GPII 1980 Insegnamenti - Ai rappresentanti delle Federazioni Europee di Calcio


Al Presidente e al Consiglio Direttivo della Croce Rossa Italiana - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Impegno che è espressione dello spirito evangelico

Signor Presidente, Mentre vivamente La ringrazio per le sue cortesi parole, esprimo la mia gioia sincera nel dare il benvenuto e salutare Lei e tutti gli illustri componenti del Consiglio Direttivo della Croce Rossa Italiana, qui convenuti.

Questo incontro mi offre l'occasione propizia per dire una parola di alto apprezzamento per la vostra istituzione, tanto benemerita. La Croce Rossa, ormai universalmente diffusa a raggio internazionale, di fatto è nata proprio in Italia, e voi, qui presenti, siete gli eredi diretti di una tradizione ormai più che secolare, tutta volta all'alleviamento delle pene dei sofferenti, non solo in tempo di guerra, ma anche e ancor più in tempo di pace.

Come non manifestare compiacimento per la vostra molteplice attività, che fondamentalmente è una degna espressione dello spirito evangelico? come non vedere nell'impegno di generosa dedizione, da voi dispiegato, un'immagine del buon Samaritano? Non posso far altro, pertanto, che incoraggiare sentitamente ciascuno di voi e tutti i vostri Collaboratori a proseguire con slancio sempre rinnovato nella realizzazione di quei nobili ideali umanitari ed emplicitamente cristiani, che già furono proposti dai Fondatori e che costituiscono il patrimonio migliore della vostra specifica identità istituzionale.

Voglio anche formare l'auspicio che i Cattolici italiani apprezzino sempre come si conviene la vostra attività assistenziale e la sostengano col loro ampio appoggio morale e materiale. Infatti, venire incontro agli uomini bisognosi, specie ai sofferenti, è impegno di altissimo valore, che non solo ottempera ad un comando di Gesù Cristo (cfr. Lc 10,9), ma ci pone altresi sulle sue orme (cfr. Mt 8,16-17), anzi ci fa addirittura incontrare Lui, che con quelli ha voluto identificarsi (cfr. Mt 25,40).

Ed alla Croce Rossa Italiana nel suo insieme auguro di cuore di crescere e di consolidarsi sempre più nella sua nobile funzione di servizio sociale; a questa, come ad una missione, rimanga sempre fedele con generosità e competenza; e possa costantemente godere dell'approvazione e della stima di tutti i Cittadini.

In pegno delle necessarie e copiose grazie divine sul vostro prezioso lavoro, e come segno della mia sicura benevolenza, impartisco l'Apostolica Benedizione a tutta l'organizzazione ed in particolare a Lei, Signor Presidente, a voi del Consiglio Direttivo Nazionale, ed a tutti coloro che qui degnamente rappresentate, alle Infermiere Volontarie, ai Volontari del Soccorso, ai Pionieri ed ai Donatori di Sangue.

Data: 1980-06-20 Data estesa: Venerdi 20 Giugno 1980.


Ai partecipanti all'Incontro sulla cooperazione tra Europa e America Latina - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La collaborazione internazionale si fondi sempre sul rispetto dell'uomo

Eccellenze, Signori illustrissimi, Con vero piacere ho accettato questo incontro con voi, che vi siete congregati a Roma per una riunione il cui obiettivo è rinforzare la collaborazione tra due regioni del mondo, rappresentate qui da due organizzazioni regionali: l'Organizzazione degli Stati Americani, col suo Segretario Generale, e la comunità Economica Europea. Desidero anzitutto manifestare la mia sincera gratitudine per la vostra riverente visita.

Permettete che esprima ora la mia compiacenza per la vostra iniziativa, giacché considero l'esistenza stessa di organismi regionali un fattore molto positivo, perché offrono strutture intermedie per promuovere, all'interno di una regione i cui diversi Stati riconoscono la loro interdipendenza e i loro obiettivi comuni, un progresso che si adegua più facilmente alla diversità specifica di quella determinata regione.

Per questo, qualunque iniziativa orientata a promuovere il dialogo e la ricerca di soluzioni in comune tra quelle organizzazioni regionali merita l'appoggio di tutti. Infatti, nella complessità e difficoltà della collaborazione globale, i rapporti e interscambi bilaterali a livello regionale offrono, precisamente per essere più limitati, uno spazio di incontro in cui le possibilità di collaborazione possono essere esaminate con maggior realismo.

Il tema del vostro incontro "La collaborazione dell'Europa per lo sviluppo dell'America Latina e dei Caraibi", si colloca nella prospettiva dell'utilità, o meglio, necessità di rinforzare gli interscambi tra le organizzazioni regionali, col fine di definire le grandi linee di una collaborazione per lo sviluppo.

Per conto mio, vi auspico che i vostri lavori iniziati in queste circostanze siano un positivo contributo ai compiti della prossima sessione speciale dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite sulla strategia del III Decennio dello Sviluppo. Perché lo sviluppo non è mai omogeneo, né al interno di una nazione né all'interno delle diverse nazioni di un continente o della comunità mondiale.

