GPII Discorsi 2000 2003

2003
Maestà,

Membri del Governo,

1. In spirito di profondo rispetto e amicizia, porgo il mio saluto a tutti coloro che vivono nel Regno Hashemita di Giordania: i membri della Chiesa Cattolica e delle altre Chiese Cristiane, i Musulmani, che noi seguaci di Gesù Cristo teniamo in grande considerazione, e tutti gli uomini e le donne di buona volontà.

La mia visita nel vostro Paese e l'intero viaggio che oggi sto iniziando sono parte del religioso Pellegrinaggio giubilare che sto compiendo per commemorare il Bimillenario della Nascita di Gesù Cristo. Dall'inizio del mio ministero come Vescovo di Roma, ho provato il grande desiderio di celebrare questo evento mediante il recarmi a pregare in alcuni dei luoghi legati alla storia della salvezza - luoghi che ci parlano della lunga preparazione di quel momento attraverso i tempi biblici, luoghi dove nostro Signore Gesù Cristo ha di fatto vissuto, o che sono connessi con la sua opera di redenzione. Sono già stato in Egitto e al Monte Sinai, dove Dio rivelò il suo nome a Mosè e gli affidò le tavole della Legge dell'Alleanza.

2. Oggi sono in Giordania, una terra a me familiare per le Sacre Scritture: una terra santificata dalla presenza di Gesù stesso, dalla presenza di Mosè, Elia e Giovanni il Battista e dei santi e dei martiri della Chiesa primitiva. La vostra è una terra famosa per la sua ospitalità e l'apertura a tutti. Sono qualità del popolo giordano che ho sperimentato molte volte nei colloqui col defunto Re Hussein, e che sono state confermate nel mio incontro con Sua Maestà in Vaticano, nel settembre dello scorso anno.

Maestà, so quanto lei si preoccupi per la pace nella sua terra e nell'intera regione e quanto sia importante per Lei che tutti i Giordani - Musulmani e Cristiani - si considerino un solo popolo e una sola famiglia. In quest'area del mondo vi sono gravi e urgenti questioni concernenti la giustizia, i diritti dei popoli e delle nazioni che devono essere risolte per il bene di tutti coloro che sono coinvolti e come condizione per una pace duratura.Per quanto difficile, per quanto lungo, il processo di ricerca della pace deve continuare. Senza pace, non vi può essere uno sviluppo autentico per questa regione, né una vita migliore per i suoi popoli, né un futuro più luminoso per i suoi figli. E’ per questo che il provato impegno della Giordania nel garantire le condizioni necessarie alla pace è così importante e degno di lode.

Costruire un futuro di pace richiede una sempre più matura comprensione e una sempre più pratica cooperazione fra i popoli che riconoscono l'unico, il vero, indivisibile Dio, il Creatore di tutto ciò che esiste. Le tre storiche religioni monoteistiche includono la pace, il bene e il rispetto per la persona umana fra i loro più importanti valori. Spero vivamente che la mia visita rafforzi il dialogo già fecondo fra Cristiani e Musulmani che si sta portando avanti in Giordania, in particolare attraverso il Royal Interfaith Institute.

3. La Chiesa Cattolica, senza dimenticare che la sua principale missione è di ordine spirituale, è sempre desiderosa di cooperare con singole nazioni e persone di buona volontà nel promuovere e nel far avanzare la dignità della persona umana. Lo fa in particolare nelle sue scuole e programmi educativi, e mediante le sue istituzioni caritative e sociali. La vostra nobile tradizione di rispetto per tutte le religioni garantisce la libertà religiosa che rende ciò possibile, e che in effetti è un diritto umano fondamentale. Quando ciò accade, tutti i cittadini si sentono uguali, e ciascuno, ispirato dalle proprie convinzioni spirituali, può contribuire all'edificazione della società come casa condivisa di tutti.

4. Il caloroso invito che le Vostre Maestà, il Governo ed il popolo della Giordania mi hanno rivolto, è espressione della nostra speranza comune per una nuova era di pace e di sviluppo in questa regione. Sono sinceramente grato, e con profondo apprezzamento della vostra cortesia, vi assicuro delle mie preghiere per voi, per tutto il popolo giordano, per i profughi presenti in mezzo a voi, e per i giovani che costituiscono un'ampia parte delle popolazione.

Che Dio Onnipotente conceda alle Vostre Maestà felicità e lunga vita!

Che benedica la Giordania con prosperità e pace!



VISITA AL MONASTERO SUL MONTE NEBO

Lunedì, 20 Marzo 2000



Padre Ministro Generale,
Cari amici,

qui, sulle alture del Monte Nebo, comincio questa fase del mio pellegrinaggio giubilare. Penso alla grande figura di Mosè e all’Alleanza che Dio strinse con lui sul Monte Sinai. Rendo grazie a Dio per il dono ineffabile di Gesù Cristo, che suggellò la nuova Alleanza con il proprio sangue e portò la Legge a compimento. A Lui che è "L’Alfa e l’Omega, il primo e l’ultimo, l’inizio e la fine" (Ap 22,13), dedico ogni passo di questo viaggio nella terra che fu Sua.

