GP2 Discorsi 2001 329

329 6. Serbate viva la tradizione missionaria della vostra famiglia! Insieme a Maria, vi porta a essere particolarmente attenti agli affanni dei nostri contemporanei, di coloro che, nelle nostre società moderne, sono privi di dignità, di riconoscimento, di amore.

La Chiesa ha particolarmente bisogno di voi in un ambito essenziale per la famiglia marista: quello dell'educazione dei bambini e dei giovani. Questa priorità missionaria si radica nello spirito di Maria, madre ed educatrice di Gesù a Nazareth, e in seguito nella prima comunità cristiana. Il mondo dell'educazione è difficile ed esigente, chiedendo incessantemente agli educatori di adattarsi ai giovani e alle loro nuove attese. Non vi lasciate scoraggiare dalle difficoltà del momento, quella dell'età che vi allontana apparentemente dai più giovani, quella della mancanza di mezzi e soprattutto di operai che lavorino nella vigna! Guardate piuttosto ai giovani con gli occhi del Buon Pastore, come una folla che procede senza Pastore (cfr
Mt 9,36), ma anche come quel campo che biondeggia per la mietitura e che recherà frutti al tempo dovuto (cfr Jn 4,35-38)! Formate parimenti i laici che operano con voi affinché vivano del carisma che vi anima. Attraverso la vostra esistenza, siete chiamati a far scoprire ai giovani la gioia insita nel seguire Cristo nella vita consacrata. Non abbiate paura di proporre questo cammino alla gioventù che è alla ricerca della verità!

7. I Capitoli Generali che vivete valorizzano la fedeltà allo Spirito fondatore ma anche il rinnovamento necessario, conservando e arricchendo il patrimonio spirituale degli istituti. Che essi vi aiutino a trovare i segni nuovi della comunione fra i vostri quattro istituti, a rafforzare una collaborazione che recherà frutti per il fedele compimento della vostra missione! Che la Vergine Maria vi guidi sulle vie dell'incontro!

8. È con questi sentimenti che sono lieto di salutarvi, e di salutare, attraverso di voi, i membri della grande famiglia marista, disseminati nel mondo in diversi apostolati. Saluto in particolare, e con riconoscenza, i vostri superiori generali, Padre Joaquín Fernández, Fratello Benito Arbués, Suor Gail Rencker e Suor Patricia Stowers, che hanno esercitato nel corso di questi ultimi anni il difficile servizio dell'autorità nei vostri Istituti. I miei voti accompagnano anche i loro successori, che saranno prossimamente eletti, affinché sull'esempio di Maria guidino con audacia e fedeltà la famiglia marista lungo le vie del nuovo millennio!

Affidandovi a Nostra Signora di Fourvière, che ha visto nascere i vostri Istituti, vi imparto di buon grado una particolare Benedizione Apostolica, che estendo a tutta la famiglia marista.




AI VESCOVI DEL NICARAGUA IN VISITA


"AD LIMINA APOSTOLORUM"


Venerdì, 21 settembre 2001




Amatissimi Fratelli nell'Episcopato,

1. In questo incontro conclusivo della vostra visita ad limina Apostolorum ho la gioia di condividere con voi la stessa fede in Gesù risorto, che ci accompagna nel nostro cammino e che è vivo e presente nelle comunità affidate alla vostra sollecitudine pastorale. Alle Chiese diocesane, che presiedete con tanta dedizione e generosità, rivolgo anche il mio affettuoso saluto.

Desidero esprimere la mia gratitudine al signor Cardinale Miguel Obando Bravo, Arcivescovo di Managua e Presidente della Conferenza Episcopale, per le cordiali parole che mi ha rivolto a nome di tutti. Allo stesso tempo, mi unisco alle vostre preoccupazioni e ai vostri aneliti, pregando Dio, ricco di misericordia, affinché questa visita a Roma sia fonte di benedizioni per tutti i sacerdoti, i religiosi, le religiose e gli agenti di pastorale che con abnegazione collaborano con voi nell'opera apostolica in mezzo all'amato popolo nicaranguese.

