GP2 Discorsi 2001 155


AI VESCOVI DELLA SLOVENIA IN VISITA


"AD LIMINA APOSTOLORUM"


Giovedì, 26 aprile 2001




Venerati Fratelli nell'Episcopato!

1. Con grande affetto vi porgo il mio cordiale benvenuto, in occasione della vostra visita ad limina Apostolorum. Siete venuti per rendere testimonianza della comunione di fede che lega la Chiesa che è nella Repubblica di Slovenia al Successore di Pietro, Capo del Collegio episcopale. Faccio mie, in questa circostanza, le parole dell'apostolo Paolo ai Filippesi: «Ringrazio il mio Dio ogni volta ch'io mi ricordo di voi, pregando sempre con gioia per voi in ogni mia preghiera, a motivo della vostra cooperazione alla diffusione del Vangelo» (1, 3-5).

Sono grato a Mons. Franc Rodé, Arcivescovo Metropolita di Ljubljana, per le cordiali parole che mi ha rivolto, in qualità di Presidente della Conferenza Episcopale Slovena, a nome proprio e di ognuno di voi.

Dalle relazioni sulle vostre Diocesi e, in particolare, dal colloquio fraterno che ho potuto avere con voi sull'attuale situazione della Chiesa nel vostro Paese, sul suo impegno apostolico, sulle prospettive e sulle difficoltà che incontra nell'attività di evangelizzazione, ho potuto constatare con gioia quanto grande sia lo zelo pastorale che anima voi e i vostri sacerdoti. Continuate sulla strada della fedeltà al mandato ricevuto da Cristo, sforzandovi di portare a compimento l'impegno quotidiano per la causa del Vangelo.

2. Davanti a voi, Pastori della Chiesa che è in Slovenia, si apre un vasto campo di azione evangelizzatrice. Per rispondere meglio alle attese ed alle esigenze delle vostre Comunità diocesane e dell'intera società civile, voi avete voluto celebrare il Primo Concilio Plenario Sloveno, a cui hanno dato il loro contributo i sacerdoti, i religiosi ed i fedeli laici del Paese (cfr Documento finale, p. 8). Vi esorto a fare costante riferimento alle indicazioni emerse da quell'incontro provvidenziale, continuando a vegliare «su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posti come vescovi» (Ac 20,28). Nel reggere il popolo di Dio, nel compiere gli atti di culto e nell'insegnare la dottrina trasmessa dagli Apostoli, voi sapete di dover essere sempre e in tutto «modelli del gregge» (cfr 1P 5,3).

Avete, in proposito, esempi luminosi di Pastori che hanno speso le loro energie nell'instancabile servizio ai fratelli. Vorrei qui ricordare, in particolare, il beato Anton Martin Slomšek e i servi di Dio Mons. Friderik Baraga e Mons. Anton Vovk, Vescovi. Ispiratevi ai loro insegnamenti e vi accompagni la loro intercessione.

Nel nuovo scenario sociale che si va delineando nel vostro Paese, a voi sta a cuore che, insieme con l'annuncio del Vangelo, venga pure promosso il bene comune della società, così da favorire il progresso spirituale e materiale dell'intero popolo e di ogni singola persona. Lavorare per l'autentica crescita degli uomini e delle donne del Paese fa parte della missione della Chiesa: ogni dimensione genuinamente umana, da quella sociale, culturale, politica, fino a quella economica, scientifica, socio-sanitaria, sportiva, non è infatti «estranea» al Vangelo.

156 Nello svolgere la sua specifica missione al servizio dell'uomo, la Chiesa si incontra in vari campi con lo Stato, e questo apre prospettive di una mutua e fruttuosa collaborazione, nel pieno rispetto delle legittime autonomie di ciascuno.

