GPII 1980 Insegnamenti - Ai lavoratori riuniti presso il traforo del Gran Sasso - Gran Sasso (L'Aquila)


2. Carissimi, al solo nominare il Gran Sasso, si intendeva un tempo - ma ormai non più - una catena che "divideva" la vostra nobile regione, secondo la classica ripartizione topografica ed amministrativa dell'Abruzzo citeriore e dell'Abruzzo ulteriore. Grazie al lavoro umano, che appunto qui per non pochi anni si è svolto ed ha "trionfato" sulle più ardue difficoltà di origine geologica e tecnica, ormai la vecchia "divisione" può considerarsi superata; e non soltanto nel senso di poter avere presto collegamenti stradali via via più facili e spediti, ma in quello assai importante e, dal punto di vista etnico et etico, ben più significativo di un ulteriore processo nella conoscenza, negli scambi, nelle mutue relazioni di collaborazione tra le popolazioni di questa e delle adiacenti regioni.

Amici e fratelli che mi ascoltate! Io sono venuto in questo luogo per onorare e per celebrare il lavoro, e non già secondo il modulo di una generica e retorica esaltazione, ma nel suo effettivo valore, cioè nella sua capacità e nella sua "virtù" di trasformarsi in positivo contributo alla migliore comprensione ed al vero affratellamento degli uomini tra di loro. Fonte di vita materiale e morale, il lavoro trova proprio qui una prova convincente ed eloquente della sua natura e dell'insostituibile funzione, che Dio creatore gli assegno "fin dall'origine" (cfr. Gn 1,28 Gn 2,15 Gn 3,19) e che l'apostolo vigorosamente riafferma (cfr. 2Th 3,7-12). Qui esso si presenta, altresi, non già come elemento di lotta e di scontro, ma di unione e di concordia nell'ambito della società.


3. Ma perché il discorso possa precisarsi ancor meglio, desidero ora riferirmi alle due forme di lavoro, anzi alle due categorie di lavoratori, che vedo qui rappresentate. Non posso limitarmi a dire che voglio onorare il lavoro umano; debbo, piuttosto, rivolgermi direttamente a voi, cari minatori e cari agricoltori e pastori, che siete convenuti per salutarmi e rendermi omaggio.

Come potrei, infatti, dimenticare le vostre persone, se - come ha scritto il Concilio Vaticano II con parole assai facili ad intendere - "hic labor... a persona immediate procedit" (GS 67)? E come potrei dimenticare le vostre professioni, con i sacrifici e le difficoltà, le incertezze e i pericoli che esse comportano? Certo, sono evidenti le differenze nel tipo di lavoro, a cui attendete: voi minatori avete lavorato e lavorate nelle viscere della terra, scavandola e penetrandola con uno sforzo duraturo e severo, che non è esente, purtroppo, da rischi per la stessa salute; voi coltivatori e pastori, invece, lavorate ordinariamente all'aperto, seguendo il normale avvicendamento delle stagioni. Eppure, agli uni e agli altri di voi - ecco un elemento in comune - è sempre la natura che appare nella sua realtà di creatura di Dio. Lavorando sulla terra all'esterno o all'interno, voi avete sempre dinanzi un'opera che può offrirvi, e sicuramente vi offre, tutta una serie di motivi per riflettere, per meditare, per adorare. E' stato scritto a ragione che l'uomo è un essere religioso ("animal religiosum"); ma a me sembra che chi, come voi, vive a contatto quotidiano con la natura e la scopre come un complesso mirabilmente ordinato nel suo triplice regno minerale, vegetale ed animale, avverte non tanto l'opportunità, ma la facilità, direi, e quasi l'invito a considerare ed a contemplare in essa l'opera onnipotente e provvidenziale di Dio, nostro creatore e nostro padre. Voi, proprio per quello che siete e per quello che fate, addetti sia alla dura fatica dello scavo in miniera sia alle cure diurne e notturne dell'agricoltura e della pastorizia, ricordate sempre che dovete essere "esemplarmente" spiriti religiosi, aperti ed attenti a riconoscere quelle vestigia che la sapienza divina ha lasciato, tanto numerose quanto evidenti, nel mondo creato. "Sono stolti gli uomini - ammonisce la Sacra Scrittura - che vivono nell'ignoranza di Dio, e dai beni visibili non sanno riconoscere colui che è, non riconoscono l'artefice, pur considerandone le opere... Difatti, dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si conosce l'autore" (cfr. Sg 13,1 Sg 13,5).

Io desidero, perciò, fare appello alla vostra sensibilità di credenti o, meglio, alla vostra fede di cristiani, perché essa, lungi dal venir meno, trovi piuttosto nella stessa attività, che svolgete, occasione e ragione di approfondimento e di crescita.


4. L'ultimo pensiero-ricordo dell'odierno incontro scaturisce dalle cose che ho detto finora, ed è una sorta di confronto tra esse. Qui, nella grandiosità del massiccio appenninico, tutto ci parla dell'opera di Dio; ma qui anche - ho soggiunto dinanzi a voi lavoratori - tutto ci parla dell'opera dell'uomo. C'è, dunque, un rapporto tra queste due opere? Si, certamente: Dio crea nella radicalità di un'operazione dal nulla, che fa esistere le cose che prima non esistevano; l'uomo, invece, trasforma, interviene - per mandato divino - sulle cose create, elevandosi in tal modo al grado ed all'onore di collaboratore dello stesso Creatore. Sappiate riguardare anche sotto questo aspetto il vostro lavoro: accanto all'accennato motivo della contemplazione, date ad esso questa ulteriore dimensione, pensando che la sua dignità è una partecipazione umile e modesta, ma pure effettiva e reale della trascendente dignità dell'opera divina.