La riunione di oggi mi fa ricordare la seconda visita pastorale in Nicaragua nel febbraio del 1996, tanto voluta da me. Sono venuto nella vostra patria come Apostolo del Vangelo e pellegrino di speranza. È stata un'occasione per un nuovo incontro, più autentico e libero, dei cattolici nicaraguensi con il Papa.

2. Sono lieto di conoscere la prospettiva pastorale che è stata data ai Sinodi diocesani di Managua e di Estelí, e di sapere inoltre che le altre Diocesi si stanno preparando a iniziative simili. La celebrazione di queste assemblee aiuta ogni Chiesa particolare a prendere coscienza del fatto che si trova in perenne stato di missione e deve dare impulso a una nuova evangelizzazione, incrementando la formazione cristiana di tutti i suoi membri e occupandosi anche della promozione umana. In effetti, intraprendere una catechesi rinnovata e incisiva che illumini la fede professata, come pure promuovere una liturgia più partecipata che aiuti a viverla e a celebrarla di tutto cuore, sono sfide inevitabili affinché tutti i credenti procedano verso la santità e il Vangelo si avvicini a coloro che si sono allontanati o si mostrano indifferenti di fronte al suo messaggio di salvezza.

330 La Chiesa si sente continuamente interpellata dal mandato di Gesù per annunciare il Vangelo a ogni creatura (cfr Mc 16,15), il che deve coinvolgere le forze vive di ogni Chiesa particolare affinché l'annuncio giunga a tutti gli ambiti della vita umana. A tal fine il messaggio deve essere chiaro e preciso: l'annuncio esplicito e profetico del Signore risorto, realizzato con la "parresía" apostolica (cfr Ac 5,28-29 Redemptoris missio RMi 45), di modo che la parola di vita si trasformi in un'adesione personale a Gesù, Salvatore dell'uomo e del mondo. Di fatto, "urge ricuperare e riproporre il vero volto della fede cristiana, che non è semplicemente un insieme di proposizioni da accogliere e ratificare con la mente. È invece una conoscenza vissuta di Cristo, una memoria vivente dei suoi comandamenti, una verità da vivere" (Veritatis splendor VS 88).

3. Il vostro ministero pastorale deve avere come obiettivo principale il far sì che la verità su Cristo e la verità sull'uomo penetrino ancor più profondamente in tutti i settori della società nicaraguense e la trasformino, poiché "non c'è vera evangelizzazione se il nome, l'insegnamento, la vita, le promesse, il regno, il mistero di Gesù di Nazareth, Figlio di Dio, non siano proclamati" (Evangelii nuntiandi EN 22). Solo così si potrà portare a termine un'evangelizzazione "in profondità e fino alle radici" (Ibidem, n. 20).

Questa opera, non esente da difficoltà, si svolge in mezzo a un popolo dal cuore nobile, dallo spirito libero e aperto alla Buona Novella delle Beatitudini. È indubbio che in Nicaragua si percepiscono anche i sintomi di un processo di secolarizzazione nel quale, per molti, Dio non rappresenta più l'origine e la meta, né il significato ultimo della vita. Tuttavia, in fondo questo popolo, come sapete molto bene, ha un'anima profondamente cristiana. Prova ne sono le comunità ecclesiali vive e operanti, dove tante persone, famiglie e gruppi, nonostante la scarsità di sacerdoti, si sforzano di vivere e di rendere testimonianza della loro fede. In tal senso vale la pena menzionare l'opera instancabile dei Delegati della Parola e dei Catechisti, i quali hanno conservato viva la fede del popolo. È necessario assisterli e offrire loro una formazione teologica e pastorale permanente. Questa promettente realtà fa sperare che nascano nuovi apostoli che rispondano "con generosità e santità agli appelli e sfide del nostro tempo" (Redemptoris missio RMi 92).

4. La nuova evangelizzazione, con i suoi nuovi metodi e le sue nuove espressioni, ha nella famiglia un obiettivo fondamentale. Nelle Conclusioni della Conferenza di Santo Domingo si affermava che "la Chiesa annuncia con gioia e convinzione la buona novella sulla famiglia nella quale si forgia il futuro dell'umanità" (n. 210). La famiglia è la "chiesa domestica", soprattutto quando è frutto delle comunità cristiane vive, che formano giovani con un'autentica vocazione al sacramento del matrimonio. Le famiglie non sono sole di fronte alle grandi sfide che devono affrontare; la comunità ecclesiale dà loro sostegno, le anima con la fede e salvaguarda la loro perseveranza in un progetto cristiano di vita spesso soggetto a tante vicissitudini e pericoli.

