GPII 1980 Insegnamenti - L'omelia della messa - Curitiba (Brasile)

L'omelia della messa - Curitiba (Brasile)

Titolo: L'eucaristia è germe di fraternità nel mondo

Cari fratelli nell'episcopato e nel presbiterato, cari figli e figlie, religiosi e laici.

1. Come ringraziare la provvidcnza divina che mi dà la grazia di questo incontro con la popolazione di Curitiba e con i pellegrini venuti da tutto il Paranà e dal vicino Stato di Santa Catarina? Serva come ringraziamento l'eucaristia che avete voluto porre al centro dell'incontro, come sua anima e sua ispirazione.

Ora, in questa eucaristia, sono appena risuonate due pagine del Nuovo Testamento che un Papa, successore dell'apostolo Pietro, non può sentire senza intima trepidazione, senza che si riapra in lui, come una piaga, la coscienza della propria piccolezza davanti alla missione ricevuta - ma anche senza una rinnovata fiducia in colui che tutto può (cfr. Ph 4,13) Una riporta l'episodio di Cesarea di Filippo: la chiara confessione di Pietro (Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente), alla quale risponde la misteriosa e prodigiosa confessione di Cristo (Tu sei Pietro e su questa pietra edifichero la mia Chiesa). Lungo duemila anni, 264 volte questa stessa parola fu pronunciata agli orecchi e alla coscienza di un uomo fragile e peccatore. 264 volte un nuovo Pietro fu messo a fianco del primo per essere pietra di fondamento della Chiesa. Ultimo nel tempo, è a me che fu ripetuta la promessa di Cesarea di Filippo, ed è nella funzione di Pietro che mi trovo in mezzo a voi. Con che messaggio? Lo stesso che scaturisce dall'altra pagina letta in questa liturgia.

Pietro, l'ardente ma timoroso, l'amico, il rinnegato, il pentito, aveva appena ricevuto lo Spirito Santo. E con la forza dello Spirito annuncia a una Gerusalemme piena di pellegrini: "Quest'uomo che voi avete consegnato, facendolo crocifiggere, Dio l'ha risuscitato e l'ha costituito Signore" (cfr. Ac 2,23-3 Ac 4 Ac 2,36). Tutto quello che Pietro dirà fino all'ultima confessione sul colle del Vaticano, che corona quella di Cesarea di Filippo, si riduce a queste frasi. Tutto quello che deve dire il successore di Pietro, forse è contenuto in queste semplici parole: "Dio l'ha costituito Signore". In fondo, è quello che sente il Papa: il dolce e urgente dovere di annunciare, dovunque passi, con la forza e il fervore di chi annuncia una buona notizia.


2. Ma il successore di Pietro trova qui adesso un nuovo titolo di somiglianza con il suo lontano e primo predecessore, in quella sua predicazione riportata nella lettura di questa liturgia. Questo Stato del Paranà, questa città di Curitiba in cui mi trovo, danno bene l'idea della Gerusalemme del mattino della Pentecoste, per l'immensa varietà di razze di quelli che sentono annunciare la buona novella di Gesù Cristo. Là. secondo l'affascinante enumerazione degli Atti degli apostoli, Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadocia, del Ponto e dell'Asia, della Frigia, della Panfilia e dell'Egitto. Qui, amalgamati dalla terra che li ha accolti, ma presenti e riconoscibili in qualche modo nei volti dei loro figli, nipoti e pronipoti, portoghesi, italiani, ucraini, tedeschi, giapponesi, rumeni, spagnoli, siriani, libanesi - per non parlare di quelli, numerosi, che portano nelle vene un sangue uguale al mio, sangue polacco.

Ben prima che immaginassi di venire fino a qui e che prevedessi questo incontro, già conoscevo questo aspetto del Paranà, punto di arrivo di moltissime correnti migratorie, punto di incontro di fratelli venuti dai più lontani angoli del mondo. In questo fenomeno, che la fredda etichetta di "immigrazione" definisce tanto poveramente, si nasconde una mirabile ricchezza di aspetti umani e - perché no? - evangelici.


3. Primo fra tutti, l'accoglienza franca e generosa che, appena nato all'indipendenza politica, questo paese incomincio ad offrire alle popolazioni più diverse. Quando difficili congiunture storiche fecero scendere su vari paesi d'Europa lo spettro della fame, immense terre del sud del Brasile si offrirono a braccia disposte a coltivarle, ma soprattutto una nuova patria fu data a chi accorreva. Quando in una nazione l'eccesso di popolazione comincio a creare seri problemi di spazio vitale, il Brasile ha saputo aprire, con prodigalità e intelligenza, i suoi spazi quasi illimitati. C'è un'arte nell'accoglienza, c'è un certo modo di ricevere: cose queste che è impossibile codificare nelle leggi e nelle norme dell'immigrazione, ma che il Brasile, grazie alle qualità del la sua gente, conosce e applica perfettamente. Esisteranno paesi in cui l'assimilazione e l'integrazione dell'immigrato avvengono con uguale naturalezza? Perché con una naturalezza maggiore di questa non è possibile. Non credo di aver visto in altro posto gli immigrati e i loro figli e nipoti sentirsi così appassionati per la terra che ha accolto loro o i loro padri, così "campanilisticamente" legati al Brasile, al tempo stesso in cui non rinnegano i propri paesi di origine.

