GPII 1980 Insegnamenti - Responsabilità personale di ciascun Vescovo

Responsabilità personale di ciascun Vescovo


6. Giustamente concepita e realizzata, la conferenza episcopale è un impareggiabile punto di incontro e di dialogo per i Vescovi di un paese. In essa ciascuno troverà certamente aiuto, orientamento e incoraggiamento.

Tuttavia essa non può, né intende limitare, la responsabilità personale che ogni Vescovo assume nel ricevere, con l'ordinazione episcopale, la missione e i carismi necessari per compierla. Questa missione, che lo vincola alla sua Chiesa particolare, ma lo apre anche alla sollecitudine di tutte le Chiese, ogni Vescovo la compie come un impegno personale: è il suo compito di pastore.

Ricordando questo "munus" pastorale, non posso tacere una cosa che mi accompagna in questo incontro come motivo di gioia: è l'immagine, Vescovi brasiliani, che voi proiettate in tutta la Chiesa e nel mondo; immagine di povertà e semplicità, di dedizione piena, di vicinanza al vostro popolo, di perfetto inserimento nella sua vita e nei suoi problemi; immagine di Vescovi profondamente evangelici e conformi al modello proposto dal Concilio Vaticano lI. Io conoscevo già, per numerose testimonianze, questo aspetto della vostra fisionomia di Vescovi. Ma leggendo le vostre relazioni quinquennali, ricevendovi e conversando con voi nella mia casa, in occasione delle vostre riviste "ad limina apostolorum" con mia gioia e edificazione, con edificazione anche dei vostri fedeli, posso dirvi che ringrazio Dio per la vostra testimonianza di povertà e di presenza in mezzo alla vostra gente. E' forse necessario incoraggiarvi su questo punto? Lo faccio di cuore, chiedendo a Dio che vi faccia sempre più capaci di vera condivisione, cioè di gioire e di soffrire, di convivere e di collaborare con quelli che egli stesso ha affidato alla vostra cura pastorale.

Così inseriti nell'esistenza della vostra gente, dovete sentirvi più a vostro agio nell'esercizio della vostra missione, della quale Cristo pastore vi invita ad assumere tutti gli aspetti. Il vostro popolo ha bisogno che voi li assumiate, e, quantunque silenziosamente, ve ne supplica. Anch'io, chiamato a confermarvi nella vostra missione (cfr. Lc 22,32), mi auguro che lo facciate.

Quali sono questi aspetti?

6.1. - In mezzo al vostro popolo che, come i discepoli a Gesù, vi dice: "Insegnaci a pregare" (Lc 11,1), siate maestri di orazione. Siete i primi liturghi delle vostre Chiese; con esse e per esse celebrate i misteri sacramentali, specialmente l'eucaristia. Siete anche i primi responsabili di far pregare il vostro popolo e di promuovere una degna preghiera liturgica. E' importante che, in comunione coi vostri presbiteri, facciate ogni sforzo per un sano rinnovamento liturgico, evitando, da una parte, un attaccamento ingiustificato a forme liturgiche utili nel passato, ma che oggi non avrebbero senso e, dall'altra, gli abusi liturgici, la sperimentazione prolungata in materia liturgica, l'impero del soggettivismo e l'anarchia, tutte cose che rompono la vera unità, disorientano i fedeli, pregiudicano la bellezza e la profondità delle celebrazioni. Come Vescovi, una delle vostre principali attenzioni è quella di curare la purezza e la nobiltà delle celebrazioni liturgiche, certi che questo, lungi dal pregiudicare, rende più efficace la liturgia, la liturgia nel Brasile.


6.2. - Imitando coloro dei quali oggi noi siamo successori, indegni ma coscienti e responsabili, siate annunciatori costanti di Gesù Cristo e del suo messaggio.

Soprattutto per questo siamo stati chiamati, consacrati, dallo "Spirito Santo... posti... a pascere la Chiesa di Dio" (Ac 19,20): per rivelare agli uomini il mistero di Cristo, per fare risuonare la sua buona novella, per fare suoi discepoli molti uomini. Possiamo ripetere con san Paolo che non siamo venuti per insegnare alcuna scienza umana, ma Gesù Cristo e Gesù Cristo crocefisso (cfr. 1Co 1,23 1Co 2,1-2), perché in mezzo al nostro popolo non siamo esperti di politica o di economia, non siamo capi in funzione di qualche impresa temporale, ma ministri del Vangelo.

Questo è, per così dire, il punto più delicato della comunione tra i Vescovi. Essi possono differenziarsi di fronte a opzioni temporali accidentali, ma non possono non trovarsi inscindibilmente uniti quando si tratta del loro compito fondamentale, dell'annuncio evangelico di Gesù Cristo.


6.3. - Siate costruttori della comunità ecclesiale. Con forte insistenza e in vari documenti il Concilio Vaticano II dice che noi pastori siamo sacramenti - segni e artefici - di comunione. Con ciò esso sottolinea una dimensione essenziale del nostro ministero: quella di convocare coloro che sono dispersi, di riunire coloro che sono separati, di costruire così la Chiesa e di mantenerla nell'unità, malgrado tutte le forze di rottura e di disunione.


