GP2 Discorsi 2001 97


AI DOCENTI DELL'UNIVERSITÀ "LA SAPIENZA" DI ROMA

E DELL'ACCADEMIA POLACCA


DELLE SCIENZE E DELLE LETTERE DI CRACOVIA


Giovedì, 5 aprile 2001




98 Illustri Signore e Signori!

1. Con profonda gioia, rivolgo a ciascuno di voi il mio cordiale benvenuto. Grazie di cuore per questa visita, che avete voluto rendermi in occasione della firma dell'Accordo di collaborazione scientifica tra l'Università "La Sapienza" di Roma e l'Accademia Polacca delle Scienze e delle Lettere di Cracovia, che ha felicemente ripreso la piena attività, dopo 38 anni di dolorosa interruzione, decretata dal regime comunista.

Rivolgo il mio saluto al Professor Giuseppe D'Ascenzo, Magnifico Rettore dell'Ateneo Romano, e al Professor Andrzej Bia»aÑ, Presidente dell'Accademia di Cracovia. Ringrazio entrambi per le cortesi espressioni che hanno voluto rivolgermi a nome dei presenti, sottolineando l'importanza dell'evento odierno e il comune impegno che anima le due Istituzioni. Auguro che esse possano conseguire significativi traguardi a beneficio dello sviluppo culturale della Polonia e dell'Italia.

L'Accordo appena concluso si inserisce nel nuovo clima stabilitosi in Europa dopo la caduta del muro di Berlino alla fine degli anni Ottanta. Esso testimonia la volontà presente in larghi strati della cultura europea di costruire una patria comune, che non sia soltanto frutto di interessi economici, ma che soprattutto sia comunità di valori, di tradizioni e di ideali. I popoli del nostro continente, incontrandosi ed integrandosi grazie anche a occasioni come quella di oggi, possono sempre più promuovere un futuro di civiltà e di pace per tutti.

2. Quale Vescovo di Roma e Pastore della Chiesa cattolica, che tanta parte ha avuto e continua ad avere nella costruzione della civiltà europea, quale membro altresì dell'Accademia polacca delle Scienze e delle Lettere di Cracovia, desidero esprimere il mio più vivo e compiaciuto apprezzamento per questa iniziativa. Essa, collegando antiche e prestigiose istituzioni europee, è in grado di contribuire in modo significativo all'edificazione di un'Europa che respiri a pieni polmoni, attingendo al suo patrimonio storico e alle ricchezze culturali, morali, civili e religiose dei suoi popoli dell'Oriente e dell'Occidente.

Il presente Accordo, espressione eloquente d'una lodevole determinazione a voler collaborare insieme animati da autentico spirito europeo, possa costituire l'inizio di un proficuo e fecondo interscambio tra i vostri due apprezzati Centri Accademici. Esso rappresenti, inoltre, un punto di riferimento per analoghi nobili e promettenti progetti.

A tal fine, invoco l'aiuto divino su quanti hanno promosso e realizzato l'Accordo, come pure su quanti compongono le famiglie delle due grandi Istituzioni e di cuore imparto a tutti, quale segno di stima e di affetto, una speciale Benedizione Apostolica.


AI GIOVANI DELLA DIOCESI DI ROMA


Giovedì, 5 aprile 2001




Carissimi giovani di Roma!

«Sentinelle del mattino in quest'alba del terzo millennio»!

1. Entrando in questa piazza, guardandovi, ascoltando le parole dei vostri amici e del Cardinale Vicario, non ho potuto non riandare con la mente e con il cuore agli indimenticabili momenti vissuti insieme durante la XV Giornata Mondiale della Gioventù nell'agosto dello scorso anno. E' un ricordo che non si cancella dalla memoria. Come non ringraziare insieme il Signore per la Giornata Mondiale della Gioventù del Duemila e per il Giubileo dei giovani? Grazie a Dio e grazie a voi, carissimi giovani amici! Salutandovi con affetto, vorrei ricordare anche i giovani della Delegazione canadese, che domenica prossima riceveranno da voi la Croce, che accompagna il pellegrinaggio delle Giornate Mondiali della Gioventù

99 Al grazie per la Giornata Mondiale della Gioventù del Duemila desidero unire quello per l'incontro odierno, dal significativo titolo «Prendiamo il largo!». E' quasi una vostra risposta, cari giovani romani, all'invito che ho rivolto a tutta la Chiesa, alla fine del Giubileo, a «prendere il largo», fidando nella parola e nella presenza vivificante di Gesù.

