GP2 Discorsi 2001 77


AI PARTECIPANTI AD UNA SPEDIZIONE


AL POLO NORD


Martedì, 20 marzo 2001




78 Carissimi Fratelli!

1. Vi accolgo volentieri e sono lieto di rivolgere il mio cordiale benvenuto a ciascuno di voi, che vi preparate alla prossima spedizione al Polo Nord. Essa si compie a cento anni ormai da quella del Principe Luigi Amedeo di Savoia Aosta, Duca degli Abruzzi, alla quale avrebbe voluto prendere parte anche il giovane sacerdote alpinista don Achille Ratti, il futuro Pio XI, che però non poté partire a causa di contrattempi sopravvenuti negli ultimi giorni.

Voi desiderate, in un certo modo, completare quell'ardua spedizione del 1900 ed emulare gli uomini ardimentosi, che si proposero in condizioni difficili di raggiungere traguardi fino ad allora mai toccati dall'uomo. Sulla scia di tale impresa e di quella successiva del 1928 guidata da Umberto Nobile, vi apprestate ad offrire una testimonianza dell'anelito mai appagato dell'uomo di conoscere pagine poco esplorate del meraviglioso libro del creato. Sono certo che questo vostro singolare viaggio vi darà modo di condividere lo stupore del Salmista, il quale, di fronte ai prodigi della natura, esclama con estasiata meraviglia: "O Signore nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra" (
Ps 8,1).

2. A Dio piacendo, proprio nel giorno di Pasqua giungerete al Polo Nord, e là potrete celebrare la Santa Messa. Si realizzerà così il desiderio che Pio XI non riuscì a suo tempo a concretizzare. Darete, inoltre, attuazione all'altro suo desiderio: piantare la Croce di Cristo in quell'estremo lembo del globo terrestre. L'artistica croce astile, che oggi ben volentieri benedico, raffigura uomini e donne in cerca di salvezza. Guidati dal Successore di Pietro, essi incontrano Cristo morto sulla Croce per noi. E' Lui l'unico Salvatore del mondo, ieri oggi e sempre.

Questi due "segni" imprimono alla vostra spedizione una chiara valenza missionaria. Piantando l'«albero della Croce» e rinnovando il Sacrificio eucaristico ai «confini della Terra», voi intendete ricordare che l'umanità trova la sua autentica dimensione soltanto quando è capace di fissare lo sguardo su Cristo e a Lui totalmente si affida.

In maniera speciale, celebrando il divin Sacrificio al Polo Nord proprio nel giorno di Pasqua, volete far risuonare con forza, "fino agli estremi confini della terra" (Ac 21,8), l'annuncio del Signore risorto.

Formulo cordiali auspici che questa missione, tanto ardua e carica di significato, sia coronata da pieno successo e, a tal fine, affido ciascuno di voi alla materna protezione della Vergine Maria, «Spes certa poli». Con questi voti, vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica, che estendo volentieri a quanti collaborano al vostro coraggioso progetto.

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE


IN OCCASIONE DELL’ASSEMBLEA GENERALE


DELL’UNIONE MONDIALE


DELLE ORGANIZZAZIONI FEMMINILI CATTOLICHE




Alla Signora María Eugenia Díaz de Pfennich
Presidente dell'Unione Mondiale delle Organizzazioni Femminili Cattoliche

1. Saluto con gioia le partecipanti all'Assemblea Generale dell'Unione Mondiale delle Organizzazioni Femminili Cattoliche, che si svolge a Roma dal 17 al 21 marzo 2001. Sin dal 1910 il vostro movimento riunisce donne cattoliche provenienti da tutti i continenti e di differenti origini e culture. In uno spirito di rispetto per queste diversità, ora formate una famiglia grande e dinamica in seno alla Chiesa cattolica. Il vostro incontro nel cuore della Chiesa universale è un'occasione particolare per riaffermare la vostra identità e per attingere alle grazie del Giubileo per spalancare a Cristo la porta del vostro cuore, delle vostre case e delle comunità nelle quali vivete, pregate e seguite la vocazione che Dio ha affidato a ognuna di voi.

