GPII Discorsi 2000 287


ALLA DIOCESI DI ALBANO


Domenica 27 agosto 2000




1. Sono lieto di accogliervi, carissimi Fratelli e Sorelle della Diocesi di Albano, in questa Udienza speciale. A voi tutti, autorità, sacerdoti, seminaristi, diaconi permanenti, religiosi, religiose e laici il mio saluto affettuoso!

Ringrazio il Vescovo, Monsignor Agostino Vallini, per il caloroso indirizzo che mi ha rivolto. Insieme con lui ringrazio i vostri due rappresentanti, che hanno ben interpretato i vostri sentimenti. Desidero porgere anche un particolare saluto al Signor Cardinale Angelo Sodano, mio Segretario di Stato e Vescovo titolare di Albano, come pure al Vescovo Ausiliare, Monsignor Paolo Gillet.

Sono grato a tutti voi, popolo dell'antica Chiesa suburbicaria di Albano, che siete giunti cosi numerosi a questo appuntamento con il Successore di Pietro. Tante volte ho potuto sperimentare la vostra devozione ed il vostro affetto, soprattutto in occasione della mia permanenza a Castel Gandolfo. Sono sentimenti che hanno radici antiche: la via Appia, che attraversa il vostro territorio, è stata percorsa dai santi apostoli Pietro e Paolo e la fede da essi predicata è stata confessata con il sangue dai vostri martiri, i santi patroni Pancrazio, Senatore e compagni. Dalla linfa di queste radici apostoliche e dal sangue dei martiri si è sviluppata la genuina fede cristiana, che è giunta fino alle presenti generazioni con testimonianze fulgide quali il martirio di santa Maria Goretti.

2. Consentitemi di ritornare col pensiero all'incontro che ebbi con voi nel 1985, in preparazione del Sinodo diocesano. In quella circostanza, mi venne presentato il cammino pastorale che la vostra Comunità ecclesiale si apprestava a percorrere per adeguare l'azione apostolica alle mutate esigenze dei tempi. Ricordo che vi invitai allora a "camminare insieme". Il Sinodo assunse quelle parole come proprio motto. E' un impegno che resta attualissimo anche oggi.

La Chiesa è una comunità di fratelli che vivono della forza vivificante dello Spirito di Cristo risorto ed esprimono l'unità dei cuori non solo nella comunione spirituale, ma anche nella corresponsabilità pastorale. Costruire Ia Chiesa vuol dire camminare insieme sulle vie della santità e del servizio apostolico, mostrando il volto di una comunità gerarchicamente ordinata intorno al proprio Pastore. Pur senza nulla togliere alla ricchezza e alla varietà delle esperienze pastorali particolari, "camminare insieme" significa non cedere alla tentazione della frammentazione e della dispersione, frutto di un arbitrio apostolico incontrollato.

Soprattutto voi, carissimi Sacerdoti, che formate un unico presbiterio, siate in mezzo al vostro popolo testimoni di unità. Essere fedeli a Cristo - vogliate ricordarlo sempre - significa essere fedeli alla Chiesa. Vi esorto, pertanto, a coltivare la comunione presbiterale intorno al Vescovo, cui spetta autenticare il cammino ecclesiale e la prassi pastorale.

3. Dalla celebrazione del vostro Sinodo diocesano è scaturito un programma pastorale centrato su alcuni precisi obiettivi, tra i quali emergono la nuova evangelizzazione, la pastorale familiare, l'attenzione e la cura dei giovani. Quale vasto campo di azione missionaria essi aprono davanti a voi, carissimi sacerdoti, religiosi, religiose e laici!

L'evangelizzazione, innanzitutto! Essa deve diventare il vostro impegno prioritario e permanente. Davanti alle sfide del secolarismo e della scristianizzazione è necessario reagire con coraggio e, insieme, con capacità innovativa, lucidità di analisi e fiducia nella forza dello Spirito Santo. Già in occasione del Convegno ecclesiale di Palermo annotavo: "Il nostro non è il tempo della semplice conservazione dell'esistente, ma della missione. E' il tempo di proporre di nuovo, e prima di tutto, Gesù Cristo, il centro del Vangelo" (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. XVIII/2, 1995, p. 1196). Molto opportuna è, perciò, la scelta operata dal vostro Sinodo diocesano, perché non manchi a nessuno l'alimento dell'evangelizzazione.