3. Incontrandoci quest'oggi, mi tornano alla memoria ricordi indimenticabili delle due visite pastorali, che ho potuto compiere nel vostro Paese dal 17 al 20 maggio 1996 e il 19 settembre 1999. Resta impressa nel mio animo l'emozione suscitata in me dalla calorosa accoglienza riservatami dalle Autorità del Paese, dalla Comunità cristiana e dall'intera popolazione. Conservo ugualmente vivo il ricordo di altri incontri che ho avuto con i fedeli della Slovenia in diverse circostanze qui a Roma, in particolare in occasione del pellegrinaggio giubilare nazionale. Ho potuto ogni volta costatare l'entusiasmo e lo slancio dei cattolici sloveni e rendermi conto della ricca eredità spirituale e culturale che il vostro Popolo possiede.

Alle soglie del terzo millennio, mentre anche in Slovenia si fa sentire con forte intensità l'urgenza di «un'entusiasmante opera di ripresa pastorale» (Novo millennio ineunte
NM 29), sappiate fare di tale eredità il punto di partenza per un rilancio profetico dell'annuncio evangelico. Questo si volgerà senz'altro, come già nel passato, a beneficio dell'intera Nazione. L'aiuterà a rimanere fedele ai valori umani e religiosi autentici, superando le sfide vecchie e nuove che s'incontrano sul cammino della quotidiana esistenza.

4. Mentre parlo a voi, Pastori della Chiesa che è in Slovenia, e insieme con voi guardo con fiducia al vasto campo apostolico che vi attende, il mio pensiero va ai sacerdoti, che sono i vostri primi e principali collaboratori nel servizio al Popolo di Dio; va ai diaconi e agli altri operatori pastorali, come pure ai religiosi, alle religiose e ai fedeli laici, impegnati attivamente nella vita e nella missione della comunità cristiana; va infine a quanti hanno lasciato la patria per portare l'annuncio evangelico in terra di missione. A ciascuno esprimo vivo apprezzamento per il generoso impegno apostolico. Li incoraggio a perseverare nel compito loro affidato con pronta dedizione ed umile carità, mantenendosi in piena sintonia con i Pastori e tra loro, così che il ministero di ciascuno giovi all'edificazione del Corpo mistico di Cristo e al bene della società civile (cfr CEC 799).

Quanto a voi, venerati Fratelli nell'Episcopato, la vostra missione specifica resta quella di esaminare tutto e di ritenere ciò che è buono, favorendo l'azione dello Spirito (cfr Lumen gentium LG 12), in piena comunione con il Successore di Pietro, erede di «un sicuro carisma di verità» (sant'Ireneo, Adversus haereses, IV, 26, 2: PG 7, 10,53). Voi, infatti, siete i primi responsabili dell'opera pastorale in ogni vostra diocesi.

La sintonia negli intenti apostolici e la stretta collaborazione fra tutti - presbiteri, consacrati, consacrate e fedeli laici, sotto la solerte guida del Vescovo - porterà frutti abbondanti di fede, di carità e di santità. Coltivate a tal fine, cari Fratelli, la comunione tra voi; unite le forze a livello parrocchiale, diocesano e nazionale per rispondere adeguatamente alle moderne esigenze pastorali. Potrete così, con attenta carità evangelica, creare strutture adeguate alle attuali necessità, facendo sì che nessuno rimanga escluso dalla vostra sollecitudine di Pastori. Fatelo con audacia e coraggio apostolici.

5. Ai nostri giorni la gente è più attratta dai testimoni che dai maestri, come sottolinea bene un vostro proverbio: "Le parole allettano, gli esempi trascinano". Ecco perché è importante che quanti intendono dedicarsi all'apostolato siano insigni per santità, dottrina e sapienza. La loro vita e la loro opera devono in ogni situazione riflettere l'immagine viva di Cristo.

Ciò esige, cari Fratelli nell'Episcopato, una costante formazione teologica, liturgica e pastorale, che voi non vi stancherete di assicurare alle vostre comunità. E' impegno che interessa non soltanto i presbiteri, ma anche gli altri operatori pastorali, i consacrati, le consacrate, nonché i fedeli laici. Fate in modo, pertanto, che ai sacerdoti ed a quanti si dedicano all'opera pastorale non manchi la possibilità di aggiornarsi specialmente su quei temi che si rivelano particolarmente utili ad assolvere i loro compiti quotidiani. Nello stesso tempo, ai fedeli laici, giovani ed adulti, siano offerte opportunità adeguate per approfondire la fede, in vista di una maggiore coerenza con il Vangelo a livello sia individuale che familiare e comunitario.

