GPII 1980 Insegnamenti - Con i giovani della comunità di sant'Egidio - Castel Gandolfo (Roma)

Con i giovani della comunità di sant'Egidio - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Speranza e solidarietà

"C'eravamo già incontrati un anno fa per la prima volta. Allora forse eravate meno numerosi di oggi. Mi raccontaste di voi con canzoni, danze e testimonianze. In seguito poi ci siamo incontrati in altre diverse occasioni, soprattutto durante le mie visite alle parrocchie di Roma dove voi svolgete la vostra missione, il vostro apostolato. Ho potuto cioè conoscere più da vicino la vostra attività nelle borgate romane e nelle parrocchie. Finalmente è poi venuto l'incontro, diciamo centrale, a sant'Egidio. Era stato previsto per il 9 marzo, un giorno molto significativo per la parrocchia di Santa Maria in Trastevere perché era la festa di santa Francesca Romana, una parrocchiana di Trastevere. Ma non fu possibile per quel giorno per una mia leggera indisposizione. così la visita è stata spostata all'ultima domenica di aprile. E dopo la visita alla Basilica ho potuto fare l'esperienza unica di incontrarvi a sant'Egidio. Mi son trovato tra gruppi di giovani lavoratori, studenti, tra anziani, sacerdoti, anche diversi generali di famiglie religiose, rettori e superiori di collegi romani ed ho subito compreso che la comunità di sant'Egidio non è una comunità "omogenea" ma è "pluralista", cioè diversificata ed io credo che questo sia molto bello perché voi accogliete persone diverse: giovani ed anziani. E voglio sottolineare soprattutto questo bellissimo aspetto: la condivisione della vostra vita giovane con quella degli anziani. Voi li rendete giovani e devo dire che è un esperienza ben riuscita poiché gli anziani fra voi sembrano più giovani dei giovani. Seguendovi cerco di apprendere la formula, il principio della vostra comunità, della vostra attività, del vostro apostolato. Dopo i nostri ripetuti incontri oggi posso dirvi che l'ho trovata e posso cominciare ad esprimerlo un po' meglio che non un anno e più mesi fa.

Voi avete la consapevolezza che l'uomo, giovane, maturo, adulto o anziano, l'uomo come la donna, soffre per diversi motivi. Motivi esterni, come la situazione sociale, politica, le minacce che gravano sul mondo. Ma soffre anche interiormente, nel suo intimo, per una sorta di rassegnazione, per la mancanza di un senso della vita. Voi avete trovato la strada, una strada molto semplice e puramente evangelica, per vincere questa rassegnazione alla mancanza di un punto di riferimento centrale per la vita umana: avete capito che bisogna cercare un altro uomo, che bisogna trovare una comunità che dia la speranza e la solidarietà.

Speranza e solidarietà: sono due parole che iniziano con la lettera "s" e che sembrano assai significative per la vostra spiritualità, per la vostra vita semplicemente, ed anche per i vostri canti. Li ho seguiti attentamente i vostri canti di questa sera; le parole che in essi si ripetono con maggior frequenza sono proprio queste due: speranza e solidarietà. E questo corrisponde al disegno divino: l'uomo è creato per ritrovare se stesso attraverso la comunione, la solidarietà. Speranza e solidarietà, se vogliamo, sono due parole molto simili; l'uomo e chiamato a trovare se stesso tramite una comunione con gli altri, tramite la solidarietà con gli altri. Voi avete trovato questa formula, che è la più antica; la ritroviamo già nel libro della Genesi, nei primi capitoli che io ho trattato per tante settimane. Su questa formula voi avete formato la vostra esperienza di vita, vissuta da diverse persone, in diversi ambienti qui a Roma e fuori Roma. E avete cercato altre strade anche fuori d'Italia perché la vostra esperienza si è rivelata interessante anche per gli altri, le altre Chiese, per i Vescovi ed i sacerdoti, ed anche per i laici.

Si tratta di una formula molto semplice, molto evangelica, molto umana.

Dopo un anno di incontri con voi, in diverse circostanze, ed anche dopo aver visto questo filmato sulle vostre esperienze concrete, ho compreso che questa è la formula, il principio, il fondamento della vostra comunità. Ed è una formula molto efficace e molto profonda perché appunto è evangelica, semplice ed umana.