6.4. - Siate maestri di verità, della verità che il Signore volle affidarci, non per nasconderla o sotterrarla, ma per proclamarla con umiltà e coraggio, per promuoverla, per difenderla quando è minacciata. A quelli di voi che ho incontrato l'anno scorso a Puebla ho ricordato la triplice verità: su Gesù Cristo, sulla Chiesa, sull'uomo. A servizio di questa verità sono i teologi, e felice la Chiesa che trova in sé maestri capaci di approfondire questa verità, illuminati dalla rivelazione, dalla parola di Dio e dalla tradizione, dal magistero della Chiesa e, a questa luce, aiutati dalle scienze umane. I Vescovi seguano attentamente il ministero di questi teologi inserendolo nell'insieme del servizio ecclesiale; niente è più fecondo e arricchisce maggiormente la Chiesa. Il vero teologo sa, anche per un'intuizione soprannaturale, che spetta al Vescovo vigilare pastoralmente sulla sua attività teologica a beneficio della fede del Popolo di Dio.

Saremmo tutti felici se errori e deviazioni in questi tre campi - Cristo, la Chiesa, l'uomo - fossero qualcosa di remoto, forse possibile, ma irreale per il momento. Ma sapete che non è così. Perciò è per voi più che attuale il dovere doloroso, crocefiggente ma indeclinabile, di segnalare questi errori con serenità e fermezza e di proporre puntualmente ai fedeli la verità. Il Signore vi dia il carisma del discernimento per avere sempre presenti queste verità e la libertà e la sicurezza di insegnarle sempre, confutando tutto quanto a esse si opponga.


6.5. - Siate padri e fratelli dei presbiteri, vostri collaboratori nell'opera del Vangelo (cfr. Ph 4,3). Sono certo che la vostra esperienza di Vescovi non può che confermare la mia di 20 anni di Vescovo di Cracovia: se per un sacerdote è stimolante e incoraggiante contare sull'accoglienza e la collaborazione del suo popolo e sull'amicizia dei colleghi, non lo è meno - anzi direi che lo è maggiormente - contare sulla comprensione, la vicinanza e la difesa, nelle ore difficili, da parte del Vescovo. I presbiteri di una diocesi in generale capiscono che possano mancare al Vescovo doti di amministratore, di organizzatore, di intellettuale, ma soffrono se non trovano in lui la fiducia di un fratello e la sicurezza impregnata di affetto di un padre. Date il meglio di voi stessi per stare sempre vicini ai vostri sacerdoti. Ma soprattutto ricordatevi che per un Vescovo niente può essere più urgente e prezioso della santità dei suoi sacerdoti.

"Forma gregis", modello del gregge, non è esagerato né utopico chiedere al Vescovo che sia anche "forma pastorum", modello dei suoi sacerdoti in tutto ciò che costituisce la spiritualità - santità personale e zelo apostolico - del suo presbiterio.


6.6. - Siate padri attenti e vigilanti dei futuri sacerdoti. Sarei felice se in seguito a questo incontro rimanesse nei vostri cuori di pastori la ferma convinzione di dover diventare ancora di più, nelle vostre diocesi, suscitatori di vocazioni per il ministero presbiterale e per la vita religiosa. Un Vescovo può essere sicuro che non perde mai il tempo, i talenti e le energie che impiega a questo scopo. Vigilate, dunque, sui vostri seminari, coscienti che ogni imperfezione o deviazione che ci fosse nella formazione dei futuri sacerdoti, per paura di essere esigenti, per accomodazione o per minore attenzione da parte vostra e dei collaboratori da voi scelti, è un danno per gli stessi seminaristi oggi e un danno maggiore per la Chiesa domani.


6.7. - Siate padri e fratelli dei religiosi che, vivendo pienamente la loro consacrazione, si trovano nel cuore della Chiesa al servizio del regno. Ci sia sempre la comunione più perfetta possibile tra il Vescovo e i religiosi e le religiose della Chiesa locale. Questa comunione consisterà, anzitutto, nel rispettare e promuovere il carisma generale della vita religiosa con le sue essenziali dimensioni, e il carisma particolare di ogni famiglia religiosa. Nel Vescovo i religiosi dovranno trovare sempre colui che li chiami a vivere sempre meglio la propria vocazione. D'altra parte, la comunione consisterà nel convocare e aiutare religiosi e religiose per un inserimento sempre più vivo e organico nel dinamismo pastorale della diocesi. Una delle esigenze di questo inserimento, da parte dei religiosi, sarà la decisione lucida di accogliere e rispettare il carisma dei Vescovi nella Chiesa come maestri nella fede e guide spirituali, dallo "Spirito Santo... posti... a pascere la Chiesa di Dio" (Ac 19,20). Le "mutue relazioni" tra Vescovi e religiosi, se ispirate alle virtù cristiane della fiducia, del rispetto, della lealtà, della carità e dello spirito di servizio, più che da mere norme giuridiche, si dimostrano immensamente utili alla Chiesa. Tanto più in un paese come il Brasile, dove la presenza e l'attività dei religiosi è particolarmente notevole lungo tutta la sua storia.


