore del più grande affidamento e olocausto, affinché la riconciliazione dell'uomo e del mondo con Dio rivesta per i contemporanei, e per quanti verranno dopo, il significato del segno espressivo e della realtà convincente.

Quando oggi, dopo sei secoli dalla morte di quell'insolita figura nella storia della Chiesa e d'Italia, ci riuniamo a Siena medievale, sentiamo quanto il mondo contemporaneo abbia bisogno di quella riconciliazione con Dio, la quale si è compiuta, una volta per sempre, in Cristo. Sentiamo anche quanto sia necessaria a noi: Chiesa; a noi: Vescovi - insieme con i nostri sacerdoti, le suore e i fratelli di vita consacrata, anzi con tutti i laici cristiani - la stessa fede e la forza, che da essa deriva, di quella "parola della riconciliazione" che ci è stata affidata per il bene dell'umanità e del mondo.


3. Lei: santa Caterina da Siena ha conosciuto questa "parola della riconciliazione". Lei sapeva pronunciarla con forza ed efficacia dinanzi agli uomini, piccoli e grandi; dinanzi alla società d'Italia d'allora; dinanzi ai pastori della Chiesa; dinanzi al Papa ed ai principi.

Lei conosceva questa "parola della riconciliazione". La portava dentro di sé tanto profondamente quanto fu immersa in Dio mediante l'amore di Cristo e l'assoluta sottomissione allo Spirito Santo promesso agli apostoli, che egli non lascia mancare nella Chiesa a nessuno - basta saper aprire il cuore, aprire tutta la nostra capacità e gridare: Vieni! Vieni! Vieni! Riempi! L'immersione in Dio, quale ne troviamo l'esempio culminante in santa Caterina, significa lasciar piena libertà dell'azione di Dio nell'anima, dell'azione nell'uomo e, mediante l'uomo, nel mondo.

Allora i misteri divini - attinti nella sua stessa fonte da santa Caterina - non sono più per noi come l'ombra di problemi lontani, ma diventano una realtà - la realtà superiore e fondamentale che abbraccia in sé tutta la realtà creata e umana e le dà il proprio significato. Dio, che ha riconciliato con sé il mondo in Cristo, e continuamente compie in lui l'opera della riconciliazione, agisce mediante gli uomini semplici, poveri in spirito, miti e umili di cuore.

Tale fu santa Caterina da Siena - secondo lo spirito delle beatitudini del discorso della montagna. Gettando lo sguardo sulla sua breve vita - trentatré anni - dobbiamo notare che a coloro, che offrono se stessi a Dio in Cristo, e, con la propria offerta, donano il mondo intero, l'umanità e la Chiesa, Dio risponde con un particolare affidamento, ed affida loro la Chiesa, l'umanità ed il mondo e dà la grazia necessaria per non deludere questo affidamento di Dio.

Santa Caterina certamente non ha deluso l'affidamento di Dio. Non ha deluso l'affidamento del suo Sposo verso la Chiesa, l'umanità e il mondo. così, noi, Vescovi della Chiesa di Dio, non dobbiamo deludere l'affidamento di Dio.

Dobbiamo rispondere. Dobbiamo essere i tramiti della sua grazia. così come lo è stata Caterina, modesta vergine, figlia di uomini semplici, senza particolare istruzione, che, affidandosi totalmente a Dio, è divenuta strumento incomparabile della sua grazia, del suo perdono, della sua riconciliazione. Come lei, "ambasciatori per Cristo"! In questo modo le nostre anime rimangono in sintonia con questa amata santa, il cui VI centenario della morte ci ha convocati qui.