Dedicatevi, poi, con somma cura alla formazione umana e spirituale dei futuri sacerdoti. I seminari siano un vero Cenacolo, dove ai candidati venga offerta l'opportunità di un'autentica maturazione integrale. Allo stesso tempo, preoccupatevi che i fedeli laici si impegnino a svolgere la loro missione nei diversi ambiti della vita sociale, politica, economica e culturale del Paese, come araldi di Cristo e della forza profetica del suo Vangelo.

Occorre, pertanto, predisporre un programma pastorale che rilanci l'evangelizzazione della famiglia e dei giovani; una catechesi capillare che interessi i componenti di ogni ceto sociale, uomini e donne di ogni età, aiutandoli a scoprire e a vivere il mistero di Cristo e della salvezza celebrato nella liturgia.

6. Un'intensa e coerente testimonianza costituisce premessa e promessa di rinnovato slancio nell'evangelizzazione. In questa prospettiva, sarà quanto mai importante un'instancabile promozione delle nuove vocazioni al sacerdozio, alla vita consacrata e alle altre forme di donazione totale al Signore. Ugualmente fondamentale si rivela l'impegno a mantenere vivo lo spirito missionario che ha sempre contraddistinto la Chiesa che è in Slovenia. Possa Iddio suscitare nelle nuove generazioni tanti giovani disposti a farsi dispensatori dei Misteri della salvezza, affidati da Cristo alla Chiesa. Susciti, altresì, persone generose nel seguire Cristo sulla via della perfezione evangelica con cuore libero e indiviso.

157 Se sapranno aprirsi agli impulsi dello Spirito Santo, le vostre Comunità ecclesiali saranno lievito nella società e diffonderanno dappertutto il lieto annuncio del Signore risorto, offrendo nella propria vita la testimonianza convincente della sua potenza salvifica. Cristo Gesù, nostra speranza (cfr 1Tm 1,1), Signore della storia e Pastore della Chiesa, ricolmi voi e le vostre Chiese della sua grazia e della sua pace.

Affido questi voti augurali alla Vergine di Nazaret, umile serva del Signore. Maria vegli dal suo Santuario di Brezje sui suoi figli devoti dell'amata Slovenia e li sostenga con la sua intercessione nell'impegno di costruire il presente e il futuro in sintonia con il progetto di Dio sull'uomo e sulla società umana.

Con tali propositi, imparto di cuore una speciale Benedizione Apostolica a voi, venerati e cari Fratelli, ai sacerdoti, ai diaconi, ai consacrati, alle consacrate, ai fedeli laici e all'intera popolazione del vostro caro Paese.


AI PARTECIPANTI ALLA PLENARIA


DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA DELLE SCIENZE SOCIALI


Venerdì, 27 aprile 2001




Signore e Signori della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali

1. Il vostro Presidente ha appena espresso la vostra gioia di essere qui in Vaticano per affrontare un argomento che è motivo di preoccupazione sia per le scienze sociali sia per il Magistero della Chiesa. La ringrazio, professor Malinvaud, per le sue cortesi parole, e ringrazio tutti voi per l'aiuto che offrite generosamente alla Chiesa nel vostro campo di competenza. In occasione della Settima Sessione plenaria dell'Accademia avete deciso di affrontare in modo più profondo il tema della globalizzazione, prestando un'attenzione particolare alle sue implicazioni etiche.

A partire dal crollo del sistema collettivistico in Europa centrale e orientale, con le sue importanti conseguenze per il terzo mondo, l'umanità è entrata in una nuova fase nella quale l'economia di mercato sembra aver conquistato virtualmente tutto il mondo. Ciò ha portato con sé non solo una crescente interdipendenza delle economie e dei sistemi sociali, ma anche la diffusione di nuove idee filosofiche ed etiche basate sulle nuove condizioni di lavoro e di vita introdotte in quasi tutte le parti del mondo. La Chiesa esamina attentamente questi nuovi fatti alla luce dei principi della sua dottrina sociale. Per farlo, deve approfondire la sua conoscenza oggettiva dei fenomeni emergenti.

