GP2 Discorsi 2001 167

167 Certo, i primi incontri fra i cristiani e la cultura greca furono difficili. Prova ne è l'accoglienza riservata a Paolo quando andò a predicare nell'Areopago (cfr Ac 17,16-34). Pur rispondendo all'attesa profonda del popolo ateniese alla ricerca del vero Dio, non gli fu facile annunciare Cristo morto e risorto, nel quale si trovano il significato pieno della vita e il termine di ogni esperienza religiosa. Spetterà ai primi Apologisti, come il martire san Giustino, dimostrare che un incontro fecondo fra la ragione e la fede è possibile.

3. Una volta superata la sfiducia iniziale, gli scrittori cristiani iniziarono a considerare la cultura greca come un'alleata piuttosto che come una nemica, e grandi centri del cristianesimo ellenico videro la luce attorno al bacino del Mediterraneo.

Sfogliando le intense pagine di Agostino d'Ippona e di Dionigi Areopagita, vediamo che la teologia e la mistica cristiane hanno tratto elementi dal dialogo con la filosofia platonica. Autori come Gregorio Nazianzeno, che erano pervasi di retorica greca, furono capaci di creare una letteratura cristiana degna del suo passato classico. Gradualmente, il mondo ellenico divenne cristiano e la cristianità divenne, in un certo senso, greca; quindi nacquero la cultura bizantina in Oriente e la cultura medievale in Occidente, tutte e due ugualmente pervase di fede cristiana e di cultura greca. Come non menzionare qui l'intervento di san Tommaso che, rileggendo l'opera di Aristotele, propose una sintesi teologica e filosofica magistrale.

L'opera pittorica di Raffaello, La scuola di Atene, che si trova nel Palazzo del Vaticano, mostra chiaramente il contributo della scuola di Atene all'arte e alla cultura del Rinascimento, periodo in cui si giunse a una profonda simbiosi fra l'Atene classica e la cultura della Roma cristiana.

4. L'ellenismo si caratterizza per l'attenzione pedagogica verso la gioventù. Platone insisteva sulla necessità di formare l'animo dei giovani al bene e a ciò che è onesto, come pure al rispetto dei principi divini. Quanti filosofi e autori greci, a cominciare da Socrate, Eschilo e Sofocle, hanno invitato i loro contemporanei a vivere «secondo le virtù»! I santi Basilio e Giovanni Crisostomo non mancheranno di lodare il valore della tradizione pedagogica greca per la sua preoccupazione di sviluppare il senso morale dei giovani, aiutandoli a scegliere liberamente il bene.

Le linee fondamentali di questa lunga tradizione restano valide per gli uomini e i giovani del nostro tempo. Fra gli elementi più sicuri vi sono gli aspetti morali contenuti nel sermone di Ippocrate, che mette in rilievo il principio del rispetto incondizionato per la vita umana nel grembo materno.

La Grecia è anche il Paese in cui sono nate due grandi tradizioni sportive, i giochi olimpici e la maratona. Attraverso queste competizioni si esprime un'idea significativa della persona umana, nell'armonia fra la dimensione spirituale e la dimensione fisica, mediante uno sforzo misurato, improntato a valori morali e civili. Non si può che gioire nel vedere perpetuarsi queste competizioni, che continuano a creare stretti vincoli fra i popoli di tutta la terra.

5. L'inculturazione del Vangelo nel mondo greco resta un esempio per ogni inculturazione. Nei rapporti con la cultura greca, l'annuncio del Vangelo ha dovuto compiere sforzi di vigile discernimento, per accoglierne e valorizzarne tutti gli elementi positivi, respingendo al contempo gli aspetti incompatibili con il messaggio cristiano. Abbiamo qui una sfida permanente per l'annuncio evangelico nel suo incontro con le culture e con i processi di mondializzazione. Tutto ciò ci invita a un dialogo rispettoso e franco ed esige nuove solidarietà che l'amore evangelico può ispirare, portando a compimento l'ideale greco della cosmopolis, per un mondo veramente unito, pervaso di giustizia e di fraternità.

Siamo in un periodo decisivo della storia europea; spero con tutto il cuore che l'Europa che sta per nascere riprenderà in modo rinnovato e creativo questa lunga tradizione di incontro fra la cultura greca e il cristianesimo, dimostrando che non si tratta di vestigia di un mondo scomparso, ma che si trovano qui le vere basi dell'autentico progresso umano auspicato dal nostro mondo.