Voglio perciò, come figlio di una patria da dove molti figli sono qui venuti, rendere un sentito omaggio alla grande e inconfondibile ospitalità di questo paese.


4. Ed ccco ora il secondo aspetto. Accolto senza reticenze né preconcetti, l'immigrato ha ripagato immediatamente l'ospitalità ricevuta. Non si esagera nel dire che il Brasile moderno, che ho già avuto modo di vedere pulsare di vitalità a Brasilia, a Rio de Janeiro, a Belo Horizonte, Sao Paulo e Porto Alegre, e che ora vedo pulsare qui, è il prodotto anche del lavoro duro, ma libero e gioioso di centinaia di migliaia di immigranti. Penso che assieme a Sao Paulo e al Rio Grande do Sul, il Paranà sia un magnifico esempio di questo. E non c'è dubbio che l'operosità dell'immigrante, sommandosi a quella dei brasiliani lunga data, poteva solo arricchire con un senso nuovo il progresso del paese. Sarebbe eccessivo parlare di un'impronta profondamente solidale e fraterna di questo progresso? Non voglio passare sotto silenzio, durante questa eucaristia un omaggio di affetto agli immigranti che aiutarono a costruire il Paranà e il Brasile. La loro venuta qui non si è compiuta sempre in modo piacevole. Molte volte è stata una storia di sofferenze e di amarezze quella di ogni famiglia e di ogni gruppo che giunse qui. Non sarà mancata nessuna di quelle spine che normalmente accompagnano l'uscita dalla propria patria, in cerca di un'altra. Malgrado tutto, quegli uomini e donne hanno saputo acclimatarsi nella nuova terra, costruire una nuova patria, creare famiglie la cui povertà materiale andava di pari passo con altissimi valori umani, morali e religiosi. Hanno saputo soprattutto amare la loro nuova patria, e lavorare per essa. Darle figli e nipoti di prima qualità nel sacerdozio, nelle arti, nella politica, nella letteratura.


5. Il terzo aspetto è quello che oggi si presenta ai miei occhi: la prodigiosa integrazione nella mescolanza di razze di cui il Brasile dà esempio. Ebbi occasione di dirlo, ma lo ripeto volentieri a causa dell'ammirazione - e dell'emozione che il fatto suscita in me: di tutte le bellezze del vostro paese, non so se portero nel cuore immagini di bellezza più toccante e significativa di quella della concordia, della gioia spontanea, del senso di autentica fraternità che caratterizza qui la convivenza delle più diverse razze.

A questo festoso incontro sono anche presenti numerosi cittadini di origine italiana, ai quali desidero rivolgere un affettuoso saluto ed un cordiale augurio.

Il mio è il saluto del Papa, cioè del Vescovo di Roma, di quella Roma che non solo è il centro del cattolicesimo, ma è anche la capitale della vostra cara patria di origine, che avete lasciato per cercare lavoro, ma che conservate nel vostro cuore e in cima ai vostri pensieri con immenso amore, per quello che essa ha rappresentato per voi, per i vostri parenti, per la storia del mondo e per la storia stessa del cristianesimo.

Vi esorto a conservare quei tesori di luce, di verità, di cultura, di arte, ma specialmente quei grandi valori umani e cristiani, che hanno sempre caratterizzato e fatto la vera gloria del popolo italiano: la sua cordialità per tutti; l'apertura alla solidarietà universale; la grande carica umana; l'attaccamento al nucleo familiare; il senso del dovere; l'impegno per il lavoro.

Conservate intatta, anzi fate fruttificare, con una testimonianza coerente e chiara, il tesoro della fede cristiana, che vi è stato dato con il battesimo.

Siate fieri di essere cristiani! Dimostratelo sempre con la parola, con il comportamento, nell'ambiente di lavoro, nella famiglia, nella professione, senza alcun rispetto umano! La mia benedizione apostolica confermi questi miei auguri! Desidero rivolgere una parola di saluto e di affetto anche alla popolazione di origine tedesca, che proprio nella regione a sud del Brasile è particolarmente numerosa e la cui presenza si è rivelata importante per lo sviluppo sociale del paese. Come gli emigranti di altre nazioni, anche i vostri predecessori hanno dato un apporto decisivo alla bonifica e alla coltivazione del Brasile. Essi hanno dato un'impronta a villaggi, città e ad intere regioni con l'eredità spirituale e culturale della loro patria e questa si incunea, elemento importantissimo, nel popolo brasiliano e nella sua cultura.

Come supremo pastore della Chiesa, cari fratelli e sorelle di ceppo tedesco, desidero in quest'occasione ricordarvi soprattutto che questa eredità dei vostri padri è principalmente un'eredità cristiana, e che la fede in Cristo e la vostra appartenenza alla Chiesa di Gesù Cristo sono tesori preziosi ed ineguagliabili, che avete ricevuto dalle mani dei vostri predecessori. Vale qui ricordare quanti sono stati i sacerdoti e i religiosi venuti dalle vostre file, che hanno portato numerosi la vita religiosa in molti campi di questo paese. La fedeltà alla vostra eredità spirituale e culturale significa perciò in modo speciale fedeltà alle vostre origini religiose e ad una condotta di vita cristiana nelle vostre famiglie, nelle comunità, nella professione e nella società.