Non costituisce un esempio eloquente di questo la situazione esistente in America Latina e nei Caraibi, dove si manifesta uno sviluppo industriale e urbano accanto ad un'altro rurale e agricolo, e dove si constata l'esistenza di due tipi di società, quella del superconsumo e quella dell'indigenza? Quando le nazioni tentano di definire i loro rapporti mutui tanto nel campo politico come in quello dello sviluppo socio-economico di cui voi vi occupate ora in modo particolare, esse si ispirano alla realtà dell'interdipendenza e alla ricerca di interessi comuni.

Ma c'è un interesse e un criterio che oltrepassa sempre tutti gli altri e che costituisce il fondamento necessario di ogni azione, se si vuole che essa sia fruttuosa: l'interesse per l'uomo e il criterio dell'uomo. Infatti, il dialogo o il confronto a qualsiasi livello, tra coloro che possiedono e coloro che non possiedono, sarà sterile se non si tengono presenti nella maniera dovuta le esigenze derivanti da un ethos basato sull'uomo. Nel mio discorso ai rappresentanti della Organizzazione degli Stati Americani ho insistito su questo criterio: "L'uomo! L'uomo è il criterio decisivo che ordina e dirige tutti i vostri impegni, il valore vitale il cui servizio esige incessantemente nuove iniziative" (Ioannis Pauli PP. II Allocutio habita ad sedem Consilii Nationum Americanarum, 5, die oct. 1979: , II,2[1979] 664).

La solidarietà alla quale voi volete dare espressione, è una solidarietà determinata da "questo unico punto di vista fondamentale che è il bene dell'uomo - ossia della persona nella comunità - e che come fattore fondamentale del bene comune deve costituire il criterio essenziale di tutti i programmi, sistemi, governi" (Eiusdem, RH 17).

In questa prospettiva, formulo i miei migliori auguri per un fecondo lavoro del vostro incontro e invoco su di voi l'assistenza costante dell'Altissimo.

[Traduzione dallo spagnolo]

Data: 1980-06-20 Data estesa: Venerdi 20 Giugno 1980.


Il presidente degli Stati Uniti in visita dal Papa - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Per la dignità di ogni persona umana

Signor presidente.

1. E' un grande piacere per me darle oggi il benvenuto. Sono molto felice di poter ricambiare il cordiale benvenuto che ho ricevuto da lei a Washington. Il ricordo della mia visita alla Casa Bianca e di tutti i miei altri contatti con il popolo degli Stati Uniti sono fissati nel mio cuore; li ricordo con gioia e li esprimo frequentemente nelle mie preghiere per l'America.


2. La sua visita oggi al Vaticano quale presidente degli Stati Uniti è molto apprezzata. Sono lieto di vedere in essa una indicazione del profondo rispetto e della stima della vostra nazione per i valori etici e religiosi - un rispetto e una stima che sono anche caratteristici di milioni di americani di fedi differenti.

Durante la mia visita lo scorso ottobre fui personale testimone del modo in cui questi valori spirituali trovano espressione nella vita della sua gente, come essi formino la struttura della vostra nazione, come costituiscano la forza dello Stato civile, che non dimentica che è stato fondato su saldi principi morali, e che desidera preservare la sua eredità come "una nazione sotto Dio".


3. Tutti i campi dello sforzo umano sono arricchiti dai veri valori etici. Durante la mia giornata pastorale ho avuto occasione di parlare di questi valori e di professare la mia profonda stima per tutto ciò che nella vita della nazione li tiene presenti. Non esiste una sfera di attività che non tragga beneficio quando i valori religiosi sono stati attivamente perseguiti. Gli ambiti politico, sociale ed economico sono stati resi autentici e rafforzati all'applicazione di quei supporti morali che devono essere irrevocabilmente incorporati nella tradizione di ogni Stato.


4. Gli stessi principi che guidano i destini interni di un popolo dovrebbero dirigere le loro relazioni con le altre nazioni. Desidero esprimere la mia stima per tutti coloro che, a livello nazionale e internazionale, hanno esemplificato i valori della compassione e della giustizia, della sollecitudine personale per gli altri e della condivisione fraterna, nel tentativo di promuovere una sempre più grande libertà, una sempre più autentica uguaglianza, e una pace sempre più stabile per un mondo che desidera ardentemente la verità, l'unità e l'amore.


5. Al centro di tutti i sublimi valori spirituali, c'è il valore di ogni persona umana, degna di rispetto dal primo momento della sua esistenza, dotata di dignità e di diritti, e chiamata ad agire responsabilmente a favore del fratello e sorella in stato di bisogno.


6. Per la causa della dignità e dei diritti umani, la Chiesa è impegnata ad offrire al mondo il contributo del Vangelo di Cristo, proclamando che l'uomo è creato ad immagine e somiglianza di Dio e destinato alla vita eterna. Benché, come il Concilio Vaticano II ha messo in evidenza, la Chiesa non sia un'entità politica, essa nondimeno è a servizio, assieme alla comunità politica ma a diverso titolo, della vocazione personale e sociale di ogni essere umano (cfr. GS 76). E, sebbene distinta dal regno socio-economico, la Chiesa è chiamata a servirlo con l'affermazione che l'uomo è "l'origine, il centro e il fine di tutta la vita socioeconomica" (GS 63).

