GP2 Discorsi 2001 193


AI PARTECIPANTI ALL'ASSEMBLEA PLENARIA


DELLE PONTIFICIE OPERE MISSIONARIE


Venerdì, 11 maggio 2001

Signor Cardinale,

Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
Cari Direttori Nazionali,
Collaboratori e Collaboratrici delle Pontificie Opere Missionarie!

1. E' per me una grande gioia incontrarvi, in occasione della vostra annuale assemblea. Il mio saluto va, in primo luogo, al Signor Cardinale Crescenzio Sepe, da poco Prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, e lo ringrazio per le parole che anche a vostro nome mi ha rivolto. Saluto Mons. Charles Schleck, Segretario Aggiunto della medesima Congregazione e Presidente delle Pontificie Opere Missionarie, insieme con i Segretari Generali delle quattro Opere. In modo particolare, saluto voi, cari Direttori Nazionali, che nei vostri rispettivi Paesi vi dedicate generosamente all'animazione e alla cooperazione missionaria. Attraverso di voi, vorrei far pervenire i miei grati sentimenti a tutti coloro che, nella discrezione e nel silenzio, tanto lavorano perché l'annunzio della Buona Novella si diffonda in ogni angolo del mondo.

2. L'odierno incontro si svolge mentre è ancora vivo nella Chiesa e nel mondo l'eco del Grande Giubileo, che non è stato solo una «memoria del passato», ma una «profezia dell'avvenire». Nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte ho scritto: "E' doveroso per noi proiettarci verso il futuro che ci attende" (n. 3). Frutto del Giubileo è guardare avanti in atteggiamento di fede e di speranza cristiana per vivere con passione il presente ed aprirci con fiducia al futuro, nella certezza che «Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre!» (He 13,8). Ci attende una nuova e feconda stagione di evangelizzazione.

194 La missione, compito di tutti i credenti, sia pertanto, in modo speciale, il vostro impegno. Dedicatevi senza sosta all'animazione, alla formazione e alla cooperazione missionaria; abbiate il coraggio di osare e la sagacia del discernimento, progettando e sviluppando ogni utile iniziativa al servizio di Cristo. Rispondendo ai doni dello Spirito, collaborerete così all'opera dell'universale salvezza, obiettivo fondamentale a cui dobbiamo sempre tendere con costante fiducia.

3. Nelle Giornate che hanno preceduto questo vostro raduno annuale, aiutati da studiosi e da esperti, voi avete riflettuto sulla figura del Venerabile Paolo Manna, Fondatore della Pontificia Unione Missionaria, opera definita dal mio predecessore Paolo VI "anima delle Opere Missionarie". Paolo Manna costituisce un fulgido esempio di audacia apostolica. Spinto dal fuoco dell'amore per Cristo, egli fondò una nuova Opera, indicando inedite possibilità e nuove ardite frontiere per la missione. Visse e comunicò ai suoi collaboratori una costante tensione verso Dio, che "vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità" (
2Tm 2,4). La sua preoccupazione nel coinvolgere tutti, specialmente i sacerdoti e i religiosi, si è rivelata provvidenziale per una più capillare sensibilizzazione dei pastori e dei fedeli.

Sia questo anche il vostro incessante anelito, cari Direttori Nazionali, affinché con l'aiuto della grazia divina crescano le vocazioni missionarie «ad gentes» e siano sempre più generose e piene d'ardimento. Penso soprattutto a chi dedica al lavoro missionario l'intera sua esistenza. A questo proposito, sento il bisogno di ringraziare ancora una volta quanti, pur tra difficoltà di ogni genere, con lo sguardo fisso su Gesù autore e perfezionatore della fede (cfr He 12,2), perseverano nell'annunzio e nella testimonianza, incuranti dei rischi, e pronti anche al sacrificio della vita. Dio non mancherà di far sentire loro la sua presenza e la sua consolazione. Quante volte la morte di questi testimoni della fede apre insperate possibilità al Vangelo dell'amore e della pace! Questa invincibile passione per Cristo è singolare ed eloquente testimonianza per gli uomini della nostra epoca.