Il successore di san Pietro, con questa sua visita desidera incoraggiarvi e rafforzarvi, insieme a tutti i fratelli di fede, in questa fedeltà alla vostra fede cattolica. Perciò impartisco di cuore a voi e a tutti i vostri fratelli e sorelle di origine tedesca nel grande Brasile la benedizione apostolica.

Ed ora mi rivolgo a voi, cari ucraini.

Ringrazio anche voi che avete voluto salutare nella mia persona il vicario di Cristo sulla terra.

Qui a Curitiba c'è il centro della vostra vita ecclesiastica, poiché qui c'è la sede della vostra diocesi, che è stata eretta dal mio predecessore Paolo VI di venerata memoria; qui a Curitiba ebbe inizio la vostra vita religiosa, in quanto qui, oltre 80 anni fa, il primo sacerdote cattolico ucraino ha celebrato la prima santa liturgia nel vostro rito per i vostri antenati nella festa di san Giovanni Battista, e per questo a lui è dedicata la vostra cattedrale e la vostra diocesi.

Adesso in onore del precursore di Cristo voi ucraini cattolici state per edificare qui a Curitiba una nuova chiesa cattedrale. E proprio oggi ben volentieri benedico la prima pietra di tale tempio.

Assieme alla prima pietra benedico di tutto cuore voi tutti qui raccolti.

In primo luogo benedico l'attuale zelante pastore il Vescovo Jefrem Krewey ed il suo predecessore il Vescovo Josyf Martenetz, uomo di virtù e di preghiera.

Benedico tutti i sacerdoti, tanto secolari che religiosi, ch lavorano per la santificazione delle vostre anime immortali. Benedico tutti coloro che li aiutano nel lavoro pastorale; e cioè: le suore ancelle dell'Immacolata, le suore basiliane, le suore catechiste di sant'Anna, le suore di san Giuseppe, e le catechiste del Sacro Cuore.

Benedico gli alunni del seminario minore e maggiore, speranza della vostra diocesi, nonché gli scolastici basiliani.

Bencdico i malati nei vostri ospedali, tutti coloro che sono afflitti nell'anima e nel corpo.

Benedico i bimhi nei vostri orfanotrofi. Benedico tutti voi, anziani e giovani: padri e figli, tutti qui presenti, nonché tutti gli ucraini nell'intero Brasile.

Siate fedeli ai comandamenti di Dio, siate leali cittadini dello Stato in cui vivete.

Stimate il vostro rito, amatelo, poiché esso preserva la vostra identità nazionale.

Iddio misericordioso vi abbia nella sua protezione per l'intercessione dell'Immacolata Vergine Maria e dei santi della vostra Chiesa.

Sia lodato Gcsù Cristo! (ai polacchi) Permettete che a quanto ho detto ieri, cari fratelli e sorelle, aggiunga un ricordo di alcuni nostri patroni, che hanno saputo tradurre il mistero della croce, il mistcro dell'amore divino nel linguaggio particolare della vita quotidiana e nelle diverse epoche, sin dall'inizlo, e l'hanno impresse nei cuori delle generazioni degli uomini credenti e nella storia della nostra nazione e della patria: santo Wojciech (Adalberto), san Stanislao Kostka, sant'Andrea Bobola, i beati Ladislao da Gielniow, Simone da Lipnica, Salomea, Ceslao, Kinga, Edvige Regina, Massimiliano Maria Kolbe, testimone particolare della croce di Cristo nei nostri tempi, Maria Teresa Ledochowska e tanti altri non canonizzati, ma tanto presenti nella vita della Chiesa e della patria. Voglio richiamare anche coloro che hanno vissuto qui, in questa terra, e hanno impresso su di essa il segno dell'amore di Cristo, e hanno reso la testimonianza della fedeltà alla croce.

Quanto desidero che la loro eredità viva e si sviluppi in voi, che loro stessi rivivano nei nostri tempi e nelle nuove generazioni, nella misura dei bisogni e dei doveri! Cari fratelli e sorelle, vi saluto tutti, vi ringrazio per le espressioni di unione con la s6anta Sede e per le preghiere che sollevate a Dio secondo le mie intenzioni. Pregate anche che io possa compiere nel modo migliore questa mia presente visita pastorale in Brasile, il mio servizio alla Chiesa in questo paese.

Tutti voi che siete qui, le vostre famiglie, i vicini, gli amici, i conoscenti, coloro che sono qui presenti con lo spirito e il cuore, io benedico cordialmente col segno della croce di Cristo, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.6. Celebrando qui, sotto l'invocazione della Pentecoste ricordata nella prima lettura, l'eucarestia che è il sacramento dell'unità e della fraternità dei discepoli di Cristo, ma che è pure germe di unità e fraternità nel mondo, voglio fare una richiesta a voi, e una per voi.

