GP2 Discorsi 2001 205

205 3. Il Papa condivide con voi un'affettuosa sollecitudine per il bene comune di questa diletta Nazione che, dopo aver attraversato un decennio di forti contrasti e cambiamenti, ha bisogno di stabilità e di concordia per poter esprimere nel modo migliore le sue grandi potenzialità.

Fattore decisivo per il presente e per le sorti future dell'Italia è senza dubbio la famiglia: su di essa, dunque, giustamente si concentra la vostra attenzione, come emerge anche dal grande Incontro nazionale delle famiglie che avete in programma per il 20 e 21 ottobre. Ad esso, a Dio piacendo, sarò lieto di prendere parte. Occorre incrementare la pastorale delle famiglie, non limitandola al periodo della preparazione al matrimonio o alla cura di qualche specifico gruppo. E' indispensabile che le famiglie stesse diventino maggiormente protagoniste, nell'evangelizzazione e nella vita sociale, affinché sia tutelata la loro autentica fisionomia e sia adeguatamente riconosciuto il loro ruolo. Rinnovo, pertanto, la richiesta che siano salvaguardati i diritti della famiglia fondata sul matrimonio, senza confonderla con altre forme di convivenza. Auspico di cuore che venga realizzata un'organica politica per la famiglia, idonea a sostenerla nei suoi compiti essenziali, a cominciare dalla procreazione e dall'educazione dei figli.

L'impegno per la famiglia è inscindibile da quello a favore della vita umana, dal concepimento al suo termine naturale. Oggi poi, con lo sviluppo delle biotecnologie, si allargano le frontiere sulle quali è richiesta la nostra vigile presenza e la coraggiosa proposta della verità sull'uomo. Cari Fratelli nell'Episcopato, le accuse che oggi ci vengono rivolte di difendere posizioni ormai superate sono destinate, prima o poi, a lasciare il passo al riconoscimento che la Chiesa ha saputo guardare avanti e discernere, alla luce del Vangelo di Cristo, ciò che è indispensabile per l'autentico progresso umano.

4. L'educazione delle nuove generazioni rappresenta a sua volta una nostra fondamentale preoccupazione pastorale. Le nostre parrocchie, oratori, associazioni svolgono al riguardo un servizio prezioso, che va sostenuto e incrementato. Importantissimo, inoltre, è il compito della scuola: la Chiesa offre perciò la più convinta collaborazione, anche attraverso i benemeriti insegnanti di religione, per il miglioramento dell'intero sistema scolastico italiano. Essa rinnova un forte appello perché sia finalmente realizzata un'effettiva parità scolastica, superando vecchie concezioni stataliste per procedere alla luce del principio di sussidiarietà e della valorizzazione, anche in ambito scolastico, delle molteplici risorse della società civile.

Il bene comune non può, poi, costruirsi al di fuori di una prospettiva di concreta solidarietà, che si esprime anzitutto sviluppando nuove possibilità di lavoro specialmente in quelle aree geografiche, collocate per lo più nel Meridione, tuttora pesantemente afflitte dalla piaga della disoccupazione. Di fronte all'aggravarsi delle situazioni di povertà, che coinvolgono numerose famiglie precedentemente in grado di condurre un'esistenza normale, le nostre comunità ecclesiali sono chiamate ad impegnarsi in prima persona, sollecitando al contempo una più solerte e concreta attenzione da parte delle pubbliche istituzioni. Tutto ciò vale, in particolare, per quell'opera difficile ma doverosa che è l'accoglienza degli immigrati, nella quale sono molte le testimonianze esemplari offerte dagli organismi del volontariato cristiano.

5. Carissimi Fratelli nell'Episcopato, mentre continua, pur tra varie difficoltà, la costruzione della «casa comune» dei popoli europei, chiedo a voi e alle vostre Chiese di essere presenti in questa impresa di portata storica, con quelle ricchezze di fede e di cultura che sono proprie del popolo italiano. Ciò perché, come è scritto nella Dichiarazione che ho pubblicato unitamente all'Arcivescovo Ortodosso di Atene e di tutta la Grecia, "siano conservate inviolabili le radici e l'anima cristiana dell'Europa", senza cedere alla tendenza "a trasformare alcuni Paesi europei in Stati secolarizzati senza alcun riferimento alla religione". Questo in effetti costituisce "un regresso e una negazione della loro eredità spirituale".