In questo campo come anche in molti altri, la Chiesa è felice di parlare a favore della persona umana e per tutto ciò che rechi vantaggio all'umanità.

Inoltre, essa dà la sicurezza del suo appoggio per tutto ciò che è fatto per il bene dell'umanità, secondo il particolare contributo di ciascuno. In questo senso, la Chiesa e lo Stato sono chiamati a collaborare alla causa dell'uomo, e alla promozione della sacra dignità umana. Questa collaborazione è singolarmente utile, e corrisponde alla verità riguardo all'uomo. Attraverso la formazione etica di veri cittadini, che lavorano fianco a fianco con i loro concittadini, la Chiesa adempie ad un altro aspetto della sua collaborazione con la comunità politica.


7. E oggi in questa occasione, signor presidente, voglio assicurarla del mio profondo interesse per ogni sforzo volto al miglioramento dell'umanità e consacrato alla pace del mondo. In una maniera particolare il medio oriente e le regioni vicine attirano la nostra comune attenzione a causa dell'immensa importanza che essi rivestono per il benessere internazionale. Prego affinché ogni degno tentativo per la riconciliazione e la cooperazione possa essere coronato da successo.

La questione di Gerusalemme, che proprio durante questi giorni attira l'attenzione del mondo in modo particolare, è imperniata su una giusta pace in quelle parti del mondo, dal momento che questa santa città racchiude interessi e aspirazioni che sono condivise da popoli differenti e in differenti modi. E' mia speranza che una comune tradizione monoteistica di fede sarà di aiuto a promuovere l'armonia fra tutti coloro che invocano Dio. Vorrei rinnovare la mia ardente supplica affinché sia data giusta attenzione ai problemi che affliggono il Libano e all'intero problema palestinese.


8. La santa Sede è consapevole dell'aspetto universale della responsabilità che compete agli Stati Uniti; è ugualmente conscia dei rischi implicati da questa responsabilità. Ma nonostante tutti gli inconvenienti e i problemi, nonostante i limiti umani, i governi che vogliono il bene dovranno continuare a lavorare per la pace e per la comprensione internazionale nel controllo e nella riduzione degli armamenti, nella promozione del dialogo nord-sud, e nel favorire l'avanzamento delle nazioni sottosviluppate.

Recentemente, nella mia visita in Africa, ho potuto percepire personalmente l'importanza di quel continente e il contributo che esso è chiamato a portare per il bene del mondo. Ma tutto questo a sua volta esige interesse, sostegno e fraterna assistenza delle altre persone, così che la stabilità, l'indipendenza e la legittima autonomia dell'Africa saranno salvaguardate e rafforzate.


9. La questione della dignità umana è particolarmente collegata con gli sforzi a favore della giustizia. Qualunque violazione della giustizia in qualsiasi luogo è un affronto alla dignità umana, e ogni effettivo contributo alla giustizia è veramente degno del più grande elogio. La purificazione delle strutture nei campi politico, sociale ed economico non può non aiutare a produrre risultati salutari.

Conosco l'interesse degli Stati Uniti per la situazione dell'America centrale, specialmente in questo periodo. Un continuo impegno è richiesto e deve essere sostenuto fino a che ogni fratello e sorella in quella parte del mondo, e altrove, sia sicuro nella sua dignità, e libero da manipolazioni di ogni potere, evidente o nascosto, ovunque sulla terra. Spero che gli Stati Uniti presteranno il loro efficace appoggio agli sforzi che effettivamente sollevano il livello umano dei popoli che sono in situazioni di bisogno.


10. Come ho ricordato, i miei contatti con il popolo degli Stati Uniti sono vivi nella mia memoria. L'entusiasmo e la generosità, la volontà di non cadere nel materialismo che porta l'asservimento nella ricerca del bene comune in patria e in campo internazionale - e, per i cristiani, il bisogno di comunicare la giustizia e la pace di Cristo - queste sono le forze che la santa Sede incoraggia per il beneficio dell'umanità.

Signor presidente, le mie parole oggi vogliono essere una espressione di apprezzamento per ciò che è stato fatto, una eco dei persistenti bisogni del mondo, una sfida di speranza e di confidenza al popolo americano, che ho conosciuto e amato così tanto. Possa Dio sostenerla e benedire la nazione che lei rappresenta.

[Traduzione dall'inglese]

Data: 1980-06-21Data estesa: Sabato 21Giugno 1980.


Al raduno nazionale dell'Azione Cattolica Italiana - Villa Pamphili (Roma)

Titolo: Risposta sicura del Concilio all'interrogativo sull'uomo

Carissimi fratelli e sorelle! 1. Con gioia grande mi trovo oggi in mezzo a voi tra il verde riposante di questa villa romana, che fa da splendida cornice al festoso entusiasmo di questo vostro incontro, lungamente preparato nelle rispettive sedi diocesane e parrocchiali, ed ora magnificamente attuato grazie all'impegno vostro e degli organi centrali dell'associazione.

