GPII Discorsi 2000 390

390 Su questo cammino, che è il cammino della nuova evangelizzazione, proseguite senza sosta, incoraggiati dalle risorse spirituali e dalla vitalità delle vostre comunità cristiane. Guardate avanti, verso il terzo millennio, ed offrite a tutti la gioia liberante del Vangelo. Prestate ascolto alle esigenze delle famiglie e dei giovani, fornendo loro proficue occasioni di formazione religiosa. Cercate i poveri ed i sofferenti e ad essi fate sperimentare la tenerezza di Dio, Padre celeste di ogni creatura umana.

3. Saluto ora voi, cari pellegrini dell'Arcidiocesi di Torino, che per bocca del vostro Arcivescovo, Mons. Severino Poletto, a cui va la mia gratitudine, mi avete manifestato i vostri sentimenti di devoto affetto. Anche per voi l'Anno giubilare evidenzia in modo speciale la necessità di testimoniare il vangelo della carità. Questo, del resto, è nella tradizione della vostra Città. Come non ricordare, infatti, i numerosi Santi torinesi che si distinsero nell'eroico esercizio di questa prima e più importante virtù cristiana? La vita di questi vostri conterranei, a voi ben noti, costituisce ancora oggi un valido esempio da seguire. Tra i tanti, vorrei quest'oggi ricordare San Callisto Caravario martire in Cina, originario della vostra terra, che ho avuto la gioia di canonizzare il mese scorso. Al servizio ai poveri, egli univa l'ansia missionaria, costituendo così un esempio per la vostra Comunità diocesana impegnata in un grande sforzo missionario.

Ripenso, poi, con intima emozione alla mia visita a Torino ed alla sosta davanti alla sacra Sindone, che in questo Anno Santo è stata nuovamente esposta alla devozione dei fedeli. In questo misterioso specchio del Vangelo è possibile a ciascuno scoprire il senso della propria sofferenza come partecipazione a quella di Cristo, sorgente di salvezza per l'intera umanità. In questo nostro incontro non posso, inoltre, non pensare alle Comunità della vostra Diocesi, colpite dalla recente alluvione. Rinnovo alle popolazioni della vostra Regione e della vicina Valle d'Aosta duramente provate la mia speciale vicinanza e il mio costante ricordo nella preghiera, mentre auspico che al più presto tutti possano riprendere una normale vita familiare e sociale.

4. Ed ora saluto voi, cari fedeli dell'Arcidiocesi di Trento, accompagnati dal vostro Pastore, Mons. Luigi Bressan. Lo ringrazio di cuore per le devote parole che a vostro nome mi ha rivolto. Voi quest'anno celebrate il sedicesimo centenario della morte del Patrono della vostra Diocesi, San Vigilio, grande evangelizzatore delle vostre terre. Conservate sempre gelosamente il dono della fede che avete ricevuto da molti secoli: si tratta di una preziosa eredità che siete chiamati a trasmettere fedelmente. Ad essa ritornate costantemente, poiché le sorgenti evangeliche sono fonte sicura di ripresa umana e religiosa.

Aprite i vostri cuori a Cristo, Via, Verità e Vita. Oggi come ieri, Egli interpella le coscienze e chiede a ciascuno di fare spazio nel proprio animo alla sua parola. Accoglietela come l'accolsero i vostri padri e camminate con entusiasmo sulle vie della solidarietà e dell'amore. La fede integralmente vissuta esige, in effetti, una coerente pratica cristiana nei diversi ambiti nei quali si sviluppa la vicenda umana. Consapevoli della feconda tradizione trentina della solidarietà e del volontariato, ravvivate poi l'impegno nelle varie opere ed attività di promozione umana. Ogni vostra Comunità sarà così scuola di educazione alla fede e all'amore concreto ed operoso.

5. Saluto inoltre voi, cari fedeli della Diocesi di Civitavecchia-Tarquinia, accompagnati dal vostro Vescovo, Mons. Girolamo Grillo, che cordialmente ringrazio per le parole rivoltemi a nome di voi tutti. Carissimi, Cristo alimenta la nuova vita soprattutto con il dono del suo Corpo e del suo Sangue nell'Eucarestia, convito divino al quale si può prendere parte soltanto se si forma "un solo corpo" (
1Co 10,17). E' nell'Eucarestia che Egli nutre e fortifica il credente, perché possa aderire generosamente alla volontà del Padre. Lasciatevi guidare dalla grazia dello Spirito Santo, sorgente di comunione; camminate con gioia e disponibilità nei sentieri della conversione personale e del rinnovamento delle vostre Comunità.