È questo il motivo per cui la Chiesa guarda alla vostra opera per trarne idee che potranno rendere possibile un discernimento migliore delle questioni etiche che la globalizzazione comporta.

2. La globalizzazione del commercio è un fenomeno complesso e in rapida evoluzione. La sua caratteristica principale è la crescente eliminazione delle barriere che ostacolano la mobilità delle persone, dei beni e dei capitali. È la consacrazione di un sorta di trionfo del mercato e della sua logica, che a sua volta provoca rapidi cambiamenti nelle culture e nei sistemi sociali. Molte persone, in particolare quelle più svantaggiate, la vivono come un'imposizione piuttosto che come un processo al quale possono partecipare attivamente.

Nella mia Lettera Enciclica Centesimus annus ho osservato che l'economia di mercato è un modo per rispondere adeguatamente alle necessità economiche delle persone pur rispettando la loro libera iniziativa, ma che deve essere controllata dalla comunità, dal corpo sociale con il suo bene comune (cfr nn. 31 e 58). Ora il commercio e le comunicazioni non sono più costretti entro i confini del Paese di appartenenza, è il bene universale a esigere che la logica intrinseca al mercato sia accompagnata da meccanismi di controllo. Ciò è essenziale al fine di evitare di ridurre tutti i rapporti sociali a fattori economici e di tutelare quanti sono vittime di forme di esclusione e di emarginazione.

La globalizzazione, a priori, non è né buona né cattiva. Sarà ciò che le persone ne faranno. Nessun sistema è fine a se stesso ed è necessario insistere sul fatto che la globalizzazione, come ogni altro sistema, deve essere al servizio della persona umana, della solidarietà e del bene comune.

158 3. Una delle preoccupazioni della Chiesa circa la globalizzazione è che è divenuta rapidamente un fenomeno culturale. Il mercato come meccanismo di scambio è divenuto lo strumento di una nuova cultura. Molti osservatori hanno colto il carattere intrusivo, perfino invasivo, della logica di mercato, che riduce sempre più l'area disponibile alla comunità umana per l'azione pubblica e volontaria a ogni livello. Il mercato impone il suo modo di pensare e di agire e imprime sul comportamento la sua scala di valori. Le persone che ne sono soggette spesso considerano la globalizzazione come un'inondazione distruttiva che minaccia le norme sociali che le hanno tutelate e i punti di riferimento culturali che hanno dato loro un orientamento di vita.

Ciò che sta accadendo è che i cambiamenti nella tecnologia e nei rapporti di lavoro si muovono troppo velocemente perché la cultura sia in grado di rispondere. Le tutele culturali, legali e sociali che sono il risultato degli sforzi volti alla difesa del bene comune, sono di importanza vitale per far sì che gli individui e i gruppi intermedi mantengano la propria centralità. Tuttavia la globalizzazione spesso rischia di distruggere queste strutture edificate con tanta cura, pretendendo l'adozione di nuovi stili di lavoro, di vita e di organizzazione delle comunità. Parimenti, a un altro livello, l'utilizzazione delle scoperte in campo biomedico tende a cogliere i legislatori impreparati. La ricerca stessa è spesso finanziata da gruppi privati e i suoi risultati vengono commercializzati anche prima che il processo di controllo sociale abbia avuto la possibilità di reagire. Ci troviamo di fronte a un aumento prometeico di potere sulla natura umana, al punto che il codice genetico umano stesso viene misurato in termini di costi e benefici. Tutte le società riconoscono la necessità di controllare questi sviluppi e di garantire che le nuove pratiche rispettino i valori umani fondamentali e il bene comune.

4. L'affermazione della priorità dell'etica corrisponde a un esigenza essenziale della persona e della comunità umane. Tuttavia non tutte le forme di etica sono degne di questo nome. Assistiamo all'emergere di modelli di pensiero etico che sono sottoprodotti della globalizzazione stessa e che recano il marchio dell'utilitarismo. Tuttavia i valori etici non possono essere dettati dalle innovazioni tecnologiche, dalla tecnica e dall'efficienza. Essi sono radicati nella natura stessa della persona umana. L'etica non può essere la giustificazione o la legittimazione di un sistema, ma piuttosto deve essere la tutela di tutto ciò che c'è di umano in ogni sistema.