4. Siamo all'alba di un nuovo millennio, tempo di grazia, tempo opportuno (cfr 2Co 6,2). Il Signore ci associa a sé come fece con i primi discepoli, e ci invita a "prendere il largo" (Lc 5,4), mentre - come scrivevo nella conclusione della Lettera Enciclica Redemptoris missio - albeggia "una nuova epoca missionaria" (n. 92). Tutti i credenti sono chiamati a "preparare le strade del Signore" (Mt 3,3), abbandonando ogni timore ed esitazione. Tutti sono invitati ad accogliere, pur consapevoli delle proprie povertà, l'invito di Cristo: "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura" (Mc 16,15).

Gesù ci chiama e ci invia come fece con gli Apostoli; non ci sceglie in base ai nostri meriti o alle nostre opere; ci sorregge piuttosto e ci fortifica con il suo "Spirito ... di forza, di amore e di saggezza" (2Tm 1,7). Solo "armati" della sua grazia potremo portare la Buona Novella fino agli estremi confini della terra. Difficoltà e ostacoli non fermeranno i nostri passi, perché sarà nostro continuo sostegno l'amore del Padre celeste per l'intero genere umano.

Carissimi Fratelli e Sorelle, affido voi e quanti compongono le vostre Comunità alle mani misericordiose di Maria, Madre della Chiesa e Stella dell'evangelizzazione. Guidati da Lei, recate dappertutto il Vangelo del suo divin Figlio, nostro unico Redentore. Quanto a me, vi accompagno con la preghiera e di cuore benedico voi e coloro che in tante regioni della terra lavorano per l'animazione, la formazione e la cooperazione missionaria.




AI MEMBRI DEL CONSIGLIO GENERALIZIO


DEI MISSIONARI DELLO SPIRITO SANTO


Sabato, 12 maggio 2001




Cari Missionari dello Spirito Santo,

1. La pace del Risorto e la presenza del suo Spirito siano sempre con voi! Vi ringrazio di tutto cuore per questa visita che mi fa la vostra Curia Generalizia e rendo grazie al Superiore Generale, Padre Jorge Ortiz González per le affettuose parole che mi ha rivolto.

Il nostro incontro è in sintonia con quello tenutosi nel 1913 fra il mio Predecessore san Pio X e i venerabili Servi di Dio Ramón Ibarra y González, Arcivescovo di Puebla, e Concepción Cabrera de Arminda, durante il quale gli chiesero di poter avviare la fondazione. Fu in quella occasione che riceveste il nome di Missionari dello Spirito Santo, del quale il vostro Fondatore, il venerabile Servo di Dio Padre Félix de Jesús Rougier, disse che era "tutto un programma della vostra vita religiosa e sacerdotale".

Continuate con animo rinnovato l'opera che la Chiesa vi ha affidato! So che, come Curia Generalizia, avete un compito specifico, delineato dall'impronta che lo Spirito Santo ha lasciato nel vostro XIII Capitolo Generale: "Entrare nel Terzo Millennio consapevoli del fatto che, consacrati dalla missione, è necessario approfondiate e orientate, con fedeltà creativa, la vostra opera pastorale".

195 Cari figli, portate avanti il delicato compito che vi spetta, e sotto la guida dello Spirito Santo, aiutate gli altri fratelli affinché rendano nella Chiesa una eloquente testimonianza di unità e di carità pastorale.

2. In questa occasione desidero invitarvi a fissare lo sguardo sul Volto di Cristo; così ho chiesto di fare a tutta la Chiesa nella mia ultima Lettera Apostolica Novo Millennio ineunte (Cfr nn. 16-28). Secondo il carisma che avete ricevuto, contemplatelo unti dallo Spirito Santo, per annunciare la Buona Novella ai poveri e proclamare l'anno di grazia del Signore (Cfr
Lc 4,18-19); guardatelo mentre dedica il suo tempo e i suoi sforzi a seguire da vicino il cammino spirituale dei suoi discepoli (Cfr Mc 6, 7-13, 30-33). Il vostro modello è dunque Gesù Sacerdote, compassionevole e misericordioso; Gesù vittima volontaria di un amore che si consacra in ogni momento fino a dare la vita per la salvezza di tutto il genere umano e che risuscita nella gloria.

Da questa contemplazione nasce l'urgenza di una conversione personale e comunitaria profonda e costante, che richiede, come diceva il vostro Fondatore, di rinnovare la vostra attenzione amorosa verso Dio, in modo che possiate incontrarLo nella preghiera quotidiana, nell'esperienza sacramentale, nell'ascolto attento della Parola.

