GPII Discorsi 2000 2101


AI PARTECIPANTI ALLA PLENARIA DELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE

Venerdì, 28 Gennaio 2000

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Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
Carissimi fedeli collaboratori!

1. E' per me motivo di grande gioia incontrarvi al termine della vostra Plenaria. Desidero esprimervi la mia riconoscenza ed il mio apprezzamento per il quotidiano lavoro che il vostro Dicastero svolge al servizio della Chiesa per il bene delle anime, in sintonia con il Successore di Pietro, primo custode e difensore del sacro deposito della fede.

Ringrazio il Signor Cardinale Joseph Ratzinger per i sentimenti che a nome di tutti mi ha manifestato nel suo indirizzo e per l'esposizione da lui fatta dei temi che sono stati oggetto di attenta riflessione nel corso della vostra Assemblea, dedicata in particolare all'approfondimento della problematica dell'unicità di Cristo e alla revisione delle norme dei cosiddetti «delicta graviora».

2. Vorrei ora brevemente soffermarmi sui principali argomenti discussi in questa vostra Assise. Il vostro Dicastero ha ritenuto opportuno e doveroso avviare uno studio circa le tematiche dell'unicità e universalità salvifica di Cristo e della Chiesa. La riaffermazione della dottrina del Magistero in merito a queste tematiche viene proposta al fine di far vedere «lo splendore del glorioso Vangelo di Cristo» (
2Co 4,4) al mondo e di confutare errori e gravi ambiguità che si sono configurati e si stanno diffondendo in diversi ambiti.

In questi ultimi anni, infatti, in ambienti teologici ed ecclesiali è emersa una mentalità tendente a relativizzare la rivelazione di Cristo e la sua mediazione unica e universale in ordine alla salvezza, nonché a ridimensionare la necessità della Chiesa di Cristo come sacramento universale della salvezza.

Per porre rimedio a questa mentalità relativistica occorre anzitutto ribadire il carattere definitivo e completo della rivelazione di Cristo. Fedele alla parola di Dio, il Concilio Vaticano II insegna: "La profonda verità sia su Dio sia sulla salvezza dell'uomo risplende a noi per mezzo di questa rivelazione nel Cristo, il quale è insieme il mediatore e la pienezza di tutta la rivelazione" (Cost. dogm. Dei Verbum DV 2)

Per questo nella Lettera enciclica Redemptoris missio ho riproposto alla Chiesa il compito di proclamare il Vangelo, come pienezza della verità: "In questa Parola definitiva della sua rivelazione, Dio si è fatto conoscere nel modo più pieno: egli ha detto all'umanità chi è. E questa autorivelazione definitiva di Dio è il motivo fondamentale per cui la Chiesa è per sua natura missionaria. Essa non può non proclamare il Vangelo, cioè la pienezza della verità, che Dio ci ha fatto conoscere intorno a se stesso" (n. 5).

3. E', dunque, contraria alla fede della Chiesa la tesi circa il carattere limitato della rivelazione di Cristo, che troverebbe un suo complemento nelle altre religioni. La ragione di fondo di questa asserzione pretende di fondarsi sul fatto che la verità su Dio non potrebbe essere colta e manifestata nella sua globalità e completezza da nessuna religione storica, quindi neppure dal cristianesimo e nemmeno da Gesù Cristo. Questa posizione, però, contraddice le affermazioni di fede secondo le quali in Gesù Cristo si dà la piena e completa rivelazione del mistero salvifico di Dio, mentre la comprensione del mistero infinito è sempre da vagliare e da approfondire alla luce dello Spirito di verità che ci guida nel tempo della Chiesa «alla verità tutta intera» (Jn 16,13).

Le parole, le opere e l'intero evento storico di Gesù, pur essendo limitati in quanto realtà umane, tuttavia hanno come fonte la Persona divina del Verbo incarnato e perciò portano in sé la definitività e la completezza della rivelazione delle sue vie salvifiche e dello stesso mistero divino. La verità su Dio non viene abolita o ridotta perché è detta in linguaggio umano. Essa invece resta unica, piena e completa, perché chi parla e agisce è il Figlio di Dio incarnato.