L'etica richiede che i sistemi si adattino alle esigenze dell'uomo, e non che l'uomo venga sacrificato per la salvezza del sistema. Una conseguenza evidente di questo è che le commissioni etiche, ora presenti in quasi tutti i settori, dovrebbero essere completamente indipendenti dagli interessi finanziari, dalle ideologie e dalle concezioni politiche di parte.

La Chiesa da parte sua, continua ad affermare che il discernimento etico nel contesto della globalizzazione deve basarsi su due principi inseparabili:

- Primo, il valore inalienabile della persona umana, fonte di tutti i diritti umani e di tutti gli ordini sociali. L'essere umano deve essere sempre un fine e mai un mezzo, un soggetto e non un oggetto né un prodotto di mercato.

- Secondo, il valore delle culture umane che nessun potere esterno ha il diritto di sminuire e ancor meno di distruggere. La globalizzazione non deve essere un nuovo tipo di colonialismo. Deve rispettare la diversità delle culture che, nell'ambito dell'armonia universale dei popoli, sono le chiavi interpretative della vita. In particolare, non deve privare i poveri di ciò che resta loro di più prezioso, incluse le credenze e le pratiche religiose, poiché convinzioni religiose autentiche sono la manifestazione più chiara della libertà umana.

L'umanità nell'intraprendere il processo di globalizzazione non può più fare a meno di un codice etico comune. Con ciò non si intende un unico sistema socio-economico dominante o un'unica cultura che imporrebbero i propri valori e criteri all'etica. È nell'uomo in sé, nell'umanità universale scaturita dalla mano di Dio, che bisogna ricercare le norme di vita sociale. Questa ricerca è indispensabile affinché la globalizzazione non sia solo un altro nome della relativizzazione assoluta dei valori e dell'omogeneizzazione degli stili di vita e delle culture. In tutte le varie forme culturali esistono valori umani universali che devono essere espressi e sottolineati quale forza d'orientamento dello sviluppo del progresso.

5. La Chiesa continuerà a operare con tutte le persone di buona volontà per garantire che in questo processo vinca l'umanità tutta e non solo un'élite prospera che controlla la scienza, la tecnologia, la comunicazione e le risorse del pianeta a detrimento della stragrande maggioranza dei suoi abitanti.

La Chiesa spera veramente che tutti gli elementi creativi nella società cooperino alla promozione di una globalizzazione al servizio di tutta la persona umana e di tutte le persone.

Con queste riflessioni vi incoraggio a continuare a cercare una concezione sempre più profonda nella realtà della globalizzazione, e come pegno della mia vicinanza spirituale invoco di cuore su di voi le benedizioni di Dio Onnipotente.

AI PARTECIPANTI AL CONGRESSO INTERNAZIONALE

PROMOSSO DAL COMITATO EUROPEO


PER L’EDUCAZIONE CATTOLICA


159
Sabato, 28 aprile 2001




Monsignore,
Cari amici,

1. Vi porgo un cordiale benvenuto in occasione del Congresso internazionale delle Scuole cattoliche d'Europa, organizzato dal Comitato europeo per l'Educazione cattolica. Unendomi a voi in una fervente preghiera, auspico che il vostro incontro sia all'origine di nuove prese di coscienza del ruolo e della missione specifiche della scuola cattolica nello spazio storico e culturale europeo.

Fondandovi sulla ricchezza delle vostre tradizioni pedagogiche, siete invitati a ricercare con audacia risposte appropriate alle sfide poste dai nuovi modi di pensare e di agire dei giovani di oggi, affinché la scuola cattolica sia un ambito di educazione integrale, con un progetto educativo chiaro che ha il proprio fondamento in Cristo. Il tema del vostro Congresso, "La missione di educare: rendere testimonianza di un tesoro nascosto" pone al centro del progetto educativo della scuola cattolica l'esigenza fondamentale di ogni educatore cristiano: trasmettere la verità non solo con le parole, ma testimoniarla anche esplicitamente con la propria esistenza.