2. All'inizio di un nuovo millennio, le seicento delegate di questa Assemblea hanno l'opportunità di ringraziare Dio per tutto ciò che l'essere donna significa nel disegno divino, e di chiedere il Suo aiuto per superare i numerosi ostacoli che impediscono ancora il pieno riconoscimento della dignità e della missione delle donne nella società e nella comunità ecclesiale. Il cammino percorso nell'ultimo secolo è stato notevole. In molti Paesi oggi le donne hanno libertà di movimento, di prendere decisioni e di esprimersi, una libertà conquistata con chiarezza di idee e coraggio. Esse esprimono il loro genio particolare in numerosi ambiti. Nel mondo attuale vi è la crescente consapevolezza della necessità di affermare la dignità della donna. Non si tratta di un principio astratto, poiché comporta un impegno concertato a ogni livello per contrastare con vigore "ogni prassi che offende la donna nella sua libertà e femminilità: il cosiddetto "turismo sessuale", la compravendita delle giovani ragazze, la sterilizzazione di massa e in generale ogni forma di violenza" (Udienza Generale, 24 novembre 1999, n. 2). Le donne, tuttavia, si trovano anche di fronte a numerosi ostacoli alla loro autentica realizzazione. La cultura prevalente diffonde e impone modelli di vita che sono contrari alla natura più profonda della donna. Vi sono state gravi aberrazioni, alcune scaturite dall'egoismo personale e dal rifiuto di amare, altre da una mentalità che attribuisce tanta importanza al diritto di ogni individuo da indebolire il rispetto per i diritti altrui, e in particolare quelli dei nascituri indifesi, che spesso sono privati di ogni tutela legale.

79 3. La vostra Unione esiste per aiutarvi a conoscere in modo più profondo la vostra missione e a viverla pienamente. È presente come voce nei forum internazionali, per ribadire che ogni vita è un dono di Dio e merita di essere rispettata. Lavorando insieme, dovete cercare di offrire un sostegno materiale e morale sempre più grande alle donne in difficoltà, vittime di povertà e violenza. Non dimenticate mai che questo lavoro importante è radicato nell'amore di Dio e darà frutti nella misura in cui la vostra testimonianza rivelerà il Suo amore infinito per ogni persona umana.

La santità femminile, alla quale è chiamata ognuna di voi, è indispensabile per la vita della Chiesa. "Il Concilio Vaticano II, confermando l'insegnamento di tutta la tradizione, ha ricordato che nella gerarchia della santità proprio la "donna", Maria di Nazareth, è "figura" della Chiesa. Ella "precede" tutti sulla via verso la santità" (Mulieris dignitatem
MD 27). Le donne che vivono nella santità sono "un modello di "sequela di Cristo", un esempio di come la sposa deve rispondere con l'amore all'amore dello sposo" (ibidem).

4. Il tema della vostra Assemblea, La missione profetica delle donne, dovrebbe rappresentare per voi un'occasione per dedicarvi a un'ampia riflessione sul vostro impegno. La Chiesa e il mondo hanno bisogno della vostra specifica testimonianza. Il ministero profetico di Cristo è condiviso da tutto il popolo di Dio e consiste soprattutto nell'ascoltare e comprendere la Parola di Dio (cfr Lumen gentium LG 12). Le donne cattoliche che vivono con fede e carità e rendono onore al nome di Dio nella preghiera e nel servizio (cfr ibidem)hanno sempre avuto un ruolo sommamente fecondo e indispensabile nel trasmettere il senso autentico della fede e nell'applicarlo a ogni circostanza della vita. Oggi, in un tempo di profonda crisi spirituale e culturale, questo compito ha assunto un'urgenza mai sufficientemente ribadita. La presenza e l'azione della Chiesa nel nuovo millennio passano attraverso la capacità delle donne di ricevere e custodire la Parola di Dio. In virtù dei suoi carismi specifici, la donna ha un dono unico nel trasmettere il messaggio e il mistero cristiano nella famiglia e nel mondo del lavoro, dello studio e del tempo libero.

5. Il recente Giubileo dei Laici è stata l'occasione per rinnovare la chiamata rivolta dal Concilio Vaticano II a tutti i fedeli laici, di proclamare la Buona Novella di Cristo con la parola e la testimonianza. In famiglia e nella società voi contribuite "dall'interno (...) alla santificazione del mondo" (Lumen gentium LG 31). Ogni compito, anche il più comune, se svolto con amore, contribuisce alla santificazione del mondo. È una verità importante che occorre ricordare oggi, in un mondo attratto dal successo e dall'efficienza, nel quale, però, molte persone non partecipano ai benefici del progresso globale e sono sempre più povere e abbandonate.

Il Giubileo ha apportato nuove energie a tutta la Chiesa. Andiamo avanti con speranza! (cfr Novo Millennio ineunte NM 58). Oggi, mentre riprende il suo cammino per proclamare Cristo al mondo, la Chiesa ha bisogno di donne che contemplino il volto di Cristo, che fissino il loro sguardo su di Lui e Lo riconoscano nei membri più deboli del Suo Corpo. "In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,40). Vigilate, siate una presenza attenta e forte, non dimenticate mai di guardare Cristo, di seguirlo, di serbare nel cuore le Sue parole. In tal modo, la vostra speranza non verrà meno; si diffonderà nel mondo in questo tempo promettente e pieno di sfide.

