GPII 1980 Insegnamenti - Omelia della messa per i giovani e gli studenti - Belo Horizonte (Brasile)


2. In questa messa che ho la gioia di celebrare in mezzo a voi e per le vostre intenzioni, questo messaggio appare nel suo contenuto essenziale dalle letture che abbiamo ascoltato.

"Osservate il diritto e praticate la giustizia", ci esorta il profeta Isaia, con una forza che non si è esaurita dopo 2500 anni (Is 56,1). E aggiunge: importa soprattutto rimanere "fermi nella mia alleanza" che Dio fece con l'uomo.

E' un invito alla coerenza e alla fedeltà, invito che tocca molto da vicino i giovani.

Nella lettera di Paolo ai cristiani di Corinto, una parola vigorosa e convincente come suole essere quella del grande apostolo: chi vuole costruire la sua vita, non deve porre un fondamento diverso da quello che già fu posto: Cristo Gesù (cfr. 1Co 3,10). Questo Paolo sapeva bene quello che diceva. Adolescente, aveva perseguitato la Chiesa. Ma un bel giorno sulla strada di Damasco ci fu un incontro inaspettato con Gesù in persona. E' la sua stessa vita che gli fa dire: Non c'è altro fondamento possibile. E' urgente porre Gesù come fondamento dell'esistenza.

Nel Vangelo di san Matteo, c'è la pagina che non si può rileggere senza emozione. Gesù domanda agli apostoli: "La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?". Dopo varie opinioni riferite, la domanda di fondo: ma, "voi chi dite che io sia?". Noi tutti abbiamo esperienza di questo momento, nel quale non basta più parlare di Gesù ripetendo ciò che gli altri dicono. E' necessario dire ciò che tu pensi, e non riportare una opinione; è necessario dare una testimonianza, sentirsi impegnato dalla testimonianza data e andare fino alle estreme esigenze di questo impegno. I migliori amici, seguaci e apostoli di Cristo sono sempre stati quelli che un giorno hanno sentito nel loro intimo la domanda definitiva, ineludibile, davanti alla quale tutte le altre diventano secondarie e derivate: "Per te, chi sono io?". La vita, il destino, la storia presente e futura di un giovane dipende dalla risposta chiara e sincera, senza retorica e sotterfugi, che egli darà a questa domanda. Essa ha già trasformato la vita di molti giovani.


3. Da questi messaggi offerti dalla parola di Dio io vorrei ricavare un messaggio semplice e schietto, che vi lascio in questo incontro, che mi fa sentire la serietà con cui affrontate la vostra esistenza.

La più grande ricchezza di questo paese, immensamente ricco, siete voi.

Il futuro reale di questo "paese del futuro" è racchiuso nel presente di voi giovani. Perciò questo paese, e con esso la Chiesa, guarda a voi con uno sguardo pieno di attese e di speranza.

Aperti alle dimensioni sociali dell'uomo, voi non nascondete la vostra volontà di trasformare radicalmente le strutture sociali che a voi si presentano ingiuste. Voi dite, a ragione, che è impossibile essere felici, quando si vede una moltitudine di fratelli mancanti del minimo richiesto per una esistenza degna dell'uomo. Voi dite anche che non è giusto che alcuni sperperino ciò che manca alla mensa degli altri. Voi siete decisi a costruire una società giusta, libera e prospera, in cui tutti e ciascuno possano godere dei benefici del progresso.


4. Nella mia giovinezza io ho vissuto queste stesse convinzioni.

Giovane studente, le ho proclamate con la voce della letteratura e dell'arte.

Dio volle che esse venissero temperate al fuoco di una guerra la cui atrocità non ha risparmiato la mia famiglia. Ho visto conculcate in molte maniere queste convinzioni. Ho temuto per esse, vedendole esposte alla tempesta. Un giorno decisi di confrontarle con Gesù Cristo: ho capito che egli era l'unico a rivelarmi il vero contenuto e valore; ho pensato di difenderle con lui contro non so quali inevitabili logorii.

Tutto questo, questa tremenda e valida esperienza mi ha insegnato che la giustizia sociale è vera soltanto se basata sui diritti dell'individuo. E che questi diritti saranno realmente riconosciuti soltanto se sarà riconosciuta la dimensione trascendente dell'uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio, chiamato a essere suo figlio e fratello degli altri uomini e destinato a una vita eterna. Negare questa trascendenza è ridurre l'uomo a strumento di dominio, la cui sorte è soggetta all'egoismo e all'ambizione di altri uomini, o all'onnipotenza dello stato totalitario, eretto a valore supremo.