4. La riconciliazione con Dio in Gesù Cristo abbraccia e penetra diversi tempi, giorni, mesi ed anni, epoche e generazioni. Quale fu quel tempo della Chiesa e del mondo, dinanzi al quale è stato dato a santa Caterina da Siena di pronunciare questa "parola della riconciliazione", affidata a lei in modo particolare da Dio? Non è certo necessario che io qui ricordi a voi le vicende, talora tempestose, i drammi, i pericoli dell'epoca storica, in cui è vissuta santa Caterina; quale missione essa abbia svolto a favore dell'unità della Chiesa, prima nel ritorno a Roma del Papa Gregorio XI, poi nel chiamare a raccolta attorno al suo successore, Urbano VI, tutte le forze della Chiesa contro l'antipapa Clemente VII; quale opera di pacificazione abbia svolto nelle città italiane, basti citare per tutte Firenze e Roma; quale apostolato abbia svolto nel risvegliare le coscienze sopite e turbate, nel richiamarle al senso di Dio, al primato della vita interiore, alla purezza del costume morale. Tutto questo, nel nome dell'amore; tutto questo, nel sangue di Cristo, che irrora il giardino della Chiesa ed è fonte di santità personale del clero, come della sua funzione ministeriale, e altresi della incorruttibilità e integrità delle famiglie e della vita laicale.


5. Santa Caterina ricorda oggi a noi Vescovi, nelle difficoltà dell'odierno ministero che, se vogliamo che i nostri sforzi siano fecondi in Cristo, debbono partire dalla stessa radice per cui essa è vissuta e si è donata: l'amore a Cristo. Quanto sono attuali le parole scritte al Cardinale di Ostia, Pietro d'Estaing: "Voi dunque, come vero figliuolo e servo ricomprato dal sangue di Cristo crocifisso, voglio che seguitiate le vestigie sue, con un cuore virile e con sollecitudine pronta; non straccandovi mai né per pena né per diletto: ma perseverate insino al fine in questa e in ogni altra operazione che voi pigliate a fare per Cristo crocifisso. Attendete a stirpare le iniquitadi e le miserie del mondo, de' molti difetti che si commettono; li quali tornano in vituperio del nome di Dio" (S.Catharinae Senensis "Epist. 7").

Con questa forza, con questa convinzione, noi Vescovi dobbiamo lottare per far trionfare la misericordia di Dio, per annunciare che Dio "ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Jn 3,16). Di qui prende inizio quell'amore al sangue di Cristo, che ha spinto Caterina a spendersi per la Chiesa fino a immolarsi come una fiamma, fino all'ultimo guizzo. Di qui, anche per noi, l'impegno a non tralasciare nulla di intentato perché l'amore di Cristo abbia il supremo primato, nella Chiesa e nella società.

Mi è gradito, qui, dare atto a voi tutti di quanto state facendo per le vostre diocesi, perché la vita cristiana, nelle famiglie, nella gioventù, nel fiorire delle vocazioni, nelle forme della convivenza civile, possa manifestarsi pienamente e fermamente. E, in particolare, rivolgo il mio plauso al Cardinale Giovanni Benelli, Arcivescovo di Firenze, per il suo chiaro impegno, per il suo zelo pastorale nel sostenere gli sforzi a tutela della vita umana.

Conosco bene, cari fratelli, le difficoltà, che comporta la vostra missione di riconciliare gli uomini con Dio nell'ambiente di oggi insidiato dal secolarismo, dominato dalle ideologie, corroso dal consumismo e dall'edonismo.

Sono pertanto lieto per la vostra generosa dedizione nel ministero apostolico, memori dell'esortazione di san Paolo: "Annunzia la Parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna..." (2Tm 4,2). Continuate senza scoraggiarvi, con l'invitta fortezza di santa Caterina, nel vostro sforzo indefesso di proclamare la necessità di un sincero ritorno alla fede ed alla pratica delle virtù cristiane, perché riemerga in tutte le sue qualità umane e in tutti i suoi doni soprannaturali la genuina anima delle vostre popolazioni.

Vi sostenga lo Spirito del Signore, vi sia di conforto la preghiera e l'incoraggiamento del vicario di Cristo.