Vi assicuro ancora una volta della mia vicinanza nella preghiera, fiducioso che questa Assemblea sarà per voi un'occasione per trovare nuove energie per la vostra missione. Affidando tutte voi alla protezione di Maria, Madre del Redentore, vi imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.

Città del Vaticano, 7 marzo 2001

GIOVANNI PAOLO II





ALLA DELEGAZIONE DELLA CHIESA PRESBITERIANA


DEGLI STATI UNITI D’AMERICA


Giovedì, 22 marzo 2001

Cari Amici in Cristo,


La visita di una delegazione della Presbyterian Church USA è certamente motivo di gioia. Saluto tutti voi con affetto nel Signore.

La vostra visita a questa città, dove gli Apostoli Pietro e Paolo hanno versato il proprio sangue in nome di Cristo, si svolge dopo la celebrazione del Grande Giubileo dell'Incarnazione, durata un anno, e all'alba del Terzo Millennio Cristiano. La partecipazione di numerose Chiese e Comunità ecclesiali a molti eventi giubilari testimonia il nostro comune rendimento di grazie per le abbondanti grazie che hanno accompagnato la prima venuta del Signore. Conferma il nostro impegno a operare per la piena unità dei cristiani mentre attendiamo il Suo ritorno nella gloria.

80 Nonostante i significativi passi verso l'obiettivo dell'unità visibile compiuti negli ultimi decenni, dobbiamo riconoscere che, "le tristi eredità del passato ci seguono ancora oltre la soglia del nuovo millennio" e sappiamo che "ancora tanto cammino rimane da fare" (Novo Millennio ineunte, NM 48). Che possiamo vedere il futuro che si schiude davanti a noi come una chiamata del Signore a essere sempre più "rinnovati nello spirito della nostra mente e rivestire l'uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera" (cfr Ep 4,24)! È questa, infatti, una condizione perché noi possiamo superare le barriere che ancora separano i cristiani.

Possano il vostro soggiorno e i vostri colloqui con il Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani portare abbondanti frutti per l'impegno ecumenico ancora da affrontare. Su di voi e sulle vostre famiglie invoco di cuore la gioia e la pace di nostro Signore Gesù Cristo.


AI PARTECIPANTI ALLA RIUNIONE PLENARIA


DELLA PONTIFICIA COMMISSIONE PER L’AMERICA LATINA


Venerdì, 23 marzo 2001




Signori Cardinali,
Cari Fratelli nell'Episcopato,

1. Sono lieto di ricevervi questa mattina, Consiglieri e Membri della Pontificia Commissione per l'America Latina che celebrate la vostra Assemblea Plenaria al fine di offrire linee pastorali per proseguire nella nuova Evangelizzazione del Continente che chiamiamo "della speranza", proprio per quello che rappresenta per la Chiesa. In effetti, queste terre, che ricevettero la luce di Cristo più di cinque secoli fa e che accolgono oggi circa la metà dei cattolici del mondo, si distinguono per un'identità culturale profondamente suggellata dal Vangelo e possono contare su una Chiesa viva e piena di dinamismo evangelizzatore.

Ringrazio cordialmente per le affettuose parole di saluto che, a nome di tutti, mi ha rivolto il vostro Presidente, il Cardinale Giovanni Battista Re, presentandomi le linee dei vostri lavori e i propositi che animano il vostro operato.

2. Partendo dalla mia recente Lettera Apostolica Novo Millennio ineunte, avete approfondito l'Esortazione Apostolica post-sinodale Ecclesia in America, e avete cercato di valutare la sua applicazione in questi due primi anni trascorsi dalla sua pubblicazione in quella memorabile celebrazione nel Santuario di Guadalupe, in Messico.

Avete riflettuto sui principali contenuti dell'Esortazione, studiandoli alla luce delle realtà attuali, per esaminare i problemi e tracciare proposte pastorali, al fine di rendere più intenso il compito evangelizzatore nelle amate nazioni latinoamericane.

Desidero incoraggiarvi e spronarvi nei vostri sforzi pastorali, poiché sono molte le sfide che ci si presentano e occorrono intuizione ecclesiale e audacia apostolica per affrontarle adeguatamente.