Per voi chiedo a Dio con il più gran fervore, che non si raffreddi mai, ma che anzi si rinvigorisca e cresca la profonda integrazione razziale che esiste tra di voi. Che in questa fraternità tra i vari popoli non manchi una speciale solidarietà con i vostri fratelli indigeni. Che ci sia ancora tra voi apertura per accogliere molti altri gruppi umani, che hanno bisogno di una nuova patria perché sono privati della loro.

E a voi chiedo, con affetto di padre e fiducia di fratello, che conserviate sempre questo aspetto del vostro essere. E questa mia richiesta si amplia in un augurio perché, in questo nostro mondo dove c'è ancora tanta discriminazione, gli uomini si comprendano sempre di più, si accettino gli uni gli altri per quello che hanno in comune, per far crescere la solidarietà, l'amore e la fraternità tra i popoli e perché si consolidino le basi della pace.

La Vergine Maria, Nostra Signora Aparecida, riceva la preghiera del Papa in questo senso.

Data: 1980-07-06 Data estesa: Domenica 6 Luglio 1980.


Il saluto alla diocesi nella cattedrale di Salvador da Bahia

Titolo: Crescete nella grazia e nella conoscenza del Signore

Signor cardinale arcivescovo, Signor arcivescovo coadiutore mons. Joao de Souza Lima, Signor vescovo ausiliare mons. Thomas Murphy, Fratelli miei nell'episcopato e nel sacerdozio ministeriale, Religiosi e religiose, Cari fratelli e sorelle, 1. La tradizionale ospitalità baiana di cui sono oggetto in questo momento, per la mia gioia e felicità, non poteva trovare espressione migliore della parola eloquente e sincera del vostro arcivescovo, il carissimo cardinale Avelar Brandao Vilela. Grato a lui e a tutta Bahia, desidero dirvi il mio grande grazie per l'accoglienza che mi riservate.

Calpestando questo suolo, ho coscienza di vivere un appuntamento con le fonti più pure del Brasile. Sul litorale baiano sono sbarcati gli scopritori. Non lontano da qui, la voce emozionata di Frei Henrique de Coimbra pronuncio, per la prima volta, nella terra appena scoperta, le parole della consacrazione. Qui fu creata la prima diocesi brasiliana. Questa città fu la prima capitale della patria, quando questa nacque all'indipendenza. Credo di poter dire, senza togliere nulla alle altre regioni del paese, che qui tocchiamo con mano la brasilianità nella sua essenza.

Per tutti questi motivi, voglio, in questa occasione, salutare cordialmente la popolazione di questa città e di tutto lo stato.


2. "Crescete nella grazia e nella conoscenza del nostro Salvatore" (2P 3,18), esortava il primo Papa, dando a Gesù - come fa spesso - questo nome di Salvatore, che fu dato alla vostra città. Con queste stesse parole io rivolgo a voi il mio saluto. E con parole di san Paolo auguro e prego che "si manifesti la bontà di Dio, Salvatore nostro e il suo amore per gli uomini" (cfr. Tt 3,4). La bontà del Salvatore per i pastori di questa arcidiocesi e di tutte le diocesi suffraganee.

Per i fedeli di queste varie chiese locali. Per i governanti e i responsabili del bene comune dello stato, in questa capitale e in tutte le città. Per coloro che esercitano responsabilità, per le famiglie, e soprattutto per quelle che patiscono tribolazioni o sono in lutto. Per i giovani e i bambini, come pure per gli anziani. Per gli ammalati e per chi è solo. La benignità è la "carità del Salvatore" siano con tutti voi e con tutti i vostri cari.


3. Mi sia permesso un saluto particolare al presbiterio di ognuna delle diocesi locali, di cui vedo l'immagine nei sacerdoti qui presenti. Ministri di Cristo sacerdote, chiamati ad agire "in persona Christi", cercate anche di vivere come se lo stesso Cristo vivesse in voi. E' l'unica forma di essere autentici educatori nella fede, pastori e guide dei fedeli che, qualche volta a gran voce, ma quasi sempre con una supplica senza parole, vi chiedono un orientamento per la loro vita, una luce per il loro cammino.

Un saluto anche ai seminaristi. Amate la vostra vocazione, come il dono più prezioso che vi è stato concesso. Coltivatela con la preghiera e il fervore dello Spirito, preparandovi con zelo al giorno in cui Cristo metterà in voi il sigillo della consacrazione sacerdotale.


4. Accogliete tutti, figli carissimi, i saluti e gli auguri del Papa, con l'affetto che egli vi pone. E la benedizione apostolica, che di cuore vi concedo, sia il pegno della grazia divina che vi faccia "vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo, nell'attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore" (Tt 2,12-13).

[Traduzione dal portoghese]

Data: 1980-07-06 Data estesa: Domenica 6 Luglio 1980.


L'incontro con i costruttori della società pluralistica - Salvador da Bahia (Brasile)

Titolo: Un mondo nuovo deve sorgere in nome di Dio e dell'uomo

Carissimi fratelli e sorelle!

1. Giunto a questa vostra città che si affaccia, stupenda, sulla baia de Todos los Santos, ho l'immensa gioia di contemplare, in questa piazza, questa vostra assemblea così numerosa.

