GPII 1980 Insegnamenti - Il saluto allo Stato di Piaui all'aeroporto di Teresina - Teresina (Brasile)

Il saluto allo Stato di Piaui all'aeroporto di Teresina - Teresina (Brasile)

Titolo: Progresso senza odio verso lo sviluppo e la giustizia

Venerabili fratelli nell'episcopato, eccellentissime autorità, amati figli e figlie del Piaui e degli Stati vicini.

1. Le circostanze esigono che sia breve questo nostro incontro, ma voi lo rendete particolarmente intenso. Intenso nei sentimenti di affetto filiale, di gioia ed entusiasmo che mi state manifestando. Intenso nella emozione, contentezza e gratitudine che crescono dentro di me. Da parte mia non ho ragione di nascondere questi sentimenti e vi dico subito che vi considero figli molto cari e che sono felicissimo di trovarmi, anche se solo per alcuni momenti, tra voi.


2. Conosco la sincerità e la serietà della vostra fede cattolica. Accolgo quindi l'omaggio che mi tributate come diretto all'apostolo del quale sono l'umile successore e che udi dalle labbra di nostro Signore le tremende e significative parole: "Tu sei Pietro e su questa pietra edifichero la mia Chiesa" (Mt 16,18); come diretto a Gesù Cristo stesso del quale sono l'indegno vicario a capo della sua Chiesa.


3. La mia missione come pastore della Chiesa universale, voi ben lo sapete, è quella di annunziare agli uomini del nostro tempo la buona novella della salvezza, della quale la stessa Chiesa è depositaria. E' un messaggio di pace e di speranza, di giustizia e di fraternità, di solidarietà e di amore. Ma questo messaggio si rivelerebbe ben presto vuoto e inconsistente se in fin dei conti non proclamasse che solo nel Signore Gesù si compie la salvezza definitiva, poiché, fuori di lui, la pace e la speranza, la giustizia e la fraternità, la solidarietà e l'amore corrono il pericolo di perdere il proprio contenuto e di rivoltarsi contro l'uomo stesso. E' fin troppo vero ciò che afferma un importante documento del Concilio Vaticano II: che l'uomo rimane a se stesso un problema insolubile, che solo Dio dà risposta alle domande dell'uomo (GS 21) e che "solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo" (GS 22).

Per i problemi fondamentali dell'uomo, le sue incertezze e angustie, i suoi interrogativi e le sue ricerche la Chiesa ha una strada. Nessuno è obbligato ad imboccare o a seguire questo cammino, ma è mio dovere indicarlo e proporlo. Vi ringrazio perché sapete vedere in me principalmente questo: il messaggero della salvezza in Gesù Cristo.


4. So che per la sua speciale situazione geografica e per le condizioni climatiche questo vostro Stato soffre in un modo cronico il flagello della siccità. Questa è, tra altre varie e complesse, una delle ragioni per le quali esso si trova tra i meno favoriti e più sprovvisti del Brasile. Voi conoscete il dramma delle migrazioni in cerca di migliori condizioni con gli indescrivibili sacrifici, le dolorose situazioni umane, personali e familiari, gli squilibri, lo sradicamento che questo fenomeno è solito produrre. (può perfino darsi che molti tra quelli che si trovano qui adesso si siano già trovati nelle condizioni di coloro che hanno dovuto emigrare). Voi state sperimentando in molte delle vostre case le strettezze della sotto-alimentazione, della malattia, delle morti premature.


5. Nel mio breve passaggio tra voi io vorrei essere un pallido ma autentico riflesso dello stesso Signore Gesù che pure passo tra gli uomini attento a tutti, senza discriminazioni o esclusivismi perché portatore di un messaggio di salvezza per tutti, ma sollecito specialmente dei poveri e dei piccoli e dei sofferenti.