3. Una di esse è conservare, difendere e accrescere l'integrità della fede. In questa ottica si colloca la Dichiarazione Dominus Iesus sull'unicità e sull'universalità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa, che con la mia approvazione e ratifica, ha pubblicato la Congregazione per la Dottrina della Fede lo scorso anno. In questa dichiarazione i Cristiani sono invitati a "rinnovare la loro adesione a Lui nella gioia della fede, testimoniando unanimemente che Egli è, anche oggi e domani, "la via, la verità e la vita" (Jn 14,6)" (Angelus, 1 ottobre 2000).

81 In tal senso, è necessario prestare particolare attenzione al problema delle sette, che costituiscono "un grave ostacolo per l'impegno evangelizzatore" (Ecclesia in America, n. 73). Sulle sette si è studiato e parlato molto, poiché si tratta di un fenomeno che non può essere contemplato con indifferenza. È necessaria un'azione pastorale risolutiva per affrontare questa grave questione, rivedendo i metodi pastorali adottati, rafforzando le strutture di comunione e missione e cogliendo "le possibilità evangelizzatrici che offre una religiosità popolare purificata" (Ecclesia in America, n. 73). A tale proposito, sapete bene quanto sia importante la presenza degli evangelizzatori, poiché laddove operano sacerdoti, religiosi, religiose o laici dediti all'apostolato, le sette non prosperano. La fede, pur essendo un dono di Dio, non si suscita né si conserva senza la mediazione degli evangelizzatori.

Nel processo di rafforzamento della fede, l'Eucaristia è l'ambito privilegiato per l'incontro con Gesù Cristo vivo. La Messa domenicale deve essere un impegno e una pratica costante per tutti i fedeli. Non smettete di impegnarvi e allo stesso tempo di coinvolgere pastoralmente i vostri sacerdoti nel compito di favorire questo aspetto tanto importante della vita ecclesiale, che ho già raccomandato nella Lettera Apostolica Dies Domini (cfr capitolo II). Pertanto, come ho ricordato di recente, occorre dare "particolare rilievo all'Eucaristia domenicale e alla stessa domenica, sentita come giorno speciale della fede, giorno del Signore risorto e del dono dello Spirito, vera Pasqua della settimana" (Lettera Apostolica Novo Millennio ineunte
NM 35).

4. Un'altra sfida, di capitale importanza, è la promozione e la cura delle vocazioni. L'America Latina ha bisogno di molti più sacerdoti. Vedo con soddisfazione come stanno sorgendo in numerose Diocesi nuovi seminari, anche seminari minori. Parimenti, è particolarmente opportuno organizzare corsi per la preparazione di formatori, che devono essere sacerdoti esemplari, in perfetta sintonia con il Magistero della Chiesa, di modo che il loro lavoro nei seminari sia efficace e promettente.

Ai Vescovi raccomando una presenza assidua e costante fra i loro seminaristi e soprattutto fra i loro sacerdoti, per seguirli, incoraggiarli e spronarli a svolgere un lavoro generoso.

5. Fra i molti temi che, come quelli precedenti, ho già ampiamente trattato nell'Esortazione Apostolica post-sinodale Ecclesia in America, e sui quali è necessario ritornare ora qui, desidero ricordare in particolare quello relativo all'evangelizzazione dei giovani. Su di loro si fondano le speranze e le aspettative di un futuro di maggiore comunione e solidarietà per la Chiesa e le società in America (cfr Ecclesia in America, n. 47).

L'ultima Giornata Mondiale della Gioventù, celebrata nel mese di agosto dell'Anno Giubilare, ha messo in evidenza il fatto che i giovani sono una potente forza evangelizzatrice per il mondo di oggi. È necessario evangelizzarli profondamente, a partire dalle loro risorse di generosità, apertura e intuizione.

Spero che la prossima Giornata della Gioventù, che si celebrerà in America, e più precisamente a Toronto, in Canada, sia un nuovo e decisivo passo nell'evangelizzazione dei giovani in questo amato Continente.

6. Avete iniziato questa Assemblea della Pontificia Commissione, che "ha il compito primario di studiare in maniera unitaria i problemi dottrinali e pastorali concernenti la vita e lo sviluppo della Chiesa nell'America Latina" (Motu proprio Decessores nostri, I), presentando l'icona di Gesù Cristo Evangelizzatore, ponendo così in risalto la centralità del Salvatore nella Chiesa e nella sua azione evangelizzatrice. In effetti, "tutto quello che si progetta in campo ecclesiale deve partire da Cristo e dal suo Vangelo" (Ecclesia in America, n. 67). Questa idea fondamentale l'ho sviluppata più ampiamente nella Lettera Apostolica Novo Millennio ineunte, nella quale "ho tracciato le linee guida per la vita della Chiesa e la sua missione evangelizzatrice nel terzo millennio" (Omelia, 4 febbraio 2001, n. 1).