6. Rivolgo, altresì, un cordiale saluto al gruppo di pellegrini legati al Santuario della Santissima Trinità di Vallepietra. Essi provengono da varie Diocesi e sono accompagnati dal Vescovo di Anagni-Alatri, Mons. Francesco Lambiasi. Carissimi, fedeli allo spirito del Giubileo, siate uditori attenti e volenterosi della parola di Dio, crescendo nella fedeltà a Cristo e al suo messaggio di salvezza. Sarete così all'altezza della missione che con il Battesimo vi è stata affidata.

Saluto i partecipanti al Congresso Internazionale, promosso dal Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti congiuntamente alle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù, sul tema dell'attualità del messaggio di Madre Cabrini in relazione all'emigrazione. Carissimi, anche oggi immense masse di individui e di famiglie lasciano le loro terre per ricercare altrove condizioni di vita più sicure e degne. A questi emigranti voi dedicate in questi giorni la vostra attenzione. La testimonianza ed il messaggio di Madre Francesca Cabrini, audace e generosa apostola dei migranti, possano sempre illuminare ogni vostra attività e progetto a favore dei migranti, guidandovi a sviluppare con essi un dialogo sincero e rispettoso della dignità della persona.

7. Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española, especialmente al grupo de la empresa "Omnilife" que viene acompañado por el Cardenal Juan Sandoval Íñiguez, Arzobispo de Guadalajara. Que vuestra peregrinación sea un verdadero camino interior. Un tiempo propicio de conversión para acoger en vuestros corazones, de un modo nuevo, a Jesucristo el Hijo de Dios encarnado que nos revela el rostro misericordioso del Padre. Y que su Espíritu habite y permanezca siempre en vosotros. En este Año Santo os invito a transmitir la alegría de vuestra peregrinación jubilar a vuestras familias y comunidades parroquiales.

I offer a cordial welcome to the English-speaking visitors, and especially to the Jubilee pilgrimage group from the Diocese of Venice in Florida. As you pass through the Holy Door may you experience a profound spiritual renewal and enter more fully into the mystery of grace which the Lord has entrusted to his Church. Upon you and your families I invoke joy and peace in our Lord Jesus Christ.

Herzlich begrüße ich den Jodelclub von der Riederalp aus der Schweiz. Möge Euer Singen und Musizieren vielen Menschen zur Freude gereichen. Außerdem begrüße ich die neokatechumenalen Gruppen aus Berlin, Hamburg und München. Sie sind mit ihren Pfarrern zum Petrusgrab gepilgert, um die apostolischen Wurzeln ihres Glaubens zu stärken.

391 Der Gang durch die Heilige Pforte gebe euch Kraft, als Zeugen des Glaubens in eurer Heimat über die Schwelle des dritten Jahrtausends zu treten. Dazu erteile ich euch allen den Apostolischen Segen.

8. Un affettuoso saluto infine alle Comunità parrocchiali, alle Associazioni ed agli altri gruppi di pellegrini, in particolare alla "Confederazione degli Italiani nel Mondo" e ai "Piccoli Cantori di Torrespaccata". A tutti auguro di cuore di tornare alle proprie case rinfrancati da questa esperienza giubilare e rinvigoriti nel desiderio di seguire il Vangelo e di testimoniarlo coraggiosamente.

Nell'invocare la protezione di Maria, Madre di Gesù e Madre nostra, di cuore imparto a ciascuno una speciale Benedizione Apostolica.

GIUBILEO DEL MONDO AGRICOLO



Sabato, 11 Novembre 2000

Illustri Signori!

Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Sono lieto di potervi incontrare, in occasione del Giubileo del mondo agricolo, per questo momento di ‘festa’ e insieme di riflessione sullo stato attuale di questo importante settore della vita e dell’economia e sulle prospettive etiche e sociali che lo riguardano.

Ringrazio il Signor Cardinale Angelo Sodano, mio Segretario di Stato, per le gentili parole che mi ha rivolto, facendosi portavoce dei sentimenti e delle attese che animano tutti i presenti. Saluto con deferenza le illustri personalità, anche di diversa ispirazione religiosa, che in rappresentanza di varie Organizzazioni sono questa sera qui presenti per offrirci il contributo della loro testimonianza.