6. 8. - Siate padri generosi e accoglienti dei laici delle vostre Chiese. Il Concilio Vaticano II ha esplicato una teologia del laico come uno degli elementi più notevoli della sua ecclesiologia. Questa ci ricorda che il laico è, per definizione, discepolo e seguace di Cristo, uomo della Chiesa presente e attivo nel cuore del mondo, per gestire le realtà temporali e ordinarle al regno di Dio.

Questi laici aspettano dai loro pastori, anzitutto, alimento per la loro fede, sicurezza nei confronti degli insegnamenti di Cristo e della Chiesa, sostegno spirituale per la loro vita, orientamento fermo per la loro azione come cristiani nel mondo. Si aspettano anche il legittimo spazio di libertà per il loro impegno nell'ordine temporale. Aspettano aiuto e stimolo per essere laici senza rischio di clericalizzazione (e per questo si aspettano che i loro pastori siano pienamente tali senza rischi di laicizzazione...). I numerosissimi laici che qui in Brasile con impegno sempre maggiore si danno senza riserve al servizio della Chiesa possano trovare in voi tutto ciò di cui hanno bisogno per un servizio ancora migliore.


6. 9. - Siate, in nome del Vangelo, promotori dei grandi valori umani: anzitutto, della vera dignità dell'uomo, figlio e immagine di Dio, fratello ed erede di Gesù Cristo. La vostra vocazione di Vescovi vi proibisce, con totale chiarezza e senza mezze misure, tutto ciò che assomigli a faziosità politiche, a soggezione a questa o a quella ideologia o sistema. Ma non proibisce, anzi invita, a stare vicini e al servizio di tutti gli uomini, specialmente dei più deboli e bisognosi. Sapete che l'opzione preferenziale per i poveri, vivamente proclamata da Puebla, non è un invito a esclusivismi, né giustificherebbe che un Vescovo rifiutasse di annunciare la parola di conversione e di salvezza a questo o a quel gruppo di persone col pretesto che non sono poveri - del resto che contenuto si dà a questo termine? - perché è suo dovere proclamare tutto il Vangelo a tutti gli uomini, che tutti siano "poveri in spirito". Ma è un invito a una speciale solidarietà con i piccoli e i deboli, con quelli che soffrono e piangono, che sono umiliati e lasciati ai margini della vita e della società, per aiutarli a conquistare sempre più pienamente la propria dignità di persona umana e di figlio di Dio.

La Chiesa del Brasile - lo dissi già più volte in questo viaggio pastorale, particolarmente nel mio incontro coi fratelli della favela Vidigal a Rio de Janeiro - e ne è testimone il Cardinale - fa bene a manifestarsi come Chiesa dei poveri, Chiesa della prima beatitudine: "Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli" (Mt 5,3). così facendo, nell'esercizio della sua missione, la Chiesa serve anche al bene della società. Essa non ha la pretesa di assumere come funzione propria le attività politiche. Essa rispetta l'autorità costituita (cfr. 1P 2,13-17). Non lascia di proclamare che l'autorità è necessaria per il bene della società, per il mantenimento e l'esercizio della sua sovranità. D'altra parte, pero, essa rivendica come proprio diritto e dovere la pratica di una pastorale sociale, non sulla linea di un progetto puramente temporale, ma come formazione e orientamento delle coscienze, coi suoi mezzi specifici, perché la società diventi più giusta. E lo stesso deve fare la Chiesa, lo stesso devono fare i Vescovi nei diversi paesi del mondo e nei diversi sistemi esistenti nel mondo attuale.

E' compito dell'episcopato preparare e proporre il programma di questa pastorale sociale e di realizzarlo nell'unità collegiale. Nel Brasile è possibile organizzare tale azione con la prospettiva di molti frutti, perché in questo paese la Chiesa e l'episcopato costituiscono una vera forza sociale. Ma per raggiungere questo fine occorre soddisfare ad alcune condizioni fondamentali.

Anzitutto, questo programma sociale deve essere autentico, cioè sia coerente con la natura e l'identità della Chiesa, corrisponda ai suoi principi, che sono quelli del Vangelo, e si ispiri al suo magistero, specialmente al suo magistero sociale. In altri termini questa pastorale sociale non può basarsi su premesse che, per quanti meriti si vogliano loro riconoscere, sono contrarie alla verità cattolica nei suoi stessi fondamenti.

In secondo luogo, la pastorale sociale dovrà essere autenticamente brasiliana, senza per questo lasciare di essere anche universale. Essa deve rispondere alla verità integrale nei confronti del mondo contemporaneo. Deve tenere gli occhi aperti su tutte le ingiustizie e tutte le violazioni dei diritti umani, in qualsiasi luogo, nel campo dei beni sia materiali che spirituali. Se manca questa ottica fondamentale, essa corre il rischio di diventare oggetto di manipolazioni unilaterali.