Vi ringrazio, inoltre, per la generosità di cui date costante prova nei confronti dei Paesi più poveri e di quelli nei quali la Chiesa ha subito ostinate persecuzioni. In particolare, ho molto apprezzato l'iniziativa che avete preso per la riduzione del debito estero di alcune Nazioni, favorendo così illuminate decisioni da parte dello Stato italiano.

Carissimi Fratelli, vi assicuro la mia quotidiana preghiera per voi e per le comunità affidate al vostro servizio pastorale. Attraverso l'intercessione della Vergine Maria, Stella dell'evangelizzazione, esse possano rafforzarsi nella fede, crescere nella comunione e nel coraggio della missione. E come segno del mio affetto, perché il Signore vi conceda questi doni, imparto di cuore la Benedizione Apostolica a voi e a tutto il popolo italiano.




ALL' AMBASCIATORE DELLA MONGOLIA


IN OCCASIONE DELLA PRESENTAZIONE


DELLE LETTERE CREDENZIALI


Venerdì, 18 maggio 2001




Signor Ambasciatore!

1. Sono lieto di accogliere le lettere con le quali il Signor Presidente della Repubblica, Sua Eccellenza Natsagjin Bagabandi, La accredita quale Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario della Mongolia presso la Santa Sede. Desidero manifestarLe viva riconoscenza per le gentili parole che all'inizio della Sua missione ha voluto rivolgermi, illustrando gli alti principi a cui intende ispirarne l'adempimento.

206 Nel ringraziare, poi, per i cordiali sentimenti che il Capo dello Stato ha voluto nuovamente esprimermi, Le chiedo di rendersi interprete presso di Lui, come pure presso le Autorità del Governo della Mongolia, della profonda stima e della costante considerazione con la quale seguo il cammino del nobile Popolo che Ella rappresenta. Serbo un vivo ricordo della visita che il 5 giugno dello scorso anno il Signor Presidente della Mongolia ha voluto rendermi, per riaffermare i rapporti di reciproco rispetto e di mutuo dialogo esistenti tra la Sede Apostolica e il Popolo mongolo. E' mio vivo auspicio che essi proseguano e si intensifichino anche per contribuire all'edificazione di un mondo più giusto e solidale.

A buona ragione Ella ha voluto far menzione della lunga tradizione di tolleranza e di dialogo che caratterizza il popolo della Mongolia, ormai definitivamente entrato nell'arena mondiale con propria e piena sovranità.

2. Nel 2006 si celebrerà l'800E anniversario della fondazione dello Stato mongolo. E' un evento che riveste un'indubbia importanza e offre l'opportunità di ripercorrere il lungo itinerario storico sin qui compiuto. E' pure l'occasione per evocare i secolari legami che segnano le relazioni tra la Mongolia e la Santa Sede. Sono relazioni che risalgono lontano nel tempo. Già, infatti, nel marzo del 1245, il mio predecessore Innocenzo IV inviò una missione diplomatica al campo del khan Batu, giunta successivamente al campo di Kuyuk "gran re e al popolo dei Tartari", presso la Sira Ordu della capitale Karakorum. Dell'indimenticabile missione di fra' Giovanni da Pian del Carpine ci resta la pregevole Historia Mongolorum quos nos Tartaros appellamus. Come pure si conservano interamente le memorie delle missioni di Argun khan presso Onorio IV e Niccolò IV. Si può affermare che, nonostante le inevitabili difficoltà, non si sia mai interrotto questo dialogo rispettoso, come pure non è venuta meno l'attenzione lungimirante fra la Mongolia e la Sede Apostolica.

A questo proposito, mi piace evocare la cordialità con cui il mio predecessore, il venerato Pontefice Niccolò IV, si rivolgeva al principe Kharbenda, esortandolo a non abbandonare le sane tradizioni del suo popolo, dopo essersi fatto cristiano. "Con affetto ti consigliamo – scriveva nel 1291 – di non far alcun mutamento nelle costumanze, nel vestito o vitto tradizionale del tuo Paese, affinché non sorga motivo di dissenso o di scandalo contro la tua persona" (BF IV, 530). Oltre al rispetto di queste tradizioni popolari, il Papa raccomandava di non abbandonarne la legittima fisionomia culturale.

