GPII 1980 Insegnamenti - A una delegazione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli - Città del vaticano (Roma)


Ai rappresentanti dell'Associazione Giornalisti Cattolici del Belgio - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Al servizio della verità e della civiltà dell'amore

Signore, Signori, La vostra iniziativa, i sentimenti che mi avete appena espresso, testimoniano un affetto profondo per il Successore di Pietro che apprezzo molto.

Il vostro amore non si accontenta delle parole: portate, per le opere di carità del Santo Padre, una somma importante che concretizza questo affetto e manifesta la vostra comprensione dei bisogni che sono effettivamente sottoposti al Papa e del ruolo di carità che gli appartiene.

Così facendo, continuate la bella tradizione delle "Etrennes Pontificales": esse fanno onore ai giornalisti cattolici del Belgio che ne sono i promotori; è dunque a voi che in primo luogo esprimo le mie felicitazioni e la mia gratitudine. Essa fa onore anche al popolo belga.

Al di là delle vostre persone e di quelle dei vostri colleghi della stampa che rappresentate in seno alla vostra Associazione, penso a tutti i vostri compatrioti per i quali siete stati sia un appello che un canale di trasmissione, e che hanno colto questa occasione per manifestare la loro generosità verso la Santa Sede. In questo caso, si può dire che i mass media hanno veramente interpretato bene il loro ruolo: quello della "comunicazione". Con le sottoscrizioni da voi proposte, avete messo tutte queste persone in comunicazione con il Papa e con quelli che egli vorrebbe aiutare. Il Libro d'oro che mi portate è un segno eloquente che mi rende presenti tutti quei donatori, con le intenzioni che stanno loro a cuore. Sono molto sensibile alla rete di solidarietà così intessuta. Vorrei ringraziare ogni persona, ogni famiglia, per la partecipazione spontanea. Vorrei esprimere a tutti i miei auguri di pace, di gioia; domando a Dio di ricompensarli per quest'offerta e di confermarli nella fede, nel loro senso della Chiesa, nella loro attenzione verso il prossimo. Preghero per le loro intenzioni ed invio loro di tutto cuore la mia Benedizione Apostolica con un pensiero particolare per quelli che sono in difficoltà.

Sarete dunque ancora voi gli interpreti presso di loro dei miei sentimenti di gratitudine. Che Dio benedica anche voi! Che Dio benedica le vostre famiglie! Che vi assista nel vostro compito di giornalisti cattolici al servizio della verità e della civiltà dell'amore.[Traduzione dal francese] Ringrazio di cuore tutti i giornalisti cattolici per il prezioso contributo che hanno dato a questa iniziativa. Che possano trovare la forza di essere sempre servitori della verità, essendo fedeli alla loro professione e agli alti principi morali. Questo compito è così importante, specialmente in questo tempo. Di cuore impartisco ai giornalisti e alle loro famiglie la mia apostolica benedizione.

[Traduzione dal fiammingo]

Data: 1980-06-28 Data estesa: Sabato 28 Giugno 1980.


Nella solennità dei santi Pietro e Paolo - Basilica Vaticana - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Guardando ai due apostoli la Chiesa guarda se stessa

1. In questo giorno, in cui la Chiesa celebra la memoria dei santi Pietro e Paolo, ci troviamo a Roma nell'ultima tappa del cammino terrestre dei due apostoli. E, contemporaneamente, ci rechiamo, con la memoria e con il cuore, in pellegrinaggio ai diversi luoghi, che conosciamo dal Vangelo, dagli "Atti degli apostoli" e dalle "lettere". Tra tutti questi luoghi (sparsi nel raggio di quasi tutto il Mediterraneo, dall'oriente verso il nord), il più importante è certamente quello nei pressi di Cesarea di Filippo, che è ricordato dal Vangelo di oggi. Il più importante non soltanto per la storia di Pietro, ma anche, in un certo senso, per la storia di Paolo, per la storia della Chiesa e del cristianesimo, per la storia della salvezza.

Gesù domanda ai suoi apostoli: "La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?" (Mt 16,13). Cadono diverse opinioni che allora certamente erano in giro tra la gente della Palestina. E quando Gesù domanda per la seconda volta: "Voi chi dite che io sia?" (Mt 16,15), risponde Pietro. E proprio questa risposta è la risposta chiave. E' la risposta chiave per quanto riguarda il suo contenuto e contemporaneamente, ancor più, per quanto riguarda la fonte dalla quale proviene.

