GP2 Discorsi 2001 161

IOANNES PAULUS II





AI PELLEGRINI CONVENUTI PER LA BEATIFICAZIONE


DI MANUEL GONZÁLEZ GARCÍA, MARIA ANNA BLONDIN,


CATERINA VOLPICELLI, CATERINA CITTADINI


E CARLOS MANUEL CECILIO RODRÍGUEZ SANTIAGO


Lunedì, 30 aprile 2001

Carissimi Fratelli e Sorelle!


1. Con grande gioia saluto ed accolgo voi, che siete venuti a Roma per onorare i nuovi Beati: Manuel González García, Maria Anna Blondin, Caterina Volpicelli, Caterina Cittadini, Carlos Manuel Cecilio Rodríguez Santiago. Voi rappresentate molte nazioni, quasi a riflettere l'estensione della testimonianza di questi generosi discepoli di Cristo, un'estensione che, per la grazia di Dio, non conosce confini. In effetti, la Chiesa esprime pienamente la sua missione universale quando parla il linguaggio della santità, e più che mai deve adottare questo linguaggio nell'epoca contemporanea, in cui lo Spirito la spinge ad un rinnovato annuncio del Vangelo in ogni angolo della terra.

2. Saluto con affetto tutti voi Vescovi e pellegrini spagnoli che avete partecipato con gioia alla Beatificazione di Monsignor Manuel González García, conosciuto come "il Vescovo dei Sacrari abbandonati", fondatore delle Missionarie Eucaristiche di Nazareth e di diverse opere volte a diffondere la devozione eucaristica, tanto importante per la spiritualità cristiana.
La sua vita fu quella di un Pastore totalmente dedito al suo ministero, che utilizzò tutti i mezzi a sua disposizione: la predicazione, la pubblicazione di scritti, la promozione di istituzioni per lo sviluppo della vita cristiana e soprattutto la testimonianza di una vita esemplare, il cui messaggio continua a essere profondamente attuale. In effetti, la nostra esistenza sarebbe priva di un elemento essenziale se noi per primi non fossimo contemplatori del volto di Cristo (cfr Novo Millennio ineunte NM 16). Quale migliore contemplazione del Signore dell'adorarlo e dell'amarlo nel Sacramento delle sua presenza reale per eccellenza? Il culto eucaristico è il centro che rafforza tutta la vita cristiana poiché i fedeli, rispondendo alla richiesta del Signore, "restate qui e vegliate con me" (Mt 26,38), trovano in Lui la forza, la consolazione, la ferma speranza e l'ardente carità che provengono dalla presenza misteriosa e occulta, ma reale, del Signore.
Pertanto vi incoraggio tutti a imitare il nuovo Beato nel suo assiduo contatto con il Signore sacramentato, presentandogli le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dell'umanità attuale (cfr Gaudium et spes GS 1). Allo stesso tempo, incoraggio le Missionarie Eucaristiche di Nazareth a restare sempre fedeli al carisma del loro Fondatore, invitando gli uomini e le donne di oggi ad ascoltare la voce di Gesù Cristo, la Via, la Verità e la Vita, presente nel sacrario.

3. Desidero salutare ora il signor Cardinale Luis Aponte Martínez, Arcivescovo emerito di San Juan, e gli altri Vescovi di Puerto Rico che, accompagnati da Autorità, sacerdoti e numerosi pellegrini, hanno partecipato ieri alla cerimonia di Beatificazione di Carlos Manuel Rodríguez Santiago, affettuosamente conosciuto come Charlie. Nato a Caguas, consumò la sua dedizione al Signore a quarantaquattro anni, dopo una vita feconda di apostolato e dopo aver sopportato con grande forza le sofferenze della malattia.

La vita di questo nuovo Beato fu quella di un laico impegnato nella diffusione dell'umanesimo cristiano nell'ambito universitario. Svolse la sua opera apostolica nel Centro Universitario Cattolico, incoraggiando i suoi membri a vivere il momento presente, in fedeltà al passato e aperti al futuro, promuovendo la diffusione di un pensiero di perfetto equilibrio cristiano fra il naturale e il soprannaturale, fra l'antico e il moderno.

Voi laici portoricani avete trovato in questa figura senza pari della vostra terra, tanto vicina a noi nel tempo, un esempio da imitare. Perciò, raggruppati nei "Circoli" che portano il suo nome, e animati anche dai Vescovi, avete promosso la sua causa. Sono lieto di questa iniziativa culminata nella solenne cerimonia di ieri. Ora, proposto ufficialmente come modello di santità, è anche un vostro concittadino che intercede per voi dal cielo.