4. In connessione con l'unicità della mediazione salvifica di Cristo si pone l'unicità della Chiesa da lui fondata. Infatti il Signore Gesù costituì la sua Chiesa come realtà salvifica: come suo Corpo, mediante il quale Egli stesso opera nella storia la salvezza. Così come c'è un solo Cristo, esiste un solo suo Corpo: «una sola Chiesa cattolica e apostolica» (cfr Simbolo di fede , DS DS 48). Il Concilio Vaticano II dice in merito: "Il Santo Concilio ... insegna, appoggiandosi sulla Sacra Scrittura e sulla Tradizione, che questa Chiesa pellegrinante è necessaria alla salvezza" (Cost. dogm. Lumen gentium LG 14).

E' dunque errato considerare la Chiesa come una via di salvezza accanto a quelle costituite da altre religioni, le quali sarebbero complementari alla Chiesa, pur se convergenti con questa verso il Regno di Dio escatologico. Si deve pertanto escludere una certa mentalità indifferentistica "improntata a un relativismo religioso che porta a ritenere che una religione valga l'altra" (cfr Lett. enc. Redemptoris missio RMi 36).

E' vero che i non cristiani - lo ha ricordato il Concilio Vaticano II - possono «conseguire» la vita eterna «sotto l'influsso della grazia», se "cercano Dio con cuore sincero" (Lumen gentium LG 16). Ma nella loro sincera ricerca della verità di Dio essi di fatto sono «ordinati» a Cristo ed al suo Corpo, la Chiesa (cfr ibid.). Si trovano comunque in una situazione deficitaria, se paragonata a quella di coloro che, nella Chiesa, hanno la pienezza dei mezzi salvifici. Comprensibilmente quindi, seguendo il mandato del Signore (cfr Mt 28,19-20) e come esigenza dell'amore verso tutti gli uomini, la Chiesa "annuncia, ed è tenuta ad annunciare incessantemente Cristo che è «la Via, la Verità e la Vita» (Jn 14,6), in cui gli uomini trovano la pienezza della vita religiosa e nel quale Dio ha riconciliato a sé tutte le cose" (Dich. Nostra aetate NAE 2).

5. Nella Lettera enciclica Ut unum sint ho solennemente confermato l'impegno della Chiesa cattolica per il «ristabilimento dell'unità», nella linea della grande causa dell'ecumenismo che il Concilio Vaticano II ha avuto tanto a cuore. Voi avete contribuito, insieme con il Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, al raggiungimento dell'accordo su verità fondamentali della dottrina sulla giustificazione, firmato il 31 ottobre dell'anno scorso ad Augsburg. Con fiducia nell'aiuto della grazia divina andiamo avanti in questo cammino, anche se le difficoltà non mancano. Il nostro ardente desiderio di arrivare un giorno alla piena comunione con le altre Chiese e Comunità ecclesiali non deve però oscurare la verità che la Chiesa di Cristo non è una utopia, da ricomporre dai frammenti attualmente esistenti, con le nostre forze umane. Il Decreto Unitatis redintegratio ha esplicitamente parlato dell'unità "che crediamo sussistere, senza possibilità di essere perduta, nella Chiesa cattolica e speriamo che crescerà ogni giorno più fino alla fine dei secoli" (n. 14).

Carissimi Fratelli, nel servizio che la vostra Congregazione offre al Successore di Pietro ed al Magistero della Chiesa, voi contribuite a far sì che la rivelazione di Cristo continui ad essere nella storia «la vera stella di orientamento» dell'intera umanità (cfr Lett. enc. Fides et ratio, 15).

Nel congratularmi con voi per questo importante e prezioso ministero, vi esprimo il mio incoraggiamento a proseguire con nuovo slancio nel servizio alla verità salvifica: Christus heri, hodie et semper!

Con questi sentimenti imparto di cuore a tutti voi, in pegno di affetto e di gratitudine, una speciale Benedizione Apostolica.


AI PARTECIPANTI AL CAPITOLO GENERALE DEI SERVI DELLA CARITÀ

(OPERA DON GUANELLA)

Sabato, 29 Gennaio 2000

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Carissimi Religiosi Guanelliani,
Fratelli e Sorelle nel Signore!