I contatti tra i Mongoli e la Chiesa di Roma proseguirono con frutto anche in seguito. Lo testimoniano, tra l'altro, le parole scritte dal gran khan Gasan al Papa Bonifacio VIII, e le missioni di Giovanni da Montecorvino e Odorico da Pordenone.

3. In Mongolia da lungo tempo si registra la presenza di comunità cristiane fiorenti. Al loro arrivo, con piacevole sorpresa, gli evangelizzatori ebbero modo di constatare la grande tolleranza di quel popolo nei confronti dei discepoli di Cristo. Lo spirito di dialogo instauratosi tra il cristianesimo e la religione maggioritaria dello Stato mongolo favorì reciproci contatti e scambi rispettosi e fecondi. Purtroppo, successive vicende storiche hanno portato a un progressivo mutuo estraniamento.

La Chiesa, però, allora come anche oggi, "considera con sincero rispetto quei modi di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella Verità che illumina tutti gli uomini". Perciò "essa esorta i suoi figli affinché, con prudenza e carità, per mezzo del dialogo e la collaborazione con i seguaci delle altre religioni... riconoscano, conservino e facciano progredire i beni spirituali e morali, e i valori socioculturali che si trovano in essi" (Nostra aetate
NAE 2).

Da nove anni la Chiesa Cattolica ha potuto tornare ad operare tra l'amato popolo del Paese che Ella qui rappresenta. Essa è mossa dal desiderio di servire lealmente le genti della Mongolia, prestando la sua opera nel campo dell'educazione e dello sviluppo sociale. I cristiani non mancheranno di offrire il loro sostegno a programmi che possano ulteriormente arricchire il patrimonio conoscitivo e specialmente l'inserimento delle giovani generazioni mongole nel mondo moderno, segnato da tanti e rapidi mutamenti sociali, aiutandoli al tempo stesso a preservare la loro specifica identità culturale.

La Santa Sede, poi, è quanto mai vicina al Suo Paese e alle sofferenze del Suo Popolo a causa anche delle calamità naturali che l'hanno colpito di recente. Essa sostiene, altresì, gli sforzi che il Suo Governo sta facendo per tessere un dialogo sempre più proficuo con altri popoli. Per quanto è nelle sue possibilità, la Sede Apostolica non ha mancato di operare, e continuerà a farlo, affinché la comunità internazionale sia solidale con il Popolo mongolo e lo sostenga con generosità.

4. Signor Ambasciatore, mentre Ella si accinge ad assumere l'alto compito affidatoLe, desidero assicurarLe la mia benevolenza ed ogni opportuno aiuto per il fruttuoso espletamento della Sua alta missione presso questa Santa Sede.

Voglia cortesemente trasmettere al Signor Presidente della Mongolia, alle Autorità del Governo e al caro Popolo da Lei qui rappresentato l'espressione della mia spirituale vicinanza, unita a un fervido augurio di prosperità e progresso nella pace e nella giustizia. Avvaloro questi miei cordiali sentimenti con la preghiera a Dio, affinché scendano copiose su di Lei e su coloro dei quali Ella si fa interprete le benedizioni del Cielo.



DISCORSO DEL SANTO PADRE

AI NUOVI AMBASCIATORI

IN OCCASIONE DELLA PRESENTAZIONE COLLETTIVA


DELLE LETTERE CREDENZIALI


207
Venerdì, 18 maggio 2001




Eccellenze,

1. Vi accolgo con piacere in Vaticano mentre consegnate le Lettere che vi accreditano come Ambasciatori straordinari e plenipotenziari dei vostri Paesi: il Nepal, la Tunisia, l'Estonia, lo Zambia, la Guinea, lo Sri Lanka, la Mongolia, il Sud Africa e il Gambia. La vostra presenza mi dà l'opportunità di salutare i vostri Responsabili politici e tutti coloro che hanno il compito di servire il bene comune nelle funzioni che sono state loro affidate. Desidero salutare cordialmente tutti i vostri concittadini, assicurandoli dei miei ferventi pensieri a loro riguardo. Vi ringrazio vivamente per i cordiali messaggi dei quali siete portatori da parte dei vostri rispettivi Capi di Stato; vi sarei grato se esprimeste loro i miei deferenti saluti e i miei calorosi auguri per la loro persona e per l'alta missione che sono chiamati a svolgere.