Nel frontone del Tempio di Delfi sono incise le parole «conosci te stesso»; invito quindi l'Europa a conoscere se stessa sempre più a fondo. Tale conoscenza di se stessa si realizzerà solo se essa esplorerà nuovamente le radici della sua identità, radici che affondano profondamente nell'eredità ellenica classica e nell'eredità cristiana, che portarono alla nascita di un umanesimo fondato sulla percezione che ogni persona umana è creata fin dalla sua origine a immagine e somiglianza di Dio.

6. La geografia e la storia hanno posto il suo Paese, Signor Presidente, fra l'Oriente e l'Occidente, il che significa che la vocazione naturale della Grecia è di edificare ponti e di costruire una cultura del dialogo. Ciò è oggi fondamentale per il futuro dell'Europa. Numerosi muri sono crollati di recente, ma altri rimangono. Il compito dell'unificazione fra le parti orientali e quelle occidentali dell'Europa resta complesso; vi è ancora molto da fare per giungere all'armonia fra i cristiani d'Oriente e quelli d'Occidente, affinché la Chiesa possa respirare con i suoi due polmoni. Ogni credente deve sentirsi impegnato per raggiungere questo obiettivo. La Chiesa cattolica presente in Grecia desidera partecipare lealmente alla promozione di questa nobile causa che ha influenze positive anche nell'ambito sociale.

168 Da questo punto di vista, un contributo significativo viene offerto dalle scuole, dove si formano le nuove generazioni. La scuola è il luogo d'integrazione per eccellenza dei giovani di diversi orizzonti. La Chiesa cattolica, in armonia con le altre Chiese e confessioni religiose, desidera collaborare con tutti i cittadini per l'educazione della gioventù. Essa desidera proseguire la sua lunga esperienza educativa nel suo Paese, soprattutto attraverso l'azione dei Fratelli Maristi e dei Fratelli delle Scuole Cristiane, delle religiose Orsoline e delle Suore di San Giuseppe. Queste diverse famiglie religiose hanno dimostrato di sapere educare, con delicatezza e nel rispetto delle tradizioni culturali dei giovani che sono loro affidati, uomini e donne, affinché siano veri Greci fra i Greci.

Al termine del nostro incontro, la ringrazio di nuovo vivamente, Signor Presidente, per la sua accoglienza e allo stesso tempo esprimo la mia gratitudine a tutti coloro che hanno permesso la realizzazione del mio pellegrinaggio sulle orme di san Paolo. Chiedo a Dio di concedere sempre più le sue abbondanti Benedizioni agli abitanti del suo Paese, affinché, nel corso del terzo millennio, la Grecia continui a offrire nuovi e meravigliosi doni al continente europeo e alla famiglia delle nazioni!




A SUA BEATITUDINE CHRISTODOULOS,


ARCIVESCOVO DI ATENE E DI TUTTA LA GRECIA


Venerdì, 4 maggio 2001




Beatitudine,
Venerabili Membri del Santo Sinodo,
Reverendissimi Vescovi della Chiesa Ortodossa di Grecia,
Christòs anèsti!


1. Nella gioia della Pasqua, vi saluto con le parole dell'Apostolo Paolo alla Chiesa di Tessalonica: «Il Signore della pace vi dia egli stesso la pace sempre e in ogni modo» (2Th 3,16).

È per me un grande piacere incontrarla, Beatitudine, in questa Sede Primaziale della Chiesa Ortodossa di Grecia. Porgo saluti affettuosi ai membri del Santo Sinodo e a tutta la gerarchia. Saluto il clero, le comunità monastiche e i fedeli laici di questa nobile terra. La Pace sia con tutti voi!

2. Innanzitutto desidero esprimervi l'affetto e la considerazione della Chiesa di Roma. Condividiamo la fede apostolica in Gesù Cristo, Signore e Salvatore. Abbiamo in comune l'eredità apostolica e il vincolo sacramentale del Battesimo e quindi siamo tutti membri della famiglia di Dio, chiamata a servire l'unico Signore e a proclamare il suo Vangelo al mondo. Il Concilio Vaticano II ha esortato i cattolici a considerare i membri delle altre Chiese «come fratelli e sorelle nel Signore» (Unitatis redintegratio, UR 3) e questo vincolo soprannaturale di fraternità fra la Chiesa di Roma e la Chiesa di Grecia è forte e persistente.

Di certo, siamo gravati da controversie passate e presenti e da persistenti incomprensioni. Tuttavia in spirito di carità reciproca queste possono e devono essere superate perché il Signore ce lo chiede. Chiaramente è necessario un processo liberatorio di purificazione della memoria. Per le occasioni passate e presenti, nelle quali figli e figlie della Chiesa cattolica hanno peccato con azioni o omissioni contro i loro fratelli e le loro sorelle ortodosse, che il Signore ci conceda il perdono che imploriamo da Lui!