2. Il Giubileo dei lavoratori della terra coincide con la tradizionale "Giornata del ringraziamento", promossa in Italia dalla benemerita Confederazione dei Coltivatori Diretti, alla quale va il saluto più cordiale. Tale "Giornata" è un forte richiamo ai valori perenni custoditi dal mondo agricolo e, tra questi, soprattutto al suo spiccato senso religioso.Ringraziare è dare gloria a Dio che ha creato la terra e quanto essa produce, a Dio che si è compiaciuto di essa come di ‘cosa buona’ (Gn 1,12), e l’ha affidata all’uomo per una saggia e operosa custodia.

A voi, carissimi uomini del mondo agricolo, è affidato il compito di far fruttificare la terra. Compito importantissimo, di cui oggi si va riscoprendo sempre più l’urgenza. Il vostro ambito di lavoro è abitualmente indicato, dalla scienza economica, come ‘settore primario’. Nello scenario dell’economia mondiale, al confronto con gli altri settori, il suo spazio si presenta molto differenziato, a seconda dei continenti e delle nazioni. Ma quale che ne sia il peso in termini economici, il semplice buon senso basta a porne in rilievo il reale ‘primato’ rispetto alle esigenze vitali dell’uomo.Quando questo settore è sottovalutato o bistrattato, le conseguenze che ne derivano per la vita, la salute, l’equilibrio ecologico, sono sempre gravi e, in genere, difficilmente rimediabili, almeno in tempi brevi.

3. La Chiesa ha avuto sempre, per questo ambito di lavoro, uno sguardo speciale, che si è espresso anche in importanti documenti magisteriali. Come dimenticare, a tal proposito, la Mater et magistra del beato Giovanni XXIII, mio amato predecessore? Egli pose per tempo, per così dire, ‘il dito sulla piaga’, denunciando i problemi che purtroppo già in quegli anni facevano dell’agricoltura un ‘settore depresso’, e ciò sia in rapporto ‘all’indice di produttività delle forze di lavoro’ sia ‘al tenore di vita delle popolazioni agricolo-rurali’ (cfr ivi, nn. 111-112).

392 Nell’arco di tempo che va dalla Mater et magistra ai nostri giorni, non si può certo dire che i problemi siano stati risolti. Si deve, piuttosto, costatare che altri se ne sono aggiunti, nel quadro delle nuove problematiche derivanti dalla globalizzazione dell’economia e dall’inasprirsi della ‘questione ecologica’ .

4. La Chiesa ovviamente non ha soluzioni ‘tecniche’ da proporre. Il suo contributo si pone al livello della testimonianza evangelica, e s'esprime attraverso la proposta di quei valori spirituali che danno senso alla vita e orientano le scelte concrete anche sul piano dell’economia e del lavoro.

Il primo valore in gioco, quando si guarda alla terra e a quelli che la lavorano, è senza dubbio il principio che riconduce la terra al suo Creatore: la terra è di Dio! E', dunque, secondo la sua legge che deve essere trattata. Se, rispetto alle risorse naturali, si è affermata, specie sotto la spinta dell’industrializzazione, un’irresponsabile cultura del ‘dominio’ con conseguenze ecologiche devastanti, questo non risponde certo al disegno di Dio. ‘Riempite la terra, soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo’ (
Gn 1,28). Queste note parole della Genesi consegnano la terra all’uso, non all’abuso dell’uomo. Esse fanno dell’uomo non l’arbitro assoluto del governo della terra, ma il ‘collaboratore’ del Creatore: missione stupenda, ma anche segnata da precisi confini, che non possono essere impunemente valicati.

E' un principio da ricordare nella stessa produzione agricola, quando si tratta di promuoverla con l’applicazione di biotecnologie, che non possono essere valutate solo sulla base di immediati interessi economici. E' necessario sottoporle previamente ad un rigoroso controllo scientifico ed etico, per evitare che si risolvano in disastri per la salute dell’uomo e l’avvenire della terra.