2. Nel corso del mio pellegrinaggio giubilare sulle orme di san Paolo in Grecia, in Siria e a Malta, ho seguito con attenzione gli eventi drammatici che si svolgevano nella regione del Medio Oriente. Desidero nuovamente approfittare della presenza di un numero considerevole di diplomatici per rinnovare con forza ancora più grande il mio appello alla pace in tutti i continenti, invitando i Responsabili della vita sociale a prendere decisioni coraggiose che conducano i popoli in maniera risoluta sulla via della pace e della riconciliazione. La pace e la sicurezza delle persone e delle comunità sono beni essenziali. Non si può pensare che un Paese costruisca il suo futuro prescindendo dai popoli che lo circondano o dalle diversità culturali ed etniche che li compongono.

È necessario che tutti gli organismi locali, nazionali e internazionali s'impegnino affinché si risolvano infine conflitti che hanno già mietuto troppe vittime innocenti. In questo ambito, il ruolo della diplomazia è particolarmente importante. Faccio quindi appello con tutto il cuore a un impegno di tutti i servizi diplomatici a favore di una risoluzione negoziata dei differenti conflitti e dei focolai di tensione esistenti nei diversi continenti. Un simile impegno contribuirà a ridare fiducia e speranza alle popolazioni sottoposte da lungo tempo a situazioni d'instabilità.

3. Mentre inaugurate la vostra missione presso la Sede Apostolica, vi porgo i miei auguri più cordiali. Chiedo all'Altissimo di far discendere su di voi l'abbondanza delle sue Benedizioni, come pure sui membri delle vostre famiglie, sui vostri collaboratori e sugli abitanti delle Nazioni che voi rappresentate.


AI MEMBRI DELLA ASSOCIAZIONE COSTRUTTORI


EUROPEI DI AUTOMOBILI


Venerdì, 18 maggio 2001




Signore e Signori,

sono lieto di accogliere voi, membri del Consiglio dell'Associazione dei Costruttori Europei di Automobili, in occasione del vostro incontro annuale che quest'anno si svolge a Roma. Ringrazio il Presidente, Dr. Paolo Cantarella, per i saluti e per gli auguri di buon compleanno che mi ha rivolto ed esprimo a tutti voi la mia gratitudine per il vostro dono.

In quanto Presidenti delle maggiori società automobilistiche europee, avete responsabilità importanti, non solo nell'orientare lo sviluppo della vostra industria specifica, ma anche nel garantire il corretto svolgimento di un'economia sempre più globalizzata. Il processo di globalizzazione, offrendo nuove possibilità al progresso, pone questioni urgenti a proposito della natura stessa e del fine dell'attività economica. Esorta a un discernimento etico volto a tutelare l'ambiente e a promuovere il pieno sviluppo umano di milioni di uomini e di donne in modo da rispettare la dignità di ogni individuo e dare spazio alla creatività personale sul posto di lavoro. Spero e prego affinché la vostra Associazione, promuovendo questi scopi eminentemente umani, permetta alle generazioni future di godere di una prosperità che non sia soltanto economica, ma anche spirituale, corrispondendo alle aspirazioni più profonde del cuore umano.

Su di voi e sulle vostre famiglie, sui vostri soci e sui vostri impiegati, invoco di cuore le benedizioni di gioia e di pace di Dio.




AI VESCOVI DEL PAKISTAN IN VISITA


"AD LIMINA APOSTOLORUM"


208
Sabato, 19 maggio 2001




Cari Fratelli Vescovi,

1. Con grande gioia vi do il benvenuto, Vescovi del Pakistan, in occasione della vostra visita ad limina Apostolorum. Dopo l'esperienza del mio recente pellegrinaggio sulle orme di san Paolo, le parole dell'Apostolo continuano a echeggiare nel mio cuore e vi saluto con la sua esortazione: "Fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona, rimanete saldi nel Signore" (
Ph 4,1). Per il Successore di Pietro la visita ad Limina è sempre un momento significativo e arricchente, in cui ha l'opportunità di incontrare i suoi fratelli Vescovi di varie parti del mondo e di trascorrere del tempo con loro in preghiera e riflessione fraterna sulle gioie e le speranze, il dolore e le pene.