1. Rivolgo il mio cordiale saluto a tutti voi, che in questi giorni state celebrando il Capitolo Generale della Congregazione dei Servi della Carità. Un particolare pensiero di felicitazione e di augurio va a Don Nino Minetti, che è stato da voi confermato nell'ufficio di Superiore Generale. L'augurio si estende a don Protógenes José Luft, presente a questo incontro capitolare, che in questi giorni ho nominato Vescovo coadiutore di Barra do Garças, in Brasile. Li assista il Signore nei rispettivi compiti, perché sappiano corrispondere ai disegni che Egli ha sulla Congregazione e sulla sua Chiesa all'inizio di un nuovo millennio. Il mio saluto vuol poi raggiungere, attraverso di voi qui presenti, tutti i Membri dell'Opera Don Guanella sparsi in Europa, in Africa, in Asia e nelle Americhe.

Durante i lavori capitolari, vi siete soffermati a riflettere ed a pregare su di un tema stimolante che avete così formulato: "Identità carismatica e testimonianza profetica dei Servi della Carità nella Chiesa e nel mondo del terzo millennio cristiano". In effetti, è questa un'occasione quanto mai opportuna per riscoprire la ricchezza e la vitalità del carisma affidato dal Signore al vostro Fondatore, il beato Luigi Guanella, nel mondo d'oggi.

2. Il ritorno alle genuine sorgenti della spiritualità e della testimonianza evangelica della Congregazione vi aiuterà a compiere un approfondito discernimento per cogliere quali siano la volontà di Dio e gli appelli dello Spirito in questo storico passaggio al terzo millennio cristiano. Tale impegno alimenterà in ciascuno un rinnovato slancio per farsi epifania credibile dell'amore e della tenerezza di Dio di fronte alle attese dei poveri ed ai bisogni delle persone che vivono ai margini della società.

La testimonianza della carità è la grande profezia dei tempi presenti. In questo Giubileo dell'anno Duemila, nel quale la "Porta Santa" è simbolicamente più ampia per manifestare la grandezza dell'amore misericordioso di Dio, deve allargarsi in tutta la Chiesa anche la tenda della carità, per poter accogliere le moltitudini di poveri presenti nell'attuale società. E' questa una prima sfida che si presenta alla Famiglia religiosa guanelliana.

So che state coltivando il desiderio di estendere la vostra presenza e la vostra testimonianza di carità anche a nazioni dell'Africa e dell'Estremo Oriente, attraverso itinerari concreti di sostegno a persone in difficoltà o emarginate. Vi incoraggio a proseguire su questa strada, facendo tesoro della vostra esperienza pedagogica e mettendo a disposizione di quanti sono nella necessità le vostre risorse spirituali e la vostra competenza.

3. A questo fondamentale impegno, teso soprattutto a rispondere ai bisogni immediati e concreti dei poveri, va tuttavia affiancato un annuncio profetico che giunga a toccare le strutture stesse della società, che sono all'origine di tante ingiustizie ed oppressioni verso le fasce più deboli. E' questa una seconda e più impegnativa sfida per quanti hanno scelto di seguire Cristo, buon Samaritano, che si china sulle piaghe fisiche e spirituali dell'uomo. Si tratta di incidere, con la forza del Vangelo, sui processi culturali e sociali, per rendere l'animo umano capace di cambiare i suoi criteri di giudizio ed i modelli di vita che sono in contrasto con i disegni di Dio.

Di fronte a sfide così impegnative, il luminoso esempio del beato Luigi Guanella vi porterà a scegliere come criterio fondamentale del vostro essere e del vostro agire il comandamento dell'amore, tradotto in scelte concrete di servizio e di promozione dei più poveri. Ciò vi condurrà ad essere presenti sulle frontiere della carità, con piena fiducia nella Provvidenza.

Come nel passato, la vostra Famiglia religiosa può contare sul fattivo apporto di numerosi collaboratori e collaboratrici laici. Essi, affascinati dal carisma guanelliano, condividono generosamente la vostra missione di "buoni samaritani" accanto agli emarginati, vivendo così la fondamentale vocazione evangelica alla carità.

La presenza all'Assemblea Capitolare di una rappresentanza delle Suore Guanelliane e di un gruppo di laici è, in tal senso, quanto mai significativa. Essa vi aiuterà ad approfondire l'unità ed a consolidare la collaborazione tra i figli spirituali di Don Guanella, per renderne più efficace la testimonianza di carità e l'impegno per un mondo più giusto e fraterno.