5. La costitutiva appartenenza della terra a Dio fonda anche il principio, tanto caro alla dottrina sociale della Chiesa, della destinazione universale dei beni della terra (cfr Centesimus annus CA 6). Ciò che Dio ha donato all’uomo, lo ha donato con cuore di Padre, che si prende cura dei suoi figli, nessuno escluso. La terra di Dio è dunque anche la terra dell’uomo, e di tutti gli uomini! Questo non implica certo l’illegittimità del diritto di proprietà, ma ne esige una concezione, e una conseguente regolazione, che ne salvaguardino e ne promuovano l'intrinseca ‘funzione sociale’ (cfr Mater et magistra MM 106 Populorum progressio, n. 23)

Ogni uomo, ogni popolo, ha diritto a vivere dei frutti della terra. È uno scandalo intollerabile, all’inizio del nuovo Millennio, che moltissime persone siano ancora ridotte alla fame e vivano in condizioni indegne dell’uomo. Non possiamo più limitarci a riflessioni accademiche: occorre rimuovere questa vergogna dall’umanità con appropriate scelte politiche ed economiche di respiro planetario. Come ho scritto nel Messaggio al Direttore Generale della FAO in occasione della Giornata Mondiale dell'Alimentazione, occorre ‘estirpare alla radice le male piante che producono fame e denutrizione’ (cfr Messaggio all'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Alimentazione e l'Agricoltura , 18 ottobre 2000, p.5). Le cause di tale situazione, com’è noto, sono molteplici. Tra le più assurde vi sono i frequenti conflitti interni agli Stati, spesso vere guerre dei poveri. Resta poi la pesante eredità di una spesso iniqua distribuzione della ricchezza, all’interno delle singole nazioni e a livello mondiale.

6. Si tratta di un aspetto, al quale proprio la celebrazione del Giubileo ci fa portare speciale attenzione. L’istituzione originaria del Giubileo, infatti, nel suo disegno biblico, era orientata a ristabilire l’uguaglianza tra i figli d'Israele anche attraverso la restituzione dei beni, perché i più poveri potessero risollevarsi, e tutti potessero sperimentare, anche sul piano di una vita dignitosa, la gioia di appartenere all’unico popolo di Dio.

Il nostro Giubileo, a duemila anni dalla nascita di Cristo, non può non portare anche questo segno di fraternità universale. Esso costituisce un messaggio rivolto non solo ai credenti, ma anche a tutti gli uomini di buona volontà, perché ci si risolva ad abbandonare, nelle scelte economiche, la logica del puro tornaconto per coniugare il legittimo ‘profitto’ con il valore e la pratica della solidarietà. Occorre, come ho detto in altre occasioni, una globalizzazione della solidarietà, la quale suppone a sua volta una ‘cultura della solidarietà’, che deve fiorire nell’animo di ciascuno.

7. Mentre dunque non cessiamo di sollecitare in questa direzione i pubblici poteri, le grandi forze economiche, e le istituzioni più influenti, dobbiamo essere convinti che c’è una ‘conversione’ che ci riguarda tutti personalmente. E' da noi stessi che dobbiamo cominciare. Per questo, nell’Enciclica Centesimus annus, accanto ai temi dibattuti dalla problematica ecologica, ho additato l’urgenza di una ‘ecologia umana’. Con questo concetto si vuol ricordare che ‘non solo la terra è stata data da Dio all’uomo, che deve usarla rispettando l’intenzione originaria di bene, secondo la quale gli è stata donata; ma l’uomo è donato a se stesso da Dio e deve, perciò, rispettare la struttura naturale e morale, di cui è stato dotato’ (Centesimus annus CA 38). Se l’uomo perde il senso della vita e la sicurezza degli orientamenti morali smarrendosi nelle nebbie dell’indifferentismo, nessuna politica potrà essere efficace nel salvaguardare congiuntamente le ragioni della natura e quelle della società. E' l’uomo, infatti, che può costruire e distruggere, può rispettare e disprezzare, può condividere o rifiutare. Anche i grandi problemi posti dal settore agricolo, in cui voi siete direttamente impegnati, vanno affrontati non solo come problemi ‘tecnici’ o ‘politici’, ma, in radice, come ‘problemi morali’.