4. L'esistenza e l'apostolato di Madre Marie-Anne Blondin attestano la sua capacità di lasciarsi afferrare da Cristo, per passare quotidianamente con Lui dalla morte alla vita. Dall'intimità con Cristo Madre Marie-Anne Blondin trae non solo il suo dinamismo missionario ma anche la forza profetica per vivere nel quotidiano il perdono evangelico. I momenti più dolorosi della sua esistenza saranno trasfigurati dalla sua volontà di perdonare incessantemente in nome di Cristo, ritenendo che vi è più felicità nel perdonare che nel vendicarsi. Possa la stimolante testimonianza di Madre Marie-Anne Blondin incoraggiare la Chiesa a portare la pace al mondo e ad essere vicina a tutte le persone ferite della vita, in particolare negli ambiti dell'educazione, della sanità e dell'animazione pastorale e sociale, per rendere testimonianza dell'amore che Dio nutre per ogni uomo e per annunciare il suo perdono liberatore, che riduce a un nulla tutte le logiche dell'odio e dell'esclusione!

162 5. Caterina Volpicelli visse nella Napoli della metà del secolo diciannovesimo. Ricevette in famiglia una solida formazione umana e religiosa ed ebbe modo di incontrare alcuni uomini di Dio, quali il Beato Ludovico da Casoria, il barnabita Leonardo Matera e il Beato Bartolo Longo, che segnarono profondamente il suo itinerario spirituale. Il suo cuore andò sempre più dilatandosi secondo le dimensioni del Cuore di Cristo, di cui si fece discepola e apostola ardente, coltivando un'intensa vita eucaristica e l'Apostolato della Preghiera.

Proprio con le prime zelatrici dell'Apostolato della Preghiera Caterina fondò l'Istituto delle Ancelle del Sacro Cuore, che, dopo l'approvazione dell'Arcivescovo di Napoli, ricevette il decreto di lode dal mio predecessore Leone XIII. Nutrite di così ricco alimento interiore, Caterina e le Consorelle si fecero "buone Samaritane" in svariate situazioni di povertà, facendo non soltanto un'opera di filantropia e di beneficenza, ma testimoniando un'autentica carità evangelica con stile sobrio e discreto, solidale e rispettoso verso le persone semplici e umili. La sua eredità apostolica è un dono assai prezioso per la Chiesa, di cui vogliamo rendere grazie al Signore. Possa tale patrimonio religioso essere conservato e incrementato dalle sue figlie spirituali.

6. Mi rivolgo ora a voi, carissimi Fratelli e Sorelle, che esultate per la beatificazione di Caterina Cittadini, con un particolare pensiero alle Suore Orsoline di San Girolamo in Somasca, da lei fondate.

La grande intuizione di questa illustre figlia della terra bergamasca fu quella di aver colto l'importanza della scuola come fondamentale mezzo di formazione del cittadino e del cristiano. In tal modo, ella ha anticipato profeticamente gli orientamenti del Concilio Vaticano II, che nella Dichiarazione sull'educazione cristiana Gravissimum educationis circa la scuola cattolica esorta a "coordinare l'insieme della cultura umana con il messaggio della salvezza" (n. 8).

Il metodo pedagogico elaborato dalla nuova Beata è basato sulla conoscenza personale e sul rapporto diretto con le educande. Lo indica lei stessa alle sue maestre nell'esortazione contenuta nella Regola: "Tengano per singolare benefizio di Dio l'occuparsi di una carica che appartiene agli Angeli, e si stimino felici ed indegne d'essere impiegate all'istruzione delle scolare; mostrino desiderio del loro profitto, ricordando che nostro Signore dice: Quello che fate ad uno di questi minimi io lo tengo fatto a me medesimo" (cap. XVI, 2).

Auguro di cuore a voi, care Suore Orsoline di Somasca, e a quanti come voi si ispirano alla spiritualità e all'esempio di Caterina Cittadini, di proseguire fedelmente nel solco da lei tracciato, per essere guide sicure nel cammino di fede e nella formazione culturale dei ragazzi e dei giovani.