4. Nello spirito del beato Fondatore, di fronte ad un mondo troppo spesso percorso da tensioni ed individualismi, siate sempre più segno visibile di dialogo e di comunione fraterna e testimoni credibili di riconciliazione e di pace.

Soprattutto sappiate riscoprire ogni giorno le profonde radici spirituali della vita comunitaria e del servizio di carità, per continuare a scorgere nel fratello, specialmente se solo o in difficoltà, un autentico dono della Provvidenza. Nella vostra attività quotidiana, come nei reciproci rapporti, sia sempre vivo l'ideale dell'unità, indicato da Gesù nel "testamento" lasciato ai discepoli durante l'Ultima Cena: Padre, che siano una cosa sola, perché il mondo creda (cfr
Jn 17,21).

Nell'augurarvi che le indicazioni scaturite dal Capitolo Generale, che state celebrando nel contesto del Grande Giubileo dell'Anno Duemila, rechino al vostro Istituto rinnovato slancio e vitalità nell'impegno spirituale, nella vita di fraternità e nel servizio ai poveri ed agli emarginati, invoco la celeste protezione della Madonna e del beato Luigi Guanella, e vi benedico di cuore, insieme con tutte le comunità guanelliane sparse nel mondo.


IN OCCASIONE DELL'INAUGURAZIONE DEL NUOVO PARCHEGGIO DEL GIANICOLO

Lunedì, 31 Gennaio 2000

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Signor Cardinale,
Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Sono lieto di inaugurare il nuovo Parcheggio del Gianicolo, frutto dell'impegno congiunto della Santa Sede e delle Autorità Italiane.

Rivolgo il mio cordiale saluto al Signor Cardinale Jozef Tomko, Prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, che ringrazio per le parole con cui si è fatto interprete dei comuni sentimenti ed ha, al tempo stesso, illustrato le finalità ed il funzionamento di questa importante opera. Con lui saluto le Autorità religiose, civili e militari presenti, con un particolare pensiero al Prefetto, ai Sotto-Segretarii Minniti e Bargone ed agli Ambasciatori accreditati presso la Santa Sede.

Desidero, inoltre, esprimere il mio compiacimento ai responsabili delle Ditte appaltatrici ed a quanti hanno lavorato con perizia ed impegno all'attuazione di questa importante struttura.

Rivolgo, infine, un affettuoso saluto ai Superiori ed agli studenti del Collegio Urbano di Propaganda Fide, come pure ai Docenti ed agli studenti della Pontificia Università Urbaniana.

2. Il Parcheggio del Gianicolo è sorto su un'area di proprietà della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli con l'intento di facilitare l'accesso dei pellegrini in Vaticano, soprattutto durante quest'anno giubilare, ma anche per agevolare la circolazione in un punto nevralgico della Città. La validità, pertanto, di questo notevole complesso polifunzionale va ben oltre il Duemila. Anche in seguito esso costituirà per Roma, e soprattutto per la zona di San Pietro, un'importante infrastruttura urbana, destinata a migliorare la condizione del traffico e la qualità della vita degli abitanti del quartiere.

Esprimo, pertanto, vivo compiacimento per un'opera che offre grandi vantaggi urbanistici senza danneggiare il panorama ben noto del colle gianicolense, e ben volentieri mi unisco a tutti voi nel renderne grazie al Signore. A Lui affido quanti hanno contribuito a realizzarla e quanti ne usufruiranno.

Su tutti e su ciascuno, per intercessione di Maria Salus Populi Romani, scendano abbondanti favori celesti, di cui vuol essere pegno la Benedizione Apostolica, che vi imparto con affetto.


MESSAGGIO AL VESCOVO DI AACHEN (GERMANIA)

IN OCCASIONE DELLE CELEBRAZIONI DEL 12° CENTENARIO DELLA COSTRUZIONE DEL DUOMO

25 gennaio 2000

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Al mio venerato Fratello nell'Episcopato,
l'Ecc.mo Mons. Heinrich Mussinghoff, Vescovo di Aachen

1. «Quale gioia, quando mi dissero: Andremo alla casa del Signore» (
Ps 122,1).

La gioiosa esclamazione del Salmista trova ad Aachen un'eco vivace da 1200 anni, ossia da quando Carlo Magno completò la Cappella del suo Palazzo e la dedicò a Maria, Ausiliatrice dei cristiani. Nel corso della storia innumerevoli pellegrini, grandi e piccoli, si sono recati in codesta Cattedrale dedicata alla Madonna, per sostare di fronte all'immagine miracolosa e per invocare la protezione materna della Vergine sulla Chiesa e sul mondo.