Non posso in questo momento tacere, a coloro tra voi che hanno potuto conquistare i beni spirituali del sapere, che dispongono di risorse materiali, di conforto e di benessere e che in uno o in altro settore occupano un posto di decisione, un invito che mi viene dal cuore: quello di assumere pienamente, senza riserve e senza pentimenti, la causa dei propri fratelli che si dibattono nella povertà. Questa è alle volte tanto deprimente e paralizzante che è impossibile rialzarsi e sfuggirne con le sole proprie forze. Non ci sia nessuno, in mezzo alla massa dei poveri di questa regione che possa dire, pensando ai fratelli che stanno meglio la frase tagliente del paralitico del Vangelo: "Io non ho nessuno" (Jn 5,7), nessuno che mi rialzi e mi faccia camminare. Voglia il cielo che i poteri pubblici di questo Stato, dando la mano alle forze vive nell'ambito dell'iniziativa privata, con l'aiuto specifico della Chiesa, creino finalmente per i poveri le possibilità di uscire dal cerchio della povertà, per accedere all'"essere-di-più" sospirato dai miei predecessori, soprattutto da Giovanni XXIII e Paolo VI.

Agli altri, gli oppressi dalla povertà, voglio dire prima di tutto una parola di conforto: che si sentano amati, stimati dalla Chiesa, e nella Chiesa, in modo tutto speciale dal Papa così come li stima e li ama lo stesso Gesù, Figlio di Dio, il quale, nello stabilire le basi del suo regno in questo mondo, non ha esitato a proclamare "beati" coloro che hanno un cuore di povero (cfr. Mt 5,3).

Ma voglio aggiungere anche una parola di speranza: non lasciatevi abbattere o distruggere dalle condizioni attuali, ma conservate sempre accesa la speranza di un domani migliore. E soprattutto una parola di stimolo: pur certi dell'aiuto di molti fratelli, non abdicate alle vostre capacità, fate di tutto per superare la povertà nociva e il suo corteo di disagi, non per aspirare alla ricchezza dell'iniquità ma alla dignità di figli di Dio.


6. Ed ora i miei auguri a voi, al caro Piaui e ai piauiensi: che spunti presto per voi l'aurora dello sviluppo integrale che, in un certo modo, già si sta annunciando. Che arrivi il progresso, non quello che minaccia di soffocare l'uomo, ma quello che lo eleva nella sua dignità. Non quello che corre il rischio di aumentare le ingiustizie, ma che instaura e consolida la giustizia. Che, superata ogni forma di isolamento, la vostra terra venga ad inserirsi nei benefici di una comunità, politicamente, socialmente ed economicamente ben qualificata. Che, finalmente, eliminati gli squilibri, poi possiate godere i frutti dell'equità.


7. Con la vostra tempra e il vostro carattere provato io so che non vi illudete pensando che la lotta contro le inclemenze del clima, e delle condizioni sociali sia facile: essa è ardua e alle volte ingrata. I meno agguerriti si perdono d'animo. Desidero e spero che lo sforzo convergente di molti vi aiuti a vincere gli ostacoli. E' rivolta specialmente a voi, in una forma direi allo stesso tempo patetica e insieme stimolante. e con un tono quasi di sfida la parola del Signore: "Soggiogate la terra" (Gn 1,28).


8. La vostra fede e la vostra pietà diano un nuovo impulso al vostro sforzo in vista di un pieno sviluppo. Questa fede ci dice che non è volontà di Dio che i suo figli vivano una vita sub-umana. Volontà di Dio è che ogni uomo raggiunga il meglio possibile la sua piena statura umana. Rivolgetevi a lui, padre buono e provvidente (cfr. 7,11), per trovare in lui non un alibi all'inerzia e alla passività, ma il coraggio per proseguire nei vostri sforzi. Colui che nella sua provvidenza fa crescere l'erba del campo e nutre gli uccelli del cielo (cfr. Mt 6,25) non dispensa l'uomo dal provvedere con il suo lavoro, anzi lo associa costantemente al mistero della creazione. E' dovere dell'uomo ricorrere a misure concrete ed efficaci per la promozione e lo sviluppo solidale di tutti. La solidarietà che deve ogni giorno di più sostituire le ideologie dell'egoismo, della prepotenza e dell'interesse, porterà tutti coloro che hanno una particella di responsabilità politico-sociale ad andare incontro a coloro che hanno bisogno di aiuto. Questa solidarietà, preziosa e valida già sul piano umano, cresce sul piano cristiano quando si considera che tutti gli uomini sono uguali agli occhi di Dio: figli tutti di questo Dio (Jn 3,2) che chiamano Padre (Ga 4,6) e quindi fratelli gli uni degli altri (Mt 23,8). Dio li ama tanto da non aver rifiutato di consegnare il suo unico Figlio perché non periscano ma abbiano la vita eterna (Jn 3,16).