La Chiesa dei nostri tempi crede, con la stessa certezza della fede, che Dio ha riconciliato il mondo con sé in Cristo una volta per sempre; e, al tempo stesso, cerca di pronunciare la "parola di riconciliazione" che Dio le affida per il mondo contemporaneo, e le ordina di pronunciare a misura dei segni del nostro tempo, e in piena unione con l'eterno messaggio della salvezza. Questo messaggio allarga immensamente il cuore della Chiesa così come ha allargato il cuore di Caterina a sperare anche contro ogni speranza, a lavorare oltre il limite delle possibilità umane, a immolarsi fino all'ultimo per la Chiesa, per il trionfo dell'amore di Cristo, per il ritorno dei figli al Padre di ogni consolazione.

Infatti, nel cuore della Chiesa, persevera l'immagine del Padre che aspetta il figlio prodigo e lo accoglie con le braccia aperte quando torna alla casa paterna.

La Chiesa della nostra epoca, che nel Concilio Vaticano II ha definito se stessa come il sacramento della salvezza e il segno della unione con Dio di tutto il genere umano, ha cercato anche di pronunciare, nel Concilio medesimo, in modo particolarmente ampio ed abbondante quella "parola della riconciliazione" affidata ad essa da Dio. Che Caterina da Siena, patrona d'Italia, col suo amore a Cristo e alla Chiesa, la faccia risonare con immutata potenza, oggi e in avvenire, e dia protezione, coraggio, speranza e forza al nostro ministero di "ambasciatori per Cristo".

Di questi voti ardenti è pegno la mia apostolica benedizione.

Data: 1980-09-14 Data estesa: Domenica 14 Settembre 1980.


Ai malati dell'ospedale - Chiesa dell'Annunziata (Siena)

Titolo: Gesù dà senso e slancio ad ogni nostro patimento

Carissimi fratelli e sorelle.

E' con gioia e trepidazione che vi rivolgo il mio cordiale saluto in occasione di questa visita alla cara città di Siena. Certo non potevo dimenticare voi, che tra le membra del corpo di Cristo, che è la Chiesa, siete le più degne di attenzione e di premura.

Sono venuto qui tra voi per portare l'assicurazione della mia viva partecipazione alle vostre sofferenze. Sappiate che il Papa vi è vicino con particolare affetto e soprattutto prega per voi, affinché il Signore allevi le vostre pene e ancor più vi conceda di affrontarle con forza interiore e spirito evangelico.

Quando noi cristiani facciamo l'esperienza del dolore, dobbiamo stare attenti a dargli il giusto significato. Esso non è un castigo, ma un'occasione di purificazione dei nostri peccati; in particolare, è finalizzato al bene degli uomini nostri fratelli: come per Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti (cfr. Mc 10,45). Unite, pertanto, mediante la fede, le vostre tribolazioni a quelle patite da lui. E' sulle sue orme che dobbiamo portare le nostre croci, altrimenti diventano troppo pesanti. Ma con Gesù Cristo davanti a noi, camminiamo più spediti, poiché egli dà senso e slancio ad ogni nostro patimento.

Accogliete anche i miei più sentiti auguri di pronta e totale guarigione, secondo la volontà di Dio. E vi sia pegno del mio affetto la particolare, propiziatrice benedizione apostolica, che di cuore imparto a tutti voi, ai vostri cari e a quanti premurosamente vi assistono.

Data: 1980-09-14 Data estesa: Domenica 14 Settembre 1980.


Al clero, ai religiosi e alle religiose - Cattedrale - Siena

Titolo: Coordinazione più stretta e organica tra i sacerdoti e i Vescovi

Venerati confratelli Vescovi, e voi carissimi sacerdoti, religiosi e religiose di Toscana! 1. Al nobile indirizzo di saluto dell'eminentissimo Cardinale Giovanni Benelli io desidero rispondere con un grazie cordiale e, poiché egli ha autorevolmente parlato a nome di tutti voi, ben volentieri estendo questo mio sentimento di riconoscenza a quanti siete qui convenuti.

So bene che attendete da me - l'ha detto proprio ora il vostro interprete - una particolare parola di incoraggiamento, la quale, ispirandosi alla circostanza che mi ha oggi condotto in questa illustre città, abbia più diretta attinenza con la vostra vocazione e con la vostra vita di anime consacrate e possa, pertanto, aiutarvi sia nell'opera permanente della santificazione personale, sia nell'adempimento dei peculiari doveri di ministero, che sono affidati a ciascuno di voi.