In questo primo giorno, sono particolarmente lieto di salutare lei, Padre Ministro Generale, e di rendere onore alla testimonianza magnifica offerta nel corso dei secoli a questa terra dai figli di san Francesco mediante il servizio fedele della Custodia nei luoghi santi.

Sono anche lieto di salutare il Governatore di Madaba e il Sindaco della città. Che le benedizioni dell’Onnipotente ricadano sugli abitanti di questa zona! Che la pace dei cieli riempia il cuore di quanti si uniscono a me lungo il mio cammino di pellegrino!


VISITA A WADI AL-KHARRAR - PREGHIERA DI GIOVANNI PAOLO II

Martedì, 21 Marzo 2000

2103
Desidero salutare tutti voi qui riuniti per questa breve preghiera. In particolare prego per Sua Maestà il Re e ringrazio nuovamente per l’accoglienza che ho ricevuto qui in Giordania.

Nel Vangelo di san Luca leggiamo che «la Parola di Dio scese su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. Ed egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati» (3, 2-3). Qui, sul Fiume Giordano, del quale entrambe le sponde sono visitate da schiere di pellegrini che rendono onore al Battesimo del Signore, anch'io innalzo il mio cuore in preghiera:

Gloria a te, o Padre, Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe!
Tu hai mandato i tuoi servi, i profeti,
a proclamare la tua parola di amore fedele
e a chiamare il tuo popolo al pentimento.

Sulle sponde del Fiume Giordano,
hai suscitato Giovanni il Battista,
una voce che grida nel deserto,
inviato per tutta la regione del Giordano,
a preparare la via del Signore,
ad annunziare la venuta di Cristo.

Gloria a te, o Cristo, Figlio di Dio!
Sei venuto presso le acque del Giordano
per essere battezzato per mano di Giovanni.
Su di te lo Spirito è disceso come una colomba.
Sopra di te si sono aperti i cieli,
e si è udita la voce del Padre:
«Questi è il mio Figlio, il Prediletto!».
Dal fiume benedetto dalla tua presenza
sei partito per battezzare non solo con acqua
ma con fuoco e Spirito Santo.

Gloria a te, o Spirito Santo, Signore e Datore di vita!
Per la tua potenza la Chiesa è battezzata,
scendendo con Cristo nella morte
e risorgendo insieme a lui a nuova vita.
Per tuo potere, siamo liberati dal peccato
per diventare i figli di Dio,
il glorioso Corpo di Cristo.
Per tuo potere, ogni paura è vinta,
e viene predicato il Vangelo dell'amore
in ogni angolo della terra,
per la gloria di Dio,
il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo,
a Lui ogni lode in questo Anno Giubilare
e in tutti i secoli a venire. Amen.

Desidero ringraziare tutti coloro che hanno partecipato e tutti coloro che hanno aiutato nell’organizzazione.

Un particolare ringraziamento va ai Patriarchi, ai Vescovi, ai sacerdoti e alle religiose. Celebrare con la comunità cattolica in Giordania è stata un’esperienza commovente.

Saluto cordialmente i rappresentanti delle altre comunità giunti qui da molte altre parti del Medio Oriente. Sono grato a tutti voi.

Sono particolarmente vicino ai bambini e ai giovani. Sappiate che la Chiesa e il Papa ripongono grande fiducia in voi!

Rivolgo un particolare saluto a Sua Altezza Reale il principe Mohammed.

Ricorderò l’intero popolo della Giordania - cristiani e musulmani - nelle mie preghiere, in particolare i malati e gli anziani.

Con gratitudine invoco abbondanti benedizioni su Sua Altezza il Re e su tutta la nazione.

Dio benedica tutti voi! Dio benedica la Giordania!

San Giovanni Battista protegga l’Islam, tutto il popolo della Giordania e tutti coloro che hanno partecipato a questa celebrazione, una celebrazione memorabile! Sono grato a tutti voi.

Grazie mille.


ALL'ARRIVO ALL'AEROPORTO "BEN GOURION" DI TEL AVIV IN IS

AELE

Martedì, 21 Marzo 2000



Caro Presidente Weizman e Signora,
Caro Primo Ministro Barak e Signora,
Cari fratelli Israeliani, Eccellenze, Signore e Signori,

1. Ieri, dalle alture del Monte Nebo ho visto attraverso la Valle del Giordano questa terra benedetta. Oggi, è con profonda emozione che calpesto il suolo della Terra sulla quale Dio scelse di “piantare la sua tenda” (Jn 1,14 cfr Ex 40,34-35 1R 8,10-13) e permise all'uomo di incontrarlo in modo più diretto.

In quest'anno in cui si celebra il bimillenario della nascita di Gesù Cristo, ho provato il forte desiderio di venire qui e di pregare nei luoghi più importanti che, fin dai tempi antichi, hanno assistito agli interventi di Dio e ai miracoli che ha compiuto. “Tu sei il Dio che opera meraviglie, manifesti la tua forza fra le genti” (Ps 77,15).

Signor Presidente,

La ringrazio per la calorosa accoglienza e attraverso di Lei saluto tutte le persone dello Stato di Israele.