2. Non mi è possibile essere personalmente presente in occasione dei 1200 anni della Cattedrale di Aachen, ma ho voluto mandarvi un Inviato Speciale nella persona di Sua Eminenza il Cardinale Darío Hoyos Castrillón, che fa le mie veci in questa occasione festosa in qualità di mio rappresentante personale. In tal modo, si manifesta la comunità cattolica che trova il proprio centro nella Chiesa di Roma e come una rete abbraccia tutta la terra. Carlo Magno, edificatore di codesta Casa di Dio, era già consapevole della necessità di questi stretti vincoli con il Successore di Pietro. Con la sua incoronazione a Imperatore, la notte di Natale dell'anno 800, da parte del Papa Leone III, tale consapevolezza raggiunse un apice significativo, dopo che pochi anni prima lo stesso Carlo Magno aveva dato vita alla «Schola Francorum» all'ombra della Basilica di san Pietro. Doveva essere un albergo per i pellegrini, che si recavano nella Città Eterna, dopo aver varcato le Alpi, per visitare le tombe dei Principi degli Apostoli.

3. Oltre a questi legami con Roma, la Cattedrale di Aachen possiede un altro vincolo. Conserva cose preziose, che ci portano col cuore e con la mente non solo nella Città Eterna, ma anche nella Città Santa. Gerusalemme donò a Carlo Magno quattro reliquie di stoffa, che ricordano in modo sensibile e pieno di profonda riverenza significativi avvenimenti della storia della salvezza e, al tempo stesso, possono essere considerate come vesti di pellegrino per il popolo di Dio in cammino nel corso del tempo.

Chi guarda le fasce di Gesù, si ricorda che la comunità di fede dev'essere comunità di vita con Gesù. Infatti anche Cristo ha cominciato la sua vita così come fa ogni cristiano: da neonato. Come Gesù crebbe in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini (cfr Lc 2,52), anche a noi è chiesto di preoccuparci della crescita e della maturità della nostra fede. Gesù nella mangiatoia non era solo un neonato, ma il Figlio di Dio. Così le fasce sono un invito a onorarlo con la nostra vita e a portare altre persone sulla via dell'adorazione: Venite adoremus! Venite, adoriamo il Re, il Signore!

Il trono del Re è la croce. A ciò allude la reliquia più preziosa, dal punto di vista della storia della salvezza, che si veneri nella Cattedrale di Aachen: il panno che cingeva i fianchi di Gesù. Al Re sulla croce non fu lasciato che questo, cosi che potesse offrire tutto se stesso per Dio e per il mondo. Come Egli si affidò al Padre e al contempo affidò la sua opera a Maria e Giovanni, così anche la Chiesa nel suo pellegrinaggio nel corso del tempo ha il compito di procedere verso Dio senza riserve e di presentare a Lui «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi» (Gaudium et spes GS 1).

Ciò attesta che l'ortodossia dell'insegnamento si deve rispecchiare nella coerenza della vita. In questo contesto ricordiamo il panno della decapitazione di Giovanni Battista. Ai cristiani della società moderna professare la fede non costa, in genere, la vita. Nondimeno la testimonianza ha il prezzo di qualche notte insonne e di innumerevoli gocce di sudore in un ambiente sociale in cui Cristo è diventato spesso un estraneo. Proprio in un'epoca nella quale Dio non di rado viene messo a tacere, sono necessari forza e coraggio, per farsi garanti dell'inalienabile dignità di tutti gli uomini per amore di Dio che ha inviato il proprio Figlio, «perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza» (Jn 10,10).

La parola vita ci fa pensare a Maria, che fu scelta per portare Cristo, la Vita del mondo. La quarta reliquia di stoffa nella Cattedrale di Aachen ricorda quell'abito che avvolgeva la Madre di Dio nella notte santa. Come Maria ha portato il Figlio nel suo grembo, così la Chiesa, sua immagine, porta Cristo nell'abito da pellegrino durante i secoli. Ciò per cui visse Maria deve essere il movente della Chiesa nel corso della storia: il «mistero della fede» in Gesù Cristo, il «Salvatore degli uomini» ieri, oggi e sempre. È un grande onore e un nobile compito della Chiesa poter vivere con un mistero che Dio stesso le ha affidato. La Chiesa, in quanto custode del mistero divino, è inviata a rivelare il mistero della salvezza «fino agli estremi confini della terra» (Ac 1,8).