Fratelli della montagna d'Abruzzo! Sul punto di ripartire per L'Aquila, ho voluto confidarvi questi pensieri. Là io mi reco per venerare un santo che, pur essendo nato in Toscana, anche tra i vostri antenati ha predicato la parola di Dio: san Bernardino da Siena. Da qui io lo invoco per voi e per le vostre famiglie, implorando la sua celeste protezione e benedizione, onde l'amore ch'egli ebbe per la vostra terra continui tuttora a salvaguardia, a incitamento, a conforto della vostra vita cristiana. così sia!

Data: 1980-08-30 Data estesa: Sabato 30 Agosto 1980.


Ai giovani presso il santuario di Roio - Gran Sasso (L'Aquila)

Titolo: Coerenza della fede e coraggio della testimonianza

Carissimi giovani dell'Aquila, degli Abruzzi e del Molise!

1. Vi dico anzitutto la mia grande gioia nell'incontrarmi con voi, presso questo celebre santuario dedicato a Maria santissima! Vi siete preparati alla visita del Papa percorrendo stamane la "via mariana", monumento di fede e di pietà fatto qui costruire dal Cardinale Carlo Confalonieri, quando era Arcivescovo dell'Aquila, e, fermandovi alle rispettive quindici edicole, avete meditato i misteri del rosario.

Vi ringrazio di cuore per questa iniziativa spirituale, come per la vostra presenza così devota, lieta e numerosa; vi saluto tutti con particolare affetto. Intendo pure, in questo momento, porgere il mio riconoscente e fraterno saluto al Cardinale decano, al Cardinale Corrado Bafile, figlio di questa città, e a tutti i Vescovi della conferenza episcopale abruzzese, che hanno voluto essere presenti con voi a questo significativo incontro.

Sono venuto nella vostra terra per onorare in modo speciale san Bernardino da Siena, nel VI centenario della nascita. Sono venuto per vedere anche voi, cari giovani, per parlarvi, per sentirvi, per stringere con voi un'amicizia più cordiale e concreta, per guardarvi negli occhi, come faceva Gesù, per lasciarvi un messaggio che sia per voi un forte ricordo e un impegno programmatico.

E voi siete venuti incontro al Papa con la vostra gioia, la vostra bontà, la vostra vivacità e anche con le vostre ansie, i vostri interrogativi: siete venuti per ascoltare la sua voce e per pregare con lui! Ancora vi ringrazio per questa vostra gentilezza e disponibilità.


2. Riflettendo ora un momento con voi sulla figura di san Bernardino, desidero proporvi alcune indicazioni che vi possano servire come programma di vita, seguendo le orme del grande santo.

Imparate prima di tutto da san Bernardino il valore essenziale e determinante della conoscenza di Gesù.

Voi conoscete la vita di san Bernardino: rimasto orfano fin dalla sua tenera età, fu educato a Siena in una profonda e illuminata fede cristiana, cosicché egli, giunto alla giovinezza, desidero consacrarsi totalmente a Gesù nella vita religiosa e sacerdotale per dedicarsi in modo essenziale a far conoscere al più gran numero di fratelli il Cristo amico e redentore.

Diventato sacerdote nell'ordine di san Francesco, per ben dodici anni volle ancora studiare e raccogliere materiale biblico, teologico, morale, ascetico, mistico per essere ben preparato a svolgere in modo degno e soddisfacente la sua missione di predicatore. Nel 1417, incominciando da Genova, parti per la sua vasta ed intensa opera, percorrendo il nord e il centro dell'Italia, annunziando a tutti con ardore e con passione l'amore di Cristo e diffondendo dovunque la devozione al nome di Gesù, specialmente sotto il simbolo "IHS": "Iesus Hominum Salvator". San Bernardino fu un grande innamorato di Gesù e spese tutta la sua vita per far conoscere e amare il divin Salvatore, come dimostrano i suoi ancora attuali sermoni in latino e in volgare.

Carissimi! Come il giovane Bernardino, cercate di conoscere Gesù in modo autentico e globale! Approfondite la sua conoscenza per entrare nella sua amicizia! E' la conoscenza di Gesù che, sola, vi può dare la vera gioia, non quella egoistica e superficiale; è la conoscenza di Gesù che rompe la solitudine, supera le tristezze e le incertezze, dà il vero significato alla vita, frena le passioni, sublima gli ideali, espande le energie nella carità, illumina nelle scelte decisive. così si legge nell'"Imitazione di Cristo": "Quando è presente Gesù, tutto è buono e nulla sembra difficile; quando è assente Gesù, tutto diventa gravoso. Quando Gesù non parla interiormente, la consolazione non vale nulla; se invece Gesù dice anche una sola parola, si prova una grande consolazione... Che cosa ti può dare il mondo senza Gesù? Essere senza Gesù è un insopportabile inferno, ed essere con Gesù è un dolce paradiso. Se Gesù sarà con te non c'è nemico alcuno che ti possa recar danno" ("L'Imitazione di Cristo", l. II, VIII,1-2).