288 Quanto, poi, all'istituto familiare, sappiamo bene come esso, nei tempi odierni, sia stato investito da profonde e rapide trasformazioni indotte dalla società e dalla cultura. Il matrimonio e la famiglia costituiscono uno dei beni più preziosi dell'umanità. Giustamente, perciò, il vostro Sinodo ha dedicato a questo tema ampia riflessione, assumendo altresì l'impegno di un progetto di pastorale familiare. Al compimento di questo impegno, desidero incoraggiare la comunità diocesana, con l'auspicio che ogni famiglia cristiana diventi soggetto di pastorale attiva e feconda.

4. Il Sinodo ha poi volto il suo sguardo premuroso al mondo dei giovani.Le urgenze pastorali certamente sono molteplici, ma quella giovanile è la più evidente e pressante, perché nei giovani avanza il futuro e si annuncia il volto della Chiesa e della società del nuovo millennio. Il mondo giovanile presenta indubbiamente dei problemi, ma nasconde anche in sé un immenso potenziale di bene. La Giornata Mondiale della Gioventù, che abbiamo celebrato pochi giorni or sono, è stata una splendida conferma di quanto sia giusto confidare nelle nuove generazioni ed offrire loro opportunità positive, perché incontrino Cristo e lo seguano generosamente. Investite, dunque, valide energie pastorali a favore della gioventù, promuovendo luoghi di aggregazione dove i giovani, dopo aver ricevuto la prima iniziazione cristiana, possano sviluppare in un gioioso clima comunitario i valori autentici della vita umana e cristiana.

Abbiate premura anche dei tanti giovani, che non frequentano la comunità ecclesiale e che si riuniscono sulle strade e nelle piazze, esposti a rischi e pericoli. La Chiesa non può ignorare o sottovalutare questo crescente fenomeno giovanile! Occorre che operatori pastorali particolarmente preparati si accostino ad essi, aprano loro orizzonti che stimolino il loro interesse e la loro naturale generosità e gradatamente li accompagnino ad accogliere la persona di Gesù Cristo.

5. Anche nella vostra diocesi un problema è diventato particolarmente acuto, quello delle vocazioni sacerdotali e religiose. Spetta anzitutto ai presbiteri, particolarmente ai parroci, annunciare con passione il Vangelo della chiamata, discernendo e curando i germi di vocazione al presbiterato ed alla vita consacrata con la parola e con la testimonianza della vita. La loro azione dovrà essere coordinata e sostenuta a livello diocesano con opportune iniziative e, soprattutto, dovrà essere accompagnata dalla preghiera insistente dei fedeli.

Voglio, infine, esprimere il mio vivo compiacimento per la sensibilità e l'impegno che la Diocesi di Albano mostra nel campo dell'accoglienza di tanti fratelli e sorelle, soprattutto emigrati, che vivono privazioni e disagi di ogni genere, lontano dalla loro terra di origine e dagli affetti dei loro cari. Vi incoraggio a perseverare in questa opera di misericordia, memori delle parole del Salvatore: "Ero forestiero e mi avete ospitato" (
Mt 25,35).

Come vedete, le cose da fare sono molte. Affido i vostri buoni propositi all'intercessione della Vergine Santissima, verso la quale so essere molto intensa la vostra devozione. Maria accompagni con la sua protezione il vostro "camminare insieme" con il vostro nuovo Pastore.

Con questo auspicio imparto a lui ed a tutti voi la mia affettuosa Benedizione.