4.Questo mandato evangelizzatore della Chiesa è la sua missione in ogni tempo, ma in particolare nell'Anno Santo 2000, che festeggiamo quale grande Giubileo dell'Incarnazione di Dio. Ringraziamo il Datore di tutte le cose poiché non solo non ci fermiamo 2000 anni dopo Cristo, ma abbiamo potuto procedere per 2000 anni con Cristo. Anche nel nuovo secolo il cristianesimo ha un futuro luminoso. Questo l'aveva già ricordato il venerato e purtroppo precocemente scomparso Vescovo Klaus Hemmerle, quando pochi mesi prima di morire fece un bilancio con una specie di «previsione»: «Non siamo solo amministratori di un passato così prezioso e santo, ma precursori di un futuro, che non possiamo costruire noi, ma che verrà perché Egli viene» (Omelia del 7 novembre 1993, in occasione del 18° anniversario della sua consacrazione episcopale).

Il mio auspicio è che l'anniversario dei 1200 anni della Cattedrale di Aachen ricordi a tutti i cristiani che sono impiegati come pietre vive nell'edificio di Dio (cfr 1P 2,5). Il pellegrinaggio ai santuari, che coincide con l'anno giubilare, sia per la Chiesa di Aachen un impulso a considerarsi più profondamente popolo peregrinante di Dio e a mettersi in cammino con cuore gioioso e coraggioso! Sulla via verso il Signore Maria, Madre di Dio e Madre della Chiesa, sia una fedele guida! Unito nello spirito, sono vicino a tutti voi che vi riunite intorno al Vescovo per celebrare il Giubileo della Cattedrale di Aachen, e vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 25 gennaio 2000.



                                                                       Febbraio

PAROLE IN OCCASIONE DELL'INAUGURAZIONE DEL NUOVO INGRESSO DEI MUSEI VATICANI

Lunedì, 7 Febbraio 2000

0702

Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
Illustri Signori e Signore!

1. L'inaugurazione del nuovo ingresso dei Musei Vaticani è per me motivo di particolare gioia. Il suo verificarsi nella prima fase del Grande Giubileo le dona un significato di singolare valenza simbolica. Dopo aver aperto le Porte Sante delle Basiliche romane, accesso alla grazia del Redentore, oggi inauguro l'ingresso che introduce a quel tempio dell'arte e della cultura che sono i Musei.

Grande è la soddisfazione per il compimento di un'opera assai impegnativa. Ringrazio il Signor Cardinale Edmund Casimir Szoka, per i sentimenti anche a nome vostro manifestati e per l'interessante presentazione che ci ha fatto dei lavori svolti e dei risultati raggiunti: a lui ed alla Direzione dei Servizi Tecnici esprimo il più vivo apprezzamento, estendendolo ai consulenti ed alle maestranze e ricordando con gratitudine il Cardinale Castillo Lara, oggi presente con noi, al quale va il merito di avere iniziato l'impresa.

Rivolgo pure un sentito incoraggiamento, nella persona del Direttore Generale Reggente, Dottor Francesco Buranelli, ai Dirigenti e a tutto il personale dei Musei Vaticani. Ad essi, infatti, spetta ora di gestire nel modo migliore questa imponente struttura, affinché raggiunga gli scopi per i quali è stata concepita e realizzata.

2. Quando, sul finire del diciottesimo secolo, i Papi Clemente XIV e Pio VI fondarono i Musei Vaticani nel senso moderno del termine, i visitatori erano una ristrettissima élite. Oggi, essi sono migliaia al giorno, di ogni estrazione sociale e culturale e provengono da ogni parte del mondo. Davvero si può dire che i Musei costituiscono, sul piano culturale, una delle più significative porte della Santa Sede aperte sul mondo.

Di qui il valore non solo funzionale, ma simbolico di un ingresso più "capace", cioè più accogliente, per esprimere la rinnovata volontà della Chiesa di dialogare con l'umanità nel segno dell'arte e della cultura, ponendo a disposizione di tutti il patrimonio affidatole dalla storia.