2. La mia visita è sia un pellegrinaggio personale sia un viaggio spirituale del Vescovo di Roma alle origini della nostra fede nel “Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe” (Ex 3,15). È parte di un pellegrinaggio più ampio di preghiera e di rendimento di grazie che mi ha già portato al Sinai, il Monte dell'Alleanza, il luogo della rivelazione decisiva che ha plasmato la storia successiva della salvezza. Ora, avrò il privilegio di visitare alcuni luoghi strettamente legati alla Vita, alla Morte e alla Resurrezione di Gesù Cristo. A ogni passo del cammino sono mosso da un vivo senso di Dio che ci ha preceduti e ci guida, che desidera che Lo onoriamo in spirito e verità, che riconosciamo le nostre differenze e il fatto che ogni essere umano è creato a immagine e somiglianza dell'Unico Creatore del cielo e della terra.

3. Signor Presidente,

Lei è noto come uomo di pace e artefice di pace. Tutti noi sappiamo quanto sia urgente la necessità di pace e di giustizia, non solo per Israele, ma anche per tutta la regione. Sono cambiate molte cose fra la Santa Sede e lo Stato di Israele da quando il mio Predecessore Papa Paolo VI venne qui nel 1964. L'instaurarsi di relazioni diplomatiche fra noi nel 1994 ha suggellato gli sforzi volti ad aprire una nuova era di dialogo su questioni di interesse comune come la libertà religiosa, i rapporti fra Chiesa e Stato, e più in generale, fra Cristiani ed Ebrei. Ad un altro livello, l'opinione mondiale segue con molta attenzione il processo di pace che coinvolge tutti i popoli della regione nella difficile ricerca di una pace duratura, con giustizia per tutti. Con la nuova apertura reciproca, i Cristiani e gli Ebrei devono compiere sforzi coraggiosi per rimuovere tutte le forme di pregiudizio. Dobbiamo lottare per presentare sempre e ovunque il vero volto degli Ebrei e dell'Ebraismo, come anche dei Cristiani e del Cristianesimo, e ciò a ogni livello di mentalità, di insegnamento e di comunicazione (cfr Incontro con la comunità ebraica della città di Roma, 13 aprile 1986, n. 5).

4. Il mio viaggio è dunque un pellegrinaggio, in spirito di umile gratitudine e speranza, alle origini della nostra storia religiosa. È un tributo alle tre tradizioni religiose che coesistono in questa terra. Attendevo da lungo tempo di incontrare i fedeli delle comunità cattoliche nella loro ricca varietà e i membri delle varie Chiese e comunità cristiane presenti in Terra Santa. Prego affinché la mia visita contribuisca ad accrescere il dialogo interreligioso che porterà gli Ebrei, i Cristiani e i Musulmani a individuare nelle rispettive credenze e nella fraternità universale che unisce tutti i membri della famiglia umana, la motivazione e la perseveranza per operare a favore di quella pace e di quella giustizia che i popoli della Terra Santa non possiedono ancora e alle quali anelano tanto profondamente. Il salmista ci ricorda che la pace è un dono di Dio: “Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore: egli annunzia la pace per il suo popolo, per i suoi fedeli, per chi ritorna a lui con tutto il cuore” (Ps 85,8). Che la pace sia il dono di Dio alla terra che Egli scelse come propria!

Shalom.



VISITA A AL-MAGHTAS

Martedì, 22 Marzo 2000

2203
Eccellenza,

Cari Amici,

Sono grato per questa opportunità di visitare un luogo tanto permeato di storia. Per migliaia di anni, quest’area intorno a Gerico è stata un habitat umano. Qui vicino troviamo le vestigia della città più antica del mondo. Tuttavia, la sua memoria diviene ancora più ricca se ci riferiamo alle Sacre Scritture che descrivono Gerico come luogo che reca l’impronta non solo dell’uomo, ma di Dio stesso.

Con gli occhi dell’animo vedo Gesù avvicinarsi alle acque del fiume Giordano, non lontano da qui, per essere battezzato da Giovanni il Battista (cfr
Mt 3,13); vedo Gesù andare verso la Città Santa dove morirà e resusciterà; lo vedo aprire gli occhi del cieco lungo la strada (cfr Lc 18,35-43).

Oggi Gerico è divenuta una florida oasi nel deserto. Che questa città tanto ricca di memoria sia anche ricca di promesse! Che il suo sviluppo annunci la speranza di quel futuro più pacifico che gli abitanti di questo luogo e tutti i popoli di questa Terra desiderano da così lungo tempo!

Dio vi benedica tutti!


ALL'ARRIVO ALL'ELIPORTO DI BETLEMME NEI TERRITORI AUTONOMI PALESTINESI

Mercoledì, 22 marzo 2000

Caro Presidente Arafat,

Eccellenze,
Cari Amici Palestinesi,

1. “Qui dalla Vergine Maria è nato Gesù Cristo”: queste parole, inscritte nel luogo in cui, secondo la tradizione, Gesù è nato, sono la ragione del Grande Giubileo dell'Anno 2000. Sono la ragione della mia visita odierna a Betlemme. Sono la fonte della gioia, della speranza e della buona volontà che, per due millenni, hanno riempito infiniti cuori umani al solo sentire il nome “Betlemme”.