2. Ecco, sono venuto a Siena per onorare la santa che, a distanza di sei secoli, non cessa di irradiare nella Chiesa e nel mondo, ben al di là dei confini geografici ed etnici della Toscana e dell'Italia, l'esempio prestigioso del suo amore a Cristo e al suo vicario su questa terra, e del suo zelo per la salvezza delle anime. Nel nome di santa Caterina è stata ed è mia intenzione di riprendere l'inesauribile discorso intorno alla santità, la quale costituisce la pienezza ed il culmine di una vita autenticamente cristiana, ed alla quale - come ci ha ricordato il Concilio - sono chiamati tutti i fedeli "di qualsiasi stato o grado" (LG 40). Ma un tale discorso - io chiedo a me e chiedo a voi - per chi vale in primo luogo se non per coloro che per libera e consapevole decisione, hanno scelto la sequela di Cristo, assumendo in prima persona specialissimi impegni orali ed ascetici? Si, esso vale soprattutto per noi che, per la diretta partecipazione all'unico sacerdozio di Cristo o per la formale professione dei consigli evangelici, dobbiamo percorrere la via della perfezione e della santità.

Siamo noi che ai cristiani, che vivono nel mondo e tanto spesso sono insidiati dalle sue mille seduzioni e possono anche trovarsi indifesi, dobbiamo offrire l'esempio di un cristianesimo vissuto nella tensione di un quotidiano avanzamento.

Siamo noi che dobbiamo presentare ad essi la prova convincente che è possibile ed è anche facile, pur in mezzo alle difficoltà dei nostri giorni, vivere in coerente fedeltà al Vangelo ed essere integralmente cristiani. Che sarebbe di noi, fratelli e figli carissimi, se mancasse da parte nostra un tale esempio o una tale prova? Ricordate le due immagini, direi, precettive che ci sono proposte nel discorso della montagna: ogni cristiano dev'essere luce del mondo e sale della terra (cfr. Mt 5,13-16); ma questo dovere di esemplarità assume un peculiare significato per noi che ci siamo dati a Cristo nell'irrevocabilità di una donazione disinteressata e totale. Si tratta, vorrei dire, di un preciso "obbligo del nostro stato", ed io son sicuro che l'immagine viva dei due santi, che oggi solennemente onoriamo, potrà aiutarvi ad adempierlo.


3. Un secondo pensiero si collega all'atto di culto eucaristico, che abbiamo ora compiuto: l'adorazione delle "santissime particole", che sono conservate nella Basilica di san Francesco da due secoli e mezzo. L'eucaristia è il centro vitale, è il cuore della Chiesa, la quale da essa attinge incessantemente la fede, la grazia, l'energia che le sono necessarie nel suo itinerario attraverso la storia.

Dove fiorisce la vita eucaristica, ivi fiorisce la vita ecclesiale: è questo, fratelli, un assioma, la cui validità non tocca soltanto la dottrina teologica, ma raggiunge, deve raggiungere la dimensione esistenziale a livello comunitario e personale.

E' necessario, pertanto, procurare che il mistero eucaristico, memoriale perenne della pasqua e della redenzione, abbia sempre in ciascuna delle nostre comunità - parrocchie, famiglie, case religiose, seminari, associazioni - quella posizione centrale che ad esso compete di pieno diritto. Ma è necessario, altresi, che anche nell'esistenza di ciascuno di noi questo augusto mistero sia e rimanga sempre l'essenziale punto di riferimento per il nostro "collegamento" crescente e via via più perfetto con Cristo Signore. Sia, dunque, l'eucaristia la via sicura per la comunione, cioè l'unione e l'unità che dobbiamo stabilire con lui: "nella frazione del pane eucaristico - ci ricorda ancora il Concilio (LG 7) - partecipando noi realmente del corpo del Signore, siamo elevati alla comunione con lui (rapporto personale) e tra di noi (rapporto comunitario)". Voglio aggiungere che anche da questo punto di vista - dico quello di una singolare spiritualità eucaristica - incombe su di noi quel medesimo dovere di esemplarità, di cui ho già parlato.