Questo contenuto pronuncia Pietro nelle parole: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente" (Mt 16,16). E Cristo stesso annunzia da quale fonte provenga questa verità, da quale fonte sia scaturita la confessione, sulla quale d'ora in poi si deve costruire la Chiesa. Cristo dice: "Né la carne, né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli" (Mt 16,17).


2. Nella liturgia della messa vespertina di ieri, che introduce alla solennità dei due apostoli, Paolo nella lettera ai Galati ha detto così: "...quando colui che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamo con la sua grazia si compiacque di rivelare a me suo figlio..., subito, senza consultare nessun uomo... mi recai in Arabia e poi ritornai a Damasco... dopo tre anni andai a Gerusalemme per consultare Cefa, e rimasi presso di lui quindici giorni..." (Ga 1,15-18).

L'apostolo dei gentili riassume in queste parole il suo itinerario. Si è incontrato con Pietro a Gerusalemme, poi ad Antiochia, e solo dopo a Roma, dove ambedue erano attesi dall'ultima prova. Tuttavia, fu sempre unito con Pietro, e Pietro con lui, in questo: che Dio si è compiaciuto di rivelare in lui suo Figlio.

Per la prima volta presso le porte di Damasco, quando era stato prostrato a terra e accecato da una luce del cielo, e alla domanda "Chi sei, o Signore?" aveva sentito la risposta: "Io sono Gesù, che tu perseguiti" (Ac 9,5). Allora si compi in Paolo quello stesso che si era compiuto in Pietro nei pressi di Cesarea di Filippo, quando egli confesso: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". Il Padre gli ha rivelato in Cristo il Messia: suo Figlio. Il Figlio del Dio vivente.

E Paolo accetto internamente le parole del Padre "senza consultare nessun uomo", così come Pietro, che senti dalla bocca di Cristo: "Né la carne né il sangue te l'hanno rivelato".


3. Ci troviamo nel punto chiave della economia divina. Dio dà il suo Figlio, e nello stesso tempo Dio rivela il suo Figlio anzitutto a Pietro, che prima si chiamava Simone, ed era figlio di Giona e fratello di Andrea, e poi - a suo tempo - a Paolo, che prima si chiamava Saulo di Tarso. Grazie alla potenza di questa rivelazione del Figlio da parte del Padre, Pietro, che ha creduto e ha confessato la sua fede, deve essere "pietra". E io ti dico: Tu sei Pietro, "la pietra", e "su questa pietra edifichero la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa" (Mt 16,18). Grazie alla potenza della stessa rivelazione del Figlio da parte del Padre, Paolo, che ha creduto e ha confessato la sua fede in Cristo con lo stesso fervore dello spirito, col quale prima aveva perseguitato i confessori di Cristo, doveva diventare "lo strumento eletto" per portare il nome del Signore dinanzi ai popoli (cfr. Ac 9,15).

La Chiesa di Roma celebra oggi la memoria di ambedue. La "pietra" e lo "strumento eletto" si sono incontrati definitivamente qui. Qui hanno compiuto il loro ministero apostolico, qui l'hanno sigillato definitivamente con la testimonianza del sangue da essi sparso, con la testimonianza del sacrificio totale della vita.

Prevedendo questo giorno, Paolo scriveva a Timoteo, come leggiamo nella liturgia di oggi "il mio sangue sta per essere sparso in libagione ed è giunto il momento di sciogliere le vele. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione" (2Tm 4,6-8).

Come Paolo, potrebbe scrivere di se stesso Pietro. Di ciascuno di essi si può dire che hanno amato in modo particolare la manifestazione del Signore. Che lo hanno accolto con tutto il cuore, che gli hanno reso testimonianza con tutta la vita e con la morte. Hanno reso testimonianza non a ciò che "la carne e il sangue" possono rivelare all'uomo, ma a ciò che "ha rivelato il Padre". La verità e la potenza di questa rivelazione permane nella Chiesa e cresce in essa costantemente dalla radice della fede di entrambi gli apostoli: Pietro, che è la "pietra", e Paolo che è diventato lo "strumento eletto".


4. Festeggiando oggi il giorno della loro nascita definitiva, la Chiesa romana e, al tempo stesso, tutta la Chiesa guarda se stessa. Vede se stessa tale quale è nell'anno del Signore 1980.