Anche a voi ripeto ciò che dissi ai giovani di Parigi: "Gesù non è soltanto un fratello per noi, un amico, un uomo di Dio. Noi riconosciamo in lui il Figlio unigenito di Dio, colui che è una cosa sola con Dio Padre e che il Padre ha donato al mondo... Lasciate che Cristo sia per voi la via, la verità, la vita.

Lasciate che sia la vostra salvezza e la vostra felicità. Lasciate che afferri la vostra vita tutta intera affinché essa raggiunga con lui tutte le sue dimensioni, cosicché tutte le vostre relazioni, attività, sentimenti, pensieri siano integrati in lui, si potrebbe dire "cristificati"" (Ioannis Pauli PP. II "Allocutio Lutetiae Parisiorum ad iuvenes habita", die 1iun. 1980: "Insegnamenti di Giovanni Paolo II", III,1[1980] 1617ss).

Come desiderava san Bernardino, il nome di Gesù sia iscritto nei vostri pensieri, diventi un palpito del vostro cuore, sgorghi onorato e benedetto dalle vostre labbra: Gesù è l'amico che non tradisce, che vi ama e vuole il vostro amore! Sia vostro fermo proposito conoscerlo sempre meglio mediante la lettura del Vangelo, lo studio di opere appropriate, la riflessione sulle biografie dei santi e sulle esperienze dei convertiti.

Imparate poi da san Bernardino a vivere con coerenza la vostra fede cristiana. Infatti non basta la conoscenza di Gesù; bisogna essere coerenti nella vita con le idee professate.

Quel santo si trovo a vivere in un'epoca difficile e perfino sconcertante: l'Italia era allora certamente cristiana, ma purtroppo in pratica si viveva poco cristianamente. Erano tempi torbidi, tumultuosi, densi di inquietudine e di contestazioni nella vita civile ed anche all'interno della Chiesa.

Soprattutto vigeva una penosa situazione di ingiustizia sociale, di odio e di inimicizie tra famiglia e famiglia, tra città e città. San Bernardino non si spavento né dei tempi né degli uomini: spirito intelligente e saggio, comprese subito che bisognava vincere il male seminando il bene, ed imposto la sua predicazione e il suo ministero come lotta acerrima e continua al peccato, richiamando i cristiani, laici e sacerdoti, umili e potenti, padroni e lavoratori, alla coerenza di vita. La sua eloquenza era vivace e festosa, ma anche tagliente e inesorabile, e con intrepido coraggio affronto il male in ogni luogo, fustigando vizi e difetti, senza risparmiare nessuno, esortando alla conversione e alla penitenza, invitando al perdono e alla pace. Sapeva essere umorista ed ironico all'occorrenza, e nei suoi sermoni ci lascio dei gustosi e trasparenti bozzetti della vita del tempo.

L'umanista Maffeo Vegio, suo contemporaneo, narra che i fedeli si accostavano in così gran numero ai sacramenti, che talvolta non si trovavano sacerdoti suffficienti per confessare e amministrare l'eucaristia.

Ecco, cari giovani, la seconda pressante esortazione: siate coerenti! La fede cristiana, la nostra stessa dignità e l'attesa del mondo attuale esigono essenzialmente questo impegno di coerenza. E la prima fondamentale espressione di coerenza è la lotta al peccato, e cioè lo sforzo costante ed anche eroico di vivere in grazia. Purtroppo viviamo in un'epoca in cui il peccato è addirittura divenuto una industria, che produce denaro, movimenta piani economici, dona benessere. Tale situazione è certamente impressionante e terribile. Eppure, non bisogna lasciarsi né spaventare né opprimere: qualunque epoca esige dal cristiano la "coerenza". E perciò, anche nella società attuale, avvolta da una atmosfera laica e permissiva, che può tentare e allettare, voi, giovani, mantenetevi coerenti al messaggio e all'amicizia di Gesù; vivete in grazia, rimanete nel suo amore, mettendo in pratica tutta la legge morale, nutrendo la vostra anima col corpo di Cristo, usufruendo periodicamente e seriamente del sacramento della penitenza.

Infine, imparate da san Bernardino il coraggio della testimonianza.

Infatti egli fu un deciso e intrepido testimone di Cristo. Anzi, prima ancora, al tempo della sua adolescenza, era stato di esempio tra i giovani di Siena e nel 1400, quando scoppio la terribile peste, con dodici altri suoi amici non ebbe paura di dedicarsi ad aiutare i poveri infermi, a rischio della propria vita.

Siate coraggiosi anche voi! Il mondo ha bisogno di testimoni, convinti e intrepidi. Non basta discutere, bisogna agire! La vostra coerenza si trasformi in testimonianza, e la prima forma di tale impegno sia la "disponibilità". Sentitevi, come il buon samaritano, sempre disponibili ad amare, a soccorrere, ad aiutare, in famiglia, sul lavoro, nel divertimento, con i vicini e con i lontani. Aiutate anche i vostri sacerdoti nelle varie attività parrocchiali; aiutate i vostri Vescovi! Riflettete anche, con serietà e generosità, se il Signore non chiami pure qualcuno di voi alla vita sacerdotale, religiosa e missionaria. Il vostro seminario ogni anno attende con ansia e con fiducia che qualcuno entri per iniziare la specifica formazione al sacerdozio. Nel mondo di oggi, affamato di Cristo e del suo Vangelo, c'è bisogno della vostra testimonianza! 3. Concludo affidandovi alla Vergine Maria, di cui san Bernardino fu devotissimo e che si può dire ogni giorno egli ando annunziando per l'Italia. Rimasto orfano della mamma, volle scegliere come madre la Madonna e a lei sempre rivolse il suo affetto, in lei sempre confido totalmente. Egli, si può affermare, divenne il cantore della bellezza di Maria e predicando con ispirato amore la sua mediazione, non ebbe timore di affermare: "Ogni grazia che viene data agli uomini, procede da una triplice ordinata causa: da Dio passa a Cristo, da Cristo passa alla Vergine, dalla Vergine viene data a noi" (S.Bernardini Senensis "Sermo VI in festis B.V.M.

de Annun.", a.1, c.2).

