GPII 1980 Insegnamenti - Ai fedeli - Siena





Ai capitani reggenti della repubblica di San Marino - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: La vera libertà e responsabilità

Signori capitani reggenti.

Con compiacimento porgo il mio cordiale benvenuto ed esprimo sentita riconoscenza per la cortese visita che hanno voluto rendermi, in rappresentanza della laboriosa, forte e leale popolazione della repubblica di San Marino.

Mi ha procurato sincera soddisfazione l'apprendere che loro, signori capitani reggenti, desiderano farsi interpreti dei sentimenti di fede dei diletti sammarinesi, e dell'apprezzamento per l'opera del mio ministero pastorale, che, sorretto dalla grazia del Signore, si propone di raggiungere ogni comunità civile ed ogni uomo.

In questa occasione, pertanto, si presenta ai miei occhi l'immagine dell'intera popolazione della turrita repubblica, che, onorando le proprie tradizioni di libertà e di pace, intende proseguire in un cammino generoso e costruttivo, aggiungendo così nuovi meriti all'esercizio secolare di una riconosciuta ospitalità e di una fraterna solidarietà, e soprattutto alla purezza dell'avita fede cristiana.

E' proprio la fede il valore fondamentale che ha contrassegnato fin dalle origini la vita della repubblica. Il primitivo romitaggio di Marino, infatti, si trasformo - com'è risaputo - in una piccola comunità indipendente, e ben presto sull'acuta cresta del Titano furono eretti un sacello in onore del principe degli apostoli ed un monastero, attorno a cui si moltiplicarono le abitazioni, primo nucleo della futura città.

La fede cristiana in Dio ed in Gesù Cristo, redentore dell'uomo, è anche fede nella radicale dignità dell'uomo, e non può quindi non destare profondi afflati ed urgenti esigenze di libertà e di giustizia. Queste, infatti, trovano autentica origine e definitiva spiegazione nella dignità sacra ed inviolabile dell'uomo la quale, a sua volta, si presenta come valore assoluto, solo a ragione del disegno di Dio sull'uomo medesimo.

Affievolire la fede, ostacolarne l'esercizio, creare discriminazioni in proposito, significherebbe minare la radice interiore, l'anima della giustizia e della libertà. La Chiesa, che ha sempre messo in chiara luce la specifica responsabilità dell'autorità politica in ordine al bene comune, si è perciò continuamente preoccupata di difendere i valori dello spirito, che offrono la base ai diritti inalienabili della persona umana; senza il rispetto di quei valori, si sconfina ineluttabilmente in situazioni di oppressione, di intimidazione, di totalitarismo (cfr. Ioannis Pauli PP. II RH 17).

Sotto tale segno di rispetto dei valori morali, si è dispiegata nei secoli la nobile storia della repubblica di San Marino, ed è da tali ideali che è scaturita la forza dei suoi ordinamenti e la peculiarità di quelle virtù civiche che la rendono rispettata ed amata nel consesso dei popoli.

Mi sia consentito sottolineare il significato della libertà, di cui la gloriosa repubblica ha sempre innalzato l'evocativo vessillo, anche a prezzo di tanti sacrifici. Una riflessione approfondita sul tema della libertà, come una delle condizioni fondamentali della pace, è particolarmente opportuna nell'attuale contesto storico.

La vera libertà dell'uomo è responsabile ed è in lui "segno altissimo dell'immagine divina" (GS 17). La libertà, cioè, non può ridursi né ad un semplice motto programmatico, né ad una indifferenza cieca e muta di fronte ad opposte scelte, di fronte a valori e non-valori, ma deve sostanziarsi ed esercitarsi intorno a contenuti etici, nei quali si realizza nella sua pienezza la dignità dell'uomo.

Quale migliore auspicio mi è dato, allora, formulare per la comunità sammarinese, se non quello di una fedele e continua adesione a quel patrimonio di ideali morali e religiosi che hanno ispirato ed animato nel corso dei secoli, libertà, giustizia ed amore di pace? Tali ideali non siano misconosciuti né offuscati ma possano fiorire e prosperare anche tra le difficoltà così acute dei nostri giorni, ed alimentino nella vita della repubblica un costante civile progresso, che amo auspicare anche essere frutto di un aperto e sincero dialogo, di ascolto e di collaborazione delle autorità civili con quelle ecclesiastiche.