La Chiesa così contribuisce a far sì che la famiglia sia un ambito in cui la persona nasce, cresce e si educa alla vita, e in cui i genitori, amando con tenerezza i figli, li preparano a sane relazioni interpersonali che incarnano i valori morali e umani in una società tanto segnata dall'edonismo e dall'indifferenza religiosa.

Allo stesso tempo la Comunità ecclesiale, in collaborazione con gli organismi pubblici della Nazione, veglierà per preservare la stabilità della famiglia e favorire il suo progresso spirituale e materiale, il che porterà a una migliore formazione dei figli per la società. È pertanto auspicabile che le autorità del vostro amato Paese adempiano sempre più adeguatamente ai loro pressanti obblighi a favore delle famiglie. Così ho messo in risalto nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, del 1994: "La famiglia ha diritto a tutto il sostegno dello Stato per svolgere appieno la propria peculiare missione" (n. 5).

Non ignoro le difficoltà che l'istituzione familiare incontra anche in Nicaragua, soprattutto rispetto al dramma del divorzio e dell'aborto, come pure all'esistenza di unioni non conformi al disegno del Creatore sul matrimonio. Questa realtà è una sfida che deve stimolare lo zelo apostolico dei Pastori e di quanti collaborano con essi in questo campo.

5. Fra le vostre principali preoccupazioni vi sono le vocazioni sacerdotali, poiché il numero dei presbiteri è insufficiente per le necessità di ogni Diocesi. Come ho indicato nel discorso di apertura della IV Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano, "condizione indispensabile per la Nuova Evangelizzazione è il poter contare su evangelizzatori numerosi e qualificati. Perciò, la promozione delle vocazioni sacerdotali e religiose... deve essere una priorità per i Vescovi e un impegno per tutto il Popolo di Dio" (Discorso inaugurale, Santo Domingo, 12-X-1992, n. 26).

Chiedo fervidamente al Signore delle messi che nei vostri seminari, che devono essere il cuore delle Diocesi (cfr Optatam totius OT 5), giungano numerosi candidati al sacerdozio che potranno un giorno servire i propri fratelli come "ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio" (1Co 4,1). Oltre a offrire loro una formazione integrale, si richiede un profondo discernimento sull'idoneità umana e cristiana dei seminaristi, per assicurare, nel miglior modo possibile, il degno svolgimento del loro futuro ministero. Permettetemi di inviare loro, attraverso di voi, un affettuoso saluto. Dite loro che il Papa si aspetta molto da essi, confidando nella loro generosità e fedeltà alla chiamata del Signore.

La scarsità di persone impegnate nell'apostolato obbliga a rafforzare ancora di più i vincoli di carità fra il Vescovo e i suoi sacerdoti, poiché "la fisionomia del presbiterio è... quella di una vera famiglia" (Pastores dabo vobis PDV 74). Occorre pertanto fare tutto il possibile per organizzare il presbiterio come "fraternità sacramentale" (Presbyterorum ordinis PO 8), che rifletta la vita degli Apostoli con Gesù, sia nella sequela evangelica sia nella missione. Se i giovani vedranno che i presbiteri, attorno al loro Vescovo, vivono un'autentica spiritualità di comunione, rendendo testimonianza di unione e carità fra di essi, di generosità evangelica e disponibilità missionaria, si sentiranno maggiormente attratti dalla vocazione sacerdotale. Pertanto, è di somma importanza che il Vescovo presti un'attenzione particolare ai suoi principali collaboratori, soprattutto ai sacerdoti, mostrandosi equanime nei rapporti con essi, vicino alle loro necessità personali e pastorali, paterno nelle loro difficoltà e animatore costante delle loro attività e del loro zelo.