In Pakistan la comunità cristiana è un piccolo gregge che vive in seno a una vasta maggioranza musulmana. Sebbene molti dei suoi membri siano poveri e vivano in condizioni difficili, sono ricchi di fede e di fedeltà al Vangelo di Gesù Cristo.

Durante il vostro pellegrinaggio sulle tombe dei Santi Pietro e Paolo, so che le vostre comunità locali sono molto vicine al vostro cuore, mentre affidate le loro necessità e le loro preoccupazioni, così come il vostro ministero episcopale, alla protezione celeste degli Apostoli. Mi unisco a voi nel rendere grazie a Dio per le benedizioni che ha concesso a tutti voi.

Il Grande Giubileo dell'Anno 2000 è stato un tempo di grazia nella vita di tutta la Chiesa. Durante l'anno, la Chiesa in Pakistan ha anche ricevuto molti benefici spirituali, poiché i fedeli hanno partecipato alle attività giubilari, inclusi vari pellegrinaggi a Roma, dai quali molti sono tornati nelle proprie famiglie e nelle proprie comunità con fede rinnovata e rafforzato impegno. Il Giubileo non dovrebbe essere solo un momento eccezionale nella vita della Chiesa, dopo il quale tutto ritorna, per così dire, alla normalità. Come ho sottolineato nella mia Lettera Apostolica Novo Millennio ineunte, è ora di basarsi sugli esiti del Grande Giubileo per pianificare il futuro, sempre rivolti a Cristo, l'unico Mediatore e Salvatore di noi tutti. In particolare questo compito spetta alle Chiese locali, che devono cogliere l'opportunità di ribadire il proprio fervore e rinnovare il proprio entusiasmo per le responsabilità pastorali e spirituali (cfr Novo Millennio ineunte, NM 3).

2. Celebrando il bimillenario della sua nascita, abbiamo riflettuto su Cristo "considerato nei lineamenti storici e nel suo ministero, accolto nella sua molteplice presenza nella Chiesa e nel mondo, confessato come senso della storia e luce del nostro cammino" (Novo Millennio ineunte NM 15). Questa contemplazione di Cristo è al centro del vostro ministero di Vescovi. Che possa infondervi nuova energia, spingendovi a investire in iniziative concrete il fervore che avete rilevato nel vostro popolo! Parimenti essa vi porta a riflettere sulla qualità della vostra vita interiore e sul rapporto con il Signore. Mediante un'intensa vita di preghiera, acquisirete la serenità interiore che porta ad essere "contemplativi in azione", testimoni credibili in grado di trasmettere agli altri ciò che noi stessi abbiamo ricevuto: la Parola di Vita (cfr 1Jn 1,1). Santità radiosa, fedeltà al Vangelo, coraggio nell'affrontare le sfide dell'apostolato: queste sono le condizioni essenziali per un ministero episcopale fecondo al servizio della nuova evangelizzazione alla quale Dio chiama la Chiesa all'inizio del nuovo millennio.

Oltre al governo pastorale delle loro Diocesi, i Vescovi, in virtù dell'appartenenza al Collegio Episcopale, dovrebbero preoccuparsi molto della Chiesa a livello nazionale e universale. Per affrontare più efficacemente i problemi di natura pastorale e sociale del vostro Paese, è importante rafforzare la cooperazione al livello di Conferenza Episcopale al fine di parlare con una sola voce e offrire una guida decisa ai cattolici del Pakistan. A questo proposito vi invito a considerare modi per migliorare e rafforzare le istituzioni e le attività della Conferenza. In particolare, un segretariato permanente e un accordo più stabile per gli incontri della Conferenza sarebbero forse d'aiuto.