Nello stesso movimento interiore che mi ha portato alla scoperta di Gesù Cristo e mi ha attirato irresistibilmente a lui, ho percepito qualche cosa che ben più tardi il Concilio Vaticano II espresse chiaramente. Ho capito che "il Vangelo [di Cristo] annuncia e proclama la libertà dei figli di Dio, respinge ogni schiavitù, che deriva, in ultima analisi, dal peccato, onora come sacra la dignità della coscienza e la sua libera decisione, non si stanca di ammonire a raddoppiare tutti i talenti umani a servizio di Dio e a bene degli uomini, tutti quanti, infine, raccomandando alla carità di tutti. Ciò corrisponde alla legge fondamentale della economia cristiana" (GS 41) Ho imparato che un giovane cristiano cessa di essere giovane e da molto tempo non è più cristiano, quando si lascia sedurre da dottrine o ideologie che predicano l'odio e la violenza. Perché non si costruisce una società giusta sopra l'ingiustizia. Non si costruisce una società che meriti il titolo di umana senza rispettare e, peggio ancora, distruggendo la libertà umana, negando agli individui le libertà più fondamentali.

Condividendo come sacerdote, Vescovo e Cardinale la vita di innumerevoli giovani nell'università, nei gruppi giovanili, nelle escursioni in montagna, nei circoli di riflessione e di preghiera, ho visto che un giovane comincia pericolosamente a invecchiare, quando si lascia ingannare dal principio facile e comodo che "il fine giustifica i mezzi", quando comincia a credere che l'unica speranza per migliorare la società sta nel promuovere la lotta e l'odio tra i gruppi sociali, sta nell'utopia di una società senza classi, che si rivela ben presto creatrice di nuove classi. Mi sono convinto che solo l'amore avvicina ciò che è diverso e realizza l'unione nella diversità. Le parole di Cristo: "Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato" (Jn 13,34), mi apparvero allora, oltre alla loro ineguagliabile profondità teologica, come germe e principio dell'unica trasformazione abbastanza radicale per essere apprezzata da un giovane. Germe e principio dell'unica rivoluzione che non tradisce l'uomo. Solo l'amore vero costruisce.


6. Se un giovane quale io sono stato, chiamato a vivere la giovinezza in un momento cruciale della storia, può dire qualcosa a giovani come voi, penso che direbbe loro: Non lasciatevi strumentalizzare! Cercate di essere ben coscienti di ciò che volete e di ciò che fate. Ma vedo che proprio questo vi hanno detto i Vescovi dell'America latina, riuniti a Puebla l'anno scorso: "Si formerà nel giovane un senso critico di fronte... ai controvalori culturali che cercano di trasmettergli le diverse ideologie" (Documento de Puebla, n. 1197), specialmente le ideologie di carattere materialista, perché non siano manipolati da esse. E il Concilio Vaticano II: "Quell'ordine [sociale] è da sviluppare sempre più, e da fondarsi sulla verità, realizzarsi nella giustizia, deve essere vitaliziato dall'amore, deve trovare un equilibrio sempre più umano nella libertà" (GS 26).

Un mio grande predecessore, il Papa Pio XII, adotto come emblema: "Costruire la pace nella giustizia". Penso che sia un emblema e soprattutto un impegno degno di voi, giovani brasiliani! 7. Temo che molti buoni desideri di costruire una società giusta naufraghino nell'inautenticità e si svuotino come una bolla di sapone, se non sono sostenuti da un serio impegno di austerità e di frugalità. In altre parole è necessario saper vincere la tentazione della cosiddetta "società dei consumi", la tentazione dell'ambizione di avere sempre di più, invece di cercare di essere sempre di più, dell'ambizione di avere sempre di più, mentre altri hanno sempre di meno. A questo proposito, penso che nella vita di ogni giovane acquisti senso e forza concreti e attuali la beatitudine della povertà di spirito: nel giovane ricco, perché capisca che il superfluo è quasi sempre ciò che manca ad altri e perché non si ritiri triste (cfr. Mt 19,22) se percepisce nel fondo della coscienza un appello del Signore a un distacco più pieno; nel giovane che vive la dura esperienza dell'incertezza del domani, che forse patisce anche la fame, perché cercando il legittimo miglioramento delle condizioni di vita per sé e per i suoi, sia attratto dalla dignità umana, non dalla ambizione, dalla cupidigia, dal fascino del superfluo.

Amici miei, voi siete anche responsabili della conservazione dei veri valori che hanno sempre onorato il popolo brasiliano. Non lasciatevi trasportare dalla esasperazione del sesso, che compromette l'autenticità dell'amore umano e conduce alla disgregazione della famiglia. "Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi?", scriveva san Paolo nel testo che abbiamo ascoltato.