7. Carissimi Fratelli e Sorelle, la vostra presenza devota e festosa, ieri e oggi, ha conferito maggior risonanza ecclesiale alla proclamazione dei nuovi Beati. Siate voi stessi i primi imitatori di questi Fratelli e Sorelle, che la Chiesa addita quale modelli di vita evangelica! Invocateli nella preghiera; approfondite e fate conoscere la loro testimonianza; imitatene le virtù. Nella comunione dei santi, la fede ci consente di sentirli vicini, insieme con la Vergine Maria, Regina di tutti i Santi, alla quale vi affido, insieme con i vostri cari. Con tali sentimenti, tutti vi benedico.

MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AL MOVIMENTO LAICALE DEI TERZIARI MINIMI




Carissimi Terziari Minimi!

1. In occasione del V Centenario dell'approvazione della Prima Regola, con la quale prendeva vita giuridicamente il Movimento laicale dei Terziari Minimi, mi avete voluto chiedere, tramite il Correttore Generale dell'Ordine, P. Giuseppe Fiorini Morosini, una parola di incoraggiamento a proseguire nel cammino di fede e di impegno apostolico in comunione piena con la Sede di Pietro. Ho accolto volentieri questo vostro desiderio ed auspico di cuore che voi vi manteniate sempre nella più generosa fedeltà alla Chiesa e ai suoi Pastori, come è nello stile del vostro Movimento, da quando, il 1° maggio 1501, con la bolla Ad ea quae, il Papa Alessandro VI, accogliendo la richiesta dell'eremita Francesco di Paola, approvò la prima stesura della vostra Regola, unitamente alla seconda stesura della Regola dei Frati Minimi del Primo Ordine, e nacque così, ufficialmente, il vostro movimento laicale di Terziari di fr. Francesco di Paola.

Alla fine del secolo XV l'Eremita di Paola apparve a tutti quale insigne promotore della riforma della Chiesa. Alcuni tra la nobiltà e il popolo, senza rinunciare alla loro attività ed allo stato coniugale, chiesero di condividere più da vicino il suo impegno penitenziale. Per consentire lo­ro la partecipazione ai privilegi ed ai benefici spirituali concessi dal Papa ai Frati, il Paolano, durante l'Anno Santo del 1500, maturò l'idea di riscrivere la Regola per i religiosi e di stenderne una del tutto nuova per quei fedeli che lo avevano scelto come guida e maestro di vita spirituale. I Terziari Minimi vollero impegnarsi, insieme con i Frati, in una particolare testimonianza della penitenza evangelica, che si esplicò fondamentalmente mediante il ripristino dell'antica forma della disciplina penitenziale, segnata nel secolo XV da profonda crisi.

Nella storia plurisecolare dei Terzi Ordini secolari, l'approvazione della vostra Regola costituisce un interessante segno di novità: non era mai avvenuto, infatti, che le Regole del Primo e Terz'Ordine fossero state composte contemporaneamente dal medesimo Fondatore, definendo così, fin dal principio, rapporti e carismi.

163 Come in tutti i momenti di cambiamento, anche oggi la Chiesa chiede ai credenti quella indispensabile conversione delle coscienze, che sola può garantire il rinnovamento della società. Non è stato forse all'insegna della penitenza e della conversione che abbiamo celebrato il Grande Giubileo dell'anno 2000, da poco concluso?

2. E' in questa medesima prospettiva che vi invito a commemorare la lieta ricorrenza del vostro centenario, riscoprendo il valore e l'attualità della vostra Regola. Essa si apre con l'invito solenne a prendere sul serio il cammino evangelico, garanzia di autentica felicità: "Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti" (
Mt 19,17 cfr Regola, cap. I). E' questo il punto di partenza per chi decide di mettersi alla sequela di Gesù, accettando la radicalità evangelica, che non si accontenta di un'onestà naturale, ma comporta scelte coraggiose, non di rado contrastanti con il comune sentire. Seguite in questo il vostro Fondatore, che fu additato dalla Chiesa come imitatore ardentissimo del nostro Redentore (cfr Alessandro VI, Ad fructus uberes, 20 maggio 1502).

Molto a proposito torna oggi la proposta penitenziale della vostra Regola, fondata sulla spiritualità "quaresimale", vera novità del carisma della famiglia dei Minimi, che voi condividete. Il mio predecessore Alessandro VI, approvando simultaneamente la vostra Regola e quella dei Frati del Primo Ordine, ha inteso additare alla Chiesa uno stile evangelico basato sulla penitenza, secondo un itinerario caratterizzato dagli insegnamenti salutari di fr. Francesco di Paola (cfr Bolla Ad ea quae). E' proprio nello sforzo penitenziale di conversione che voi oggi trovate l'attualità e l'originalità della vostra missione ecclesiale.