8. E', pertanto, responsabilità ineludibile di quanti operano col nome di cristiani, dare anche in questo ambito una testimonianza credibile. Purtroppo nei Paesi del mondo cosiddetto ‘sviluppato’ si va espandendo un consumismo irrazionale, una sorta di "cultura dello spreco", che diventa un diffuso stile di vita. Occorre contrastare questa tendenza. Educare ad un uso dei beni che non dimentichi mai né i limiti delle risorse disponibili, né la condizione di penuria di tanti esseri umani, e che conseguentemente pieghi lo stile di vita al dovere della condivisione fraterna, è una vera sfida pedagogica e una scelta di grande lungimiranza. Il mondo dei lavoratori della terra, con la sua tradizione di sobrietà, con il patrimonio di saggezza accumulato anche tra tante sofferenze, può dare in questo un contributo impareggiabile.

9. Vi sono perciò vivamente grato per questa testimonianza ‘giubilare’, che addita all’attenzione di tutta la comunità cristiana e dell'intera società i grandi valori di cui il mondo agricolo è portatore. Camminate nel solco della vostra migliore tradizione, aprendovi a tutti gli sviluppi significativi dell’era tecnologica, ma conservando gelosamente i valori perenni che vi contraddistinguono. È questa la via per dare anche al mondo agricolo un futuro di speranza. Una speranza fondata sull’opera di Dio, che il Salmista canta così: ‘Tu visiti la terra e la disseti, la ricolmi delle tue ricchezze’ (Ps 65,10).

393 Nell’invocare questa visita di Dio, sorgente di prosperità e di pace per le innumerevoli famiglie operanti nel mondo rurale, tutti benedico di cuore.


AI PARTECIPANTI AL II SUMMIT


DEI PREMI NOBEL PER LA PACE


Lunedì, 13 Novembre 2000

Signore e Signori,


è per me una grande gioia dare il benvenuto a voi, Laureati del Premio Nobel per la Pace riuniti in assemblea, alla fine della vostro secondo Forum Internazionale. Saluto in particolare Sua Eccellenza Mikhail Gorbaciov, Presidente della Fondazione Internazionale per gli Studi Politici e Socio-Economici e Francesco Rutelli, Sindaco di Roma.

Negli scorsi giorni avete riflettuto sulla situazione del mondo all'alba del nuovo millennio. Ovunque uomini e donne guardano al futuro con la speranza di un pace vera e duratura basata su una civiltà che rispetti i diritti di tutti e tuteli l'autentico bene comune. Tuttavia, come continuiamo a osservare, in molte parti del mondo bisogna affrontare grandissime difficoltà, conflitti armati e terribili tragedie umane.

In questo significativo momento della storia, bisogna compiere uno sforzo congiunto per garantire che le nuove generazioni rifiutino le vie della discriminazione, dell'esclusione e del conflitto e si pongano risolutamente sulla via che conduce alla pace con spirito di apertura ai valori e alle tradizioni degli altri. In stretta cooperazione con l'Organizzazione delle Nazioni Unite avete assunto un ruolo guida a questo proposito cercando di promuovere una cultura di non violenza e di pace fra i bambini del mondo nel prossimo decennio. Avete anche riconosciuto che una civiltà di pace non può essere edificata senza affrontare il problema del debito estero e senza un senso maggiore di responsabilità fra quanti operano nel settore delle comunicazioni sociali.

Incoraggio i vostri sforzi volti a edificare un futuro migliore per i popoli del mondo, a garantire che tutti possano vivere in pace e in armonia, avvalendosi delle loro capacità e del loro talento per la propria crescita personale e per il bene della società. Prego affinché Dio benedica voi e le vostre famiglie e vi guidi mentre continuate a dedicarvi alla causa della pace, della riconciliazione e dell'armonia fra tutti popoli.






IN OCCASIONE DELLA SESSIONE PLENARIA


DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA DELLE SCIENZE


Lunedì, 13 Novembre 2000

Signor Presidente,

Illustri Signori e Signore!

1. Con gioia vi porgo il mio cordiale saluto in occasione della Sessione Plenaria della vostra Accademia, che, dal contesto giubilare in cui si svolge, assume un significato ed un valore speciale. Ringrazio, innanzitutto, il vostro Presidente, il Professor Nicola Cabibbo, per le gentili parole che ha voluto rivolgermi a nome di tutti. Estendo il mio vivo ringraziamento a tutti voi per questo incontro e per il competente ed apprezzato contributo che offrite al progresso del sapere scientifico per il bene dell'umanità.