Le ragazze cerchino di trovare il vero femminismo, l'autentica realizzazione della donna come persona umana, come parte integrante della famiglia e della società con una partecipazione cosciente secondo le sue caratteristiche.


8. Terminando, riprendo le parole chiave che abbiamo raccolto dalle letture di questa messa: - fare ciò che si deve, e praticare la giustizia; - non costruire su altro fondamento che non sia Gesù Cristo; - avere una risposta da dare al Signore quando egli domanda: "Per te, chi sono io?".

Ecco il messaggio sincero e fiducioso di un amico. Sarebbe mio desiderio stringere la mano a ciascuno di voi e parlare con ciascuno.

Comunque, dico a tutti e a ciascuno: giovani di Belo Horizonte e di tutto il Brasile, il Papa vi vuole molto bene! Il Papa non vi dimenticherà mai! Il Papa porta via di qui una grande nostalgia di voi! Ricevete, cari amici, la benedizione apostolica che vi daro alla fine di questa messa, come un segno della mia amicizia, della mia fiducia in voi e in tutti i giovani di questo paese.

Prima di passare alla liturgia eucaristica propriamente detta, ancora solo una parola: solo l'amore costruisce, solo l'amore avvicina, solo l'amore realizza l'unione degli uomini nella loro diversità.

Recentemente sono stato in Francia, e là i giovani che ho incontrato mi hanno chiesto spontaneamente di portarvi alcuni messaggi di amicizia, il che ho fatto molto volentieri. Questo gesto di darvi la mano serva come simbolo e stimolo per costruire sempre di più la fraternità umana, cristiana ed ecclesiale, nel mondo.

"Dove vai?". Con voi faccio questa domanda, con voi, cari giovani, sto per offrire anche tutto quello che di nobile c'è nei vostri cuori, tutto quello che di bello stiamo vivendo qui insieme, per il buon esito del congresso eucaristico di Fortaleza, verso il quale sto recandomi come un pellegrino, insieme con la Chiesa che sta in Brasile. "Dove vai?". Amen. Data: 1980-07-01Data estesa: Martedi 1Luglio 1980.


Omelia della messa per le famiglie - Rio de Janeiro (Brasile)

Titolo: Una coraggiosa pastorale familiare alimenti la fede e la vita sociale

Fratello mio carissimo, Arcivescovo di San Sebastiano di Rio de Janeiro, e suoi Vescovi ausiliari; cari figli abitanti di questa città meravigliosa; cari figli venuti da altre parti del Brasile per questo incontro! 1. Molti che ora partecipano a questa eucaristia staranno evocando nella memoria del cuore altre messe celebrate in questo stesso luogo nel luglio 195 5. Si celebrava il 35° congresso eucaristico internazionale; e, su una fascia di terra strappata al mare, mani di artisti avevano elevato l'altare monumentale sul quale il legato pontificio aveva aperto e aveva chiuso il grande avvenimento. La voce del mio immortale predecessore Pio XII risuono qui con un messaggio paterno rivolto a un milione di persone in questo luogo.

Non posso non ricordare, io stesso, questo 25° anniversario, felice di farlo con voi e in mezzo a voi, mentre preparate l'imminente 10° congresso eucaristico nazionale di Fortaleza. Voglia Dio che questi eventi ricordati, vissuti, aspettati rinnovino il vostro ringraziamento al Signore e che sappiate esprimerlo nell'azione di grazia per definizione e per eccellenza, che è l'eucaristia, nella cui devozione egli vi faccia crescere.


2. Un sacerdote - sia egli il Papa, un Vescovo o un parroco di campagna - nel celebrare l'eucaristia, un cristiano nel partecipare alla messa e ricevere il corpo e il sangue di Cristo non possono fare a meno di inabissarsi nelle meraviglie di questo sacramento. Sono tante le dimensioni che in esso si possono considerare: è il sacrificio di Cristo che misteriosamente si rinnova; sono il pane e il vino trasformati, transustanziati nel corpo e nel sangue del Signore; è la grazia che viene comunicata mediante questo alimento spirituale all'anima del cristiano... In questa occasione voglio soffermarmi su un aspetto non meno significativo: l'eucaristia è una riunione di famiglia, della grande famiglia dei cristiani.