3. Nella vita della Chiesa e di ogni Istituto religioso l'unità è favorita dalla contemplazione del Risorto e dall'ascolto attento della Parola. Desidero ricordarvi che ricercare e promuovere la comunione e pregare per essa è compito di tutti. Non si tratta dell'uniformità che fa perdere le caratteristiche personali, bensì dello sforzo di incarnare tutti insieme la ricchezza del corpo comunitario, mossi dallo stesso Spirito e impegnati a portare a termine un'identica missione. Come dice il Signore: "da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (Jn 13,35).

Il XIII Capitolo Generale ha delineato chiaramente, per il vostro Istituto, punti di rinnovamento circa la promozione della santità nel Popolo di Dio. Si tratta di costruire insieme un mondo più giusto e più umano nel quale tutti si sentano fratelli secondo il disegno di Dio. Perciò il Capitolo vi ha chiesto di rendere significativamente ed effettivamente più dinamico il vostro servizio ai sacerdoti e all'Opera della Croce. Allo stesso tempo vi ha esortati a rinnovarvi e a impegnarvi nell'esercizio ministeriale della direzione spirituale.

4. Mossi dallo Spirito, "Duc in altum" (Lc 5,4), prendete il largo, trasformando il vostro impegno in orientamenti pastorali che rispondano alle esigenze del vostro carisma e alle necessità delle comunità che vi sono state affidate.

Orientate i vostri sforzi alla diffusione di un'autentica pedagogia della santità (Cfr Lettera Apostolica Novo Millennio ineunte NM 31), consapevoli del fatto che "tutti i fedeli di qualsiasi stato o grado sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità" (Costituzione Dogmatica Lumen gentium LG 40).

Visto che le vostre Costituzioni rinnovate privilegiano i sacerdoti fra i destinatari della vostra missione pastorale (205), dovrete rinnovare la vostra consapevolezza del fatto che la chiamata alla santità "concerne anzitutto noi Vescovi e voi, carissimi sacerdoti. Prima che il nostro "agire", interpella il nostro "essere". "Siate santi - dice il Signore - perché io sono santo" (Lv 19,2)" (Omelia della Messa Crismale 2001, n. 2).

Nella mia Esortazione Apostolica Pastores dabo vobis troverete indicazioni utili e suggerimenti precisi che illumineranno il vostro procedere in questo speciale ministero. Lasciatevi guidare dallo Spirito Santo affinché sia Egli stesso a darvi l'impulso nella vostra fedeltà creativa. La collaborazione fraterna con i Vescovi e con i presbiteri diocesani è un cammino privilegiato per costruire secondo il vostro carisma la Chiesa-Comunione.

5. Dovete continuare ad impegnarvi con quanti condividono la vostra spiritualità nell'edificazione di un'autentica comunione ecclesiale: "Il nuovo secolo dovrà vederci impegnati più che mai a valorizzare e sviluppare quegli ambiti e strumenti che, secondo le grandi direttive del Concilio Vaticano II, servono ad assicurare e garantire la comunione" (Lettera Apostolica Novo Millennio ineunte NM 44, Cfr 43-45). Vi invito a promuovere, in seno alla Famiglia della Croce, una "spiritualità della comunione, facendola emergere come principio educativo in tutti i luoghi dove si plasma l'uomo e il cristiano, dove si educano i ministri dell'altare, i consacrati, gli operatori pastorali, dove si costruiscono le famiglie e le comunità" (Lettera Apostolica Novo Millennio ineunte NM 43).

Inoltre, come ho scritto nell'Esortazione Apostolica Pastores dabo vobis, "è necessario riscoprire la grande tradizione dell'accompagnamento spirituale personale, che ha sempre portato tanti e preziosi frutti nella vita della Chiesa" (n. 40). Continuate con gioia e impegno il vostro studio e la vostra preparazione in quello che le vostre Costituzioni chiamano "il più caratteristico dei vostri mezzi pastorali" (229).