Oggi concludiamo idealmente la seconda fase del «laboratorio della fede» iniziato a Tor Vergata. Lì, infatti, proponendovi gli alti ideali del Vangelo, vi ho chiesto di perseverare nel dire «» a Cristo per realizzare ogni vostro più nobile ideale.

Quando allora vi ho come «riconsegnato» il Vangelo e voi avete detto «Credo», è appunto iniziata per voi giovani romani la seconda fase del «laboratorio della fede». Grazie all'aiuto del Servizio Diocesano per la pastorale giovanile, avete intrapreso un itinerario di riflessione, desiderosi come siete di vivere insieme la missione della Chiesa in questa città. Siete cresciuti nella comunione e nella consapevolezza di essere parte viva della Chiesa diocesana di Roma. Questo cammino oggi vi conduce a rispondere insieme a Gesù che vi invita: «prendiamo il largo!».

2. Prendere il largo per andare dove? La risposta è chiara: per andare incontro all'uomo, mistero insondabile; e per andare verso tutti gli uomini, oceano sconfinato. Questo è possibile in una Chiesa missionaria, capace di parlare alla gente e, soprattutto, capace di raggiungere il cuore dell'uomo perché lì, in quel luogo intimo e sacro, si realizza l'incontro salvifico con Cristo.

Cari amici, nel mio ministero non mi sono mai stancato di incontrare le persone, e a questo sono finalizzati pure i pellegrinaggi e le visite pastorali che vado compiendo. Ed anche ora che gli anni passano, se Dio lo vorrà, non intendo fermarmi, perché sono certo che nel contatto personale con i fratelli si può più facilmente annunciare Cristo.

Questa missione però non è facile; annunciare e testimoniare il Vangelo comporta non poche difficoltà. Sì, è vero: viviamo in un tempo in cui la società è fortemente influenzata da modelli di vita che mettono al primo posto l'avere, il piacere, l'apparire in senso egoistico. La spinta missionaria dei credenti si deve confrontare con questo modo di pensare e di agire. Ma non dobbiamo temere, perché Cristo può cambiare il cuore dell'uomo ed è in grado di operare una "pesca miracolosa" quando meno lo immaginiamo.



3. Guardiamo ora, carissimi ragazzi e ragazze, più direttamente alla vostra realtà. Voi - soprattutto voi adolescenti - vivete un'età non facile, ricca di entusiasmo, ma esposta anche a pericolosi sbandamenti. La limitata esperienza di cui disponete vi pone nel rischio di essere preda di speculatori di emotività, che invece di stimolare in voi una coscienza critica, tendono ad esaltare la spregiudicatezza e presentare scelte immorali come valori. Abbassano ogni soglia tra il bene e il male e presentano la verità con il profilo mutevole dell'opportunità.

Vi auguro di avere al vostro fianco padri e madri che siano autentici educatori; amici sinceri, leali e fedeli; persone mature e responsabili, che si prendano cura di voi e vi aiutino a tendere verso quelle mete alte che Gesù stesso propone nel Vangelo.

Vorrei qui rivolgere un caldo appello a tutte le istituzioni educative, perché si pongano senza ambiguità al servizio delle nuove generazioni per farle crescere in modo sereno e consono alla loro dignità. Mi rivolgo anzitutto alle famiglie cristiane, perché siano autentiche comunità, «laboratori» in cui ci si educa alla fede e alla fedeltà nell'amore; famiglie credenti pronte ad aiutare quelle in difficoltà, perché ogni figlio che nasce possa sperimentare la tenera paternità di Dio.

4. Occorre per questo un'autentica rivoluzione culturale e spirituale, che porti il Vangelo nei circuiti della vita. Cari giovani, fatevi voi promotori di questa rivoluzione pacifica, capace di testimoniare l'amore di Cristo verso tutti, a partire dai più bisognosi e sofferenti. Voi potete fare molto, se rimanete uniti respingendo chi vi presenta mete facili, che abbassano il livello e la qualità della vita morale. Vi parla un Papa che conta ormai oltre ottant'anni, ma conserva un cuore giovane, perché ha sempre voluto e intende continuare a camminare con voi, giovani, che siete la speranza della Chiesa e della società.