7. Il Giubileo, chiusosi da poco, ci ha lasciato in eredità un pressante invito ad andare incontro al futuro partendo nuovamente da Cristo, ponendo il Signore al centro della vita personale e sociale dei popoli.

Lo stile di generoso rinnovamento e di coerenza con la propria fede, nato nel corso dell'Anno Giubilare, è un appello a "prendere il largo", con decisione, nel vasto oceano del nuovo millennio, contando sull'aiuto divino.

"Duc in altum" (Lc 5,4), disse Cristo all'apostolo Pietro nel Mare di Galilea. Duc in altum ripete il Papa a voi, pescatori di uomini, al termine della vostra Riunione Plenaria. Spalancate le porte dell'America a Cristo e al suo Vangelo!

82 Le vostre nazioni hanno bisogno, oggi come ieri, di grandi evangelizzatori dalla tempra di s. Turibio da Mogrovejo, la cui festa celebriamo oggi. Questi, da me proclamato nel 1983 Patrono di tutti i Vescovi in America Latina, è un autentico paradigma di Pastore che possiamo e dobbiamo imitare nel compito della Nuova Evangelizzazione, che ancora una volta affido alla protezione e alla guida di Santa Maria di Guadalupe, "via sicura all'incontro con Cristo" (Ecclesia in America, n. 11).

In nome di Cristo, nostra vita e nostra speranza, vi benedico tutti.

GIOVANNI PAOLO II


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE


ALLA CONFERENZA EPISCOPALE SICILIANA




Al Venerato Fratello
Cardinale SALVATORE DE GIORGI
Arcivescovo di Palermo
Presidente della Conferenza Episcopale Siciliana

1. Con grande gioia mi unisco spiritualmente a Lei, come pure ai Signori Cardinali, ai Vescovi, ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose e ai laici che prendono parte, ad Acireale, al IV Convegno delle Chiese di Sicilia. A tutti e a ciascuno giunga il mio fraterno abbraccio e il più cordiale saluto: "La pace, la carità e la fede da parte di Dio Padre e del Signore Nostro Gesù Cristo sia con tutti voi".
Quest'importante incontro, che ha come motto "Nella storia fermento per il Regno" e come tema "I laici per la missione della Chiesa in Sicilia nel terzo millennio", si tiene a pochi mesi dalla conclusione del Grande Giubileo dell'Anno 2000. Dell'Anno Santo esso costituisce uno dei frutti maturi, perché la preparazione e la celebrazione dell'evento giubilare ne sono stati come una provvidenziale preparazione prossima e immediata. Esso segna, inoltre, la quarta tappa del cammino comunitario delle Chiese di Sicilia; itinerario spirituale e pastorale che ha mosso i passi dal Concilio Vaticano II, dal quale ha tratto ispirazione, motivazioni ed obiettivi per proiettarsi consapevolmente e deliberatamente verso il nuovo millennio.
In realtà, dal primo Convegno celebrato nel 1985, che ebbe come motto "Una presenza per servire" e come tema "Le Chiese di Sicilia a 20 anni dal Concilio Vaticano II", le diocesi siciliane hanno avviato un comune percorso ecclesiale, dilatando, nei successivi due Convegni, la propria prospettiva missionaria. Vorrei qui far menzione pure dei tre Convegni presbiterali degli anni 1982, 1988, 1998 che hanno portato alla costituzione del Centro Regionale "Madre del Buon Pastore" per la formazione permanente dei presbiteri e dei diaconi, con sede a Palermo.