169 Alcuni ricordi sono particolarmente dolorosi e alcuni eventi del lontano passato hanno lasciato ferite profonde nella mente e nel cuore delle persone di oggi. Penso al saccheggio disastroso della città imperiale di Costantinopoli che è stata per tanto tempo bastione del cristianesimo in Oriente. È tragico che i saccheggiatori che avevano stabilito di garantire ai cristiani libero accesso alla Terra Santa, si siano poi rivoltati contro i propri fratelli nella fede. Il fatto che fossero cristiani latini riempie i cattolici di profondo rincrescimento. Come possiamo non vedervi il mysterium iniquitatis all'opera nel cuore umano? Solo a Dio spetta il giudizio e quindi affidiamo il pesante fardello del passato alla sua misericordia infinita, implorandolo di guarire le ferite che ancora causano sofferenza allo spirito del popolo greco. Dobbiamo collaborare a questa guarigione se l'Europa ora emergente deve essere fedele alla propria identità che è inseparabile dall'umanesimo cristiano condiviso dall'Oriente e dall'Occidente.

3. In occasione di quest'incontro, desidero garantire a Lei, Beatitudine, che la Chiesa di Roma guarda con sincera ammirazione la Chiesa Ortodossa di Grecia per il modo in cui ha conservato il proprio patrimonio di fede e di vita cristiana. Il nome della Grecia risuona ovunque venga predicato il Vangelo. I nomi delle sue città sono noti ai cristiani di ogni luogo perché riportati negli Atti degli Apostoli e nelle Lettere di San Paolo.Dall'epoca apostolica fino a oggi, la Chiesa Ortodossa di Grecia è stata una ricca sorgente dalla quale anche la Chiesa d'Occidente ha attinto nel campo della liturgia, della tradizione spirituale e dell'ordine giuridico (cfr Unitatis redintegratio
UR 14). Patrimonio di tutta la Chiesa sono i Padri, interpreti privilegiati della tradizione apostolica, e i Concili, i cui insegnamenti sono un elemento vincolante di tutta la fede cristiana. La Chiesa universale non potrà mai dimenticare ciò che il cristianesimo greco le ha donato né smette di rendere grazie per l'influenza duratura della tradizione greca.

Il Concilio Vaticano II ha fatto presente ai cattolici l'amore della Chiesa Ortodossa per la liturgia, attraverso la quale i fedeli «entrano in comunione con la Santissima Trinità, fatti "partecipi della natura divina"» (Unitatis redintegratio UR 15). Nel culto liturgico di Dio nel corso dei secoli, nella predicazione del Vangelo anche in tempi bui e difficili, nella presentazione di una didaskalia duratura, ispirata dalle Scritture e dalla grande Tradizione della Chiesa, la Chiesa Ortodossa di Grecia ha offerto una schiera di santi che intercedono per tutto il popolo di Dio di fronte al Trono della Grazia. Nei santi osserviamo l'ecumenismo di santità che, con l'aiuto di Dio, ci spingerà alla comunione piena che non è né assorbimento né fusione, ma incontro nella verità e nell'amore (cfr Slavorum apostoli, n. 27).

4. Infine, Beatitudine, desidero esprimere la speranza che possiamo procedere insieme verso il regno di Dio. Nel 1965, il Patriarca ecumenico Athenagoras e Papa Paolo VI con un atto congiunto rimossero e cancellarono dalla memoria e dalla vita della Chiesa la sentenza di scomunica fra Roma e Costantinopoli. Questo gesto storico ci esorta a operare in modo sempre più fervido per quell'unità che è la volontà di Cristo. La divisione fra i cristiani è un peccato di fronte a Dio e uno scandalo di fronte al mondo. È un ostacolo alla diffusione del Vangelo perché rende meno credibile la nostra proclamazione. La Chiesa cattolica è convinta di dover fare tutto quanto è in suo potere per preparare «la via del Signore» e raddrizzare «i suoi sentieri» (Mt 3,3) e comprende che ciò va fatto insieme ad altri cristiani in un dialogo fraterno, in cooperazione e preghiera. Se alcuni modelli di riunificazione del passato non corrispondono più all'impulso verso l'unità che lo Spirito Santo ha risvegliato nei cristiani ovunque in tempi recenti, dobbiamo essere tutti più aperti e attenti a quanto lo Spirito dice ora alle Chiese (cfr Ap 2,11).