E' al vostro cuore giovane che mi rivolgo anche ora. Prima che io giungessi qui in Piazza, voi avete fatto festa con cantanti, danzatori e sportivi. Quando pongono la loro professionalità a servizio dei veri valori, essi possono rendere un prezioso servizio alla gioventù. Ad essi e a tutti coloro che possono influire positivamente o, viceversa, in maniera negativa sulla vita dei ragazzi e dei giovani, chiedo di rendersi conto di questa loro grande responsabilità.

100 A voi, cari ragazzi e ragazze, ripeto: fate attenzione a ciò che vi viene proposto. Quando vi prospettano parole e modi di vivere antievangelici, abbiate la forza di dire «no».

5. "Prendere il largo" significa rifiutare quanto di negativo vi viene offerto e porre la vostra creatività e il vostro entusiasmo al servizio di Cristo. Ho ascoltato le iniziative con le quali volete intraprendere, insieme all'intera comunità diocesana, un cammino impegnativo ma fecondo di bene. Vi incoraggio a lavorare in costante collegamento tra voi, con l'aiuto dei servizi diocesani per la pastorale giovanile. Chiedo, poi, ai movimenti e alle nuove comunità di inserire le proprie esperienze nella Chiesa locale e nelle parrocchie, per la buona riuscita di quest'opera missionaria che va sempre promossa e realizzata insieme.

Organizzate, con l'aiuto degli adulti e dei sacerdoti delle vostre comunità, momenti formativi sulle questioni attuali più importanti. Condividendo la vita dei vostri coetanei nei luoghi dello studio, del divertimento, dello sport e della cultura, cercate di recare loro l'annuncio liberante del Vangelo. Rilanciate gli oratori, adeguandoli alle esigenze dei tempi, come ponti tra la Chiesa e la strada, con particolare attenzione per chi è emarginato e attraversa momenti di disagio, o è caduto nelle maglie della devianza e della delinquenza. Sforzatevi, nella pastorale della scuola e dell'università, di dar vita a gruppi studenteschi e a laboratori culturali che siano punto di riferimento per i vostri amici. Non dimenticate, inoltre, di stare accanto a chi vive l'ora del dolore e della malattia: in queste situazioni ci si può aprire più che mai al Dio della vita.

Alla base di tutto ci sia il rapporto quotidiano e sincero con il Maestro divino. Ci sia, cioè, la preghiera, l'ascolto della Parola di Dio e la meditazione, la Celebrazione eucaristica, l'adorazione dell'Eucaristia e il sacramento della Confessione. A tal proposito, mi congratulo per la bella iniziativa che vede ogni giovedì sera riunirsi in preghiera molti di voi nella chiesa di sant'Agnese in Agone, a Piazza Navona. Così pure, seguirò spiritualmente quanti fra voi prenderanno parte al pellegrinaggio in Terra Santa che progettate per il prossimo mese di settembre. Tornare alle sorgenti della fede, alla preghiera, non significa rifugiarsi in un vago sentimentalismo religioso, ma fermarsi piuttosto a contemplare il volto di Cristo, condizione indispensabile per poterlo riflettere poi nella vita.

6. Ecco, ancora una volta vi propongo l'ideale evangelico arduo, ma esaltante. Carissimi giovani, non abbiate paura e non sentitevi soli! Vi sono vicine le vostre famiglie, gli educatori, i sacerdoti. Vi è vicino il Papa. Soprattutto vi è vicino Gesù, che per primo ha obbedito alla volontà del Padre e si è lasciato inchiodare sulla Croce per redimere il mondo. La via della Croce, come ho ricordato nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù, che celebreremo domenica prossima, è la strada che Egli ci propone.

Non temete, giovani sentinelle di quest'alba del nuovo millennio, di assumervi le vostre responsabilità missionarie, che derivano dal vostro Battesimo e dalla vostra Cresima. Se il Signore poi vi chiama a servirlo più da vicino nel sacerdozio o in uno stato di speciale consacrazione, seguitelo con generosità.

Al fianco di ognuno di voi c'è Maria, la giovane Vergine di Nazaret, che ha detto «» a Dio e ha dato Cristo all'umanità. Vi aiutino i tanti vostri coetanei dei quali la Chiesa ha riconosciuto la piena fedeltà al Vangelo e addita come esempi da seguire, intercessori da invocare. Fra questi, vorrei ricordare il beato Pier Giorgio Frassati, del quale proprio domani ricorrerà il centenario della nascita. Cercate di conoscerlo! La sua esistenza di giovane «normale» dimostra che si può essere santi vivendo intensamente l'amicizia, lo studio, lo sport, il servizio ai poveri, in un rapporto costante con Dio. A lui affido il vostro impegno missionario.

