GPII Discorsi 2000 2502


DISCORSO AL CONVEGNO INTERNAZIONALE DI STUDIO SULL’ATTUAZIONE DEL CONCILIO ECUMENICO VATICANO II

27 febbraio 2000

2702
Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
cari Fratelli e Sorelle!

1. Sono molto lieto di incontrarvi al termine del Convegno che si è celebrato in questi giorni in Vaticano sul tema, veramente impegnativo e stimolante, dell'attuazione del Concilio Ecumenico Vaticano II. Saluto il Signor Cardinale Roger Etchegaray, che ringrazio per l'indirizzo rivoltomi a nome di tutti. Il mio benvenuto va, poi, ai Prefetti di Dicastero ed agli altri Porporati, come pure agli Arcivescovi e Vescovi, che con la loro presenza sottolineano l'importanza di questa assise. Saluto, infine, gli esperti qui giunti da varie parti del mondo, per recare il contributo delle loro esperienze e delle loro riflessioni.

Il Concilio Ecumenico Vaticano II è stato un dono dello Spirito alla sua Chiesa. E' per questo motivo che rimane come un evento fondamentale non solo per capire la storia della Chiesa in questo scorcio di secolo, ma anche, e soprattutto, per verificare la permanente presenza del Risorto accanto alla sua Sposa tra le vicende del mondo. Per mezzo dell'Assemblea conciliare, che ha visto giungere alla Sede di Pietro Vescovi da ogni parte del mondo, si è potuto constatare quanto il patrimonio di duemila anni di fede fosse conservato nella sua autenticità originaria.

2. Con il Concilio, la Chiesa ha fatto anzitutto un'esperienza di fede, abbandonandosi a Dio senza riserve nell'atteggiamento di chi si fida e ha la certezza di essere amato. E' proprio questo atto di abbandono a Dio che, da un esame sereno degli Atti, emerge sovrano. Chi volesse avvicinare il Concilio prescindendo da questa chiave di lettura si priverebbe della possibilità di penetrarne l'anima profonda. E' solo in una prospettiva di fede che l'evento conciliare si apre ai nostri occhi come un dono di cui è necessario saper cogliere la ricchezza ancora nascosta.

Tornano alla mente, in questo frangente, le significative parole di san Vincenzo di Lérin: "La Chiesa di Cristo, premurosa e cauta custode dei dogmi a lei affidati, non cambia mai nulla in essi; nulla diminuisce, nulla aggiunge; non amputa ciò che è necessario, non aggiunge ciò che è superfluo; non perde ciò che è suo, non si appropria di ciò che è di altri; ma con ogni zelo, attendendo con fedeltà e saggezza agli antichi dogmi, ha come unico desiderio di perfezionare e levigare quelli che anticamente ricevettero una prima forma e un primo abbozzo, di consolidare e rafforzare quelli che hanno già risalto e sviluppo, di custodire quelli che sono già stati confermati e definiti" (Commonitorium, XXIII).

3. I Padri conciliari furono posti dinanzi a una vera sfida. Essa consisteva nell'impegno di comprendere più intimamente, in un periodo di rapidi cambiamenti, la natura della Chiesa e il suo rapporto con il mondo per provvedere all'opportuno «aggiornamento». Abbiamo raccolto quella sfida - c'ero anch'io tra i Padri conciliari - e vi abbiamo dato risposta cercando un'intelligenza più coerente della fede. Ciò che abbiamo compiuto al Concilio è stato di rendere manifesto che anche l'uomo contemporaneo, se vuole comprendere a fondo se stesso, ha bisogno di Gesù Cristo e della sua Chiesa, la quale permane nel mondo come segno di unità e di comunione.

In realtà la Chiesa, Popolo di Dio in cammino sulle strade della storia, è la perenne testimonianza di una profezia che, mentre attesta la novità della promessa, rende evidente la sua attuazione. Il Dio che ha promesso è il Dio fedele che compie la parola data.

Non è questo, forse, ciò che la Tradizione risalente agli Apostoli ci permette di verificare ogni giorno? Non siamo noi in un processo costante di trasmissione della Parola che salva e che porta all'uomo, dovunque si trovi, il senso della sua esistenza? La Chiesa, depositaria della Parola rivelata, ha la missione di annunciarla a tutti.

Questa sua missione profetica comporta l'assunzione della responsabilità di rendere visibile ciò che la Parola annuncia. Dobbiamo porre in atto segni visibili della salvezza, perché l'annuncio che portiamo sia compreso nella sua integrità. Portare il Vangelo nel mondo è un compito che i cristiani non possono delegare ad altri. E' una missione che li coglie nella responsabilità propria della fede e della sequela di Cristo! Il Concilio ha voluto restituire a tutti i credenti questa verità fondamentale.

4. Per ricordare la scadenza dei primi venti anni del Concilio Vaticano II, convocai nel 1985 un Sinodo straordinario dei Vescovi. Esso aveva lo scopo di celebrare, verificare e promuovere l'insegnamento conciliare. I Vescovi, nella loro analisi, parlarono di «luci e ombre» che avevano caratterizzato il periodo post conciliare. Per questo motivo, nella Lettera Tertio millennio adveniente scrissi che "l'esame di coscienza non può non riguardare anche la ricezione del Concilio" (n. 36). Oggi ringrazio tutti voi che siete giunti da diverse parti del mondo per dare risposta a questa richiesta. Il lavoro che avete svolto in questi giorni ha evidenziato quanto sia presente ed efficace nella vita della Chiesa l'insegnamento conciliare. Certo, esso richiede una conoscenza sempre più profonda. All'interno di questa dinamica, comunque, è necessario che non vada persa la genuina intenzione dei Padri conciliari; essa, piuttosto, deve essere recuperata superando interpretazioni prevenute e parziali che hanno impedito di esprimere al meglio la novità del Magistero conciliare.