3. Saluto cordialmente Giuliano Vangi, autore della scultura collocata in questo nuovo ingresso, e lo ringrazio perché la sua non è un'opera celebrativa, ma un invito alla riflessione sul ministero petrino, a cui la Provvidenza mi ha chiamato. Sin dal primo giorno del mio pontificato, ho avvertita ben viva la missione di aiutare l'uomo a "varcare la soglia": ad uscire dalla costrizione del materialismo verso la libertà della fede, la libertà di essere se stesso seguendo Cristo Redentore, supremo difensore della sua dignità e dei suoi diritti. Questo servizio all'uomo conosce due momenti, che sono rappresentati sui due lati del blocco di marmo: il momento dell'azione e quello, non meno importante, della preghiera. Di fronte alle umane sofferenze, infatti, la Chiesa trova in Dio la forza per sospingere l'uomo verso un futuro di speranza e di libertà.

Mi congratulo, altresì, con lo scultore Cecco Bonanotte, autore del portale del nuovo ingresso. Il tema della creazione, da lui simbolicamente evocato, ben si intona con quello dell'arte, e sembra invitare il visitatore a riconoscere con stupore nell'universo, negli esseri viventi e soprattutto nella persona umana il mistero dello Spirito creatore.

4. La collaborazione tra la Chiesa e gli artisti è sempre stata "fonte di reciproco arricchimento spirituale", dal quale "ha tratto vantaggio la comprensione dell'uomo, della sua autentica immagine, della sua verità" (Lettera agli Artisti, 13).

E' con questa convinzione che inauguro il nuovo ingresso dei Musei Vaticani, mentre ringrazio ancora tutti voi e vi benedico di cuore, insieme con quanti hanno lavorato per realizzare questa opera veramente monumentale.


AI FEDELI DELLA COMUNITÀ MARONITA

Giovedì, 10 febbraio 2000

1002

Beatitudine,
Cari Fratelli nell'Episcopato,
Cari Fratelli e care Sorelle della Chiesa Maronita,

1. Vi porgo il benvenuto nella casa del Successore di Pietro e nella Città Eterna, che conserva le tombe degli Apostoli Pietro e Paolo e di tanti altri santi martiri e confessori. Siete venuti dal Libano, da altri Paesi del Medio Oriente e della diaspora, per celebrare in questi giorni il Grande Giubileo, con Sua Beatitudine il Cardinale Nasrallah Pierre Sfeir, Patriarca di Antiochia, "Padre e Capo" (cfr
CIO 55) della Chiesa maronita. Il vostro pellegrinaggio a Roma inaugura quello delle Chiese cattoliche orientali. Di fatto, nei prossimi mesi arriveranno a Roma i Patriarchi, i Vescovi e i fedeli delle altre tradizioni orientali.

2. Volendo dare una nuova prova della vostra adesione indefettibile e plurisecolare alla Sede apostolica romana, siete venuti a Roma per la festa di san Marone, pietra miliare della vostra Chiesa, la cui memoria è celebrata, secondo il vostro calendario liturgico, il 9 febbraio. In questo giorno avete partecipato, nella Basilica di Santa Maria Maggiore, a una celebrazione eucaristica solenne, presieduta dal vostro amato Patriarca. La celebrazione di ieri, come l'udienza di oggi, rafforza lo stretto vincolo esistente fra la Sede di Roma e quella di Antiochia, città molto antica dove "per la prima volta i discepoli furono chiamati Cristiani" (Ac 11,26) e dove san Pietro stesso ha vissuto. Attirati da un "imperativo interiore", che proviene dalla vostra fede, siete venuti a "consultare Cefa" (Ga 1,18), per vivere con lui la comunione ecclesiale. La vostra piena comunione con la Chiesa di Roma è in effetti una manifestazione tangibile della vostra consapevolezza dell'unità: "L'unità è una caratteristica primordiale della Chiesa ed è richiesta dalla sua natura profonda" (Esortazione Apostolica post-sinodale Una speranza nuova per il Libano, n. 84; cfr Lettera Apostolica Orientale lumen, n. 19). Questa unità ecclesiale, che sperimentate con forza in questi giorni, a sua volta vi aiuterà a impegnarvi sempre più nell'evangelizzazione del mondo, essendo la tradizione maronita anche "un'occasione privilegiata per ravvivare il dinamismo e lo slancio missionario al quale ciascun fedele deve partecipare" (Esortazione Apostolica post-sinodale Una speranza nuova per il Libano, n. 84).