Data: 1980-09-18 Data estesa: Giovedi 18 Settembre 1980.


Ai partecipanti alla XXVI Settimana Biblica Nazionale d'Italia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Siate autentici studiosi della parola di Dio

Carissimi professori e studiosi di Sacra Scrittura, Sono lieto di questo appuntamento con voi, che partecipate così numerosi alla XXVI Settimana Biblica Nazionale promossa dall'Associazione Biblica Italiana.

E' il nostro primo incontro, e voglio dirvi subito tutto l'affetto e la stima che vi porto; ma mi vengono anche alla mente la bellezza del vostro carisma di studiosi della Parola di Dio, e l'importanza e la delicatezza del ruolo che svolgete nella missione di docenti di Sacra Scrittura, dell'Antico e Nuovo Testamento, chiamati a trattare e spezzare ogni giorno il pane della Parola di Dio.

La "parola di Dio": quale misteriosa espressione! Dio ha parlato, e noi ne possediamo le parole in un libro scritto in termini di cultura e di stile umano. Di questa parola indirizzata a tutti gli uomini voi siete i primi destinatari e, in qualità di esperti e studiosi, ne siete quasi i mediatori nella Chiesa tra i vostri fratelli.

Che cosa vi può dire il Papa in questa felice occasione del nostro primo incontro, se non di essere autentici studiosi della Parola di Dio, nel senso pregnante del vocabolo latino "studiosus", cioè dediti, zelanti, assidui, appassionati, nello scrutare infaticabilmente, con l'ausilio di tutti i mezzi offerti dalle scienze e dalla filosofia moderna, l'inesauribile realtà della parola divina, parola detta e scritta in tempi e in luoghi da noi lontani, ma destinata ad attualizzarsi in tutti i tempi e in tutti i luoghi, "vangelo-eterno, da annunciare a tutti gli abitanti di tutta la terra, a ogni gente e tribù e lingua e popolo" (Ap 14,6) durante tutto il corso della storia, "finché gli eletti si riuniscano nella città santa, illuminata dallo splendore di Dio, dove le genti cammineranno nella sua luce" (NAE 1).

Codeste parole solenni del Vaticano II, nelle quali si fondano ed echeggiano accenti di Isaia e dell'Apocalisse, richiamano il grande tema delle vostre giornate di studio, la città "santa" e "amata", cioè "Gerusalemme nella luce della Bibbia". Quante evocazioni, quante immagini, quanta passione, e quale grande mistero avvolge questa parola: Gerusalemme! Per noi cristiani Gerusalemme rappresenta il punto geografico della tangenza tra Dio e l'uomo, tra l'eterno e la storia. La predicazione, la passione e la risurrezione di Gesù, l'ultima Cena, il dono dello spirito alla Chiesa, tutte le pietre basilari della nostra fede sono collocate per sempre sui colli luminosi della città santa. Voi saprete certamente dirmi quante volte il nome di Gerusalemme risuona nella Bibbia. Oggi si sa anche che la città è menzionata con l'appellativo di "Jerushalàim" nelle tavolette di Ebla, già nel 3° millennio a. C., ma è tutta la tradizione biblica che gravita attorno a questa città, da Melkisedec e Abramo fino all'Apocalisse: quante volte nei libri storici, nei Salmi, nei Profeti, nei Vangeli risuona il nome di Gerusalemme, amata e desiderata, ma anche rimproverata e lacrimata, calpestata e risorta, ammonita, consolata e glorificata. Veramente città unica al mondo, e, in quanto simbolo della Chiesa, detentrice di un significato spirituale e teologico che tutti ci tocca personalmente. Mi torna in mente a questo proposito un punto suggestivo sul Monte degli ulivi, da cui si contempla la città in tutta la sua bellezza: una piccola cappella costruita in un luogo già frequentato dai primi cristiani ricorda il pianto di Gesù sulla sua città: il Dominus flevit. Quel pianto non ha un significato per tutti noi? Cari professori e studiosi di Sacra Scrittura, il mio augurio e la mia preghiera sono che la vostra attenzione e le vostre ricerche sul significato biblico e spirituale di Gerusalemme, la città del "muro del pianto", la città della "Rocca", la città della "Risurrezione", dove la Chiesa soffre acerbamente le sue divisioni, e gli eredi spirituali della fede di Abramo ancora si affrontano dolorosamente, contribuiscano a far si che essa diventi veramente la "città santa", la "città della pace". Le visioni radiose di Gerusalemme che leggiamo nei libri sacri e celebriamo nella liturgia devono diventare un instancabile impegno per tutti. Saluto perciò con gioia lo spirito e la collaborazione ecumenica che voi avete espresso nella vostra settimana di studio. E' un segno prezioso da accrescere e moltiplicare, ed è la via da percorrere. Anche i nostri sforzi vanno in questa direzione; che il Signore li avvalori e sostenga il vostro impegno.