La Chiesa da sempre conosce le regole per una retta ermeneutica dei contenuti del dogma. Sono regole che si pongono all'interno del tessuto di fede e non al di fuori di esso. Leggere il Concilio supponendo che esso comporti una rottura col passato, mentre in realtà esso si pone nella linea della fede di sempre, è decisamente fuorviante. Ciò che è stato creduto da "tutti, sempre e in ogni luogo" è l'autentica novità che permette a ogni epoca di sentirsi illuminata dalla parola della Rivelazione di Dio in Gesù Cristo.

5. Il Concilio è stato un atto di amore: "Un grande e triplice atto d'amore" - come disse Paolo VI nel Discorso di apertura del IV periodo del Concilio - un atto d'amore "verso Dio, verso la Chiesa, verso l'umanità" (Insegnamenti, vol.III [1965], p. 475). L'efficacia di quell'atto non si è affatto esaurita: essa continua ad operare attraverso la ricca dinamica dei suoi insegnamenti.

La Costituzione dogmatica Dei Verbum ha posto con rinnovata consapevolezza la Parola di Dio al centro della vita della Chiesa. Questa centralità è data dalla più viva percezione dell'unità tra Sacra Scrittura e Sacra Tradizione. La Parola di Dio, che è mantenuta viva dalla fede del popolo santo dei credenti sotto la guida del Magistero, chiede anche a ciascuno di noi di assumere la propria responsabilità nel conservare intatto il processo di trasmissione.

Perché il primato della Rivelazione del Padre all'umanità permanga con tutta la forza della sua radicale novità è necessario che la teologia, per prima, si renda strumento coerente della sua intelligenza. Nell'Enciclica Fides et ratio ho scritto: "In quanto intelligenza della Rivelazione, la teologia nelle diverse epoche storiche si è sempre trovata a dover recepire le istanze delle varie culture per poi mediare in esse, con una concettualizzazione coerente, il contenuto della fede. Anche oggi un duplice compito le spetta. Da una parte, infatti, essa deve sviluppare l'impegno che il Concilio Vaticano II, a suo tempo, le ha affidato: rinnovare le proprie metodologie in vista di un servizio più efficace all'evangelizzazione... Dall'altra parte, la teologia deve puntare gli occhi sulla verità ultima che le viene consegnata con la Rivelazione, senza accontentarsi di fermarsi a stadi intermedi" (n. 92).

6. Ciò che la Chiesa crede è ciò che essa assume come oggetto della sua preghiera. La Costituzione Sacrosanctum Concilium ha illustrato le premesse per una vita liturgica che renda a Dio il vero culto a lui dovuto dal popolo chiamato ad esercitare il sacerdozio della Nuova Alleanza. L'azione liturgica deve permettere a ogni fedele di entrare nell'intimo del mistero per cogliere la bellezza della lode al Dio Trino. Essa costituisce, infatti, un'anticipazione sulla terra della lode che le schiere dei Beati rendono a Dio nel cielo. In ogni celebrazione liturgica, pertanto, dovrebbe essere data ai partecipanti la possibilità di pregustare, seppur sotto il velo della fede, qualcosa delle dolcezze che scaturiranno dalla contemplazione di Dio in Paradiso. Per questo ogni ministro, consapevole della responsabilità che ha verso tutto il popolo a lui affidato, dovrà attenersi fedelmente al rispetto per la sacralità del rito, crescendo nell'intelligenza di ciò che celebra.

7. "E' venuta l'ora in cui la verità circa la Chiesa di Cristo deve essere esplorata, ordinata ed espressa", affermò il Papa Paolo VI nel Discorso di apertura del secondo periodo del Concilio (Insegnamenti, vol.I [1963], PP 173-174). In questa espressione l'indimenticabile Pontefice identificò il compito principale del Concilio. La Costituzione dogmatica Lumen gentium è stata un vero canto di esaltazione della bellezza della Sposa di Cristo. In quelle pagine abbiamo portato a compimento la dottrina espressa dal Concilio Vaticano I e abbiamo impresso il sigillo per un rinnovato studio del mistero della Chiesa.

La communio è il fondamento su cui poggia la realtà della Chiesa. Una koinonia che ha la sua fonte nel mistero stesso del Dio Trino e si estende a tutti i battezzati, che sono perciò chiamati alla piena unità in Cristo. Tale comunione si rende evidente nelle diverse forme istituzionali in cui il ministero ecclesiale viene svolto e nella funzione del Successore di Pietro come segno visibile dell'unità di tutti i credenti. A nessuno sfuggirà il fatto che il Concilio Vaticano II ha fatto suo con grande slancio l'anelito "ecumenico". Il movimento di incontro e chiarificazione, che si è posto in atto con tutti i fratelli battezzati, è irreversibile. E' la forza dello Spirito che richiama i credenti all'obbedienza, perché l'unità sia fonte efficace dell'evangelizzazione. La comunione che la Chiesa vive con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo è indice di come i fratelli sono chiamati a vivere insieme.

8. "Il Concilio, che ci ha donato una ricca dottrina ecclesiologica, ha collegato organicamente il suo insegnamento sulla Chiesa con quello sulla vocazione dell'uomo in Cristo": questo dicevo nell'Omelia per l'apertura del Sinodo dei Vescovi, il 24 novembre 1985 (Insegnamenti, vol. VIII,
2P 1371). La Costituzione pastorale Gaudium et spes, che poneva gli interrogativi fondamentali a cui ogni persona è chiamata a dare risposta, ripete anche a noi oggi parole che nulla hanno perso della loro attualità: "Solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo" (n. 22). Sono parole a me quanto mai care e che ho voluto riproporre nei passaggi fondamentali del mio magistero. Qui si trova la vera sintesi a cui la Chiesa deve sempre guardare nel momento in cui dialoga con l'uomo di questo come di ogni altro tempo: essa è consapevole di possedere un messaggio che è sintesi feconda dell'attesa di ogni uomo e della risposta che Dio gli rivolge.