E vedendo se stessa tale quale è, pensando a Pietro, che il Signore ha chiamato la "pietra", prega per avere una tale forza di fede nel Figlio del Dio vivente - fede rivelata dal Padre - che le permetta di perdurare e di svilupparsi come la Chiesa del Dio vivente e insieme come la "pietra" del mondo e degli uomini nel mondo contemporaneo.

Pensando poi a Paolo, che il Signore ha chiamato lo "strumento eletto", la Chiesa non smette di pregare per avere una tale forza di fede in Cristo, che non le permetta mai di fermarsi nel compimento e nello sviluppo della sua missione. Anzi, che la "costringa" sempre più a portare Cristo in ogni parte del globo e in ogni dimensione dell'esistenza umana, proprio come faceva colui che il Signore ha chiamato lo "strumento eletto".

E infine la Chiesa ascolta le parole, che per la prima volta Pietro ha sentito nei pressi di Cesarea di Filippo: "A te daro le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli" (Mt 16,19). E ascoltando queste parole, tutta la Chiesa prega di essere la serva fedele e vigile a ogni venuta del Signore, storica e definitiva, di preparare a questa venuta se stessa e l'intera famiglia umana.

Così come la preparavano i santi apostoli Pietro e Paolo.

Che essa aspiri a questa venuta con tutte le forze. così come vi aspiravano loro.

Oggi la nostra gioia per questa festa dei santi Pietro e Paolo è accresciuta dalla presenza della delegazione inviata dal patriarca ecumenico Dimitrios I e del suo Sinodo. Saluto con stima e affetto questa delegazione, che si è voluta unire a noi nella preghiera. Tale comunione ci porterà, lo speriamo, alla piena unità e alla celebrazione comune dell'eucarestia. E quello sarà un giorno di gioia piena. Ma già oggi la nostra gioia è grande. Rendiamo grazie a Dio.

Amen. Data: 1980-06-29 Data estesa: Domenica 29 Giugno 1980.


Angelus Domini - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Per rispondere alla chiamata venuta dal grande Brasile

1. "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1,38).

Ripeteremo queste parole anche oggi - come ogni domenica - recitando insieme l'"Angelus" qui, nella piazza san Pietro. E' necessario che queste parole penetrino il cuore stesso della grande solennità odierna, vissuta da tutta la Chiesa e in particolare da Roma.

Quando nei pressi di Cesarea di Filippo, Simone figlio di Giona, che il Signore chiamo "Pietro", fece quella professione di fede sulla quale la Chiesa si costruisce come su una pietra, e quando disse: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente" (Mt 16,16), le sue parole riconfermarono il mistero che si compi in Maria, la serva del Signore, grazie al suo "si", al suo consenso.

In base al suo "fiat" nazaretano: "Avvenga di me quello che hai detto", il Figlio del Dio vivente è diventato uomo nel suo grembo verginale - ed ecco, adesso egli sta dinanzi a Pietro e ai dodici e domanda: "La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?" (Mt 16,13). Allora sente varie risposte, varie opinioni su se stesso - e infine domanda: "Voi, chi dite che io sia"? (Mt 16,15).

E in quel momento cadono le parole della risposta di Pietro, sulle quali, come su una pietra, si costruisce la Chiesa.

In questo giorno, mentre tutta la Chiesa, e soprattutto la Chiesa romana, risuona della particolare eco di questa professione, bisogna che, passando attraverso di essa, torniamo indietro fino a Nazaret, fino al cuore della Vergine, sotto il quale è stato concepito come uomo il Figlio del Dio vivente.

E bisogna che nella nostra comune preghiera dell'"Angelus" adoriamo questo mistero dal quale noi cresciamo, tutti insieme con Pietro, come la Chiesa del Verbo eterno, che si è fatto carne.