Rivolgetevi ogni giorno con fiducia e con amore a lei, e chiedetele la grazla della bellezza della vostra anima e della vostra vita, di ciò che unicamente vi può rendere felici.

Con questi voti, invocando l'intercessione di san Bernardino, vi imparto la benedizione apostolica, che sempre vi accompagni come segno del mio intenso affetto.

Data: 1980-08-30 Data estesa: Sabato 30 Agosto 1980.


Al clero nella Basilica di san Bernardino - L'Aquila

Titolo: Adesione alla verità e testimonianza di vita

Carissimi fratelli e figli.

Giunto al momento culminante del mio pellegrinaggio, dopo aver innalzato fervida preghiera per le intenzioni piu urgenti della cristianità nell'ora presente, mi è caro trascorrere qualche momento insieme con voi, cari sacerdoti, religiosi, religiose e dirigenti delle associazioni cattoliche delle Chiese d'Abruzzo e di Molise, qui davanti all'urna di san Bernardino, che ne custodisce le incorrotte e venerate spoglie, in questa splendida Basilica, che la pietà e l'amore del popolo aquilano eressero in suo onore, solo trent'anni dopo il suo felice transito.

Prima ancora di rivolgervi il mio saluto, amo confidarvi la spirituale emozione che invade il mio cuore al pensiero che la costruzione di questo tempio, segno di un'interrotta devozione al santo religioso, fu voluta ed incoraggiata da un altro santo, Giovanni da Capestrano, grande apostolo e difensore dell'Europa e tanto venerato in Polonia per la sua azione pastorale incisiva e riformatrice.

Egli, infatti, indirizzo da Cracovia - come voi ben sapete - un caloroso appello ai cittadini de L'Aquila, affinché erigessero un degno monumento al proprio confratello e maestro, elevato agli onori degli altari dal Papa Niccolo V, nel 1450, sei anni dopo la morte. San Bernardino e san Giovanni da Capestrano sono intimamente collegati tra loro nella venerazione e nella fede dei polacchi.

Ed ora rivolgo il mio riconoscente compiacimento al reverendissimo padre Giovanni Vaughn, ministro generale dell'ordine dei frati minori, che, a nome delle quattro grandi famiglie francescane, mi ha accolto sulla soglia di questa Basilica con parole di fervido benvenuto, mentre esprimo, con pari affetto e sincera soddisfazione la mia gratitudine a monsignor Vincenzo Fagiolo, Arcivescovo di Chieti e presidente della conferenza episcopale dell'Abruzzo e del Molise, che ha voluto manifestare, con espressioni tanto cordiali ed animate da fede profonda, l'attaccamento e la spirituale comunione dei vostri cuori, delle vostre preoccupazioni e dei vostri propositi con quelli dell'umile vicario di Cristo. Grazie a voi sacerdoti e religiosi, per il vostro lavoro, per il vostro servizio, che assicurano quell'azione pastorale di evangelizzazione e di testimonianza, indispensabile alla crescita della Chiesa di Cristo. Voi svolgete la vostra missione con intensa ed esemplare dedizione, consapevoli di essere servitori di una causa sublime, per la quale Cristo Signore sceglie incessantemente degni suoi continuatori. Voi mantenete viva la coscienza della grandezza del compito ricevuto e della necessità di adeguarsi continuamente ad esso. E' un servizio elevato ed esaltante, che esige una profonda convinzione circa la propria identità sacerdotale, di uomini cioè depositari ed amministratori dei misteri di Dio, strumenti insostituibili di perdono e di grazia, ministri di un regno eterno, i quali prestano la parola, la mano, il cuore a Gesù redentore dell'uomo.

Mentre abbraccio con pari benevolenza e personale partecipazione ciascuno di voi, auspicando una maturità spirituale sempre più ricca di lieta dedizione e di bontà, consentitemi di dirigere un particolare saluto beneaugurante a tre famiglie religiose femminili, segnatamente benemerite di questa città. Esse, infatti, sono state qui fondate per rispondere a precise esigenze e bisogni, ed hanno, inoltre, tratto ispirazione ed orientamento dagli ideali francescani dell'alveo riformatore bernardiniano, che, a L'Aquila, ha sempe offerto acque pure e ristoratrici di esemplarità evangelica e di recupero spirituale. Dirigo, dunque, con speciale sentimento di cordialità, il mio saluto alle suore missionarie francescane di Gesù Bambino, che celebrano quest'anno il primo centenario della fondazione; alle suore missionarie catechiste della dottrina cristiana ed alle suore zelatrici del Sacro Cuore. Non posso, poi, tralasciare una menzione affettuosa per le clarisse del monastero del santissimo sacramento, in gran parte qui presenti, eretto a L'Aquila dallo stesso san Giovanni da Capestrano.