UDIENZA DI GIOVANNI PAOLO II


AGLI UFFICIALI DEL 31° STORMO


DELL’AERONAUTICA MILITARE ITALIANA


Castel Gandolfo, lunedì 28 Agosto 2000




Signori Ufficiali e Sottufficiali!
Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Colgo volentieri l'occasione di questo annuale incontro per esprimere la mia riconoscenza a voi, gentili Membri del Trentunesimo Stormo dell'Aeronautica Militare Italiana, che, con competenza e generosità, mi accompagnate là dove mi conduce il mio ministero pastorale. Con grande gioia vi saluto. La vostra presenza mi ricorda le tante trasferte in elicottero o in aereo effettuate grazie alla vostra gentile disponibilità. Ricordo una delle più recenti, quella a Tor Vergata, che mi ha permesso di ammirare dall'alto l'indimenticabile spettacolo dei giovani partecipanti alla conclusione della quindicesima Giornata Mondiale della Gioventù.

289 Mi sono ben note, altresì, la responsabilità e la generosità che animano il servizio che voi svolgete con alta preparazione tecnica e professionale. Auspico di cuore che i valori umani e cristiani continuino ad essere la fonte ispiratrice di ogni vostra attività e prego il Signore perché mai venga meno tra voi la solidarietà e la tensione verso obiettivi sempre più nobili.

Per tutto ciò, seguendo una consolidata tradizione, sono lieto di conferire, in questa circostanza, speciali distinzioni e onorificenze pontificie ad alcuni di voi. È questo un modo tangibile per dimostrare la costante gratitudine, mia e della Sede Apostolica, per l'esemplare disponibilità con cui voi cooperate al ministero apostolico del Successore di Pietro. È pure un segno di affettuoso apprezzamento per l'intero Trentunesimo Stormo.

2. La Comunità cristiana, inondata dalla grazia dell'Anno Santo, è chiamata a vivere con fervore lo straordinario dono giubilare per cooperare al consolidamento della nuova civiltà dell'Amore. Essa tiene fisso lo sguardo su Cristo per incontrarlo personalmente, consapevole di doversi impegnare a realizzare ogni giorno gesti di perdono e di amore fraterno.

Quest'invito è per tutti e formulo voti che ciascuno di voi possa accoglierlo con convinta adesione nella vita personale, in famiglia e nel lavoro.

La Vergine Lauretana, Patrona dell'Aeronautica Militare, vegli sulla vostra non facile attività e vi accompagni in cielo ed in terra; custodisca i vostri propositi e vi aiuti a mantenervi ogni giorno appassionati servitori del bene comune.

Con tali sentimenti, mentre invoco su di voi e sulle vostre famiglie la protezione divina, con affetto vi imparto una speciale Benedizione Apostolica.



UDIENZA DI GIOVANNI PAOLO II


AI PARTECIPANTI AL


CONGRESSO DELLA CONFERENZA MONDIALE


DEGLI ISTITUTI SECOLARI


Castel Gandolfo, lunedì 28 agosto 2000

Carissimi Fratelli e Sorelle!


1. Sono lieto di accogliervi in occasione del vostro Congresso, che dalla celebrazione giubilare in atto riceve un orientamento e uno stimolo particolare. Vi saluto tutti con viva cordialità, rivolgendo un particolare pensiero al Cardinale Eduardo Martínez Somalo, Prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, che ha interpretato con calore i vostri sentimenti.

Nell'anno del Grande Giubileo la Chiesa invita tutti i laici, ma con un titolo particolare i membri degli Istituti Secolari, all'impegno di animazione evangelica e di testimonianza cristiana all’interno delle realtà secolari. Come ebbi a dire in occasione del nostro incontro per il cinquantesimo anniversario della Provida Mater Ecclesia, voi siete per vocazione e per missione al punto d'incrocio tra l’iniziativa di Dio e l’attesa della creazione: l’iniziativa di Dio, che portate al mondo attraverso l’amore e l’intima unione con Cristo; l’attesa della creazione, che condividete nella condizione quotidiana e secolare dei vostri simili (cfr Insegnamenti di Giovanni Paolo II vol. XX/1, 1997, n. 5, p. 232). Per questo, come consacrati secolari, dovete vivere con consapevolezza operosa le realtà del vostro tempo, perché la sequela di Cristo, che dà significato alla vostra vita, vi impegna seriamente nei confronti di quel mondo che siete chiamati a trasformare secondo il progetto di Dio.