4. Trovandomi all'interno di questa magnifica cattedrale, non posso tacere una circostanza che ha dato luogo recentemente a speciali celebrazioni. Mi riferisco all'"anno della cattedrale", indetto per commemorare l'VIII centenario della dedicazione di questo tempio in onore di Maria assunta in cielo. Come Santa Maria del Fiore e tante altre Chiese della vostra Toscana, anche il duomo di Siena ha una storia plurisecolare che non riguarda solo l'arte nelle sue più alte espressioni estetiche, ma anche e soprattutto la vita spirituale di un popolo. Sta di fatto che tale vita ha trovato proprio qui, entro queste mura, il suo punto di convergenza e di irradiazione per tutte le comunità, in cui si articola l'arcidiocesi.

Prendendo spunto dalla storica ricorrenza, io vi invito, carissimi fratelli e figli, a riflettere intorno alla funzione che spetta ad ogni cattedrale, quale centro dinamico di ciascuna Chiesa particolare, e spetta, soprattutto, al Vescovo che in essa ha la cattedra. Collegato con gli altri confratelli nell'episcopato e col successore di Pietro, egli porta la responsabilità primaria di "edificare" la sua comunità ecclesiale, poiché partecipa in maniera singolare, ad un livello di superiore e maggiore prestigio, di quel triplice ufficio di Cristo, che pure appartiene ai fedeli: egli è di diritto e dev'essere di fatto il maestro che insegna la fede e la dottrina morale, il sacerdote che offre il sacrificio della nuova alleanza, il pastore che conduce il suo gregge. Se ogni cattedrale di questi doveri è un simbolo espressivo, essa non parla pero solo alla coscienza del Vescovo: essa è un richiamo per tutti i componenti della Chiesa particolare, cominciando da chi, come voi, è chiamato a collaborare col Vescovo nella pastorale diocesana.


5. Da qui scaturisce un altro pensiero, che desidero confidarvi. Senza misconoscere o negare la distinzione "canonica" tra clero secolare e regolare, ai nostri giorni - ed è una grande lezione del Concilio, che non per nulla è stato chiamato pastorale - è necessaria una coordinazione più stretta ed organica tra i sacerdoti ed i Vescovi. Lo esige, da una parte, la più matura coscienza ecclesiologica per l'unità che sussiste tra loro in rapporto all'unico sacerdozio di Cristo, e lo esige, dall'altra, l'accresciuta domanda che sale da chi ignora la fede o ne dubita fino a respingerla. Non parlo in termini di efficientismo e di umana riuscita, quasi che la causa del Vangelo dipenda da un certo tipo di organizzazione e si riduca, quindi, alla scelta di determinate strutture o di nuovi organi tecnici. Parlo di "esigenze interne", che scaturiscono da quel che la Chiesa è per la sua stessa costituzione e che dev'essere oggi nel travaglio socio-culturale, di cui siamo ad un tempo testimoni ed attori.

Oggi non è lecito attardarsi su posizioni di ordinaria amministrazione o di burocratica lentezza, né si può troppo insistere su distinzioni sottili circa la competenza ed il diritto di fare questa o quella cosa: oggi è necessario più che mai agire per il Vangelo, ed agire con zelo vigile e coraggioso, pronto al sacrificio ed aperto all'empito di una carità inesausta, per la quale Vescovo e sacerdoti, regolari o secolari che siano, operino in unità di intenti, costituendo - come i discepoli della Chiesa primitiva - un cuor solo ed un'anima sola (cfr. Ac 4,32). E lo stesso dovere s'impone, fatte le debite proporzioni, alle religiose ed a quanti, per speciale chiamata del Signore, hanno ricevuto o si preparano a ricevere i vari ministeri ecclesiali. E' un argomento, questo, che meriterebbe certo di essere sviluppato; se per mancanza di tempo ciò non mi è ora possibile, io vi prego di riprenderlo e di approfondirlo nella riflessione personale e nelle discussioni fraterne, che tenete tra voi sotto la guida dei vostri superiori e pastori.