Invito, ora, tutti a rivolgere la propria attenzione ed ammirazione verso la figura ieratica ed apostolica del grande "dicitore" del rinascimento, affascinante - a detta anche degli esperti - nel suo irrepetibile, colorito idioma italiano, che tante folle di fedeli condusse alla conversione ed alla beatitudine evangelica, mentre rappacificava famiglie e città nel nome di Gesù salvatore; da lui attingiamo motivi di conforto e di incoraggiamento nella nostra particolare missione di consacrati, di evangelizzatori, di qualificati testimoni; a lui indirizziamo le vibrazioni dei nostri cuori di figli convinti e gioiosi della Chiesa.

San Bernardino, per imperscrutabile disegno di provvidenza, concluse la sua operosa giornata terrena tra le mura di questa amata città nel rasserenante vespero dell'Ascensione del 1444, mentre i suoi frati, quasi a sugellare con motto indicativo, una vita interamente spesa nell'annuncio della salvezza, cantavano in coro l'antifona "Pater manifestavi nomen tuum hominibus quos dedisti mihi" (Jn 17,6). Tale frase evangelica, che il santo soleva ripetere ogni giorno e che è stata giustamente ripresa dall'iconografia, inserendola nel nimbo che circonda il suo capo, assume un valore emblematico e racchiude in sé l'intero significato dell'azione apostolica del grande predicatore.

Egli, che volle poter parlare con estrema chiarezza ed ardimento, in ogni circostanza, (cfr. S.Bernardino da Siena "Prediche", Libreria Editrice Fiorentina, 1964, p. 219), ci offre un esempio di attaccamento alla verità, di adesione alla parola rivelata, atteggiamento che deve risultare in modo primario in chiunque voglia, anche nel silenzio del chiostro ed attraverso il quotidiano esercizio di una nascosta consacrazione, svolgere l'impegno ecclesiale di trasmettere l'amoroso disegno di Dio nei confronti dell'uomo.

Era cara al santo la frase del salmo "Declaratio sermonum tuorum illuminat et intellectum dat parvulis" (Ps 119 [118], 130), ed egli avvertiva con impegno imprescindibile il dover parlare apertamente "accio che chi ode, ne vada contento e illuminato e non imbarbagliato" (S.Bernardino da Siena "Prediche", Libreria Editrice Fiorentina 1964, p. 45). Un tale amore per la verità e per la chiarezza della sua esposizione deve sostenere il nostro servizio catechetico ed evangelizzatore, affinché non siamo fuorviati su sentieri di umane interpretazioni, di accomodanti intese con lo spirito del mondo, allontanandoci così dalla fede, che sola ci assicura la vittoria (cfr. 1Jn 5,4).

Certo la verità deve essere garantita ed accreditata dalla nostra testimonianza di vita. "E' necessario - affermava il santo - che tu vada dietro a Cristo, tu che vuoi essere predicatore" (S.Bernardino da Siena "Prediche", Libreria Editrice Fiorentina 1964, p. 46). Tale esemplarità di comportamento che si richiede nel "dicitore" della parola rivelata, non può disgiungersi da un'umile e sincera adesione al magistero ecclesiastico, che impegna "a lasciare l'eresia e tenere quello che tiene la santa Chiesa e i santi dottori, e non dare mai contro a quello che è stato ordinato" (S.Bernardino da Siena "Prediche", Libreria Editrice Fiorentina 1964, p. 47). Non vi può essere autentico esercizio del ministero della parola in seno alla Chiesa, senza l'ubbidienza del cuore a chi, pur ricoperto di debolezza e di fragilità, ha ricevuto il mandato di assicurare la purezza della dottrina. Oggi è urgentemente richiesta una tale ubbidienza confidente, che non si giustifica come adesione alla volontà degli uomini, ma solo quale affidamento al Signore ed alla sua azione nella Chiesa.

La nostra opera di evangelizzatori, infine, deve essere dettata e sostenuta dall'amore per Cristo Signore e per le anime. Non è possibile impegnarsi a fondo, in tale compito sublime, senza il vigore che proviene da un amore generoso, spirituale, totalitario, che si manifesti al mondo come vivissima luce.

In tal senso san Bernardino è di grande, viva attualità, sia per i suoi esempi che per i suoi limpidi insegnamenti.

Il nostro servizio, cari fratelli, che ha il supremo obiettivo di rendere gli uomini convinti dell'amore del Padre celeste, sia affidato totalmente alla Madre di Dio e madre nostra, tanto amata e celebrata dal nostro santo, che ha per lei espressioni di singolare tenerezza, esaltandola mirabilmente nella sua missione di dispensatrice di grazia.

Con tale prospettiva di speranza e di fiducia, invoco su tutti voi la pienezza dei doni celesti e di cuore imparto a voi ed a quanti vi sono cari la mia affettuosa benedizione.

Data: 1980-08-30 Data estesa: Sabato 30 Agosto 1980.