2. Questi molteplici incontri regionali, come quelli dei giovani svoltisi nel 1991, nel 1998 e nell'ottobre scorso dopo la Giornata Mondiale della Gioventù, stanno a testimoniare la vivacità pastorale e la volontà delle Chiese di Sicilia di camminare insieme. Nelle visite pastorali che ho potuto compiere a quasi tutte le vostre diocesi, cari Fratelli e Sorelle di Sicilia, ho avuto modo di manifestare a più riprese la mia attenzione per i problemi e le speranze che si vivono nella vostra terra. Colgo la presente occasione per ringraziarvi della fedeltà con cui vi siete impegnati ad aderire alle direttive del Magistero nelle tante iniziative pastorali da voi promosse, a livello locale e regionale, nel corso di questi anni.
E fedeltà al Magistero della Sede Apostolica intende manifestare anche questo IV Convegno, che si sofferma a riflettere sul ruolo dei laici nella missione della Chiesa. La Lettera apostolica Tertio millennio adveniente, del 10 novembre 1994, ha accompagnato negli scorsi anni la sua preparazione. Quella post-giubilare Novo millennio ineunte, del 6 gennaio u.s., ne orienta ora la celebrazione all'insegna dell'invito di Cristo: "Duc in altum!", "Prendi il largo!".
83 "Duc in altum!" ripeto oggi alle diocesi siciliane, impegnate a riflettere su come meglio realizzare il mandato missionario di Cristo. "Prendete il largo", Fratelli e Sorelle carissimi, nella consapevolezza che il Dio della speranza vi chiede di essere gli araldi del Vangelo nel nostro tempo. Ma per portare a compimento questa missione occorre ripartire da Cristo e far tesoro della ricca esperienza ecclesiale che ha contrassegnato gli ultimi decenni del secolo passato, specialmente a partire dal Concilio Vaticano II. E' questo un compito che il vostro Convegno vuole ben sottolineare, evidenziando la vocazione dei "laici per la missione della Chiesa in Sicilia nel terzo millennio".
In occasione del Giubileo dell'apostolato dei laici ho voluto riconsegnare simbolicamente a tutta la Chiesa i documenti conciliari, ricordando come, nonostante il passare del tempo, quei testi non abbiano perso nulla del loro valore e della loro attualità. E' pertanto quanto mai necessario che essi siano accolti e assimilati come testi qualificati e normativi del Magistero, da leggere all'interno della Tradizione della Chiesa, che essi confermano ed applicano alle circostanze presenti. Incoraggio specialmente i laici a tornare al Concilio, che è "la grande grazia di cui la Chiesa ha beneficiato nel secolo XX". Si pongano alla scuola del Concilio, nella convinzione che "in esso ci è offerta una sicura bussola per orientarci nel cammino del secolo che si apre" (Novo millennio ineunte
NM 57). Sono lieto di apprendere che i lavori congressuali intendono offrire l'opportunità di approfondire specialmente la Costituzione dogmatica Lumen gentium e il Decreto Apostolicam actuositatem, unendo altresì un'opportuna rilettura dell'Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles laici.

3. Il Convegno si pone come obiettivo primario un profondo rinnovamento della vita ecclesiale e dell'azione pastorale in Sicilia. Vi sia di aiuto quanto io stesso ho avuto modo di dire al Convegno delle Chiese italiane, svoltosi a Palermo nel 1995: "Il nostro tempo... non è il tempo della semplice conservazione dell'esistente, ma della missione". Ho ripreso queste considerazioni nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte, precisando la condizione primaria di tale rinnovamento: "La prospettiva in cui deve porsi tutto il cammino pastorale è quella della santità" (n. 30), di "questa misura alta della vita cristiana" (n. 31).
E' una prospettiva, quella della santità, che le Chiese di Sicilia, ne sono certo, condividono con particolare favore, perché dagli albori del cristianesimo sino al secolo XX esse hanno generato stupende figure di martiri e di santi - sacerdoti, religiosi e laici, uomini e donne -, che hanno saputo accogliere il «dono» della chiamata alla vita di grazia per tradurlo in «compito» nelle condizioni ordinarie del quotidiano. Di loro voi farete sicuramente memoria ad edificazione ed esempio per tutti.
E' nella vocazione alla santità, intesa come perfezione della carità, che si rivela in pienezza la dignità dei fedeli laici: "Il santo è la testimonianza più splendida della dignità conferita al discepolo di Cristo" (Christifideles laici CL 16). Il fedele laico, discepolo di Cristo, si santifica «nel mondo» e «per il mondo»: egli si inserisce nelle realtà temporali, nelle attività terrene, nell'ordinaria vita professionale e sociale, per ordinarle secondo Dio, diventando così nella storia e nel tempo fermento per il Regno e per l'eternità.

4. "Essere nella storia fermento per il Regno". E' questo il motto del Convegno, che traduce e interpreta "una presenza per servire". Ecco la missione specifica dei fedeli laici in un contesto sociale, segnato talora da un secolarismo che tende ad allontanare i credenti da Cristo e dal Vangelo, con pregiudizio della stessa convivenza umana, resa sempre più fragile e insicura.
Vale anche per la Sicilia il rischio che ho indicato nella citata Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles laici: "La fede cristiana, se pure sopravvive in alcune sue manifestazioni tradizionali e ritualistiche, tende a essere sradicata dai momenti più significativi dell'esistenza, quali sono i momenti del nascere, del soffrire e del morire. Di qui l'imporsi di interrogativi e di enigmi formidabili, che, rimanendo senza risposta, espongono l'uomo contemporaneo alla delusione sconsolata o alla tentazione di eliminare la stessa vita umana che quei problemi pone" (n. 34). Per questo "solo una nuova evangelizzazione può assicurare la crescita di una fede limpida e profonda, capace di fare di queste tradizioni una forza di autentica libertà" (ibid.). E resta vero che pure in Sicilia "urge rifare il tessuto cristiano della società umana. Ma la condizione è che si rifaccia il tessuto cristiano delle stesse comunità ecclesiali" (ibid.).