Vi accompagni sempre la mia benedizione.

Data: 1980-09-18 Data estesa: Giovedi 18 Settembre 1980.


Sala del Concistoro del Palazzo Pontificio - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Il saluto ai cadetti argentini

Vi saluto con affetto, Cadetti dell'Armata Argentina, che in compagnia dei vostri Ufficiali e compagni di altri paesi avete voluto questo incontro, come segno di adesione filiale al Successore di Pietro.

"Libertà", il nome della nave-scuola con la quale solcate i mari e visitate tante nazioni, è un invito permanente ad orientare la vostra vita conforme ai criteri di libertà dei figli di Dio. San Paolo afferma che la libertà cristiana è totale (cfr. 1Co 6,12), ma nella misura in cui si lascia guidare dal senso di responsabilità verso il prossimo e verso sé stessi, servendo così Dio.

Soltanto la libertà intesa in questo modo fa possibile la costruzione della pace.

La Chiesa si sforza affinché questa società, della quale fate parte, rispetti la dignità, la libertà, il diritto delle persone, e queste persone siete anche voi. Nel nome di Cristo vi esorto a dilatare i vostri cuori alle dimensioni del mondo e a mettere le vostre energie al servizio dei fratelli. Siate generosi e sinceri. Collaborate alla edificazione del mondo migliore dove regni sempre la pace, frutto della libertà, dell'amore e della giustizia.

Con questi desideri vi esorto a proseguire lungo la rotta della vostra vita. Che lo Spirito del Signore vi guidi sempre. Come pegno della costante assistenza divina, impartisco di cuore a voi e alle vostre famiglie la benedizione apostolica.

[Traduzione dallo spagnolo]

Data: 1980-09-19 Data estesa: Venerdi 19 Settembre 1980.


Ai benedettini - Montecassino

Titolo: La vostra identità è nel servizio al valore assoluto che è Dio

Venerabili fratelli e diletti figli e figlie.

Nello splendido scenario di questa Basilica, risorta miracolosamente dallo sfacelo dell'incursione bellica e riconsacrata dal mio indimenticabile predecessore Paolo VI, rigurgitante oggi di un'assemblea così eletta, forse unica nella storia pur ultramillenaria cassinese, di figli e figlie di san Benedetto, dinanzi al suo glorioso sepolcro, qui intorno all'altare dove oggi si concelebra il sacrificio eucaristico, quasi lo scorgessimo redivivo, mi sorge spontaneo alle labbra il grido giubilante d'Isaia: O venerato padre, leva "in circuitu oculos tuos, et vide: omnes isti congregati sunt, venerunt tibi filii tui de longe venerunt, et filiae tuae de latere surrexerunt".

A celebrare il tuo giubileo, son giunti da ogni parte del mondo, nel gaudio di dirti la loro fedeltà filiale, di esprimerti i loro voti, di chiedere la tua feconda benedizione in comunione visibile e molto desiderata col successore di Pietro. E questi è contento di trovarsi con loro, per manifestare a te, patriarca, per tanto volger di secoli, di milioni di monaci, la stima e l'amore che tutta la Chiesa professa per te, artefice per disegno e grazia di Dio, di immensurabile mole di civiltà, di cultura e soprattutto di santità.

La tua vita, pure svoltasi nel ristretto raggio di una sola regione, fu meravigliosa per virtù e per prodigi; ma l'azione del tuo messaggio vivificatore si estese a tutta l'Europa e a tutto il mondo, sino a raggiungere i nostri giorni, per opera di quel tuo piccolo, ma grandissimo libro, destinato a divenire "fermentum divinae justitiae" per la lievitazione cristiana delle moltitudini che Dio, come già per Abramo, ti preparava quale impareggiabile eredità.