Nell'incarnazione del Figlio di Dio, che questo Giubileo vuole celebrare nella scadenza bimillenaria dell'evento, si rende evidente la chiamata dell'uomo. Questi non viene meno alla sua dignità quando si abbandona con la fede a Cristo, perché la sua umanità viene allora innalzata alla partecipazione della vita divina. Cristo è la verità che non tramonta: in Lui Dio incontra ogni uomo e ogni uomo in Lui può vedere Dio (cfr Jn 14,9-10). Nessun incontro con il mondo sarà fecondo, se il credente cesserà di fissare lo sguardo sul mistero dell'incarnazione del Figlio di Dio. Il vuoto che molti oggi provano dinanzi alla domanda sul perché della vita e della morte, sul destino dell'uomo e sul senso della sofferenza può essere colmato solo dall'annuncio della verità che è Gesù Cristo. Il cuore dell'uomo sarà sempre «inquieto», fino a quando non potrà riposare in Lui, vero ristoro per quanti sono "affaticati e oppressi" (Mt 11,28).

9. Il «piccolo seme» che Giovanni XXIII depose «con animo e mano trepidante» (Cost. Ap. Humanae Salutis, 25 dicembre 1961) nella Basilica di San Paolo fuori le Mura il 25 gennaio del 1959, annunciando l'intenzione di convocare il ventunesimo Concilio ecumenico nella storia della Chiesa, è cresciuto dando vita a un albero che allarga ormai i suoi rami maestosi e possenti nella Vigna del Signore. Molti frutti esso ha già dato in questi trentacinque anni di vita e molti ancora ne darà negli anni che verranno. Una nuova stagione si apre dinanzi ai nostri occhi: è il tempo dell'approfondimento degli insegnamenti conciliari, il tempo della raccolta di quanto i Padri conciliari seminarono e la generazione di questi anni ha accudito e atteso.

Il Concilio Ecumenico Vaticano II è stato una vera profezia per la vita della Chiesa; continuerà ad esserlo per molti anni del terzo millennio appena iniziato. La Chiesa, ricca delle eterne verità che le sono state affidate, ancora parlerà al mondo, annunciando che Gesù Cristo è l'unico vero Salvatore del mondo: ieri, oggi e per sempre!



Marzo



AI PARTECIPANTI AL GIUBILEO DELL'ORDINE EQUESTRE DEL SANTO SEPOLCRO DI GERUSALEMME

2 marzo 2000

0203
1. Con grande gioia vi accolgo, cari Cavalieri, Dame ed Ecclesiastici che rappresentate il benemerito Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Voi siete convenuti a Roma dai cinque Continenti per celebrare il vostro Giubileo. A tutti va il mio saluto cordiale!

Ringrazio con fraterno affetto il Signor Cardinale Carlo Furno, che si è fatto interprete dei comuni sentimenti. Nelle sue parole ho colto il vostro desiderio di rispondere adeguatamente allo specifico servizio alla Terra Santa, che è proprio dell'Ordine. Si tratta di un'importante missione: grazie al vostro generoso impegno spirituale e caritativo in favore dei Luoghi Santi e del Patriarcato Latino di Gerusalemme s'è potuto fare molto per la valorizzazione del prezioso patrimonio di testimonianze storiche che si conservano in Terra Santa. Ad esse guarda con rinnovato interesse l'odierna società, tecnologicamente evoluta, ma bisognosa come non mai di valori e di richiami spirituali.

2. Il vostro Ordine Equestre, nato alcuni secoli fa quale "Guardia d'onore" per la custodia del Santo Sepolcro di Nostro Signore, ha goduto d'una singolare attenzione da parte dei Romani Pontefici. Fu il Papa Pio IX, di venerata memoria, che nel 1847 lo ricostituì, per favorire il ricomporsi di una Comunità di fede cattolica in Terra Santa. Questo grande Papa restituì al vostro Ordine la sua funzione primitiva, ma con una significativa differenza: la custodia della Tomba di Cristo non sarebbe più stata affidata alla forza delle armi, ma al valore di una costante testimonianza di fede e di solidarietà verso i cristiani residenti nei Luoghi Santi.

E' questo ancor oggi il vostro compito, carissimi Cavalieri e Dame del Santo Sepolcro di Gerusalemme. La celebrazione del Giubileo vi aiuti a crescere nella pratica assidua della fede, nell'esemplare condotta morale e nella generosa collaborazione alle attività ecclesiali a livello sia parrocchiale che diocesano. L'Anno Santo, che è tempo di personale e comunitaria conversione, veda ciascuno di voi intento a sviluppare ed approfondire le tre virtù caratteristiche dell'Ordine: "zelo alla rinuncia in mezzo a questa società dell'abbondanza, generoso impegno per i deboli e i non protetti e lotta coraggiosa per la giustizia e la pace" (Direttive per il rinnovamento dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme in vista del Terzo Millennio, n. 18).