Voi siete certamente in grado di rompere l'isolamento, l'autodistruzione di tanti giovani e di tanti anziani. Tra i giovani questa autodistruzione si manifesta anche con la droga. Voi siete capaci, siete stati capaci di vincere questa autodistruzione perché avete scoperto la solidarietà con un altro uomo e con lui avete cercato la solidarietà o piuttosto l unione con il Signore, con la parola di Dio, con Dio semplice mente. Voi vivete la comunione umana nella stessa dimensione portata da Cristo il quale ci ha dato la grandissima possibilità di vivere la vita umana, personale e comunitaria, nella dimensione della comunione con Dio. E questa è la proposta evangelica. E quando di questa proposta si fa formula di vita si è vinto per se stessi e per gli altri. così si diventa un cristiano vero, consapevole del perché del proprio essere cristiano e si diventa anche apostolo perché l'una cosa discende dall'altra. Come Vescovo di Roma devo dire che, dopo un anno di incontri con voi e con la vostra esperienza, sono molto contento di avervi qui in Roma, perché penso che il vostro movimento, la vostra esperienza e la vostra realtà, tutto quello che si trova sotto il titolo "comunità di sant'Egidio", costituisce un certo lievito evangelico, il lievito che deve far crescere la massa di questa realtà che si chiama Chiesa di Roma, o Roma semplicemente.

Il mio augurio è che voi siate sempre quel lievito, e che siate sempre di più lievito evangelico per la Chiesa di Roma e per Roma come tale.

Recentemente a Rio de Janeiro, dove sono stato ospite circa due settimane fa, in Brasile, fraternamente accolto dal Cardinale Arcivescovo Eugenio Araujo Sales, mi sono trovato in un ambiente simile a qualcuno forse esistente anche a Roma, ma per certi aspetti tipicamente brasiliano. Ho visitato le cosiddette "favelas", in particolare quella di Vidigal. Ho parlato agli abitanti delle "favelas" rivolgendogli un discorso sul tema delle beatitudini: "beati i poveri di spirito perché di essi è il regno dei cieli". Io credo che la vostra esperienza, il vostro metodo, questa strada o movimento che si chiama comunità di sant'Egidio, potrebbe cambiare anche la vita di questi "favelados", che sono gli abitanti delle "favelas", cioè degli ambienti più poveri ed emarginati delle grandi città brasiliane. Forse a Roma non ci sono delle "favelas" nel senso brasiliano; ce ne sono altre in senso più romano, più italiano, più europeo. Ma certamente dovunque, così in Italia, a Roma, come a Rio de Janeiro e in Brasile, si può comunque cambiare la vita con quella formula che è propria del vostro movimento. Una formula che, provenendo dal Vangelo, dalla parola di Dio, ha la forza di rinnovare la persona umana, l'ambiente umano. La comunità che ne nasce fa nuova la vita degli uomini. Sia questa la sintesi della serata vissuta con voi e sia la risposta a tutto quello che ho imparato da voi durante quest'anno come vostro Vescovo. Per questo sono molto grato a tutti voi e a tutta la comunità di sant'Egidio.

Data: 1980-07-20 Data estesa: Domenica 20 Luglio 1980.





Al movimento internazionale "Oasi" - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Nell'ascolto della parola di Dio la vostra "parte migliore"

Carissimi fratelli e figli appartenenti al movimento "Oasi"! 1. Partecipando al congresso internazionale in occasione del XXX anniversario di fondazione del vostro sodalizio, avete desiderato concluderlo con la santa messa celebrata dal Papa. E' davvero una grande gioia per me accogliervi in questa ricorrenza, che costituisce il punto culminante del vostro incontro e porgo, ai dirigenti e a voi tutto il mio saluto più affettuoso. E vi dico grazie per la vostra ardente e fervorosa giovinezza, per la vostra generosità, e per la letizia che recate a me, alla Chiesa ed al mondo! Sono trascorsi trent'anni da quel giorno in cui, durante l'anno santo 1950, nascostamente e umilmente sorse questo movimento ecclesiale, così impegnativo e determinante, che fu denominato "Oasi", perché volevate indicare - come sottolineo Pio XII, di venerata memoria - che "nel deserto di questo mondo, così arido perché così riarso" era vostro desiderio e vostra deliberata volontà che nascesse, crescesse e si moltiplicasse la vita di Dio, divenendo voi i canali, alimentati da colui che è sorgente di acqua viva (cfr. Pii XII "Allocutio ad "Oasi", die 23 nov. 1952: "Discorsi e radiomessaggi di Sua Santità Pio XII", XIV [1952] 399).