9. Cari figli, voi siete questi figli di Dio da lui amati con un amore senza limiti. Incoraggiati da questo amore mettete in opera tutte le energie in vista del vostro progresso senza odio, senza inutili e sterili risentimenti, senza la violenza che non costruisce, ma con audacia e generosità. Sono sicuro che voi potete fare affidamento in questo senso sulla leale collaborazione di questa Chiesa della quale siete voi stessi parte attiva.

Piaui! Uomini dello Stato di Piaui, al cui servizio sono poste strutture a diversi livelli, nelle quali siete inseriti: conservate un "cuore di povero", per accogliere quell'aiuto che, ne sono certo, tutto il Brasile, tutti gli Stati del Brasile, tutti gli uomini del Brasile, a voi uniti in una sola nazione, vi daranno di certo; il Signore Gesù, lo stesso che proclamo "beati i poveri in spirito" (Mt 5,3), diceva sempre: "Voi siete tutti fratelli" (Mt 23,8).



10. Adesso devo proseguire il mio pellegrinaggio per incontrarmi con altri vostri fratelli. Sono contento e saro sempre contento del Piaui. Porto con me la nostalgia di questo incontro e il ricordo di tutti voi. E, esortandovi a vivere come uomini e come cristiani nella pratica del bene (cfr. 1P 2,15) sotto lo sguardo di Dio e la protezione di Maria santissima, nostra madre, vi lascio la mia benedizione. Ritornando alle vostre case qui a Teresina, nell'interno del Piaui, nel Maranhao e, chissà, in altri Stati, portate questa benedizione del Papa a tutte le vostre famiglie; specialmente agli anziani, ai bambini, agli ammalati e a coloro che sono nell'afflizione.

"Nostro Signore Gesù Cristo e Dio Padre nostro... conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene" (2Th 2,16ss).

Data: 1980-07-08 Data estesa: Martedi 8 Luglio 1980.


La visita al lebbrosario di Marituba - Belém (Brasile)

Titolo: La croce della sofferenza è fonte di grazia e di salvezza

Cari figli.

1. Da quando ho annunciato il mio viaggio in Brasile e durante la preparazione di questo viaggio ho ricevuto da varie colonie di lebbrosi di questo paese un grande numero di lettere che mi invitavano a visitarle. Dio sa quanto vorrei farlo.

Venendo qui a Marituba, incontrandovi e salutandovi con affetto di padre, è come se visitassi in questo momento tutte le colonie di lebbrosi del Brasile. Arrivi fino a loro la mia parola per dir loro quanto li stimo, quanto penso a loro e prego per loro.

Benedetto sia, dunque, Dio che ci concede la grazia di questo incontro.

E' di fatto una grazia per me potere, come il Signore Gesù di cui sono ministro e rappresentante, andare incontro ai poveri e agli ammalati per i quali egli ha avuto una vera predilezione. Non posso, è vero, come lui, curare i mali del corpo, ma egli mi darà, per sua bontà, la capacità di dare qualche sollievo agli spiriti e ai cuori. In questo senso desidero che questo incontro sia una grazia anche per voi. E' in nome di Gesù che ci troviamo qui riuniti: che egli sia in mezzo a noi come ha promesso (cfr. Mt 18,20).


2. Quando si incontrano per la prima volta e desiderano far amicizia, le persone sono solite presentarsi. Sarà necessario farlo? Conoscete già il mio nome e avete una quantità di informazioni sulla mia persona. Ma, poiché ho intenzione di far amicizia con voi, faccio la mia presentazione: vengo da voi come missionario mandato dal Padre e da Gesù per continuare ad annunciare il regno di Dio che incomincia in questo mondo ma si realizza solamente nell'eternità, per consolidare la fede dei miei fratelli, per creare una profonda comunione tra tutti i figli della stessa Chiesa. Vengo come ministro e indegno vicario di Cristo per vegliare sulla sua Chiesa; come umile successore dell'apostolo Pietro, Vescovo di Roma e pastore della Chiesa universale.