6. L'incontro in questa cattedrale, dunque, per essere un più caro e duraturo ricordo, deve concludersi con un forte appello all'azione apostolica: nel nome di Cristo, di cui sono umile vicario e servitore, io vi invito a tener sempre presente l'accennata "edificazione della Chiesa" quale opera di permanente attualità, alla quale voi, come persone consacrate. siete chiamati a collaborare ad un titolo del tutto speciale. Solo da una profonda convinzione, maturata nella preghiera, potranno scaturire rinnovati propositi e concrete iniziative. Anche in questo - a me sembra - ritorna il discorso dell'esemplarità, che il Signore stesso ha riassunto con le sue grandi e rassicuranti parole: "così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre, che è nei cieli" (Mt 5,16). così sia!

Data: 1980-09-14 Data estesa: Domenica 14 Settembre 1980.


Ai giovani di Siena e della Toscana - Cattedrale - Siena

Titolo: Chiamati alla scoperta della gioia cristiana

Carissimi giovani di Siena e della Toscana.

Sono lieto di incontrarmi con voi in questa magnifica piazza e sotto la splendida luce che ci proviene dalla figura e dall'insegnamento della Vergine senese, Caterina Benincasa, in occasione del VI centenario del suo piissimo transito.

Saluto tutti con tutta l'effusione del mio cuore di padre e di pastore, e vi ringrazio vivamente per la partecipazione a questo incontro, per l'entusiasmo sincero e per la consolazione che mi recate nel vedervi così pieni di vita, di esuberanza e di gioia.

1. Si, di gioia! E' appunto questa manifestazione del vostro animo, la quale riassume e corona tutte le altre, a trattenere la mia attenzione e ad ispirare questa mia breve, ma cordiale esortazione nel nostro gioioso incontro di cuori. La gioia cristiana, infatti, fu il segno distintivo della vostra grande concittadina, la quale, pur in mezzo ad innumerevoli tribolazioni e contrarietà, seppe viverla in tale profondità da riversarne la dolcezza in ogni suo colloquio e in ogni suo scritto. Scriveva in una lettera: "Godete ed esultate e permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Godete nelle dolci fatiche" (cfr. S.Catharinae Senensis "Epist. 219"). E in un'altra: "Vestitevi di Cristo crocifisso, e inebriatevi del suo sangue: ivi troverete letizia e pace compiuta" (cfr. S.Catharinae Senensis "Epist. 187"). A Daniella da Orvieto scriveva: "Ogni tempo è all'anima tempo d'amore e ogni luogo è per lei luogo d'amore: se è nel tempo della penitenza, per lei questo è il tempo di allegrezza e consolazione, e se per necessità o per obbedienza la deve lasciare, ella gode ugualmente" (cfr. S.Catharinae Senensis "Epist. 213").

A tale altezza si eleva la gioia cristiana, quando si intraprende un deciso cammino di fede. Anche voi, o giovani senesi, eredi di una così luminosa tradizione religiosa, siete chiamati alla scoperta o riscoperta di tale gioia, cioè di tale buona novella portata sulla terra dal "dolce Gesù", come lo chiamava la santa. Sia che vi poniate a contatto con la natura, sia che vi incontriate con gli altri, abbiate sempre coscienza di questa realtà profonda, che si pone come segno distintivo del cristiano. Ma soprattutto nei vostri incontri con Dio - il Dio vivente di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, non il Dio dei filosofi - esprimete a Lui l'"alleluia" della gioia pasquale, il canto dei redenti, della nuova alleanza, dei "fratelli che vivono insieme" (cfr. Ps 132,1).