In questo tempo pasquale, penso all'incontro lungo il cammino per Emmaus. Senza saperlo, i due discepoli stavano camminando con il Signore risorto, che divenne il loro maestro interpretando per loro le Scritture «cominciando da Mosè e da tutti i profeti» (Lc 24,27). Tuttavia all'inizio non colsero il significato dell'insegnamento. Solo quando aprirono gli occhi e lo riconobbero compresero. Poi riconobbero la forza delle sue parole, dicendosi: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?» (Lc 24,32). La ricerca di riconciliazione e di comunione piena significa che anche noi dobbiamo approfondire le Scritture, per imparare da Dio (cfr 1Th 4,9).

Beatitudine, con fede in Gesù Cristo, «il primogenito di coloro che risuscitano dai morti» (Col 1, 18,) e in spirito di carità fraterna e di viva speranza, desidero assicurarLe che la Chiesa cattolica è irrevocabilmente impegnata lungo il cammino di unità con tutte le Chiese. Solo così l'unico Popolo di Dio risplenderà nel mondo quale segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano (cfr Lumen gentium, LG 1).

INCONTRO CON I VESCOVI DELLA GRECIA

Venerdì, 4 Maggio 2001




Carissimi Presuli cattolici di Grecia!

1. Questo nostro incontro riveste per me un'importanza e un significato tutto particolare. È questa la ragione per cui l'ho atteso con viva trepidazione È a voi che mi legano i vincoli di più forte comunione. Voi siete a più stretto titolo la mia famiglia in Grecia ed è in questa dimensione di intimità che vorrei rivolgervi la mia parola dal profondo del cuore.

Voglio dirvi anzitutto il mio affetto di padre e fratello e l'ammirazione sincera che provo per voi, che custodite il gregge della Chiesa cattolica in condizioni spesso molto difficili. Voi vi prendete cura, in molte occasioni, di comunità che sono piccole e disperse e ne siete i Pastori nel senso vero del termine. Voi rafforzate con la vostra persona e il vostro ministero il legame di unità visibile, e siete la voce della predicazione della Parola e i primi dispensatori della vita sacramentale per le comunità cattoliche di questo Paese. Ed è proprio per la fatica di questi contatti che siete dai vostri fedeli particolarmente amati e che le vostre visite costituiscono motivo di grande esultanza spirituale. In questa dimensione di un episcopato itinerante vi è qualcosa che ricorda l'antichità cristiana, di cui questa terra di Grecia è testimonianza vivente.

2. In questa terra vivono fratelli e sorelle della Chiesa ortodossa, ai quali ci unisce un fortissimo legame di fede nel comune Signore. Come vorremmo che tutti i cuori si aprissero, e le braccia si spalancassero ad accogliere il saluto fraterno della pace! Quanto sogniamo che i Pastori di questa terra illustre, siano essi appartenenti alla Chiesa ortodossa o a quella cattolica, superate le difficoltà del passato e affrontando con coraggio e spirito di carità quelle del presente, si sentissero insieme responsabili dell'unica Chiesa di Cristo e della sua credibilità agli occhi del mondo!

170 Se in passato vicende storiche, legate a mentalità e costumi del tempo, hanno allontanato i cuori, la memoria è per il cristiano anzitutto il sacrario che custodisce la testimonianza viva del Risorto. È la memoria che rende possibile la Tradizione, alla quale tanto debbono le nostre Chiese; alla memoria è affidato il Sacramento, che è garanzia della grazia operante: "Fate questo in memoria di me", ci esorta il Signore nell'ultima Cena.

La memoria è per il cristiano un sacrario troppo alto e nobile perché possa essere inquinato dal peccato degli uomini. Certo, questo può ferire dolorosamente il tessuto della memoria, ma non lacerarlo: tale tessuto è come la tunica inconsutile del Signore Gesù, che nessuno osò dividere.

Miei cari Fratelli, operiamo instancabili perché la memoria torni a far risplendere le cose grandi che Dio ha operato in noi; solleviamo lo sguardo dalle meschinità e dalla colpe, e contempliamo nel cielo il trono dell'Agnello, dove l'eterna liturgia di lode è cantata da uomini in bianche vesti di ogni popolo e razza. Là essi contemplano il volto di Dio, non più "per speculum et in aenigmate", ma come è realmente. La memoria lascia lassù spazio alla pienezza, nella quale non c'è più né lacrima, né morte, perché le cose vecchie sono passate.