Da allora il piccolo seme si è sviluppato in un grande albero, che spinge i suoi rami fecondi in ben trentacinque Stati in tutti i continenti, raggruppando migliaia e migliaia di giovani che si lasciano guidare totalmente dall'amore di Cristo per dargli testimonianza nella società moderna. Di questo fenomeno spirituale così significativo ed efficace prima di tutto ringraziamo il Signore e la Vergine santissima, a cui siete particolarmente consacrati, e poi esprimiamo anche la vostra riconoscenza verso coloro che con fiducia l'iniziarono e l'hanno continuato con perseverante dedizione.


2. Oggi pero che, dopo le celebrazioni del trentennio, vi preparate a ritornare come lievito, nascosto ma prezioso, nella società, così bisognosa di certezza e di salvezza, voi attendete dal vicario di Cristo una parola programmatica, che vi impegni ulteriormente nella vostra "consacrazione" così bella e così necessaria.

Richiamandomi alla parola "Oasi" che suggerisce immediatamente l'idea di pace, di riposo, di serenità, desidero evocare l'incontro di Cristo con Marta e Maria, avvenuto a Betania che era un po' l'"oasi" di Gesù, come abbiamo letto nel Vangelo di domenica scorsa.

Scrive l'evangelista che Gesù venne accolto in casa da Marta: "Essa aveva una sorella di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola; Marta, invece, era tutta presa da molti servizi; pertanto, fattasi avanti, disse: "Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti". Ma Gesù le rispose: "Marta Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c'è bisogno.

Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta" (Lc 10,38-42).

Evidentemente Gesù non rimproverava Marta per la sua sollecitudine casalinga, piena di riguardi e di gentilezza, bensi per la sua eccessiva preoccupazione materiale, che quasi le faceva dimenticare la "precedenza assoluta" dovuta all'ospite divino; mentre elogiava Maria che, ascoltando Gesù, aveva scelto la parte migliore.

Ecco dove si trova "la parte migliore": nell'ascolto della parola di Dio, nell'ascolto del messaggio di Cristo! Ed ecco appunto dove sta lo "spirito" dell'Oasi! Voi volete scegliere la "parte migliore", ascoltando la parola di Cristo e rimanendo fedeli testimoni del suo messaggio salvifico.

Questa, infatti, è l'unica cosa, di cui abbiamo veramente bisogno: la luce della rivelazione e la potenza redentrice della grazia. Senza la luce di Cristo, tutto diventa enigmatico, oscuro, contraddittorio, perfino assurdo, come confermano, purtroppo, tante correnti dell'agnosticismo contemporaneo. E l'agitarsi frenetico delle moltitudini diventa una realtà tragica e paurosa, se manca la certezza che unicamente proviene dal Cristo salvatore. "Gesù Cristo è il Signore - ho detto recentemente alla folla di Curitiba -. Egli è l'unico orientamento dello spirito, l'unica direzione dell'intelligenza, della volontà e del cuore per tutti noi; egli è il redentore dell'uomo; egli è il redentore del mondo; in lui sta la nostra salvezza".