Il Signore Gesù volle istituire questo grande sacramento in occasione di un importante incontro familiare: la cena pasquale, e in quella occasione la sua famiglia erano i dodici che con lui vivevano da tre anni. Per molto tempo, agli inizi della Chiesa, era in case di famiglia che altre famiglie si riunivano per la "frazione del pane". Ogni altare sarà sempre una mensa, intorno alla quale si riunisce una famiglia di fratelli più o meno numerosa. L'eucaristia nello stesso tempo riunisce questa famiglia, la manifesta agli occhi di tutti, stringe i legami che uniscono i suoi membri. Sant'Agostino pensava a tutto questo quando chiamava l'eucaristia: "Sacramento di pietà, segno di unità, vincolo di carità" (S.Augustini "In Ioannis Evang.", Tract. XXVI, cap. 6, n. 13; PL 35,1613).

Nel celebrare questa eucaristia rivolgo spiritualmente gli occhi a tutte le zone di questo immenso paese, tento di abbracciare con un solo sguardo i 120 milioni di brasiliani e prego per l'immensa famiglia composta da tutti i figli di questa patria e per quelli che qui trovano una nuova famiglia.


3. Posso farvi una confidenza? La prima volta che mi parlarono del Brasile, quando io sapevo ben poco di questo paese, non fu per decantarmi le sue bellezze naturali, che sono meravigliose, né per esaltare le ricchezze del suo suolo e del suo sottosuolo, che sono inesauribili; né per mettere in evidenza le imprese di questo o di quel brasiliano celebre. Chi mi parlava - era un grande conoscitore del Brasile - mi diceva appena che il Brasile era una grande nazione, malgrado tutti i suoi eventuali problemi, per la ragione che qui si trovano tutte le razze, si trova gente venuta da tutti gli orizzonti del mondo, riunita in un solo popolo, senza preconcetti, senza discriminazioni o segregazioni, in una chiara fusione di spiriti e di cuori. "E' una famiglia", diceva, incantato, il mio interlocutore.

Prego perché mai si indebolisca o venga meno questo spirito di famiglia; perché prevalga sopra qualsiasi germe di discordia o di divisione, sopra qualsiasi minaccia di rottura o di separazione. Prego perché, essendoci sempre meno differenze tra i brasiliani in ciò che riguarda il progresso e il benessere, le possibilità circa i beni della cultura e della civiltà, le possibilità di trovare un lavoro degno, di avere salute e istruzione e di educare i figli, la "grande famiglia" dei brasiliani, di cui parlava quel mio primo "insegnante di Brasile", diventi sempre più realtà. Prego anche perché a un mondo spesso dominato da conflitti tra popoli e razze il Brasile possa dare - senza ostentazione - anzi con la spontaneità e la naturalezza che caratterizzano la sua gente, una lezione essenziale, quella della vera integrazione: come possano vivere come una sola famiglia, in un paese a dimensioni continentali, persone venute dalle più diverse parti del mondo. Prego, infine, per i membri di questa "grande famiglia" che riposano sotto questo monumento, il cui sacrificio è un appello permanente all'unione tra i popoli.


4. Qucsta eucaristia, riunione di famiglia, porta ora il mio pensiero alle famiglie brasiliane.

Le testimonianze più autorevoli sull'America latina - penso ai documenti di Medellin e di Puebla, alle relazioni che mi arrivano dai Vescovi e dalle conferenze episcopali di questo sub-continente, come pure agli studi sociologici più seri - mi hanno insegnato che per voi latino-americani la famiglia è una realtà straordinariamente importante. Il posto che la famiglia ha occupato nei popoli che si trovano alla radice delle vostre nazioni e l'influenza latino-americana che essa ha avuto nella formazione della vostra cultura giustificano abbondantemente questa importanza. Il Brasile, lungi dall'essere una eccezione, né è una notevole conferma. Non fa meraviglia che qui si manifesti con speciale vigore il senso della famiglia e si affermino le dimensioni essenziali della realtà familiare: il rispetto impregnato di amore e di tenerezza, la generosità e lo spirito di solidarietà, l'apprezzamento di una certa intimità del focolare temperato da un desiderio di apertura. Non voglio tralasciare di sottolineare, tra le altre, due dimensioni fondamentali della famiglia particolarmente importanti per voi: essa è stata nel corso dei secoli il grande mezzo di trasmissione dei valori culturali, etici, spirituali - da una generazione all'altra; sul piano religioso e cristiano, spesso, quando mancarono o furono estremamente precari altri canali, essa fu l'unico, o almeno il principale canale attraverso il quale la fede fu comunicata dai padri ai figli per molte generazioni.