3. Voi siete Vescovi di frontiera: proprio per le condizioni particolari nelle quali vivete, la vostra sensibilità si fa esigente, e vorreste che gli ostacoli che si frappongono all'unione piena, e che tanta sofferenza suscitano in voi e nei vostri fedeli, fossero velocemente superati. E così, mentre sottolineate i vostri giusti diritti, stimolate la Chiesa cattolica, a volte con impazienza, a compiere passi che possano sempre più decisamente mostrare le basi comuni che uniscono le antiche Chiese di Cristo.

Io vi ringrazio per questa appassionata sollecitudine, che porta con sé tanta generosità. Vi assicuro che condivido la stessa ansia ardente che voi provate, perché l'unità della Chiesa possa quanto prima rendersi visibile in tutta la sua interezza. E con voi concordo che si debbano continuare gli sforzi, che il Concilio Vaticano II ha voluto potentemente richiamare e rinforzare, perché la Chiesa cattolica si prepari essa stessa, nella sua interna articolazione di quotidiana esperienza, a rendersi sempre più sollecita nel porre le basi per una migliore comprensione con i fratelli delle altre Chiese, che nel frattempo non mancheranno di intraprendere la parte che loro spetta nella ricerca della comunione.

Ma voi sapete anche che le maturazioni richiedono tempi lunghi, assimilazioni prudenti, confronti franchi e prolungati. Ciò suppone l'esercizio della pazienza della carità, perché clero e fedeli possano assimilare e seguire con gradualità i necessari cambiamenti, comprendendoli dall'interno e facendosene essi stessi promotori. Né va dimenticato che, dopo le dolorose separazioni del passato, la Chiesa cattolica ha accumulato un'esperienza e chiarito alcuni aspetti della fede in modo specifico.

Lo Spirito Santo ci chiede che tutto questo venga rivisitato, che nuove forme - o forse antiche forme riscoperte - possano essere adottate, ma con la certezza che nulla del deposito della fede vada perduto, o anche solo posto in ombra. È stato questo duplice sforzo di apertura e di fedeltà che ha ispirato il mio Pontificato. Sono certo che esso è anche alla base dei vostri desideri e delle vostre aspirazioni.

4. Durante la vostra visita "ad limina" del 1999 ho voluto offrirvi alcune indicazioni concrete, anche d'ordine pastorale, che non ritengo necessario riprendere qui: esse mi paiono ancora valide e con esse potete confrontarvi per l'elaborazione dei vostri progetti a favore del popolo che vi è affidato. Quello che mi preme sottolineare oggi è che il Papa è qui, con voi, in questa stessa terra, a significarvi una solidarietà anche fisica, una stima autentica ed affettuosa, una vicinanza instancabile nel ricordo e nella preghiera.

Vorrei poter incontrare uno per uno gli amati figli e figlie della Chiesa cattolica. Il mio pellegrinaggio sulle orme di Paolo incontra comunità viventi. Sono felice di pregare con esse e di celebrare con esse la comunione con il Risorto e fra di noi. Anzitutto abbraccio con voi i presbiteri e i diaconi, che custodiscono, nutrono e rinforzano nella fede e nella carità le comunità loro affidate, insieme con i Religiosi e le Religiose, la cui presenza è essenziale per la Chiesa cattolica in Grecia. Non dimentichiamo mai che queste terre di antica testimonianza sono santuari della fede e che dai tesori del passato occorre attingere forza spirituale per svolgere nel mondo di oggi il nostro ministero.

Ai giovani auguro di affrontare con fiducia il cammino della nuova Grecia, sempre più vivamente integrata in Europa, sempre più cosmopolita, e quindi necessariamente aperta al dialogo e al riconoscimento dei diritti di tutti, ma anche esposta ai pericoli di una secolarizzazione sfrenata, che tende a seccare la linfa vitale che dà freschezza all'anima e speranza alla persona umana. Agli anziani e ai malati, particolarmente vicini alla Croce del Signore, vorrei far sentire tutta la misericordiosa fraternità della Chiesa.

5. Cari e amati Fratelli, nella molteplicità delle situazioni pastorali e rituali, voi rappresentate la varietà nell'unità all'interno della Chiesa cattolica. E l'intera Chiesa cattolica vi testimonia oggi, nella mia persona, la sua solidarietà e il suo amore. Non sentitevi soli, non perdete la speranza: il Signore riserva certamente insperate consolazioni a coloro che s'affidano a Lui. Operate sempre uniti, con la dolcezza della carità e il coraggio della verità.

171 Siate certi che il Papa vi ricorda e vi segue giorno per giorno, e quotidianamente eleva per voi la sua preghiera, d'ora innanzi corroborata dalla gioia di questo incontro.