5. Ecco il duplice compito, di grande rilievo pastorale, che oggi compete ai laici nella Chiesa. Si avranno comunità cristiane mature, se in esse vi saranno laici maturi, capaci di incidere efficacemente come fermento evangelico nella società, operando in essa con un rinnovato e coraggioso slancio missionario. "Grava su tutti i laici il glorioso peso di lavorare, perché il divino disegno di salvezza raggiunga ogni giorno di più tutti gli uomini di tutti i tempi e di tutta la terra" (Lumen gentium LG 33). Come non sentire l'attualità e l'urgenza di questo monito del Concilio? Possa il Vangelo imprimere una più salda speranza all'amata terra siciliana, che ha accolto il Vangelo fin dal primo secolo del cristianesimo e che oggi ha ancor più bisogno di Cristo per liberarsi dai mali che l'affliggono. Sono mali incessantemente richiamati dai Pastori delle Chiese locali, a cominciare da quello più grave della mafia, che io stesso a più riprese ho sentito il dovere di stigmatizzare. Solo sconfiggendo queste forze negative, sarà possibile portare a piena attuazione le molteplici potenzialità di bene e i non pochi valori umani che caratterizzano l'operosa gente della Sicilia.

6. I fedeli laici, pertanto, non devono circoscrivere la loro azione all'interno della comunità cristiana restando, per così dire, entro le mura del «tempio». Dopo avere attinto la luce della Parola e la forza dei Sacramenti, essi devono annunziare e testimoniare Cristo, unico Redentore dell'uomo, nella società di cui sono parte. Come «sale» e «luce», sono chiamati ad operare profeticamente nella famiglia e nella scuola, nell'ambito della cultura e della comunicazione sociale, nell'economia e nel mondo del lavoro, nella politica e nell'arte, nel campo della salute e là dove c'è malattia e sofferenza, nello sport e nel turismo, accanto agli emarginati e tra i tanti immigrati. Né può mancare la loro coraggiosa iniziativa nelle sedi dove si decidono le sorti della vita e della dignità della persona, della famiglia e della stessa società.
In realtà, se ogni membro della Chiesa è partecipe della dimensione secolare, i laici lo sono per una «modalità di attuazione» che, secondo il Concilio, è loro «propria e peculiare». Tale modalità viene designata con l'espressione «indole secolare», come "luogo nel quale viene loro rivolta la chiamata di Dio" e perciò come luogo privilegiato della loro missione, nella logica dell'Incarnazione e "alla luce dell'atto creativo e redentivo di Dio" (Christifideles laici CL 15).

7. In tutti gli ambiti dell'umana esistenza i laici hanno il compito di recare il Vangelo e di apportare il contributo originale e sempre attuale della Dottrina sociale della Chiesa. Loro cura costante sarà di non cedere alla tentazione di ridurre le comunità cristiane ad agenzie sociali, e, al tempo stesso, di respingere decisamente la tentazione non meno insidiosa di praticare una spiritualità intimistica, che mal si comporrebbe con le esigenze della carità oltre che con la logica dell'Incarnazione e, in definitiva, con la stessa tensione escatologica del cristianesimo. Se, infatti, quest'ultima ci rende consapevoli dell'azione della Provvidenza nella storia, non ci disimpegna in alcun modo dal dovere di operare attivamente nel mondo per favorire l'affermarsi in esso di ogni valore autenticamente umano. Rimane più che attuale, in proposito, l'insegnamento del Concilio Vaticano II: "Il messaggio cristiano, lungi dal distogliere gli uomini dal compito di edificare il mondo, lungi dall'incitarli a disinteressarsi del bene dei propri simili, li impegna piuttosto a tutto ciò con un obbligo ancora più stringente" (Gaudium et spes GS 34).