Inoltre, il programma dell'azione sociale della Chiesa deve essere organico: deve considerare il legame che esiste tra i diversi fattori economici e tecnici, da una parte, e le esigenze culturali, dall'altra. In questo contesto si deve prestare speciale attenzione alla istruzione e all'educazione, pre-requisiti indispensabili per l'accesso a una promozione sociale uguale per tutti. Le audaci riforme, che sono necessarie, non hanno come obiettivo unico la collettivizzazione dei mezzi di produzione, tanto meno se con ciò si intende la concentrazione di tutto nelle mani dello Stato, convertito nell'unica vera forza capitalista. Lo scopo di queste riforme deve essere quello di permettere l'accesso di tutti alla proprietà, poiché questa costituisce in un certo modo la condizione indispensabile della libertà e della creatività dell'uomo, ciò che gli permette di uscire dall'anonimato e dall'"alienazione", quando si tratta di collaborare con il bene comune.

Da ultimo, l'azione sociale della Chiesa deve essere l'impegno di tutti quelli che portano sulle loro spalle parti significative della missione della Chiesa, ciascuno secondo la sua specifica funzione e responsabilità.

Così, i teologi non resteranno esposti a ogni tipo di obiezioni, se danno a ciò che insegnano un orientamento del tutto evangelico e cristiano, fedele agli insegnamenti della Chiesa. I ministri della Chiesa - Vescovi e sacerdoti - saranno consapevoli che la loro partecipazione più efficace a questa pastorale sociale non consiste nell'impegnarsi in lotte di partito o in opzioni di gruppi e di sistemi, ma nell'essere veri "educatori nella fede", guide sicure, animatori spirituali. I religiosi non cambieranno quello che costituisce il loro carisma nella Chiesa - consacrazione totale a Dio, orazione, testimonianza della vita futura, ricerca della santità - con impegni politici che non servono né a loro, che perdono la propria identità, né alla Chiesa che resta impoverita con la perdita di una sua dimensione essenziale, né al mondo e alla società, ugualmente privati di quell'elemento originale che solo la vita religiosa può apportare al legittimo pluralismo. Anche l'attività dei laici assumerà la sua genuina dimensione, perché acquista la visione dell'uomo integrale con tutte le sue componenti, "compresa la sua apertura all'assoluto, anche l'assoluto di Dio" (Pauli VI EN 33).


6.10 - In questo felice incontro con voi non potrei tralasciare un'ultima esortazione: siate fratelli del successore di Pietro, a lui uniti affettivamente ed effettivamente "in opus ministerii" (cfr. Ep 4,12). Soltanto "cum Petro et sub Petro" (AGD 38), indipendentemente dalla persona di colui che nei diversi tempi riveste la condizione di Pietro, il collegio episcopale e ciascun Vescovo trovano la pienezza della propria missione ecclesiale.

Ritengo superfluo ricordare che questa comunione col Papa si esprime nell'accoglienza della sua parola non solo quando è da lui personalmente pronunciata, ma anche quando giunge attraverso gli organi che collaborano con lui nel governo pastorale della Chiesa e parlano in suo nome, con la sua approvazione o per suo mandato.

Nulla è per me più confortante, come frutto della vostra visita "ad limina" e della mia visita a voi, che il sapere di poter contare su questa comunione sincera e generosa con la sede di Pietro, principio di unità e germe di universalità. Unito a voi "in cruce et spe episcopatus", il Vescovo di Roma, il pastore della Chiesa universale, trova rinnovato coraggio nel singolare ministero che il misterioso disegno di Dio ha voluto affidargli.

Memoria di fratelli Vescovi


7. - Non voglio terminare queste parole e chiudere questo incontro senza ricordare le figure di Vescovi che per quattro secoli e mezzo furono in questo paese i legittimi successori degli apostoli e qui dedicarono tutta la vita, tutte le energie alla costruzione del regno di Dio. Diverse le circostanze storico-culturali in cui furono chiamati a esercitare la loro missione, diverse le loro fisionomie umane, diverse le loro storie personali; pero tutti uomini che lasciarono segni del loro passaggio, cominciando da dom Pedro Fernandes Sardinha che fu il primo Vescovo del Brasile. Dobbiamo necessariamente limitarci nel citare nomi. Ma come non evocare figure come quelle di dom Vital Maria de Oliveira, di dom Antônio Macedo Costa, di dom Antônio Ferreira Viçoso, dei primi due Cardinali brasiliani dom Joaquim Arcoverde e dom Sebastiao Leme da Silveira Cintra, di dom Silvério Gomes Pimenta, di dom José Gaspar de Affonseca e Silva? Come non evocare qui a Fortaleza l'ammirabile figura di dom Antônio de Almeida Lustosa, che riposa in questa cattedrale, e che lascio in questa diocesi l'immagine luminosa di un uomo sapiente e santo? Possa il ricordo di questi fratelli e di tanti altri, che ci hanno preceduto con il segno della fede, stimolarci sempre più nel servizio del Signore.