Il mio saluto va, con paterna cordialità, innanzitutto al presidente nazionale, professor Mario Agnes, all'assistente generale monsignor Giuseppe Costanzo ed ai loro collaboratori; saluto poi i dirigenti ed i responsabili, che a livello diocesano e parrocchiale profondono generosamente le loro energie nell'animazione dei diversi movimenti, in cui si articola l'associazione; con loro saluto gli assistenti ecclesiastici e tutti voi qui convenuti in rappresentanza di tanti amici, che in ogni parte d'Italia condividono i vostri stessi ideali. A tutti voglio dire la mia stima ed il mio apprezzamento per la testimonianza coraggiosa, che ognuno si sforza di recare nel proprio ambiente, cercando di rispondere alle consegne del Concilio, che vi ha spronati a "contribuire, quasi dall'interno a modo di fermento, alla santificazione del mondo mediante l'esercizio del proprio ufficio e sotto la guida dello spirito evangelico" (LG 31).


2. Questo incontro romano costituisce una tappa di un'iniziativa più ampia e distesa nel tempo, alla quale avete voluto assegnare un motto che ben ne sintetizza il programma: "Tra il Popolo di Dio con il Concilio". Scopo dell'iniziativa è, infatti, quello di ripercorrere l'insegnamento del Vaticano II, per assimilarne in profondità la ricchezza e per poterla poi riproporre tra la gente, anche semplice, che forma il Popolo di Dio.

Intendimento encomiabile, non solo perché in esso trova eco concreta il programma autorevolmente indicato dall'episcopato italiano, ma anche perché dalla sua attuazione può venire la risposta all'esigenza, oggi molto sentita, di una miglior comprensione della fede e, per così dire, di una sua "personalizzazione", grazie alla quale ne sia facilitata la coerente ed operante espressione nella vita sia privata che sociale.

Ho esaminato con interesse il "piano di lavoro", nel quale sono esposti gli obiettivi che si intendono raggiungere e le linee fondamentali dell'opportuna metodologia, a cui i soci sono stati invitati ad attenersi nel corso della ricerca, condotta durante i recenti mesi di attività. Auspico che quei saggi suggerimenti abbiano dato i loro frutti positivi. Uno di essi deve certamente ravvisarsi nella vostra partecipazione all'odierno incontro, col quale volete esprimere l'orientamento dell'impegno, che si persegue nelle varie Chiese locali.

La vostra presenza a Roma in questa circostanza vuol essere, cioè, un modo per dire pubblicamente e con forza le intenzioni che guidano il vostro cammino di fede; vuol essere un gesto di testimonianza corale, resa all'interno della dinamica ecclesiale; vuol essere soprattutto una proposta, offerta a quanti stanno cercando con passione sincera una ragione valida per la quale impegnare la propria vita.


3. Una risposta sicura e risolutiva all'interrogativo sull'uomo: ecco la vostra proposta, maturata alla luce dell'insegnamento del Concilio. L'uomo, specialmente nella nostra epoca, è al centro di molte dichiarazioni, programmi o manifestazioni, come anche di numerose scienze e filosofie. I punti di vista su di lui, sulla sua origine, sul suo destino, sono pero molto vari e spesso anche fra loro contraddittori. Il Concilio ne ha fatto una rapida esposizione nella parte introduttiva della costituzione pastorale "Gaudium et Spes".

Scorrendo quelle pagine, sono certo che avrete avuto anche voi la netta impressione che l'uomo contemporaneo sia minacciato da gravi pericoli. Questi pericoli sono collegati all'incontrastato primato dell'ordine economico e del processo produttivo. Quando l'uomo, che nelle strutture economico-produttive è necessariamente "implicato", si lascia dominare dalla unilaterale accettazione di un loro primato, finisce fatalmente per essere succube della cosiddetta "società dei consumi", trovandosi conseguentemente coinvolto in un processo di crescente strumentalizzazione. Ed il rischio non è soltanto quello di essere valutato dagli altri unicamente come strumento di produzione e di consumo; v'è il rischio più sottile e ben più insidioso che cominci egli stesso, in modo più o meno cosciente, a considerarsi "uno strumento", e cioè un elemento passivo dei vari processi, assoggettato alle più disparate "manipolazioni" (condotte tra l'altro con l'aiuto dei mass-media), rinunciando in tal modo alla responsabilità ed alla "fatica" di proprie scelte autonome e ricorrendo, anche per la soluzione dei problemi umani più personali e profondi, all'ausilio sbrigativo di un qualche ritrovato "tecnico".

La mentalità consumistica, per altro, è strettamente imparentata con una concezione edonistica della vita, dalla quale non può aver origine che quel tipo di società che oggi si è soliti indicare con la qualifica di "permissiva".

L'atteggiamento edonistico, infatti, sollecita un'interpretazione della libertà che ne spinge le applicazioni verso l'abuso; e, viceversa, l'abuso della libertà si esprime socialmente nella tendenza ad assicurare al massimo gli atteggiamenti edonistici.