Quanto a me, vi accompagno con l'affetto e la preghiera, mentre di cuore vi benedico insieme alle vostre famiglie e ai giovani dell'intera città di Roma.


ALLA COMUNITÀ


DELLA PONTIFICIA UNIVERSITÀ GREGORIANA


Venerdì, 6 aprile 2001




Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
101 Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Sono lieto di rivolgervi quest'oggi il mio cordiale benvenuto e vi ringrazio per questa visita, che avete desiderato rendermi in occasione del quattrocento cinquantesimo anniversario di fondazione del Collegio Romano, di cui l'Università Gregoriana rappresenta la felice e provvidenziale continuazione. L'odierno incontro costituisce per voi - docenti, studenti, benefattori e amici di questo Centro Accademico Romano - l'occasione per riaffermare la vostra fedeltà al Vicario di Cristo. Esso offre al Papa l'opportunità di manifestarvi vivo apprezzamento e di incoraggiarvi a proseguire nell'impegno con il quale attendete alla vostra peculiare missione nella Chiesa.

Saluto, in primo luogo, il Signor Cardinale Zenon Grocholewski, vostro Gran Cancelliere, che ringrazio per le parole che mi ha rivolto interpretando i comuni sentimenti. Con lui saluto i Cardinali e i Vescovi che hanno voluto condividere questo momento di gioia e di riconoscenza. Rivolgo un cordiale pensiero a Padre Peter-Hans Kolvenbach, Preposito Generale della Compagnia di Gesù e Vice Gran Cancelliere, e al Rettore Magnifico Padre Franco Imoda, dei quali ho ascoltato con animo grato i cordiali indirizzi. Saluto, poi, i chiarissimi docenti, la cui presenza rende particolarmente solenne questo incontro.

In modo speciale desidero salutare infine voi, carissimi alunni, che vi siete espressi attraverso il vostro rappresentante, che pure ringrazio. Con la vostra multiforme provenienza, voi arricchite il respiro universale di questa "Alma Mater". In essa voi vi preparate a servire il Popolo di Dio e ad essere protagonisti attenti e coraggiosi della vita delle vostre Diocesi e delle vostre Famiglie religiose.

2. Il primo sentimento, che in così felice circostanza emerge dal cuore, è un sentito e profondo rendimento di grazie al Signore per il secolare servizio che la vostra Università rende alla causa del Vangelo.

Sin dagli inizi, sant'Ignazio di Loyola concepì la vostra venerata Istituzione come "universitas omnium gentium", operante in Roma, accanto al Vicario di Cristo, legata a lui da stretti vincoli di fedeltà, e al servizio delle Chiese di ogni parte del mondo. Egli affidò all'allora Collegio Romano il compito di promuovere la riflessione ragionata e sistematica sulla fede per favorire la retta predicazione del Vangelo e la causa dell'unità cattolica, in un contesto sociale caratterizzato da gravi divisioni e preoccupanti germi di disgregazione.

Sin dai primi anni, l'intuizione di sant'Ignazio si rivelò provvidenziale. Con il mutare dei tempi e delle situazioni, il servizio della Gregoriana, grazie alla presenza di illustri ricercatori e docenti, è divenuto sempre più incisivo e rilevante. Attualmente essa è frequentata da oltre tremila quattrocento studenti, provenienti da ben cento trenta Paesi, ed è articolata in facoltà e specializzazioni, rispondenti alle rinnovate esigenze dello studio della Rivelazione e della tradizione cattolica, in fecondo e attento dialogo con il mondo scientifico contemporaneo.

Quest'importante ricorrenza costituisce, pertanto, una proficua occasione per rivisitare il cammino percorso, che si identifica, in gran parte, con la storia dell'evangelizzazione e della difesa della fede cattolica negli ultimi secoli.

3. Dinanzi alle sfide dell'odierna società, questo è il momento per un coraggioso rilancio della vostra Istituzione. E' l'occasione per ribadire una totale fedeltà all'intuizione ignaziana e porre in atto un rinnovamento coraggioso, perché la memoria del passato non si esaurisca nella contemplazione del già fatto, ma diventi impegno nel presente e profezia per il futuro.