3. Un vincolo antico e glorioso lega il vostro Sodalizio cavalleresco al luogo del Sepolcro di Cristo, dove viene celebrata in maniera tutta particolare la gloria della risurrezione. E' proprio questo il fulcro centrale della vostra spiritualità. Per rinnovare tale millenario vincolo e rendere sempre più viva ed eloquente questa vostra testimonianza evangelica, voi avete provveduto ad elaborare nuove direttive per la vostra attività, nel quadro dello Statuto del vostro Ordine. Siete infatti consapevoli che, all'avvio di un nuovo millennio, si impone un'aggiornata interpretazione della regola di vita del vostro singolare servizio. Anche per voi, come del resto per ogni cristiano, decisiva è la riscoperta del Battesimo, fondamento di tutta l'esistenza cristiana. E questo esige un accurato approfondimento catechetico e biblico, una seria revisione di vita ed un generoso slancio apostolico. Sarete così aperti al mondo di oggi senza venir meno allo spirito dell'Ordine, il cui auspicato rinnovamento dipende soprattutto dalla personale conversione di ciascuno. Come recitano le vostre insegne: "Oportet gloriari in Cruce Domini Nostri Iesu Christi": è necessario gloriarsi della Croce del Nostro Signore Gesù Cristo. Sia Cristo il centro della vostra esistenza, di ogni vostro progetto e programma, sia personale che associativo.

4. Carissimi Fratelli e Sorelle, tra qualche settimana, a Dio piacendo, avrò anch'io la grazia di rendere visita al Santo Sepolcro. Potrò così sostare in preghiera nel luogo in cui Cristo ha offerto la sua vita e l'ha poi ripresa nella risurrezione, facendoci dono del suo Spirito.

Carissimi Cavalieri, Dame ed Ecclesiastici dell'Ordine, per questo pellegrinaggio conto anche sulla vostra preghiera, per la quale vi esprimo fin d'ora la mia riconoscenza. Vi affido tutti alla materna protezione della Vergine Regina della Palestina. Sia Lei ad assistervi nello speciale compito "di assistere la Chiesa in Terra Santa e di rafforzare nei membri la pratica della vita cristiana" (Direttive, cit., n. 3).

La Santa Famiglia protegga voi e le vostre famiglie. Rifulga nel cuore di ognuno di voi la consolante certezza che Cristo è morto per noi ed è veramente risorto. Egli è vivo: ieri, oggi e sempre.

Con tali sentimenti, volentieri imparto a ciascuno di voi una speciale Benedizione apostolica.


AI PARTECIPANTI AL PELLEGRINAGGIO DELLA DIOCESI DI PADOVA

Venerdì, 3 Marzo 2000

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Carissimi Fratelli e Sorelle della Diocesi di Padova!


1. Vi saluto con cordialità e sono lieto di porgervi il benvenuto. Il provvidenziale tempo del Giubileo vi ha condotto come pellegrini alla Città di Roma, per confermare la vostra fede in Cristo e per riaffermare il vostro impegno a vivere secondo lo spirito del Vangelo. La vostra numerosa presenza attesta gli stretti ed ininterrotti vincoli di comunione e di affetto che uniscono la vostra Chiesa al Successore di Pietro. Secondo una pia tradizione, infatti, san Prosdocimo, primo Vescovo di Padova, fu inviato dall'apostolo Pietro ad annunciare nelle terre euganee la Buona Novella. Da allora la vostra Chiesa non ha mai dimenticato questo suo originario collegamento con la Sede Apostolica.

Il mio pensiero si rivolge, anzitutto, al caro Mons. Antonio Mattiazzo, che siede sulla Cattedra dalla quale hanno insegnato con grande saggezza tanti illustri suoi predecessori. Nel ringraziarlo per i sentimenti espressi anche a nome vostro, intendo salutare tutti voi, fedeli di una Chiesa ricca di santi e di martiri, di antiche e nobili tradizioni, di vocazioni sacerdotali e religiose, di generose istituzioni. Saluto i sacerdoti, i giovani del Seminario Maggiore, qui guidati dal Rettore e dai Professori, e i pellegrini brasiliani, insieme con il presbitero padovano fidei donum, che opera nella loro diocesi di Itaguai.

Mi è gradito, poi, rivolgere un saluto fraterno al Vescovo ortodosso di Cherson, Ionathan, Segretario del Santo Sinodo della Chiesa Ortodossa Ucraina, ed al rappresentante della Metropolia romena di Craiova, che prendono parte a quest'incontro.

2. Stiamo vivendo l'anno del Grande Giubileo, che offre ai fedeli la possibilità di attingere copiosamente al tesoro di grazia e di misericordia da Dio affidato alla Chiesa. A quanti anelano ad un coraggioso rinnovamento interiore, il Signore chiede di accostarsi a lui con fiducia: "Chi ha sete venga a me e beva, chi crede in me... Fiumi d'acqua viva sgorgheranno dal suo cuore" (
Jn 7,37-38). Egli domanda a ciascuno un cambiamento di mentalità e di stile di vita, per "seguire l'Agnello ovunque vada" (Ap 14,4), ed affrontare così le vicende quotidiane secondo la logica del Vangelo.

Seguire Cristo con amore generoso esige un'intensa e costante crescita interiore. A tal fine, occorre coltivare con assiduità la preghiera, partecipare il più frequentemente possibile all'Eucaristia ed al sacramento della Penitenza, esercitare le virtù evangeliche, in primo luogo la carità.