6. Nel vostro ministero episcopale molte di queste sfide pastorali sono strettamente legate all'evangelizzazione della cultura. È importante favorire un ambiente culturale propizio, che renda possibile la promozione dei valori umani ed evangelici in tutta la loro integrità. Perciò occorre "raggiungere e quasi sconvolgere mediante la forza del Vangelo i criteri di giudizio, i lavori determinanti, i punti di interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita dell'umanità, che sono in contrasto con la parola di Dio e con disegno della salvezza" (Evangelii nuntiandi EN 19).

331 L'ambito della cultura è uno degli "areopaghi moderni" nei quali bisogna rendere presente il Vangelo con tutta la sua forza (cfr Redemptoris missio RMi 37) e a tal fine non si può prescindere dai mezzi di comunicazione sociale. La radio, le produzioni televisive, i video e le reti informatiche possono essere di grande utilità per un'ampia diffusione dei valori del Vangelo.

Per quanto riguarda le scuole e l'Università Cattolica, è necessario che queste istituzioni mantengano ben definita la propria identità, poiché da ciò dipende, in grande misura, il fatto che la cultura della vostra Nazione sia vivificata dai valori evangelici. A tale proposito è auspicabile che le istituzioni d'ispirazione cristiana promuovano realmente la civiltà dell'amore, siano fattori di riconciliazione e favoriscano la solidarietà e lo sviluppo, manifestando apertamente il primato della bellezza, del bene e della verità.

7. Questo compito riguarda soprattutto i laici, poiché è proprio della loro missione "la instaurazione dell'ordine temporale come compito proprio e in esso, guidati dalla luce del Vangelo e dal pensiero della Chiesa e mossi dalla carità cristiana, operino direttamente e in modo concreto" (Apostolicam actuositatem AA 7). È quindi necessario offrire loro una formazione religiosa adeguata, che li renda capaci di affrontare le numerose sfide della società attuale. Spetta a loro promuovere i valori umani e cristiani affinché illuminino la realtà politica, economica e culturale del Paese, al fine di instaurare un ordine sociale più giusto ed equo, secondo la Dottrina Sociale della Chiesa. Allo stesso tempo, coerentemente alle norme etiche e morali, devono dare un esempio di onestà e di trasparenza nella gestione delle loro attività pubbliche, di fronte all'occulta e diffusa piaga della corruzione, che a volte raggiunge le aree del potere politico ed economico, e altri ambiti pubblici e sociali.

I laici, individualmente o legittimamente associati, devono essere fermento nella società, agendo nella vita pubblica per illuminare con i valori del Vangelo i diversi ambiti in cui si forgia l'identità di un popolo. Partendo dalle loro attività quotidiane, devono "testimoniare come la fede cristiana costituisca l'unica risposta pienamente valida, ... dei problemi e delle speranze che la vita pone ad ogni uomo e ad ogni società" (Christifideles laici CL 34).

La loro condizione di cittadini, seguaci di Cristo, non deve portarli a condurre "due vite parallele: da una parte, la vita cosiddetta "spirituale", con i suoi valori e con le sue esigenze; e dall'altra, la vita cosiddetta "secolare", ossia la vita di famiglia, di lavoro, dei rapporti sociali, dell'impegno politico e della cultura" (Ibidem, n. 59). Al contrario, devono sforzarsi affinché la coerenza fra la loro vita e la loro fede sia un'eloquente testimonianza della verità del messaggio cristiano.

Ciò assume oggi una particolare importanza in vista delle prossime elezioni generali nel vostro Paese. A tale proposito, come Pastori delle vostre comunità ecclesiali, avete pubblicato l'Esortazione "Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi (Ga 5,1)", nella quale invitate tutta la popolazione a esercitare senza indugio il diritto e il dovere del voto, pensando al bene della Nazione. Parimenti, la orientate con grande successo a scegliere opzioni democratiche che garantiscano "la concezione cristiana dell'uomo e della società", la quale "passa inevitabilmente per i diritti fondamentali della persona", in tutti i suoi aspetti (n. 8), di fronte a qualsiasi forma di "totalitarismo visibile od occulto" (n.15). Spero vivamente che la menzionata consultazione popolare si svolga nel rispetto reciproco, con ordine e tranquillità, secondo i principi etici di sana convivenza civile.