2. Il mondo ci consideri non diversamente che "come ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio" (1Co 4,1).

Beato sei anche tu, Paolo di Tarso, apostolo delle genti, persecutore convertito, mirabile amante e testimone di Cristo crocifisso e risorto! Beato sei, apostolo di Roma, radicato insieme con Pietro nell'inizio stesso della Chiesa in questa capitale. Beato sei, amministratore dei misteri di Dio; tu, per il quale "il vivere è Cristo" (Ph 1,21); tu, che tanto e così esclusivamente desideri essere chiamato ministro di Cristo - e desideri essere soltanto tale - così che parla in te il tuo e nostro maestro. Analogicamente parla anche colei, che il Padre ha prescelto ad essere madre del suo eterno Figlio. Lei per prima ha detto di se stessa: "Eccomi, sono la serva del Signore"! Vi benediciamo, Paolo e Pietro, nel giorno della vostra festa comune, e ringraziamo Dio, perché dinanzi a questa città - e dinanzi al mondo - siete diventati testimoni così grandi della verità, secondo cui "il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Jn 1,14).


3. A voi, santi apostoli della Chiesa e di Roma, mi rivolgo nella vigilia del viaggio che mi è dato di intraprendere domani, per rispondere alla chiamata, venuta dal grande Brasile. Possa io, dietro di te, Pietro, annunciare ovunque Cristo, che è il Figlio del Dio vivente e che, solo, ha "parole di vita eterna" (Jn 6,68).

Possa io, dietro di te, Paolo, ripetere: nessuno ci pensi diversamente da quel che siamo, cioè "ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio" (1Co 4,1).

Accompagni questo pellegrinaggio e tutto il mio servizio pastorale Maria, la serva del Signore.

La gioia di questo giorno è purtroppo velata dalla tristissima notizia della morte di ottantuno persone - tra cui tredici bambini -, che si trovavano nell'aereo, precipitato in mare nei pressi di Ustica. Dinanzi al mistero di questo tragico evento ci raccogliamo in preghiera per l'eterna pace delle anime degli scomparsi e ci uniamo, in fraterna cristiana solidarietà, allo strazio dei loro familiari, ai quali invio con grande affetto la mia confortatrice benedizione apostolica.

Desidero ricordare in questo giorno, con particolare affetto, coloro che sono impediti di partecipare alla letizia della odierna festività perché si trovano nelle mani di quelli che li hanno sequestrati.

Per esplicita richiesta dei rispettivi parenti rivolgo oggi un pubblico appello affinché il piccolo Sergio Isidori di Villa Potenza e il signor Cesare Pedesini di Milano siano presto restituiti all'affetto delle loro famiglie, che con angoscia attendono di aver notizie e di poter riabbracciare i loro cari. Elevo al Signore la mia fervida preghiera perché dia la forza della fede e la serenità della speranza ai nostri fratelli ingiustamente privati della loro libertà e perché apra alla umana pietà il cuore di coloro che li tengono in ostaggio.

[Omissis. Seguono i saluti ai pellegrini brasiliani; ad un pellegrinaggio tedesco, ai pellegrini polacchi.]

Data: 1980-06-29 Data estesa: Domenica 29 Giugno 1980.


Al pellegrinaggio nazionale della Nigeria - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Apritevi al mistero del Redentore entrato nella storia umana

Sua Eminenza, Cari fratelli Vescovi, Cari fratelli e sorelle in Cristo, Saluti nella pace e nella gioia di nostro Signore Gesù Cristo. Sono molto felice che siate venuti a Roma e spero che la vostra visita arricchisca le vostre vite e approfondisca la vostra fede.

Nel ricevervi oggi, è come se avessi di fronte a me una riproduzione in miniatura della Chiesa del vostro amato paese. Perché fra di voi ci sono Vescovi, sacerdoti, religiosi e laici, e siete venuti, in questa grande festa dei Santi Pietro e Paolo, per esprimere la vostra unità con il Successore di Pietro e la vostra comunione con la Chiesa universale. Salutando voi voglio salutare anche tutti i fedeli della Nigeria. Dite loro che il Papa li ama e manda loro la sua benedizione nell'amore del Salvatore Risorto.

Venite oggi come pellegrini in un viaggio che include anche una visita in Terra Santa e a Lourdes. Come pellegrini siete particolarmente attenti a tutto quello che vedete e a tutti quelli che incontrate. Osservate attentamente e prendete nota, vi fermate e riflettete, ascoltate il messaggio incarnato in ogni persona e in ogni luogo. Come pellegrini dedicate del tempo anche alla meditazione e alla preghiera - per entrare più pienamente nel mistero della fede testimoniato da ognuno dei luoghi sacri. Quando visitate i luoghi sacri, quando entrate nelle chiese, quando vi fermate nelle città lungo il vostro percorso, cercate di scoprirne il significato nascosto e di penetrare la visione della fede che ne fu all'origine. Aprite il vostro cuore al mistero di cui ognuno di questi luoghi parla, al mistero del Redentore che entro nella storia umana.