La grande tradizione di santità della Chiesa di Padova offre numerosi esempi di testimoni della fede che hanno trasmesso al Popolo di Dio il senso vivo di un personale rapporto con Cristo e col suo Corpo, che è la Chiesa. Come non ricordare santa Giustina, san Daniele, San Massimo, i santi Bellino e Fidenzio, i beati Eustochio e Giordano Forzatè, o la splendida figura di san Gregorio Barbarigo, per citarne solo alcuni? Tra loro, mi piace annoverare sant'Antonio di Padova e san Leopoldo Mandic che, pur non essendo nati nella vostra terra, vi hanno tuttavia predicato la Parola di Dio e amministrato la misericordia divina nel Sacramento della riconciliazione con grande zelo e tangibili frutti apostolici. Sono queste le glorie della vostra Diocesi. Sappiate attingere continuamente dai loro esempi e dai loro insegnamenti l'entusiasmo ed il coraggio per aderire in modo più organico e perfetto a Cristo. Sarete così pronti per affrontare con fiducia e speranza le difficoltà del nostro tempo e le sfide della nuova evangelizzazione.

3. Evangelizzare! Ecco, carissimi Fratelli e Sorelle, la missione di ogni battezzato. In qualunque stato di vita, egli è chiamato a rendere testimonianza a Cristo ed al Vangelo. Faccio voti che questo vostro pellegrinaggio porti i frutti auspicati di rinnovamento religioso e pastorale. La sosta presso le tombe degli Apostoli vi rafforzi nella determinazione di rifuggire il peccato, di convertirvi al bene e di seguire il Signore.

A Maria Assunta, alla quale è dedicata la Cattedrale della vostra Diocesi, affido le intenzioni che vi animano in questo vostro pellegrinaggio giubilare. Da Lei imploro per voi la grazia di essere missionari autentici dell'amore insondabile di Dio, il quale vuole che tutti gli uomini si salvino e raggiungano la pienezza della verità (cfr 1Tm 2,4).

Vi proteggano i Santi Pietro e Paolo, colonne della Chiesa, ed i vostri Santi Patroni. Il Papa prega per voi ed imparte a voi, ai vostri cari e a tutti i fedeli della Diocesi di Padova una speciale Benedizione Apostolica.


AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI COREA

Sabato, 4 Marzo 2000

0403

Eccellenza,

1. È con grande piacere che le do il benvenuto in Vaticano in occasione della sua prima visita ufficiale, che mi offre l'opportunità di riaffermare la stima della Santa Sede per la sua persona e la sua amicizia di lunga data con la Repubblica di Corea. Saluto cordialmente lei, signora Kim Dae-Jung e gli illustri membri del suo entourage.

La sua visita odierna mi ricorda le mie due visite pastorali nella "Terra del calmo mattino", nel 1984 e nel 1989. In entrambe quelle occasioni ho avuto la gioia di incontrare molti suoi concittadini di varie tradizioni religiose e formazioni culturali. La loro calda accoglienza, il loro atteggiamento amichevole e lo spirito di ospitalità hanno lasciato in me un'impressione duratura. Ho potuto anche osservare le difficoltà e le sfide che il popolo coreano deve affrontare nel suo anelito all'unità e nel suo desiderio di creare una società prospera e pacifica, edificata sulle solide fondamenta della giustizia, della libertà e del rispetto per i diritti umani inalienabili.

2. In tempi recenti avete preso iniziative per promuovere il dialogo intercoreano. Certamente, la via della riconciliazione sarà lunga e difficile. Tuttavia, nonostante gli ostacoli, non vi siete lasciati scoraggiare nel vostro sforzo per instaurare un clima di rapporti buoni e armoniosi.

Avete dimostrato il vostro impegno in modo concreto, assistendo molti nordcoreani che sono stati gravemente colpiti da calamità naturali e da carestie, e la cui tragica piaga è nota a tutti. Incoraggio gli sforzi che compite per soddisfare le loro necessità in questo momento difficile e colgo l'occasione per esortare la comunità internazionale a continuare a mostrare generosità contribuendo ad alleviare le sofferenze delle vittime.

3. Recentemente, il suo Paese ha dovuto anche affrontare sfide sociali ed economiche dovute alla crisi dei mercati asiatici. Consapevoli del fatto che la componente più preziosa della nazione è il suo popolo, il suo Governo ha compiuto grandi sforzi per garantire che gli effetti negativi sui cittadini fossero ridotti al minimo. La produttività e il profitto non possono essere l'unica misura del progresso. Infatti, lo sviluppo non è autentico se non reca beneficio agli individui e se non promuove il bene della famiglia, della nazione e della comunità mondiale. Lo sviluppo autentico richiede che tutti gli uomini e tutte le donne vengano considerati come soggetti di diritti e di libertà inalienabili e che le dimensioni sociale, culturale e religiosa della vita vengano difese e promosse sempre e ovunque.

L'impegno della Chiesa Cattolica per l'educazione, la sanità e il benessere sociale deriva dalla sua ferma convinzione della dignità innata della persona umana e del primato delle persone sulle cose.

Questa convinzione la porta a cercare forme concrete di cooperazione con Governi e organismi internazionali, impegnati nello sviluppo delle popolazioni. In questo settore, il compito della Chiesa non è di prescrivere particolari modelli sociali, politici o economici. Come principale contributo, offre la sua dottrina sociale quale orientamento etico e ideale, che mentre riconosce il valore positivo del mercato e dell'impresa, insiste sul fatto che questi devono essere rivolti sempre al bene comune delle persone (cfr Centesimus annus
CA 43). Il rispetto per la dimensione morale essenziale e per gli imperativi etici dello sviluppo è la chiave dell'autentico progresso umano, costituendo l'unico fondamento possibile per una società veramente degna della famiglia umana.