3. Consapevole e fiera dell'importanza dell'unità con Roma, la vostra Chiesa, figlia spirituale di san Marone, ha visto fiorire numerosi santi e sante nel corso dei secoli. Il 9 ottobre 1977 il mio Predecessore, Papa Paolo VI, ha canonizzato Charbel Maklouf, monaco eremita e sacerdote dell'Ordine libanese maronita, ed io stesso ho avuto la gioia di procedere il 17 novembre 1985 alla beatificazione di Rafqa (Rebecca), monaca maronita dell'Ordine libanese maronita, e il 10 maggio 1998 a quella di Nimatullah Al-Hardini, monaco e sacerdote dello stesso Ordine e padre spirituale di san Charbel.

4. La Beatificazione di Nimatullah Al-Hardini ha avuto luogo esattamente un anno dopo il mio pellegrinaggio del 1997 in terra libanese. Sono pertanto lieto di ricordare qui le ore che ho trascorso in Libano dove la Chiesa Maronita ha le sue radici e il suo centro effettivo.

La speranza nuova per il Libano, espressa nell'Esortazione post-sinodale, documento che ha fatto seguito ai lavori dell'Assemblea speciale per il Libano del Sinodo dei Vescovi, è stato "il mio grido di resurrezione e di pace" mediante il quale ho "presentato nuovamente la terra biblica dei cedri alla coscienza del mondo" (L'Osservatore Romano, 12-13 maggio 1997, p. 1). Incoraggio tutti i Pastori e i fedeli delle comunità cattoliche del Libano ad accogliere e ad assimilare sempre più le proposte e i suggerimenti di questa Esortazione. Sono lieto di sapere che vi sono già dei primi segni incoraggianti di una messa in atto concreta, come risulta anche dai lavori dell'ultima Assemblea dei Patriarchi e dei Vescovi cattolici del Libano (A.P.E.C.I.), che si è tenuta lo scorso novembre a Bkerké.

5. Ho anche il piacere di annunciare che ieri, dopo una lunga chiusura, dovuta alla Seconda Guerra Mondiale e poi alla difficile situazione del Libano, il Pontificio Collegio maronita ha riaperto ufficialmente le porte grazie soprattutto agli sforzi instancabili di Sua Eccellenza Monsignor Emile Eid, Procuratore patriarcale a Roma. Questo Istituto, voluto da Papa Gregorio XIII, risale al XVI secolo. Ha accolto innumerevoli e illustri studenti, dei quali i più famosi furono il futuro Patriarca maronita Stéphane Douaihi e il grande studioso Joseph S. Assemani, Primo Custode della Biblioteca Vaticana, celebre orientalista e canonista che, fra le altre cose, svolse un ruolo importante nel Sinodo libanese maronita del 1736.

Auspico che i giovani maroniti che vivranno in questo Collegio storico contribuiscano efficacemente, come i loro predecessori, alla vita ecclesiale maronita, nella fedeltà allo spirito della Chiesa universale.

6. Quanto all'amata terra del Libano, verso la quale si volge con nostalgia il cuore dei credenti, le auguro di continuare a restare fedele alla sua vocazione di "Messaggio": un luogo in cui i cristiani possano vivere in pace e in fraternità con i seguaci di altre credenze e in cui siano capaci di promuovere un simile spirito di convivialità (cfr Esortazione Apostolica post-sinodale Una speranza nuova per il Libano, n. 92). Oggi desidero inoltre dirvi, con la forza dell'Amore: "Il Papa è sempre vicino a tutti voi". Sono accanto a voi come un padre e un fratello in questo periodo in cui l'intolleranza porta a volte a ravvivare i fantasmi dell'odio che vorremmo vedere scomparire per sempre.

Per intercessione della Madre di Dio, dei santi Apostoli Pietro e Paolo, di san Marone, di san Charbel, della Beata Rafqa, del Beato Nimatullah Al-Hardini e di tutti i santi della vostra terra, chiedo al Signore che sia questo il primo frutto del Grande Giubileo che voi celebrate a Roma. Vi imparto di tutto cuore la Benedizione Apostolica.


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