8. Insieme a voi, desidero affidare tutte queste proposte e aneliti alla Purissima Concezione, titolo con il quale onorate la vostra Madre e Patrona della Nazione, affinché continui ad accompagnarvi nella vostra opera pastorale. Alla sua intercessione affido le mie preghiere e nel contempo vi imparto la mia Benedizione Apostolica, che estendo di cuore alle vostre Chiese particolari, ai loro sacerdoti, comunità religiose e persone consacrate, come pure ai fedeli cattolici del Nicaragua.

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


AI PARTECIPANTI AL 1° CONVEGNO MONDIALE


DELLE UNIVERSITÀ E CENTRI DI RICERCA FRANCESCANI




Carissimi Fratelli!

1. Con gioia vi rivolgo il mio saluto in occasione del primo Congresso Internazionale dei Rettori di Università e dei Direttori dei Centri di Ricerca francescani, organizzato dalla Segreteria Generale per la Formazione e gli Studi della vostra Famiglia religiosa. Il mio pensiero va, in primo luogo, a Fra Giacomo Bini, Ministro Generale dell'Ordine, ed ai responsabili delle diverse istanze accademiche presenti. Estendo poi il mio affettuoso pensiero all'intero Ordine dei Frati Minori.

Incontrandovi, mi torna alla mente la fede semplice e illuminata di Francesco, che lo spinse a promettere "obbedienza e ossequio al signor Papa Onorio e ai suoi Successori canonicamente eletti e alla Chiesa Romana" (San Francesco, Regola Bollata I, 3), non meno che ai "sacerdoti poverelli di questo mondo, nelle Parrocchie dove abitano" (San Francesco, Testamento, 9).

Dopo che lo stesso Altissimo gli rivelò che doveva vivere secondo la forma del santo Vangelo (cfr ibid., 17), egli sentì il bisogno di rendere visita al Successore di Pietro, perché lo confermasse nella sua decisione. Anche voi, che intendete approfondire e attualizzare il vostro patrimonio culturale, filosofico, teologico, desiderate oggi ricevere una parola di incoraggiamento da colui che la Provvidenza divina ha posto alla guida della Chiesa di Cristo.

332 Ben volentieri ribadisco quanto dissi in occasione del Capitolo Generale del vostro Ordine nel 1991, richiamando in modo speciale la vostra attenzione sulla formazione intellettuale, nella quale occorre vedere un'esigenza fondamentale dell'evangelizzazione. L'antico motto "fides quaerens intellectum, intellectus quaerens fidem" è sempre attuale. Una fede autentica cerca l'intelligenza dei misteri, come pure un sano esercizio dell'intelligenza approfitta largamente dei lumi della fede. In effetti, solo una fede intelligente, consapevole di se stessa e delle sue ragioni, può fondare adeguatamente la scelta di vivere secondo il Vangelo. Soltanto uno studio illuminato dalla fede, desideroso di conoscere sempre più a fondo Dio, può portare all'incontro con Cristo, dare solidità alla vocazione e preparare alla missione. Lo studio, secondo quanto è detto nella Ratio studiorum, è pertanto "fondamentale nella vita e nella formazione, sia permanente che iniziale, di ogni frate minore" (n. 3).

2. Già dai primi tempi della vostra storia, la fede che cerca amorosamente l'intelligenza dei misteri divini ha occupato la mente e la vita di eminenti teologi, come San Bonaventura e il Beato Giovanni Duns Scoto, mentre grandi predicatori popolari, come Sant'Antonio da Padova e San Bernardino da Siena, si sono alimentati costantemente alle fonti della teologia, scienza ecclesiale per eccellenza.

Del resto, lo stesso San Francesco, benché per umiltà accettasse di essere qualificato "semplice e idiota" (cfr Della vera e perfetta letizia), nelle sue Lodi delle virtù così si esprime: "O regina sapienza, il Signore ti salvi con tua sorella, la pura e santa semplicità" (n. 1). Su richiesta di frate Antonio da Padova non esita poi a rispondere: "Ho piacere che tu insegni la sacra teologia ai frati, purché in tale occupazione tu non estingua lo spirito della santa orazione e devozione, come è scritto nella Regola" (Lettera a frate Antonio, 2).