4. Il secolo che si è appena concluso è stato testimone di molte violenze, persecuzioni e guerre, che non hanno risparmiato il suo Paese. Tutto ciò ha portato a una maggiore consapevolezza della necessità di accordo e di cooperazione fra le nazioni per prevenire i conflitti e per tutelare la pace, per difendere i diritti e la libertà degli individui e dei popoli e per garantire l'osservanza della giustizia. I Paesi dell'Asia si stanno gradualmente avvicinando l'un l'altro e si sono compiuti seri sforzi per la riconciliazione fra popoli divisi da dolorosi ricordi della storia passata. In molte nazioni esiste un crescente impegno per il rinnovamento dell'ordine sociale e l'eliminazione della corruzione che troppo spesso danneggia la vita pubblica.

Le persone divengono sempre più consapevoli del fatto che l'ambito della politica non è moralmente neutrale, ma deve essere guidato da ideali e principi fondamentali.
Bisogna lodare e incoraggiare questi sviluppi positivi e queste iniziative, ma a un livello più profondo essi possono avere buon esito solo se si rispetta e si tutela il valore unico e inalienabile della persona umana.

Come dimostra chiaramente l'esperienza degli ultimi cento anni, il mancato riconoscimento dell'esistenza della verità trascendente, in obbedienza alla quale l'uomo ottiene la sua piena identità, mina i principi che garantiscono rapporti giusti fra i popoli e può condurre a varie forme di totalitarismo (cfr Centesimus annus CA 44). Infatti, se non c'è una verità ultima a guidare e a dirigere l'attività politica, le idee e le convinzioni possono essere facilmente manipolate per ragioni legate al potere (cfr ibidem, n. 46). Attualmente le singole nazioni e la comunità internazionale devono affrontare la sfida della formulazione dei principi fondamentali necessari a garantire il bene degli individui, il bene comune e lo sviluppo autentico della società. Esprimo la speranza e la fiducia che le persone della Corea del Sud attingano al loro ricco patrimonio culturale e spirituale per trovare la saggezza e la disciplina della mente e del cuore, necessarie a edificare una società degna delle antiche tradizioni del loro Paese.

5. Eccellenza, nella lieta occasione della sua visita, formulo di nuovo i miei migliori auspici per i suoi sforzi volti a promuovere il rinnovamento sociale e la riconciliazione fra tutti i membri della famiglia coreana. Prego affinché il popolo coreano tuteli quei valori spirituali e quelle qualità del carattere che sostengono la libertà, la dignità e la verità e offrono un orientamento sicuro per il futuro.

Che la Repubblica di Corea prosperi sulla via del progresso autentico e della pace vera! Questo è il mio sincero auspicio per Lei, Presidente, e per il suo Popolo.


AI PARTECIPANTI AL PELLEGRINAGGIO NAZIONALE DELLA LITUANIA

4 marzo 2000


Carissimi Fratelli e Sorelle Lituani!

Siate i benvenuti nella "casa di Pietro", meta del vostro pellegrinaggio giubilare! Quasi ogni settimana, nelle Udienze generali, ho modo di salutare gruppi di fedeli provenienti dalla Lituania. Oggi siete qui numerosi a rappresentare l'intera Nazione. Saluto l’Arcivescovo di Kaunas, Mons. Sigitas Tamkevièius, Presidente della Conferenza Episcopale e lo ringrazio per le calorose parole rivoltemi a nome di tutti. saluto pure l’Arcivescovo di Vilnius e gli altri Vescovi presenti, con un pensiero di augurio cordiale al Signor Cardinale Vincentas Sladkevièius, trattenuto a casa dalle non buone condizioni di salute. Rivolgo inoltre il mio benvenuto ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, come pure a tutti voi.

Il mio pensiero ritorna spontaneo alla visita pastorale nel vostro amato Paese, nel settembre 1993; come pure al sesto centenario del suo "battesimo", nel 1987, celebrato solennemente nella Basilica Vaticana, alla presenza di numerosi Vescovi di tutta Europa. La Lituania fu l'ultimo dei Paesi baltici a diventare cristiano e l'unico a rimanere fedele alla Chiesa cattolica nel periodo della Riforma luterana.

Rendiamo grazie a Dio per la fedeltà del popolo lituano alla Chiesa e al Successore di Pietro e per la testimonianza di fede resa da tanti Vescovi, sacerdoti, religiosi e laici, in molti casi fino al martirio, in modo particolare durante il tragico cinquantennio di occupazione e persecuzione comunista.

2. Oggi, riottenuta la libertà civile e religiosa, la Lituania ha ritrovato il suo posto in seno alla famiglia europea. Libertà comporta responsabilità: la vostra Nazione, cari Lituani, con il suo patrimonio culturale, avvalorato dalle sofferenze patite nell'eroica fedeltà alla vocazione cristiana, è chiamato a contribuire al rinnovamento spirituale dell'Europa e alla riconciliazione tra i popoli. San Casimiro, il vostro Patrono, la cui festa ricorre proprio oggi, fu grande artefice di unità nel nome di Cristo e del Vangelo. Il suo esempio vi illumini e vi guidi. Possa la testimonianza del passato essere incoraggiamento per un nuovo sforzo di evangelizzazione.

All'alba del terzo millennio, i cristiani sentono risuonare con forza nuova nei loro cuori le parole dell'apostolo Paolo: "Caritas Christi urget nos - L'amore di Cristo ci spinge" (2Co 5,14). L'uomo contemporaneo, infatti, ha più che mai bisogno del Vangelo per camminare nelle vie della verità, della libertà, della giustizia e della pace. Ne ha bisogno anzitutto per conoscere Dio e se stesso, e alimentare il senso della propria dignità ed il rispetto per il valore della vita, redenta dal sacrificio di Cristo.