4. Non v'è in tutto ciò la moderna edizione di quell'"uomo carnale", di cui san Paolo dice che "non comprende le cose dello Spirito di Dio"? (cfr. 1Co 2,14). A questa concezione riduttiva dell'uomo voi rispondete proponendo una visione integrale della verità sull'uomo, così com'essa è stata ribadita nell'insegnamento conciliare.

All'uomo moderno, che s'interroga sul proprio destino, voi ricordate che "solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo", perché "Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore, svela anche pienamente l'uomo all'uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione" (GS 22). Voi sottolineate, in particolare, che "per Cristo ed in Cristo riceve luce quell'enigma del dolore e della morte che, al di fuori del suo Vangelo, ci opprime" (GS 22).

La domanda sull'uomo sfocia, così, necessariamente nella domanda su Cristo, perché solo nella risposta a questa seconda domanda può trovare una risposta soddisfacente la prima. Opportunamente, quindi, la vostra ricerca si è polarizzata sulla persona del Verbo incarnato, uomo perfetto oltre che Dio vero.

Per noi cristiani, infatti, l'unico orientamento dello spirito, l'unico indirizzo dell'intelletto, della volontà e del cuore è quello che porta verso Cristo, redentore dell'uomo; verso Cristo redentore del mondo. L'ho affermato nella mia enciclica (cfr. Ioannis Pauli PP. II RH 7) e lo ribadisco qui, sicuro di incontrare il vostro consapevole e convinto consenso.


5. La piena conoscenza di Cristo, per altro, non può aversi fuori della Chiesa, giacché ad essa - e non ad altri- è stato affidato il compito di annunciarne il mistero, sotto la guida dello Spirito, a "tutte le nazioni... fino alla fine del mondo" (cfr. Mt 28,18ss). Ubbidiente al suo maestro e Signore, la Chiesa vive di Cristo e per Cristo, non cessa di ascoltarne le parole, ricostruisce con la massima devozione ogni particolare della sua esistenza, ne celebra con appassionata partecipazione la morte e la risurrezione; sua unica ambizione è di manifestarne il mistero al genere umano; ai popoli, alle nazioni, alle generazioni che si susseguono, ad ogni uomo in particolare, come se ripetesse sempre, secondo l'esempio dell'apostolo: "Io ritenni, infatti, di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso" (1Co 2,2) (cfr. Ioannis Pauli PP. II RH 7).

Alla Chiesa, dunque, voi dovete portare i vostri interrogativi, alle sue parole dovete prestare attenzione, cercando di penetrarne con filiale intuizione il pensiero; e di attuarne con docilità pronta e leale i desideri. Essa vi prende per mano nel vostro cammino verso Cristo; essa vi è accanto nel vostro impegno per l'uomo. Non v'è possibilità di dubbio: nel suo Sposo, infatti, che è il Verbo di Dio incarnato, la Chiesa stringe in un unico abbraccio sia Dio, disceso nell'umiltà della carne per amore dell'uomo, sia l'uomo, riportato mediante la croce di Cristo alla dignità della figliolanza divina.


6. La Chiesa cammina, dunque, sulle vie dell'uomo. Camminate anche voi con lei. I cristiani hanno, oggi, il compito di riproporre ai loro contemporanei l'immagine concreta di quell'"uomo spirituale" (cfr. 1Co 2,15), nel quale san Paolo indicava il punto d'arrivo della redenzione: un uomo che sa riconoscere come "dono di Dio" ciò che egli è e quanto possiede (cfr. 1Co 2,12); che non riduce le proprie prospettive agli angusti orizzonti dei beni della terra, ma sa guardare verso quei beni non percepibili con i sensi, che "Dio ha preparato per coloro che lo amano" (1Co 2,9); un uomo, soprattutto, che "ha il pensiero di Cristo" (1Co 2,16), perché, impegnandosi nell'adempimento della sua volontà, ha meritato di riceverne una personale ed intima manifestazione (cfr. Jn 14,21).

Figli carissimi, noi sappiamo che anche questa fase dello sviluppo del mondo, a cui noi diamo il nome di "mondo contemporaneo" nasconde in sé l'unico e irripetibile "kairos" di Dio; costituisce anch'essa un passo verso la realizzazione di quell'evento, per il quale ogni giorno preghiamo, quando diciamo: "Venga il tuo regno".

Ravvivate, pertanto, la fiducia e riprendete con lena rinnovata il vostro impegno di testimonianza a Cristo e di amore per l'uomo, in piena sintonia di intenti con i vostri Vescovi ed in cordiale collaborazione con tutte le componenti della comunità ecclesiale. Il Signore Gesù, che "è stato assunto in cielo, dove siede alla destra di Dio" (cfr. Mc 16,19), continua anche oggi ad operare nella storia. Sorretti da questa certezza, andate coraggiosamente incontro ai vostri fratelli, per recare loro la "lieta notizia" che ha trasformato la vostra esistenza, l'annuncio cioè che "Dio ha tanto amato ii mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Jn 3,16).

Con questo augurio, che è anche una fervida preghiera, imparto a voi ed a tutti i membri dell'Azione Cattolica Italiana una speciale paterna benedizione apostolica.

[Omissis. Segue l'indirizzo di omaggio rivolto al Papa dal presidente Agnes.]