L'omelia a Santa Maria di Collemaggio - L'Aquila

Titolo: Il mistero di Gesù redentore nell'annuncio di san Bernardino

Carissimi fratelli e sorelle d'Abruzzo e del Molise! 1. E' una gioia per me trovarmi con voi in questo scenario stupendo, dove la Basilica di Collemaggio sembra essere stata costruita dalla mano dell'uomo per esprimere in una magnifica sintesi di arte e di preghiera ciò che la contemplazione delle vostre montagne suscita nel cuore: il senso dell'infinito, il verticalismo della vita, lo splendore di Dio, riflesso nel creato.

Forse anche san Bernardino da Siena, venuto qui per dare inizio alla sua predicazione nel regno di Napoli di allora, e da questa città chiamato a salire a un altro regno, contemplo e godette lo splendore di queste creature di Dio, che, come il poverello di Assisi, avrà salutato, chissà, col dolce appellativo di "sorelle".

Siamo qui riuniti nell'assemblea eucaristica per celebrare, in questa forma liturgica, il VI centenario di san Bernardino degli Albizzeschi, nato in terra toscana nel 1380, ma che per un misterioso disegno della provvidenza divento, con la sua morte, cittadino anche de L'Aquila.

Ed io voglio salutare voi tutti, cari fedeli aquilani; voi tutti cari pellegrini d'Abruzzo e del Molise e di altre regioni vicine e lontane; come tutti i figli di queste regioni che sono emigrati oltre i monti, oltre i mari e gli oceani, ma che spesso ritornano alla loro terra indimenticabile, e forse molti oggi si trovano qui con noi.

Voglio salutare i Vescovi qui presenti, le autorità dello Stato, della regione e dei comuni, e quelle militari, e tutti ringraziare, assieme ai loro collaboratori, che hanno prestato la loro opera per preparare questa celebrazione e per accogliere in questa città e regione, nella mia umile persona, il vicario di Cristo, il Vescovo di Roma. Saluto altresi, con particolare affetto, gli ammalati raccolti all'interno della Basilica, che ho potuto già prima della messa avvicinare personalmente. A tutti dico: il Signore sia con voi! A questo punto dell'assemblea, dopo la liturgia della Parola, voglio anche offrirvi qualche spunto di riflessione sulle pagine del libro sacro che abbiamo udito.


2. La prima lettura ci ha ricordato alcuni ammonimenti del Siracide, questo sapiente scrittore dell'Antico Testamento, che difende il patrimonio religioso e culturale dei padri e raccomanda la modestia, l'umiltà, la fedeltà alla legge di Dio, come via della salvezza che fa trovare grazia dinanzi al Signore (Si 3,19-21 Si 3,30-31).

Il Vangelo di Luca (Lc 14,1 Lc 14,7-14), ricorda l'insegnamento di Gesù in casa di uno dei farisei che lo aveva invitato a pranzo, dinanzi alla gente che stava ad osservarlo (Lc 14,1 Lc 14,7-14): vedendo che gli invitati sceglievano i primi posti, Gesù insegna il galateo dell'umiltà, non solo a tavola, ma in tutta la vita cristiana, ammonendo: "Chiunque si esalta, sarà umiliato, e chi si umilierà sarà esaltato". Poi aggiunge la lezione del disinteresse, raccomandando al suo ospite di non invitare a pranzo i parenti e gli amici ricchi per averne il contraccambio.

Infine gli segnala che la vera ricompensa del bene, che si fa agli indigenti, si trova in Dio, al quale si diventa più simili con la carità, fino alla piena gioia nella "risurrezione dei giusti".


3. Non vi sembra, carissimi fratelli e sorelle, che questi testi biblici costituiscano il piedistallo sul quale possiamo vedere elevato nella gloria dei "giusti" san Bernardino? Rimasto orfano di padre e di madre all'età di sei anni, il piccolo figlio degli Albizzeschi crebbe nel silenzio e nella virtù, tanto intento agli studi umanistici e giuridici, che pero tronco a vent'anni per dedicarsi al servizio degli appestati nell'ospedale della Scala della sua città. Poi senti il bisogno di nascondersi ancora di più, di scegliere l'"ultimo posto" tra i seguaci di san Francesco, pur riprendendo in mano i libri - che amava moltissimo - per approfondire il sapere, farsi una buona cultura teologica e prepararsi così all'apostolato della predicazione. E divento predicatore pellegrinante di grande successo, cominciando il suo cammino apostolico a Genova, nel 1417, e passando poi in innumerevoli città e paesi dell'Italia settentrionale e centrale dove attirava folle strabocchevoli, e, ciò che più conta, operava conversioni, rappacificazioni, riforme, perché la gente si sentiva toccata dalla sua parola come da un soffio della grazia di Dio.

Ma più cresceva la sua popolarità, più egli si faceva piccolo. Non aspirava a grandi cose, ai "primi posti"; anzi, se essere nominato Vescovo poteva allora apparire come un passare ai "primi posti", per ben tre volte rifiuto di accettare, sentendo che la sua missione e il suo carisma erano quelli dell'umile fraticello che, di paese in paese, riaccende nella gente umile e viva, il senso cristiano della vita, la riscoperta del valore della semplicità e della povertà, e quello che con linguaggio moderno, che anch'io ho usato nel mio discorso all'Unesco (cfr. Ioannis Pauli PP. II "Allocutio ad Unesco, 17", die 2iun. 1980: "", III,1[1980] 1650), si può chiamare il "primato dell'essere sull'avere".