Data: 1980-07-10 Data estesa: Giovedi 10 Luglio 1980.


Il saluto alla diocesi di Manaus - (Brasile)

Titolo: La Chiesa dell'Amazzonia è specialmente missionaria

Signor Arcivescovo amministratore apostolico di Manaus, signori Arcivescovi e Vescovi, carissimi fratelli e sorelle in Cristo.

1. La divina provvidenza è stata ancora una volta generosa con il Papa, riservandogli, dopo così grandi gioie, quella di venire a concludere qui, a Manaus, nel cuore della favolosa Amazzonia, l'intenso programma di questa visita pastorale. Io le sono profondamente grato per questo incontro con voi in uno scenario che parla del Creatore e proclama che "egli solo ha compiuto meraviglie" (Ps 135,4), ed innalzo al Dio uno e trino, nel nome del quale mi trovo qui, lode e omaggio.

Sono felice di potermi incontrare con la Chiesa - così segnatamente missionaria - di questa regione; di incontrarmi con la società civile, i suoi governanti e rappresentanti e, in modo particolare, sono molto riconoscente per la calorosa accoglienza di tutti, bene espressa nelle parole piene di bontà del signor Arcivescovo amministratore apostolico.


2. Presente dappertutto, il Signore ha voluto essere presente qui tra noi in altri modi particolari: realmente presente in corpo, anima e divinità nella santissima eucaristia che celebreremo; presente nella sua parola, affidata alla Chiesa come deposito e patrimonio, parola di vita e di verità che il Papa anche qui desidera annunciare; presente nel vicario di Cristo al quale fu dato il potere "di pascere le sue pecorelle e i suoi agnelli" (cfr. Jn 21,15ss); presente in ciascuno dei suoi "santi" cioè di coloro che vivono la vita divina; presente nella comunità di noi tutti qui riuniti nel suo nome; e presente infine nei "piccoli", in quei "poveri in spirito" che il Signore proclama beati (cfr. Mt 5,3), perché vuoti di se stessi per accogliere il regno e perché il Signore in qualche modo si identifica con loro: "Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,40).

Presenti davanti a lui e in lui uniti dal vincolo della carità, che sia il Signore a parlarvi attraverso "Pietro": a lui presto la mia voce e il mio visibile affetto perché a tutti arrivi un segno del suo amore.


3. Un saluto prima di tutto ai miei amati fratelli nell'episcopato, che, collegialmente uniti con me condividono la sollecitudine di tutte le Chiese. Con loro saluto la corona di sacerdoti, diocesani e religiosi. Voi siete un dono che Dio fa alla sua Chiesa. Per mezzo del sacramento dell'ordine il Signore, che vi ha scelto e vi ha chiamato, vi consacra con un nuovo titolo per essere servi del suo Vangelo dl salvezza (cfr. Ga 1,7): ci illumina tutti la visione della Chiesa come Cristo l'ha voluta, universale benché rivestita in ogni parte del mondo da aspetti e espressioni esteriori diverse, sempre una e unica. Per questo, mentre cercate di essere ben vicini al popolo e ai suoi problemi, fate bene a coltivare l'unità ecclesiale, "radicati e fondati nella carità" (cfr. Ep 3,17).


4. Saluto anche voi - sapete con quanta affettuosa stima -, cari religiosi e religiose. Per mezzo della vostra consacrazione voi avete posto la vostra vita nelle mani del Signore. Lasciatevi modellare da lui nell'intimità che si alimenta con l'orazione e l'adorazione "in spirito e verità", come il Padre vuole i suoi adoratori. Sia lo Spirito di amore a condurvi sempre nel cammino dell'ascesa spirituale, con povertà semplice, castità trasparente e obbedienza generosa.


5. A voi tutti, ugualmente amati figli che occupate posti di responsabilità o che siete impegnati in lavori più semplici come cristiani, a tutti si estende il mio stesso affettuoso saluto. In unione diretta con i vostri pastori e nella comunione che nella realtà del giorno-dopo-giorno date nel vostro essere ed agire e traducete in vita la testimonianza della buona novella.

Guardate a Cristo, nostro modello e maestro: egli passo "operando ed insegnando" (cfr. Ac 1,1). Egli ricorda a tutti noi il dovere della fedeltà alla vocazione ricevuta da Dio e agli impegni personalmente assunti nel battesimo. Per compierli siamo continuamente arricchiti con grazia su grazia.

Richiamo alla vostra memoria in questa circostanza che una cosa sola è necessaria: la coerenza con il nostro essere cristiani, la fedeltà dell'amore con cui Dio ci ha amato per primo e si aspetta il nostro amore. La verità è che siamo chiamati tutti - non temiamone la parola! - alla santità (e il mondo oggi ha tanto bisogno di santi!), una santità coltivata da tutti, nei vari generi e vita e nelle differenti professioni e vissuta secondo i doni e i compiti che ciascuno ha ricavato, avanzando senza indugi per la via della fede viva, la quale accende la speranza e opera per mezzo della carità (cfr. LG 41)

6. L'ultimo, ma cordialissimo, saluto che rivolgo è per gli amati indios, che incontrero tra poco.


7. Invio da questa cattedrale un saluto cordiale anche a tutta la popolazione di questa ospitale città e di tutta l'Amazzonia, territori e Stati vicini, pensando in particolar modo alle comunità cattoliche delle diocesi e prelature del Brasile del nord. E in un pensiero affettuoso voglio anche abbracciare coloro che soffrono nel corpo e nello spirito. Cristo sia la loro speranza e la loro pace.