A voi ed alle vostre comunità la mia affettuosa Benedizione.

VISITA PRIVATA ALLA CATTEDRALE CATTOLICA DI SAN DIONIGI DI ATENE

Venerdì, 4 maggio 2001




Cari Fratelli nell'Episcopato,
Cari Fratelli e care Sorelle,

Ringrazio innanzitutto Monsignor Fóscolos, Arcivescovo dei cattolici di Atene e Presidente della Conferenza Episcopale, per la sua calorosa accoglienza e per gli sforzi compiuti per la realizzazione del mio pellegrinaggio sulle orme di San Paolo.

Sono lieto della presenza di Vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e laici nella cattedrale di San Dionigi. Come ha ricordato il Concilio Vaticano II, tali assemblee sono particolarmente significative; in effetti "bisogna che tutti diano la più grande importanza alla vita liturgica della Diocesi intorno al Vescovo, principalmente nella chiesa cattedrale: convinti che la principale manifestazione della Chiesa si ha nella partecipazione piena e attiva di tutto il popolo santo di Dio alle medesime celebrazioni" (Sacrosanctum Concilium, SC 41), presiedute dal Vescovo circondato dal suo presbiterio, che forma attorno a lui "una preziosa corona spirituale" (sant'Ignazio di Antiochia, Lettera ai Magnesi, 13, 1).

Questa cattedrale è posta sotto la protezione di san Dionigi; quest'ultimo fu uno dei primi Greci che, ascoltando la predicazione di Paolo sulla resurrezione, si convertì. Possiate voi tutti accogliere questo mistero della salvezza, per viverlo ed esserne i testimoni con i vostri fratelli, in uno spirito di accoglienza reciproca, di solidarietà e di carità cristiana! Dionigi è anche considerato dalla tradizione un grande uomo spirituale. Ricordatevi sempre che la vita in intimità con Cristo rafforza la fede e infonde audacia per la missione! Non abbiate paura di trasmettere ai giovani la Buona Novella di Cristo, per permettere loro di edificare la propria vita personale e d'impegnarsi nella Chiesa e nel mondo. In particolare, le vostre comunità hanno bisogno che i giovani accettino di seguire Cristo in modo radicale nel sacerdozio e nella vita consacrata. Siate suscitatori di vocazioni!

Il Signore vi guidi nel vostro cammino! La Vergine Maria, Madre di Dio e Madre della Chiesa, sia per voi esempio di vita cristiana, nell'umile disponibilità alla chiamata di Dio e nella pronta sollecitudine di servire il prossimo! A voi tutti, alle vostre famiglie, alle vostre comunità, imparto un'affettuosa Benedizione Apostolica.



DICHIARAZIONE COMUNE


DEL PAPA GIOVANNI PAOLO II


E DI SUA BEATITUDINE CHRISTODOULOS,


ARCIVESCOVO DI ATENE


E DI TUTTA LA GRECIA,


DAL BEMA (PODIO) DI SAN PAOLO,


L’APOSTOLO DELLE GENTI




Noi, Papa Giovanni Paolo II, Vescovo di Roma, e Christodoulos, Arcivescovo di Atene e di Tutta la Grecia, davanti al bema (podio) dell’Areopago, dal quale san Paolo, il Grande Apostolo delle Genti, «Apostolo per vocazione, prescelto per annunciare il Vangelo di Dio» (Rm 1,1) ha predicato agli Ateniesi l’unico vero Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo e li ha chiamati alla fede e alla conversione, vogliamo insieme dichiarare:

1. Rendiamo grazie a Dio per il nostro incontro e per la reciproca comunicazione, in questa illustre città di Atene, Sede Primaziale della Chiesa Apostolica Ortodossa di Grecia.

172 2. Ripetiamo con una sola voce e un solo cuore le parole dell’Apostolo delle Genti: «Vi esorto, fratelli, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo, ad essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e di intenti» (1Co 1,10). Eleviamo preghiere perché l’intero mondo cristiano presti ascolto a questa esortazione, così che possa esservi pace fra «quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo» (1Co 1,2). Condanniamo ogni ricorso alla violenza, al proselitismo, al fanatismo in nome della religione. Noi crediamo fermamente che le relazioni fra i cristiani, in tutte le loro manifestazioni, debbano essere caratterizzate dall’onestà, dalla prudenza e dalla conoscenza dei problemi in questione.