A Simon Pietro, benché debole e peccatore come ogni creatura umana, il Signore Gesù aveva dichiarato in un momento solenne che su di lui, come sopra una roccia stabile, avrebbe costruito la Chiesa (Mt 16,18). Gli promise anche le chiavi del regno con la garanzia che sarebbe stato legato o sciolto in cielo tutto ciò che egli avrebbe legato o sciolto sulla terra (cfr. Mt 16,19). Mentre stava per ritornare al Padre è ancora a Pietro che egli dirà: "Pasci le mie pecorelle, pasci i miei agnelli" (cfr. Jn 21,15ss). Vengo come successore di Pietro: erede della misteriosa e indescrivibile autorità spirituale che gli era stata conferita, ma anche della tremenda responsabilità a lui attribuita. Come Pietro ho accettato di essere pastore universale della Chiesa, desideroso di conoscere, amare, servire tutti i membri del gregge a me affidato. Sono qui per conoscervi. Devo dire che è grande il mio affetto per tutti e per ciascuno. Sono sicuro di potervi, almeno in qualche modo, servire.


3. E voi, chi siete? Per me siete innanzitutto persone umane, ricche di una dignità immensa che la condizione di persona vi dà, ricchi ciascuno della fisionomia personale, unica e irripetibile con cui Dio lo ha fatto. Siete persone riscattate dal sangue di colui che a me piace chiamare, come ho fatto nella mia prima lettera scritta a tutta la Chiesa e al mondo, il "Redentore dell'uomo".

Siete figli di Dio, da lui conosciuti e amati. Siete ora e lo sarete da qui in avanti per sempre miei amici, amici molto cari. Come ad amici mi piacerebbe lasciarvi un messaggio in occasione di questo incontro che la provvidenza divina mi permette di realizzare con voi.


4. La mia prima parola può essere solo quella di conforto e di speranza. So molto bene che, sotto il peso della malattia, abbiamo tutti la tentazione di abbatterci.

Non è raro chiederci con tristezza: perché questa malattia? Che male ho fatto io per averla? Uno sguardo a Gesù Cristo nella sua vita terrena e uno sguardo alla fede, alla luce di Gesù Cristo, sulla nostra propria situazione cambiano la nostra maniera di pensare. Cristo, Figlio di Dio innocente ha conosciuto nella propria carne la sofferenza. La passione, la croce, la morte sulla croce lo hanno provato duramente: come aveva annunziato il profeta Isaia, fu sfigurato, ridotto a non avere apparenza umana (Is 53,2). Egli non ha velato né nascosto la sua sofferenza, anzi, quando essa era più atroce, ha chiesto al Padre che allontanasse il calice (cfr. Mt 26,39). Ma il fondo del suo cuore rivelava una parola: "Non sia fatta la mia, ma la tua volontà" (Lc 22,42). Il Vangelo e tutto il Nuovo Testamento ci dicono che, accolta e vissuta così, la croce diviene redentrice.

La vostra vita non è diversa. La malattia è veramente una croce, croce alle volte pesante, una prova che Dio permette nella vita di una persona, dentro al mistero insondabile di un disegno che sfugge alla nostra capacità di comprensione. Ma non dev'essere guardata come una cieca fatalità. E non è neppure necessariamente e in se stessa una punizione. Non è qualcosa che annichilisce senza lasciare nulla di positivo. Al contrario, anche quando pesa sul corpo, la croce della malattia portata in comunione con quella di Cristo diventa sorgente di salvezza, di vita o di risurrezione per il malato stesso e per gli altri, per l'umanità intera. Come l'apostolo Paolo anche voi potete affermare che completate nel vostro corpo ciò che manca ai patimenti di Cristo, a favore della Chiesa (cfr. Col 1,24).

Sono sicuro che, vista sotto questa luce, la malattia, anche se dolorosamente mortificante, porta con sé germi di speranza e motivo di nuovo conforto.


5. La mia seconda parola è una richiesta, ma ancor più un invito e uno stimolo: non isolatevi a causa della vostra infermità. Tutti coloro che con dedizione, amore e competenza si interessano di voi, anche forse consacrandovi tutto il loro talento, tempo ed energie, insistono nel dire che nulla è meglio del sentirvi inseriti profondamente nella comunità degli altri fratelli e non tagliati fuori da essa. Noi diciamo ben altro a questi fratelli, con la forza di tutta la nostra convinzione: procurate di conoscere i vostri fratelli lebbrosi, state loro vicini, accoglieteli, collaborate con loro, accettate e suscitate la loro collaborazione.

Ma anche a voi dobbiamo dire: nessun motivo vi trattenga dall'inserirvi nell'ambiente che vi circonda e che vi si apre dinanzi. Sentitevi membri al più alto grado possibile della comunità umana che ogni volta di più prende coscienza di avere bisogno di voi, come ha necessità di ciascuno dei suoi membri.