Che la pace di Dio scenda su tutti voi e sopra ciascun abitante di questa città e su tutti coloro che vivono e lottano in queste meravigliose terre brasiliane.

Con la mia benedizione apostolica.

Data: 1980-07-10 Data estesa: Giovedi 10 Luglio 1980.


L'omelia della messa a Manaus - Manaus (Brasile)

Titolo: L'evangelizzazione suscita la fede e rende possibile una società più giusta

Signor Arcivescovo amministratore apostolico, miei fratelli nell'episcopato e nel sacerdozio ministeriale, carissimi religiosi e religiose, diletti fratelli e sorelle.

1. Nel programma di un viaggio pastorale intensamente anelato come questo in Brasile, il Papa ha desiderato in modo specialissimo questa visita all'Amazzonia e concretamente alla bella città di Manaus, capitale di questo grande Stato. Vorrei conoscere questa realtà originale e difficilmente paragonabile a tutto quanto ho potuto osservare in altri punti del paese. Desidererei offrire alle popolazioni di questa regione la possibilità di "vedere Pietro" nell'umile persona di questo suo successore. Davanti a questa vostra Chiesa missionaria desidero in modo particolare rendere un omaggio sincero alle missioni e ai missionari in generale.

Vi rivolgo, quindi, il mio saluto: a voi che siete qui presenti e, per vostro tramite, alle popolazioni e alle diocesi degli Stati dell'Amazzonia e dell'Acre, dei territori di Rondonia, Roraima e Amapà. Saluto anche i rappresentanti del gruppo giunto dal Venezuela.

Per voi offro il sacrificio eucaristico. A voi lascio la mia benedizione. Prego per il vostro benessere materiale e per l'aumento della vostra fede. Accompagno la vostra vita e i vostri lavori, le vostre angustie e le vostre speranze.

Vi chiedo pero di permettermi di rivolgermi, in questo momento della nostra eucarestia, in modo speciale ai vostri missionari. Parlando loro, parlero indirettamente di voi e a voi. Confermandoli nella loro missione confermo nella fede questa comunità ecclesiale da loro alimentata e sostentata.


2. Desidero ancora rivolgere un pensiero speciale al significativo gruppo rappresentante di tutta la popolazione che costituisce il popolo degli "indios" e ripeto sostanzialmente quanto dicevo ieri nell'incontro che ebbi con loro. La Chiesa vuole dedicarsi agli indios, oggi, come lo fece sin dalla scoperta del Brasile ai riguardi dei loro antenati. Il beato José de Anchieta in questo senso è un pioniere e in certo qual modo modello per generazioni e generazioni di missionari gesuiti, salesiani, francescani, domenicani, cappuccini, missionari dello Spirito Santo o del Preziosissimo Sangue, benedettini, e tanti altri.

Con meritevole costanza, essi cercarono di trasmettere il Vangelo agli indios, e offrir loro tutta la assistenza possibile, in vista della loro promozione umana.

Affido ai pubblici poteri, e agli altri responsabili, i voti che sgorgano dal mio cuore in nome del Signore, che agli indios, i cui antenati furono i primi abitanti di questa terra, sia riconosciuto il diritto di abitarla nella pace e nella serenità! Essi hanno paura, perfino panico, di essere scacciati a beneficio di altri, da uno spazio vitale che significa non solamente base per la loro sopravvivenza, ma addirittura preservazione della loro fisionomia come popolo! A questa situazione complessa e spinosa desidero che si dia una risposta ponderata, pertinente, intelligente a favore di tutti. così verrà rispettata e favorita la dignità e la libertà di ognuno degli indios, come persone umane e come popolo! Cari missionari: Vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, laici e laiche: incontrandomi oggi con voi mi accompagna un pensiero: meno di venti anni fa la divina provvidenza volle che l'allora Arcivescovo di Cracovia fosse intensamente e profondamente impegnato nella preparazione di uno dei più importanti documenti del Concilio Vaticano II, che egli avrebbe poi firmato insieme a migliaia di altri padri. Ho vissuto, in quei giorni memorabili di un Concilio eminentemente ecclesiale, le riflessioni, gli studi, i dibattiti che avrebbero definito la Chiesa come Popolo di Dio riunito in virtù dell'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, come segno e strumento della comunione degli uomini tra loro e dell'umanità con Dio, come sacramento di salvezza per il mondo al quale essa è inviata. Essi avrebbero proclamato anche che, in forza di ciò, questa Chiesa è essenzialmente missionaria. Paolo VI avrebbe ripreso con vigore questa parola nella sua magistrale esortazione apostolica "Evangelii Nuntiandi" sull'evangelizzazione: "Tutta la Chiesa è missionaria" (Pauli VI EN 59; AGD 35).