L'invito a fare penitenza, rivolto da Gesù all'inizio della sua predicazione (cfr Mc 1,15), pone i battezzati nella condizione di essere nel mondo senza essere del mondo. Perciò la vostra Regola (cfr cap. IV) vi richiama, con le parole dell'apostolo Giovanni, al distacco affettivo dal mondo: "Non amate né il mondo, né le cose del mondo" (1Jn 2,15); e con san Giacomo vi ricorda che "chi vuole essere amico del mondo si rende nemico di Dio" (4,4). L'esortazione esplicita a fuggire l'usura, i contratti illeciti e ogni forma di avarizia (cfr Regola, cap. I) evidenzia come il Fondatore avesse allora ben chiara la percezione dei cambiamenti in atto nella società; mutamenti che avrebbero creato, fuori dell'ottica evangelica, gli squilibri sociali ed economici, che ancora oggi noi lamentiamo.

 Quanto utili risultano anche oggi i saggi suggerimenti dell'eremita penitente Francesco di Paola: "La gloria di questo mondo è falsa e le ricchezze fugaci. Felice colui che pensa ad una vita buona piuttosto che longeva; felice colui che si preoccupa più di una coscienza pura che della cassa piena" (Regola, cap. IV).

3. Il Concilio Vaticano II insegna quanto sia necessaria quella libertà interiore, che non distoglie dall'impegno nel mondo, dalla volontà di servirlo e di salvarlo (cfr Gaudium et spes, cap. IV), sull'esempio di Gesù (cfr Mt 9,36). Anzi, è proprio in forza di questa "distanza amorosa" che i cristiani possono rendere ragione della spe­ranza che la fede in Gesù, unico Salvatore, dona loro (cfr 1P 3,15), abilitandoli ad essere "buoni samaritani" in questa nostra società (cfr Paolo VI, Omelia per la chiusura del Concilio Ecumenico Vaticano II).

Tutto ciò comporta sacrificio, perché chiede di mortificare e troncare quei legami che rischiano di renderci schiavi del male. Nasce da qui l'importanza del combattimento spirituale, che si attua nella preghiera, nella contemplazione del volto di Cristo e nell'ascesi interiore. Il vostro Fondatore vi ha indirizzato sulla via dell'ascesi, chiedendovi questo impegno spirituale come condizione necessaria per l'appartenenza al suo Ordine: "Chi vorrà militare per Dio in questo genere di vita deve dominare la sua carne" (Regola, cap. V). Egli ha poi ricordato, a sostegno delle prescrizioni della Regola, le parole dell'apostolo Paolo: "Mortificate quella parte di voi che appartiene alla terra" (Col 3,5), perché "se vivrete secondo la carne, voi morirete; se invece con l'aiuto dello Spirito voi fate morire le opere del corpo, vivrete" (Rm 8,13).

L'impegno richiesto dalla vostra Regola non vi chiude in una spiritualità intimistica, ma, facendo appello alla peculiare vostra missione penitenziale, vi spinge alla condivisione di ciò che è vostro con i fratelli più bisognosi. A questa costante tensione religiosa della Chiesa è invitato a ispirarsi ogni battezzato. San Francesco di Paola, seguace e imitatore degli antichi Padri, molto saggiamente ha unito in un unico discorso, nella Regola che vi ha lasciato, il digiuno, l'astinenza e le opere di misericordia (cfr Regola, cap. V), dando così a voi, nell'unità del carisma che condividete con i Frati e le Monache, la preferenza per l'impegno di una carità operosa.

Accogliete, carissimi Terziari Minimi, l'invito che ho rivolto a tutta la Chiesa a fare spazio ad una nuova fantasia della carità (cfr Novo millennio ineunte NM 50), considerando le esigenze che avete già individuato nella comune ricerca fatta con i Religiosi del Primo Ordine. Non possiamo ripartire e prendere il largo all'inizio di questo nuovo millennio, senza farci più attenti ai bisogni dei fratelli: "La carità delle opere assicura una forza inequivocabile alla carità delle parole (Ibid., 1). Imparate dal vostro Fondatore la mirabile sintesi tra la dimensione contemplativa e la testimonianza della carità, che egli ha sviluppato mediante un apostolato di accoglienza di quanti a lui ricorrevano, fiduciosi di trovare comprensione e condivisione. Egli ha saputo entrare in sintonia con tutti i bisognosi, afflitti nel corpo e nello spirito.