Persone da ogni dove si volgono verso questo angolo unico della terra con una speranza che trascende tutti i conflitti e le difficoltà. Betlemme - dove il coro degli Angeli cantava: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini…” (Lc 2,14) - si presenta, in ogni luogo e in ogni epoca, come la promessa del dono della pace da parte di Dio. Il messaggio di Betlemme è la Buona Novella della riconciliazione fra gli uomini, della pace ad ogni livello della relazioni fra individui e nazioni. Betlemme è il crocevia universale dove tutti i popoli possono incontrarsi per edificare insieme un mondo che sia all’altezza della nostra dignità umana e del nostro destino. Il Museo della Natività, inaugurato di recente, mostra come la celebrazione della nascita di Cristo sia divenuta parte della cultura e dell'arte dei popoli ovunque nel mondo.

2. Signor Arafat, nel ringraziarla per la cordiale accoglienza che mi ha riservato a nome dell'Autorità e del Popolo palestinesi, esprimo tutta la mia felicità per essere oggi qui. Come posso non pregare affinché il dono divino della pace diventi sempre più una realtà per tutti coloro che vivono in questa terra, segnata in modo unico dagli interventi di Dio? Pace per il popolo palestinese! Pace per tutti i popoli della regione! Nessuno può ignorare quanto il popolo palestinese ha dovuto soffrire negli ultimi decenni. Il vostro tormento è dinanzi agli occhi del mondo. Ed è andato avanti troppo a lungo.

La Santa Sede ha sempre riconosciuto che il popolo palestinese ha il diritto naturale ad avere una patria e il diritto a poter vivere in pace e tranquillità con gli altri popoli di quest'area (cfr Lettera Apostolica Redemptoris anno, 20 aprile 1984). A livello internazionale, i miei Predecessori ed io abbiamo ripetutamente proclamato che non si sarebbe potuto porre fine al triste conflitto in Terra Santa senza salde garanzie per i diritti di tutti i popoli coinvolti, sulla base della legge internazionale e delle importanti risoluzioni e dichiarazioni delle Nazioni Unite.

Dobbiamo tutti continuare ad adoperarci e a pregare per il successo di ogni sforzo autentico volto a portare la pace in questa Terra. Solo con una pace giusta e duratura - non imposta ma garantita mediante negoziato - le legittime aspirazioni palestinesi saranno soddisfatte. Solo allora la Terra Santa vedrà la possibilità di un nuovo futuro luminoso, non più sprecato in rivalità e conflitti, ma saldamente basato sulla comprensione e sulla cooperazione per il bene di tutti. L'esito dipende in larga misura dalla coraggiosa disponibilità dei responsabili del destino di questa parte del mondo ad assumere nuovi atteggiamenti di compromesso e di accettazione delle esigenze di giustizia.

3. Cari Amici, sono pienamente consapevole delle grandi sfide che le Autorità e il Popolo palestinesi hanno di fronte in ogni campo dello sviluppo economico e culturale. In modo particolare, rivolgo le mie preghiere a quei palestinesi - musulmani e cristiani - che sono ancora privi di una casa propria, del posto che corrisponde loro nella società e della possibilità di una normale vita lavorativa. Auspico che questa mia visita odierna al Campo Profughi Dheisheh serva a ricordare alla comunità internazionale la necessità di un'azione decisiva per migliorare la situazione del popolo palestinese. Mi ha fatto particolarmente piacere l'unanime accettazione da parte delle Nazioni Unite della Risoluzione su Betlemme 2000, che impegna la Comunità internazionale a contribuire al progresso di quest'area e al miglioramento delle condizioni di pace e di riconciliazione in uno dei luoghi più amati e significativi della terra.

La promessa di pace fatta a Betlemme diventerà una realtà per il mondo solo quando la dignità e i diritti di tutti gli esseri umani creati a immagine di Dio (cfr Gn 1,26) verranno riconosciuti e rispettati.

Oggi e sempre il popolo palestinese è presente nelle mie preghiere a Colui nelle cui mani è riposto il destino del mondo. Possa l'Altissimo illuminare, sostenere e guidare tutto il popolo palestinese lungo il cammino della pace!


IN OCCASIONE DELLA VISITA AL CAMPO PROFUGHI DI DHEISHEH NEI TERRITORI AUTONOMI PALESTINESI

Mercoledì, 22 Marzo 2000

Signor Presidente,

Caro popolo palestinese,

1. Ritengo importante che questa visita a Dheisheh sia inclusa nel mio pellegrinaggio al luogo in cui è nato Gesù Cristo, nel bimillenario di quell'evento straordinario. È significativo che qui, vicino a Bethehem, io possa incontrare voi, profughi e sfollati, e i rappresentanti delle organizzazioni e delle agenzie che partecipano a un'autentica missione di misericordia. Durante tutto il mio Pontificato mi sono sentito vicino al popolo palestinese nella sua sofferenza.