394 Proseguendo e quasi completando le riflessioni dello scorso anno, voi vi siete soffermati in questi giorni sullo stimolante tema "La scienza ed il futuro dell'umanità". Sono lieto di constatare che in questi ultimi anni le Settimane di Studio e le Assemblee Plenarie sono state dedicate in modo sempre più esplicito all'approfondimento di quella dimensione della scienza che potremmo qualificare come antropologica o umanistica. Tale importante aspetto della ricerca scientifica è stato anche affrontato in occasione del Giubileo degli Scienziati, celebrato nel maggio scorso, e, più recentemente, durante il Giubileo dei Docenti Universitari. Mi auguro che la riflessione sul rapporto tra i contenuti antropologici del sapere e il necessario rigore della ricerca scientifica possa svilupparsi in modo significativo, offrendo indicazioni illuminanti per il progresso integrale dell'uomo e della società.

2. Quando si parla della dimensione umanistica della scienza, il pensiero corre per lo più alla responsabilità etica della ricerca scientifica a motivo dei riflessi che ne derivano per l'uomo. Il problema è reale e ha suscitato una preoccupazione costante nel Magistero della Chiesa, specie nella seconda parte del ventesimo secolo. Ma è chiaro che sarebbe riduttivo limitare la riflessione sulla dimensione umanistica della scienza ad un semplice richiamo a questa preoccupazione. Ciò potrebbe perfino condurre qualcuno a temere che si prospetti una sorta di "controllo umanistico sulla scienza", quasi che, sul presupposto di una tensione dialettica tra questi due ambiti del sapere, fosse compito delle discipline umanistiche dirigere ed orientare in modo estrinseco le aspirazioni e i risultati delle scienze naturali, protese verso la progettazione di sempre nuove ricerche e l'allargamento dei loro orizzonti applicativi.

Da un altro punto di vista, il discorso sulla dimensione antropologica della scienza evoca soprattutto una precisa problematica epistemologica. Si vuole cioè sottolineare che l'osservatore è sempre parte in causa nello studio dell'oggetto osservato. Ciò vale non solo per le ricerche sull'estremamente piccolo, ove i limiti conoscitivi dovuti a questo stretto coinvolgimento sono stati già da molto tempo evidenziati e filosoficamente discussi, ma anche per le più recenti ricerche sull'estremamente grande, ove la particolare prospettiva filosofica adottata dallo scienziato può influire in modo significativo sulla descrizione del cosmo, quando si sfiorano le domande sul tutto, sull'origine e sul senso dell'universo stesso.

In linea più generale, come ci mostra assai bene la storia della scienza, tanto la formulazione di una teoria come l'intuizione che ha guidato molte scoperte, si rivelano spesso condizionate da precomprensioni filosofiche, estetiche, e talvolta perfino religiose o esistenziali, già presenti nel soggetto. Ma anche in relazione a questa tematica, il discorso sulla dimensione antropologica o il valore umanistico della scienza non riguarderebbe che un aspetto peculiare, all'interno del più generale problema epistemologico del rapporto fra soggetto e oggetto.

Infine, si parla di "umanesimo nella scienza" o "umanesimo scientifico", per sottolineare l'importanza di una cultura integrata e completa, capace di superare la frattura fra le discipline umanistiche e le discipline scientifico-sperimentali. Se tale separazione è certamente vantaggiosa nel momento analitico e metodologico di una qualunque ricerca, essa è assai meno giustificata e non priva di pericoli nel momento sintetico, quando il soggetto si interroga sulle motivazioni più profonde del suo "fare scienza" e sulle ricadute "umane" delle nuove conoscenze acquisite, sia a livello personale che a livello collettivo e sociale.

3. Ma, al di là di queste problematiche, parlare della dimensione umanistica della scienza ci porta a mettere a fuoco un aspetto, per così dire, "interiore" ed "esistenziale" che coinvolge profondamente il ricercatore e merita particolare attenzione. Come ebbi modo di ricordare, parlando anni or sono all'U.N.E.S.C.O, la cultura, e quindi anche la cultura scientifica, possiede in primo luogo un valore "immanente al soggetto" (cfr Discorso all'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura 2 giugno 1980). Ogni scienziato, attraverso lo studio e la ricerca personali, perfeziona se stesso e la propria umanità. Voi siete testimoni autorevoli di ciò. Ciascuno di voi, infatti, pensando alla propria vita ed alla propria esperienza di scienziato, potrebbe dire che la ricerca ha costruito e in qualche modo segnato la sua personalità. La ricerca scientifica costituisce per voi, come lo è per molti, la via per il personale incontro con la verità e, forse, il luogo privilegiato per lo stesso incontro con Dio, Creatore del cielo e della terra. Colta in questa chiave, la scienza risplende in tutto il suo valore, come un bene capace di motivare un'esistenza, come una grande esperienza di libertà per la verità, come una fondamentale opera di servizio. Attraverso di essa, ogni ricercatore sente di poter crescere lui stesso ed aiutare gli altri a crescere in umanità.