Il Signore, che ha sempre guidato i vostri passi, vi ripete quest'oggi: "Duc in altum! - Prendete il largo!". Continuate - sembra Egli aggiungere - ad essere strumento privilegiato dell'annuncio del mio Vangelo agli uomini ed alle donne del terzo millennio. Potrete realizzare questa vostra missione, carissimi, nella misura in cui saprete conservare immutata la fedeltà al vostro carisma.

In effetti, l'identità specifica del vostro Centro accademico e il suo strutturale legame con la Compagnia di Gesù vi sollecitano a ribadire alcuni orientamenti di fondo, che hanno sempre guidato la vostra attività.

102 Sin dalle origini, la vostra Università si è posta come fondamentale obiettivo la "riflessione ragionata e sistematica sulla fede", stimolata sia dallo speciale rapporto di obbedienza filiale che la vincola alla Santa Sede, sia dal desiderio di dialogare con le istituzioni culturali del tempo.

4. Anzitutto, piena fedeltà al Magistero. E' questa una condizione che, come emerge dalla vostra esperienza secolare, non mortifica, anzi favorisce ancor più il servizio ecclesiale della ricerca teologica e dell'insegnamento.

I mutati scenari della cultura del nostro tempo chiedono, inoltre, ai docenti e agli studenti della vostra Università di equipaggiarsi d'un saldo equilibrio interiore, d'una chiara fermezza della mente e dello spirito e di una profonda umiltà del cuore.

Vorrei qui ricordare quanto scrivevo nell'Enciclica Fides et ratio, che cioè, quando ci si apre ad altri ambiti del sapere, occorre prestare sempre "particolare attenzione alle implicazioni filosofiche della parola di Dio e compiere una riflessione da cui emerga lo spessore speculativo e pratico della scienza teologica" (n. 105). La teologia, infatti, si costruisce nella costante attenzione al mistero di Dio ed al mistero dell'uomo.

Altro obiettivo, che vi vede impegnati in prima linea conformemente al "carisma del servizio alla Chiesa universale", tipico della Compagnia di Gesù, è un'attenzione pastorale al tema dell'unità dei cristiani, al dialogo inter-religioso e allo studio dell'ateismo contemporaneo.

Nell'odierno scenario d'un mondo globalizzato, dove più spiccata e frequente è la convivenza di uomini di fedi e culture diverse, il dialogo inter-religioso assume una rilevanza notevole, perché "il nome dell'unico Dio - come ho scritto nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte - deve diventare sempre di più, qual è, un nome di pace e un imperativo di pace" (n. 55).

5. Come può la Gregoriana, da sempre "universitas omnium gentium", non sentirsi fortemente interpellata dalle sfide del mondo moderno? Il criterio che orienta la vostra ricerca e il vostro lavoro quotidiano sia sempre la docilità allo Spirito che invia, da una parte, la Chiesa nel mondo per riconciliarlo con Dio ed anima, dall'altra, tanti uomini e donne di buona volontà, suscitando in essi l'interesse per la verità (cfr Fides et ratio, 44).

In questo sforzo continuate a far riferimento alla luminosa figura del grande missionario Padre Matteo Ricci, che trasfuse la sua testimonianza religiosa nel cuore stesso della società cinese. Egli, nel parlare del Vangelo, seppe in ogni circostanza trovare l'approccio culturale appropriato a chi lo ascoltava.

Sì, carissimi Fratelli e Sorelle, la vostra Famiglia universitaria può contare su una lunga storia segnata da tanta ricchezza di cultura e di spiritualità. Essa può, inoltre, avvalersi di docenti e di studenti che, provenendo da ogni parte del mondo, sono portatori di molteplici esperienze. Quando tutto ciò viene posto al servizio del Vangelo e accompagnato da costante ricorso alla preghiera, non può non recare gli auspicati frutti apostolici a beneficio dell'intero Popolo di Dio. Vi auguro di cuore di proseguire nella vostra missione con genuino amore alla Chiesa e sintonia costante con la Santa Sede.

Affido ciascuno di voi e la vostra Istituzione alla celeste protezione di Maria, Madre della Sapienza, di sant'Ignazio e degli altri vostri santi Patroni e, mentre vi assicuro uno speciale ricordo nella preghiera, di cuore vi imparto la mia Benedizione.