2. Il vostro Congresso Mondiale concentra l’attenzione sul tema della formazione dei membri degli Istituti Secolari. Occorre che essi siano sempre in grado di discernere la volontà di Dio e le vie della nuova evangelizzazione in ogni "oggi" della storia, nella complessità e mutevolezza dei segni dei tempi.

290 Nell’Esortazione Apostolica Christifideles laici ho dedicato ampio spazio al tema della formazione dei cristiani nelle loro responsabilità storiche e secolari, come anche nella loro diretta collaborazione all’edificazione della comunità cristiana; ed ho indicato le fonti indispensabili di tale formazione: "l’ascolto pronto e docile della parola di Dio e della Chiesa, la preghiera filiale e costante, il riferimento a una saggia e amorevole guida spirituale, la lettura nella fede dei doni e dei talenti ricevuti e nello stesso tempo delle diverse situazioni sociali e storiche entro cui si è inseriti" (n. 59).

La formazione riguarda quindi in modo globale tutta la vita del consacrato. Essa si nutre anche delle analisi e delle riflessioni degli esperti di sociologia e delle altre scienze umane, ma non può trascurare, come suo centro vitale e come criterio per la valutazione cristiana dei fenomeni storici, la dimensione spirituale, teologica e sapienziale della vita di fede, che fornisce le chiavi ultime e decisive per la lettura dell’odierna condizione umana e per la scelta delle priorità e degli stili di un’autentica testimonianza.

Lo sguardo che noi rivolgiamo alle realtà del mondo contemporaneo, sguardo che vorremmo sempre carico della compassione e della misericordia insegnataci da nostro Signore Gesù Cristo, non si ferma a individuare errori e pericoli. Certo, non può trascurare di notare anche gli aspetti negativi e problematici, ma si rivolge subito a individuare vie di speranza e ad indicare prospettive di fervido impegno per la promozione integrale della persona, per la sua liberazione e la pienezza della sua felicità.

3. Nel cuore di un mondo che cambia, nel quale persistono e si aggravano ingiustizie e sofferenze inaudite, voi siete chiamati ad una lettura cristiana dei fatti e dei fenomeni storici e culturali. In particolare, dovete essere portatori di luce e di speranza nella società di oggi. Non lasciatevi ingannare da ingenui ottimismi, ma restate fedeli testimoni di un Dio che certamente ama questa umanità e le offre la grazia necessaria perché possa lavorare efficacemente alla costruzione di un mondo migliore, più giusto e più rispettoso della dignità di ogni essere umano. La sfida, che la cultura contemporanea rivolge alla fede, sembra proprio questa: abbandonare la facile inclinazione a dipingere scenari bui e negativi, per tracciare percorsi possibili, non illusori, di redenzione, di liberazione e di speranza.

La vostra esperienza di consacrati nella condizione secolare vi mostra che non ci si deve attendere l’avvento di un mondo migliore solo dalle scelte che calano dall’alto delle grandi responsabilità e delle grandi istituzioni. La grazia del Signore, capace di salvare e di redimere anche questa epoca della storia, nasce e cresce nei cuori dei credenti. Essi accolgono, assecondano e favoriscono l’iniziativa di Dio nella storia e la fanno crescere dal basso e dall’interno delle semplici vite umane che diventano così le vere portatrici del cambiamento e della salvezza. Basta pensare all’azione esercitata in questo senso dall’innumerevole schiera di santi e sante, anche di quelli non ufficialmente dichiarati tali dalla Chiesa, che hanno segnato profondamente l'epoca in cui sono vissuti, portando ad essa dei valori e delle energie di bene la cui importanza sfugge agli strumenti dell'analisi sociale, ma è ben visibile agli occhi di Dio e alla pensosa riflessione dei credenti.