3. Incoraggio i vostri sacerdoti e li assicuro delle mie preghiere. Conosco le circostanze spesso difficili in cui svolgono il loro ministero. Verso di loro avete una responsabilità particolare e il compito di promuovere il loro benessere e la loro santità. I sacerdoti devono costantemente riaccendere nel loro cuore la passione per il dono eccezionale che hanno ricevuto quando il Signore li ha chiamati al suo servizio. Ciò significa che devono essere uomini di preghiera, preoccupati delle cose di Dio. La loro non è una posizione privilegiata, ma un ministero di servizio, volto ad aiutare il Popolo di Dio a rispondere alla sua più profonda vocazione, che consiste nell'entrare in comunione con la Santissima Trinità.

Prestate un'attenzione particolare alla formazione dei sacerdoti e dei seminaristi affinché possano rispondere alla grazia dello Spirito Santo che continuamente li chiama alla conversione, alla sanità e alla carità pastorale. Sono lieto poiché il numero di vocazioni in Pakistan continua ad aumentare e vi incoraggio a offrire a questi giovani uomini la miglior formazione possibile affinché possano divenire il tipo di sacerdoti di cui il Popolo di Dio ha bisogno e a cui ha "diritto" (cfr Pastores dabo vobis PDV 79). I vostri seminari minori, oltre a offrire un'educazione di altissima qualità, dovrebbero aiutare i giovani uomini a discernere la chiamata di Dio e a rispondere con impegno generoso. Lavorando insieme, dovete garantire che L'Istituto Cattolico Nazionale di Teologia, sorto nel 1997, riesca a migliorare la formazione intellettuale dei seminaristi, dei religiosi e dei laici che frequentano i corsi disponibili, offrendo livelli accademici elevati e restando fedeli all'insegnamento della Chiesa e alle tradizioni autentiche della spiritualità cristiana.

4. Anche i laici andrebbero incoraggiati a svolgere un ruolo più grande e più visibile nella missione ecclesiale. Per fare questo in modo efficace, le comunità cattoliche locali dovrebbero essere ben radicate nei fondamenti della fede. A questo proposito desidero esprimere gratitudine ai religiosi e ai catechisti laici il cui impegno per la catechesi e l'istruzione ha tanta importanza per la crescita della Chiesa in Pakistan.

209 Li incoraggio a utilizzare pienamente il Catechismo della Chiesa cattolica che non è solo una sintesi sistematica dei contenuti essenziali della dottrina cattolica, ma anche uno strumento vitale ed efficace per l'opera di evangelizzazione.

Non dovremmo trascurare il fatto che la fede viene trasmessa in primo luogo nel focolare domestico. Per questo motivo la famiglia deve essere una delle priorità della vostra pianificazione pastorale. Oggi le famiglie cristiane sono sottoposte a pressioni esercitate da varie forze esterne. Dovreste volgere i vostri sforzi a garantire che la famiglia sia realmente una "Chiesa domestica", caratterizzata da un marcato clima di preghiera, da rispetto reciproco e di servizio agli altri. Vivendo con umiltà e amore la sua vocazione cristiana, la famiglia cristiana diverrà un vero "focolare di evangelizzazione, dove ogni membro sperimenta l'amore di Dio e lo comunica agli altri" (Ecclesia in Asia, n. 46).

Parimenti, la Chiesa ha sempre avuto molto a cuore la cura pastorale dei giovani. Oggi, nelle circostanze mutevoli della società, i Pastori dovrebbero incoraggiare e sostenere i giovani a ogni passo per garantire che siano sufficientemente maturi, umanamente e spiritualmente, per assumere un ruolo attivo nella Chiesa e nella società. A loro la Chiesa presenta la verità di Gesù Cristo "un mistero gioioso e liberante da conoscere, da vivere e da condividere con gli altri con convinzione e coraggio" (Ecclesia in Asia, n. 47).

Le scuole cattoliche sono ampiamente riconosciute in Pakistan per l'alta qualità dell'insegnamento che vi viene impartito e per i valori umani che esse trasmettono. Poiché sono frequentate da studenti di tutte le tradizioni religiose, il loro ruolo nella promozione di un clima di dialogo e di tolleranza non va sottovalutato e costituisce una seria sfida per la comunità cattolica.