Voi, nell'Oasi, che ascoltando la parola di Dio volete scegliere la parte migliore, rimanete dunque fedeli e testimoniatela, in ogni luogo, con spirito di servizio e di amore! - Dalla parola di Gesù apprendiamo, anzitutto, la natura stessa di Dio, che è Vita, Luce, Amore, Trinità. Nessun filosofo e teologo può penetrare nell'essenza di Dio; solo Gesù, il Verbo incarnato, può rivelare e garantire questa verità fondamentale, per cui siamo certi che tra Dio creatore e gli uomini c'è un rapporto d amore: ogni essere umano è un palpito eterno dell'amore di Dio; - dalla parola di Gesù conosciamo il nostro destino eterno: solo Gesù, con la sua parola divina, ci può assicurare in modo assoluto l'immortalità dell'anima e la risurrezione finale dei corpi, per cui vale la pena nascere, vivere e proiettare la nostra esistenza al di là del tempo, verso la felicità senza fine; - dalla parola di Gesù impariamo, ancora, dove stia la vera dignità dell'uomo, e cioè nella partecipazione alla stessa vita divina, mediante la grazia. "Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" (Jn 14,23). La vera gioia, l'autentica grandezza, la suprema dignità si trovano unicamente nella vita di grazia; - dalla parola di Gesù apprendiamo come dobbiamo comportarci, perché egli ci rivela che la volontà di Dio è espressa nella legge morale e nel comandamento supremo della carità reciproca. La volontà di Dio, infatti, è la discriminante assoluta tra il bene e il male, la linea direttiva per la giusta condotta e per la vera pedagogia; - infine, dalla parola di Gesù conosciamo anche la sua presenza sempre attuale e viva nel tempo e nella storia, mediante la Chiesa, da lui voluta e fondata, che ci dà la sicurezza circa le verità da credere e da praticare e ci offre l'eucaristia, mistero di fede ed insieme suprema manifestazione di amore.


3. Questa è la "parte migliore", che volete scegliere ascoltando Gesù; questa è la ricchezza, che dovete possedere! Certamente, come scriveva san Paolo ai Corinti, "noi abbiamo un tesoro in vasi di creta", e cioè siamo fragili e deboli; ma tutto questo avviene perché "appaia che la potenza straordinaria viene da Dio e non da noi" (2Co 4,7). Perciò, abbiate sempre il coraggio della verità, della fermezza, della fedeltà allo spirito dell'Oasi.

Questo è il meraviglioso programma, che dovete attuare giorno per giorno; questo è il vostro servizio di amore, memori di ciò che disse il divino maestro agli apostoli: "...colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo... appunto come il Figlio dell'uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti" (Mt 20,26-28).

Carissimi giovani dell'Oasi! Il mondo ha bisogno della vostra fede, della vostra purezza, della vostra gioia, del vostro aiuto, del vostro sorriso. Anche voi, che avete scelto "la parte migliore", dovete essere evangelizzatori. Io vi affido a Maria santissima, con tenero affetto e con grande fiducia, e con voi le ripeto l'invocazione, che le ho rivolto durante il mio viaggio apostolico in Brasile: "Madre, avvolta nel mistero del tuo Figlio, spesso senza poter capire, ma capace di raccogliere tutto e meditare nel cuore, fa' che noi evangelizzatori capiamo sempre che, al di là delle tecniche e delle strategie, della preparazione e dei piani, evangelizzare è immergerci nel mistero di Cristo e tentare di comunicare qualcosa di lui ai fratelli" (Ioannis Pauli PP. II "Homilia in Missam in civitate "Belém" habita", die 8 iul. 1980: "", III,2[1980] 201).

Con questi voti vi imparto di cuore la propiziatrice benedizione apostolica, pegno di copiosi favori celesti, che volentieri estendo a tutti i membri ed amici delle singole Oasi del mondo! [Omissis. Seguono i saluti ai giovani dell'"Oasi" in altre lingue.]

Data: 1980-07-24 Data estesa: Giovedi 24 Luglio 1980.


Omelia della messa per un gruppo di pellegrini - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Pregare vuol dire conoscere il Padre

Sia lodato Gesù Cristo! "Signore, insegnaci a pregare": queste parole rivolte direttamente a Cristo, e ricordateci oggi, nella lettura del Vangelo, non appartengono soltanto al passato. Queste sono le parole ripetute continuamente dagli uomini, questo è un problema sempre attuale: il problema della preghiera.

Cosa vuol dire pregare? Come pregare? E perciò la risposta che ha dato Cristo è sempre attuale. E come ha risposto Cristo? In un certo senso lui insegno ai chiedenti le parole che dovevano pronunciare quando pregavano, quando si rivolgevano al Padre. Queste parole si trovano nelle due versioni evangeliche: il testo del Vangelo di oggi si diversifica leggermente da quello al quale siamo abituati nella nostra preghiera quotidiana: infatti noi ricordiamo il "Padre nostro" secondo la versione di san Matteo.