Pertanto, in questa Chiesa missionaria ho la coscienza di essere, in forza del ministero pontificio che un misterioso disegno di Dio mi ha affidato, il primo responsabile dell'azione missionaria. E' stata questa precisa responsabilità a portarmi in Brasile, a farmi venire da voi e a spingermi a parlarvi oggi con grande apertura di cuore.


3. Desidero innanzitutto portarvi stimolo e... incoraggiamento nella vostra fatica missionaria. Compito questo certamente esigente: esso quasi vi strappo dal vostro paese natale o da altre regioni del Brasile, oltre che dal seno della vostra famiglia: vi mette ora a confronto con una realtà il più delle volte spinosa e difficile; richiede da voi un lavoro i cui frutti probabilmente non sarete voi a cogliere.

Come meravigliarci, quindi, se in certi giorni sentite gravare su di voi questo compito come un peso che, per il momento vi sembra superiore alle vostre forze? In questi istanti, come d'altra parte in tutti gli altri, devono essere per voi fonti di conforto e di coraggio: - l'intima convinzione che per questa vostra missione non siete stati voi a presentarvi, per nessuna ragione umana: siete stati scelti e convocati dal primo e supremo missionario, nostro Signore Gesù Cristo; - la certezza che il vostro lavoro non solo è utile e necessario, ma è indispensabile per la costruzione della Chiesa in questa porzione di terra che, ben lo so, voi avete adottato come vostra; - l'affetto e la gratitudine che ha per voi il buon popolo al quale voi annunciate il Vangelo; - infine, lo dico con assoluta sincerità, l'immenso apprezzamento che il Papa nutre per il vostro lavoro, il rispetto, l'ammirazione e la fraterna amicizia che egli ha per le vostre persone.


4. Oltre a queste espressioni di incoraggiamento, desiderate che il Papa vi dica ancora qualcosa sulla vostra missione? Eccola: siate, in questa porzione della Chiesa alla quale Dio vi ha condotto per mano, ciò che siete divenuti: veri evangelizzatori. La vera evangelizzazione, secondo la stimolante prospettiva dell'"Evangelii Nuntiandi", è fondamentalmente l'annuncio esplicito di Gesù Cristo redentore dell'uomo e della sua buona novella di salvezza. E di conseguenza la comunicazione gioiosa e piena di speranza della rivelazione della paternità di Dio, del suo disegno di amore, del suo regno che ha inizio in questo mondo e tende alla sua pienezza nell'eternità. E' anche la proclamazione che in Cristo e per Cristo nasce un uomo rinnovato nella giustizia e nella santità e che, con uomini nuovi, deve nascere una società nuova retta dalle norme delle beatitudini e ispirata dalla carità che genera fraternità e solidarietà. Ogni opera evangelizzatrice mira pertanto a suscitare, approfondire e consolidare la fede e, alla luce della fede, a rendere possibile una società più giusta e più fraterna.

Per ciò che riguarda la fede voi incontrate in questo paese un popolo numeroso di battezzati, un popolo profondamente religioso, che ricorre a voi come a ministri di Gesù Cristo. Per una serie di circostanze storiche, tra le quali spicca la persistente insufficienza di sacerdoti e di altri ministri sacri, alla edificante pietà popolare della maggioranza di questa popolazione non corrisponde una adeguata formazione sia a livello di conoscenza della parola di Dio e delle verità fondamentali, sia a livello della pratica sacramentale, sia ancora a livello dell'inserimento della religione nella vita e nei diversi aspetti di questa.

Voi vi trovate d'altra parte di fronte a non poche situazioni di povertà, di ignoranza, di malattie, di emarginazione che reclamano un'attenzione disinteressata ed efficace di tutti coloro che possono aiutare la promozione umana integrale di queste grandi masse popolari.


5. La vostra attività missionaria vi spinge a rivelare a tutti, piccoli o grandi, il "mistero nascosto da secoli" (Col 1,26), a mostrare loro il volto di Dio, a nutrirli con i sacramenti, a insegnar loro il cammino della preghiera, lo spirito delle beatitudini. Ma a questa attività si aggiunge il molto che dovrete fare anche per aiutare i bisognosi nella loro promozione, nel passare da situazioni di miseria e abbandono, indegne di figli di Dio, a condizioni più umane di vita. così hanno fatto legioni di missionari prima di voi, nel Brasile stesso e nell'America Latina.