196 6. Il vostro Capitolo Generale ha voluto affrontare il tema delle vocazioni e dell'internazionalizzazione dell'Istituto visto nell'ottica del mandato che la Chiesa riceve dal Risorto: "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni" (Mt 29,19) e nel ricordo della figura e degli aneliti del vostro Fondatore (Cfr XIII Capitolo Generale, Priorità 3).

Il vivere gioiosamente e generosamente la vostra consacrazione, una maggiore definizione nei vostri ministeri pastorali e l'amore fraterno nelle vostre comunità si tradurranno in un invito a quanti ricercano la sequela radicale di Gesù nella vocazione religiosa e sacerdotale. "Oltre a promuovere la preghiera per le vocazioni, è urgente impegnarsi, con un annunzio esplicito ed una catechesi adeguata, per favorire nei chiamati alla vita consacrata quella risposta libera, pronta e generosa, che rende operante la grazia della vocazione" (Esortazione Apostolica post-sinodale Vita consecrata VC 64).

Cari figli, tornando nella vostra Patria, ricordatevi delle parole di Gesù: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,20). Che lo Spirito Santo vi accompagni sempre e vi dia la forza per continuare l'opera che la Chiesa vi ha affidato.

Vi lascio nelle braccia materne di Maria, Madre della Chiesa, affinché entriate nel Nuovo Millennio colmi di gioiosa speranza.


AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO PROMOSSO


DALL’UFFICIO NAZIONALE


PER LA PASTORALE DELLA SANITÀ DELLA C.E.I.


Sabato, 12 maggio 2001




1. Sono molto lieto di porgere il benvenuto a tutti voi, che in questi giorni riflettete sulla presenza della Chiesa nel mondo della salute, della malattia e della sofferenza. Saluto anzitutto il Cardinale Camillo Ruini, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Mons. Javier Lozano Barragan, Presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, e li ringrazio per le loro cordiali parole. Saluto gli altri Presuli presenti, specialmente Mons. Alessandro Plotti, Arcivescovo di Pisa e Vice-Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, e Mons. Benito Cocchi, Vescovo di Modena e Presidente della Commissione Episcopale della Conferenza Episcopale Italiana per il servizio della carità e la pastorale della salute.

Estendo, poi, il mio saluto a tutte le persone malate e sofferenti, alle loro famiglie e a quanti si prendono cura di loro. Davvero – come ho avuto modo di scrivere nel Messaggio di quest'anno per la Giornata Mondiale del Malato – desidero idealmente, ogni giorno, recarmi a visitare chi soffre, per "sostare al fianco dei degenti, dei familiari e del personale sanitario" (n. 3).

Questo vostro Convegno, significativo per molti motivi, si inserisce nel cammino intrapreso dalla Chiesa italiana per una sempre più attiva promozione della pastorale della salute. Vi incoraggio a proseguire su tale strada, perché venga riconosciuta alla pastorale della salute tutta la sua forza di testimonianza evangelica, in piena fedeltà al mandato del Cristo: "Andate, annunciate il Regno di Dio e curate gli infermi" (cfr Lc 5,1-2 Mt 10,7-9 Mc 3,13-19).

2. Vi siete riuniti per approfondire il senso e le modalità con cui attualizzare oggi questo mandato di Cristo. Da un attento discernimento delle attuali realtà socio-culturali scaturiscono di certo indicazioni concrete su quale debba essere la presenza della Chiesa nel campo della cura della salute, migliorandone la qualità e individuandone nuovi percorsi di penetrazione apostolica.

E' utile, in proposito, ricordare, come scrivevo nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte, che "non si tratta di inventare un nuovo programma. Il programma c'è già: è quello di sempre, raccolto dal Vangelo e dalla viva Tradizione. Esso si incentra in ultima analisi in Cristo stesso" (n. 29).

E nel Messaggio per l'ottava Giornata Mondiale del Malato durante il Grande Giubileo del 2000 osservavo: "Gesù non ha solo curato e guarito i malati, ma è anche stato un instancabile promotore della salute attraverso la sua presenza salvifica, l'insegnamento, l'azione... In Lui la condizione umana mostrava il volto redento e le aspirazioni umane più profonde trovavano realizzazione. Questa pienezza armoniosa di vita egli vuole comunicare agli uomini di oggi" (n. 10). Sì, Gesù è venuto perché tutti "abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza" (Jn 10,10). E quale ambito, più di quello della salute e della sofferenza, attende l'annuncio, la testimonianza e il servizio del Vangelo della vita?