5. Ciò posto, come chiudere gli occhi sulle gravi situazioni in cui concretamente si trovano numerosissime vostre famiglie e sulle serie minacce che pesano sulla famiglia in generale? Alcune di queste minacce sono di ordine sociale e sono connesse alle condizioni infraumane di abitazione, di igiene, di sanità, di educazione in cui si trovano milioni dl famiglie, nell'interno del paese e nelle periferie delle grandi città, a motivo della disoccupazione o dei salari insufficienti. Altre sono di ordine morale e si riferiscono alla diffusa disgregazione della famiglia, per l'ignoranza, la disistima o la mancanza di rispetto delle norme umane e cristiane relative alla famiglia, nei vari strati della popolazione. Altre ancora sono di ordine civile, legate al diritto di famiglia. In tutto il mondo le leggi riguardanti la famiglia sono sempre più permissive e perciò sempre meno incoraggianti per quelli che si sforzano di seguire i principi di un'etica più elevata per quanto riguarda la famiglia. Voglia Dio che non sia così nel vostro paese e che, coerenti coi principi cristiani che ispirano la vostra cultura, quelli che hanno la responsabilità di elaborare e di promulgare le leggi lo facciano nel rispetto dei valori insostituibili di un'etica cristiana, tra i quali primeggia il valore della vita umana e il diritto indeclinabile dei genitori a trasmettere la vita. Altre minacce, infine, sono di ordine religioso e derivano da una scarsa conoscenza delle dimensioni sacramentali del matrimonio nel piano di Dio.


6. Queste considerazioni bastano a evidenziare l'importanza e la necessità di una pastorale familiare intelligente, coraggiosa e perseverante. Parlando al popolo della città di Puebla, nell'omelia della messa indimenticabile là celebrata, ricordai che numerosi Vescovi latino-americani non esitano a riconoscere che la Chiesa ha ancora molto da fare in questo campo. Proprio per questo, aprendo la conferenza di Puebla, io volli raccomandare la pastorale familiare e la sua notevole priorità in tutti i vostri paesi. Il documento di Puebla ha consacrato un importante capitolo alla famiglia. Voglia Dio che l'attenzione ad altri temi e affermazioni, senza dubbio importanti ma non esclusivi, di questo documento non significhi minore attenzione alla pastorale della famiglia; sarebbe un errore di cui avremmo da pentirci in avvenire.

Sono molti i campi e complesse le esigenze di questa pastorale familiare. I vostri pastori ne sono coscienti. Molti laici impegnati in diversi, validi e meritori movimenti familiari si mostrano attenti a questi campi e a queste esigenze. Non aspettatevi che il Papa ne parli qui: non è il momento per farlo. Pero come non ricordare, almeno per citarli, alcuni tra i più importanti aspetti di questa pastorale? Penso a tutto ciò che si deve fare nel campo della preparazione al matrimonio, certo nel periodo antecedente alla sua celebrazione, ma anche a partire dagli anni dell'adolescenza, in famiglia, nella Chiesa, nella scuola; cioè una seria, ampia, profonda educazione al vero amore; il che è molto più esigente della propalata educazione sessuale. Penso allo sforzo generoso e coraggioso che si deve fare per creare nella società un ambiente favorevole alla realizzazione di un ideale familiare cristiano, basato sui valori di unità, fedeltà, indissolubilità e fecondità responsabile. Penso all'aiuto da dare alle coppie che, per varie ragioni e circostanze, attraversano momenti di crisi, che potranno superare se aiutate, ma che faranno naufragio se mancherà questo aiuto. Penso al contributo che i cristiani, specialmente i laici possono dare per stimolare una politica sociale sensibile alle esigenze e ai valori della famiglia e per evitare una legislazione nociva alla stabilità e all'equilibrio di essa. Penso infine all'incommensurabile valore di una spiritualità familiare, da perfezionare costantemente, da promuovere, da diffondere: né posso non aggiungere, ancora una volta, una parola di stimolo e di incoraggiamento ai movimenti familiari che si dedicano a questa opera particolarmente importante.


7. Non mancano nella vita e nel magistero della Chiesa elementi validissimi per una lucida, vasta, coraggiosa attenzione pastorale alle famiglie. I miei predecessori ci lasciarono validi documenti. Molti pastori e teologi ci hanno offerto il frutto della loro esperienza e delle loro riflessioni. Prossimamente il Sinodo dei Vescovi, studiando "le funzioni della famiglia cristiana nel mondo contemporaneo", ci darà certamente delle piste per orientarci in questo campo delicato. A questa fonte - e non ai margini o lontano da essa, e tanto meno in contrasto con essa - dovrà attingere una vera pastorale familiare.

Innumerevoli famiglie, specialmente coppie cristiane, desiderano e chiedono criteri sicuri che le aiutino a vivere, anche tra difficoltà non comuni e con sforzo talvolta eroico, il loro ideale cristiano in materia di fedeltà, di fecondità, di educazione dei figli. Nessuno ha il diritto di tradire questa aspettativa o di disattendere queste richieste, camuffando per timidezza, insicurezza o falso rispetto i veri criteri o offrendo criteri incerti, anche se non apertamente in contrasto con l'insegnamento di Cristo trasmesso dalla Chiesa.