4. La fausta celebrazione di questo V Centenario vi offre l'opportunità di essere protagonisti privilegiati nella nuova evangelizzazione. Non temete di fronte alle difficoltà, perché la Regola vi indica i mezzi necessari per essere forti e procedere sicuri. Essa vi propone anzitutto la preghiera come sacrificio di lode da immolare quotidianamente a Dio (cfr Regola, cap. II), perché possiate distinguervi in quell'arte della preghiera (cfr Novo millennio ineunte NM 32), che ho prospettato a tutte le comunità cristiane, affinché l'azione pastorale sia profondamente radicata nella contemplazione e nella preghiera (Ibid., 15).

C'è, poi, nel vostro codice di vita l'esortazione a curare il decoro della coscienza con il sacramento della Riconciliazione. Le espressioni usate in proposito conservano tutto il loro fascino, nonostante siano legate a una spiritualità lontana dal nostro modo di sentire: "Gesù Nazareno - egli scrive - tutto pieno di fiori, la cui gioia è stare con i figli dell'uomo, si diletta dei fiori delle virtù" (Regola, cap. III). Vi è, infine, l'invito alla partecipazione all'Eucarestia, nella quale trovate la fonte della vostra fedeltà. Le parole del Fondatore meritano di essere ricordate per la loro forza espressiva: "L'ascolto quotidiano della Messa sia per voi un consiglio salutare, affinché muniti delle armi della Passione di Cristo, che nella Messa si ricorda, possiate essere forti e saldi nell'osservanza dei comandamenti di Dio. Ascoltando la Messa pregherete anche perché la morte Cristo sia la vostra vita, il suo dolore il lenimento del vostro dolore, la sua fatica il vostro riposo eterno" (Regola, cap. III). Meditando a lungo la vostra Regola, troverete dunque una nuova spinta per dare ancor più valore al sacramento della Riconciliazione e alla Messa domenicale.

164 5. Il V Centenario vi porti, pertanto, a una più intima riscoperta del prezioso codice di vita spirituale, che san Francesco di Paola vi ha lasciato. Fatelo come singoli cristiani impe­gnati nel mondo. Fatelo come comunità, testimoniando che è possibile costruire una fraternità universale, secondo il progetto divino. "Fraternità" si chiamano le vostre aggregazioni locali, all'interno delle quali i fratelli sono chiamati a essere strumenti di perdono, di riconciliazione e di pace (cfr Regola, cap. VII).

Partecipando con i Frati del Primo Ordine e le Monache del Secondo Ordine dello stesso carisma, trovate con loro forme di collaborazione e di condivisione apostolica. La partecipazione di una vostra delegazione all'ultimo Capitolo Generale del Primo Ordine ha coronato un lodevole cammino iniziato già da alcuni anni, secondo quanto avevo suggerito e sperato all'indomani del Sinodo sulla vita consacrata (cfr Vita consecrata
VC 56). Proseguite su tale strada verso una condivisione ancora più piena del vostro comune carisma.

Vi accompagni la Vergine Santa, Madre della Chiesa e sostegno della nostra speranza. Da parte mia, vi assicuro un ricordo nella preghiera e, mentre invoco sui vostri propositi e sul vostro impegno la protezione del Fondatore san Francesco di Paola e dei santi Patroni, Terziari Minimi anch'essi, san Francesco di Sales e santa Giovanna di Valois, di cuore vi benedico.

Dal Vaticano, 1° Maggio 2001

IOANNES PAULUS II


                                                                       Maggio 2001

DISCORSO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


AI MEMBRI DELLA PRESIDENZA E SOCI


DEL CIRCOLO SAN PIETRO


Giovedì, 3 maggio 2001




Carissimi Dirigenti e Soci del "Circolo San Pietro"!

1. Grazie di cuore per questa visita, che mi offre, come ogni anno, la gradita occasione di incontrarvi. Vi saluto con affetto ed estendo il mio pensiero alle vostre famiglie e a coloro che non hanno potuto essere presenti.