Assicurando un insegnamento scolastico di qualità, la scuola cattolica propone una visione cristiana dell'uomo e del mondo che offre ai giovani la possibilità di un dialogo fecondo fra la fede e la ragione. Parimenti, è suo dovere trasmettere valori da assimilare e verità da scoprire, "con la consapevolezza che tutti i valori umani trovano la loro piena realizzazione e di conseguenza la loro unità in Cristo" (Congresso per l'Educazione cattolica, Lettera circolare, 28 dicembre 1997, n. 9).

2. Lo sconvolgimento culturale, la mondializzazione degli scambi, la relativizzazione dei valori morali e la preoccupante disintegrazione del vincolo familiare generano in numerosi giovani una viva inquietudine, che inevitabilmente si riflette sul loro modo di vivere, di apprendere e di progettare il loro futuro. Un simile contesto invita le scuole cattoliche europee a proporre un autentico progetto educativo che permetterà ai giovani non solo di acquisire una maturità umana, morale e spirituale, ma anche di impegnarsi efficacemente nella trasformazione della società, preoccupandosi di cooperare all'avvento del Regno di Dio. Saranno allora in grado di diffondere nelle culture e nelle società europee, come pure nei Paesi in via di sviluppo dove la scuola cattolica può offrire il proprio contributo, il tesoro nascosto del Vangelo, per edificare la civiltà dell'amore, della fraternità, della solidarietà e della pace.

3. Per raccogliere le numerose sfide alle quali devono far fronte, le comunità educative devono porre l'accento sulla formazione degli insegnanti, religiosi e laici, affinché acquisiscano una consapevolezza sempre più viva della loro missione di educatori, combinando competenza professionale e scelta liberamente fatta di testimoniare in modo coerente valori spirituali e morali, ispirati dal messaggio evangelico di "libertà e carità" (Gravissimum educationis
GE 8). Cosciente della nobiltà ma anche delle difficoltà di insegnare e di educare oggi, incoraggio nella sua missione tutto il personale impegnato nel sistema educativo cattolico, affinché alimenti la speranza dei giovani, con l'ambizione di "proporre simultaneamente l'acquisizione di un sapere quanto più ampio e profondo possibile, un'educazione esigente e perseverante alla vera libertà umana e l'introduzione dei bambini e degli adolescenti che sono ad essa affidati al più elevato ideale concreto che ci sia: Gesù Cristo e il suo messaggio evangelico" (Discorso al Consiglio dell'Unione mondiale degli insegnanti cattolici, 1983).

L'esperienza acquisita dalle comunità educative delle scuole cattoliche in Europa, in una "fedeltà creativa" al carisma vissuto e trasmesso dai fondatori e dalle fondatrici delle famiglie religiose impegnate nel mondo dell'educazione, è insostituibile. Essa permette di perfezionare continuamente il vincolo che unisce le istituzioni pedagogiche e spirituali proposte e la loro conformità allo sviluppo integrale dei giovani che ne beneficiano. Come non insistere anche sugli stretti rapporti di collaborazione che devono unire la scuola e la famiglia, in modo particolare in questo tempo in cui il tessuto familiare è più fragile? Qualunque sia la struttura scolastica, i genitori restano i primi responsabili dell'educazione dei loro figli. Spetta alle comunità educative promuovere la collaborazione, affinché i genitori prendano coscienza in modo rinnovato del loro ruolo educativo e siano assistiti nel loro compito fondamentale, ma anche affinché il progetto educativo e pastorale della scuola cattolica venga adeguato alle legittime aspirazioni delle famiglie.

