GPII 1980 Insegnamenti - L'incontro con i religiosi - Sao Paulo (Brasile)

L'incontro con i religiosi - Sao Paulo (Brasile)

Titolo: Presenza vitale nella Chiesa brasiliana

Carissimi figli, chiamati da Dio a una speciale consacrazione nella vita religiosa.

Colui che prova, in questo momento del suo pellegrinaggio attraverso il Brasile, la gioia sincera di un incontro con voi, è lo stesso che, come Arcivescovo di Cracovia, cercava tutte le occasioni per incontrare i religiosi e le religiose della sua diocesi e, come Vescovo di Roma, cerca di stare con loro, sia ricevendoli nella sua casa, sia andando loro incontro nelle visite pastorali alle parrocchie romane. Lo faccio per due motivi: perché convinto dell'efficacia dei religiosi nella vita e nell'azione pastorale della Chiesa a tutti i livelli, e perché profondamente coscienti del valore inestimabile della vita religiosa in se stessa.

I religiosi nella pastorale della Chiesa

1. Che cosa dire a voi, religiosi brasiliani - brasiliani per nascita o per adozione - della presenza dei religiosi nell'azione pastorale della Chiesa? Preparandomi interiormente a questa visita, mi sono chinato con affettuosa attenzione sulla storia della Chiesa in questo paese ed è stata per me una rivelazione scoprire quanto questa storia si trovi, in tutta la sua estensione, vincolata - alle volte si direbbe identificata - all'instancabile attività missionaria di innumerevoli religiosi di varie famiglie. Religiosi sono i primi apostoli della terra appena scoperta - e possiamo citare come omaggio a tutti loro uno dei maggiori: quell'ammirevole José de Anchieta che ho proclamato beato, con intima e particolare soddisfazione, meno di due settimane fa. Religiosi sono stati la maggioranza del sacerdoti dediti all'evangelizzazione degli indios, alla loro educazione nel pieno rispetto della loro identità e, tutte le volte che è stato necessario, alla loro difesa, anche con sacrificio personale. I religiosi formano ancora oggi poco più della metà del clero brasiliano. Non conosco altri paesi che possano annoverare 193 religiosi tra i loro 343 Vescovi, e di essi due Cardinali della santa Chiesa, secondo una statistica del 31-12-1979! Che dirvi di più? La vostra presenza è per la Chiesa del Brasile non il superfluo di cui si può fare a meno, ma una necessità vitale. Alcuni punti faranno diventare sempre più efficace questa presenza: - primo, che i religiosi sacerdoti si mostrino capaci di una articolazione leale e disinteressata con i sacerdoti diocesani, i cui compiti sono chiamati a condividere non a titolo di eccezione, ma in maniera abituale; - secondo, che i religiosi laici imparino sempre di più ad inserire la loro attività in un progetto di insieme, che è quello di tutta la Chiesa, a livello sia diocesano che nazionale; - terzo, che nello spirito del documento "Mutuae Relationes", i superiori religiosi cerchino, accettino e coltivino un dialogo franco e filiale con i pastori posti dallo Spirito di Dio a governo della sua Chiesa. In questo senso non si metterà mai troppo in risalto l'importanza delle relazioni tra la conferenza nazionale dei Vescovi, alla quale compete elaborare e stabilire i piani di pastorale per il paese, e la conferenza dei religiosi, che assume il compito di promuovere la vita, curando che si mantenga fedele alle sue radici più profonde e al carisma che la caratterizza.

L'identità della vita religiosa

2. E qui entriamo nel secondo aspetto: l'identità profonda della vita religiosa.

Non è perché è utile alla pastorale che la vita religiosa occupa un posto ben definito nella Chiesa e un valore incontestabile. E' vero il contrario: la vita religiosa presta un servizio efficace alla pastorale "perché" e "se" si mantiene fermamente fedele al posto che occupa nella Chiesa e ai carismi che caratterizzano questo posto.

E' impossibile tentare di fare qui anche solo un riassunto della teologia della vita religiosa. Ma non sarà troppo - quasi come un ricordo vivo di questo incontro con il Papa - ricordare alcuni aspetti.

Il primo, che gode del consenso di tutti e non è neppure oggetto di discussione, è che quando parliamo di vita religiosa ci riferiamo a qualcosa di molto preciso nell'esperienza della Chiesa, almeno riguardo agli elementi essenziali.