Saluto e ringrazio il vostro Presidente Generale, il Dott. Marcello Sacchetti, che ha voluto gentilmente farsi interprete dei comuni sentimenti. Nelle parole da lui pronunciate ho colto l'entusiasmo e la generosità con cui la vostra Associazione quotidianamente svolge il proprio servizio liturgico e l'intensa attività caritativa, specialmente verso i più poveri. Ho pure ascoltato con attenzione i progetti che avete in animo di realizzare perché, come è stato detto poc'anzi, il vostro Sodalizio sia sempre più "fedele prolungamento della mano caritatevole" del Successore di Pietro. Un saluto fraterno dirigo al vostro Assistente spirituale, Mons. Ettore Cunial, e agli altri sacerdoti che curano la vostra formazione religiosa.

2. Accogliendovi quest'oggi, il mio pensiero va all'Anno Santo, da qualche mese felicemente concluso, e al significativo e qualificato apporto che al suo svolgimento voi avete offerto. Oltre alle attività liturgiche, è stata ricordata all'inizio di quest'incontro la quotidiana distribuzione di pasti ai poveri da voi operata nei chioschi approntati presso le quattro Patriarcali Basiliche. E' stata inoltre curata dalla vostra Associazione la raccolta di tante testimonianze di persone d'ogni nazione e continente venute a Roma per il Giubileo. Ne avete voluto fissare alcune in un libricino, di cui intendete farmi dono. Grazie per la vostra apprezzata cooperazione. Iddio vi ricompensi!

Con l'animo ricolmo delle emozioni provate lungo il cammino giubilare, ci siamo introdotti nel nuovo secolo e nel nuovo millennio, consapevoli che il Signore ci chiama ad essere gli apostoli di questo nostro tempo. Il ricordo delle forti esperienze ecclesiali vissute costituisce sicuramente uno stimolo a spalancare il cuore ai promettenti orizzonti della nuova evangelizzazione. E' con questo spirito che anche voi, carissimi, dovete riprendere la strada 'ordinaria' del vostro apostolato, semplice e ad un tempo profondo, diffondendo la speranza cristiana dappertutto.

165 3. Non dimenticate che è la santità il primo impegno di ogni cristiano e di ogni comunità. Ho voluto ribadirlo nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte, affidata all'intero Popolo di Dio come dono del Giubileo.

Cercate, pertanto, di vivere quest'ideale evangelico anzitutto nelle vostre famiglie, perché siano 'oasi' di spiritualità familiare e di apertura verso il prossimo. Nel lavoro poi e nelle attività professionali, manifestate la vostra adesione a Cristo, propagandone la luce con ogni gesto e comportamento. La ricerca incessante della santità da parte di tutti i soci sono certo che imprimerà al Circolo San Pietro un rinnovato anelito di autentica novità, specialmente se sarà sostenuta dalla preghiera e dall'ascolto docile della Parola di Dio, come pure dall'assidua partecipazione ai sacramenti e da uno stile conforme agli insegnamenti evangelici.

Solo una salda spiritualità è valido sostegno a un'efficace e generosa azione caritativa. Soltanto se vengono animate dal soffio dello Spirito, le iniziative di assistenza e di promozione umana verso anziani e bambini, poveri e malati, da voi gestite qui a Roma, diventano segni eloquenti del Vangelo della carità. Con quest'apertura d'animo portate pure a compimento i tanti progetti che vi proiettano verso vasti orizzonti missionari, a tutti facendo sperimentare l'amore misericordioso di Dio. Recate ai bisognosi, a nome del Papa, il sollievo dell'amore fraterno, tradotto in concreta condivisione e solidarietà. Rientra in questa vostra missione la raccolta a Roma dell'Obolo di San Pietro, in occasione della Giornata della carità del Papa, affidata al vostro Circolo per antico privilegio. Oggi siete venuti a portarmene il risultato; grazie pure per questo! Il Signore vi aiuti a realizzare sempre più fedelmente il vostro servizio ecclesiale che, come ben è espresso nel vostro motto, comporta 'preghiera', 'azione' e 'sacrificio'.

Vi affido tutti e ciascuno a Maria, mentre entriamo nel mese di maggio a Lei dedicato. Sia la Madonna ad accompagnarvi, a proteggere le vostre famiglie e a rendere fecondo il vostro apostolato. Io vi assicuro un ricordo nella mia preghiera e volentieri vi benedico.


ALLA COMUNITÀ DEL COLLEGIO INTERNAZIONALE


SAN BERNARDO IN URBE


Giovedì, 3 maggio 2001




Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Con grande gioia vi accolgo e a ciascuno porgo il mio più cordiale benvenuto. Saluto, in particolare, l'Abate Ugo Gianluigi Tagni e lo ringrazio per le parole con cui ha interpretato i sentimenti di voi tutti.