8. Fratelli e figli carissimi, al termine di questa riflessione, rivolgiamo la nostra attenzione ai testi del Nuovo Testamento, che abbiamo avuto la gioia di ascoltare in questa liturgia.

Uno di essi, quello del Vangelo di san Giovanni, riprende l'insegnamento di Gesù nella sinagoga di Cafarnao sul pane di vita: questo pane, come assicura il Salvatore, è la sua stessa carne che, fatta alimento dei suoi discepoli, dà loro una vita che comincia qui in terra e sboccia nell'eternità. La promessa fatta a Cafarnao viene realizzata pienamente nell'ultima cena e nel mistero dell'eucaristia. Questo è il pane che diventa corpo di Cristo per dare la vita agli uomini.

Il desiderio più intimo e più vivo del Papa in questa ora sarebbe di potere miracolosamente entrare in ogni famiglia del Brasile, essere ospite di ogni famiglia brasiliana. Condividere la felicità delle famiglie felici e con esse ringraziare il Signore. Stare vicino alle famiglie che piangono per qualche sofferenza nascosta o visibile, per offrire, se possibile, qualche conforto.

Parlare alle famiglie dove non manca nulla, per invitarle a distribuire ciò che avanza e che appartiene a chi non ha. Sedersi alla mensa delle famiglie povere, dove il pane è scarso, per aiutarle non a diventare ricche nel senso in cui il Vangelo condanna la ricchezza, ma a raggiungere quello che è necessario per una vita degna.

Se questo è un desiderio impossibile, voglio almeno, prendendo nelle mie mani tra poco il corpo di Gesù e il suo sangue prezioso, esprimere un augurio e una preghiera: che questa eucaristia celebrata in questo tempio senza frontiere sotto la cupola di questo cielo di Rio de Janeiro, ben più vasta e grandiosa di quella di Michelangelo, diventi fonte di vera vita per il popolo brasiliano perché esso sia una vera famiglia, e per ogni famiglia brasiliana perché sia una cellula formatrice di questo popolo.

Data: 1980-07-01Data estesa: Martedi 1Luglio 1980.


Incontro con gli uomini di cultura - Rio de Janeiro (Brasile)

Titolo: Nell'opera della cultura Dio ha fatto alleanza con l'uomo

1. Sono particolarmente lieto di potermi incontrare con voi, eminenti uomini di cultura della nazione brasiliana, e di cuore esprimo a ciascuno di voi il mio cordiale saluto, il mio sincero apprezzamento e il mio profondo rispetto. Voi ben conoscete quanto e per quali ragioni la Chiesa stimi e promuova, per quanto le compete, ogni autentica forma di cultura e si adoperi per entrare con essa in comunione e in dialogo.

Il luogo d'incontro tra Chiesa e cultura è il mondo, e in esso l'uomo, che è un "essere-nel-mondo", soggetto di sviluppo per l'una e per l'altra, mediante la parola e la grazia di Dio da parte della Chiesa, mediante l'uomo stesso, con tutte le sue risorse spirituali e materiali, da parte della cultura.

La vera cultura è umanizzazione, mentre la non-cultura e le false culture sono disumanizzanti. Per questo nella scelta della cultura l'uomo gioca il suo destino.

L'umanizzazione, ossia lo sviluppo dell'uomo si compie in tutti i campi della realtà in cui l'uomo è situato e si situa: nella sua spiritualità e corporeità, nel cosmo, nella società umana e divina. Si tratta di uno sviluppo armonioso, in cui tutti i settori cui appartiene l'essere umano si coinvolgono l'uno con l'altro: la cultura non concerne né il solo spirito né il solo corpo, né la sola individualità, né la sola socialità, né la sola cosmicità. La riduzione "ad unum" dà sempre luogo a delle pseudo-culture disumanizzanti, in cui l'uomo è angelicato o è materializzato, è dissociato o è spersonalizzato. La cultura deve coltivare l'uomo e ogni uomo nell'estensione di un umanesimo integrale e plenario, nel quale tutto l'uomo e tutti gli uomini vengono promossi nella pienezza di ogni dimensione umana. La cultura ha il fine essenziale di promuovere l'essere dell'uomo e di procurargli i beni necessari allo sviluppo del suo essere individuale e sociale.