3. Auspico di cuore che questo pellegrinaggio giubilare a Roma apra maggiormente le vostre Comunità alla dimensione universale della Chiesa. La visita alle memorie degli apostoli e dei martiri, l'incontro con il Successore di Pietro, la preghiera elevata a Dio con tanti fedeli di tutti i continenti vi siano di stimolo, carissimi, ad amare e servire la Chiesa. Impegnatevi ad approfondire la conoscenza del Concilio Vaticano II, per tradurre i suoi insegnamenti nel concreto della vita ecclesiale e sociale, a partire dalle vostre famiglie e dalle vostre parrocchie. Siano vostri segni distintivi e prova eloquente che siete in Cristo l'unione fraterna, la misericordia e il perdono, l'amore per i piccoli e i poveri, il servizio generoso e disinteressato.

Cristo, che è lo stesso ieri, oggi e sempre, vi accompagni e guidi i vostri passi. Cristo è con voi. Questa consolante certezza non vi abbandoni mai. Siate annunciatori coraggiosi e testimoni gioiosi della sua viva presenza nel mondo!

Il Papa prega per voi e con grande affetto tutti vi benedice.




AI PARTECIPANTI AL PELLEGRINAGGIO DELLA DIOCESI DI CREMONA

4 marzo 2000


1. Saluto con gioia i componenti del pellegrinaggio proveniente da Cremona. Carissimi Fratelli e Sorelle, siete venuti a Roma per celebrare il Giubileo.

Sono particolarmente lieto di accogliervi e di esprimervi il mio compiacimento per questa visita, che costituisce un momento significativo nell'itinerario giubilare che state compiendo, quali nuovi "romei", ai luoghi del martirio degli Apostoli Pietro e Paolo.

Un saluto fraterno rivolgo al vostro Pastore, Mons. Giulio Nicolini. Saluto pure i sacerdoti, i diaconi, i consacrati, i religiosi e le religiose, i membri degli Istituti secolari, i seminaristi e tutti i fedeli laici, con speciale pensiero a quanti sono impegnati negli organismi pastorali e nei compiti della nuova evangelizzazione. Con deferenza e cordialità saluto, infine, il Sindaco di Cremona e tutte le Autorità che hanno voluto prender parte a questo incontro.

2. La vostra presenza mi ricorda la visita del novembre di quattro anni fa, quando il vostro Vescovo mi consegnò il "Libro del Sinodo", quale segno di obbedienza e fedeltà al Successore di Pietro. Fu l'atto conclusivo, quasi suggello del percorso sinodale, ed il preludio, per così dire, all'"Anno di Sant'Omobono", che avete celebrato nell'ottavo centenario della morte e della canonizzazione del Santo Patrono, di cui la diocesi e la città di Cremona hanno conservato fedele e devota memoria.

La straordinaria figura di Omobono, commerciante di stoffe, sposo e padre di famiglia, convertito al mistero della Croce e diventato "padre dei poveri", artefice di riconciliazione e di pace, assume un valore esemplare come chiamata alla conversione. Il suo esempio pone in luce che la santificazione non è vocazione riservata ad alcuni, ma proposta per tutti.

Accanto al vostro illustre Patrono, ci sono tre presbiteri della vostra terra pervenuti all'onore degli altari nell'ultimo mezzo secolo: Vincenzo Grossi, beatificato da Paolo VI durante l'anno santo 1975; il camilliano Enrico Rebuschini e Francesco Spinelli beatificati da me. Queste esemplari figure siano sempre a voi presenti, e costituiscano per ciascuno uno stimolo e un incoraggiamento a seguire fedelmente il Vangelo.

3. Carissimi Fratelli e Sorelle, siete venuti a Roma per varcare la Porta Santa. E' una bellissima esperienza, che qui, nel cuore del mondo cattolico, sul sepolcro dell'apostolo Pietro c sul suolo irrorato dal sangue dei primi martiri romani, domanda di essere vissuta in profondità. La parola di Gesù: "Sono con voi tutti i giorni" è il sostegno del cristiano, che si fa pellegrino penitente, per ottenere un irrobustimento nella fede, nella speranza, nella carità. E' ciò che auspico per ciascuno di voi, per i vostri cari e per l'intera comunità diocesana. Con l'augurio particolare che la "Casa della speranza", che sta sorgendo su fondamenta nuove per accogliere malati terminali di AIDS, corrisponda all'idea che l'ha ispirata: sia una testimonianza di carità cui possano largamente attingere le generazioni di domani.

Carissimi pellegrini di Cremona! So che le vostre quattro chiese giubilari, cominciando dalla magnifica Cattedrale, sono tutte dedicate a Maria. Me ne rallegro di cuore. A Lei, "donna del silenzio e dell'ascolto" (Incarnationis mysterium, 14), affido le necessità della Chiesa cremonese all'inizio di un nuovo secolo e di un nuovo millennio.

Con la mia affettuosa benedizione.


VISITA AL PONTIFICIO SEMINARIO ROMANO MAGGIORE

4 marzo 2000


Carissimi!


1. Torno sempre con gioia al Seminario Romano, posto all'ombra della Cattedrale di Roma. Vengo con più profonda emozione nel corso di quest'Anno Giubilare che ci introduce nel terzo millennio. Saluto tutti voi, Rettore, educatori, seminaristi, giovani ed amici. Grazie per la vostra calorosa accoglienza!

Un saluto particolare porgo al Cardinale Vicario ed al Consiglio Episcopale, ai parroci ed ai collaboratori diocesani e parrocchiali, impegnati col Seminario in un generoso sforzo di rilancio della pastorale vocazionale.

2. Abbiamo contemplato insieme gli inizi della storia della salvezza nei misteri gaudiosi del Rosario. Maria, ci ricorda san Bernardo, "crede, si affida ed accetta" (Omelia IV, 8). Sul suo esempio e, grazie alla sua intercessione, anche noi impariamo a credere, ad avere fiducia e a ricevere i copiosi doni di grazia, che il Signore vuole elargirci. E' Maria che svela alle nostre comunità ed alla Chiesa intera la pedagogia di Dio nella storia delle persone e dei popoli. Ci rende disponibili alla fede, alla fiducia ed all'umile accoglienza.