3. Osserviamo che l’evoluzione sociale e scientifica dell’uomo non è stata accompagnata da una più approfondita indagine del significato e del valore della vita, che in ogni istante è dono di Dio, né da un analogo apprezzamento della dignità unica dell’uomo, fatto ad immagine e somiglianza del Creatore. Inoltre, lo sviluppo economico e tecnologico non appartiene in misura uguale a tutta l’umanità, ma è dato soltanto ad una piccolissima porzione di essa. Il miglioramento degli standard di vita, poi, non ha comportato l’apertura del cuore degli uomini ai loro simili che soffrono la fame e sono nella privazione. Siamo chiamati a operare insieme affinché prevalga la giustizia, sia dato sollievo a quanti sono nel bisogno e siano prestate premurose attenzioni a quanti soffrono, tenendo sempre presenti le parole di san Paolo: «Il Regno di Dio non è questione di cibo o di bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo» (Rm 14,17).

4. Siamo angosciati nel vedere che guerre, massacri, torture e martirio costituiscono per milioni di nostri fratelli una terribile realtà quotidiana e ci impegniamo ad agire affinché prevalga ovunque la pace, sia rispettata la vita e la dignità dell’uomo e vi sia solidarietà nei confronti di quanti sono nel bisogno. Siamo lieti di aggiungere la nostra voce alle molte che nel mondo intero hanno espresso la speranza che, in occasione dei Giochi Olimpici in programma in Grecia nel 2004, possa essere fatta rivivere l’antica tradizione greca della Tregua Olimpica, secondo la quale ogni guerra deve essere interrotta e devono cessare il terrorismo e la violenza.

5. Seguiamo attentamente e con disagio la cosiddetta globalizzazione ed è nostro auspicio che essa porti buoni frutti. Tuttavia, desideriamo sottolineare che vi saranno conseguenze perniciose se essa non avrà ciò che si potrebbe definire la "globalizzazione della fratellanza" in Cristo, in piena sincerità ed efficacia.

6. Ci rallegriamo del successo e del progresso dell’Unione Europea. L’unità del Continente europeo in un’unica entità civile, senza tuttavia che i popoli componenti perdano la propria autocoscienza nazionale, le loro tradizioni e la loro identità, è stata un’intuizione dei suoi pionieri. La tendenza emergente a trasformare alcuni Paesi europei in Stati secolarizzati senza alcun riferimento alla religione costituisce una regresso e una negazione della loro eredità spirituale. Siamo chiamati ad intensificare i nostri sforzi affinché l’unificazione dell’Europa giunga a compimento. Sarà nostro compito fare il possibile, perché siano conservate inviolate le radici e l’anima cristiana dell’Europa.

Con questa Dichiarazione Comune, noi, Papa Giovanni Paolo II, Vescovo di Roma, e Christodoulos, Arcivescovo di Atene e di Tutta la Grecia, eleviamo voti perché "voglia Dio stesso, Padre nostro, e il Signore nostro Gesù Cristo dirigere il nostro cammino, affinché possiamo crescere e abbondare nell’amore vicendevole e verso tutti, per rendere saldi e irreprensibili i cuori di tutti nella santità, davanti a Dio Padre nostro, al momento della venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi» (cfr 1Th 3,11-13). Amen.

Dall’Areopago di Atene,  4  Maggio 2001

CERIMONIA DI BENVENUTO ALL'AEROPORTO INTERNAZIONALE DI DAMASCO

DISCORSO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II

Sabato, 5 Maggio 2001

Signor Presidente,

Membri del Governo,
Fratelli Patriarchi e Vescovi,
173 Illustri Signore e Signori,

1. Al mio arrivo a Damasco, questa «perla dell'Oriente», sono profondamente consapevole di visitare una terra molto antica, che ha svolto un ruolo vitale nella storia di questa parte del mondo. Il suo contributo letterario, artistico e sociale alla fioritura della cultura e della civiltà è noto. Sono particolarmente grato a Lei, signor Presidente, e ai membri del Governo, per aver reso possibile la mia visita in Siria e La ringrazio per le cordiali parole di benvenuto che mi ha rivolto. Saluto le autorità civili, politiche e militari cortesemente presenti e gli illustri membri del Corpo Diplomatico. Vengo come pellegrino di fede, proseguendo il mio pellegrinaggio giubilare in alcuni luoghi legati in modo particolare all'autorivelazione di Dio e alle Sue azioni salvifiche (cfr Lettera del Papa sul pellegrinaggio ai luoghi santi legati alla storia della salvezza, n. 1). Oggi Dio mi consente di continuare questo pellegrinaggio qui, in Siria, a Damasco, e di salutare tutti voi in amicizia e fraternità. Saluto i Patriarchi e i Vescovi che sono qui in rappresentanza della comunità cristiana siriana. Rivolgo un saluto affettuoso a tutti i seguaci dell'Islam che vivono in questa nobile terra. La pace sia con tutti voi! As-salámu ‘aláikum!