Ogni cristiano dispone della piena e legittima libertà, secondo la sua coscienza, di entrare o no nella vita religiosa. Ma non è compito suo definire o ridimensionare ciò che è essenziale nella vita religiosa, prescindendo dalla vita, dalla storia e, ripeto, dalla bimillenaria esperienza della Chiesa.

Questo "essenziale" è stato poco tempo fa riaffermato dal Concilio, e da alcuni documenti che in questa materia ne danno l'interpretazione autentica.

Sapete bene che cos'è questo essenziale:

1) La vita religiosa è una "Schola Dominici servitii", secondo la bella formula di san Benedetto (S.Benedicti "Regula", Prol. 45), un applicato, amoroso, perseverante apprendistato di chi vuole solo una cosa nella vita: servire il Signore. Nella prospettiva di questo servizio si dispongono tutte le altre dimensioni della vita religiosa, così come le sottolinea il Concilio Vaticano II.


2) La vita religiosa, insegna il Concilio, non si pone nella Chiesa sul piano delle strutture istituzionali (non è un grado gerarchico, e neppure si aggiunge come terzo elemento tra i pastori e i laici), ma nella linea dei carismi, e più esattamente nel dinamismo di quella santità che è la vocazione primordiale della Chiesa. La ragione prima per cui un cristiano si fa religioso non è per assumere nella Chiesa un posto, una responsabilità o un compito, ma per santificarsi. Questo è il suo compito e la sua responsabilità, "il resto gli sarà dato in sovrappiù". Questo è il suo servizio alla Chiesa: la Chiesa ha bisogno di questa scuola di santità, per realizzare concretamente la sua stessa vocazione di santità.


3) Se la testimonianza che ci si aspetta dal laico è quella della secolarità, dell'azione nelle realtà temporali, la testimonianza connaturale alla vita religiosa in generale e ad ogni religioso in particolare è quella delle beatitudini, vissute nella vita di ogni giorno; è quella dell'Assoluto di Dio davanti al quale tutto il resto, anche gli impegni temporali più importanti, diventano visceralmente relativi; è perciò la testimonianza dell'invisibile e infine quella della "parusia" che deve essere vissuta nella speranza già da questa vita.


4) Per tutto questo si rivela importante nella vita religiosa la consacrazione totale che ogni religioso fa di se stesso a Dio con i voti, che attualizzano nella sua vita i consigli evangelici. Questa consacrazione totale significherà per lui la liberazione più profonda e genuina, più piena, che lo porterà a una maggiore comunione con Dio e con i fratelli, a una maggiore partecipazione alla vita divina e alla comunità degli uomini, a cominciare dalla comunità di coloro che cercano con lui il volto di Dio. Questa consacrazione totale porta con sé, come conseguenza, una disponibilità totale. La Chiesa ha sempre sperimentato, nel corso della sua storia, che poteva contare sui religiosi per le missioni più delicate.


5) Da tutto ciò deriva che il religioso non potrebbe non essere un uomo di preghiera, un grande orante. Questo vale per i contemplativi, ma vale anche per qualunque religioso.

Alla luce di questo essenziale e applicando concretamente alcuni dei suoi aspetti, voglio dirvi, cari fratelli e figli, alcune parole di animazione e di stimolo per voi.

Anzitutto ricordo che la Chiesa in vari documenti recenti ha parlato del rinnovamento della vita religiosa. Credo sia superfluo sottolineare che per essere salutare e corrispondere al pensiero della Chiesa e pertanto al disegno di Dio, questo rinnovamento non può assolutizzarsi diventando fine a se stesso e prescindendo da criteri validi. Due criteri, tra gli altri, appaiono come i più importanti: il primo è che la vita religiosa (e concretamente ogni comunità religiosa) non si rinnova sul serio se lo scopo del rinnovamento è, in pratica. la ricerca del più facile e più comodo, ma solo se questo scopo è la ricerca del più autentico e del più coerente con le finalità della stessa vita religiosa. Il secondo criterio è che la vita religiosa si rinnova per diventare ancora di più cammino di santità. Qui si applica in modo particolarmente sensibile quella frase del Signore che dice "dai frutti si conosce l'albero". Per quello che dipende da noi, dovremo far di tutto perché non si possa dire che il rinnovamento della vita religiosa ha portato al suo rilassamento e, poi, alla sua dissoluzione.

Alla luce di questi criteri, devo dirvi: realizzate con umiltà il desiderato rinnovamento della vita religiosa. Esso merita gli sforzi più seri delle famiglie religiose e delle conferenze dei religiosi di tutti i livelli.