Ciò che importa pero - e lo dico qui in omaggio alla coscienza che certamente anche voi ne avete - è che il prezzo della vostra azione a favore della promozione materiale delle persone non comporti neppure lontanamente una diminuzione della vostra attività strettamente religiosa. Sarebbe questa una pericolosa contro-testimonianza, tanto più grave se doveste dare l'impressione di farlo sotto l'impulso di qualche imperativo ideologico. L'esperienza d'altra parte mostra che la testimonianza, i pronunciamenti e l'azione della Chiesa, a qualunque dei suoi livelli, soltanto hanno credibilità e vera efficacia nel campo sociale se basati su testimonianze, pronunciamenti e azione ancor più intensi nel suo campo principale, che è l'educazione della fede e della vita sacramentale. Se la Chiesa fa veramente così, attuerà la sua miglior forma di preparazione di cristiani che facciano tutto ciò in una linea di profonda ispirazione cristiana senza rischi di deviazioni.


6. Vorrei aggiungere un'altra parola, breve ma carica di sentimenti: è il messaggio di un sacerdote ai suoi fratelli sacerdoti. E' l'invito che voglio lasciarvi come ricordo di questa mia visita, perché siate missionari così profondamente tali che, questo non sia per voi solo un titolo, pur bello e glorioso, ma il contenuto più profondo della vostra vita sacerdotale. In altre parole: vi auguro che l'essere missionari sia la ragion d'essere della vostra vita, l'ispirazione profonda della vostra azione, il segreto della vostra spiritualità.

Il vostro modello nella spiritualità missionaria, quale altro potrebbe essere meglio dello stesso Cristo, missionario del Padre, costantemente immerso nell'adorazione di questo Padre celeste e costantemente donato, fino alla donazione finale sulla croce, all'opera di salvezza degli uomini, in totale obbedienza alla volontà dello stesso Padre? Il vostro atteggiamento interiore più radicale sia quello di buoni pastori pieni di compassione verso tutti coloro che Dio affida al vostro zelo, capaci di conoscerli come il pastore conosce le sue pecore, pronti a nutrirli con la parola e i sacramenti, a difenderli, a consumare per essi il vostro tempo, i vostri talenti, le vostre energie e la stessa vita. La vostra preoccupazione sempre alla luce di questa spiritualità missionaria, sia evangelizzare ancor più con la testimonianza della vostra vita che con le vostre parole. "Forma factus gregis", scriveva san Pietro ai primi missionari agli albori della Chiesa (1P 5,3): "siate modelli del gregge", vi dice oggi l'umile successore di Pietro, in questo incontro con voi. Il vostro costante stimolo sia una immensa carità, la carità che è riflesso in noi dell'amore di Cristo, della quale san Paolo diceva che ci spinge, letteralmente: essa ci stimola come un pungolo e ci fa camminare. Qui, sulle sponde del grande fiume, come non dirvi: "Aquae multae non potuerunt extinguere caritatem" (Ct 8,7)? Le copiose acque del Rio delle Amazzoni non riusciranno a spegnere il grande amore a Dio e ai vostri fratelli che vi ha portato qui, sono anzi immagine dell'immensità e del vigore che questo amore deve avere.


7. Ancora una parola: un commosso omaggio alle migliaia di missionari che dagli anni della scoperta fino ad oggi, hanno faticato in tutto il Brasile, e particolarmente nella regione amazzonica: "praedicaverunt verbum veritatis et genuerunt ecclesias" (hanno predicato le parole di verità e hanno generato chiese; S.Augustini "Enarr. in Ps." 44,23: CCL XXXVIII, p. 510). Quanti sono venuti dalle loro patrie d'Europa per non ritornarvi più, quanti esaurirono rapidamente le loro giovani energie, consumati dalla fatica o dalle malattie, quanti incontrarono la morte inghiottiti dalle acque, o dormono l'ultimo sonno sotto qualche tumulo senza nome in un angolo dell'immensa foresta? Io mi inginocchio davanti a ciascuna di queste tombe e ancor più davanti a ciascuna di queste figure di missionari, uomini come noi, con difetti e debolezze, ma ingigantiti dalla testimonianza del dono completo di se stessi alle missioni.

Essi sono i vostri precursori: non cedete mai alla facile tentazione di pensare che la missione incominci con voi, ma appoggiatevi sul molto che vi hanno lasciato questi vostri fratelli. Siano anche, molti di loro che oggi contemplano il volto di Dio, i vostri intercessori.

Tra loro, alcuni hanno ricevuto la gloria degli altari come i martiri del Rio Grande e, pochi giorni fa, il beato José de Anchieta, ai quali va la nostra venerazione. Altri, nascosti agli occhi degli uomini, hanno trovato, nella luce di Cristo risorto, il premio dei loro sacrifici. Possano essi ottenere da Dio, per voi, il coraggio nelle ore oscure, la gioia di servire con amorosa generosità, e soprattutto la fedeltà che vi faccia non guardare indietro, ma camminare sempre attratti dal Signore che un giorno dovrà dirvi, alla sera della vostra vita: "Bene, servo buono e fedele..., prendi parte alla gioia del tuo padrone" (Mt 25,21). Sarà questa la parola definitiva, premio delle vostre fatiche, sintesi della vostra vita.

Data: 1980-07-11Data estesa: Venerdi 11Luglio 1980.



GPII 1980 Insegnamenti - Responsabilità personale di ciascun Vescovo