Un saluto e un apprezzamento cordiale anche alle Suore Missionarie Figlie del Cuore di Maria che, come madri e sorelle, assistono gli ospiti del Collegio Internazionale, aperto dai Monaci cistercensi con lodevole attenzione alle esigenze pastorali della Chiesa. In esso sono accolti sacerdoti e religiosi di varie nazionalità venuti a Roma per perfezionare i loro studi frequentando i diversi Centri accademici della Città. Ritrovarsi insieme in un luogo così adatto alle esigenze di chi è chiamato a dedicarsi al ministero sacerdotale permette di realizzare un meraviglioso scambio di doni certamente utile per la futura attività apostolica.

Il contatto, poi, con la spiritualità tipica dell'Ordine monastico cistercense dà modo di profittare di un'ulteriore possibilità per la formazione spirituale e apostolica. Il mio auspicio cordiale è che ognuno di voi possa attingere abbondantemente a questa fonte, che ha alimentato nel corso dei secoli tante esperienze di vita consacrata.

2. La vita monastica, come voi ben sapete, è caratterizzata da una costante tensione alla conversione.La Regola di san Benedetto, a cui si ispira l'Ordine cistercense, prescrive che il candidato alla vita monastica, alla presenza di tutta la comunità, prometta, con l'aiuto di Dio e dei santi Protettori, una sincera e radicale conversione (cfr R. B. 58, 17). Essa non è soltanto un esercizio tipico del tempo quaresimale, ma deve costituire la tensione del cristiano verso una vita veramente evangelica. E', in altri termini, lo sforzo sincero e ininterrotto che i singoli battezzati, e soprattutto i sacerdoti e i religiosi, devono alimentare per tendere alla santità.

Vorrei qui ricordare quanto ho avuto modo di ribadire nella recente Lettera apostolica Novo millennio ineunte, che cioè "è ora di riproporre a tutti con convinzione questa misura alta della vita cristiana ordinaria" (n. 37). E questo è ancor più valido per voi, carissimi Fratelli ordinati per il servizio del popolo cristiano. A voi Gesù chiede come a Pietro: "Simone di Giovanni mi ami tu più di costoro?" (Jn 21,15). Ed attende la vostra risposta, espressa non solo a parole, ma anche, e soprattutto, nella concretezza delle scelte quotidiane.

166 Alla scuola della spiritualità cistercense, voi siete spronati a orientare alla contemplazione di Dio l'intera vostra esistenza, secondo il consiglio di san Benedetto: "Non anteporre nulla all'amore di Cristo" (cfr R. B. 4,21 e 72, 11). L'esperienza monastica vi stimola, altresì, a praticare la Lectio divina, a celebrare insieme la Liturgia delle Ore, soprattutto l'Eucaristia ogni giorno, e a prolungare nell'adorazione eucaristica la vostra intimità con il Signore. L'assillo dello studio non vi distolga da questa immersione quotidiana in Dio. Solo da Lui, infatti, potrete attingere la forza indispensabile per l'apostolato che vi sarà affidato dai vostri superiori quando tornerete nelle vostre rispettive nazioni e diocesi.

Autentico teologo è colui che prega. In questa prospettiva scrivevo nella citata Lettera apostolica Novo millennio ineunte: "Noi che abbiamo la grazia di credere in Cristo, rivelatore del Padre e Salvatore del mondo, abbiamo il dovere di mostrare a quali profondità possa portare il rapporto con lui" (n. 33).

3. Da questa incessante contemplazione, che conduce ad un'intimità sempre crescente con Dio, scaturirà il bisogno di comunione anche tra voi e con i fratelli. Voi provenite da molteplici Nazioni e Istituti religiosi: la varietà dei riti, delle culture, delle esperienze e delle istanze pastorali delle vostre Comunità o delle Chiese locali di appartenenza costituisce un significativo patrimonio che va condiviso e che vi deve spingere ad amare maggiormente l'unica Chiesa di Cristo. E', infatti, la Chiesa che il Signore vi domanda di servire con la pluralità dei vostri carismi e servizi pastorali.