Data: 1980-06-21Data estesa: Sabato 21Giugno 1980.


Ai giovani della fiaccolata - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Cristo, luce delle vostre anime

Cari giovani! Ragazze e ragazzi! Siete venuti in Piazza San Pietro, portando queste fiaccole accese per manifestare la verità fondamentale su voi stessi.

Queste fiaccole parlano dei vostri cuori.

Queste fiaccole parlano della Vostra vita.

Dicono che non potete e non volete camminare nel buio. Che avete bisogno di luce. Anzi, che volete portare la luce per illuminare le vie della Vostra vita e della vita degli altri.

Voi professate che questa luce è Cristo; che Egli è la luce delle anime umane. E' la luce delle Vostre anime giovani. Egli mostra all'uomo Dio: chi vede Cristo, vede nello stesso tempo il Padre. E mostra l'uomo all'uomo. Il mistero dell'uomo - a volte così oscuro e annebbiato - si rischiara in Lui. Cristo annunzia la Buona Novella. L'annunzia con Se stesso, con la propria vita, con la croce e la risurrezione. Egli insegna quanto è grande la dignità dell'uomo, quanto è grande la sua vocazione.

Voi che avete scoperto questa verità, dovete prenderla nelle vostre mani come una lucerna accesa. E dovete vegliare! Prima dovete vegliare che questa luce non si spenga, in Voi. Che non venga soffocata o addirittura cacciata via, né da alcun soffio di vento contrario che venga dal di fuori, né a causa della mancanza di combustibile in Voi stessi, nei Vostri cuori.

Dovete contemporaneamente vegliare al posto degli altri e per gli altri.

Da tante generazioni, da tanti secoli, Cristo passa per le strade di questa terra, dell'Italia - e di questa città, Roma...

E viene sempre come Sposo, come Colui che ha amato l'uomo fino alla totale offerta di se stesso.

Che Egli non passi invano! Che lo incontrino uomini sempre più numerosi! Che lo incontrino i Vostri coetanei, sempre più numerosi! Che voi stessi possiate mostrare loro la strada che conduce a Cristo! Per questo prego oggi insieme con voi. E dal cuore di questa preghiera vi mando la mia benedizione nel nome della Santissima Trinità.

Siano aperti i vostri cuori! Siano accese le lucerne nelle vostre mani! Vegliate!

Data: 1980-06-21Data estesa: Sabato 21Giugno 1980.


Proclamazione di cinque nuovi beati - Basilica Vaticana - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nei nuovi beati s'incarna lo spirito missionario della Chiesa

"Lodate il Signore perché è buono: perché eterna è la sua misericordia!" (Ps 135,1) 1. Questo esaltante invito del salmista ad unirci tutti nella glorificazione di Dio, per la sua infinita bontà e misericordia, oggi la Chiesa tutta lo accoglie, colma di traboccante letizia perché può inchinarsi a venerare cinque suoi figli innalzati agli onori degli altari mediante la beatificazione e, nello stesso tempo, può presentarli alla imitazione dei fedeli ed alla ammirazione del mondo: essi sono un gesuita, "apostolo del Brasile", Giuseppe De Anchieta; una mistica missionaria, Maria Dell'Incarnazione (Guyart); un terziario francescano fondatore della congregazione betlemita, Pietro De Betancur; un Vescovo, Francesco De Montmorency-Laval; e una giovane vergine pellerossa, Caterina Tekakwitha.

In essi Dio ha profuso la sua bontà e la sua misericordia, arricchendoli della sua grazia; li ha amati con un amore paterno, ma esigente, che prometteva solo prove e sofferenze; li ha invitati e chiamati alla santità eroica; li ha strappati dalle loro patrie di origine e li ha inviati in altre terre ad annunciare, in mezzo ad indicibili fatiche e difficoltà, il messaggio del Vangelo.

Due sono figli della Spagna, due della Francia, una è nata nella zona che oggi corrisponde allo Stato di New York e ha trascorso poi il resto della sua vita nel Canada. Come Abramo essi, ad un certo punto della loro vita, hanno sentito - suadente, misteriosa, imperiosa - la voce di Dio: "Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io ti indichero" (Gn 12,1). Hanno obbedito, con una disponibilità umanamente inspiegabile e sono andati in zone sconosciute, non per cercare ricchezze e glorie mondane, non per fare della propria vita un'avventura interessante, ma semplicemente per annunciare ai loro contemporanei che Dio è amore, che Gesù di Nazaret è il Messia e il Signore, il Figlio di Dio incarnato, il supremo salvatore e redentore ed il definitivo liberatore dell'uomo, di ogni uomo, di tutto l'uomo.

Le loro vicende terrene si sono svolte complessivamente nell'arco di circa 150 anni, tra il 1534 e il 1680: un periodo caratterizzato da complessi fenomeni sociali, politici, culturali, economici, e, nel campo ecclesiale, tra l'altro, dal Concilio di Trento e dalla istituzione da parte di Gregorio XV, nel 1622, della congregazione "de Propaganda Fide", che ha animato il grandioso risveglio e l'incontenibile slancio missionario della Chiesa nell'epoca moderna.