Verità, libertà e responsabilità sono collegate nell'esperienza dello scienziato. Egli, infatti, nell'intraprendere il suo cammino di ricerca, comprende che deve attuarlo non solo con l'imparzialità richiesta dall'oggettività del suo metodo, ma anche con l'onestà intellettuale, la responsabilità e direi con una sorta di "riverenza" quali si addicono allo spirito umano nel suo accostarsi alla verità. Per lo scienziato comprendere sempre meglio la realtà singolare dell'uomo rispetto ai processi fisico-biologici della natura, scoprire sempre nuovi aspetti del cosmo, sapere di più sull'ubicazione e la distribuzione delle risorse, sulle dinamiche sociali e ambientali, sulle logiche del progresso e dello sviluppo, si traduce nel dovere di servire di più l'intera umanità cui egli appartiene. Le responsabilità etiche e morali collegate alla ricerca scientifica possono essere colte, perciò, come un'esigenza interna alla scienza in quanto attività pienamente umana, non come un controllo, o peggio un'imposizione, che giunga dal di fuori. L'uomo di scienza sa perfettamente, dal punto di vista delle sue conoscenze, che la verità non può essere negoziata, oscurata o abbandonata alle libere convenzioni o agli accordi fra i gruppi di potere, le società o gli Stati. Egli, dunque, a motivo del suo ideale di servizio alla verità, avverte una speciale responsabilità nella promozione dell'umanità, non genericamente o idealmente intesa, ma come promozione di tutto l'uomo e di tutto ciò che è autenticamente umano.

4. Una scienza così concepita può incontrarsi senza difficoltà con la Chiesa ed aprire con lei un dialogo fecondo, perché proprio l'uomo è "la prima e fondamentale via della Chiesa" (Redemptor hominis
RH 14). La scienza può allora guardare con interesse alla Rivelazione biblica, che svela il senso ultimo della dignità dell'uomo, creato a immagine di Dio. Essa può, infine, soprattutto incontrarsi con Cristo, il Figlio di Dio, Verbo incarnato, l'Uomo perfetto; Colui, seguendo il quale, l'uomo diventa anch'egli più uomo (cfr Gaudium et spes GS 41).

Non è forse questa centralità di Cristo che la Chiesa celebra nel Grande Giubileo dell'Anno 2000? Nell'affermare l'unicità e la centralità del Dio fatto Uomo, la Chiesa si sente investita di una grande responsabilità: quella di proporre la Rivelazione divina che, senza nulla rigetare "di quanto è vero e santo" nelle varie religioni dell'umanità (cfr Nostra aetate NAE 2), addita Cristo, "Via, Verità e Vita" (Jn 14,6), come mistero in cui tutto trova pienezza e compimento.

In Cristo, centro e culmine della storia (cfr Tertio millennio adveniente TMA 9-10), è contenuta anche la norma del futuro dell'umanità. In Lui la Chiesa riconosce le condizioni ultime, affinché il progresso scientifico sia anche vero progresso umano. Sono le condizioni della carità e del servizio, quelle che assicurano a tutti gli uomini una vita autenticamente umana, capace di elevarsi fino all'Assoluto, aprendosi non solo alle meraviglie della natura, ma anche al mistero di Dio.

5. Illustri Signori e Signore! Nel consegnarvi queste riflessioni sul contenuto antropologico e sulla dimensione umanistica dell'attività scientifica, auspico di cuore che i colloqui e gli approfondimenti di questi giorni siano fruttuosi per il vostro impegno accademico e scientifico. Il mio augurio è che voi possiate contribuire, con saggezza ed amore, alla crescita culturale e spirituale dei popoli.