2. In realtà il mio pellegrinaggio giubilare, che segna i duemila anni della nascita di Gesù Cristo, è cominciato un anno fa, con la commemorazione di Abramo, al quale la chiamata di Dio giunse non lontano da qui, nella regione di Haran. In seguito, mi sono potuto recare sul Monte Sinai, dove furono dati a Mosè i Dieci Comandamenti. E poi ho realizzato un'indimenticabile visita in Terra Santa, dove Gesù compì la sua missione salvifica e fondò la sua Chiesa. Ora rivolgo il pensiero e il cuore alla figura di Saulo di Tarso, il grande Apostolo Paolo, la cui vita venne trasformata per sempre sulla via di Damasco. Il mio ministero di Vescovo di Roma è legato in modo particolare alla testimonianza di San Paolo, coronata dal martirio a Roma.

3. Come posso dimenticare il contributo magnifico della Siria e della regione circostante alla storia del cristianesimo? Fin dall'inizio del cristianesimo vi erano fiorenti comunità. Nel deserto siriano fiorì il monachesimo cristiano; e nomi di siriani quali sant'Efrem e san Giovanni Damasceno sono impressi per sempre nella memoria cristiana. Alcuni miei predecessori nacquero in quest'area.

Penso anche alla grande influenza culturale dell'Islam siriano, che sotto la guida dei Califfi Omayyadi raggiunse le coste più lontane del Mediterraneo. Oggi, in un mondo sempre più complesso e interdipendente, è necessario un nuovo spirito di dialogo e di cooperazione fra cristiani e musulmani. Insieme riconosciamo il Dio unico e indivisibile, il Creatore di tutto ciò che esiste. Insieme dobbiamo proclamare al mondo che il nome dell'unico Dio è «un nome di pace e un imperativo di pace» (Novo millennio ineunte,
NM 55).

4. Mentre la parola «pace» echeggia nel nostro cuore, come possiamo non pensare alle tensioni e ai conflitti che da tempo affliggono la regione del Medio Oriente? Spesso sono sorte speranze di pace solo per poi essere distrutte da nuove ondate di violenza! Lei, signor Presidente, ha saggiamente confermato che una pace giusta e globale è nel miglior interesse della Siria. Ho fiducia nel fatto che sotto la sua guida la Siria non lesinerà sforzi per promuovere un'armonia e una cooperazione sempre maggiori fra i popoli della regione, al fine di recare benefici duraturi non solo alla sua terra, ma anche ad altri Paesi arabi e a tutta la comunità internazionale. Come ho pubblicamente dichiarato in altre occasioni, è ora di «ritornare ai principi della legalità internazionale: interdizione dell'acquisizione dei territori mediante la forza, diritto dei popoli a disporre di se stessi, rispetto delle risoluzioni dell'Organizzazione delle Nazioni Unite e delle Convenzioni di Ginevra, per non citare che i più importanti» (Discorso al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 13 gennaio 2001, n. 3).

Tutti noi sappiamo che la pace reale si può raggiungere solo se esiste un nuovo atteggiamento di comprensione e rispetto fra i popoli della regione, fra i seguaci delle tre religioni abramitiche. Passo dopo passo, con coraggio e discernimento, i responsabili politici e religiosi della regione devono creare le condizioni per lo sviluppo al quale i loro popoli hanno diritto, dopo tanti contrasti e tanto soffrire. Fra queste condizioni, è importante che il modo in cui i popoli della regione si considerano evolva e che a ogni livello della società si insegnino e si promuovano i principi di coesistenza pacifica. In questo senso, il mio pellegrinaggio è anche un'ardente preghiera di speranza: speranza che fra i popoli della regione la paura si trasformi in fiducia e il disprezzo in stima reciproca, che la forza lasci spazio al dialogo e che prevalga il desiderio autentico di servire il bene comune.

5. Signor Presidente, l'invito cortese che Lei, il Governo e il popolo della Siria, mi avete rivolto e la vostra calorosa accoglienza qui oggi, sono segni della nostra condivisa convinzione che la pace e la cooperazione sono di fatto la nostra aspirazione comune. Apprezzo profondamente la vostra ospitalità, tanto caratteristica di questa terra antica e benedetta. Dio Onnipotente vi conceda felicità e lunga vita! Benedica la Siria con doni di prosperità e di pace! As-salámu ‘aláikum!

GP2 Discorsi 2001 167