Saluto il vostro Cardinale Arcivescovo Avelar Brandao Vilela, il suo Arcivescovo coadiutore, il suo Vescovo ausiliare, i loro più vicini collaboratori.

Saluto le autorità dello Stato e municipali. Saluto i sacerdoti, i religiosi e le religiose qui presenti. Saluto tutta questa folla, nella quale vedo figli e fratelli molto cari. Cerco i vostri volti uno ad uno, stringo le vostre mani e tutti vi abbraccio. Nella Chiesa non siamo massa amorfa e anonima. Non siamo numeri impersonali e ignoti gli uni agli altri. Siamo Popolo di Dio. Siamo amati uno ad uno dal Padre, nel Figlio, per mezzo dello Spirito Santo. Siamo persone capaci di rispondere all'appello del l'amore eterno di questo Dio, che da sempre ci ha conosciuti, e ci ha predestinati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo, che ci ha chiamati, giustificati e glorificati (cfr. Rm 8,30); perciò siamo tra noi dei fratelli, che si amano e formano un unico corpo.

Saluto te, Popolo di Dio che è in Salvador da Bahia; saluto questa Chiesa, eternamente amata dal Signore, con le stesse parole di san Paolo, che la liturgia ha fatto sue: "La grazia del Signore Gesù Cristo, l'amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi" (cfr. 2Co 13,13)!

2. Questo incontro è dedicato ai "costruttori della società pluralistica di oggi", venuti a titolo speciale a questo incontro, come emblema della realtà straordinariamente ricca di forze umane, intellettuali e sociali, che rappresenta nel mondo il Brasile. Saluto perciò in modo particolare voi, fratelli e sorelle che fate dell'edificazione della società il vostro ideale, il vostro onore, e anche il vostro travaglio quotidiano.

Ogni uomo è costruttore della società in cui vive. Il Concilio ecumenico Vaticano II l'ha messo in evidenza: "Ai laici - ha detto - tocca assumere la instaurazione dell'ordine temporale come compito proprio e, in esso, guidati dalla luce del Vangelo e dal pensiero della Chiesa e mossi dalla carità cristiana, operare direttamente e in modo concreto; come cittadini cooperare con gli altri cittadini secondo la specifica competenza e sotto la propria responsabilità; cercare dappertutto e in ogni cosa la giustizia del regno di Dio" (AA 7).

In tutti voi vedo i costruttori del Brasile di oggi e di domani. Se il Brasile è giunto alla soglia del XXI secolo come una nazione piena di promesse, ciò è avvenuto grazie allo sforzo di gruppi e di individui i quali, accettando la diversità insita in questa terra immensa, han cercato di migliorare se stessi, di accedere al benessere dovuto a sé e alle proprie famiglie, ai propri concittadini: e in tal modo hanno contribuito alla progressiva costruzione della comunità, della città, della nazione. Allo stesso modo voi siete chiamati a costruire l'avvenire del vostro paese: un avvenire di pace, di prosperità, di concordia, che sarà assicurato soltanto quando tutti i cittadini - ognuno secondo le proprie responsabilità, ma sorretti da un'unica comune preoccupazione - sapranno realizzare e mantenere in atto rapporti sociali fondati sul rispetto del bene comune, che pone al centro di ogni cosa l'uomo, creatura di Dio.

Nel sottolineare vigorosamente questa realtà, io mi rivolgo a tutti e a ciascuno di voi, ai presenti e ai lontani: lavoratori e industriali, professionisti e studenti, economisti e artisti, uomini della scienza e della tecnica, artigiani e giornalisti, uomini politici e contadini, abitanti delle megalopoli come dei piccoli centri. Tutti siete, in un certo modo e in una certa misura, i costruttori della società pluralistica di oggi! La parola dice già da sola tutta la complessità e la ricchezza del mondo moderno, nel suo dinamismo, nella sua vitalità, nella sua continua ascesa verso un livello più alto. Le mie felicitazioni a voi, uomini e donne che costruite il mondo di oggi e di domani! 3. Ma dove va il mondo? In quale direzione è rivolto? Non vi parlo qui da economista o da sociologo, ma in forza del mandato, della missione di pastore universale di quella Chiesa che il mio indimenticabile predecessore Paolo VI ha definita "esperta in umanità".

Se il quadro esaltante di forza e capacità creativa e costruttiva dell'uomo che la società odierna presenta, suscita in noi molta impressione e meraviglia, non meno impressionante è il quadro dell'alienazione a cui spesso la società è ridotta. Nella mia prima venuta nel vostro continente ho sentito il bisogno di dire ai Vescovi latino-americani riuniti a Puebla: "Forse una delle debolezze più vistose dell'attuale civiltà consiste nella visione inadeguata dell'uomo. La nostra è, senza dubbio, l'epoca nella quale molto si è scritto e parlato intorno all'uomo, l'epoca degli umanismi e dell'antropocentrismo.