Dinanzi a voi riluce la testimonianza di tanti santi che hanno attinto alla fonte benedettina e cistercense incessante ispirazione. Guardate specialmente a san Bernardo, vostro grande maestro spirituale, uomo di contemplazione e di azione. Con profonda saggezza egli annotava, a proposito dei diversi Ordini religiosi: "Abbiamo bisogno tutti gli uni degli altri: il bene spirituale che io non ho e non possiedo, lo ricevo degli altri...  E tutte le nostre diversità, che manifestano la ricchezza dei doni di Dio, sussisteranno nell'unica casa del Padre, che comporta tante dimore. Adesso c'è divisione di grazie: allora ci sarà distinzione di gloria. L'unità sia qui che là consiste in una medesima carità" (Apologia a Guglielmo di Saint Thierry, IV, 8: PL 182, 903-904).

Il vostro Collegio sia, pertanto, un Cenacolo: un luogo dove, assidui e concordi nella preghiera con Maria, la Madre di Gesù (cfr
Ac 1,14), siate un cuor solo e un'anima sola (cfr ivi 4, 32). Una scuola di vita fraterna dove, come insegna san Benedetto (cfr R. B. 72,4 e seg.), ci si prevenga l'un l'altro nel rendersi onore, sopportando con somma pazienza a vicenda le debolezze di ciascuno. Nessuno cerchi l'utilità propria ma piuttosto l'altrui, volendo bene al prossimo con casto amore. Questo stile di vita, questa esperienza di comunione tra sacerdoti e religiosi vi sarà di valido aiuto nelle vostre comunità di provenienza quando, terminato il tempo della formazione qui a Roma, intraprenderete l'opera alla quale lo Spirito Santo vi chiamerà.

Sui vostri propositi di bene e sull'intera vostra attività quotidiana vegli Maria, che vogliamo invocare come Mater boni consilii. A Lei e alla sua intercessione fate, carissimi, costante e fiducioso ricorso. Con tali sentimenti, tutti e ciascuno cordialmente vi benedico.

CERIMONIA DI BENVENUTO NEL PALAZZO PRESIDENZIALE DI ATENE

Venerdì, 4 maggio 2001




Signor Presidente,

1. La ringrazio per le cordiali parole di benvenuto che mi ha appena rivolto. Sono particolarmente lieto di questa opportunità di salutarla e, attraverso di lei, di salutare cordialmente i membri del Governo e delle rappresentanze diplomatiche. Serbo un commovente ricordo, Signor Presidente, della sua visita in Vaticano lo scorso gennaio e la ringrazio per il suo invito a venire in Grecia. Parimenti, attraverso di lei, porgo i miei cordiali saluti a tutto il popolo del suo Paese, desiderando in qualche modo riconoscere il debito che tutti noi abbiamo verso la Grecia; in effetti nessuno può ignorare la duratura influenza che la sua storia unica e la sua cultura hanno avuto sulla civiltà europea e anche su quella del mondo intero.

L'anno scorso i cristiani hanno celebrato ovunque i duemila anni della nascita di Cristo. Provavo un vivo desiderio di fissare questo evento facendomi pellegrino nei luoghi legati alla storia della salvezza, il che si è concretizzato attraverso il mio pellegrinaggio al Monte Sinai e in Terra Santa. Ora è in Grecia che vengo come pellegrino, sulle orme di San Paolo, la cui importante figura domina i due millenni di storia cristiana e il cui ricordo resta per sempre impresso nel suolo di questo Paese. Qui, ad Atene, Paolo fondò una delle prime comunità del suo periplo in Occidente e della sua missione nel continente europeo; qui lavorò instancabilmente per far conoscere Cristo; qui soffrì per l'annuncio del Vangelo; e come non ricordare che è stato qui, nella città di Atene, che per la prima volta si è instaurato il dialogo fra il messaggio cristiano e la cultura ellenica, dialogo che ha modellato in modo duraturo la civiltà europea?

2. Molto tempo prima dell'era cristiana l'influenza della Grecia era ampiamente diffusa. Nell'ambito della stessa letteratura biblica, gli ultimi libri dell'Antico Testamento, alcuni dei quali scritti in greco, sono profondamente segnati dalla cultura ellenica. La traduzione greca dell'Antico Testamento, nota con il nome di Settanta, ebbe una grande influenza nell'Antichità. Il mondo con il quale Gesù entrò in contatto era ampiamente pervaso dalla cultura greca. Quanto ai testi del Nuovo Testamento, essi sono stati divulgati in greco, il che ha permesso loro di diffondersi più rapidamente. Non si trattava però di una semplice questione linguistica; i primi cristiani fecero parimenti ricorso alla cultura greca per trasmettere il messaggio evangelico.


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