4. Le scuole cattoliche devono infine raccogliere un'altra sfida, che riguarda il dialogo costruttivo nella società multiculturale del nostro tempo. "L'educazione ha una particolare funzione nella costruzione di un mondo più solidale e pacifico. Essa può contribuire all'affermazione di quell'umanesimo integrale, aperto alla dimensione etica e religiosa, che sa attribuire la dovuta importanza alla conoscenza e alla stima delle culture e dei valori spirituali delle varie civiltà" (Messaggio per la Giornata mondiale della Pace, 8 dicembre 2000, n. 20). In tal modo lo sforzo compiuto per accogliere in seno alle scuole cattoliche giovani appartenenti ad altre tradizioni religiose deve proseguire, senza che ciò attenui tuttavia il carattere proprio e la specificità cattolica degli istituti. Nel consentire l'acquisizione di competenze nello stesso ambito educativo, questa accoglienza struttura il vincolo sociale, favorisce la conoscenza reciproca in un confronto sereno e permette di progettare insieme il futuro. Questo modo concreto di superare la paura dell'altro costituisce indubbiamente un passo decisivo verso la pace nella società.

5. Le scuole cattoliche in Europa sono così chiamate a essere comunità dinamiche di fede e di evangelizzazione, in stretto rapporto con la pastorale diocesana. Essendo al servizio del dialogo fra la Chiesa e la comunità degli uomini, impegnandosi a promuovere l'uomo nella sua integrità, esse ricordano al popolo di Dio il punto centrale della sua missione: permettere a ogni uomo di dare un senso alla propria vita facendo scaturire il tesoro nascosto che gli è proprio, e invitare così l'umanità ad aderire al progetto di Dio manifestato in Gesù Cristo.

160 Affidando la fecondità del vostro Congresso all'intercessione della Vergine Maria, vi invito a lasciarvi istruire da Cristo, ricevendo da Lui, che è "la Via, la Verità e la Vita" (Jn 14,6), la forza e il piacere di compiere la vostra missione entusiasmante e delicata. A voi tutti, organizzatori e partecipanti a questo Congresso, così come alle vostre famiglie, a tutto il personale dell'ambito educativo cattolico e ai giovani che segue, imparto di cuore la Benedizione Apostolica.

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE


AL SUPERIORE GENERALE


DEI FRATELLI DELLE SCUOLE CRISTIANE


Al Fratello
Alvaro Rodríguez Echeverría
Superiore generale dei Fratelli delle Scuole Cristiane

1. In occasione del trecentocinquantesimo anniversario del "dies natalis" di san Giovanni Battista de La Salle, sono lieto di unirmi ai Fratelli delle Scuole cristiane e alle persone che condividono l'ideale lasalliano, rendendo grazie per l'esempio del "Patrono speciale degli educatori dell'infanzia e della gioventù", che fondò il vostro Istituto "al fine di dare un'educazione cristiana ai poveri e di fortificare la gioventù lungo il cammino della verità". Il cuore colmo di gioia davanti alle meraviglie compiute dai Fratelli nel corso della loro storia, vi invito a "riproporre con coraggio l'intraprendenza, l'inventiva e la santità" del vostro fondatore (Vita consecrata, VC 37), affinché si rafforzi in ognuno il desiderio di rispondere con generosità al carisma della vostra famiglia religiosa.

2. Ho già avuto occasione di ricordare il genio pedagogico di Giovanni Battista de La Salle, come pure l'importanza della vostra missione fra i bambini e i giovani, soprattutto poveri o in difficoltà. Il vostro ideale, sempre attuale, richiede discepoli che si lascino modellare da Dio e che, pieni di entusiasmo per l'educazione e l'evangelizzazione, sappiano proporre alla gioventù la speranza cristiana e motivi per vivere. Facendo scoprire ai giovani l'affascinante figura del vostro fondatore, li invitate a fare, sul suo esempio, l'esperienza di un incontro intimo con Cristo e li introducete a quello "sguardo del cuore portato sul mistero della Trinità che abita in noi, e la cui luce va colta anche sul volto dei fratelli che ci stanno accanto" (Novo Millennio ineunte NM 43).