2. Giovani di Siena e della Toscana, a voi dico: sappiate unire i vostri sforzi per assicurare questa gioia a voi stessi e a quanti incontrerete sul sentiero della vostra giornata, nella famiglia, nella scuola, nel lavoro, nel gioco: vi sono giovani, come voi, che non l'hanno ancora trovata, vi sono uomini e donne indaffarati, che non trovano il tempo e l'animo per cercarla, vi sono malati negli ospedali e anziani nei ricoveri, che soffrono l'abbandono e la solitudine: tutti questi fratelli e sorelle attendono un vostro sorriso, una vostra parola, un vostro aiuto, la vostra amicizia e la vostra stretta di mano. Non negate a nessuno la gioia che viene da tali gesti: recherete così sollievo a loro e insieme beneficio a voi, perché, come dice la Sacra Scrittura: "Vi è più gioia per colui che dà, che per colui che riceve" (Ac 20,35).


3. Da un tale modo di essere e di operare deriverà a voi anche quel senso di ottimismo e di fiducia, che, pur non facendovi misconoscere gli aspetti negativi che travagliano la nostra società, vi fara respingere tutti quegli eccessi disgregatori e sterili, i quali non permettono di vedere i lati positivi e belli delle persone e degli avvenimenti. Certamente è compito della sana psicologia educare a tale sguardo sereno, ma è anche frutto dello Spirito, il quale tanto animo santa Caterina nella sua forte e dolce azione religiosa e sociale per il riscatto del suo tempo, travagliato non meno del nostro. Invochiamo quel medesimo Spirito, il cui frutto è "amore, gioia, pace..." (cfr. Ga 5,22), perché, come dono a Caterina la gioia di vivere ogni giorno la sua particolare vocazione di mediatrice e di conciliatrice tra i potenti di allora, e di consolatrice dei poveri e degli afflitti, conceda anche a voi la stessa vocazione di operatori di pace e di portatori della "lieta novella" al mondo di oggi, che guarda a voi con fiducia perché siete sinceri, leali e coraggiosi.

Cari giovani, accogliete questa consegna che io oggi depongo nelle vostre mani e traducetela nella pratica con tutto l'entusiasmo di cui siete capaci. Solo così riuscirete a dissipare i timori e le incertezze che gravano sull'avvenire, e sarete gli araldi ed i portatori di una nuova civiltà, della nuova alleanza tra Dio e gli uomini.

A ciò vi sia di sostegno e di conforto la mia speciale benedizione apostolica che ora, per intercessione di santa Caterina, imparto di cuore a voi tutti e ai vostri amici.

Data: 1980-09-14 Data estesa: Domenica 14 Settembre 1980.


Ai fedeli - Siena

Titolo: L'insegnamento di santa Caterina è vivo e attuale

Fratelli e sorelle carissimi! Ormai quasi alla conclusione di questa splendida giornata, nella quale ho voluto essere pellegrino nella città natale di santa Caterina, dottore della Chiesa e patrona d'Italia, in occasione del VI centenario della sua morte, mi incontro con i padri predicatori, con i "caterinati" e con i fedeli di Siena, in questa imponente e suggestiva chiesa, intimamente legata ad alcune tappe fondamentali della straordinaria vita della santa: qui essa, a sedici anni, dopo aver superato tante difficoltà, ricevette l'abito domenicano "di color bianco e nero - come narra il suo confessore, il beato Raimondo da Capua - sicché la bianchezza corrispondesse alla innocenza ed il nero all'umiltà" ("Legenda Maior" I,VII); qui ella ebbe delle esperienze interiori singolari; qui incontro per due volte Gesù sotto le spoglie di un povero mendicante; in questo tempio, inoltre, si conserva l'affresco dipinto da Andrea Vanni, contemporaneo della santa; qui nel prezioso tabernacolo marmoreo di Giovanni di Stefano, è custodita la insigne reliquia del capo di santa Caterina.

E da questa antica, venerata chiesa la grande santa senese continua a rivolgere ai suoi concittadini, all'Italia, alla Chiesa ed al mondo il suo ardente messaggio, quel messaggio che essa, in un corpo fragile ed in una vita breve, seppe diffondere, durante il suo agitato tempo, attraversato da profonde crisi religiose e sociali. E il messaggio fondamentale di Caterina si può sintetizzare nei grandi ideali che animarono ed ispirarono la sua instancabile attività.