Anche la Chiesa è come un pellegrino in terra straniera (cfr. LG 8). E' una comunità di uomini e donne che, uniti in Cristo e condotti dallo Spirito Santo, viaggiano verso il Regno del Padre. Nel mondo, ma mai a casa propria, legata alla storia, ma destinata alla vita eterna, minacciata dal male, ma consolata dalla misericordia di Dio, questa comunità di credenti procede di giorno in giorno confidando nella Provvidenza del Signore.

Cari fratelli e sorelle in Cristo, abbiamo il grande privilegio di appartenere a questo popolo pellegrino nel suo viaggio attraverso la storia verso una casa celeste. In questo viaggio non dobbiamo mai dimenticare che abbiamo una missione da svolgere. Perché il Vangelo che abbiamo ricevuto è destinato ad ogni uomo, donna e bambino sulla faccia della terra. Ad ogni cittadino del nostro paese, ad ogni persona del nostro continente, al mondo intero, con le nostre parole e con le nostre azioni, ma soprattutto con la celebrazione dell'Eucarestia, proclamiamo la morte del Signore finché non verrà nella gloria (cfr. 1Co 11,26).

Possa Dio vegliare su di voi e proteggervi durante il vostro pellegrinaggio, e Dio benedica ogni membro della Chiesa in Nigeria.

[Traduzione dall'inglese]

Data: 1980-06-29 Data estesa: Domenica 29 Giugno 1980.


Per i cinquant'anni di sacerdozio - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Lettera al Cardinale Civardi

Al Venerabile Fratello Nostro Ernesto di S.R.C. Cardinale Civardi Tra poco, venerabile fratello nostro, molto gradito ti tornerà il ricordo della vita ben trascorsa e delle opere buone, poiché stai per compire felicemente e prosperamente dieci lustri del tuo sacerdozio. Infatti cinquant'anni or sono proprio nel giorno dedicato alla memoria del martirio degli Apostoli Pietro e Paolo tu, ordinato sacerdote, incominciasti a servire Cristo Gesù maestro, sacerdote e re e a partecipare al suo ministero.

Nel compiere questo ufficio impiegasti la tua attività e il tuo lavoro negli studi sacri e nella salvezza delle anime. L'episcopato poi, ricevuto tredici anni fa, come accrebbe la grazia e la tua dignità di fronte a Dio e alla Chiesa, così sprono il tuo desiderio di eseguire piamente e santamente i tuoi impegni.

Desideriamo attestare pubblicamente quanto noi stimiamo la probità della tua dignità sacerdotale ed episcopale e la tua vita lodevolmente consacrata alla causa della Chiesa e del Vangelo.

Molteplice e vario è stato il tuo lavoro nei diversi disimpegni del ministero ecclesiastico, specialmente nella nobilissima, inclita città di Roma e negli incarichi a te affidati dalla Sede Apostolica. Fa piacere soprattutto ricordare che con distinta abilità e speciale bontà sei stato a lungo Segretario della Congregazione per i Vescovi e Segretario del Conclave. Questi incarichi li hai espletati in maniera tale che sono venuti alla luce con tutta evidenza anche le doti del tuo animo: cioè l'insigne pietà verso Dio, l'acuta comprensione degli uomini, la grandissima esperienza delle cose. Mettiamo anche a tua lode la venerazione e l'ossequio che hai sempre nutrito per la Chiesa e il Vicario di Cristo.

Ragguardevole per questi e moltissimi altri meriti ti aggregammo al Collegio dei Padri Cardinali e ti facemmo partecipe dell'esimio "Presbiterio" della Chiesa di Roma.

Guardando il cammino percorso, venerabile fratello nostro, meritatamente sarai preso da intima dolcezza, e scioglierai un canto di lode a Dio onnipotente, che ti ha arricchito di doni celesti.

Cristo, Pastore dei pastori, ti assista, e anche la sua madre Maria, la quale fortifica con la sua particolare protezione quelli che sono a parte del sacerdozio del Figlio suo.

Confermi questi nostri voti la Benedizione Apostolica, che impartiamo a te, venerabile fratello nostro, e che vogliamo si estenda anche a tutti coloro che ami, e a quelli che ti vogliono bene di un affetto speciale.