2. Tutte le varie forme della promozione culturale si radicano nella "cultura animi", secondo l'espressione di Cicerone, la cultura del pensare e dell'amare, per cui l'uomo si eleva alla sua suprema dignità, che è quella del pensiero, e si estrinseca nella sua più sublime donazione, che è quella dell'amore.

L'autentica "cultura animi" è cultura della libertà, che sgorga dalla profondità dello spirito, dalla lucidità del pensiero e dal generoso disinteresse dell'amore. Fuori della libertà non può esserci cultura. La vera cultura di un popolo, la sua piena umanizzazione, non possono svilupparsi in un regime di costrizione: "La cultura - dice la costituzione conciliare "Gaudium et Spes" (GS 59) - scaturendo dalla natura ragionevole e sociale dell'uomo, ha un incessante bisogno della giusta libertà per svilupparsi e le si deve riconoscere la legittima possibilità di esercizio autonomo secondo i propri principi".

La cultura non deve subire alcuna costrizione del potere, né politico né economico, ma dev'essere aiutata dall'uno e dall'altro in tutte quelle forme di pubblica e privata iniziativa che sono conformi al vero umanesimo, alla tradizione e allo spirito autentico di ogni popolo.

La cultura che nasce libera deve inoltre diffondersi in un regime di libertà. L'uomo colto deve proporre la sua cultura, ma non la può imporre.

L'imposizione contraddice alla cultura, perché contraddice a quel processo di libera assimilazione personale da parte del pensiero e dell'amore, che è propria della cultura dello spirito. Una cultura imposta non soltanto contrasta con la libertà dell'uomo, ma ostacola il processo formativo della stessa cultura che nella sua complessità, dalla scienza al costume, nasce dalla collaborazione di tutti gli uomini.

La Chiesa rivendica a favore della cultura, e quindi dell'uomo, tanto nel processo dello sviluppo culturale quanto nell'atto della sua proposta, una libertà analoga a quella richiesta nella dichiarazione conciliare "Dignitatis Humanae" per la libertà religiosa, fondata essenzialmente sulla dignità della persona umana, conosciuta sia per mezzo della parola di Dio sia per il tramite della ragione (cfr. DH 2). Nell'atto stesso che rispetta la libertà, la cultura deve promuoverla, deve cioè cercare di corredarla di quelle virtù e di quei costumi che cooperano a formare quella che sant'Agostino chiamava la "libertas maior", la libertà, cioè, nel suo pieno sviluppo, la libertà in uno stato moralmente adulto, capace di scelte autonome rispetto alle tentazioni provenienti da ogni forma di disordinato amore di sé. La cultura integrale comprende la formazione morale, l'educazione alle virtù della vita individuale, sociale e religiosa. "Non c'è dubbio - dicevo nel mio recente discorso all'Unesco - che il fatto culturale primo e fondamentale è l'uomo spiritualmente maturo, ossia l'uomo pienamente educato, l'uomo capace di educarsi lui stesso e d'educare gli altri. Non c'è dubbio nemmeno che la dimensione prima e fondamentale della cultura è la sana moralità: la cultura morale (Ioannis Pauli PP. II "Allocutio ad Unesco habita, die 2 iunii 1980: "", III,1[1980] 1645).


3. La cultura, formazione dell'uomo in tutte le sue facoltà ed espressioni, non è soltanto promozione del pensare e del fare, ma è inoltre formazione della coscienza. A motivo dell'educazione imperfetta o nulla della coscienza, la sola conoscenza può dare origine a un orgoglioso umanesimo puramente terrestre: il fare e il godere possono originare false culture di un produttivissimo incontrollato, a vantaggio della potenza nazionale o del consumismo privato, con la conseguenza di infausti pericoli di guerra e di gravissime crisi economiche.

La promozione della conoscenza è indispensabile, ma è insufficiente quando non è accompagnata dalla cultura morale.

La "cultura animi" deve promuovere insieme l'istruzione e l'educazione, deve istruire l'uomo nella conoscenza della realtà, ma deve insieme educare l'uomo a essere uomo nella integralità del suo essere e dei suoi rapporti. Ora, l'uomo non può essere pienamente se stesso, non può realizzare totalmente la sua umanità, se non riconosce e non vive la trascendenza del suo proprio essere sul mondo e il suo rapporto con Dio. All'elevazione dell'uomo appartiene non soltanto la promozione della sua umanità, ma anche l'apertura della sua umanità a Dio. Fare cultura è dare all'uomo, a ogni uomo e alla comunità degli uomini, dimensione umana e divina, è offrire e comunicare all'uomo quell'umanità e quella divinità che sgorgano dall'uomo perfetto, dal redentore dell'uomo, Gesù Cristo.