Saluto ognuno di voi e spero e prego che la mia visita rechi un po' di consolazione nella vostra difficile situazione. A Dio piacendo, essa contribuirà ad attirare attenzione sulla vostra continua sofferenza. Siete stati privati di molte cose che rappresentano necessità fondamentali della persona umana: abitazioni adeguate, assistenza sanitaria, educazione e lavoro. Soprattutto, però, avete il triste ricordo di ciò che avete dovuto abbandonare: non solo beni materiali, ma anche la libertà, la vicinanza dei parenti, il vostro ambiente e le tradizioni culturali che hanno alimentato la vostra vita personale e familiare. È vero che si sta facendo molto, qui a Dheisheh e negli altri campi, per soddisfare le vostre esigenze, in particolare attraverso la Relief and Works Agency delle Nazioni Unite. Sono particolarmente lieto per l'efficace presenza della Pontificia Missione per la Palestina e di numerose altre organizzazioni cattoliche. Resta però ancora molto da fare.

2. Le condizioni degradanti in cui i profughi spesso devono vivere, il protrarsi di situazioni che sono difficilmente tollerabili anche nelle emergenze o per un breve periodo di tempo, il fatto che le persone sfollate siano costrette a rimanere per anni negli insediamenti: è questa la dimensione della necessità urgente di trovare una soluzione giusta alle cause che stanno alla base del problema. Solo un impegno risoluto da parte dei Capi in Medio Oriente e di tutta la comunità internazionale, ispirato da una visione superiore della politica come servizio al bene comune, potrà rimuovere le cause della vostra situazione attuale. Lancio un appello per una maggiore solidarietà internazionale e per la volontà politica di affrontare questa sfida. Chiedo a tutti coloro che stanno operando sinceramente per la giustizia e la pace di non scoraggiarsi. Mi rivolgo ai Capi politici, affinché realizzino gli accordi già raggiunti e proseguano verso la pace alla quale anelano tutti gli uomini e le donne ragionevoli, verso la giustizia che è un loro diritto inalienabile.

3. Cari giovani, continuate a lottare, attraverso l'educazione, per occupare il posto che vi spetta nella società, nonostante le difficoltà e gli ostacoli che dovete affrontare a causa del vostro status di profughi. La Chiesa cattolica è particolarmente lieta di servire la nobile causa dell'educazione attraverso il lavoro estremamente prezioso della Bethlehem University, fondata a seguito della visita del mio predecessore Papa Paolo VI nel 1964.

Cari fratelli e sorelle, cari profughi, non dovete pensare che la vostra situazione attuale vi renda meno importanti agli occhi di Dio! Non dimenticate mai la vostra dignità di suoi figli! Qui a Bethlehem il Figlio Divino fu deposto entro una mangiatoia in una stalla; i pastori dei campi vicini furono i primi a ricevere il messaggio celeste di pace e di speranza per il mondo. Il disegno di Dio si è compiuto in mezzo all'umiltà e alla povertà. Probabilmente i pastori di Bethlehem erano i vostri predecessori, vostri antenati.

Cari assistenti e volontari, credete nel compito che state svolgendo! La solidarietà autentica e concreta verso i bisognosi non è un favore che si concede: è un'esigenza della nostra comune umanità e un riconoscimento della dignità di ogni essere umano.

Rivolgiamoci con fiducia al Signore, chiedendogli di ispirare coloro che occupano un ruolo di responsabilità, affinché promuovano la giustizia, la sicurezza e la pace senza esitare e in modo estremamente concreto.

Attraverso le sue organizzazioni sociali e caritative, la Chiesa resterà al vostro fianco e continuerà a sostenere la vostra causa dinanzi al mondo.

Che Dio benedica tutti voi!


VISITA AL PRESIDENTE DELL'AUTORITÀ PALESTINESE, SIGNOR YASSER ARAFAT,

AL PALAZZO PRESIDENZIALE DI BETLEMME

Mercoledì, 22 Marzo 2000



Eccellenza,

Sono lieto di avere l’opportunità di ringraziarla di nuovo e di ricambiare le visite che mi ha fatto in Vaticano. La ringrazio per la sua calorosa accoglienza. Questo è un momento importante nella ricerca della pace in questa regione. Si è ottenuto tanto, ma bisogna ancora fare molto per far sì che tutti i popoli della regione possano vivere in un’armonia basata sul rispetto dei diritti e della dignità di ognuno.

Oggi, il nostro incontro dimostra l’impegno della Chiesa cattolica a operare incessantemente, vicina a tutti i popoli, per la pace in Medio Oriente. La Chiesa comprende le aspirazioni dei diversi popoli e insiste, insiste sul fatto che il dialogo è l’unica via per fare di quelle aspirazioni una realtà piuttosto che un sogno. Le sono grato per il riconoscimento che mi ha conferito oggi. So che anche Lei è convinto che solo il dialogo paziente e coraggioso aprirà la strada al futuro che il suo popolo giustamente desidera.

Affidando questa grande sfida a Dio Onnipotente, invoco su di Lei, sulla sua famiglia e sul popolo palestinese le abbondanti benedizioni del cielo.