Dai Palazzi Vaticani, il 16 giugno, anno 1980, secondo del nostro pontificato.

[Traduzione dal latino]

Data: 1980-06-29 Data estesa: Domenica 29 Giugno 1980.


Messaggio ai brasiliani

Titolo: Una preghiera comune sull'altare dell'eucaristia - Città del Vaticano (Roma)

Carissimi fratelli e sorelle del Brasile.

Ancor prima di mettere piede sul suolo brasiliano, sono lieto di venire in questo paese e di rivolgermi al suo popolo, per mezzo della radio e della televisione.

Il mio messaggio, in questo momento, è innanzitutto un cordialissimo saluto al popolo brasiliano in generale e a ogni brasiliano in particolare. Saluto la Chiesa brasiliana nei suoi pastori e nei suoi fedeli. Saluto i governanti e i responsabili del bene pubblico. Saluto le famiglie, rivolgendo un pensiero speciale ai giovani e ai bambini. Saluto coloro che soffrono: i malati, gli afflitti, gli abbandonati, i soli.

Vorrei, quindi, dichiarare - ma sarà proprio necessario farlo? - che intraprendo questi giorni di viaggio spoglio di qualsiasi pompa umana. Porto con me una sola ricchezza: un illimitato affetto verso la buona gente del Brasile; un profondo desiderio di comunicarle la buona novella, atta a dare la felicità possibile in questa vita, e seme dell'autentica beatitudine; l'impegno di contribuire a consolidare la fede nei figli della Chiesa cattolica di questo paese.

Fin dal primo momento, io volli che questo viaggio costituisse un pellegrinaggio fino a Fortaleza, dove sta per aver luogo il decimo congresso eucaristico nazionale. Ogni città visitata in questa antica terra della Santa Croce, passando per il santuario nazionale di Nossa Senhora Aparecida, sarà una tappa nel cammino verso la meta finale: il solenne atto di adorazione al santissimo sacramento, mistero della fede e vero alimento per la vita eterna.

L'intero mio pellegrinaggio attraverso la vostra patria avrà lo scopo di giungere insieme al Brasile all'altare dell'eucarestia.

Sono certo che trovero le porte aperte al mio messaggio di pace e di speranza, certo dell'accoglienza soprattutto da parte dei tanti e delle tante che cercano di vivere nella luce del Vangelo, la beatitudine di coloro "che possiedono un cuore di povero".

Infine, ho una richiesta da fare, a tutti coloro che, in Brasile, professano la fede cattolica, ma estendo la mia richiesta ai miei fratelli cristiani di altre confessioni, a tutti coloro che credono in Dio e a quelli che, anche senza il dono della fede, credono nei valori dello spirito. Chiedo che si uniscano a me per affidare a Dio il corso di questi giorni di viaggio che sto per iniziare, con l'intima convinzione di corrispondere alla sua adorabile volontà.

Possa il Signore disporre e voglia accettare - alla fine del lungo itinerario - degli eccellenti frutti di un abbondante raccolto.

Nella fervida attesa dell'incontro personale, riaffermando la mia stima affettuosa per tutto l'amato Brasile, invoco sopra questo paese-continente la pienezza delle benedizioni divine.

[Traduzione dal portoghese]

Data: 1980-06-30 Data estesa: Lunedi 30 Giugno 1980.


L'arrivo a Brasilia - Brasile

Titolo: Pellegrinaggio di fede in favore dell'uomo

Eccellentissimo signor presidente della repubblica, signori Cardinali, signori Arcivescovi e Vescovi, carissimi amici.

1. Non è stato senza grande e profonda emozione che ho baciato poco fa il buono e generoso suolo brasiliano. Questo gesto che ho ripetuto già tredici volte - tanti sono infatti i paesi che ho avuto la gioia di visitare come Papa - l'ho compiuto con il calore e la spontaneità di qualcosa che si compie per la prima volta e quindi con la commozione della prima volta. Questo gesto vorrei esprimesse un primo e silenzioso ringraziamento all'accoglienza che mi fa questo paese, che in mille modi più o meno percettibili, sento piena di fervore e di affetto.

Ringrazio ora con le mie parole per questa accoglienza, la cui qualità si rispecchia mirabilmente nelle parole che vostra eccellenza, signor presidente, a nome suo ma anche a nome di tutto il nobile popolo brasiliano, ha appena terminato di rivolgermi. Ricevano il mio ringraziamento tutti coloro che, in modi diversi, rappresentano questa nazione e la sua gente.