Tuttavia, paradossalmente, è anche l'epoca delle angosce più profonde dell'uomo circa la propria identità ed il proprio destino, della retrocessione dell'uomo a livelli prima insospettati, l'epoca di valori umani conculcati come mai in precedenza" (Ioannis Pauli PP. II "Allocutio ad III Coetum Generalem Episcoporum Americae Latinae", I, 9, die 28 ian. 1979: "", II [1979] 198). Non è necessario ripetere, perché sono a tutti noti, i danni che ha portato all'uomo l'autosufficienza di una cultura e di una tecnica chiuse al trascendente, la riduzione dell'uomo a puro strumento di produzione, vittima di ideologie preconcette o della fredda logica delle leggi economiche, manovrato a fini utilitaristici e di parte, che hanno ignorato e ignorano il vero bene dell'uomo.

La stessa parola "pluralismo" porta con sé un pericolo. In una società che ama definirsi "pluralistica" esiste certamente una diversità di credenze, di ideologie, di idee filosofiche: ma riconoscere questa pluralità non mi dispensa certamente - né dispensa nessun cristiano che aderisca al Vangelo - dall'affermare la base necessaria, i principi indiscutibili che devono sostenere ogni azione che miri a costruire una società che deve rispondere alle esigenze dell'uomo, tanto a livello di beni materiali quanto di beni spirituali e religiosi, una società fondata su di un sistema di valori che la tengano al riparo dalle manipolazioni guidate dall'egoismo individuale o collettivo.


4. Consapevole della missione universale, che mi ha condotto in questi giorni in mezzo a voi, ho il dovere di proclamare alta la parola di Dio: "Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori" (Ps 126,1)! E' la risposta che la Chiesa deve dare soprattutto oggi: non si edifica la società senza Dio, senza l'aiuto di Dio. Sarebbe una contraddizione. E' Dio la garanzia di una società a misura d'uomo: anzitutto perché egli ha impresso la nobiltà suprema della sua immagine e somiglianza (cfr. Gn 1,26ss) nell'intimo dell'uomo; e poi perché Cristo è venuto a ricostruire questa immagine, deturpata dal peccato, e, come "redentore dell'uomo" lo ha riportato alla dignità insopprimibile della sua primitiva origine. Le strutture esterne - comunità e organismi internazionali, stati, città, attività dei singoli uomini - devono mettere in risalto questa realtà, darle lo spazio necessario; diversamente esse crollano, o si riducono a una facciata senz'anima.

La Chiesa, fondata da Cristo, indica all'uomo d'oggi la strada che deve seguire per costruire la città terrena, che è preludio - benché non esente da contraddizioni - della città celeste. La Chiesa indica il modo di costruire la società in funzione dell'uomo, nel rispetto dell'uomo. Il suo compito è inserire in tutti i campi dell'attività umana il lievito del Vangelo. E' in Cristo che la Chiesa è "esperta in umanità".

Ripercorrendo la storia della vostra patria, non posso non osservare che la Chiesa, realizzando la sua missione nei secoli passati, ha contribuito a fare questa stessa storia, a determinare i valori che costituiscono l'eredità culturale del popolo brasiliano.

La Chiesa è così legata al vostro popolo che, eliminarla, vorrebbe dire mutilare il patrimonio socio-culturale del popolo stesso. Per questo la Chiesa deve continuare a collaborare nella costruzione della vostra società, sapendo riconoscere e animare le aspirazioni di giustizia e di pace che trova nelle persone e nel popolo, nella loro saggezza e nei loro sforzi di promozione. Su questo punto la Chiesa vuole rispettare le funzioni attribuite agli uomini pubblici. Non ha la pretesa di intromettersi in politica, non aspira a partecipare alla gestione dei problemi temporali. Il suo contributo specifico sarà irrobustire le basi spirituali e morali della società, facendo il possibile perché ogni e qualunque attività nel campo del bene comune si sviluppi in sintonia e coerenza con le direttrici e le esigenze di una etica umana e cristiana.


5. Questo servizio, pur avendo come oggetto la realtà concreta, il compito concreto realizzato insieme, è anzitutto un servizio di formazione delle coscienze: proclamare la legge morale e le sue esigenze, denunciare gli errori e gli attentati alla legge morale e alla dignità dell'uomo su cui si basa, chiarire, convincere.

E' ciò che osservavo, nel già citato discorso a Puebla: "Occorre porre particolare attenzione nella formazione di una coscienza sociale a tutti i livelli e in tutti i settori. Quando aumentano le ingiustizie e cresce dolorosamente la distanza tra poveri e ricchi, la dottrina sociale, in forma creativa e aperta ai vasti campi della presenza della Chiesa, deve essere prezioso strumento di formazione e di azione" (Ioannis Pauli PP. II "Allocutio ad III Coetum Generalem Episcoporum Americae Latinae", I, 9, die 28 ian. 1979: "Insegnamenti di Giovanni Paolo II", II [1979] 208-209).

Nella sua dottrina sociale, la Chiesa non propone un modello politico o economico concreto, ma indica la strada, presenta dei principi. E lo fa in funzione della sua missione evangelizzatrice, in funzione del messaggio evangelico che ha come obiettivo l'uomo nella sua dimensione escatologica, ma anche nel contesto concreto della sua situazione storica, contemporanea. Lo fa perché crede nella dignità dell'uomo, creato a immagine di Dio: dignità che è intrinseca a ogni uomo, a ogni donna, a ogni bambino, qualunque sia il posto che occupa nella società.