Il Cristo insegno dunque le parole della preghiera: le parole più perfette, le parole più complete; in esse tutto è racchiuso.

Tuttavia la risposta di Cristo non si limita esclusivamente al testo, alle parole che dobbiamo pronunciare quando preghiamo. Si tratta di un problema molto più pressante, e, si potrebbe dire, anche molto più complesso.

Cosa vuol dire pregare? Pregare vuol dire sentire la propria insufficienza, sentire la propria insufficienza attraverso le svariate necessità che si presentano all'uomo, le necessità che costantemente fanno parte della sua vita. Come, per esempio, il bisogno del pane a cui si riferisce il Cristo dando come esempio quell'uomo che sveglia il suo amico a mezzanotte per chiedergli del pane. Simili necessità sono numerose. Il bisogno del pane è, in un certo senso, il simbolo di tutte le necessità materiali, delle necessità del corpo umano, delle necessità di questa esistenza che nasce dal fatto che l'uomo è il corpo. Ma la scala di queste necessità è più vasta.

Alle risposte di Cristo, nella liturgia odierna, appartiene anche questo meraviglioso avvenimento della Genesi di cui il personaggio principale è Abramo. E il principale problema è quello di Sodoma e Gomorra; oppure, in altre parole, quello del bene e del male, del peccato e della colpa, cioè: il problema della giustizia e della misericordia. Splendido è questo colloquio tra Abramo e Dio e dimostra che pregare vuol dire muoversi continuamente nell'orbita della giustizia e della misericordia, è un introdursi tra l'una e l'altra in Dio stesso.

Pregare dunque vuol dire essere coscienti, essere coscienti fino in fondo di tutte le necessità dell'uomo, di tutta la verità sull'uomo, e, in nome di questa verità il cui soggetto diretto sono io stesso, e non solo io, ma anche il mio prossimo, tutti gli uomini, l'umanità intera; e in nome di questa verità rivolgersi a Dio come al Padre.

Allora, secondo la risposta di Cristo alla domanda: "Insegnaci a pregare", tutto si riduce a questo singolo concetto: imparare a pregare vuol dire "imparare il Padre". Se noi impariamo, nel senso pieno della parola, nella sua piena dimensione la realtà "Padre", abbiamo imparato tutto. Imparare il Padre vuol dire trovare la risposta alla domanda su come pregare, perché pregare, vuol dire anche trovare la risposta ad una serie di domande legate, per esempio, al fatto che io prego e in alcuni casi non vengo esaudito.

Cristo dà risposte indirette a queste domande anche nel Vangelo d'oggi.

Le dà in tutto il Vangelo e in tutta l'esperienza cristiana. Imparare chi è il Padre vuol dire imparare ciò che è la fiducia assoluta. Imparare il Padre vuol dire acquistare la certezza che lui assolutamente non potrà rifiutare niente.

Tutto ciò è detto nel Vangelo di oggi. Lui non ti rifiuta neanche quando tutto, materialmente e psicologicamente, sembra indicare il rifiuto. Lui non ti rifiuta mai.

Dunque imparare a pregare vuol dire "imparare il Padre" in questo modo; imparare ad essere sicuri che il Padre non ti rifiuta mai niente, ma che invece dona lo Spirito Santo a coloro che lo chiedono.

I doni che noi chiediamo sono diversi, sono le nostre necessità.

Chiediamo secondo le nostre esigenze e non può essere diversamente. Il Cristo conferma questo nostro atteggiamento: si, è così: dovete chiedere secondo le vostre esigenze, così come le sentite. Come queste necessità vi scuotono, spesso dolorosamente, così dovete pregare. Quando invece si tratta della risposta ad ogni vostra domanda, essa è data sempre attraverso un dono sostanziale: il Padre ci dona lo Spirito Santo. E lo dona in considerazione del suo Figlio. Per questo ha dato il Figlio suo, ha dato il Figlio suo per i peccati del mondo, ha dato il Figlio suo andando incontro a tutte le necessità del mondo, a tutte le necessità dell'uomo, per poter sempre, in questo Figlio crocifisso e risuscitato, donare lo Spirito Santo. Questo è il suo dono.