E' molto grato e commovente per me, e per tutti i qui presenti, pensare che proprio in questo monastero, in un piccolissimo oscuro angolo che anche la guerra ha rispettato fu scritto quel libro, la tua Regola: come ricorda laggiù la lapidaria iscrizione, "hic scripsit Regulam, et verbo et opere docuit".

Venerabili abati, dilettissimi figli e figlie di così grande padre e legislatore: in questo incontro che possiamo definire eccezionale e in questo vertice delle celebrazioni centenarie della sua nascita, a quell'augusto libro dobbiamo rifarci e da esso ripartire per la ricostruzione morale e religiosa che urgentemente ci tocca e che al mondo sollecitamente dobbiamo. La mia recentissima lettera apostolica "Sanctorum Altrix", ha inteso proporre, quasi in panoramica visione, quanto di vitale e di fertile ancora possono offrire l'insegnamento e l'istituzione di Benedetto, non solo per la vita di perfezione monastica, ma anche per la nascita e il rinvigorimento del senso e della pratica che si ispirano al Vangelo.

Con immenso piacere so poi che, a degna memoria del centenario, voi state celebrando a Roma, cuore della cristianità, un originale "symposium" appunto sulla Regola, al nobile fine di costatare e di scoprire, in seguito ai molti studi recenti e sulla base di esperienze già fatte o in corso, quanto di valido e di vivificante essa ancora possieda, quali siano le strutture portanti e infrangibili che debbano resistere e quelle accessorie che l'evoluzione dei tempi ha reso e rende caduche, quali siano i valori inderogabili a cui tenacemente aderire nei monasteri perché possano riconoscersi ancora inseriti seriamente nell'alveo della famiglia benedettina.

Meritatamente, come accade in tutto il pensiero e la prassi odierna, sentite il bisogno, voi specialmente che siete i pastori delle comunità, che sia ben chiara l'identità di figlio e discepolo di Benedetto. "Scientibus loquor": voi che tante volte avete letto e a lungo meditato la vostra Regola, sapete bene che cosa per mezzo di essa, da cui non "temere declinetur a quoquam" (S.Benedicti "Regula", 3,7), il patriarca vuole costruire ed insieme insegnare.

Vuol costruire, come è ben noto, la "dominici schola servitii" (S.Benedicti "Regula", Prol., 45). L'identità vostra è in questo assoluto e totale servizio all'assoluto valore che è Dio. Tutto il mondo è in Dio; ma il monastero, come Benedetto ama definirlo, è "domus Dei" (S.Benedicti "Regula", 31,19) in particolare: il monaco è li per servire il Signore di questa casa, nell'umiltà, nell'obbedienza, nella preghiera, nel silenzio, nel lavoro, soprattutto nella carità. Conoscete l'accento speciale con cui il vostro legislatore segna questa virtù, alla sequela di Cristo, come informatrice di tutta la vita monastica. Il capitolo degli strumenti delle buone opere ci avverte che in realtà l'ascetica e la mistica benedettine sono semplicemente evangeliche, d'un Vangelo accettato e praticato in tutte le sue conseguenze.

Accolta questa identità, ecco il proposito e l'amore, oggi anch'esso così diffuso, dell'autenticità. Dai benedettini questo voglio io, questo vogliamo tutti nella Chiesa e nel mondo: compresi di quello che è il monaco della "mens" del patriarca, siamo veramente monaci "revera" (dice lui stesso) cercatori di Dio, amanti di Dio, felici di vivere appartati dal mondo, ma in comunione di amore coi fratelli del mondo in un contesto familiare di obbedienza e di carità, da cui nasce la pace e la gioia: "nemo perturbetur neque contristetur in domo Dei" (S.Benedicti "Regula", 31,19).

Una lunghissima e ininterrotta tradizione, la più lunga che possa avvicinarsi a quella stessa della Chiesa, ha collaudato la nobiltà, la bellezza, la fecondità della spiritualità benedettina. Siatene santamente orgogliosi, e proseguite, pur con debiti e cauti adattamenti alle mutate circostanze odierne, per il solco tracciato dal padre antico e dai padri della vostra tradizione, senza lasciarvi sorprendere o allettare da tendenze al secolarismo, da irragionevoli e non necessarie innovazioni, da esagerate teorie di pluralismo, che finiscono col far deviare dalla linea del vostro legislatore. E stato notato che una delle precipue doti della Regola è la chiarezza: tutti possono facilmente apprendere e sapere che cosa prescrive e raccomanda il grande maestro; non resta che umilmente e docilmente e gioiosamente seguirlo.