In secondo luogo vorrei far notare l'originalità della presenza del religioso nel mondo. Già altre volte questo punto è stato schematizzato così: ci sono due forme di presenza al mondo: una fisica, diretta, materiale, l'altra invisibile e spirituale, ma non per questo meno reale. I laici, per il fatto che assicurano la loro vocazione di presenza fisica al mondo, hanno bisogno di quella forte linfa che viene loro appunto dalla presenza spirituale dei religiosi e ne sentirebbero la mancanza se, per l'ebbrezza dell'"immersione del mondo", i religiosi finissero per negare alla Chiesa il contributo di ciò che è loro proprio. Non si tratta di un invito all'alienazione; è anzi un invito a pensare che nella Chiesa, secondo il concetto di san Paolo, continua ad essere importante la nitida differenza (e non la confusione!) e la valida complementarietà (e non l'isolamento!) dei carismi e delle vocazioni. Non sarà mai feconda a lungo termine (ma lo sarà poi anche nell'immediato?) una presenza di religiosi nelle lotte temporali, se avviene a prezzo dei valori essenziali, anche i più umili, della vita religiosa.

Terza riflessione: nella ricerca di collaborazione è frequente la tentazione di dissolvere al massimo, fino quasi all'estinzione, ciò che caratterizza e dà un volto alla vita religiosa e ai religiosi. Pare evidente che questo non è positivo né per la vita religiosa né per la collaborazione: un sacerdote religioso, immerso nella pastorale a lato di sacerdoti diocesani, dovrebbe mostrare chiaramente con i suoi atteggiamenti che è religioso. La comunità dovrebbe poterlo sentire. Lo stesso si direbbe di un religioso non sacerdote o di una religiosa nella rispettiva collaborazione con laici.

Ultima riflessione, nella stessa linea della precedente: non è irreale e neppure remota in religiosi e religiose la tentazione di abbandonare i tratti caratteristici della loro famiglia religiosa per confondersi con gli altri e la tentazione di lasciare le opere che realizzavano per darsi a ciò che per convenzione si chiama "pastorale diretta". Pare che i fatti già comincino a mostrare che la ricchezza spirituale della Chiesa e del suo servizio agli uomini sta nella varietà. C'è un impoverimento ogni volta che tutti, con il pretesto dell'unità o impressionati da una certa priorità, si mettono a fare la stessa cosa. Mi auguro che i religiosi possano aiutare la Chiesa a continuare ad essere presente nei più diversi campi della sua azione pastorale: educazione, assistenza, cura degli ammalati, assistenza agli orfani, esercizio della carità, ecc...

Sono certo che la comunità umana in generale, oltre alla comunità ecclesiale, sarà grata per questo alla vita religiosa.

Non mi resta che benedirvi nel nome del Signore. Mentre lo faccio chiedo al Signore che voi siate, in mezzo agli uomini e per il loro bene, testimoni e annunciatori delle "mirabilia Dei" e delle "investigabiles divitias Christi".

Data: 1980-07-03 Data estesa: Giovedi 3 Luglio 1980.


L'incontro con esponenti della Chiesa ortodossa in Brasile - San Paolo

Titolo: Contribuire al cammino verso la piena comunione

Cari fratelli in Cristo, 1. In nome del Signore Gesù, e rendendo grazie per mezzo di lui a Dio Padre (cfr. Col 3,17), vengo a questo incontro con voi, degni rappresentanti della chiesa ortodossa in Brasile. Non ho bisogno di dirvi quanto mi rallegra questa opportunità nel contesto del mio pellegrinaggio apostolico attraverso il Brasile.

Mi rallegra osservare personalmente che, in questo paese che vi ha accolti, le vostre relazioni e la vostra collaborazione con la gerarchia, con il clero e con il popolo cattolico crescono tanto più in quanto le due chiese, cattolica e ortodossa, si guardano di nuovo alla luce di Cristo e si riscoprono sempre più profondamente come chiese sorelle. Esse scoprono anche le esigenze che questo fatto porta con se nell'azione pastorale dell'una e dell'altra.


2. Ritornando dalla mia visita fraterna al Patriarcato ecumenico, ebbi occasione di sottolineare che ciò che molto opportunamente si è chiamato dialogo di carità doveva diventare una componente necessaria dei programmi pastorali di ciascuna delle nostre due chiese, la cattolica e l'ortodossa. L'approfondimento di questo atteggiamento fraterno, l'intensificazione dei rapporti reciproci e della collaborazione tra le chiese, creano l'ambiente vitale, se così posso esprimermi, nel quale può nascere e deve svilupparsi il dialogo teologico fino ad arrivare a risultati che il popolo cristiano sarà preparato ad accogliere.