2. Questa visita in Brasile che ora inizia, è stata un sogno lungamente cullato.

Desideravo conoscere questa terra per differenti motivi. Sono grato alla divina provvidenza che mi ha permesso di realizzarlo, accogliendo il fraterno invito fattomi dall'episcopato brasiliano, così come il deferente invito del signor presidente della repubblica, calorosamente assecondato dal consenso di tutto il popolo brasiliano: lo dimostrano le numerose lettere che mi sono giunte in questi ultimi mesi. Sia benedetto e ringraziato il Signore della storia per la gioia che mi concede e che desidero sia pure anche vostra! 3. Sono venuto con una missione unicamente pastorale e religiosa. I misteriosi e amorosi disegni di Dio mi hanno posto come Vescovo di Roma, successore dell'apostolo Pietro e quindi vicario di Cristo e capo visibile della sua Chiesa.

Sento come rivolto a me il tremendo e confortante comando di confermare nella loro missione i miei fratelli Vescovi (cfr. Lc 22,32) e con essi di confermare i figli della Chiesa cattolica in una fede intrepida e irradiante che li porti a testimoniare di fronte al mondo le ragioni della loro speranza in Cristo (cfr. 1P 3,15) e a comunicare al mondo le insondabili ricchezze dell'amore di Cristo (cfr. Ep 2,7). A questa finalità rispondono le visite fatte ai vari paesi e continenti che per questo motivo possono essere chiamate visite pastorali o pellegrinaggi missionari.


4. E perché, oggi, il Brasile? Nelle sue delicate parole, vostra eccellenza, signor presidente, già ha ricordato alcuni motivi. Prima di tutto perché il vostro paese, nato all'ombra della croce, battezzato con il nome di "Vera e Santa Cruz" e subito alimentato dalla prima eucaristia celebrata a Porto Seguro, è diventato la nazione che possiede il maggior numero di cattolici del mondo. Qui la Chiesa è cresciuta e si è consolidata al punto di essere oggi motivo di gioia e di speranza per tutto l'orbe cattolico. La mia visita vuole rendere omaggio a questa Chiesa e incoraggiarla ad essere sempre più sacramento di salvezza, attuando la sua missione nel contesto della Chiesa universale. A coloro ai quali Dio ha dato molto, molto sarà chiesto (cfr. Lc 12,48).

In secondo luogo, sono venuto in Brasile perché questo paese, per la maggior parte cattolico, porta in sé una vocazione peculiare nel mondo contemporaneo e nel concerto delle nazioni. In mezzo alle ansietà e incertezze e, perché no?, alle sofferenze e asprezze del presente, potrà prepararsi un paese che domani potrà offrire molto alla grande solidarietà internazionale.

Voglia Iddio che questa prospettiva aiuti il Brasile a costruire una convivenza sociale esemplare, superando gli squilibri e le disuguaglianze, nella giustizia e nella concordia, con lucidità e coraggio, senza scosse né lacerazioni.

Sarà questo certamente un grande servizio alla pace internazionale e quindi all'umanità.

Non mi pare eccessivo l'incoraggiamento in questo senso, anche mediante la personale presenza di colui che ha come aspetto importante della sua missione la costruzione della pace! Mi rallegro per una serie di avvenimenti che fanno da cornice a questa visita: mi rallegro con voi per la gloria degli altari conferita a un pioniere dell'evangelizzazione della vostra gente, il beato José de Anchieta, adoro con voi la santissima eucaristia nella prospettiva del decimo congresso eucaristico nazionale, che inaugurero tra alcuni giorni a Fortaleza; mi unisco a voi nel tributare la mia filiale devozione alla Madre di Dio venerata nel suo maestoso santuario di Aparecida: ringrazio con voi il Signore per l'esistenza del consiglio episcopale latino-americano, creato venticinque anni fa a Rio de Janeiro.


5. La vostra storia religiosa - e la vostra storia come nazione - spesso fu scritta da eroici, dinamici e virtuosi missionari, realizzata per l'impegno di generosi servitori di Dio e degli uomini, loro fratelli. Tutti hanno lasciato solchi profondi nell'anima e nella civiltà brasiliana. Il Papa desidera, con questo rapido cenno, rendere un grato omaggio, a nome della Chiesa, a tutti loro.