A questa comunità voi potete offrire, sul piano umano, il contributo dei doni che avete ricevuto da Dio. Entro i limiti naturali è abbastanza vasto e variato il campo di questa possibile collaborazione. Sul piano soprannaturale che è quello della grazia, poi, ho voluto ricordarvi poco fa che, in comunione con il mistero della croce di Cristo, anche la croce della vostra sofferenza diventa una fonte di grazie, di vita e di salvezza. Sarebbe una grande pena disperdere per un motivo qualunque questo capitale di grazie di Dio. Che esso serva per molti, soprattutto per la Chiesa. Trovandomi nell'Amazzonia, dove è intenso e fruttuoso il lavoro missionario, di cui anche voi ricevete i frutti, oso chiedervi: fate della vostra condizione di ammalati un gesto missionario di immensa portata, trasformandola in fonte dalla quale i missionari possano attingere energie spirituali per il loro lavoro.


6. La mia terza parola è di fiducia: il Papa, assieme a tutta la Chiesa, vi stima e vi ama. Egli assume davanti a voi l'impegno di fare tutto quanto sarà in suo potere per voi e in vostro favore. Il Papa, anche se deve partire per nuovi compiti secondo il programma di questa visita e della sua esigente missione, rimane spiritualmente con voi: voglia il caro fratello monsignor Aristide Pirovano, vostro grande amico, vogliano i medici, gli infermieri, gli assistenti che qui si prodigano, essere i rappresentanti del Papa presso di voi facendo tutto ciò che egli farebbe e come lui lo farebbe se potesse rimanere sempre qui. Da parte mia faccio anch'io affidamento su di voi: come chiedo l'aiuto delle preghiere dei monaci e delle suore e di tante sante persone perché lo Spirito Santo ispiri e dia forza al mio ministero pontificio, così chiedo l'aiuto prezioso che può derivarmi dall'offerta delle vostre sofferenze e della vostra malattia.

Che questa offerta si unisca alle vostre preghiere, meglio, si trasformi in preghiera per me, per i miei diretti collaboratori, per tutti quelli che mi confidano le loro afflizioni e le loro pene, le loro necessità e le loro intenzioni.

Ma perché non incominciare subito questa preghiera? Signore, con la fede che ci avete dato, vi confessiamo Dio onnipotente, nostro Creatore e Padre provvidente, Dio di speranza, in Gesù Cristo, nostro Salvatore, Dio di amore, nello Spirito Santo, nostro Consolatore! Signore, fiduciosi nelle vostre promesse che non passano, vogliamo venire sempre da voi, trovare in voi sollievo nel nostro dolore. Tuttavia, discepoli come siamo di Gesù, non si faccia come vogliamo, ma si faccia la vostra volontà in tutto il nostro vivere! Signore, grati per la predilezione di Cristo verso i lebbrosi che hanno avuto la fortuna di entrare in contatto con lui, vedendoci in loro... vi ringraziamo anche per i favori che riceviamo in tutto ciò che ci aiuta, ci dà sollievo e ci conforta: vi ringraziamo per la medicina e per i medici, per l'assistenza e per gli infermieri, per le condizioni di vita, per coloro che ci consolano e che da noi sono consolati, per quelli che ci comprendono e ci accettano e per gli altri.

Signore, concedeteci pazienza, serenità e coraggio; dateci di vivere una carità gioiosa, per vostro amore, verso quanti soffrono più di noi e verso quelli che, non soffrendo, non hanno chiarito il senso della vita.

Signore, vogliamo che la nostra vita possa essere utile, vogliamo servire: per lodare, ringraziare, riparare e impetrare, con Cristo, per quelli che vi adorano e per quelli che non vi adorano, nel mondo, e per la vostra Chiesa, sparsa su tutta la terra.

Signore, per i meriti infiniti di Cristo, nella croce, "servo sofferente", e fratello nostro, al quale ci uniamo, vi preghiamo per le nostre famiglie, amici e benefattori, per il buon risultato della visita del Papa e per il Brasile. così sia.

Data: 1980-07-08 Data estesa: Martedi 8 Luglio 1980.