Nessuno è dispensato da questo sforzo. Il Concilio Vaticano II lo dichiaro con fermezza per quello che riguarda i cattolici (cfr. UR 4). Lo stesso Concilio dedico un'attenzione speciale alla collaborazione dei cattolici con i loro fratelli ortodossi, che, lasciando l'Oriente, vennero a stabilirsi in paesi lontani dalla patria di origine (cfr. ivi, UR 18). E' appunto ciò che succede qui in Brasile, e, perciò, cattolici e ortodossi sono chiamati a contribuire attivamente al buon esito di questa nuova fase del nostro cammino verso la piena comunione.


3. Anche nella situazione brasiliana, con una urgenza e ampiezza che esigono la più stretta collaborazione tra le chiese, è necessario che queste si pongano assieme a servizio dell'uomo. Sono certo che non mancherà questa collaborazione.

La luce e la forza dell'alto ci assistano sempre in questa impresa, ci facciano diventare, gli uni e gli altri, fervorosi nella preghiera, assidui nella conoscenza dell'altra chiesa, zelanti nel conservare la propria identità religiosa, e rispettosi dell'identità dell'altra. Senza questo, o non c'è dialogo, o il dialogo si rivelerà presto vuoto e inconsistente, se non falsificato.

Rinnovo qui l'espressione della mia ammirazione per le grandi e notevoli tradizioni della chiesa ortodossa: la qualità dei suoi dottori, la bellezza maestosa del suo culto, il valore dei suoi santi, il fervore della vita monastica, come già ha detto bene il Concilio Vaticano II.

Rinnovo qui l'espressione della mia gratitudine per l'incontro di oggi, e vi assicuro la mia profonda carità fraterna, la mia stima rispettosa e la mia unione nella preghiera.

[Traduzione dal portoghese]

Data: 1980-07-03 Data estesa: Giovedi 3 Luglio 1980.


Omelia della messa nella Basilica di Aparecida (Brasile)

Titolo: La devozione a Maria elemento fondamentale della cultura latino-americana

"Viva la Madre di Dio e nostra senza peccato concepita! Viva la Vergine Immacolata, la Signora Aparecida!" 1. Da quando ho messo piede in terra brasiliana, nei vari luoghi per dove sono passato, ho udito questo canto. Esso è, nell'ingenuità e semplicità delle sue parole, un grido dell'anima, un saluto, un'invocazione piena di filiale devozione e fiducia verso colei che, essendo vera Madre di Dio, ci fu data dal Figlio suo Gesù nel momento estremo della sua vita (cfr. Jn 19,26) per essere nostra madre.

In nessun altro luogo questo canto assume tanto significato e ha tanta intensità quanto in questo luogo dove la Vergine, più di due secoli fa, venne incontro in maniera singolare alla gente brasiliana. Da allora, a ragione si svolgono qui le ansie di questa gente; da allora, qui pulsa il cuore cattolico del Brasile. Meta di incessanti pellegrinaggi da tutto il paese, questa è, come è stato detto, la "capitale spirituale del Brasile".

E'un momento particolarmente emozionante e felice del mio pellegrinaggio brasiliano, questo, nel quale con voi, che rappresentate qui tutto il popolo brasiliano, ho il mio primo incontro con la Signora Aparecida.


2. Preparandomi spiritualmente a questo pellegrinaggio alla Aparecida, ho letto con religiosa attenzione la semplice e incantevole storia dell'immagine che qui veneriamo. L'inutile fatica dei tre pescatori in cerca di pesce nelle acque del Paraiba, in quel lontano 1717. L'inaspettato ritrovamento del corpo e poi della testa della piccola immagine di ceramica annerita dal fango. La pesca abbondante che segui al ritrovamento. Il culto, subito iniziato, a Nostra Signora della Concezione nelle sembianze di quella statua bruna. affettuosamente chiamata "la Aparecida" (apparsa). Le abbondanti grazie di Dio per quelli che qui invocano la Madre di Dio.

Dal primitivo e grezzo oratorio - l'"altare di legno" dei vecchi documenti - alla cappella che lo sostitui e, alle varie successive aggiunte, fino all'antica Basilica del 1908, i templi materiali sorti qui sono sempre opera e simbolo della fede del popolo brasiliano e del suo amore alla santissima Vergine.