84 8. Ciò sarà possibile se "i fedeli laici sapranno superare in se stessi la frattura tra il Vangelo e la vita, ricomponendo nella loro quotidiana attività in famiglia, sul lavoro e nella società, l'unità di vita che nel Vangelo trova ispirazione e forza" (Christifideles laici CL 34). E' necessario per questo un convinto impegno di formazione permanente e integrale nei diversi aspetti dell'umano, che li aiuti a vivere "quell'unità di cui è segnato il loro stesso essere di membri della Chiesa e di cittadini della società umana", giacché "il distacco, che si constata in molti tra la fede che professano e la loro vita quotidiana, va annoverato tra i più gravi errori del nostro tempo" (Gaudium et spes GS 43).
Ciò esige che essi agiscano nella più salda comunione ecclesiale, alimentata continuamente da quella «spiritualità della comunione», che deve essere alla base di ogni programmazione pastorale, se si vuole essere "fedeli al disegno di Dio e rispondere anche alle attese profonde del mondo" (Novo millennio ineunte NM 43).
E' la Chiesa nel suo mistero di comunione il soggetto della pastorale e della missione, e tutti - clero, religiosi, religiose e laici - sono chiamati a riconoscere e rispettare questa soggettualità comunitaria. Scrivevo nella citata Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles laici che "i fedeli laici, unitamente ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, formano l'unico popolo di Dio e Corpo di Cristo" (n. 25), per cui essi devono coltivare costantemente il senso della diocesi, di cui la parrocchia è come la cellula, rimanendo sempre pronti all'invito del loro Pastore a unire le proprie forze alle iniziative della diocesi.
Ciò vale in modo speciale per le numerose aggregazioni laicali, associazioni, gruppi, comunità, movimenti, che in Sicilia, grazie al Signore, sono particolarmente attive. Esse - è bene ricordarlo - non sono 2mai fini a se stesse. La finalità che costantemente le anima non può che essere "quella di partecipare responsabilmente alla missione della Chiesa di portare il Vangelo di Cristo come fonte di speranza per l'uomo e di rinnovamento per la società" (Christifideles laici CL 29).

9. Una sempre più salda comunione all'interno delle singole comunità e fra le diverse diocesi di Sicilia, oltre che essere di esempio e di stimolo per una più serena e concorde convivenza umana, rappresenta un'opportuna condizione per promuovere attivamente il cammino verso la piena unità di tutti i credenti in Cristo. La comunione piena e visibile dei cristiani, soprattutto attraverso l'ecumenismo della santità, della preghiera e della carità nella verità, è compito di ogni comunità ecclesiale, nel cui interno risuona incessante la preghiera e l'anelito dell'unico nostro Salvatore: "Ut unum sint". Occorre compiere ogni sforzo possibile per affrettare il totale compimento dell'unità dei credenti in Cristo. Significativo, in questo senso, sarà verso la fine del Convegno l'incontro di preghiera col Patriarca Ortodosso Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I, al quale invio il mio deferente saluto e l'abbraccio di pace in Cristo Gesù, nostro comune Maestro e Signore.
Accanto allo sforzo ecumenico, come non ricordare poi la grande sfida del dialogo interreligioso e interculturale? E' un impegno che interessa non poco la vostra Regione, posta nel cuore del Mediterraneo e divenuta nel corso dei secoli crocevia di popoli, culture, civiltà e religioni differenti. Senza cadere nell'indifferentismo religioso, sia vostra cura, cari Fratelli e Sorelle, offrire la testimonianza della speranza che deve abitare il cuore di ogni credente, nella convinzione che non costituisce offesa all'altrui identità l'annuncio gioioso del Vangelo, messaggio di salvezza destinato a tutti i popoli e culture.
So che a questo riguardo avete avviato alcune opportune iniziative: proseguite con coraggio e prudenza, sorretti sempre da una salda adesione a Cristo e da un costante ricorso alla preghiera.

10. Andate avanti con speranza! E' questo l'invito che vi rivolgo con affetto, carissimi Fratelli e Sorelle. Accogliete, venerate Chiese di Sicilia, questa mia fraterna esortazione. Il passo di tutti noi credenti, all'inizio di questo nuovo secolo, deve farsi più spedito. Vi guidi e vi accompagni Maria, la Madre della Speranza, che voi siciliani venerate e invocate come la vostra "Odigitria". Alla Vergine Santa ed al suo Sposo Giuseppe, in questo giorno a Lui solennemente dedicato, affido i progetti, i propositi, lo svolgimento del Convegno ecclesiale e i suoi auspicati frutti apostolici e missionari.
Nell'invocare sui lavori anche la protezione dei numerosi Santi e Sante delle varie diocesi della terra di Sicilia, imparto volentieri a Lei, Signor Cardinale, e a tutti i partecipanti al Convegno la Benedizione Apostolica, propiziatrice di copiosi favori celesti.

Dal Vaticano, 19 Marzo 2001


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