Continuate dunque, con la benedizione di Dio, col sorriso materno di Maria regina dei monaci, col patrocinio del vostro legislatore, con il messaggio della sua parola interpretata dalla sana tradizione e tradotta nel fedele vostro esempio, a dire ancora, oggi e domani, la forza della fede, il dolce dovere della preghiera, l'appassionato amore alla liturgia, il beneficio dell'autorità e dell'obbedienza, il culto della "lectio divina" e di tutti gli studi sacri, la dolcezza del vostro canto gregoriano, la volenterosa dedizione al lavoro della mente e delle mani, la dignità nella stessa compostezza esterna degli atteggiamenti e nell'abito religioso, la gioia della vita in comune, e soprattutto la ricerca sincera della pace e della carità.

Ma in questo singolare e consolante incontro con tutti gli abati e i superiori benedettini mi è dolce, e mi sembra doveroso, accennare a quanto nella suddetta lettera apostolica ho già ricordato sul caratteristico timbro paterno che il vostro legislatore imprime al governo abbaziale. Siete superiori, amministratori, maestri, ma anzitutto padri. In questo "mondo senza padri", come là ricordavo (cfr. Ioannis Paoli PP. II "Sanctorum Altrix", VI), dovete offrire la testimonianza che san Benedetto ha pensato a costituire il suo monastero come società familiare, dove c'è un padre che provvede, insegna, e principalmente ama i suoi monaci, li rispetta, ne stima la dignità personale, li fa corresponsabili delle decisioni, li segue con un affetto che ha finanche la tenerezza del cuore materno.

Per voi è norma il "plus amari quam timeri" (S.Benedicti "Regula", 64,15), e i due capitoli assegnati al vostro direttorio - cioè il capitolo 2e il capitolo 64 -, e specialmente il mirabile c. 64, sgorgato davvero da un animo ricco di sapienza e di amore, sono la "magna charta" che deve reggere e ispirare il vostro comportamento. Ma è tutta la Regola che parla di voi, per inculcare in voi saggezza, prudenza, inflessibilità contro i vizi, promozione della virtù, compatimento per i deboli, e soprattutto quella "discretio" romana e cristiana che contraddistingue l'insigne codice e costituisce forse la precipua ragione della sua diffusione e validità. L'equilibrio dell'abate genera ed alimenta l'amore reciproco tra abate e figli e tra fratelli e fratelli. Nel nostro mondo, dove la carenza dell'amore svuota gli animi di energia e di gioia, si sappia e si veda, per il generoso sacrificio vostro, che il monastero è società di autentica dilezione umana e soprannaturale.

Infine un particolare saluto desidero rivolgere a tutti i rami femminili, alcuni dei quali sono qui anche ufficialmente rappresentati. Dietro la scia di luce e il profumo di virtù di Scolastica, che qui stesso riposa accanto al fratello, la vostra purissima e verginale presenza, o figlie tutte di san Benedetto, rallegra ed edifica il Popolo di Dio. Nel silenzio del vostro nascondimento o nell'umiltà delle vostre opere, voi in particolare riproducete, e dovete attendervi con convinzione, l'atteggiamento spirituale della Vergine Madre, contenta di essere "ancilla Domini", totalmente disponibile alla sola volontà del Padre celeste. "Frondete, flores, quasi lilium et date odorem, et frondete in gratiam" (Si 39,19), e a letizia e beneficio di tutti i fratelli della terra cantate al Signore le più caste lodi e a Cristo vostro sposo l'esultanza della vostra intimità di amore.

Padri e fratelli e sorelle tutte, "gaudeamus" dunque di gaudio immenso, "diem festum celebrantes in honorem beati Benedicti", della cui gloria esultano gli angeli e i santi, della cui dottrina ed istituzione beneficiano in questa terra molte migliaia di anime dentro e fuori i chiostri, del cui esempio e patrocinio usufruisce la Chiesa e tutto il mondo. Risuona ancora la sua voce: "Christo nihil omnino praeponere" (S.Benedicti "Regula", 72,11). E' il suo messaggio, fondamentale e se il suo bel sogno è che tutti i membri della famiglia monastica siano nella pace, quel sogno sarà felice realtà per tutta la famiglia umana se nel contesto di essa sarà finalmente inserito Cristo.