4. La formazione al discernimento non può trascurare il fondamento di ogni progetto umano che è e rimane Gesù Cristo. La missione degli Istituti Secolari è di "immettere nella società le energie nuove del Regno di Cristo cercando di trasfigurare il mondo dal di dentro con la forza delle Beatitudini" (Vita consecrata
VC 10). La fede dei discepoli diventa in questo modo anima del mondo, secondo la felice immagine della lettera "A Diogneto", e produce un rinnovamento culturale e sociale che va messo a disposizione dell'umanità. Quanto più l'umanità si trova lontana ed estranea rispetto al messaggio evangelico, tanto più dovrà risuonare forte e persuasivo l'annuncio della verità di Cristo e dell'uomo redento in Lui.

Certo, si dovrà fare sempre attenzione alle modalità di questo annuncio, perché l’umanità non lo avverta come invadenza e imposizione da parte dei credenti. Al contrario, sarà nostro compito far sì che appaia sempre più chiaro che la Chiesa, portatrice della missione di Cristo, si prende cura dell’uomo con amore. E lo fa non per l'umanità in astratto, ma per questo uomo concreto e storico, nella convinzione che "questo uomo è la prima via che la Chiesa deve percorrere nel compimento della sua missione... la via tracciata da Cristo stesso, via che immutabilmente passa attraverso il mistero dell'Incarnazione e della Redenzione" (Redemptor hominis RH 14 cfr Centesimus annus CA 53).

5. La vostra formazione iniziale e permanente, cari responsabili e membri degli Istituti Secolari, va nutrita da queste certezze. Essa produrrà frutti abbondanti nella misura in cui continuerà ad attingere all’inesauribile tesoro della Rivelazione, letto e proclamato con sapienza e amore dalla Chiesa.

A Maria, Stella dell'evangelizzazione, che della Chiesa è icona ineguagliabile, affido il vostro cammino per le strade del mondo. Sia accanto a voi e la sua intercessione renda fecondi i lavori del vostro Congresso e doni fervore e rinnovato slancio apostolico alle Istituzioni che voi qui rappresentate, affinché l'evento giubilare segni l'inizio di una nuova Pentecoste e di un profondo rinnovamento interiore.

Con questi voti a tutti imparto, quale pegno di costante affetto, l'Apostolica Benedizione.



DISCORSO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


AL 18° CONGRESSO INTERNAZIONALE


DELLA SOCIETÀ DEI TRAPIANTI


Martedì 29 Agosto 2000




Illustri Signori,
Gentili Signore!

291 1. Sono lieto di portarvi il mio saluto in occasione di questo Congresso Internazionale, che vi vede raccolti ad approfondire la complessa e delicata tematica dei trapianti. Ringrazio i Professori Raffaello Cortesini e Oscar Salvatierra per le gentili parole che mi hanno rivolto. Un particolare saluto va alle Autorità Italiane presenti.

A voi tutti esprimo la mia riconoscenza per l'invito a questo incontro, apprezzando vivamente la disponibilità manifestata a confrontarvi con l'insegnamento morale della Chiesa, la quale, nel rispetto della scienza e soprattutto nell'ascolto della legge di Dio, a null'altro mira che al bene integrale dell'uomo.

I trapianti sono una grande conquista della scienza a servizio dell'uomo e non sono pochi coloro che ai nostri giorni sopravvivono grazie al trapianto di un organo. La medicina dei trapianti si rivela, pertanto, strumento prezioso nel raggiungimento della prima finalità dell'arte medica, il servizio alla vita umana. Per questo, nella Lettera Enciclica Evangelium vitae ho ricordato che, tra i gesti che concorrono ad alimentare un'autentica cultura della vita "merita un particolare apprezzamento la donazione di organi compiuta in forme eticamente accettabili, per offrire una possibilità di salute e perfino di vita a malati talvolta privi di speranza" (n. 86).

2. Tuttavia, come accade in ogni conquista umana, anche questo settore della scienza medica, mentre offre speranza di salute e di vita a tanti, non manca di presentare alcuni punti critici, che richiedono di essere esaminati alla luce di un'attenta riflessione antropologica ed etica.