395 A tal fine, invoco su di voi la luce e la forza del Signore Gesù, vero Dio e vero Uomo, nel quale si unificano il rigore della verità e le ragioni della vita. Assicuro volentieri un ricordo nella preghiera per voi e per il vostro lavoro ed imparto a ciascuno di voi la Benedizione Apostolica, che estendo volentieri a tutte le persone a voi care.

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE


AL RETTORE MAGGIORE DELLA SOCIETÀ SALESIANA


DI SAN GIOVANNI BOSCO


Al Reverendissimo Signore

Don JUAN EDMUNDO VECCHI
Rettore Maggiore della Società Salesiana di San Giovanni Bosco

1. Nel 1875 partivano i primi Salesiani per l'Argentina. Era per la vostra Famiglia religiosa l'inizio d'una promettente stagione missionaria che, nel corso del tempo, sarebbe diventata sempre più fiorente. Ricordando quest'anno il 125° anniversario di tale evento, formulo un cordiale augurio a Lei e all'intero vostro Istituto, manifestando il mio grato apprezzamento a tutti i suoi Confratelli per l'apostolato svolto secondo lo spirito tipico di San Giovanni Bosco.

Chi non conosce l'anima spiccatamente missionaria del vostro Fondatore? Molti Confratelli, numerose Figlie di Maria Ausiliatrice e tantissimi laici ne hanno seguito le orme, realizzando nel carisma salesiano la propria vocazione missionaria. Lungo questi 125 anni, si sono recati in terre di missione oltre diecimila religiosi. Molti di loro hanno ricevuto, prima di partire, il Crocifisso nella Basilica di Maria Ausiliatrice in Torino.

So che Ella, Reverendissimo Signore, ricordando gli inizi missionari dell'Istituto, ha voluto rivolgere un rinnovato appello missionario alla Congregazione, e 124 religiosi, religiose e laici hanno risposto. Questi generosi apostoli riceveranno da Lei il mandato e il Crocifisso che li accompagnerà nel loro ministero apostolico. Essi provengono da tutti i continenti, a riprova della diffusione dell'opera salesiana in ogni parte del mondo, e sono inviati, nel nome di Don Bosco e di Madre Mazzarello, ad agire in tutte le regioni della terra per compiere un'intensa attività di evangelizzazione e di educazione dei giovani. Nei centri aperti a favore delle nuove generazioni, nelle opere professionali e di avviamento al lavoro, nelle scuole, nelle parrocchie, tra i ceti popolari e con i ragazzi della strada, essi sono chiamati a formare ed a preparare alla vita sociale e religiosa quanti la Provvidenza affida loro, perché diventino a loro volta annunciatori e testimoni del Vangelo.

E come non ricordare poi che molti Salesiani si trovano negli avamposti dell'evangelizzazione e offrono il loro servizio tra le popolazioni meno fortunate e bisognose? Proseguite, cari Fratelli e Sorelle, in questa tanto utile azione apostolica, che i miei venerati Predecessori hanno sempre incoraggiato e benedetto. Proseguite con lo stesso ardore missionario di chi vi ha preceduti.

2. Il primo gruppo di salesiani inviati nel 1875 in America Latina viene ricordato per il vibrante spirito missionario e additato anche oggi come esempio per quanti della Congregazione Salesiana chiedono di recarsi in terra di missione. La loro testimonianza viene in qualche modo considerata come il paradigma di ogni impresa apostolica che concerne l'intera Famiglia Salesiana, uscita dall'oratorio di Torino.

E' lo stile di San Giovanni Bosco, che chiedeva ai suoi missionari di far proprio con passione lo stesso Vangelo predicato dal Salvatore e dai suoi Apostoli. "Questo vangelo - egli diceva - dovete gelosamente amare, professare ed esclusivamente predicare" (Memorie Biografiche, XI, 387).

La consegna del mandato e del Crocifisso, che si compie nel ricordo di quella prima spedizione missionaria, si inserisce nell'ampio contesto del Grande Giubileo ed intende imprimere un rinnovato impulso non solo alle missioni della Congregazione, ma alla stessa vita spirituale della Famiglia Salesiana. Religiosi e religiose della grande Comunità Salesiana sono oggi impegnati nell'operare insieme congiungendo i propri sforzi. A loro si unisce la significativa ed importante presenza dei laici. Il discernimento e la formazione di vocazioni locali forma, infatti, una parte necessaria, pur se delicata, del ministero missionario dei nuovi inviati, continuando quanto aveva iniziato Don Bosco.


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