Sono noti i pellegrinaggi, ai quali nel corso dei secoli prendono parte persone di tutte le classi sociali e delle più diverse e lontane regioni del paese. L'anno scorso furono più di cinque milioni e cinquecentomila i pellegrini che passarono di qui. Che cosa cercavano gli antichi pellegrini? Che cosa cercano i pellegrini di oggi? Proprio quello che cercavano nel giorno, più o meno remoto, del battesimo: la fede e i mezzi per alimentarla. Cercano i sacramenti della Chiesa, soprattutto la riconciliazione con Dio e l'alimento eucaristico. E ripartono fortificati e riconoscenti alla Signora, Madre di Dio e nostra.


3. Moltiplicandosi in questo luogo le grazie e i benefici spirituali, Nostra Signora della Concezione Aparecida viene solennemente incoronata nel 1904, e, esattamente 50 anni fa, nel 1930 viene proclamata patrona principale del Brasile.

Più tardi, nel 1967, spetta al mio venerato predecessore Paolo VI concedere a questo santuario la "rosa d'oro", volendo con questo gesto onorare la Vergine e questo luogo sacro e stimolare il culto mariano.

Veniamo ai nostri giorni. Di fronte alla necessità di un tempio più grande e più adeguato per rispondere alle esigenze dei pellegrini sempre più numerosi, ecco l'audace progetto di una nuova Basilica. Anni di lavoro incessante per la costruzione dell'imponente edificio. E oggi, superate non poche difficoltà, la splendida realtà che contempliamo. Rimarranno legati ad essa molti nomi di architetti e ingegneri, di umili operai, di generosi benefattori, di sacerdoti consacrati al santuario. Un nome spicca tra tutti e di tutti è il simbolo: quello del mio fratello Cardinale Carlos Carmelo de Vasconcelos Motta, grande animatore di questo nuovo tempio, casa materna e eredità storica della Regina, Nostra Signora Aparecida.


4. Vengo, dunque, a consacrare questa Basilica, testimone della fede e della devozione mariana del popolo brasiliano; e lo faro con commossa gioia, dopo la celebrazione dell'eucaristia.

Questo tempio è dimora del "Signore dei signori e Re dei re" (cfr. Ap 17,14). In esso, come la regina Ester, la Vergine Immacolata che "conquisto il cuore" di Dio e nella quale "grandi cose" fa l'Onnipotente (cfr. Est 5,5 Lc 1,49), non cesserà di accogliere numerosi figli e di intercedere per essi: "Il mio desiderio è che sia risparmiato il mio popolo" (cfr. Est 7,3).

L'edificio materiale, che ospita la presenza reale, eucaristica del Signore, dove si riunisce la famiglia dei figli di Dio per offrire con Cristo i "sacrifici spirituali" fatti di gioie e di dolori, di speranze e di lotte, è anche simbolo di un altro edificio spirituale, nella costruzione del quale siamo invitati a entrare come pietre vive (cfr. 1P 2,5). Come diceva sant'Agostino, "questa è la casa delle nostre preghiere, ma noi stessi siamo casa di Dio. Siamo costruiti come casa di Dio in questo mondo e saremo dedicati solennemente alla fine dei tempi. L'edificio, o meglio, la costruzione si fa con fatica; la dedicazione si effettua con gioia" (cfr. S. Augustini "Sermo" 336, 1.6: PL 38,1471-72).


5. Questo tempio è immagine della Chiesa, la quale, "a imitazione della Madre del suo Signore, con la virtù dello Spirito Santo, conserva verginalmente integra la fede, solida la speranza, sincera la carità" (LG 64).

Figura di questa Chiesa è la donna che il veggente di Patmos contemplo e descrisse nel testo dell'Apocalisse, che abbiamo ascoltato poco fa. In questa donna coronata di dodici stelle la pietà popolare attraverso i tempi vide anche Maria, la Madre di Gesù. Del resto, come ricordava sant'Ambrogio e come dichiara la "Lumen Gentium", Maria è ella stessa figura della Chiesa.

Si, amati fratelli e figli, Maria - la Madre di Dio - è modello per la Chiesa e Madre per i redenti. Per la sua adesione pronta e incondizionata alla volontà divina che le fu rivelata, divento Madre del Redentore (cfr. Lc 1,32), con una partecipazione intima, e tutta speciale alla storia della salvezza. Per i meriti di suo Figlio, è immacolata nella sua concezione, concepita senza peccato originale, preservata da ogni peccato e piena di grazia.

Di fronte alla fame di Dio che oggi si scorge in molti uomini, ma anche di fronte al secolarismo che, alle volte impercettibile come la rugiada, altre volte violento come il ciclone, trascina tante persone, siamo chiamati a fare Chiesa.