La "pura e santa semplicità", amata e salutata da Francesco, appartiene non a chi rifiuta o si disinteressa della "vera Sapienza del Padre" che è il Verbo incarnato (cfr San Francesco, Lettera a tutti i fedeli, X), ma a chi indaga con cuore orante i sentieri della saggezza rivelata e si impegna a tradurla in vita, rifiutando la sapienza del mondo, che "vuole e tenta di parlare molto ma di fare poco" (San Francesco, Regola non bollata XVII, 11-12).

3. Lo studio della teologia e delle altre discipline, come recita la vostra recente Ratio studiorum, costituisce "itinerario e via per essere illuminati da Dio nella mente e nel cuore e per poter essere così testimoni, annunciatori e servitori della Verità e del Bene" (n. 13).

La recente erezione in Facoltà di Scienze Bibliche e di Archeologia del vostro Studio Biblico di Gerusalemme, non rappresenta forse un significativo invito a rinnovare con Francesco l'impegno ad osservare per poi amministrare a tutti "le fragranti parole del Signore Gesù Cristo", che sono "spirito e vita"? (San Francesco, Lettera a tutti i fedeli, XI).

Quale motto epigrafico del vostro Convegno voi avete scelto: "Francesco, va' e ripara la mia casa". Solo dall'ascolto della Parola fatta vita vissuta scaturiscono la lode riconoscente a Dio e la testimonianza evangelica concreta, a cui i credenti debbono quotidianamente tendere. Dal grande deposito della teologia e della sapienza francescana possono essere tratte risposte adeguate anche ai drammatici interrogativi dell'umanità, in questo inizio del terzo millennio cristiano.

Francesco inneggia ad una creazione divina e fraterna, dove tutte le creature sorelle "cantano la gloria di Dio" e si servono vicendevolmente, seguendo un disegno che l'uomo è chiamato a scoprire, rispettare e promuovere, vincendo la tentazione antica di "essere come Dio". L'Assisiate proclama il valore della povertà, in un mondo dove il peccato dell'ingordigia umana continua ad escludere i poveri dalla mensa imbandita da "sora nostra matre Terra" per tutti i figli di Dio. Egli ricorda che il Verbo del Padre "volle scegliere, insieme alla Madre beatissima, la povertà" (Lettera a tutti i fedeli, I), e vivendo poveramente del soccorso altrui ci ha insegnato che "l'elemosina è l'eredità e il giusto diritto dovuto ai poveri; lo ha acquistato per noi il Signore nostro Gesù Cristo" (Regola non bollata IX, 10). I poveri hanno diritto a partecipare alla mensa che "il grande Elemosiniere" vuole aperta "a tutti, degni e indegni" (cfr Celano, Vita seconda, 77).

4. Cari Frati Minori! Quest'importante Congresso sia per voi occasione propizia per far memoria del passato e per guardare con lungimiranza all'avvenire. Dal grande patrimonio spirituale della "Scuola Francescana" traete linee operative concrete circa la formazione intellettuale e la promozione degli studi nell'Ordine, sì da rispondere alle esigenze della vostra vocazione in questi nostri tempi. Compito delle vostre Università e Centri di Ricerca è di operare un incontro fecondo tra il Vangelo e le diverse espressioni culturali del nostro tempo, per andare verso l'uomo d'oggi, assetato di risposte radicate nei valori evangelici. Seguendo l'esempio di San Francesco e la grande tradizione culturale dell'Ordine Francescano, sia vostra cura porre il Vangelo nel cuore della cultura e della storia contemporanea.

In questo itinerario, che è ad un tempo culturale e spirituale, vi sostenga la "Signora santa, Regina santissima, Madre di Dio, Maria" (San Francesco, Saluto alla Vergine, 1), e vi assistano i santi e le sante della Famiglia francescana. Io vi accompagno con la preghiera, mentre imparto a voi e a tutti coloro che sono oggetto delle vostre cure pastorali una speciale Benedizione Apostolica.