Nell'opera della cultura Dio ha fatto alleanza con l'uomo, si è fatto egli stesso operatore culturale per lo sviluppo dell'uomo. "Dei agricultura estis", esclama san Paolo! "Voi siete il campo di Dio" (1Co 3,9). Non abbiate timore, signori, aprite le porte del vostro spirito, della vostra società, delle vostre istituzioni culturali, all'azione di Dio, che è amico dell'uomo e opera nell'uomo e per l'uomo, affinché cresca nella sua umanità e nella sua divinità, nel suo essere e nella sua regalità sul mondo.

Nell'alleanza che mediante la cultura dell'uomo si è stabilita tra Dio e l'uomo, questi deve imitare Dio nel suo infinito amore. L'opera culturale è opera d'amore, opera che procede da quell'amore sociale, di cui ho richiamato la necessità nella mia prima enciclica "Redemptor Hominis" (cfr. Ioannis Pauli PP. II RH 16). C'è mancanza di amore sociale quando, per difetto di stima verso gli altri, non si rispetta la pluralità delle culture legittime, ma si vuole imporre la propria cultura, che non è né unica né esclusiva, a popolazioni economicamente e politicamente più deboli. Ricordiamo quanto dice il Concilio: "Numerose nazioni economicamente più povere, ma più ricche di sapienza, possono dare un rilevante aiuto alle altre", su questo punto GS 15).


4. L'unità culturale di un paese geograficamente vasto quanto il vostro, nel quale si sono amalgamate numerose tradizioni e vari processi storici, non nasce da una riduzione all'unicità della cultura, ma da una pluralità unificata dal rispetto vicendevole, dal riconoscimento delle peculiarità culturali, dal dialogo che arricchisce vicendevolmente di valori e di esperienze.


5. Penso di compiere un elementare dovere di giustizia, se ricordo a questo punto l'opera culturale, senza pretese ma esemplare, che fu quella della Chiesa in questo paese.

In questa opera troviamo tutti gli aspetti della cultura fin qui ricordati. In effetti, fin dai primi anni, mediante i suoi missionari, la Chiesa comincio a trasmettere agli aborigeni, insieme con la rivelazione evangelica, la conoscenza delle cose; non solo con l'alfabetizzazione e l'istruzione, ma anche con lo sforzo di perfezionare gli elementi basilari della cultura indigena, senza deformarli né adulterarli. Lungo i secoli, mediante le missioni tra gli indios e gli abitanti delle parti più interne del paese, mediante scuole e università, mediante ospedali e ricoveri, mediante i suoi mezzi di comunicazione sociale, la Chiesa continua a dare un valido contributo all'opera culturale. In questo campo ritengo importante sottolineare che il messaggio della Chiesa non fu estraneo nemmeno all'armonia e all'equilibrio con cui è proceduto l'amalgama delle più diverse razze.

Considerando la cultura nel suo senso più ampio, dobbiamo dire del Brasile ciò che il documento di Puebla dice dell'America latina: la Chiesa si è trovata storicamente alla radice della cultura di questo paese.


6. Un'opera che rispetta la cultura originaria di un popolo, ne consente lo sviluppo e la diffusione, ne facilita il dialogo con altre culture, è quella della alfabetizzazione. Leggiamo nella "Populorum Progressio": "Un analfabeta è uno spirito sottoalimentato. Saper leggere e scrivere, acquistare una formazione professionale è riprendere fiducia in se stessi e scoprire che si può progredire insieme con gli altri" (Pauli VI PP 35).

Accanto a questa e ad altre forme di sottoalimentazione dello spirito, è doveroso considerare il grave stato di depressione in cui versano intere popolazioni a causa delle loro condizioni economiche. I popoli economicamente più ricchi e industrialmente più sviluppati hanno generato il consumismo, che è all'origine di squilibri sempre più accentuati tra popolazioni di uno stesso Stato. Ne ho parlato nell'enciclica "Redemptor Hominis" (cfr. Ioannis Pauli PP. II RH 16).

A queste situazioni deve portare rimedio l'amore sociale vivificato dalla carità. Costruite insieme, o signori, una civiltà della verità e dell'amore, create una cultura che promuova sempre più l'uomo e ne faciliti l'evangelizzazione, che lo aiuti a crescere nella sua dimensione umana e divina, a riconoscere il valore del suo essere, il senso della sua esistenza, a conoscere e ad amare Cristo, nel quale Dio si è rivelato pienamente a ogni uomo e a ogni popolo.

Data: 1980-07-01Data estesa: Martedi 1Luglio 1980.



GPII 1980 Insegnamenti - Omelia della messa per i giovani e gli studenti - Belo Horizonte (Brasile)