4. Era il significato più profondo della lezione di Siracide e più ancora di quella di Gesù sull'umiltà; a cui san Bernardino aggiungeva il richiamo al disinteresse, alla carità, e anzi alla giustizia, in un tempo nel quale il nuovo sviluppo dei commerci e degli scambi portava a un'espansione della finanza, nella quale il prestito ad usura diventava spesso il capestro dei poveri, mentre si ingrandivano i dislivelli sociali. Nella predicazione del santo si sente sempre fremere lo spirito di un uomo buono con i poveri, indulgente con i deboli, spesso portato all'umorismo dinanzi alla realtà della vita, ma forte, deciso e fermo contro il vizio e nel propugnare la giustizia e la carità. San Bernardino fu il propugnatore della legge di Dio e l'apostolo dei ceti popolari, come il suo padre san Francesco, come gli apostoli, come lo stesso Gesù.


5. Ma c'è nella vita e nella predicazione del santo qualcosa che ce lo fa apparire come colui che si immedesimo a livello di profondità con i bisogni spirituali del suo tempo e divento l'araldo del divino messaggio, il Vangelo, e anzi del mistero che riempie il Vangelo e che fra Bernardino sintetizzava nel nome di Gesù Cristo.

Egli fu l'inventore e il propagatore del trigramma "IHS" (Ihesus), che fece dipingere in oro su delle tavolette, con tutt'attorno dei raggi, ai quali attribuiva particolari significati simbolici. Con questo mezzo fra Bernardino diffuse ovunque passava la devozione al santissimo Nome di Gesù, già praticata in monasteri e conventi da secoli, ma che ora diventava un bene comune del popolo cristiano.

Anche oggi sulle porte di molte chiese e di molte case, come anche di antichi palazzi pubblici, in molte città d'Italia, si vedono scolpiti quegli stemmi col Nome di Gesù.

Come vorrei che la celebrazione del centenario bernardiniano contribuisse anche, e anzi soprattutto, a questo: a far tornare il Nome di Gesù, come segno della fede e della vita cristiana delle famiglie, sulla porta di casa, all'interno, in Italia e negli altri paesi. Lo chiedo ai padri e alle madri di famiglia, ma anche ai giovani che stimo e amo, e specialmente alle nuove coppie: riportate il Nome di Gesù nelle vostre case. Ve lo ripeto con le parole stesse di san Bernardino: "El nome di Gesù mettetelo nelle vostre case, nelle vostre camere e tenetelo nel cuore" (S.Bernardino da Siena "Quaresimale di Firenze", 1425, in "Le prediche volgari", Firenze 1940, II, pp. 190ss).


6. San Bernardino, nel suo tempo, ebbe l'intuizione che il mistero di Gesù, "via, verità, vita" (Jn 14,6), racchiuso nel suo nome, che significava "salvezza", era l'annuncio di cui avevano bisogno gli uomini di allora, come quelli di sempre, e perciò si dedico alla predicazione del Vangelo sotto quel santo segno: "Rifugio dei penitenti, vessillo dei combattenti, medicina dei languenti, conforto dei sofferenti, onore dei credenti, splendore degli evangelizzanti, merito degli operanti, aiuto degli incostanti, sospiro dei meditabondi, esaudimento degli oranti, gusto dei contemplanti, gloria dei trionfanti". E' la spiegazione data da fra Bernardino ai dodici raggi aurei che sulle sue tavolette circondano il trigramma "IHS" (cfr. S.Bernardini Senensis "De glorioso nomine Jesu Christi", Sermo 49, "Opera", II, n. 293-302), suddivisi secondo la triplice classifica tradizionale degli imperfetti, dei proficienti, dei perfetti nella vita spirituale. Ma quel segno simbolico traduceva la sua scoperta di un Cristo che porta a tutti gli uomini, in tutti i tempi e in tutte le condizioni di vita, un messaggio salvifico di valore universale.

Così il Nome di Gesù divento un soggetto vivo e vivificante nella sua predicazione per gli uomini del quattrocento, ed era una fiamma accesa anche su tutta la raggiera dei precetti di ordine morale, ai quali il santo richiamava gli individui, le famiglie, la società.

La stessa morale cristiana trovava una nuova forza persuasiva e plasmatrice, perché diventava l'espressione e l'irradiazione di Cristo, maestro di vita.

Anche per noi si tratta di ricevere da san Bernardino il messaggio sul Cristo della nuova ed eterna alleanza, rinnovatore di tutte le cose (cfr. Ap 21,5), vivificatore dell'uomo in tutte le dimensioni della sua esistenza.


7. E' lo stesso messaggio che la Chiesa ci ha fatto ascoltare nel Concilio, del quale vi ricordero soltanto una pagina della costituzione "Gaudium et Spes", dove si legge che "la Chiesa crede che Cristo, per tutti morto e risorto, dà all'uomo, mediante il suo Spirito, la luce e la forza perché l'uomo possa rispondere alla suprema sua vocazione; né è dato in terra un altro nome agli uomini in cui possano salvarsi. Crede ugualmente la Chiesa di trovare nel suo Signore e maestro la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana. Inoltre la Chiesa afferma che al di sotto di tutti i mutamenti ci sono molte cose che non cambiano; esse trovano il loro ultimo fondamento in Cristo, che è sempre lo stesso: ieri, oggi e nei secoli" (GS 10).