L'omelia della messa a Belém - Belém (Brasile)

Titolo: La devozione popolare a Maria, base per l'evangelizzazione

Signor Arcivescovo, monsignor Alberto Gaudenzio Ramos, signor Vescovo ausiliare, monsignor Taddeo Prost, miei fratelli nell'episcopato e nel sacerdozio ministeriale, miei amati fratelli e sorelle, religiosi, religiose e laici.

1. Questo momento di gioia e comunione ci trova riuniti a Belém [che significa Betlemme; n.d.t.], "casa del pane", per ricevere il pane della parola di Dio e, tra poco, il pane eucaristico, corpo del Signore. Il nostro incontro avviene nella Basilica della Madonna di Nazaret. Betlemme e Nazaret ci parlano anzitutto di Gesù, il Salvatore, nella sua vita nascosta, bambino e poi giovane, nel compimento della sua missione: "Ecco, io vengo... per fare, o Dio, la tua volontà" (He 10,7).

Betlemme e Nazaret ci parlano anche della Madre di Gesù, sempre vicina al Figlio eterno di Dio, Figlio suo secondo la carne, fedele lei pure nel compiere una missione di primaria importanza nel piano della salvezza divina: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1,38).

La Madonna ha progredito nel cammino della fede, sempre in comunione con suo Figlio. Lo segue passo passo, associandosi a lui, rallegrandosi e soffrendo con lui, amando sempre quelli che egli amava. E nei giorni che hanno preceduto la Pentecoste, il gruppo dei discepoli, Chiesa nascente, pieni di gioia e di fede per il trionfo di Cristo risorto e in ardente attesa dello Spirito Santo promesso, vogliono sentirsi molto uniti. Li troviamo in preghiera, "con Maria, la Madre di Gesù" (Ac 1,14). Era la preghiera di una famiglia: di quelli che il Signore aveva chiamati alla sua intimità, con la Madre che, "con il suo amore ha cooperato perché nascessero nella Chiesa i fedeli, membri di quel capo del quale ella è effettivamente Madre secondo il corpo", come diceva sant'Agostino (S.Augustini "De Virginitate", 6: PL 40,399).


2. E' stato sotto il patrocinio della Madonna della Grazia che, ad opera di intrepidi religiosi, si fondo qui una comunità cristiana, poi divenuta diocesi, da dove si è irradiato non senza difficoltà il Vangelo di Cristo in questa parte nord del Brasile. E lei, la Madre della divina grazia, accompagnava i missionari in questo loro impegno e sforzo e stava con la Madre Chiesa - di cui è prototipo, il modello e l'espressione suprema - all'inizio del suo radicarsi in queste terre benedette: benedette da Dio creatore con le bellezze e ricchezze naturali che ci meravigliano; e benedette poi da Cristo redentore, con i beni della salvezza da lui operata e che noi qui adesso celebriamo.

In questa eucaristia, in questa azione di grazie per eccellenza, come è sempre la messa, con Maria santissima rendiamo un omaggio riconoscente al Padre, per mezzo di Cristo, nello Spirito Santo: riconoscente per l'evangelizzazione e i benefici divini che essa ha recato; riconoscente per la carità dei missionari e la speranza che li animava e li faceva forti nel dilatare la fede, per mezzo della predicazione e del battesimo, e quelli che, con la vita nuova in Cristo, aumentarono qui la famiglia dei figli di Dio.




3. Belém e il suo santuario della Madonna di Nazaret sono monumenti del passato, come un segno dell'evangelizzazione ed esempio palpabile di pietà autentica verso la "Stella dell'evangelizzazione". Ma lo sono anche del presente: il presente di una Chiesa viva, e il presente della devozione mariana, in questa cara terra brasiliana.

"Tutte le generazioni mi chiameranno beata" (Lc 1,48), ha detto Maria nel suo canto profetico; "benedetta sei tu fra tutte le donne, e benedetto il frutto del tuo ventre, Gesù", le fanno eco lungo i tempi i popoli di tutte le latitudini, razze e lingue. Alcuni più illuminati, altri meno, i fedeli cristiani non cessano di ricorrere alla Madonna, alla Santa Madre di Dio: in momenti di gioia chiamandola "causa della nostra letizia"; in momenti di dolore, invocandola "consolatrice degli afflitti"; in momenti di smarrimento, implorandola "rifugio dei peccatori".