Cari seminaristi, amate Maria, nostra Madre celeste, durante gli anni della vostra formazione, ed in quelli del ministero generoso e santo, per onorarla un giorno nel cielo. Oggi partecipano alla festa della Madonna della Fiducia tutti gli amici del Seminario e, soprattutto, i giovani che camminano con voi e vi guardano, desiderosi di conoscere anch'essi il segreto della vostra vita. Possa il vostro esempio aiutare tanti ragazzi a superare i mille timori della vita e ad aprirsi alla fiducia ed all'impegno. Oggi è, in certo qual modo, festa per tutta la comunità diocesana e, particolarmente, per quelle parrocchie e realtà pastorali, dove voi operate e in mezzo alle quali si verifica e rafforza il vostro "sì" al Signore.

3. Nel santo Rosario abbiamo visto Maria mettersi in ascolto di Dio ed aprirsi al colloquio con Lui. Nel suo atteggiamento interiore, contempliamo il nostro modello di orazione. Ella ci insegna che per pregare occorre entrare nella propria camera e, chiusa la porta, parlare con il Padre nel nascondimento. Maria sa bene che solo gli occhi del Padre vedono nel segreto e varcano la porta del cuore di ogni uomo (cfr Mt 6,5-6). Sa bene che solo l'incontro intimo con il Padre celeste dona quel fuoco di carità, che spinge ad uscire dalla camera e seguire la chiamata di Cristo. Maria è modello di saggezza e di fede. Nell'attesa, non distoglie gli occhi dallo Sposo che viene; anzi provvede sapientemente l'olio alla lampada della fede nella notte del timore, per varcare la porta della gioia nuziale (cfr Mt 25,1-13).

Carissimi giovani seminaristi, imparate dalla Madonna della Fiducia come si diventa fiduciosi e vigilanti, servi del Vangelo nell'attesa della venuta del Signore nella gloria. Maria vi insegni a maturare nella vocazione ed a plasmare in voi il cuore del Figlio suo. Il suo esempio vi porti a trasformare la vita in generosità verso il povero (cfr 1Jn 3,17) e disponibilità anche verso l'ospite delle ore scomode (cfr Lc 11,5-8). Accompagnati da Lei, anche voi sperimenterete la fiducia gioiosa degli apostoli, i quali, obbedendo a Dio piuttosto che agli uomini, hanno scoperto come la Parola di Dio superi le porte sbarrate di qualsiasi carcere (cfr Ac 5,17-25) e di qualsiasi preclusione.

3. Salve radix, salve porta, ex qua mundo lux est orta!

Carissimi, in tutto l'Anno Santo continuiamo ad affidare a Maria gli impegni che ci attendono. Maria della Fiducia guidi il Seminario ed accompagni la comunità diocesana a fare l'esperienza del Vivente, che sconfigge il timore e dona la pace (cfr Jn 20,19). L'aiuti ad imitare il buon samaritano, che versa olio e vino sulle ferite di quanti vivono a Roma o a Roma arrivano da ogni parte del mondo (cfr Lc 10,29-36). Maria insegni l'esultanza dello spirito ad ogni giovane che varca la soglia del Seminario.

L'ulivo del portico, che ho appena benedetto, rappresenti per il Seminario il segno del servizio alle vocazioni. E' Cristo Gesù il centro di ogni vocazione. E' Lui il maestro alla cui ombra vi fermerete in ascolto; è Lui il servo sofferente, che vi porta con sé nel Getsemani, quando sarete abbandonati dagli uomini. E' Gesù la radice e l'albero su cui siamo stati innestati come rami di oleastro, reso fecondo dalla croce. Dal Signore riceviamo la vocazione, come olio profumato di vita nuova. Il Padre, che ha unto il Figlio Gesù con olio di esultanza (cfr He 1,5-14), faccia splendere sul capo di ciascuno di voi lo stesso olio di santità.

Buon Anno Santo! Il Signore moltiplichi i chiamati, come virgulti d'ulivo intorno alla mensa! Con grande affetto, tutti vi benedico.

Voglio ringraziare tutti per l’ospitalità. Anche questa volta, anche in quest’anno giubilare, ho pensato, essendo nel seminario romano, a quello che ho lasciato tanti anni fa: il seminario di Cracovia.

Ho pensato così: a Cracovia ho potuto parlare con ogni seminarista; a Roma posso dare solamente la mano ad ogni seminarista. Ma, grazie a Dio che c’è il Cardinale Vicario per la Diocesi di Roma! Lascio a lui il piacere di conversare con voi. Il Cardinale mi dice che ha molte conversazioni con voi. Questo è bello!

L’Anno Santo si è inaugurato molto bene. Ha sorpassato le previsioni. E’ questo che abbiamo notato nei primi giorni, nelle prime settimane, nei primi due mesi.

Auguro anche a voi, seminaristi del Romano Maggiore, di approfittare di questo anno di grazia e di varcare con fede la Porta Santa di San Pietro, che ci conduce simbolicamente alla salvezza.

Allora, buon Anno Giubilare; buon Anno Santo; buon anno 2000; buon anno accademico; buon anno seminaristico!


UDIENZA DI GIOVANNI PAOLO II AI PELLEGRINI CONVENUTI PER LA BEATIFICAZIONE DI 44 SERVI DI DIO

Lunedì, 6 Marzo 2000

0603
GPII Discorsi 2000 2502