Anche in questa materia, infatti, il criterio fondamentale di valutazione risiede nella difesa e promozione del bene integrale della persona umana, secondo la sua peculiare dignità. A tal proposito, vale la pena di ricordare che ogni intervento medico sulla persona umana è sottoposto a dei limiti che non si riducono all'eventuale impossibilità tecnica di realizzazione, ma sono legati al rispetto della stessa natura umana intesa nel suo significato integrale: "Ciò che è tecnicamente possibile, non è per ciò stesso moralmente ammissibile" (Congregazione per la Dottrina della Fede, Donum vitae, 4).

3. Un primo accento è da porre sul fatto che ogni intervento di trapianto d'organo, come già in altra occasione ho avuto modo di sottolineare, ha generalmente all'origine una decisione di grande valore etico: "la decisione di offrire, senza ricompensa, una parte del proprio corpo, per la salute ed il benessere di un'altra persona" (cfr Discorso Ai partecipanti ad un Congresso sui trapianti di organi 20 giugno 1991). Proprio in questo risiede la nobiltà del gesto, che si configura come un autentico atto d'amore. Non si dona semplicemente qualcosa di proprio, si dona qualcosa di sé, dal momento che "in forza della sua unione sostanziale con un'anima spirituale, il corpo umano non può essere considerato solo come un complesso di tessuti, organi e funzioni..., ma è parte costitutiva della persona, che attraverso di esso si manifesta e si esprime" (Congregazione per la Dottrina della Fede, Donum vitae, 3).

Di conseguenza, ogni prassi tendente a commercializzare gli organi umani o a considerarli come unità di scambio o di vendita, risulta moralmente inaccettabile, poiché, attraverso un utilizzo "oggettuale" del corpo, viola la stessa dignità della persona.

Questo primo punto ha un'immediata conseguenza di notevole rilevanza etica: la necessità di un consenso informato. La verità umana di un gesto tanto impegnativo richiede infatti che la persona sia adeguatamente informata sui processi in esso implicati, così da esprimere in modo cosciente e libero il suo consenso o diniego. L'eventuale consenso dei congiunti ha un suo valore etico quando manchi la scelta del donatore. Naturalmente, un consenso con analoghe caratteristiche dovrà essere espresso da chi riceve gli organi donati.

4. Il riconoscimento della dignità singolare della persona umana ha un'ulteriore conseguenza di fondo: gli organi vitali singoli non possono essere prelevati che ex cadavere, cioè dal corpo di un individuo certamente morto. Questa esigenza è di immediata evidenza, giacché comportarsi altrimenti significherebbe causare intenzionalmente la morte del donatore prelevando i suoi organi. Nasce da qui una delle questioni che più ricorrono nei dibattiti bioetici attuali e, spesso, anche nei dubbi della gente comune. Si tratta del problema dell'accertamento della morte. Quando una persona è da considerare certamente morta?

Al riguardo, è opportuno ricordare che esiste una sola "morte della persona", consistente nella totale dis-integrazione di quel complesso unitario ed integrato che la persona in se stessa è, come conseguenza della separazione del principio vitale, o anima, della persona dalla sua corporeità. La morte della persona, intesa in questo senso radicale, è un evento che non può essere direttamente individuato da nessuna tecnica scientifica o metodica empirica.

Ma l'esperienza umana insegna anche che l'avvenuta morte di un individuo produce inevitabilmente dei segni biologici, che si è imparato a riconoscere in maniera sempre più approfondita e dettagliata. I cosiddetti "criteri di accertamento della morte", che la medicina oggi utilizza, non sono pertanto da intendere come la percezione tecnico-scientifica del momento puntuale della morte della persona, ma come una modalità sicura, offerta dalla scienza, per rilevare i segni biologici della già avvenuta morte della persona.

292 5. E' ben noto che, da qualche tempo, diverse motivazioni scientifiche per l'accertamento della morte hanno spostato l'accento dai tradizionali segni cardio-respiratori al cosiddetto criterio "neurologico", vale a dire alla rilevazione, secondo parametri ben individuati e condivisi dalla comunità scientifica internazionale, della cessazione totale ed irreversibile di ogni attività encefalica (cervello, cervelletto e tronco encefalico), in quanto segno della perduta capacità di integrazione dell'organismo individuale come tale.