Così intimamente legata alla storia patria, la storia della Chiesa in Brasile si presenta caratterizzata soprattutto dalla fedeltà a Cristo e alla sua Chiesa.


6. Spero, desidero e chiedo a Dio che la mia visita serva di stimolo per un crescente consolidamento della Chiesa, comunità di salvezza in mezzo a voi, a beneficio di tutti i brasiliani e della Chiesa universale! E poiché il mio pellegrinaggio della fede vuole essere anche un pellegrinaggio incontro all'uomo, alle persone, in questo momento abbraccio - almeno nello spirito - ogni persona che vive in questa patria brasiliana. Mi piacerebbe potermi incontrare e parlare con tutti e con ciascuno di voi, amati figli del Brasile. Mi piacerebbe visitare ogni famiglia, conoscere tutti gli Stati e i territori, venire in tutte le comunità ecclesiali di questa grande e amata nazione! E quanti mi hanno invitato insistentemente a farlo! Comprendete certamente che questo non è possibile! Perciò, mettendo per la prima volta piede in terra brasiliana, il mio pensiero e la mia amicizia si dirigono, attraverso i presenti, a coloro che avrebbero voluto essere qui e non hanno potuto; a tutti coloro che non potranno partecipare agli incontri con il Papa, per doveri di famiglia, di lavoro, per ministeri o apostolato, per ragioni di povertà, di malattia o per età! Il Papa pensa a ciascuno di loro. Li ama tutti e a tutti invia il saluto marcatamente brasiliano: "un abraço!".

Con questo gesto di amicizia, ricevete i miei auguri di ogni bene: Dio benedica il Brasile. Dio benedica tutti voi, brasiliani, con la pace, la prosperità e la serena concordia, nella comprensione e nella fraternità. E tutto questo sotto lo sguardo materno e la protezione della Madonna, Nossa Senhora Aparecida, patrona del Brasile!

Data: 1980-06-30 Data estesa: Lunedi 30 Giugno 1980.


L'incontro con i sacerdoti nella cattedrale di Brasilia

Titolo: Entusiasmo e coraggio per la missione evangelizzatrice

1. Proprio con voi, amati fratelli nell'episcopato e cari sacerdoti, ho il mio primo incontro con un gruppo particolare in terra brasiliana: non nascondo che ciò e per me motivo di gioia e di conforto. A voi posso applicare, con tutta sincerità e senza retorica, le parole dell'Apostolo: "Voi siete la mia gioia e la mia corona" (cfr. Ph 4,1).

So che molti di voi sono venuti da lontano e con un certo sacrificio; io vengo da Roma... Ma nella chiesa di Dio non ci sono distanze e siamo riuniti qui, nel nome del Signore. Affratellati nello stesso ideale, Gesù di Nazaret. E stimolati dalla stessa missione: annunciare Gesù Cristo e il suo vangelo, "potenza di Dio per la salvezza di tutti quelli che credono" (Rm 1,16), servire la causa del regno di Dio, per il quale siamo pronti a dare tutto - anche la vita, se fosse necessario. Con questo spirito di unità siete venuti a Brasilia, per manifestare stima verso il Papa, per testimoniare per il suo tramite la vostra adesione alla missione di Pietro. Molte grazie per la delicatezza del vostro gesto e per l'aiuto che con esso date a questa mia visita pastorale. Dio vi ricompensi! 2. Dissi subito al mio arrivo che venivo per incoraggiare e stimolare la chiesa. E il mandato che ho ricevuto dal Signore. In questo senso accogliete la parola fraterna e amica che ora voglio lasciarvi come ricordo di questo rapido incontro.

Siete i pastori di un popolo buono e semplice, che manifesta una grande fame di Dio. Vivete, dunque, con entusiasmo, la missione evangelizzatrice della chiesa.

Per realizzarla, assumete con coraggio il compito di saziare questa fame conducendo questo popolo all'incontro con Dio. così contribuirete anche a renderlo più umano. Con spirito di madre e sempre fedele al suo Signore, nel rispetto delle legittime istituzioni che devono servire la causa dell'uomo, la chiesa deve offrire la collaborazione specifica della sua missione, in vista del bene comune, nella costruzione della civiltà dell'amore.


GPII 1980 Insegnamenti - A una delegazione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli - Città del vaticano (Roma)