AI VESCOVI DEL PARAGUAY IN VISITA


"AD LIMINA APOSTOLORUM"


Sabato, 7 aprile 2001


103 Cari Fratelli nell'Episcopato,

1. È per me motivo di grande gioia ricevervi oggi, in questo momento culminante della visita ad limina Apostolorum, che manifesta la comunione nella fede e nella carità con il Successore di Pietro, per il quale Gesù pregò affinché non venisse meno nella sua fede e confermasse in essa i suoi fratelli (cfr
Lc 22,32). Questa stessa fede, che ci accomuna e ci riunisce attorno a Cristo, il vero Maestro, promuove anche la "preoccupazione per tutte le Chiese" (2Co 11,28) che corrisponde agli Apostoli e ai loro successori. Benvenuti, quindi, a questo incontro, nella consapevolezza che in ognuno di voi accolgo cordialmente le Chiese particolari del Paraguay, i loro sacerdoti, le comunità religiose e il popolo dei fedeli.

Ringrazio Monsignor Jorge Livieres Banks, Vescovo di Encarnación e Presidente della Conferenza Episcopale, per le cordiali parole di saluto, con le quali si è fatto interprete dell'affetto di tutti voi per il Papa, come pure delle speranze e delle principali preoccupazioni nel ministero pastorale che svolgete. Spero ardentemente che l'esperienza di questa visita vi conforti e vi illumini nelle avversità e vi incoraggi nei vostri aneliti di edificare comunità ecclesiali sempre più vigorose, coerenti con il Vangelo e desiderose di vivere con gioia il messaggio salvifico di Cristo.

2. La Chiesa in Paraguay possiede una gloriosa tradizione evangelizzatrice, che ha saputo saggiamente coniugare la santità di vita con una lunga attività missionaria, come nel caso del primo santo paraguaiano, Padre Roque de Santa Cruz, che ho avuto la gioia di canonizzare, insieme ai suoi due compagni martiri, durante la mia indimenticabile visita pastorale a questa amata terra.

All'alba del nuovo Millennio, ho voluto sottolineare proprio questo aspetto della santità di vita come fondamento di ogni progetto apostolico, che deve avere il suo centro e il suo punto di partenza in Cristo "da conoscere, amare, imitare, per vivere in lui la vita trinitaria, e trasformare con lui la storia fino al suo compimento nella Gerusalemme celeste" (Novo Millennio ineunte, NM 29).

Il Paraguay può inoltre contare su una delle testimonianze più note e significative di un'iniziativa evangelizzatrice creativa e audace, quella delle missioni francescane e gesuite. Il loro ricordo continua a insegnare ancora oggi che la "parola di vita" (cfr Jn 6,68) si avvicina all'essere umano con dolcezza, lo libera da tante oppressioni, promuove lo sviluppo integrale delle persone e nobilita la cultura di ogni popolo, purificando e portando alla pienezza i suoi peculiari valori. In effetti, "il Signore è il fine della storia umana, "il punto focale dei desideri della storia e della civiltà", il centro del genere umano, la gioia d'ogni cuore, la pienezza delle loro aspirazioni" (Gaudium et spes GS 45).

In tutto ciò si percepisce un invito ai Pastori di oggi a non lesinare sforzi nel proclamare costantemente il Vangelo e nel formare la coscienza cristiana mediante una catechesi sistematica e costante, che si radichi profondamente in tutti i loro fedeli. A tale proposito, desidero ricordare le parole che vi ho rivolto durante la memorabile visita nel vostro Paese: "Non basta portare la dottrina: bisogna fa sì che coloro che ricevono l'istruzione religiosa si sentano spinti a vivere quanto apprendono" (Ai Vescovi del Paraguay, Asunción, 16 maggio 1988, n. 3).

3. In questo contesto, una menzione particolare meritano i sacerdoti, in quanto sono i principali collaboratori del Vescovo nella missione pastorale e a suo nome "raccolgono la famiglia di Dio" (Lumen gentium LG 28). So degli sforzi considerevoli compiuti per migliorare il Seminario Nazionale ed è incoraggiante constatare l'aumento del numero dei seminaristi. È importante che questi ricevano una salda formazione spirituale, umana e intellettuale, che prosegua anche dopo il seminario nella loro vita sacerdotale, di modo che siano fedeli, costanti e generosi dispensatori dei misteri di Dio.