6. Il peccato toglie Dio dal posto centrale che gli è dovuto nella storia degli uomini e nella storia personale di ciascun uomo. Fu la prima tentazione: "Diventare come Dio" (cfr. Gn 3,5). Dopo il peccato originale, se si prescinde da Dio, L'uomo si trova sottoposto a tensioni, lacerato nelle sue scelte tra l'amore "che viene dal Padre" e "l'amore che non viene dal Padre, ma dal mondo" (cfr. 1Jn 2,15-16) e, peggio ancora, l'uomo aliena se stesso, optando per la "morte di Dio" che porta in sé fatalmente anche la "morte dell'uomo" (cfr. Ioannis Pauli PP. II "Nuntius radiotelevisificus ex externo Basilicae Vaticanae podio, die Resurrectionis D.N.I. Chr.", die 6 apr. 1980. "", III,1[1980] 824).

Riconoscendosi "serva del Signore" (cfr. Lc 1,38) e pronunciando il suo "si", accogliendo "nel suo cuore e nel suo seno" (cfr. S.Augustini "De Virginitate", 6: PL 40,399) il mistero di Cristo redentore, Maria non fu strumento meramente passivo nelle mani di Dio, ma coopero alla salvezza degli uomini con fede libera e perfetta obbedienza. Senza nulla togliere e nulla aggiungere all'azione di colui che è l'unico mediatore tra Dio e gli uomini, Gesù Cristo, Maria ci indica le vie della salvezza, vie che convergono tutte a Cristo, Figlio suo, e alla sua opera redentrice.

Maria ci porta a Cristo, come afferma con precisione il Concilio Vaticano II: "La funzione materna di Maria verso gli uomini in nessun modo oscura o diminuisce questa unica mediazione di Cristo, ma ne mostra l'efficacia (...), e non impedisce minimamente il contatto immediato dei credenti con Cristo, anzi lo facilita" (LG 60).


7. Madre della Chiesa, la Vergine santissima è presente in modo singolare nella vita e nell'azione della Chiesa. Proprio per questo la Chiesa guarda sempre a colei che, rimanendo vergine, genero per opera dello Spirito Santo il Verbo fatto carne. Qual è la missione della Chiesa se non quella di far nascere Cristo nel cuore dei fedeli (cfr. LG 65), per l'azione dello stesso Spirito Santo, mediante l'evangelizzazione? così, la "Stella dell'evangelizzazione", come la chiamo il mio predecessore Paolo VI, indica e illumina le strade dell'annuncio del Vangelo. Questo annuncio di Cristo redentore, del suo messaggio di salvezza, non può essere ridotto a un mero progetto umano di benessere e di felicità temporale. Ha certamente delle incidenze nella storia umana collettiva e individuale, ma è fondamentalmente un annuncio di liberazione dal peccato per la comunione con Dio in Gesù Cristo. Ma questa comunione con Dio non prescinde dalla comunione degli uomini tra loro, perché quelli che si convertono a Cristo, autore della salvezza e principio di unità, sono chiamati a unirsi nella Chiesa, sacramento visibile di questa unità salvifica (cfr. LG 9).

Perciò tutti noi che formiamo l'attuale generazione dei discepoli di Cristo, con perfetta adesione alla tradizione antica e con pieno rispetto e amore ai membri di tutte le comunità cristiane, desideriamo unirci a Maria, spinti da una profonda necessità di fede, di speranza e di carità (cfr. Ioannis Pauli PP. II RH 22). Discepoli di Cristo in questo momento cruciale della storia umana, con piena adesione all'ininterrotta tradizione e al sentimento costante della Chiesa, mossi da un intimo imperativo di fede, speranza e carità, desideriamo unirci a Maria. E vogliamo farlo attraverso le espressioni della pietà mariana della Chiesa di tutti i tempi.


8. L'amore e la devozione a Maria, elementi fondamentali della cultura latino-americana (cfr. Ioannis Pauli PP. II "Homilia ante templum B.M.V. "de Zapopan" habita", die 30 ian. 1979: "", II [1979] 288), sono uno dei tratti caratteristici della religiosità del popolo brasiliano.