Imparare a pregare vuol dire imparare il Padre e imparare una fiducia assoluta verso colui il quale ci offre sempre questo dono più grande, e offrendolo non ci inganna mai. E se talvolta, o anche spesso, non riceviamo direttamente quello che chiediamo, in questo dono così grande - quando ci viene offerto - sono racchiusi tutti gli altri doni; pure se non sempre di ciò ci rendiamo conto.

L'esempio che ieri mi ha scosso è quello di un uomo che incontrai in un ospedale. Era gravemente malato in conseguenza delle lesioni riportate durante l'insurrezione di Varsavia. In quell'ospedale mi parlo della sua straordinaria felicità.

Questo uomo è arrivato alla felicità per qualche altra strada perché visibilmente, giudicando il suo stato fisico dal punto di vista medico, non vi erano motivi per essere così felice, sentirsi così bene e di considerarsi ascoltato da Dio. Eppure è stato ascoltato in un'altra dimensione della sua umanità. Ha ricordato il dono nel quale ha trovato la sua felicità pur essendo tanto infelice.

L'odierna liturgia che celebriamo in questi giardini vaticani di Castel Gandolfo, offre un'occasione forse particolare per unirci nello spirito con tutti i presenti e con quanti sono qui presenti attraverso di voi.

Se è vero che attraverso il mondo passa la rivoluzione, quella che avete decantato all'inizio del nostro incontro, allora questa rivoluzione è la più necessaria per l'uomo. L'uomo deluso da tanti programmi, da tante ideologie legate alla dimensione del corpo, alla temporaneità, all'ordine della materia, si sottomette all'azione dello spirito e scopre in sé il desiderio di ciò che è spirituale. Credo che oggi davvero una tale rivoluzione passa per il mondo. Molte sono le comunità che pregano, pregano come forse mai prima, in modo diverso, più completo, più ricco, con una più vasta apertura a quel dono che ci dà il Padre; ed anche con una nuova umana espressione di questa apertura. Direi, con un nuovo programma culturale della preghiera nuova. Simili comunità sono numerose. Desidero unirmi con esse dovunque si trovino: sulla terra polacca, e in tutta la terra.

Questa grande rivoluzione della preghiera è il frutto del dono, ed è anche la testimonianza delle immense necessità dell'uomo moderno e delle minacce che incombono su di lui e sul mondo contemporaneo. Penso che la preghiera d'Abramo e il suo contenuto sia molto attuale nei tempi in cui viviamo. E' tanto necessaria una tale preghiera, per trattare con Dio per ogni uomo giusto; per riscattare il mondo dall'ingiustizia. E' indispensabile una preghiera che si intrometta quasi nel cuore di Dio tra ciò che in esso è la giustizia e ciò che in esso è la misericordia.

E' necessaria una tale preghiera; una grande supplica per gli uomini, e per le comunità, per i popoli, per tutta l'umanità. La preghiera di Abramo.

Così la risposta di Cristo alla domanda "insegnaci a pregare" è sempre attuale; dobbiamo decifrarla nel suo contenuto originario come è registrata nel Vangelo; e dobbiamo decifrarla anche secondo i segni del tempo in cui viviamo.

Il frutto di tale ascolto della risposta di Cristo, di una tale lettura, sarà proprio la preghiera, ogni preghiera che recitiamo, ogni preghiera che celebriamo, anche questa che recitiamo e celebriamo ora: la preghiera più grande di tutte le preghiere, nella quale Cristo stesso prega con noi e attraverso di noi; nella quale il suo Spirito prega con "gemiti inesprimibili" (Rm 8,26), con noi e attraverso di noi che stiamo celebrando l'eucaristia. Amen. Data: 1980-07-27 Data estesa: Domenica 27 Luglio 1980.