VISITA AI RABBINI CAPI D'ISRAELE A HECHAL SHLOMO

Giovedì, 23 Marzo 2000

2303
Molto reverendi Rabbini Capi,


È con grande rispetto che vi faccio visita qui oggi e vi ringrazio per avermi ricevuto a Hechal Shlomo. Questo incontro ha un significato veramente unico, che - spero e prego - condurrà a maggiori contatti fra Cristiani ed Ebrei, volti a raggiungere una comprensione sempre più profonda del rapporto storico e teologico fra le nostre rispettive eredità religiose.

Personalmente, ho sempre desiderato essere annoverato fra coloro che, da entrambe le parti, operano per superare i pregiudizi e per garantire un riconoscimento sempre più ampio e pieno del patrimonio spirituale condiviso dagli Ebrei e dai Cristiani. Ripeto ciò che ho detto in occasione della mia visita alla comunità ebraica di Roma, ossia che noi Cristiani riconosciamo che l'eredità religiosa ebraica è intrinseca alla nostra fede: "siete i nostri fratelli maggiori" (cfr. Incontro con la Comunità ebraica della città di Roma, 13 aprile 1986, n. 4). Speriamo che il popolo ebraico riconosca che la Chiesa condanna totalmente l'antisemitismo e ogni forma di razzismo perché in radicale contrasto con i principi del cristianesimo. Dobbiamo cooperare per edificare un futuro nel quale non vi sia più antigiudaismo fra i Cristiani e anticristianesimo fra gli Ebrei.

Abbiamo molto in comune. Insieme possiamo fare molto per la pace, per la giustizia e per un mondo più fraterno e umano. Che il Signore del cielo e della terra ci conduca a un'era nuova e feconda di rispetto reciproco e di cooperazione, a beneficio di tutti! Grazie.



SALUTO AL PRESIDENTE DELLO STATO D'ISRAELE, SIGNOR EZER WEIZMAN,

NEL PALAZZO PRESIDENZIALE DI GERUSALEMME

Giovedì, 23 Marzo 2000


Signor Presidente,

Ministri del Governo,
Membri della Knesset,
Eccellenze,

Le sono molto grato, signor Presidente, per l'accoglienza che mi ha riservato in Israele. Entrambi portiamo in questo incontro lunghe storie. Lei rappresenta la memoria ebraica che va oltre la storia recente di questa terra fino al viaggio unico del suo popolo attraverso i secoli e i millenni. Vengo come una persona la cui memoria cristiana risale a duemila anni fa, alla nascita di Gesù in questa stessa terra.

La storia, come dicevano gli antichi, è Magistra vitae, maestra di vita. È per questo che dobbiamo essere decisi a guarire le ferite del passato affinché non si riaprano più. Dobbiamo operare per una nuova era di riconciliazione e di pace fra gli Ebrei e i Cristiani. La mia visita costituisce il pegno che la Chiesa cattolica farà tutto il possibile per garantire che questo non sia solo un sogno, ma una realtà.

Sappiamo che la vera pace in Medio Oriente sarà solo il frutto della comprensione reciproca e del rispetto fra tutti i popoli della regione: Ebrei, Cristiani, Musulmani. In questa prospettiva, il mio pellegrinaggio è un viaggio della speranza: la speranza che il XXI secolo porti una nuova solidarietà fra i popoli del mondo, nella convinzione che lo sviluppo, la giustizia e la pace non si ottengono se non per tutti.

Edificare un futuro più luminoso per la famiglia umana è un compito che ci riguarda tutti. È per questo che sono lieto di salutarvi, Ministri del Governo, membri della Knesset e Rappresentanti Diplomatici di molti Paesi, che dovete prendere e attuare decisioni che influiranno sulla vita dei popoli. È mia fervida speranza che un autentico desiderio di pace ispiri tutte le vostre decisioni. Con questa mia preghiera, invoco abbondanti benedizioni divine su di Lei, Presidente, sul suo Paese e su tutti voi che mi avete onorato della vostra presenza. Grazie.



IN OCCASIONE DELLA VISITA AL MAUSOLEO DI YAD VASHEM A GERUSALEMME

Giovedì, 23 Marzo 2000


Le parole dell'antico Salmo sgorgano dal nostro cuore:

Sono diventato un rifiuto.
Se odo la calunnia di molti, il terrore mi circonda;
quando insieme contro di me congiurano,
tramano di togliermi la vita.
Ma io confido in te, Signore; dico: ‘tu sei il mio Dio’ (Ps 31,13-15).

1. In questo luogo della memoria, la mente, il cuore e l'anima provano un estremo bisogno di silenzio. Silenzio nel quale ricordare. Silenzio nel quale cercare di dare un senso ai ricordi che ritornano impetuosi. Silenzio perché non vi sono parole abbastanza forti per deplorare la terribile tragedia della Shoah. Io stesso ho ricordi personali di tutto ciò che avvenne quando i Nazisti occuparono la Polonia durante la Guerra. Ricordo i miei amici e vicini ebrei, alcuni dei quali sono morti, mentre altri sono sopravvissuti.

Sono venuto a Yad Vashem per rendere omaggio ai milioni di Ebrei che, privati di tutto, in particolare della loro dignità umana, furono uccisi nell'Olocausto. Più di mezzo secolo è passato, ma i ricordi permangono.