Da Castel Gandolfo, 19 Settembre 2001

IOANNES PAULUS II




VISITA PASTORALE IN KAZAKHSTAN


DURANTE LA CERIMONIA DI BENVENUTO


333
Aeroporto Internazionale di Astana

Sabato, 22 settembre 2001



Signor Presidente,
Illustri Membri del Corpo Diplomatico,
Distinte Autorità,
Rappresentanti delle varie Confessioni religiose,
Cari Fratelli e Sorelle!

1. Rendo grazie a Dio, che ha guidato i miei passi sino alla città di Astanà, capitale di questo nobile e sconfinato Paese, situato nel cuore del territorio eurasiatico. Bacio con affetto questa Terra, che ha dato origine a uno stato multietnico, erede di secolari e molteplici tradizioni spirituali e culturali, ed ora incamminato verso nuovi traguardi sociali ed economici. Da tanto tempo sentivo il desiderio di questo incontro, ed è grande la mia gioia nel poter stringere in un abbraccio di ammirazione e di affetto tutti gli abitanti del Kazakhstan.

Sin da quando ebbi modo di ricevere in Vaticano Lei, Signor Presidente della Repubblica, e di ascoltare dalle sue labbra l'invito a visitare questa Terra, ho cominciato a prepararmi nella preghiera all'odierno incontro. Chiedo ora al Signore che questo sia un giorno benedetto per tutte le amate genti del Kazakhstan.

2. Grazie dunque, Signor Presidente, per l'invito a suo tempo rivoltomi, e grazie per l'impegno posto nel predisporre la visita nei suoi complessi aspetti organizzativi. Grazie anche per le cordiali parole di benvenuto che mi ha rivolto a nome del Governo e di tutto il Popolo kazakhstano. Saluto con deferenza le Autorità civili e militari, come pure i membri del Corpo Diplomatico, attraverso i quali vorrei inviare un affettuoso pensiero ai popoli che ciascuno di loro degnamente rappresenta.

Saluto i responsabili e i fedeli dell'Islam, che in questa regione vanta una lunga tradizione religiosa. Estendo il mio beneaugurante pensiero alle persone di buona volontà, che cercano di promuovere i valori morali e spirituali atti a garantire per tutti un futuro di pace.

334 Un particolare saluto rivolgo ai fratelli Vescovi e fedeli della Chiesa ortodossa ed ai cristiani delle altre Chiese e Comunità ecclesiali.Mi è grato qui rinnovare l'invito a congiungere gli sforzi, perché il terzo millennio possa vedere i discepoli di Cristo proclamare con una sola voce e un solo cuore il Vangelo, messaggio di speranza per l'intera umanità.

Abbraccio con fraterno affetto soprattutto voi, cari Vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose, missionari, catechisti e fedeli, che formate la Comunità cattolica che vive sul vasto suolo kazako. So della vostra dedizione al lavoro e del vostro entusiasmo; mi è nota pure la vostra fedeltà alla Sede Apostolica e prego Iddio perché sostenga ogni vostro proposito di bene.

3. Questa mia visita ha luogo a dieci anni dalla proclamazione dell'indipendenza del Kazakhstan, raggiunta dopo un lungo periodo buio e sofferto. La data del 16 dicembre del 1991 è incisa a caratteri indelebili negli annali della vostra storia. La riacquistata libertà ha riacceso in voi una più solida fiducia nel futuro e sono persuaso che l'esperienza vissuta sia ricca di ammaestramenti ai quali attingere per muovervi con coraggio verso nuove prospettive di pace e di progresso. Il Kazakhstan vuole crescere nella fraternità, nel dialogo e nella comprensione, premesse indispensabili per "gettare ponti" di solidale cooperazione con gli altri popoli, nazioni e culture.

E' in questa prospettiva che il Kazakhstan, con coraggiosa iniziativa, ha deciso già nel 1991 la chiusura del poligono nucleare di Semipalatinsk e successivamente ha proclamato la rinuncia unilaterale all'armamento nucleare e l'adesione all'Accordo per il totale divieto degli esperimenti atomici. Alla base di questa decisione vi è la convinzione che le questioni controverse debbano essere risolte non con il ricorso alle armi, ma con i mezzi pacifici della trattativa e del dialogo. Non posso che incoraggiare questa linea d'impegno, che ben risponde alle fondamentali esigenze della solidarietà e della pace a cui gli esseri umani aspirano con crescente consapevolezza.