Angelus Domini - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: La preghiera fa strada al bene e serve a superare il male

1. Siamo riuniti anche oggi, come tutte le domeniche, per la comune preghiera dell'"Angelus". La lettura della liturgia d'oggi (XVII domenica del tempo ordinario) ci incoraggia alla riflessione sulla preghiera. "Signore, insegnaci a pregare..." (Lc 11,1), dice a Cristo nel Vangelo uno dei suoi discepoli. Ed egli risponde loro richiamandosi all'esempio di un uomo, si, di un uomo importuno, che, trovandosi nel bisogno, bussa alla porta del suo amico addirittura a mezzanotte.

Ma ottiene ciò che chiede. Gesù, quindi, ci incoraggia ad avere un simile atteggiamento nella preghiera: quello dell'ardente perseveranza. Dice: "Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto..." (Lc 11,9).

Un modello di simile preghiera perseverante, umile e, nello stesso tempo, fiduciosa si riscontra nell'Antico Testamento, in Abramo, il quale supplica Dio per la salvezza di Sodoma e di Gomorra, se almeno vi si trovassero dieci giusti.


2. così dunque dobbiamo incoraggiarci sempre maggiormente alla preghiera. Dobbiamo ricordare spesso l'esortazione di Cristo: "Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto". In particolare, dobbiamo ricordarla quando perdiamo la fiducia o la voglia di pregare.

Dobbiamo anche sempre nuovamente imparare a pregare. Spesse volte avviene che ci dispensiamo dal pregare con la scusa di non saperlo fare. Se davvero non sappiamo pregare, tanto più allora è necessario impararlo. Ciò è importante per tutti, e sembra essere particolarmente importante per i giovani, i quali spesso tralasciano la preghiera che hanno imparato da bambini perché essa sembra loro troppo infantile, ingenua, poco profonda. Invece un simile stato di coscienza costituisce uno stimolo indiretto ad approfondire la propria preghiera, a renderla più riflessiva, più matura, a cercare l'appoggio per essa nella parola di Dio stesso e nello Spirito Santo, il quale "intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili", come scrive san Paolo (Rm 8,26).


3. So che tante persone in Italia, in Polonia e in tutto il mondo pregano per il Papa e tanti si uniscono con lui nella preghiera, abbracciando nell'animo i problemi che costituiscono l'oggetto delle sue implorazioni a Dio. Nell'occasione odierna, desidero dire quanto io sono enormemente grato per questo ricordo e per questa unione nella preghiera. E' un grande aiuto e un enorme sostegno, per il quale non cesso di ringraziare quotidianamente Dio. Con questo atto di gratitudine abbraccio tutti i miei benefattori, conosciuti e sconosciuti, e, in particolare, quelli che completano la loro preghiera col sacrificio spirituale della sofferenza.

E mentre per questo ringrazio pubblicamente, nella circostanza odierna, non cesso di ripetere a me stesso e agli altri: "Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sara aperto". Si, cari fratelli e sorelle. Esiste un enorme bisogno di preghiera, della preghiera grande e incessante della Chiesa; esiste il bisogno della preghiera fervente, umile e perseverante. Essa è il primo fronte in cui il bene e il male, nel nostro mondo, si affrontano. Essa fa strada al bene e serve a superare il male. La preghiera ottiene la grazia divina e la misericordia per il mondo. Essa eleva gli uomini alla dignità, che ha dato loro il Figlio di Dio, quando, uniti con lui, ripetono: "Padre nostro".

Giustamente parliamo anche dell'apostolato della preghiera. Giustamente esiste un'associazione che porta tale nome. La preghiera è il primo apostolato, quello fondamentale e più universale per ciascuno e per tutti.

Appello ai rapitori dei tre giovani tedeschi sequestrati in Toscana Rinnovo di cuore a tutti, come ho già fatto la scorsa domenica, il mio vivo augurio di buone vacanze, in vista di un effettivo ritempramento fisico e spirituale.

Purtroppo, queste comuni prospettive di serenità sono oggi funestate dalla notizia del rapimento, recentemente avvenuto in Toscana, di due figlie e di un nipote del giornalista tedesco signor Kronzucher.

Perciò, rivolgo un pressante, angosciato appello ai sequestratori, affinché vogliano al più presto liberare e restituire ai loro cari genitori i tre ragazzi rapiti, così da offrire a tutti un gesto di umanità e di civiltà, se non di cristiano ravvedimento.