Data: 1980-09-20 Data estesa: Sabato 20 Settembre 1980.


Al clero, ai religiosi e al laicato - Montecassino

Titolo: Collaborare con il Vescovo per il bene della diocesi

Carissimi sacerdoti, religiosi, religiose e carissimi responsabili del laicato cattolico! Mi sarebbe rimasto un rimorso nel cuore, se in questa felice occasione a noi offerta dall'anno giubilare di san Benedetto, non avessi riservato un momento della mia visita tutto per voi, che siete gli artefici, gli animatori e i responsabili dell'animazione cristiana del Popolo di Dio, che è in questa terra cassinate, così profondamente segnata dalla memoria e dalla protezione del patriarca d'occidente.

1. Desidero innanzitutto ringraziarvi per la gioia che mi procurate nel sapervi e nel vedervi animati da profondo spirito di fede nel Cristo nostro Signore e di affettuosa adesione al suo vicario. Vi ringrazio soprattutto per l'opera pastorale, che voi, a diverso titolo, svolgete con sollecitudine per la salvezza delle anime. Il vostro vicario generale mi ha chiesto, come avete ora sentito, parole di incoraggiamento per il vostro "impegno pastorale quotidiano". Volentieri aderisco al suo desiderio, esprimendo la mia stima e la mia benevolenza, in primo luogo, a voi, pastori d'anime, che in generosa collaborazione col vostro Vescovo, prestate un servizio così delicato alla Chiesa cassinate. La vostra presenza solleva nel mio animo ricordi incancellabili legati alle mie esperienze pastorali, compiute da sacerdote e da Vescovo nella mia diocesi d'origine in Polonia, dove ho speso la maggior parte delle mie energie giovanili in mezzo alle anime, che ho trovate sempre tanto desiderose di quella parola che viene dall'alto e di quella forza speciale che viene dai sacramenti della salvezza.

Vada, quindi, a voi l'espressione della mia solidarietà fraterna e del mio sincero apprezzamento per la generosa dedizione, con cui voi svolgete il ministero sacerdotale e per la buona volontà con la quale affrontate le non poche difficoltà, che, a causa della indigenza dei sussidi pastorali o della mancanza di collaborazione, vi si fanno incontro. A voi, fratelli carissimi, che da bravi operai del Vangelo adempite ogni giorno i precetti del Signore con i fatti, secondo lo spirito benedettino: "Praecepta Dei factis quotidie adimplere" (S.Benedicti "Regula", 4), io dico: continuate a lavorare con fiducia per la salvezza di tutti gli uomini e di tutte le donne, ma abbiate particolare attenzione per i poveri, per gli emarginati, per i bambini abbandonati, per i lavoratori affaticati e per quanti soffrono nel corpo e nello spirito. Sappiate che in questa vostra opera edificatrice e salvatrice il Papa vi segue, vi comprende, vi ama e vi benedice.


2. Anche a voi, claustrali benedettine e religiose della diocesi, desidero rivolgere un saluto speciale, unitamente all'auspicio che la ricorrenza centenaria di san Benedetto valga a ridestare in voi l'entusiasmo e la gioia di appartenere alla "scuola del servizio del Signore" (S.Benedicti "Regula", Prol. 45) e di esservi incamminate sulla "via della vita" (S.Benedicti "Regula", Prol. 20), come il padre del monachesimo d'occidente definisce la vita religiosa. Se anche voi, sull'esempio di lui, volete avanzare speditamente sulla "via della vita", abbiate, come lui, l'ansia di una continua riforma interiore. Non può infatti esistere vita consacrata sia nell'azione che nella contemplazione, senza tale necessaria premessa, che assicura quel progressivo superamento del vecchio uomo, che vi assimila al modello divino, Gesù Cristo, nel quale il Padre ha riconciliato a sé il mondo. Trasformando così voi stesse, trasformerete il mondo, e diventerete le prime evangelizzatrici di esso, perché avrete in voi lo Spirito di Cristo, che è l'anima del corpo mistico, cioè di tutti i battezzati. Se voi dilaterete in questo modo gli spazi della carità evangelica, allora tutta la vostra vita religiosa, che all'occhio profano può sembrare segregata entro le mura di un monastero o di una clausura, sarà aperta non solo alla lode di Dio Padre, ma anche alla santificazione di tutti gli uomini ed alla comprensione dei loro problemi. Unendo così la contemplazione all'azione, vivrete in pienezza la massima "ora et labora", che bene sintetizza la sapiente spiritualità di san Benedetto. Vi ottenga lui dal Signore di tradurre in pratica questi propositi.