4. Nel vostro Paese, che occupa uno dei primi posti nel mondo per estensione, convivono a tutt'oggi cittadini appartenenti a oltre cento nazionalità ed etnie, ai quali la Costituzione della Repubblica garantisce gli stessi diritti e le stesse libertà. Lo spirito di apertura e di collaborazione fa parte della vostra tradizione, perché da sempre il Kazakhstan è terra di incontro e di convivenza fra tradizioni e culture differenti.Ciò ha dato luogo a significative forme culturali, espresse in originali realizzazioni artistiche, come pure in una fiorente tradizione letteraria.

Guardo con ammirazione a città come Balasagun, Merke, Kulan, Taraz, Otrar, Turkestan e altre, una volta importanti centri di cultura e di commercio. In esse hanno vissuto illustri personalità della scienza, dell'arte e della storia, a partire da Abu Nasr al-Farabi, che ha fatto riscoprire per l'Europa Aristotele, fino al ben noto pensatore e poeta Abai Kunanbai. Formatosi alla scuola dei monaci ortodossi, egli conobbe anche il mondo occidentale e ne apprezzò il patrimonio di pensiero. Tuttavia era solito ripetere: "L'Occidente è diventato il mio Oriente", ponendo in luce come il contatto con altri movimenti culturali avesse in lui ridestato l'amore per la propria cultura.

5. Cari Popoli del Kazakhstan! Ammaestrati dalle esperienze del vostro passato antico e recente, e specialmente dagli eventi tristi del XX secolo, sappiate sempre mettere a fondamento del vostro impegno civile la tutela della libertà, diritto inalienabile e aspirazione profonda d'ogni persona. In particolare, sappiate riconoscere il diritto alla libertà religiosa, nella quale si esprimono le convinzioni custodite nel sacrario più intimo della persona. Quando all'interno di una comunità civile i cittadini sanno accettarsi nelle rispettive convinzioni religiose, è più facile che s'affermi tra loro l'effettivo riconoscimento degli altri diritti umani e un'intesa sui valori di fondo di una convivenza pacifica e costruttiva. Ci si sente infatti accomunati dalla consapevolezza di essere fratelli, perché figli dell'unico Dio, creatore dell'universo.

Prego Dio onnipotente di voler benedire e incoraggiare i vostri passi su questo cammino. Egli vi aiuti a crescere nella libertà, nella concordia, nella pace. Sono queste le condizioni indispensabili, perché s'instauri il clima adatto per uno sviluppo umano integrale, attento alle esigenze di ciascuno, specialmente a quelle dei poveri e dei sofferenti.

6. Popolo kazakhstano, un'impegnativa missione ti attende: costruire un Paese all'insegna del vero progresso, nella solidarietà e nella pace. Kazakhstan, Terra di martiri e di credenti, Terra di deportati e di eroi, Terra di pensatori e di artisti, non temere! Se profondi e molteplici restano i segni delle piaghe inferte al tuo corpo, se difficoltà e ostacoli si frappongono nell'opera della ricostruzione materiale e spirituale, a balsamo e sprone ti valgano le parole del grande Abai Kunanbai: "L'umanità ha come principio l'amore e la giustizia, esse sono il coronamento dell'opera dell'Altissimo" (I detti, cap. 45).

L'amore e la giustizia! L'Altissimo, che guida i passi degli uomini, faccia rifulgere queste stelle sui tuoi passi, Terra sconfinata del Kazakhstan!

Sono questi i sentimenti che pulsano nel mio cuore, mentre inizio la mia visita ad Astanà. Guardando i colori della vostra bandiera, cari kazakhstani, domando per voi all'Altissimo i doni che essi simboleggiano: la stabilità e l'apertura, di cui è simbolo l'azzurro; la prosperità e la pace, a cui si riferisce l'oro.

335 Dio benedica te, Kazakhstan, e tutti i tuoi abitanti e ti conceda un futuro di concordia e di pace!

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