Di fronte agli odierni parametri di accertamento della morte, - sia che ci si riferisca ai segni "encefalici", sia che si faccia ricorso ai più tradizionali segni cardio-respiratori -, la Chiesa non fa opzioni scientifiche, ma si limita ad esercitare la responsabilità evangelica di confrontare i dati offerti dalla scienza medica con una concezione unitaria della persona secondo la prospettiva cristiana, evidenziando assonanze ed eventuali contraddizioni, che potrebbero mettere a repentaglio il rispetto della dignità umana.

In questa prospettiva, si può affermare che il recente criterio di accertamento della morte sopra menzionato, cioè la cessazione totale ed irreversibile di ogni attività encefalica, se applicato scrupolosamente, non appare in contrasto con gli elementi essenziali di una corretta concezione antropologica. Di conseguenza, l'operatore sanitario, che abbia la responsabilità professionale di un tale accertamento, può basarsi su di essi per raggiungere, caso per caso, quel grado di sicurezza nel giudizio etico che la dottrina morale qualifica col termine di "certezza morale", certezza necessaria e sufficiente per poter agire in maniera eticamente corretta. Solo in presenza di tale certezza sarà, pertanto, moralmente legittimo attivare le necessarie procedure tecniche per arrivare all'espianto degli organi da trapiantare, previo consenso informato del donatore o dei suoi legittimi rappresentanti.

6. Un altro aspetto di grande rilievo etico riguarda il problema dell'allocazione degli organi donati, mediante la formazione delle liste di attesa o "triages". Nonostante gli sforzi per promuovere una cultura della donazione degli organi, le risorse attualmente disponibili in molti Paesi risultano ancora insufficienti al fabbisogno sanitario. Nasce di qui l'esigenza di creare delle liste d'attesa per i trapianti, secondo criteri certi e motivati.

Dal punto di vista morale, un ben inteso principio di giustizia esige che tali criteri di assegnazione degli organi donati non derivino in alcun modo da logiche di tipo "discriminatorio" (età, sesso, razza, religione, condizione sociale, ecc.) oppure di stampo "utilitaristico" (capacità lavorative, utilità sociale, ecc.). Nella determinazione delle priorità di accesso ai trapianti ci si dovrà, piuttosto, attenere a valutazioni immunologiche e cliniche. Ogni altro criterio si rivelerebbe arbitrario e soggettivistico, non riconoscendo il valore che ogni essere umano ha in quanto tale, e non per le sue caratteristiche estrinseche.

7. Un'ultima questione riguarda una possibilità ancora del tutto sperimentale di risolvere il problema del reperimento di organi da trapiantare nell'uomo: si tratta dei cosiddetti xenotrapianti, cioè del trapianto di organi provenienti da specie animali diverse da quella umana.

Non intendo qui affrontare in dettaglio i problemi suscitati da tale procedura. Mi limito a ricordare che già nel 1956 il Papa Pio XII si poneva l'interrogativo circa la loro liceità: lo faceva commentando l'eventualità, allora prospettata dalla scienza, del trapianto di una cornea di animale nell'uomo. La risposta che egli dava rimane anche oggi illuminante: in linea di principio, egli diceva, la liceità di uno xenotrapianto richiede, da una parte, che l'organo trapiantato non incida sull'integrità dell'identità psicologica o genetica della persona che lo riceve; dall'altra, che esista la provata possibilità biologica di effettuare con successo un tale trapianto, senza esporre ad eccessivi rischi il ricevente (cfr Discorso all'Associazione Italiana Donatori di cornea ed ai Clinici Oculisti e Medici legali, 14 Maggio 1956).