197 Imitando Cristo, che ha preso su di sé il volto «dolente» dell'uomo per renderlo «glorioso», la Chiesa è chiamata a percorrere la via dell'uomo, specie se sofferente (cfr Redemptor Hominis RH 7, 14, 21; Salvifici doloris, 3). La sua azione va incontro alla persona inferma per ascoltarla, prendersene cura, lenirne le pene, aprirla alla comprensione del senso e del valore salvifico del dolore.

Mai si insisterà abbastanza, e voi l'avete fatto nel Convegno, sulla necessità di porre al centro la persona, sia del malato che degli operatori.

3. La Chiesa apprezza quanto altri operano in questo campo e offre alle pubbliche strutture il suo apporto per rispondere alle esigenze di una cura integrale della persona.

In ciò è mossa e sostenuta da una visione di salute che non è semplice assenza di malattia, ma tensione verso un'armonia piena e un sano equilibrio a livello psichico, spirituale e sociale. Propone un modello di salute che si ispira alla «salvezza salutare» offerta da Cristo: un'offerta di salute «globale», «integrale» che risana il malato nella sua totalità. L'esperienza umana della malattia è così illuminata dalla luce del Mistero pasquale. Gesù crocifisso, sperimentando la lontananza del Padre, a Lui grida la sua richiesta di aiuto ma, in un atto di amore e di fiducia filiale, si abbandona nelle sue mani. Nel Messia crocifisso sul Golgota la Chiesa contempla l'umanità che tende fiduciosa a Dio le sue braccia doloranti. A chi è nel dolore, essa si accosta con compassione e solidarietà, facendo suoi i sentimenti della misericordia divina. Questo servizio all'uomo provato dalla malattia postula la stretta collaborazione tra operatori sanitari e pastorali, assistenti spirituali e volontariato sanitario. Quanto preziosa appare, a questo riguardo, l'azione delle diverse associazioni ecclesiali di operatori sanitari, sia di tipo professionale, medici, infermieri, farmacisti, sia di tipo più spiccatamente pastorale e spirituale!

4. Una menzione speciale meritano, a questo proposito, le Istituzioni religiose che, fedeli al proprio carisma, continuano a svolgere un ruolo importante in questo settore. A queste Istituzioni, maschili e femminili, mentre le ringrazio per la testimonianza che pur in mezzo a non poche difficoltà offrono con generosità e competenza, chiedo di salvaguardare e rendere sempre più riconoscibile nelle presenti situazioni il proprio carisma.

Il loro è un servizio pubblico, al quale auspico vivamente che non manchi mai il giusto riconoscimento da parte delle autorità civili. Un servizio che domanda, inoltre, un forte e convinto investimento nel campo della formazione specifica degli operatori sanitari. Si tratta di «opere di Chiesa», patrimonio e diaconia del vangelo della carità per quanti sono bisognosi di cura. A tali opere non deve mai mancare il supporto dell'intera Comunità ecclesiale.

Carissimi Fratelli e Sorelle! Ecco un ambito privilegiato nel quale la Chiesa è chiamata a testimoniare la presenza del Signore risorto. A tutti coloro che vi sono coinvolti vorrei ripetere quanto ho scritto nella citata Lettera apostolica Novo millennio ineunte: "Andiamo avanti con speranza! Un nuovo millennio si apre davanti alla Chiesa come oceano vasto in cui avventurarsi, contando sull'aiuto di Cristo" (n. 58). All'inizio di questo secolo si faccia più spedito il passo di chi è chiamato a chinarsi per curare l'uomo ferito e sofferente, come il buon Samaritano. Maria, che dal Cielo veglia materna su chi è provato dal dolore, sia il costante sostegno di quanti si dedicano ad alleviarlo.

Con tali sentimenti, ben volentieri a tutti imparto una speciale Benedizione Apostolica.



MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AI MEMBRI DEL CONSIGLIO ESECUTIVO


DELL'UNIONE INTERNAZIONALE


DELLE SUPERIORI GENERALI (UISG)


Lunedì, 14 maggio 2001




All'Unione Internazionale
delle Superiore Generali

198 1. Con grande gioia mi rivolgo a voi, care Superiore, venute da ogni parte del mondo per il consueto incontro dell'Unione Internazionale delle Superiore Generali. Siete state convocate per riflettere sui problemi e sulle speranze della vita consacrata all'inizio del terzo millennio, così da poter continuare ad essere, in piena fedeltà ai vostri carismi, segno dell'amore di Cristo. Non potendovi accogliere in Udienza a motivo del pellegrinaggio sulle orme di san Paolo, che mi porterà nei prossimi giorni ad Atene, Damasco e Malta, volentieri vi rivolgo il presente Messaggio, grazie al quale mi è dato di sostare almeno spiritualmente in mezzo a voi.

Siete radunate a Roma per riflettere su un tema che unisce mirabilmente non solo l'arricchente diversità dei vostri carismi nella Chiesa, ma anche il pluralismo delle culture che rendono significative le vostre tradizioni. Vi stringe in un cuore solo l'anelito dell'apostolo Paolo: "Charitas Christi urget nos!" (
2Co 5,14). In questo mondo, lacerato da tante contraddizioni, vi proponete, nella vostra identità di «donne», di "essere presenza viva della tenerezza e della misericordia di Dio". Solo in forza della carità di Cristo le comunità religiose possono rispondere efficacemente alle sfide del mondo moderno e diventare annuncio vivo di comunione per una nuova umanità, che scaturisca dalla misericordia e dalla tenerezza di Dio.

2. Caratterizza la vostra vita consacrata la comunione con Dio Amore, al quale volete riservare il primato in ogni scelta. Questo Dio a cui vi siete date in libero e consapevole dono, è il Dio di Gesù Cristo, Dio di Amore, di Relazione, Dio-Trinità. Egli coinvolge la nostra piccolezza nella sua stessa dinamica di amore e di unità. Ma come appartenere ad un Dio di comunione se non si partecipa la comunione a chi avviciniamo, esprimendola concretamente nella vita? Nell'Esortazione post-sinodale "Vita Consecrata" ho voluto sottolineare che "la comunione fraterna, prima di essere strumento di una determinata missione, è spazio teologale in cui si può sperimentare la mistica presenza del Signore risorto" (n. 41) e ultimamente, nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte, ho osservato che «spiritualità di comunione» significa "sguardo del cuore portato sul mistero della Trinità che abita in noi e la cui luce va colta sul volto dei fratelli che ci stanno accanto" (n. 43). La stessa chiamata che Gesù vi ha rivolto, ed alla quale ciascuna ha dato risposta con il dono della propria vita, non può realizzarsi senza entrare in comunione con il mondo intero per amore di Dio.

3. Per riconoscere Cristo e la Chiesa il mondo ha bisogno anche della vostra testimonianza. Non scoraggiatevi, pertanto, se incontrate delle difficoltà. Talora può sembrare che amore, giustizia, fedeltà non siano più presenti nel mondo d'oggi. Non abbiate paura; il Signore è con voi, vi precede e vi segue con la fedeltà del suo amore. Testimoniate con la vita quello in cui credete!

C'è bisogno della testimonianza forte e libera del vostro voto di povertà, vissuto con amore e gioia, perché le vostre sorelle e i vostri fratelli capiscano che l'unico «tesoro» è Dio con il suo amore salvifico. La povertà custodisce la castità e vi impedisce di diventare schiave dei bisogni artificiosamente creati dalla civiltà del benessere. Liberate da tutto ciò che è superfluo, darete alla vostra povertà il volto evangelico della libertà e della fiducia di chi è sicuro che Dio provvede ai suoi figli. Non vi è chiesto di essere potenti, ma di essere sante!

C'è bisogno della vostra castità fedele e limpida che «annuncia», nel silenzio del suo dono quotidiano, la misericordia e la tenerezza del Padre e grida al mondo che c'è un «amore più grande» che riempie il cuore e la vita, perché fa spazio al fratello, come suggerisce l'Apostolo: "Portate gli uni i pesi degli altri" (Ga 6,2). Non abbiate paura di testimoniare questo grande dono di Dio. La gioventù vi osserva; possa da voi apprendere che c'è un amore diverso da quello che il mondo proclama, un amore fedele, totale, capace di rischiare. La verginità, vissuta per amore di Gesù, è profetica oggi più che mai!