Queste espressioni di una ricerca di Dio, legate al modo di essere e alla cultura di ogni popolo e, non di rado, a stati d'animo emotivi, non sempre si presenteranno solidamente appoggiate su una adesione di fede. può perfino succedere che non siano debitamente separate da elementi estranei alla religione.

Pero sono una realtà degna di considerazione e, spesso, veramente ricca di valori autentici.

La religiosità popolare, legata normalmente alla devozione alla Madonna, ha certo bisogno di essere illuminata, guidata e purificata. Ma siccome è - come l'ha voluta chiamare il mio predecessore Paolo VI "devozione dei poveri e dei semplici", traduce generalmente una certa "sete di Dio" (cfr. Pauli VI EN 48). E poi, non è necessariamente un sentimento vago, o una forma inferiore di manifestazione religiosa. Contiene anzi, spesso, un profondo senso di Dio e dei suoi attributi, come la paternità, la provvidenza, la presenza amorosa, la misericordia, ecc...


4. Nei centri di culto mariano e nei santuari molto frequentati, accanto alla religione del popolo si nota comunemente anche la presenza, per un motivo o per l'altro, di persone che o non appartengono alla comunità ecclesiale, oppure che non sempre sono rimaste fedeli agli impegni e alla pratica della vita cristiana, o ancora che sono guidate da una visione incompleta della fede che professano.

Ora tutto questo esige una pastorale attenta e adeguata, e soprattutto molto pura e disinteressata, che va da una liturgia viva e fedele, a una predicazione assidua e sicura, alla catechesi sia sistematica che occasionale, in particolare nell'amministrazione dei sacramenti. Tra questi, nei luoghi di grande affluenza di fedeli, occuperà sempre un posto essenziale il sacramento della penitenza, specialmente se favorito dalla disponibilità caritatevole dei ministri del confessionale.

Perciò non si perda nessuna occasione per illuminare, purificare e irrobustire la fede del popolo fedele, anche quando ha un'impronta tipicamente popolare. Il fatto che in essa occupi un posto preminente la Madonna, come del resto succede nella totalità della fede cristiana, non esclude e neppure offusca la mediazione universale e insostituibile di Cristo, che rimane sempre la via per eccellenza per giungere all'incontro con Dio, come insegna il Concilio Vaticano II (LG 60).


5. Riuniti qui in famiglia, come fratelli che la vita mantiene fisicamente lontani gli uni dagli altri, in questo giorno di festa, vicini alla Madre comune, rivolgiamoci ora tutti a lei, alla Madonna. Non è forse vero che nelle riunioni familiari occasionali presso la mamma, tutti i fratelli si sentono più disposti alla bontà, alla riconciliazione, all'unità e a ritrovarsi nell'affetto fraterno? E poi in simili occasioni la pietà e l'amore filiale esigono che si lasci alla mamma l'ultima parola. Ed è il momento delle effusioni di affetto e dei buoni propositi che tranquillizzano il cuore materno.

Siamo arrivati a questo momento. Come Madre piena di bontà, la Vergine santissima non cessa di invitare tutti i suoi figli, membra del corpo mistico, a coltivare tra di loro la bontà, la riconciliazione e l'unità. Mi sia permesso in questo momento, come a un fratello maggiore, raccogliere ed interpretare quello che certamente sta nel cuore di tutti e depositarlo nel cuore immacolato della madre di Gesù e madre nostra. Invito tutti a seguire, in orazione silenziosa, la preghiera che faccio a nome di tutti: - Maria, tu hai detto, sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, che le generazioni ti avrebbero chiamato beata. Noi riprendiamo il canto delle generazioni passate, affinché non si interrompa, ed esaltiamo in te ciò che di più luminoso l'umanità ha offerto a Dio: la creatura umana nella sua perfezione, di nuovo creata in giustizia e santità, in una bellezza impareggiabile che chiamiamo "l'Immacolata" o "la Piena di Grazia".

- Madre, tu sei la "Nuova Eva". La Chiesa del tuo figlio, cosciente del fatto che solamente con "uomini nuovi" si può evangelizzare, cioè portare la buona novella al mondo per fare una "nuova umanità", per tua intercessione non manchi mai in essa la novità del Vangelo, germe di santità e di fecondità.

- Maria, adoriamo il Padre per le prerogative che brillano in te, ma lo adoriamo pure perché sei sempre per noi "l'ancella del Signore", piccola creatura.