3. L'ultimo pensiero è riservato a voi, cari responsabili del laicato cattolico diocesano! Anche a voi laici san Benedetto ha una parola da dire e un esempio da presentare. Tutta la sua passione per gli uomini, per le loro situazioni spirituali e sociali, tutta l'attenzione verso i suoi visitatori sia allo Speco di Subiaco, sia qui a Montecassino non dicono forse del grande cuore che egli ebbe per quanti non appartenevano alla stretta cerchia dei suoi monasteri? E le stesse esortazioni e gli impegni che egli affidava ai pellegrini non era un modo di renderli consapevoli che ogni battezzato è partecipe della missione affidata da Cristo alla Chiesa? Carissimi, come al tempo di san Benedetto, e molto più di allora, oggi la Chiesa conta molto su di voi e sulla vostra collaborazione. Come ben sapete il compito dell'evangelizzazione spetta non solo ai sacerdoti, ma anche, a differenti titoli, a tutti i fedeli, perché anch'essi sono mossi dallo Spirito Santo a dare testimonianza a Cristo e al suo Vangelo (cfr. Jn 15,26 Jn 15,27).

Su di voi oggi la Chiesa più che mai fa affidamento non solo perché legge nelle vostre anime la vocazione ad una pienezza di vita cristiana, ma anche perché riconosce le grandi possibilità che avete di recare un contributo alla formazione e coordinazione dei vari movimenti ecclesiali diocesani. Sappiate assumere le responsabilità che vi competono con ottimismo, guardando con realismo al presente e con speranza all'avvenire. Soprattutto sappiate vincere con la luce della fede e con lo slancio dell'amore l'indifferenza, l'inerzia e ogni sorta di ostacoli. Vedrete così rifiorire le vostre organizzazioni e darete gloria a Dio e gioia ai fratelli. A tanto vi sia di aiuto la propiziatrice benedizione apostolica, che ora imparto a tutti i presenti e a tutti i vostri cari.

Data: 1980-09-20 Data estesa: Sabato 20 Settembre 1980.


Ai giovani - Montecassino

Titolo: L'unica vera via è Gesù, redentore dell'uomo

1. E' con intima gioia che m'incontro con voi, carissimi giovani di Cassino: l'appuntamento coi giovani costituisce sempre un momento particolarmente gradito dei miei viaggi pastorali ed è divenuto una bellissima e confortante consuetudine.

Volentieri vi saluterei ad uno ad uno, ma il tempo non mi permette di soffermarmi a lungo e mi costringe a limitarmi ad una breve parola, che pero vi rivolgo con tutto il cuore.


2. Il presidente dell'Azione Cattolica diocesana, interpretando i vostri sentimenti, ha detto che "i giovani desiderano parole di certezza nel difficile cammino della vita". Ebbene il mio vivo desiderio è proprio quello di confortare la vostra fede e la vostra speranza. L'uomo, infatti, può fare a meno di molte cose ma non può rinunciare a quelle certezze che sole danno valore e significato alla sua esistenza. Come ben sapete, la certezza nasce dalla verità e la verità è tale quando porta alla vita. Gesù Cristo è appunto la via che conduce alla verità ed egli è "vero" perché è la vita e dà la vita. Tutti gli uomini sono chiamati a percorrere questa via; noi tutti siamo alunni di questo maestro, che ha parole di vita eterna.

I santi hanno percorso in modo edificante questa via e noi oggi li ricordiamo e li veneriamo come pietre miliari, come segni innalzati per il Popolo di Dio. San Benedetto, di cui celebriamo il XV centenario della nascita, fu "uomo vero" perché seppe trovare nella ricerca di Dio il significato e la speranza della sua esistenza nella società di quel momento storico in cui tramontava un'epoca e ne nasceva un'altra. Egli, fin dalla sua giovinezza, non esito a fare una scelta coraggiosa tra le offerte di una agiata e promettente vita terrena e le supreme esigenze di Dio.