C'è bisogno della vostra obbedienza responsabile e piena di disponibilità a Dio attraverso le persone che Egli mette sul vostro cammino. Siete chiamate a mostrare, con la vostra vita, che la vera libertà sta nell'entrare decisamente nella via segnata e benedetta dall'obbedienza, la via di morte e di resurrezione che Gesù ci ha indicato con il suo esempio. Abbiate presente il suo grido, insieme di solitudine e di abbandono al Padre: "Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!" (Mt 26,39) (cfr Novo millennio ineunte NM 26). Vivete l'obbedienza nella comunione. Non lasciate che l'individualismo insidi le vostre comunità. Chi svolge il servizio dell'autorità s'impegni sempre, perché tutte le Consorelle testimonino una profonda comunione con il Magistero della Chiesa, specialmente quando una mentalità secolarizzata ed edonistica tenta di mettere in discussione verità fondamentali e norme morali. La vostra obbedienza sia abbandono sconfinato ai disegni del Padre, come lo è stata per Gesù.

4. Da questo abbandono all'amore di Dio prende vigore la carità verso il prossimo. "E' l'ora di una nuova «fantasia della carità»" (Novo millennio ineunte NM 50), che si dispieghi non solo nell'organizzazione di soccorsi, pur tanto necessari, ma "nella capacità di farsi vicini, solidali con chi soffre, così che il gesto di aiuto sia sentito non come obolo umiliante, ma come fraterna condivisione" (ibid.). La vita religiosa, per ritrovare se stessa, deve riscoprire il contatto con la gente perché questa possa conoscerla quale essa è: dono di Dio fatto agli uomini nel mistero di comunione che vivifica la Chiesa. Comprenderete sempre più profondamente nella sua vitalità il carisma che Dio vi ha donato, attraverso i vostri Fondatori e le vostre Fondatrici, quanto più vi metterete al servizio degli altri a cominciare dai più poveri. Ogni carisma è dato per la vita del mondo. La contemplazione come l'evangelizzazione, il servizio agli emarginati e agli ammalati come l'insegnamento, sono sempre un dialogo con l'umanità, quella stessa umanità per la quale Dio non ha esitato a mandare suo Figlio, perché donasse la vita per la sua redenzione.

Quante volte è stato detto che oggi si sente il bisogno non tanto di maestri quanto di testimoni! Siate, pertanto, testimoni del Vangelo, fedeli a Dio e fedeli all'uomo. La vita religiosa, proprio per la forza della fede nella presenza di Cristo nella sua Chiesa - "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,20) -, vivrà allora con tutta la Comunità ecclesiale "un rinnovato slancio nella vita cristiana" (Novo millennio ineunte NM 29), facendo della presenza divina la forza ispiratrice del suo cammino.

La certezza della presenza di Dio nella vostra vita vi aiuta a comprendere il rapporto esistente tra vita consacrata e annuncio del Vangelo. Dio vuole avere bisogno della vostra disponibilità personale e comunitaria al suo Spirito, perché l'umanità si accorga e scopra finalmente la sua misericordia e la sua tenerezza per ogni creatura. San Paolo afferma: "Quando sono debole è allora che sono forte" (2Co 12,10). Perché? Perché Dio non ha paura della debolezza dell'uomo, purché questi accolga la sua misericordia.

5. Care Superiore Generali, sono tra voi spiritualmente presente e vi accompagno con la preghiera, pensando che ogni vocazione religiosa nella Chiesa porta un sempre rinnovato messaggio di speranza. Il cuore della donna si direbbe creato per recare al mondo il messaggio della misericordia e della tenerezza di Dio. Volentieri, pertanto, vi affido a Maria Vergine, la prima consacrata, che nell'obbedienza è divenuta Madre di Dio. E con fiducia vi ripeto: "Andiamo avanti con speranza! ... Non è stato forse per riprendere contatto con questa fonte viva della nostra speranza, che abbiamo celebrato l'anno giubilare? Ora il Cristo contemplato e amato ci invita ancora una volta a metterci in cammino" (Novo millennio ineunte NM 58).

199 Maria vi aiuti ad amare, a costo di ogni sacrificio, anche fino all'eroismo, come hanno saputo fare tante vostre Consorelle. La sua presenza sia per ciascuna di voi guida e sostegno.