Indipendentemente dalla loro formazione religiosa o culturale, gli studenti dovrebbero imparare dall'esempio e dall'insegnamento dei loro educatori a premiare e a cercare "tutto ciò che è nobile, giusto, puro, amabile, onorato" (
Ph 4,8).

5. Nel vostro Paese, il dialogo interreligioso costituisce una caratteristica essenziale della vostra missione pastorale. Nel corso della mia recente visita in Siria ho nuovamente esortato a una comprensione e a una cooperazione maggiori fra i cristiani e i musulmani. Affinché tali iniziative rechino frutto, è importante avere persone formate adeguatamente che abbiano studiato seriamente le credenze religiose, i valori e le tradizioni dell'Islam.

Il dialogo non implica l'abbandono dei propri principi né dovrebbe portare a un falso irenismo (cfr Redemptoris missio RMi 56). Piuttosto, in fedeltà alle nostre tradizioni e convinzioni religiose, dobbiamo essere disposti a comprendere i seguaci delle altre religioni in spirito di umiltà e sincerità.
Ho già menzionato l'importanza delle scuole cattoliche nella promozione di una tolleranza e di un dialogo reciproci. Anche altre istituzioni cattoliche, come gli ospedali, le case e le opere sociali, testimoniano in modo pratico i valori del Vangelo. Permettono l'esistenza di un "dialogo di vita" fra i seguaci delle varie religioni e quindi contribuiscono all'edificazione di una società più giusta e fraterna (cfr Redemptoris missio RMi 57).

Poiché le culture si sviluppano come modi di affrontare le questioni più profonde dell'esistenza umana, alla fine devono affrontare la questione di Dio: "Al centro di ogni cultura sta l'atteggiamento che l'uomo assume davanti al mistero più grande: il mistero di Dio" (Centesimus annus CA 24). La cultura pakistana riconosce e difende il posto di Dio nella vita pubblica. Questo fatto dovrebbe far sì che i seguaci delle varie religioni collaborino per difendere la dignità inestimabile di ogni uomo e di ogni donna dal concepimento fino alla morte naturale, e di edificare una società nella quale i diritti inalienabili di tutti vengano rispettati e tutelati, in particolare il diritto alla vita, alla libertà (inclusa la libertà di pensiero, di coscienza e di religione) e di partecipare pienamente alla vita della società. Da questi diritti scaturiscono quelli civili, economici, sociali e culturali che sono essenziali al benessere degli individui e delle società. La base comune per la cooperazione fra i cristiani e i musulmani e per la promozione di un autentico sviluppo sociale e politico si ritrova nelle norme morali universali e immutabili che derivano dall'ordine della creazione e sono iscritte nel cuore dell'uomo (cfr Veritatis splendor VS 96).

Nonostante le possibilità di comprensione e di sostegno reciproci, purtroppo molti membri del vostro popolo affrontano ancora delle difficoltà a motivo della loro fedeltà a Cristo. A volte vengono considerati con sospetto e percepiscono di non essere trattati proprio come cittadini del loro Paese, in particolare di fronte a leggi che non rispettano sufficientemente la libertà religiosa delle minoranze. Penso a tutti i cristiani nel vostro Paese che soffrono a motivo della loro fede.

Nelle prove e nei tormenti desidero assicurarli della mia solidarietà e del mio sostegno orante. Il Signore Gesù Cristo, al quale li invito a rivolgersi con fiducia, è loro vicino in modo particolarmente intimo, per consolarli e rafforzarli. In quanto Pastori della Chiesa in Pakistan siete stati coraggiosi a difendere la libertà religiosa che è al centro dei diritti umani (cfr Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1999, n. 5). Incoraggio i vostri sforzi volti a garantire il prevalere di uno spirito di tolleranza e di rispetto reciproci e vi invito a continuare a offrire una guida necessaria a garantire che tutti i cristiani condividano un approccio comune, caratterizzato da uno spirito di dialogo rispettoso e veritiero, libero da azioni eccessive e imprudenti e volto a migliorare la situazione.