Sono certo che i pastori della Chiesa sapranno rispettare questo carattere peculiare, coltivarlo e aiutarlo a trovare la migliore espressione, per realizzare il detto: "A Gesù per mezzo di Maria". A questo scopo non sarebbe inutile tenere presente che la devozione alla Madre di Dio ha un'anima, qualche cosa di essenziale, incarnata in molteplici forme esterne. Ciò che ha di essenziale e stabile e inalterabile, rimane elemento intrinseco del culto cristiano e, se rettamente inteso e realizzato, costituisce nella Chiesa, come sottolineava il mio predecessore Paolo VI, una eccellente testimonianza della sua "norma di azione" (lex orandi) e un invito a ravvivare nelle coscienze la sua "norma di fede" (lex credendi). Le forme esterne sono, per loro natura, soggette al logorio del tempo e, come dichiarava lo stesso compianto Paolo VI, necessitano di un costante rinnovamento e attualizzazione, effettuati pero nel pieno rispetto della tradizione (Pauli VI "Marialis Cultus", 24).


9. Devoti di Nostra Signora e pellegrini di Aparecida qui presenti, e voi che ci seguite attraverso la radio e la televisione, conservate gelosamente questo tenero e fiducioso amore alla Vergine, che è vostra caratteristica. Non permettete mai che intiepidisca! Non sia un amore astratto, ma incarnato. Siate fedeli agli esercizi di pietà tradizionali nella Chiesa: la preghiera dell'Angelus, il mese di Maria e, in modo speciale, il rosario. Voglia il cielo che rinasca la bella abitudine - una volta tanto diffusa, oggi ancora presente in alcune famiglie brasiliane - della recita del rosario in famiglia.

So che, qualche tempo fa, per un increscioso incidente si ruppe la piccola immagine di Nostra Signora Aparecida. Mi dissero che tra i tanti frammenti furono trovate intatte le due mani della Vergine unite in preghiera. Ciò è come un simbolo: le mani giunte di Maria in mezzo alle rovine sono un invito ai suoi figli a dare spazio nelle loro vite alla preghiera, all'assoluto di Dio, senza il quale tutto il resto perde senso, valore e efficacia. Il vero figlio di Maria è un cristiano che prega.

La devozione a Maria è fonte di vita cristiana profonda, è fonte di impegno nei confronti di Dio e dei fratelli. Rimanete alla scuola di Maria, ascoltate la sua voce, seguite i suoi esempi. Come abbiamo ascoltato nel Vangelo, essa ci guida verso Gesù: "Fate quello che vi dirà" (Jn 2,5). Come una volta a Cana di Galilea, fa presenti al Figlio le difficoltà degli uomini, ottenendo da lui le grazie desiderate. Preghiamo con Maria e per mezzo di Maria: ella è sempre la "Madre di Dio e nostra".

Signora Aparecida, un figlio vostro / che vi appartiene senza riserva - totus tuus! - / chiamato per misterioso disegno della provvidenza / a essere vicario del vostro Figlio in terra, / si rivolge a voi in questo momento.

Egli ricorda con emozione, / per il colore bruno di questa vostra immagine, / un'altra vostra immagine / la Vergine Nera di Jasna Gora! Madre di Dio e nostra, / proteggete la Chiesa, il Papa, i Vescovi, i sacerdoti / e tutto il popolo fedele; / accogliete sotto il vostro manto protettore / i religiosi, le religiose, le famiglie, / i bambini, i giovani e i loro educatori! Salute degli infermi e Consolatrice degli afflitti, / confortate quelli che soffrono nel corpo e nell'anima; / siate la luce di quelli che cercano Cristo, redentore dell'uomo; / a tutti gli uomini mostrate che siete la Madre della nostra fiducia.

Regina della Pace e Specchio di Giustizia, / ottenete la pace al mondo, / fate che il Brasile abbia pace duratura, / che gli uomini convivano sempre come fratelli, / come figli di Dio! Nostra Signora Aparecida, / benedite questo vostro santuario e coloro che in esso lavorano, / benedite questo popolo che qui prega e canta, / benedite tutti i vostri figli, / benedite il Brasile. Amen. Data: 1980-07-04 Data estesa: Venerdi 4 Luglio 1980.


La dedicazione della basilica nazionale di Aparecida (Brasile)

Titolo: Nostra Signora Aparecida: vi affido questo popolo

Nostra Signora Aparecida! 1. In questo momento così solenne, così eccezionale, voglio aprire davanti a voi, o Madre, il cuore di questo popolo, in mezzo al quale avete voluto dimorare in un modo tanto speciale - come in mezzo ad altre nazioni e popoli - così come in mezzo a quella nazione della quale io sono figlio. Desidero aprire davanti a voi il cuore della chiesa e il cuore del mondo al quale questa chiesa fu mandata dal vostro Figlio. Desidero aprirvi anche il mio cuore.