Qui, come ad Auschwitz e in molti altri luoghi in Europa, siamo sopraffatti dall'eco dei lamenti strazianti di così tante persone. Uomini, donne e bambini gridano a noi dagli abissi dell'orrore che hanno conosciuto. Come possiamo non prestare attenzione al loro grido? Nessuno può dimenticare o ignorare quanto accadde. Nessuno può sminuirne la sua dimensione.

2. Noi vogliamo ricordare. Vogliamo però ricordare per uno scopo, ossia per assicurare che mai più il male prevarrà, come avvenne per milioni di vittime innocenti del Nazismo.

Come potè l'uomo provare un tale disprezzo per l'uomo? Perché era arrivato al punto di disprezzare Dio. Solo un'ideologia senza Dio poteva programmare e portare a termine lo sterminio di un intero popolo.

L'onore reso ai «gentili giusti» dallo Stato di Israele a Yad Vashem per aver agito eroicamente per salvare Ebrei, a volte fino all’offerta della propria vita, è una dimostrazione che neppure nell'ora più buia tutte le luci si sono spente. Per questo i Salmi, e l'intera Bibbia, sebbene consapevoli della capacità umana di compiere il male, proclamano che non sarà il male ad avere l'ultima parola. Dagli abissi della sofferenza e del dolore, il cuore del credente grida: «io confido in te, Signore; dico: ‘tu sei il mio Dio’ (Ps 31,14).

3. Ebrei e Cristiani condividono un immenso patrimonio spirituale, che deriva dall'autorivelazione di Dio. I nostri insegnamenti religiosi e le nostre esperienze spirituali esigono da noi che sconfiggiamo il male con il bene.Noi ricordiamo, ma senza alcun desiderio di vendetta né come un incentivo all'odio. Per noi ricordare significa pregare per la pace e la giustizia e impegnarci per la loro causa. Solo un mondo in pace, con giustizia per tutti, potrà evitare il ripetersi degli errori e dei terribili crimini del passato.

Come Vescovo di Roma e Successore dell'Apostolo Pietro, assicuro il popolo ebraico che la Chiesa cattolica, motivata dalla legge evangelica della verità e dell'amore e non da considerazioni politiche, è profondamente rattristata per l'odio, gli atti di persecuzione e le manifestazioni di antisemitismo dirette contro gli ebrei da cristiani in ogni tempo e in ogni luogo. La Chiesa rifiuta ogni forma di razzismo come una negazione dell'immagine del Creatore intrinseca ad ogni essere umano (cfr Gn 1,26).

4. In questo luogo di solenne memoria, prego ferventemente che il nostro dolore per la tragedia sofferta dal popolo ebraico nel XX secolo conduca a un nuovo rapporto fra Cristiani ed Ebrei. Costruiamo un futuro nuovo nel quale non vi siano più sentimenti antiebraici fra i Cristiani o sentimenti anticristiani fra gli Ebrei, ma piuttosto il reciproco rispetto richiesto a coloro che adorano l’unico Creatore e Signore e guardano ad Abramo come il comune padre nella fede (cfr Noi Ricordiamo: una riflessione sulla Shoah, V).

Il mondo deve prestare attenzione al monito che proviene dalle vittime dell'Olocausto e dalla testimonianza dei superstiti. Qui a Yad Vashem, la memoria è viva e arde nel nostro animo. Essa ci fa gridare:

«Se odo la calunnia di molti, il terrore mi circonda;
io confido in te, Signore; dico: ‘tu sei il mio Dio’ (Ps 31,13-15).



IN OCCASIONE DELL'INCONTRO INTER-RELIGIOSO AL PONTIFICIO ISTITUTO "NOTRE DAME" DI GERUSALEMME

Giovedì, 23 Marzo 2000


Illustri rappresentanti ebrei, cristiani e musulmani,


1. In questo anno in cui si celebra il bimillenario della nascita di Gesù Cristo, sono veramente lieto di aver potuto esaudire il mio grande desiderio di compiere un viaggio nei luoghi della storia della salvezza. Mi commuove profondamente seguire le orme degli innumerevoli pellegrini che prima di me hanno pregato nei luoghi santi legati agli interventi di Dio. Sono pienamente consapevole del fatto che questa terra è santa per gli Ebrei, per i Cristiani e per i Musulmani. Perciò la mia visita non sarebbe stata completa senza questo incontro con voi, illustri capi religiosi. Grazie per il sostegno che la vostra presenza qui, questa sera, offre alla speranza e alla convinzione di così tante persone di entrare in una nuova era di dialogo inter-religioso. Siamo consapevoli che è necessario e urgente stabilire vincoli più stretti fra tutti i credenti per garantire un mondo più giusto e pacifico.

Per tutti noi Gerusalemme, come indica il nome, è la “Città della Pace”. Forse nessun altro luogo al mondo trasmette il senso di trascendenza e di elezione divina che percepiamo nelle sue pietre, nei suoi monumenti e nella testimonianza delle tre religioni che vivono una accanto all'altra entro le sue mura. In questa coesistenza non tutto è stato o sarà facile. Tuttavia, dobbiamo trovare nelle nostre rispettive tradizioni religiose la saggezza e la motivazione superiore per garantire il trionfo della comprensione reciproca e del rispetto cordiale.