Perché sei stata capace di dire "fiat" - si faccia - tu sei diventata sposa dello Spirito Santo e madre del Figlio di Dio.

- Madre, che appari nelle pagine del Vangelo mostrando Cristo ai pastori e ai magi, fa' che ogni evangelizzatore - Vescovo, sacerdote, religioso, religiosa, papà o mamma, giovane o bambino - sia posseduto da Cristo per essere capace di rivelarlo agli altri.

- Maria, nascosta nella moltitudine mentre tuo Figlio realizza i segni miracolosi del sorgere del regno di Dio, e che parli solo per dire di fare tutto quello che lui dirà (cfr. Jn 2,5), aiuta gli evangelizzatori a predicare non se stessi, ma Gesù Cristo.

- Madre, avvolta nel mistero del tuo Figlio, spesso senza poter capire, ma capace di raccogliere tutto e meditare nel cuore (), fa che noi evangelizzatori capiamo sempre che al di là delle tecniche e delle strategie, della preparazione e dei piani, evangelizzare è immergerci nel mistero di Cristo e tentare di comunicare qualcosa di lui ai fratelli.

- Madonna dell'umiltà nella verità, che ci hai insegnato nel cantico profetico che "Dio sempre esalta gli umili" (cfr. Lc 1,52), aiuta sempre i "semplici e i poveri" che ti cercano con la loro religiosità popolare, aiuta i pastori a condurli alla luce della verità ed ad essere forti e comprensivi allo stesso tempo, quando devono sradicare certi elementi non più genuini e purificare certe espressioni di devozione popolare.

- Madre, chiediamo per tua intercessione, come i discepoli nel cenacolo, continua assistenza dello Spirito Santo e docilità ad accoglierlo nella Chiesa; lo chiediamo per quelli che cercano la verità di Dio e per quelli che devono servirla e viverla. Che sia sempre Cristo la "luce del mondo" (cfr. Jn 8,12) e che il mondo ci riconosca come suoi discepoli perché rimaniamo nella sua parola e conosciamo la verità che ci farà liberi della libertà dei figli di Dio (cfr. Jn 8,32). così sia.

Data: 1980-07-08 Data estesa: Martedi 8 Luglio 1980.


L'incontro con i rappresentanti della diocesi di Belém, nella cattedrale

Titolo: Trasformare l'umanità con la perenne novità di Cristo

Signor Arcivescovo, signor vescovo ausiliare, Miei fratelli nell'episcopato, Amati figli e figlie in Cristo Signore, 1. Vi saluto tutti, cordialmente nella gioia di questo incontro in questa bella città e antica sede, fondata sotto l'egida di nostra Signora della Grazia e ancor oggi affidata al patrocinio di Maria santissima.

Questo saluto si estende e tutti quelli che vi sono cari e a tutti gli abitanti di questo stato del Parà e dei territori confinanti. Attraverso voi, miei fratelli vescovi in queste terre missionarie, attraverso voi, sacerdoti, religiosi e religiose, seminaristi, papà e mamme di famiglia, persone adulte e giovani, qui presenti, giunga il mio saluto particolare a tutti coloro che, nelle vostre comunità, hanno già udito la parola di Dio e si sforzano di metterla in pratica.

Gli auguri che faccio a tutti, in quest'ora, diventano una preghiera per quelli che soffrono nel corpo e nell'anima, per quelli che non hanno potuto venire, per i bambini, per gli anziani e per quelli che con abnegazione e disinteresse li assistono. Il Papa pensa a tutti con grande benevolenza e vorrebbe se fosse possibile, incontrarsi con tutti, personalmente: come fratello perché uomo, e come "ministro di Cristo e amministratore dei misteri di Dio" (cfr. 1Co 4,1). Abbiate almeno la certezza che nessuno resta escluso o dimenticato nell'affetto del Papa e nelle sue orazioni.

Si, il Papa prega per tutti, perché ama tutti: è venuto qui proprio per conoscervi e potervi amare ancora di più. E vorrei lasciare a tutti un ricordo.

Quale? Simbolicamente, dopo la Eucarestia celebrata poco fa, vorrei qui distribuire a tutti un pezzettino del pane della parola di Dio. Dico "un pezzettino" perché abbiamo poco tempo a disposizione.


GPII 1980 Insegnamenti - Il saluto allo Stato di Piaui all'aeroporto di Teresina - Teresina (Brasile)