L'indubbia necessità di vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata non deve portare in alcun modo ad esigere meno e ad accontentarsi di una formazione e di una spiritualità mediocri. Al contrario, le circostanze attuali richiedono, forse ancor più che in altre epoche, una maggiore attenzione nella selezione e nella formazione di coloro che, oltre ad essere competenti nel proprio ministero pastorale, devono corroborare con l'esempio ciò che predicano. In effetti, l'evangelizzatore, vivendo "con semplicità secondo il modello di Cristo, è un segno di Dio e delle realtà trascendenti" (Redemptoris missio RMi 42). Perciò si richiede uno sforzo particolare affinché i sacerdoti, lungi dal limitarsi a compiere regolarmente determinate funzioni, si sentano completamente pervasi dalla carità pastorale che sollecita in ogni momento l'Apostolo (cfr 2Co 5,14).

Queste considerazioni ci inducono a prospettare la grave responsabilità dei Vescovi, non solo di organizzare bene la formazione del loro clero, ma anche di assisterlo personalmente, "come fratelli e amici" (cfr Presbyterorum ordinis PO 7). In questo delicato e cruciale compito il Vescovo deve sentirsi affettivamente ed effettivamente vicino a tutti i suoi sacerdoti, preoccupandosi dei loro bisogni spirituali e materiali, e interessandosi ai loro progetti pastorali e alle attività di ogni giorno.

Non bisogna trascurare un aspetto che ho voluto espressamente sottolineare nella mia Lettera ai sacerdoti per il Giovedì Santo di quest'anno esprimendo "la mia ammirazione per questo ministero discreto, tenace, creativo, anche se rigato talora di lacrime dell'anima che solo Dio vede" (n. 3), poiché "questo impegno quotidiano è prezioso agli occhi di Dio" (Ibidem). In effetti, non mancano le occasioni in cui la scarsa stima per l'esercizio ordinario del ministero provoca sconforto, soprattutto nei sacerdoti più giovani, ai quali occorre prestare particolare attenzione e premura.

104 4. In Paraguay vi è una presenza consistente di persone consacrate, religiose e religiosi, ai quali la storia di questo Paese deve molto, e che continuano a contribuire in modo decisivo all'evangelizzazione, sia attraverso una pastorale diretta in parrocchie e missioni, sia mediante molteplici opere di apostolato educativo o assistenziale.

In tal senso, particolarmente degno di menzione è il ruolo che svolge la donna consacrata in tanti ambiti della vita ecclesiale, soprattutto per la sua semplicità, per lo spirito di sacrificio e la vicinanza al popolo. Il suo apporto risulta estremamente prezioso, soprattutto in quegli ambiti in cui la dignità della donna viene oltraggiata o insufficientemente riconosciuta, e in cui si attende dal "genio femminile" (cfr Mulieris dignitatem
MD 31) una collaborazione specifica per superare la penosa discriminazione che perdura nel nostro tempo.

La Chiesa, pur apprezzando nei religiosi e nelle religiose la disponibilità, l'efficienza e la capacità di rispondere con prontezza alle nuove frontiere dell'evangelizzazione, non ha cessato di sottolineare che essi "trovano nella vita consacrata un mezzo privilegiato per una evangelizzazione efficace. Con la stessa intima natura del loro essere si collocano nel dinamismo della Chiesa" (Evangelii nuntiandi EN 69). Pertanto ricorda loro la necessità di mantenere sempre una "fedeltà creativa" al proprio carisma (cfr Vita consecrata VC 37). Parimenti, ribadisce la responsabilità che i Vescovi hanno di conservare e difendere il ricco patrimonio spirituale di ogni Istituto (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica CEC 586,2), corrispondendo "al dono della vita consacrata, che lo Spirito suscita nella Chiesa particolare, accogliendolo generosamente con rendimento di grazie" (Vita consecrata VC 48). Si osserva così che, nell'edificazione della Chiesa, più che gli sforzi umani, "è Dio che fa crescere" (cfr 1Co 3,7). Inoltre, di fronte alla diffusa esigenza di spiritualità, che si manifesta come un "segno dei tempi" in questo inizio di Millennio (cfr Novo Millennio ineunte NM 33), ci si deve aspettare dalle persone consacrate, in virtù della loro origine carismatica, una testimonianza di vita autenticamente evangelica e quella "sorta di istinto soprannaturale" (Vita consecrata VC 94) coltivato con cura, in grado di apportare un contributo speciale in ogni Chiesa particolare, affinché si mantenga vivo il significato della presenza di Dio e si susciti in tutti i fedeli "un vero anelito alla santità, un desiderio forte di conversione e di rinnovamento personale in un clima di sempre più intensa preghiera" (Tertio Millennio adveniente, n, 42; Vita consecrata VC 39).