2. Siamo tutti d’accordo nel ritenere che la religione debba essere incentrata in modo autentico su Dio e che i nostri primi doveri religiosi siano l'adorazione, la lode e il rendimento di grazie. La sura iniziale del Corano afferma: “Lode a Dio, Signore dei mondi” (Corano 1, 1). Nei canti ispirati della Bibbia udiamo la chiamata universale: “Ogni vivente dia lode al Signore. Alleluia” (Ps 150,6). Nel Vangelo leggiamo che, quando Gesù nacque, gli angeli cantarono: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli” (Lc 2,14). Ora che molti sono tentati di gestire la propria vita senza far riferimento a Dio, la chiamata a riconoscere il Creatore dell'universo e il Signore della storia è essenziale per garantire il benessere degli individui e il corretto sviluppo della società.

3. Se autentica, la devozione a Dio implica necessariamente l'attenzione verso gli altri esseri umani. In quanto membri dell'unica famiglia umana e amati figli di Dio, abbiamo dei doveri reciproci che, come credenti, non possiamo ignorare. Uno dei primi discepoli di Gesù scrisse: “Se uno dicesse “Io amo Dio” e odiasse il suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede” (1Jn 4,20). Amare i propri fratelli e le proprie sorelle implica un atteggiamento di rispetto e di compassione, gesti di solidarietà, cooperazione al servizio del bene comune. Quindi, la preoccupazione per la giustizia e per la pace non è estranea al campo della religione, ma ne è veramente un elemento essenziale.

Dal punto di vista cristiano, non spetta ai capi religiosi proporre formule tecniche per la soluzione dei problemi sociali, economici e politici. Essi hanno soprattutto il compito di insegnare le verità di fede e la giusta condotta, di aiutare le persone, incluse quelle che hanno responsabilità nella vita pubblica, a essere consapevoli dei propri doveri e ad adempierli. Come capi religiosi, aiutiamo le persone a condurre una vita completa, ad armonizzare la dimensione verticale del loro rapporto con Dio con quella orizzontale del servizio al prossimo.

4. Tutte le nostre religioni conoscono, in una forma o nell'altra, la Regola d'oro: “Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te”.

Per quanto questa regola sia una guida preziosa, l'amore autentico per il prossimo va oltre. Si basa sulla convinzione che quando amiamo il nostro prossimo mostriamo amore verso Dio e quando gli facciamo del male offendiamo Dio. Ciò significa che la religione è nemica dell'esclusione e della discriminazione, dell'odio e della rivalità, della violenza e del conflitto. La religione non è e non deve diventare un pretesto per la violenza, in particolare quando l'identità religiosa coincide con l'identità etnica e culturale. Religione e pace vanno insieme! La credenza e la pratica religiose non si possono separare dalla difesa dell'immagine di Dio in ogni essere umano.

Attingendo alle ricchezze delle nostre rispettive tradizioni religiose, dobbiamo diffondere la consapevolezza che i problemi di oggi non si risolveranno se non ci conosceremo e rimarremo isolati gli uni dagli altri. Conosciamo tutti le incomprensioni e i conflitti del passato e sappiamo che ancora gravano pesantemente sui rapporti fra Ebrei, Cristiani e Musulmani. Dobbiamo fare tutto il possibile per trasformare la consapevolezza delle offese e dei peccati del passato in una ferma determinazione a edificare un nuovo futuro nel quale non ci sarà altro che la cooperazione feconda e rispettosa fra noi.

La Chiesa cattolica desidera perseguire un dialogo inter-religioso sincero e fecondo con le persone di fede ebraica e i seguaci dell'Islam. Questo dialogo non è un tentativo di imporre agli altri la nostra visione. Esso esige che tutti noi, fedeli a ciò in cui crediamo, ascoltiamo con rispetto l'altro, cerchiamo di discernere quanto c'è di buono e di santo nel suo insegnamento e cooperiamo nel sostenere tutto ciò che promuove la pace e la comprensione reciproca.

5. I bambini e i giovani ebrei, cristiani e musulmani, presenti qui, sono un segno di speranza e un incentivo per tutti noi. I membri di ogni nuova generazione sono un dono divino al mondo. Se tramandiamo loro tutto ciò che di nobile e di buono è presente nelle nostre tradizioni, essi lo faranno fiorire in una fraternità e in una cooperazione più intense.

Se le varie comunità religiose nella Città Santa e nella Terra Santa riusciranno a vivere e a lavorare insieme in amicizia e in armonia, apporteranno benefici enormi non solo a se stessi, ma anche alla causa della pace in questa regione. Gerusalemme sarà veramente una Città di Pace per tutti i popoli.Allora ripeteremo le parole del Profeta: “Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci indichi le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri” (Is 2,3).

Impegnarci di nuovo in questo compito e farlo nella Città Santa di Gerusalemme significa chiedere a Dio di vegliare sui nostri sforzi e di condurli a buon fine. Che l'Onnipotente benedica con abbondanza i nostri sforzi comuni!


SALUTO AL TERMINE DELLA SOLENNE CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA AI GIOVANI GIUNTI DA TUTTO IL MONDO

Venerdì, 24 Marzo 2000

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