Con tali sentimenti, imparto di cuore a tutte una speciale Benedizione, che volentieri estendo ai vostri Istituti, alle singole comunità e a ogni Sorella, quale espressione dell'amore di Dio che vi segue ad una ad una con eterna fedeltà.

Dal Vaticano, 3 Maggio 2001

IOANNES PAULUS II


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE


IN OCCASIONE DEL 9° CENTENARIO


DELLA MORTE DI S. BRUNO




Al Reverendo Padre Marcellin Theeuwes
Priore di Chartreuse
Ministro generale dell'Ordine dei Certosini
e a tutti i membri della famiglia certosina

1. Mentre i membri della famiglia certosina celebrano il nono centenario della morte del loro fondatore, insieme ad essi rendo grazie a Dio che ha suscitato nella sua Chiesa la figura eminente e sempre attuale di san Bruno. Con una preghiera fervente, apprezzando la vostra testimonianza di fedeltà alla Sede di Pietro, mi associo volentieri alla gioia dell'Ordine certosino, che ha in questo "padre molto buono e incomparabile" un maestro di vita spirituale. Il 6 ottobre 1101, "ardente di amore divino", Bruno lasciava "le ombre fuggitive del secolo" per raggiungere definitivamente i "beni eterni" (cfr Lettera a Raul, n. 13). I fratelli dell'eremo di Santa Maria della Torre, in Calabria, ai quali aveva dato tanto affetto, non potevano aver dubbi sul fatto che questo Dies natalis avrebbe inaugurato un'avventura spirituale singolare che ancora oggi produce frutti abbondanti per la Chiesa e per il mondo.

Testimone del fremito culturale e religioso che scuoteva a quell'epoca l'Europa nascente, artefice nella riforma che la Chiesa desiderava realizzare di fronte alle difficoltà interne che incontrava, dopo essere stato un insegnante stimato, Bruno si sentì chiamato a consacrarsi al bene unico che è Dio stesso. "Vi è nulla di così buono come Dio? Vi è un altro bene oltre Dio solo? Così l'anima santa che percepisce questo bene, il suo incomparabile fulgore, il suo splendore, la sua bellezza, arde della fiamma del celeste amore e grida: "L'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente: quando verrò vedrò il volto di Dio"" (Lettera a Raul, n. 15). Il carattere radicale di questa sete spinse Bruno, nell'ascolto paziente dello Spirito, a inventare con i suoi primi compagni uno stile di vita eremitico, dove ogni cosa favorisce la risposta alla chiamata di Cristo che, in ogni tempo, sceglie uomini "per condurli in solitudine e unirsi a loro in un amore intimo" (Statuti dell'Ordine dei Certosini). Con questa scelta di "vita nel deserto" Bruno invita tutta la comunità ecclesiale a "non perdere mai di vista la suprema vocazione, che è di stare sempre con il Signore" (Vita consecrata VC 7).

Bruno manifesta il suo vivo senso della Chiesa, lui che fu capace di dimenticare il "suo" progetto per rispondere agli appelli del Papa. Consapevole del fatto che il cammino lungo la via della santità non si può concepire senza l'obbedienza alla Chiesa, ci mostra che vera vita nella sequela di Cristo significa mettersi nelle sue mani, manifestando nell'abbandono di sé un supplemento di amore. Un simile atteggiamento lo manteneva sempre nella gioia e nella lode costanti. I suoi fratelli osservarono che "aveva sempre il volto raggiante di gioia e la parola modesta. Con il vigore di un padre, sapeva dimostrare la sensibilità di una madre" (Introduzione alla Pergamena funebre dedicata a san Bruno).

Queste delicate parole della pergamena funebre esprimono la fecondità di una vita dedicata alla contemplazione del volto di Cristo, fonte di efficacia apostolica e motore di carità fraterna. Possano i figli e le figlie di san Bruno, sull'esempio del loro padre, continuare instancabilmente a contemplare Cristo, montando così "una guardia santa e perseverante, in attesa del ritorno del loro Maestro per aprirgli non appena busserà" (Lettera a Raul, n. 4); ciò costituisce un appello incoraggiante affinché tutti i cristiani restino vigili nella preghiera al fine di accogliere il loro Signore!


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