210 6. Cari Fratelli Vescovi, il Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione (cfr 2Co 1,3) che vi ama in Gesù Cristo e che riversa i doni dello Spirito Santo sui credenti, è la fonte della vostra fiducia e del vostro coraggio. Confido molto nel fatto che continuerete a proclamare con orgoglio la Buona Novella di Gesù Cristo al vostro popolo al quale mi sento particolarmente vicino. Affidando voi e i sacerdoti, i religiosi e i laici del Pakistan alla protezione materna di Maria, aurora luminosa e guida sicura del nostro cammino, imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.


AI PARTECIPANTI AL CAPITOLO GENERALE


DELLA SOCIETÀ DELLE MISSIONI AFRICANE


Sabato, 19 maggio 2001




Dando a tutti un caloroso benvenuto in occasione della vostra Assemblea Generale, porgo un saluto speciale al vostro nuovo Superiore Generale, Padre Kieran O'Reilly, che ringrazio per le parole cortesi che mi ha rivolto a vostro nome. Saluto anche il suo immediato predecessore, Padre Daniel Cardot, che ha guidato la vostra Società negli ultimi sei anni.

Approssimandosi la fine della vostra prima Assemblea Generale del nuovo millennio, vi incoraggio ad attingere abbondantemente al ricco patrimonio spirituale del Grande Giubileo dell'Anno 2000 mentre rinnovate il vostro impegno per la missione e l'evangelizzazione. Un nuovo secolo e un nuovo millennio sono iniziati alla luce di Cristo, ma, come ho scritto nella mia Lettera Apostolica alla fine del Grande Giubileo, "non tutti vedono questa luce. Noi abbiamo il compito stupendo ed esigente di esserne il "riflesso"" (Novo Millennio ineunte NM 54). In un mondo in cui esistono molte luci che distraggono dalla luce pura di Cristo o le sono addirittura contrarie, dovete impegnarvi per essere sempre più simili a Gesù, nutrendovi della sua Parola ed essendo saldamente radicati nella preghiera e nella contemplazione, cosicché possiate riflettere fedelmente la sua luce e farlo conoscere agli altri in modo efficace.

Sono lieto di vedere fra di voi oggi giovani sacerdoti missionari africani e asiatici. È un segno positivo del carattere sempre più internazionale della vostra società. Continuate a promuovere e ad alimentare le vocazioni missionarie perché "l'annunzio del Vangelo richiede annunziatori, la messe ha bisogno di operai" (Redemptoris missio RMi 79). I vostri sforzi per coinvolgere i laici nella vostra opera missionaria rappresentano un altro elemento essenziale della plantatio Ecclesiae nelle terre di missione, poiché è mediante un laicato maturo e responsabile che il messaggio cristiano e l'esempio di santità cristiana vengono trasmessi in modo più immediato alla vita della società. A imitazione del nostro Signore e Maestro, rinnovate il vostro impegno a lavorare con i poveri, in particolare con i rifugiati che hanno bisogno con tanta urgenza di un segno dell'amore di Dio!

Accettate la sfida del dialogo interreligioso, un cammino al quale la Chiesa deve dedicare un'attenzione maggiore in questo nuovo millennio! Difendete la vita umana in ogni stadio della sua esistenza, dal concepimento fino alla morte naturale, e non cessate di rendere le persone consapevoli della loro responsabilità per trasformare le loro comunità e la loro cultura secondo le verità salvifiche del Vangelo!

Cari amici, in occasione del nostro breve incontro desidero incoraggiarvi nella vostra impresa missionaria ed esortarvi a essere fedeli allo spirito che avete ricevuto dal vostro Fondatore, il Servo di Dio Marion de Brésillac. Pieni di speranza e di entusiasmo, quindi, continuate con fiducia ad affrontare le sfide del nuovo millennio, sempre volti alla Beata Vergine Maria, che rimane "aurora luminosa e guida sicura del nostro cammino" (Novo Millennio ineunte NM 58). A voi che siete qui presenti e a tutti membri e gli amici della Società delle Missioni Africane imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.

CONCISTORO STRAORDINARIO

PAROLE DEL SANTO PADRE

Aula del Sinodo dei Vescovi

Lunedì, 21 maggio 2001




Venerati Fratelli Cardinali!

1. "Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo" (Rm 1,7). Con queste parole dell'apostolo Paolo, saluto ciascuno di voi e a tutti porgo il mio più cordiale benvenuto.


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