3. Il segreto di Giovanni Battista de La Salle è il rapporto intimo e vivo che intrattiene con il Signore nella preghiera quotidiana, fonte alla quale attinge l'audacia inventiva che lo caratterizza. Ascoltando Dio, riceve quella luce che poco a poco gli permette di discernere le urgenze della sua epoca, per rispondervi in modo adeguato. Mossi dallo Spirito "che abita in voi" e che "deve penetrare a fondo nella vostra anima" (Giovanni Battista de La Salle, Méditations pour tous le dimanches de l'année, n. 62, 3), vivrete sempre più conformemente al dono ricevuto dal vostro fondatore. Lui che supplicava i suoi Fratelli di vivere come "uomini interiori" (Explications de la méthode d'oraison, n. 3), ci svela nel tesoro dei suoi scritti la dimensione contemplativa della sua vita e dunque di qualsiasi vita cristiana e missionaria. Seguendo il suo esempio, rinnovati dal loro incontro personale con Cristo, i Fratelli saranno in grado di annunciare il Vangelo ai giovani che sono affidati loro e di seguirli con delicatezza nella loro crescita umana, morale e spirituale.

4. Desidero attirare l'attenzione dei membri dell'Istituto sull'importanza della testimonianza della vita fraterna. Giovanni Battista de La Salle vi vedeva uno strumento essenziale per permettere ai Fratelli di compiere al meglio la loro missione di educazione e di evangelizzazione. "Occorre impegnarsi in modo particolare per essere uniti in Dio e avere un solo cuore e un solo spirito; e ciò che deve animare di più è, come dice san Giovanni, il fatto che colui che dimora nella carità dimora in Dio e Dio dimora in lui" (Méditations, n. 113, 3). Chiamata a rendere visibile il dono della fraternità fatto da Cristo alla Chiesa, la comunità ha il dovere "di essere e di apparire come una cellula d'intensa comunicazione fraterna, segno e sprone per tutti i battezzati" (La vie fraternelle en communauté, n. 2b). Esercita così un'attrattiva naturale e la gioia di vivere che emana da essa, anche nelle difficoltà, diviene una testimonianza che conferisce alla vita religiosa una grande forza di attrazione e che è fonte di vocazioni.

5. In questo contesto, incoraggio i Fratelli a fare delle loro case scuole di vita fraterna, promuovendo e diffondendo un'autentica "spiritualità della comunione" (Novo Millennio ineunte, NM 43), e associando i giovani che sono affidati loro e i laici che collaborano alla loro missione, aiutandoli tutti a scoprire e a condividere il carisma dell'Istituto. Sono lieto delle iniziative già prese, come la creazione del "Réseau Lassalien Jeunes", iniziativa che sarà bene proseguire e sviluppare. Da qui nasce uno scambio che permette ai battezzati di scoprire e di vivere pienamente la loro vocazione specifica, e ai fratelli di ricordare l'esigenza di quella "misura alta della vita cristiana ordinaria" che è la santità, con una "pedagogia della santità, che sia capace di adattarsi ai ritmi delle singole persone" (Novo Millennio ineunte, NM 31), in particolare dei giovani.

6. "Voi non avete solo una gloriosa storia da ricordare e da raccontare, ma una grande storia da costruire! Guardate al futuro, nel quale lo Spirito vi proietta per fare con voi ancora cose grandi" (Vita consecrata, VC 110). Cari Fratelli, che questo anniversario rinnovi la vostra fedeltà a Cristo e al Vangelo! Per la famiglia lasalliana si apre un millennio in cui è invitata a procedere "contando sull'aiuto di Cristo" (Novo Millennio ineunte, NM 58) che, contemplato e amato, ci chiama ancora una volta a seguirlo.

Lungo questo cammino, la Vergine santissima ci accompagna. Le ho affidato il terzo millennio e l'ho invocata come stella della nuova evangelizzazione. Che Ella possa accompagnare anche i figli spirituali di San Giovanni Battista de la Salle e farli crescere in disponibilità e santità, nel servizio a Cristo e insieme ai loro fratelli! Di tutto cuore, affidandovi all'intercessione del vostro Fondatore e di tutti i santi del vostro Istituto, imparto a tutti voi Fratelli la Benedizione Apostolica, che estendo ai giovani, ai membri delle vostre comunità educative e a tutti coloro che condividono l'ideale lasalliano.

161 Dal Vaticano, 26 aprile 2001


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