2. Un instancabile e geniale missionario è José De Anchieta il quale a 17 anni, davanti alla immagine della santa Vergine Maria nella cattedrale di Coimbra, fa voto di verginità perpetua e decide di dedicarsi al servizio di Dio. Entrato nella compagnia di Gesù parte per il Brasile nel 1553, da cui, nella missione di Piratininga, intraprende molte attività pastorali con lo scopo di guadagnare a Cristo gli indios delle foreste vergini. Ama con immenso affetto i suoi fratelli "brasis", partecipa alla loro vita, si immerge nei loro costumi e si convince che la loro conversione alla fede deve essere preparata, aiutata e consolidata da un appropriato lavoro di civilizzazione per la promozione umana. Il suo ardente zelo lo muove a intraprendere innumerevoli viaggi, coprendo immense distanze, in mezzo a grandi pericoli. Ma la predicazione continua, la mortificazione costante, la fervente carità, la bontà paterna, la comunione intima con Dio, la devozione filiale alla Vergine santissima che egli celebra in un lungo poema di eleganti versi latini - dà a questo grande figlio di sant'Ignazio una forza sovrumana, specialmente quando deve difendere i suoi fratelli indigeni dalle ingiustizie dei colonizzatori. Per loro (gli indigeni) compone un catechismo, adattato alla loro mentalità che contribuisce grandemente alla loro cristianizzazione. Per tutto questo ben merito il titolo di "apostolo del Brasile".


3. Nato da una povera famiglia di contadini e allevatori, Pedro De Betancur ha nella sua vita un solo obiettivo: portare il messaggio cristiano nelle "Indie occidentali". A 23 anni lascia il suo paese e giunge in Guatemala, malato, povero, solo e sconosciuto, convertendosi nell'apostolo degli schiavi negri, degli indios sottoposti a lavori inumani, degli emigranti, senza lavoro e senza sicurezza, dei bambini abbandonati. Fratel Pedro, animato dalla carità di Cristo, si fece tutto a tutti, in particolare per i piccoli vagabondi di tutte le razze e colori, in favore dei quali fonda una scuola. Per i poveri ammalati, dimessi dagli ospedali ma ancora bisognosi di aiuto e assistenza, Pedro fonda il primo ospedale del mondo per i convalescenti. Muore a 41anni.

Il Bambino di Betlemme, in nome del quale fonda la congregazione Betlemita fu il tema assiduo della meditazione del beato, il quale seppe scoprire nei poveri il volto di "Gesù bambino": per questo li amo con una delicata tenerezza, il cui ricordo rimane vivo in Guatemala.


4. Maria dell'Incarnazione (Marie Guyart) è stata giustamente chiamata "madre della Chiesa cattolica in Canada".

A diciassette anni, sposa Claudio Marin; a diciotto anni è madre; a vent'anni è già vedova. Maria rifiuta un secondo matrimonio che le propongono i parenti e, a trentadue anni, entra nel monastero delle orsoline di Tours. Dio le ha dato di conoscere l'oscurità del peccato e il bisogno della redenzione. Avendo una profonda devozione al cuore di Gesù e meditando assiduamente il mistero dell'incarnazione, matura la sua vocazione missionaria: "Il mio corpo era nel vostro monastero - scrive nella sua autobiografia - ma il mio spirito non poteva essere rinchiuso. Lo Spirito di Gesù mi portava nelle Indie, in Giappone, in America, in Oriente, in Occidente, nelle zone del Canada e degli Hurons, e in tutta la terra abitata dove ci sono delle anime ragionevoli che vedeva appartenere a Gesù Cristo". Nel 1639, è in Canada. E' la prima suora francese missionaria. Il suo apostolato catechetico a favore degli indigeni è infaticabile: prepara un catechismo nella lingua degli uroni, un altro nella lingua degli irochesi, un terzo nella lingua degli algonchini.

Anima profondamente contemplativa, impegnata pero nell'azione apostolica, ella fa il voto di "cercare la più grande gloria di Dio in tutto ciò che fosse di più grande santificazione", e nel maggio 1653, ella si offre interiormente in olocausto a Dio per il bene del Canada.

Maestra di vita spirituale, al punto che Bossuet l'ha definita la "Teresa del nuovo mondo", e promotrice di opere di evangelizzazione, Maria dell'Incarnazione unisce in sé, in modo ammirevole, la contemplazione e l'azione.

In lei la donna cristiana si è realizzata pienamente e con un raro equilibrio, nei diversi stati della vita: sposa, madre, vedova, direttrice di impresa, religiosa, mistica, missionaria, e questo sempre nella fedeltà a Cristo, sempre in stretta unione con Dio.