8. Nel concludere questo incontro, esprimo l'auspicio che la ricerca scientifico-tecnologica nel settore dei trapianti, grazie all'opera di tante generose e qualificate persone, progredisca ulteriormente, estendendosi anche alla sperimentazione di nuove terapie alternative al trapianto d'organi, come sembrano promettere alcuni recenti ritrovati protesici. Occorrerà comunque evitare sempre quei sentieri che non rispettano la dignità ed il valore della persona; penso in particolare ad eventuali progetti o tentativi di clonazione umana, allo scopo di ottenere organi da trapiantare: tali procedure, in quanto implicano la manipolazione e distruzione di embrioni umani, non sono moralmente accettabili, neanche se finalizzate ad uno scopo in sé buono. La scienza lascia intravedere altre vie di intervento terapeutico, che non comportano né la clonazione né il prelievo di cellule embrionali, bastando a tale scopo l'utilizzazione di cellule staminali prelevabili in organismi adulti. Su queste vie dovrà avanzare la ricerca, se vuole essere rispettosa della dignità di ogni essere umano, anche allo stadio embrionale.

E' importante, in tutta questa materia, l'apporto anche dei filosofi e dei teologi, la cui riflessione sui problemi etici collegati con la terapia dei trapianti, sviluppata con competenza ed attenzione, potrà portare a meglio precisare i criteri di giudizio in base ai quali valutare quali tipi di trapianto possano considerarsi moralmente ammissibili ed a quali condizioni, soprattutto per quanto concerne i problemi di salvaguardia dell'identità personale.

Confido che non manchi, da parte di quanti hanno responsabilità sociali, politiche ed educative, un rinnovato impegno nel promuovere un'autentica cultura del dono e della solidarietà. Occorre seminare nei cuori di tutti, ed in particolare dei giovani, motivazioni vere e profonde che spingano a vivere nella carità fraterna, carità che si esprime anche attraverso la scelta di donare i propri organi.

II Signore illumini l'impegno di ciascuno e lo orienti a servire il vero progresso umano. Accompagno questo auspicio con la mia Benedizione.



Settembre


DISCORSO DI CONGEDO


DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


ALL’AMMINISTRAZIONE COMUNALE


DI CASTEL GANDOLFO


293
Venerdì 1° Settembre 2000

Signor Sindaco,

Signori Membri della Giunta e del Consiglio Comunale!

Grazie per l'odierna vostra visita! E' giunto per me il momento di prendere congedo da Castel Gandolfo, e sono lieto di incontrarvi, prima di rientrare in Vaticano. Porgo volentieri il mio saluto riconoscente e cordiale a ciascuno di voi e, attraverso di voi, alle persone che voi rappresentate.

Ringrazio in maniera speciale Lei, Signor Sindaco, per la sua cortesia, per le gentili parole e per i sentimenti che ha voluto esprimere, anche a nome dell'Amministrazione e dell'intera cittadinanza di Castel Gandolfo, a me tanto vicina. Ogni volta che torno al Castello, apprezzo il calore della gente, che in tanti modi e con molteplici segni mi esprime la sua vicinanza spirituale.

Quest'anno la mia permanenza tra voi ha dovuto essere, purtroppo, più breve del solito. Gli appuntamenti giubilari, infatti, non mi consentono di trattenermi, come di consueto, anche nel mese di settembre. Tuttavia, il clima più fresco e l'atmosfera distensiva dei Colli romani sento che mi hanno fatto bene e spero che gli effetti salutari di questo periodo mi accompagnino nei prossimi mesi.

Anche questa estate ho avuto modo di sperimentare l'accogliente ospitalità della vostra bella cittadina verso di me ed i miei collaboratori, come pure verso le persone venute a visitarmi. In particolare, vorrei ringraziarvi per quanto avete compiuto in favore dei giovani giunti numerosi anche a Castel Gandolfo per la Giornata Mondiale della Gioventù. Sono certo che anche per voi, come per l'intera comunità ecclesiale, il grande appuntamento dei giovani rimarrà scolpito nella memoria come segno di speranza e potente stimolo ad un coraggioso rinnovamento spirituale e morale.

Faccio ritorno questa sera a Roma, lasciandovi il mio cordiale "arrivederci". Vi porto con me nella preghiera, affidando al Signore il vostro lavoro e il vostro servizio alla città. Iddio protegga ognuno di voi e Maria, Madre della Speranza, sostenga con la sua materna intercessione i vostri progetti di bene. Anch'io di cuore vi benedico, insieme con i vostri familiari e con tutti i cittadini e i villeggianti di Castel Gandolfo.




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