5. Vedo con soddisfazione come i Vescovi del Paraguay hanno assistito e continuano ad assistere il loro popolo nella ricerca, non sempre facile, di una convivenza armoniosa e pacifica, basata sui valori della giustizia, della solidarietà e della libertà. In tale ambito, la Chiesa, che non ha aneliti estranei alla sua missione, ricerca la salvezza dell'essere umano e annuncia il Vangelo, la cui luce "per il fatto che risana ed eleva la dignità della persona umana, consolida la compagine della umana società" (Gaudium et spes GS 40). Pertanto, quando necessario, non evita la denuncia dell'ingiustizia e propone nella sua dottrina sociale i principi di carattere etico che devono orientare anche l'operato nella vita civile.

Diffondere la dottrina sociale della Chiesa acquisisce la dimensione di "un'autentica priorità pastorale" (Ecclesia in America, n. 54), sia per affrontare adeguatamente le diverse situazioni con una coscienza retta, illuminata dalla fede, sia per promuovere e orientare l'impegno dei laici nella vita pubblica. Di fatto, a poco servono le denuncie, la proclamazione teorica dei principi, se questi non vengono fermamente interiorizzati mediante una formazione generalizzata e sistematica. In tal modo si apre un ambito di influenza reale e concreta dei valori ispirati dal Vangelo nel mondo della cultura, della tecnologia, dell'economia o della politica.

A tale formazione, che deve accompagnare la crescita nella fede di ogni fedele cristiano, occorre aggiungere uno sforzo per evangelizzare anche coloro che hanno già responsabilità nelle diverse aree dell'amministrazione pubblica. Posto che il Vangelo ha qualcosa da dire anche a loro, è necessario aiutarli a scoprire che il messaggio di Gesù è prezioso e pertinente, sia per la loro vita personale e familiare, sia per la funzione che svolgono (cfr Ecclesia in America, n. 67).

Un mezzo particolarmente adeguato affinché i fedeli laici realizzino le grandi speranze che la Chiesa ripone in essi, nei compiti che corrispondono loro, è quello di una opportuna organizzazione, che faciliti la formazione, la progressiva incorporazione delle nuove generazioni, l'aiuto reciproco e l'azione apostolica coordinata. Il sorgere di diversi movimenti laicali può essere, a tale proposito, un fenomeno incoraggiante che merita una particolare attenzione da parte dei Vescovi, esortati, come dice l'Apostolo san Paolo, a "non spegnere lo Spirito, non disprezzare le profezie, esaminare ogni cosa, tenere ciò che è buono" (cfr 1Th 5,19-21). In tal modo, con l'aiuto dei propri Pastori e in perfetta comunione con essi, si forgerà un laicato vigoroso, fermamente impegnato nel cammino della santità personale, nell'edificazione della Chiesa e nella costruzione di una società più giusta.

6. Non voglio terminare questo incontro senza menzionare una delle più preziose eredità che arricchiscono le comunità ecclesiali paraguaiane, come la religiosità popolare. In molti casi è il modo in cui il Vangelo ha gettato radici più profonde nell'anima di tanti credenti. È necessario promuovere questa capacità espressiva, che implica la totalità della persona e pervade la vita comunitaria, incanalandola verso un progressivo approfondimento nella fede, che illumini tutti gli aspetti della loro vita. In tal modo, saranno ogni giorno più consapevoli di dover crescere come pietre vive che costruiscono un edificio spirituale (cfr 1P 2,5), con la forza che scaturisce da quelle "opere maestre di Dio" che sono i sacramenti (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica CEC 1116).

7. Cari fratelli nell'Episcopato, affido le vostre persone e vostre intenzioni pastorali alla Vergine Maria, nostra Madre celeste, invocata con fervore dai fedeli paraguaiani con il titolo di Pura y Limpia Concepción de Caacupé. Che Ella tenda la sua mano agli amati figli e figlie del Paraguay, ai quali vi chiedo di far giungere il saluto e l'affetto del Papa! Con questi auspici, accompagnati dalla mia preghiera e dal mio affetto, vi benedico di tutto cuore.

GP2 Discorsi 2001 97