Ogni uomo ha il diritto di aspettarsi dalla società che essa rispetti la sua dignità umana e gli permetta di condurre una vita conforme a questa dignità.

Nel discorso che ho pronunciato davanti all'organizzazione degli stati americani (Oea), il 7 ottobre dell'anno scorso, ho proposto l'uomo come l'unico criterio che dà senso e orientamento a tutto l'impegno di chi è responsabile del bene comune, dal semplice cittadino a chi è investito di potere.

Ho proposto come criterio l'uomo concreto con queste parole: "Quando si parla di diritto alla vita, all'integrità fisica e morale, all'alimentazione, alla casa, all'educazione, alla sanità, al lavoro, alla partecipazione responsabile alla vita della nazione, si parla della persona umana. E' questa persona umana che si trova spesso minacciata e affamata, senza casa e senza lavoro dignitosi, senza accesso al patrimonio culturale della sua gente o dell'umanità e senza voce per far sentire le sue angosce. E' necessario dare un impulso nuovo alla grande causa dello sviluppo integrale e devono farlo proprio quelli che, in un modo o nell'altro, stanno già godendo di questi beni; e che devono porsi a servizio di tutti coloro - e sono così numerosi nel vostro continente! - che sono privati di questi stessi beni in modo alle volte drammatico!" (Ioannis Pauli PP. II "Allocutio ad Legatos Consilii Nationum Americanarum (OEA) habita", 5, die 6 oct. 1979.

6. Mettere l'uomo al centro di tutta l'attività sociale, quindi, vuol dire sentirsi preoccupati di tutto quello che è ingiustizia, perché offende la sua dignità. Adottare l'uomo come criterio vuol dire impegnarsi per la trasformazione di ogni situazione e realtà ingiusta, per farle diventare elementi di una società giusta.

Questo è stato il messaggio che ho rivolto alle autorità di questo paese: questo è il messaggio che ho presentato ai lavoratori di Sao Paulo. Questo è il messaggio che anche a voi presento oggi, a voi costruttori della società, che mi ascoltate qui a Sao Salvador da Bahia.

Ogni società, se non vuol essere distrutta dal suo proprio interno, deve stabilire un ordine sociale giusto. Questo appello non è una giustificazione della lotta di classe - perché la lotta di classe è destinata alla sterilità e alla distruzione -, ma è un appello alla lotta nobile a favore della giustizia sociale nell'intera società.

Voi tutti, che vi chiamate i costruttori della società, avete in mano un certo potere, dovuto alla vostra posizione sociale, alle vostre situazioni e attività. Impiegatelo a servizio della giustizia sociale. Rifiutate il ragionamento ispirato dall'egoismo collettivo di un gruppo o di una classe, o basato sulla motivazione del profitto materiale unilaterale. Rifiutate la violenza come mezzo per risolvere i problemi della società, perché la violenza è contro la vita, distrugge l'uomo. Il vostro potere, sia politico che economico o culturale, mettetelo a servizio della solidarietà che si estende a tutti gli uomini, ma prima di tutto a coloro che ne hanno maggiormente bisogno, e i cui diritti sono spesso violati. Mettetevi a fianco dei poveri, coerenti con l'insegnamento della Chiesa, a fianco di tutti coloro che sono in un modo o nell'altro più sprovvisti di beni spirituali o materiali, ai quali hanno diritto.

"Beati i poveri in spirito" (Mt 5,3). Beati coloro che nella privazione sanno conservare la loro dignità umana; ma beati anche quelli che non si lasciano possedere dai loro beni, che non permettono che il loro senso di giustizia sociale sia soffocato dall'attaccamento a ciò che posseggono. Veramente beati i poveri in spirito!

7. Proponendovi questo messaggio di giustizia e di amore, la Chiesa è fedele alla sua missione e ha coscienza di servire il bene della società. La Chiesa non considera suo compito entrare nelle attività politiche, ma sa di stare al servizio del bene dell'umanità. La Chiesa non combatte il potere, ma proclama che è per il bene della società e per la salvaguardia della sua sovranità, che il potere è necessario; e che solo questo lo giustifica. La Chiesa è convinta che è suo diritto e suo dovere promuovere una pastorale sociale, cioè esercitare un influsso, con i mezzi che le sono propri, perché la vita della società diventi più giusta, con l'azione unanime, decisa ma sempre pacifica, di tutti i cittadini.

Mi rivolgo perciò a tutti quelli che nei diversi settori della società ne sono i costruttori: a loro giunge la mia parola, parola della Chiesa, qui a Salvador e in ogni altra parte del Brasile.

A voi, principalmente, che avete responsabilità particolari per la vostra posizione e potere di cristiani.

A voi, leader e militanti politici, voglio ricordare che l'atto politico per eccellenza è essere coerenti con una vocazione morale e fedeli a una coscienza etica che, al di là degli interessi personali o di gruppo, miri alla totalità del bene comune di tutti i cittadini.

A voi, educatori, che avete il compito di esplicitare ai giovani, in dialogo con loro, i valori che li faranno diventare a loro volta costruttori della società, chiedo che impostiate la vostra attività su fondamenti solidi e inculchiate nei giovani il senso della dignità della persona umana.