Essa ci proclama, ancor oggi, che il nostro ideale deve essere Cristo, uomo-Dio. Dobbiamo credere in lui, sperare in lui, amare lui, redentore e liberatore dell'uomo, centro della storia, manifestazione dell'amore del Padre; credere, sperare, amare il Cristo, che ci ha amati fino alla fine: "Chi ha tenuto fermo, confitto e chiavellato in croce Gesù?... non i chiodi né la croce... ma il legame dell'amore, dell'amore del Padre e salute nostra" (S.Catharinae Senensis "Epist. 256").

Ed accanto a Cristo, Caterina trova sempre la Madre, Maria, la Vergine santissima, alla quale si rivolge continuamente con fiducia filiale e con accenti di acceso lirismo e di rara profondità teologica: Maria è chiamata da Caterina da Siena tempio della Trinità, portatrice del fuoco, porgitrice di misericordia, germinatrice del frutto (Gesù), ricompratrice dell'umana generazione, mare pacifico, donatrice di pace, terra fruttifera (cfr. S.Catharinae Senensis "Oratio XI"). Siena, la città di Maria, e tutti i fedeli siano sempre in perfetta sintonia con gli esempi di Caterina nel venerare ed onorare degnamente la regina del cielo e della terra! Ma ancora, Caterina ci sprona e ci esorta ad amare continuamente la Chiesa, sposa di Cristo, a lavorare per la sua crescita ed edificazione, pur in mezzo alle difficoltà, che ogni cristiano prova o subisce per la propria fede: "Vi invito... ad affaticarvi virilmente - ci dice Caterina -... per la dolce sposa di Cristo. E' questa la più dolce fatica e di più utilità, che alcuna altra fatica del mondo. Questa è una fatica, che, perdendo, vincete, cioè, perdendo la vita corporale, avete vita eterna" (S.Catharinae Senensis "Epist. 191"). Mentre stava per morire, a trentatré anni, Caterina poteva dire ai suoi seguaci, i "caterinati" di allora, queste commoventi parole, che farebbero l'onore dei cristiani di oggi: "Tenete per fermo, figlioli carissimi, che io ho dato la vita per la santa Chiesa!" ("Legenda Maior", III,IV).

L'amore a Dio, a Cristo, a Maria, alla Chiesa si concreto per Caterina in un tenerissimo ed operoso amore verso gli altri, specialmente verso coloro che si trovarono nella povertà spirituale o materiale: è nota la sua dedizione per gli infermi, i lebbrosi, e in particolare per i colpiti dalla peste del 137 4. In tal modo essa manifestava chiaramente che il vero amore verso Dio, per il cristiano autentico, si esprime nell'amore verso il fratello: "Sempre si conviene che l'anime nostre siano mangiatrici e gustatrici dell'anime dei nostri fratelli. E di nullo altro cibo non ci doviamo mai dilettare; sempre aiutandoli con ogni sollecitudine, dilettandoci di ricevere pene e tribolazioni per amor loro" (S.Catharinae Senensis "Epist. 147").

Dopo sei secoli la figura, l'opera e l'insegnamento di Caterina da Siena, sono vivi, attuali, affascinanti. Ed il mio pellegrinaggio in questa stupenda città, questo mio incontro con voi, in questa chiesa che la vide bambina, fanciulla, ragazza, giovane, maturare, crescere e correre nel cammino della santità, ha voluto essere un invito a studiare e ad approfondire sempre più la vita e la dottrina di questa donna straordinaria e santa singolare, che Dio ha donato non soltanto alla Chiesa della seconda metà del XIV secolo, ma alla Chiesa pellegrina di oggi e di domani, che in Caterina ammira e potrà sempre ammirare sia l'opera misteriosa della grazia di Dio sia la piena disponibilità della creatura a rendersi docile strumento nelle mani amorose della provvidenza, per le sue investigabili finalità.

Santa Caterina da Siena, prega per l'umanità, prega per la Chiesa, prega per l'Italia, prega per Siena, prega per noi! Amen!

Data: 1980-09-14 Data estesa: Domenica 14 Settembre 1980.


GPII 1980 Insegnamenti - Ai Vescovi della Toscana - Siena