Nella storia dell'umanità è sempre accaduto che, dimenticato Iddio, sono stati fabbricati al suo posto degli idoli: "Infelici sono coloro le cui speranze sono in cose morte e che chiamarono dèi i lavori di mani d'uomo" (Sg 13,10).

L'uomo infatti, se confida nelle sue forze, è come un vivente messo in una condizione di morte ed il mondo non sa offrirgli che prospettive di morte: la droga, la violenza, il terrorismo, le sopraffazioni, i consumismi d'ogni genere.

Il contrario di tutto ciò è la vita, l'amore, la pace, la gioia, la verità, il rispetto dell'uomo e delle cose, ossia tutto ciò che deriva dalla fede in Dio, e dall'impegno cristiano.

E su questi valori che voi giovani dovete pronunciarvi ed è a tali scelte che dovete tendere, con l'entusiasmo e l'impegno caratteristici della vostra età.


3. Mi è caro ricordare anche a voi quanto ho avuto occasione di dire ai giovani di Francia nel mio incontro con loro: "L'uomo può essere felice solo nella misura in cui è capace di accettare le esigenze che la sua umanità, la sua dignità di uomo gli impongono. Quelle esigenze che Dio stesso gli impone... La permissività morale non rende gli uomini felici, la società dei consumi non rende gli uomini felici, non l'hanno mai fatto" (cfr. Ioannis Pauli PP. II "Allocutio ad iuvenes in loco "Parc-des-Princes" habita", 8, die 1iun. 1980: "Insegnamenti di Giovanni Paolo II", III,1[1980] 1622).

Sono vicino con grande affetto a tutti voi ed a ciascuno di voi, affinché sappiate percorrere l'unica via vera e possiate scegliere l'unica certezza, che è Gesù Cristo, redentore dell'uomo. Egli vi accompagna perché abbiate a vivere una vita autenticamente umana e cristiana. Vi conforti anche la mia benedizione, che di cuore estendo alle vostre famiglie.

Data: 1980-09-20 Data estesa: Sabato 20 Settembre 1980.


In Piazza Alcide De Gasperi - Cassino

Titolo: Il saluto alle autorità civili

Signor Ministro, Signor Sindaco, Carissimi fedeli di Cassino, Ringrazio vivamente il Signor Sindaco per le cortesi parole, con le quali, anche a nome dell'intera cittadinanza, ha espresso non solo sincera deferenza verso la mia persona, ma anche sentimenti di esultanza per l'odierno incontro.

Con pari cordialità manifesto il mio riconoscente apprezzamento al Signor Ministro, che ha voluto porgermi il benvenuto a nome del Presidente della Repubblica e del Governo Italiano.

E' per me motivo di particolare gioia potermi trovare oggi nella illustre città di Cassino, sia per la calorosa accoglienza riservatami, sia per i motivi di nobilità che contrassegnano questa Comunità. La sua grandezza risale già all'età romana, ma fu poi il monaco Benedetto, che le diede lustro fondando qui il suo celebre Monastero, il quale fu nei secoli faro luminoso di promozione della cultura e del lavoro, oltre che della vita religiosa.

So, tuttavia, che anche oggi Cassino ha validi motivi di fierezza, che consistono nelle sue virtù civiche e nella tenace laboriosità dei suoi abitanti.

Io non posso che formulare gli auguri più sentiti, affinché le migliori qualità dei Cassinesi si sviluppino sempre maggiormente, così da dar vita ad un contributo ognor più costruttivo per il bene della patria italiana e della Chiesa cattolica.

In particolare auspico che il ricordo delle dure prove della guerra, che hanno contrassegnato questa terra, costituisca stimolo ad una sempre più profonda fratellanza umana, e alla promozione di una serena convivenza civile, nell'ordine e nella pace.

Di cuore invoco su tutti i cittadini della cara Cassino le abbondanti grazie celesti.

Data: 1980-09-20 Data estesa: Sabato 20 Settembre 1980.


GPII 1980 Insegnamenti - Ai fedeli - Siena