Nostra Signora Aparecida! Donna rivelata da Dio per schiacciare la testa del serpente (cfr. Gn 3,15) nella vostra Concezione Immacolata! Eletta da tutta l'eternità per essere la Madre del Verbo eterno, il quale, all'annuncio dell'Angelo, fu concepito nel vostro seno verginale come Figlio dell'Uomo e vero Uomo! Unita più strettamente al mistero della redenzione dell'uomo e del mondo, ai piedi della croce, sul Calvario! Data come Madre a tutti gli uomini, sul Calvario, nella persona di Giovanni, apostolo ed evangelista! Data come Madre a tutta la chiesa, a partire dalla comunità che si preparava alla venuta dello Spirito Santo, fino alla comunità di tutti quelli che sono pellegrini sulla terra, nel corso della storia dei popoli e delle nazioni, dei paesi e dei continenti, delle epoche e delle generazioni!...

Maria! Io vi saluto e vi dico "Ave"! In questo santuario, dove la chiesa del Brasile vi ama, vi venera e vi invoca come Aparecida, come a lei rivelata e data in modo particolare! Come sua Madre e Patrona! Come Mediatrice e Avvocata presso il Figlio del quale siete Madre! Come modello di tutte le anime che possiedono la vera sapienza e, nello stesso tempo, la semplicità del bimbo e quell'intima fiducia che supera ogni debolezza e ogni sofferenza! Voglio affidarvi in modo particolare questo popolo e questa chiesa, tutto questo Brasile grande e ospitale, tutti i vostri figli e figlie, con tutti i loro problemi e le loro angustie, le loro attività e le loro gioie. Voglio farlo come successore di Pietro e pastore della chiesa universale, entrando in questa eredità di venerazione e di amore, di dedizione e di fiducia che da secoli fa parte della chiesa del Brasile e di quanti la formano, senza considerare differenze di origine, di razza o di posizione sociale, ovunque abitino in questo immenso paese. Tutti, in questo momento guardando a Fortaleza, si chiedono: "Dove vai?".

O Madre! Fate che la chiesa sia per questo popolo brasiliano sacramento di salvezza e segno dell'unità di tutti gli uomini fratelli e sorelle di adozione del vostro Figlio e figli del Padre del cielo! O Madre! Fate che questa chiesa, sull'esempio di Cristo, servendo costantemente l'uomo, difenda tutti, specialmente i poveri e i bisognosi, quelli socialmente emarginati e sprovvisti. Fate che la chiesa del Brasile sia sempre al servizio della giustizia tra gli uomini e nello stesso tempo contribuisca al bene comune di tutti e alla pace sociale.

O Madre! Aprite i cuori degli uomini e fate che tutti comprendono che soltanto nello spirito del vangelo e osservando il comandamento dell'amore e le beatitudini del Discorso della montagna sarà possibile costruire un mondo più umano, nel quale sarà realmente valorizzata la dignità di tutti gli uomini.

O Madre! Concedete alla chiesa, che in questa terra brasiliana ha compiuto nel passato una grande opera di evangelizzazione e la cui storia è ricca di esperienze, di realizzare, con nuovo zelo, con nuovo amore alla missione ricevuta da Cristo, i suoi compiti di oggi. A questo scopo concedetele numerose vocazioni sacerdotali e religiose, perché tutto il popolo di Dio possa giovarsi del ministero dei dispensatori dell'Eucaristia e dei testimoni del vangelo.

O Madre! Accogliete nel vostro cuore tutte le famiglie brasiliane! Accogliete gli adulti e gli anziani, i giovani e i bambini! Accogliete i malati e tutti quelli che vivono nella solitudine! Accogliete i lavoratori dei campi e delle fabbriche, gli intellettuali delle scuole e delle università, quanti operano in qualsivoglia istituzione. Proteggeteli tutti! Non cessate, o Vergine Aparecida, con la vostra stessa presenza, di manifestare in questa terra che l'amore e più forte della morte, più potente del peccato! Non cessate di mostrare a noi Dio, che ha amato il mondo tanto da dargli il Figlio suo Unigenito, perché nessuno di noi si perda, ma abbia la vita eterna! (cfr. Jn 3,16). Amen! [Traduzione dal portoghese]

Data: 1980-07-04 Data estesa: Venerdi 4 Luglio 1980.


GPII 1980 Insegnamenti - L'incontro con i religiosi - Sao Paulo (Brasile)