Anche il mio predecessore Paolo VI, nella sua esortazione apostolica "Evangelii Nuntiandi", ha affermato che "l'evangelizzazione conterrà sempre - come base, centro e insieme vertice del suo dinamismo - una chiara proclamazione che, in Gesù Cristo, Figlio di Dio fatto uomo, morto e risuscitato, la salvezza è offerta a ogni uomo, come dono di grazia e di misericordia di Dio stesso" (Pauli VI "Evangeli Nuntiandi", 27). Ed io stesso l'ho ripetuto nell'esortazione apostolica "Catechesi Tradendae": "L'oggetto essenziale e primordiale della catechesi è... il "mistero di Cristo". Lo scopo definitivo della catechesi è di mettere qualcuno, non solo in contatto, ma in comunione, in intimità con Gesù Cristo: egli solo può condurre all'amore del Padre nello Spirito e può farci partecipare alla vita della santa Trinità" (Ioannis Pauli PP. II CTR 5).

Carissimi fratelli e sorelle, quante volte ho proclamato questa certezza e questo impegno della Chiesa, sia nella mia enciclica "Redemptor Hominis", sia nei miei discorsi e nei miei incontri con gente di ogni età, categoria, nazionalità. Ed oggi voglio ripetere alla luce di san Bernardino, predicatore del Nome di Gesù, che finché il Signore mi darà vita e forze, io non manchero di annunciare questa verità, di "gridarla sui tetti", come vuole il Maestro (cfr. Mt 10,27), a Roma e dovunque potro arrivare con i miei viaggi missionari: Gesù Cristo è il nostro redentore, nel suo nome è la nostra salvezza, nel suo Vangelo si trova la via, la verità, la vita, di cui hanno bisogno gli uomini di oggi, non meno di quelli ai quali si rivolgeva san Bernardino.


8. Nel concludere la mia omelia, io voglio auspicare e chiedere a nostro Signore Gesù Cristo, per intercessione di san Bernardino, di mandare alla Chiesa e al mondo molti missionari del Vangelo che portino dappertutto il messaggio della salvezza, perché ogni uomo è chiamato ad essere soggetto della missione del divin Salvatore, che si prolunga e realizza continuamente nella comunità della Chiesa.

C'è bisogno di vocazioni sacerdotali e religiose come quella di Bernardino degli Albizzeschi; c'è bisogno di laici che sentano che anche a loro appartiene la missione salvifica della Chiesa e che si impegnino a parteciparvi nei modi loro propri, a somiglianza di quei più fedeli che sostenevano fra Bernardino nelle sue imprese apostoliche, o addirittura ne raccoglievano e trasmettevano le prediche.

Anche il laico deve essere una predica vivente. Deve essere un annuncio vivente del Vangelo. Perché Il Vangelo è vivo e, come ha permeato la società italiana nei tempi perigliosi di san Bernardino, così deve oggi lievitare dal di dentro il mondo in cui viviamo, per mezzo dei cristiani. Non di rado i valori del Vangelo sono, in questo tempo, contraddetti: occorre che i laici diano aperta, chiara, convinta testimonianza che soltanto in Cristo si trova la salvezza dell'uomo.

Soprattutto nella famiglia, che il Vaticano II ha stupendamente definito "il santuario domestico della Chiesa" (AA 11), è necessario far argine contro i pericoli che minacciano di profanare questo santuario, di devastarne le sacre strutture: voglio dire l'edonismo che porta alla mancanza di amore tra i coniugi e verso i figli, all'infedeltà coniugale, al divorzio e all'aborto. Soprattutto su quest'ultimo punto sento il grave dovere di invitarvi, come credenti, a porre tutta la vostra attenzione: non si può sopprimere la vita, non si può rifiutare la vita, dono di Dio; giungono notizie terribili sul triste primato che, in questo campo, si è raggiunto. San Bernardino ha avuto parole di fuoco contro tal male (S.Bernardino da Siena "Quaresimale di Firenze", 1425; "Prediche al Campo di Siena", 1427, Pred. XXXIX). E io, come vicario di colui che è la vita del mondo, alzo alta la mia umile voce in difesa di chi non ha avuto né mai avrà voce: Non si può sopprimere la vita nel seno della madre! I laici cattolici italiani ricordano certamente l'invito dei loro Vescovi, a "operare per un superamento della legge attuale, moralmente inaccettabile, con norme totalmente rispettose del diritto alla vita" ("Istruzione pastorale del Consiglio Permanente della Cei", die 8 dec. 1978).

Nell'imminenza del Sinodo dei Vescovi, che farà proprie le ansie, le preoccupazioni, i problemi della famiglia, è necessario, da parte di tutti, una presa di coscienza, ferma e generosa, perché Dio continui a benedire tutte le famiglie cristiane, e le renda fari di luce e focolari di amore.

Il sacrificio della nuova alleanza, che ora ci accingiamo a celebrare, operi in noi con tutta la sua virtù onnipotente per renderci partecipi tutti della salvezza che viene da Cristo, e susciti in mezzo al Popolo di Dio nuovi apostoli religiosi e laici che sappiano annunciare e far amare, come san Bernardino, l'unico nostro salvatore Gesù Cristo: è la mia preghiera, a cui vi chiedo di associarvi; è la mia speranza, che vorrei accendere anche nei vostri cuori.

Data: 1980-08-30 Data estesa: Sabato 30 Agosto 1980.



GPII 1980 Insegnamenti - Ai lavoratori riuniti presso il traforo del Gran Sasso - Gran Sasso (L'Aquila)