A voi, datori di lavoro, commercianti e industriali, la mia esortazione a includere nei vostri piani e progetti l'uomo in primo luogo: questo uomo che, con il suo lavoro e il prodotto delle sue braccia e della sua intelligenza, è costruttore della società, anzitutto della sua famiglia e poi della comunità più vasta. Non dimenticate che ogni uomo ha diritto al lavoro, non solo nell'ambiente urbano e nei poli industriali, ma anche nell'ambiente rurale.

A voi, uomini di scienza, a voi, tecnici, ho il dovere di ricordare: l'etica ha sempre il primato sulla tecnica, e l'uomo sulle cose.

A voi, lavoratori, devo dire: la costruzione della società non è compito esclusivo di chi controlla l'economia, l'industria o l'agricoltura. E' anche con il vostro sudore che costruite la società, per i vostri figli e per il futuro. Se avete il diritto di dire la vostra opinione sull'attività economica e industriale, avete pure il dovere di orientarla secondo le esigenze della legge morale, che è giustizia, dignità e amore.

A voi, specialisti della comunicazione, la mia richiesta: non incatenate l'anima delle masse con il potere di cui disponete, filtrando le informazioni, promuovendo esclusivamente la società dell'abbondanza, accessibile appena a una minoranza. Divenite al contrario i portavoce della sua dignità. Siate strumenti di giustizia, di verità e di amore. Difendere ciò che è umano significa permettere all'uomo l'accesso alla piena verità.


8. Si, fratelli e sorelle, costruire la società è prima di tutto prendere coscienza, non nel senso esclusivo di prendere conoscenza dei risultati di una certa analisi della situazione e dei mali della società, ma nella piena accezione della parola, cioè formare la propria coscienza secondo le esigenze della legge di Dio, del messaggio di Cristo sull'uomo, della dimensione etica di ogni attività umana.

Costruire la società è impegnarsi, mettersi dalla parte della coscienza, dei principi di giustizia, di fraternità e di amore, contro la logica dell'egoismo che uccide la solidarietà, e dell'odio che distrugge.

Costruire la società è passare oltre le frontiere, le divisioni, le opposizioni, per lavorare uniti. L'uomo ha in sé stesso la capacità di aprirsi all'altro. E Cristo ci interpella in modo provocatorio: "Chi è il mio prossimo?".

Nessuna opera duratura e veramente umana è possibile se non è fatta da tutti, con la collaborazione di tutte le forze vive della società, nel mutuo scambio tra tutti gli uomini e donne, senza distinzione di posizione sociale o di situazione economica.

Costruire la società è, infine, convertirsi continuamente, rivedere i propri atteggiamenti, per scoprire i preconcetti sterili e i propri errori, per potersi aprire agli imperativi di una coscienza formata alla luce della dignità di ogni persona umana, così come è stata rivelata e confermata da Gesù Cristo. E' aprire il cuore e lo spirito, perché la giustizia, l'amore e il rispetto alla dignità e al destino dell'uomo penetrino nel pensiero e ispirino l'azione.


9. Per la costruzione di un mondo a misura d'uomo, la Chiesa, "esperta in umanità", offre la sua collaborazione. Ma chiede anche la vostra: piena, sincera, generosa, senza seconde intenzioni.

Dipende da voi tutti e da ciascuno che il futuro del Brasile sia un futuro di pace, che la società brasiliana sia una convivenza nella giustizia.

Credo che sia giunto il momento in cui ogni uomo e ogni donna di questo immenso paese deve prendere una risoluzione ed impegnare decisamente le ricchezze del suo talento e della sua coscienza nel dare alla vita della nazione una base che deve garantire uno sviluppo delle realtà e delle strutture sociali nella giustizia. Chi riflette sulla realtà dell'America Latina, così come si presenta oggi, è d'accordo con l'affermazione che la realizzazione della giustizia in questo continente si trova di fronte a un dilemma preciso: o si realizza attraverso riforme profonde e coraggiose, secondo principi che esprimono il primato della dignità umana, oppure si realizza - ma senza un risultato duraturo e senza beneficio per l'uomo, di questo sono convinto - con la forza della violenza. Ciascuno di voi deve sentirsi interpellato da questo dilemma. Ciascuno di voi deve compiere la sua scelta in questo momento storico.

Fratelli e sorelle. Amici miei! Non abbiate paura di guardare in avanti, di camminare in avanti, verso l'anno 2000! Un mondo nuovo deve sorgere, in nome di Dio e dell'uomo! Non indietreggiate! La Chiesa si aspetta molto da voi. "Vuoi, assieme a me, costruire il mondo, elevarlo, farlo diventare migliore e più degno di te e dei tuoi fratelli, che sono i miei fratelli?". Non frustrate l'attesa di Cristo! Non deludete le speranze dell'uomo vostro contemporaneo! In questo sforzo immane, ma stupendo, sapete che il Papa sta con voi, prega per voi, vi porta nel cuore e, in nome di Cristo, vi benedice.

Data: 1980-07-06 Data estesa: Domenica 6 Luglio 1980.



GPII 1980 Insegnamenti - L'omelia della messa - Curitiba (Brasile)