5. Francesco de Montmorency-Laval, nobile figlio della Francia, animato anche lui del carisma missionario, avrebbe potuto aspirare alle carriere umane più promettenti, ma preferi corrispondere generosamente all'invito di Cristo che l'invitava ad annunciare il Vangelo in paesi lontani. Eletto vicario apostolico nella "Nuova Francia", rivestito dal carisma episcopale, si stabilisce a Quebec, e si dà con un infaticabile zelo all'espansione del regno di Dio realizzando la figura ideale del Vescovo: consacra agli indiani la prima parte del suo ministero; viaggia senza posa attraverso l'immensa regione, la metà del continente nord-americano; fonda il seminario di Quebec, che diventerà in seguito l'"Università Laval", una delle prime università cattoliche dei tempi moderni, si occupa, con premura particolare, dei preti, dei religiosi e delle religiose; ottiene dalla santa Sede l'istituzione a Parigi di un seminario per le "Missioni estere".

Maria dell'Incarnazione che l'aveva preceduto in Canada venti anni prima e che oggi è beatificata con lui, scriveva al suo arrivo: "E' un uomo di grande merito e di virtù insigne; non sono gli uomini che l'hanno scelto; diro in tutta verità che egli vive come un santo e come un apostolo".


6. Questa bella corona di nuovi beati, dono generoso di Dio alla sua Chiesa, è completata dalla dolce, fragile ma forte figura di giovane donna che mori a soli ventiquattro anni di età: Kateri Tekakwitha, il "giglio dei Mohawks", la vergine irochese che nel diciassettesimo secolo nel nord America fu la prima a rinnovare le meraviglie di santità di santa Scolastica, santa Gertrude, santa Caterina da Siena, santa Angela Merici e santa Rosa da Lima, precedendo lungo il sentiero dell'amore, la sua grande sorella spirituale, Teresa del Bambino Gesù.

Passo la sua breve vita parte in quello che ora è lo Stato di New York e parte in Canada. Era una persona gentile, dolce e forte lavoratrice, che passava il suo tempo lavorando, pregando e meditando. Ricevette il battesimo all'età di vent'anni. Anche mentre seguiva la sua tribù nella stagione della caccia, continuava le sue devozioni, davanti a una rozza croce scolpita da lei stessa nella foresta. Quando la sua famiglia la invito a sposarsi, lei replico con grande serenità e calma di avere Gesù come suo unico sposo. Questa decisione, considerando le condizioni sociali della donna nelle tribù indiane, espose Kateri al rischio di vivere come una paria e in povertà. Fu un audace, insolito e profetico gesto: il 25 marzo 1679, all'età di ventitré anni, con il consenso del suo direttore spirituale, Kateri pronuncio il voto di perpetua verginità; per quanto noi sappiamo fu la prima volta che questo avvenne tra gli indiani del nord America.

L'ultimo mese della sua vita è una sempre più chiara manifestazione della sua solida fede, schietta umiltà, calma rassegnazione e gioia raggiante, anche in mezzo alle più terribili sofferenze. Le sue ultime parole, semplici e sublimi, mormorate al momento della morte, ricapitolano, come un nobile inno, una vita di purissima carità: "Gesù, io ti amo".


7. Pieni di commossa letizia ringraziamo Dio che continua a dare generosamente alla Chiesa il dono della santità, e ci chiniamo riverenti a venerare i nuovi beati e le nuove beate di cui abbiamo brevemente tratteggiato la fisionomia spirituale; ascoltiamo docili il messaggio, che ci rivolgono con la forza della loro testimonianza. Veramente, mediante la fede i loro cuori si sono aperti con generosità alla parola di Dio e sono diventati abitazione di Cristo, ed essi, radicati e fondati nella carità, hanno raggiunto una particolare profondità di conoscenza e di comprensione del misterioso disegno divino di salvezza, e hanno conosciuto l'amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza (cfr. Ep 3,17-19). In questo giorno di gloria ci ricordano che noi tutti siamo invitati e tenuti a perseguire la santità e la perfezione del nostro proprio stato (cfr. LG 42) e che la Chiesa, la quale vive nel tempo, per sua natura è missionaria e deve seguire la stessa strada seguita da Cristo, la strada cioè della povertà, dell'obbedienza, del servizio e del sacrificio di se stesso fino alla morte (cfr. AGD 1 AGD 5).

O beati e beate, che oggi la Chiesa peregrinante glorifica ed esalta, dateci la forza di imitare la vostra fede limpida, quando ci troviamo nei momenti di tenebre; la vostra serena speranza, quando ci troviamo abbattuti dalle difficoltà; la vostra ardente carità verso Dio, quando siamo tentati di idolatrare le creature; il vostro amore delicato verso i fratelli, quando vorremmo chiuderci nel nostro egoistico individualismo! O beati e beate, benedite le vostre patrie, quelle di origine e quelle che vi furono donate da Dio, come la "terra promessa" ad Abramo, e che voi avete amato, evangelizzato, santificato! O beati e beate, benedite la Chiesa tutta, pellegrina che attende la patria definitiva! O beati e beate, benedite il mondo, che ha fame e sete di santità! Beato Giuseppe de Anchieta, beata Maria dell'Incarnazione, beato Pietro De Betancurb Beato Giuseppe De Montmorency-Laval, beata Caterina Tekakwitha, pregate per noi!

Data: 1980-06-22Data estesa: Domenica 22Giugno 1980.



GPII 1980 Insegnamenti - Ai rappresentanti delle Federazioni Europee di Calcio