Auspici per il ritorno alla pace, alla serenità e alla fratellanza nei territori martoriati dalla violenza Questo momento di serenità e di gioia fraterna non ci deve far dimenticare le ansie e le sofferenze, che colpiscono nazioni e popoli che tanto ci sono cari. In modo particolare, le inquietanti notizie che ci giungono da diverse parti del mondo, molto provate - sia dal continente latino-americano, sia dal medio oriente e regioni vicine - esigono da noi di non diminuire la nostra sensibilità e vigilanza spirituale. E di intensificare la nostra preghiera dinanzi a Dio per gli uomini, per i settori, per le società che soffrono. La preghiera è il primo e fondamentale segno, che ci viene richiesto, della nostra solidarietà con loro. Non entrando, per ora, nei particolari delle vicende, le quali - come vivamente speriamo - potranno prendere una piega migliore, ci fermiamo a questo segno. Raccomandiamo a Dio tanto più intensamente tali situazioni, quanto più sentiamo in esse un altro avvertimento che sono minacciate la pace e la giustizia nel mondo.

Data: 1980-07-27 Data estesa: Domenica 27 Luglio 1980.


Alla nuova Curia Generale dei Lazzaristi - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Testimoniate il Vangelo alla Chiesa e al mondo

Figli dilettissimi, Sono lieto di incontrarmi oggi con voi, che costituite la nuova Curia Generale della Congregazione della Missione o Lazzaristi, quale è stata, eletta dalla XXXVI Assemblea Generale del medesimo Istituto religioso.

Perciò, mi compiaccio di salutare in voi il nuovo Superiore Generale nella persona di P. Richard McCullen, odierno successore di San Vincenzo, e, con lui, il Vicario Generale P. Miguel Perez-Flores ed i tre Assistenti Generali.

Mentre esprimo la mia stima per voi e la mia soddisfazione per la vostra elezione a cariche tanto importanti, non posso non presentarvi i miei paterni auguri per un solerte e proficuo svolgimento delle missioni, a cui siete stati deputati. La vita religiosa oggi, come sempre, anzi più che non mai, è chiamata a rendere una luminosa testimonianza evangelica alla Chiesa ed al mondo, mediante una incondizionata e totale sequela di Cristo. Questa, poi, deve configurarsi ad essere vissuta in modo tale che gli uomini possano fruttuosamente costatare quanto dinamica e volta al bene di tutti sia un'autentica consacrazione al Signore.

Sappiate, quindi, unire armonicamente in voi la necessaria azione e la insostituibile contemplazione, e soprattutto possiate trasfondere efficacemente la loro sintesi in tutti i membri della vostra Congregazione.

So che i campi di apostolato a voi propri sono molteplici: le missioni, anzitutto, nella più vasta accezione del termine intesa dal vostro grande Vincenzo de Paul; poi la direzione e l'insegnamento nei Seminari; la direzione delle Figlie e delle Dame di Carità; ritiri spirituali al Clero ed al Laicato. Si tratta di attività molto significative, che toccano settori diversi e rilevanti della vita della Chiesa ed abbisognano di tutto l'impegno intelligente e zelante dei Lazzaristi, nel nome grande e urgente della Carità di Cristo. E voi, dai vostri nuovi posti di responsabilità, certo saprete imprimere a tutta la vostra illustre Famiglia religiosa quegli impulsi, che le sono richiesti dai tempi e dalle condizioni sia della Chiesa che del mondo in cui oggi viviamo.

Abbiate la certezza che io vi ricordero nella preghiera, affinché non manchi la ispiratrice e corroborante grazia divina alle vostre decisioni ed al vostro delicato ministero.

Di questi favori celesti, che auspico abbondanti, è pegno la mia Benedizione Apostolica, che di gran cuore imparto a voi ed estendo a tutti i vostri benemeriti Confratelli sparsi nel mondo, come assicurazione del mio affetto e del mio incoraggiamento.

Data: 1980-07-27 Data estesa: Domenica 27 Luglio 1980.


GPII 1980 Insegnamenti - Con i giovani della comunità di sant'Egidio - Castel Gandolfo (Roma)