GP2 Discorsi 2001 218


AI DOCENTI E STUDENTI


DEL PONTIFICIO ISTITUTO "GIOVANNI PAOLO II"


PER STUDI SU MATRIMONIO E FAMIGLIA


Giovedì, 31 maggio 2001

Signori Cardinali,

Venerati Fratelli nell'Episcopato,
Carissimi Fratelli e Sorelle!

219 1. Sono molto lieto di celebrare insieme con voi, docenti, studenti e personale addetto, il ventennale della fondazione del vostro, anzi del "nostro" Istituto per Studi su Matrimonio e Famiglia. Grazie per la vostra gradita presenza. Tutti vi saluto con affetto, riservando un particolare pensiero per il Cardinale Gran Cancelliere Camillo Ruini, per il Presidente del Consiglio Superiore di Istituto Cardinal Alfonso Lopez Trujillo, e per Mons. Carlo Caffarra, Arcivescovo di Ferrara, iniziatore dell'Istituto. Saluto pure Mons. Angelo Scola, Preside dell'Istituto, i docenti e gli alunni, il personale e quanti a vario titolo cooperano alla benemerita attività del Centro accademico.

Questa ricorrenza è un segno eloquente della sollecitudine della Chiesa per il matrimonio e la famiglia, che costituiscono uno dei beni più preziosi dell'umanità, come ebbi a dire nell'Esortazione apostolica Familiaris consortio, di cui pure si celebra quest'anno il ventesimo anniversario di pubblicazione (cfr n. 1).

Dal momento che ormai siete presenti con sezioni in tutti i continenti, l'intuizione originaria, che ha dato avvio all'Istituto, ha mostrato la sua fecondità a contatto con le nuove situazioni e con le sempre più radicali sfide del momento presente.

2. Sviluppando la tematica affrontata in precedenti circostanze, vorrei oggi attirare la vostra attenzione sull'esigenza di elaborare un'antropologia adeguata che cerca di comprendere e di interpretare l'uomo in ciò che è essenzialmente umano.

La dimenticanza del principio della creazione dell'uomo come maschio e femmina rappresenta, in effetti, uno dei fattori di maggiore crisi e debolezza della società contemporanea, con preoccupanti ricadute a livello del clima culturale, della sensibilità morale e del contesto giuridico. Dove il principio è smarrito, si oscura la percezione della singolare dignità della persona umana e si apre la strada ad una minacciosa "cultura di morte".

Tuttavia l'esperienza dell'amore rettamente inteso rimane una porta di accesso, semplice ed universale, attraverso la quale ogni uomo è chiamato a prendere coscienza dei fattori costitutivi della propria umanità: ragione, affezione, libertà. Dall'interno dell'insopprimibile interrogativo sul significato della sua persona, soprattutto muovendo dal principio del suo essere creato ad immagine di Dio, maschio e femmina, il credente può riconoscere il mistero del Volto trinitario di Dio, che lo crea ponendo in lui il sigillo della sua realtà di amore e comunione.

3. Il sacramento del matrimonio e la famiglia che ne deriva rappresentano la via efficace mediante la quale la grazia redentrice di Cristo assicura ai figli della Chiesa una reale partecipazione alla communio trinitaria. L'amore sponsale del Risorto per la sua Chiesa, sacramentalmente elargito nel matrimonio cristiano, alimenta, nello stesso tempo, il dono della verginità per il Regno. Questa, a sua volta, indica il destino ultimo dello stesso amore coniugale.

In tal modo, il mistero nuziale ci aiuta a scoprire che la Chiesa stessa è "famiglia di Dio". Per questo l'Istituto, approfondendo la natura del sacramento del matrimonio, offre elementi per il rinnovamento della stessa ecclesiologia.

4. Un aspetto particolarmente attuale e decisivo per il futuro della famiglia e dell'umanità riguarda il rispetto dell'uomo alle sue origini e delle modalità della sua procreazione. Sempre più insistentemente si affacciano progetti che pongono gli inizi della vita umana in contesti diversi dall'unione sponsale tra l'uomo e la donna. Sono progetti spesso sostenuti da pretese giustificazioni mediche e scientifiche. Col pretesto, infatti, di assicurare una migliore qualità di esistenza mediante un controllo genetico, oppure di far progredire la ricerca medica e scientifica, vengono proposte sperimentazioni sugli embrioni umani e metodiche per la loro produzione, che aprono la porta a strumentalizzazioni e ad abusi da parte di chi si arroga un potere arbitrario e senza limiti sull'essere umano.

La verità piena sul matrimonio e sulla famiglia, rivelataci in Cristo, è una luce che permette di cogliere le dimensioni costitutive di ciò che è autenticamente umano nella stessa procreazione. Come insegna il Concilio Vaticano II, gli sposi, uniti nel vincolo coniugale, sono chiamati ad esprimere, mediante gli atti onorevoli e degni proprio del matrimonio (Gaudium et spes
GS 49), la loro mutua donazione e ad accogliere con responsabilità e gratitudine i figli, "preziosissimo dono del matrimonio" (ibid., 50). Essi diventano così, proprio nel loro donarsi corporeo, collaboratori dell'amore di Dio Creatore. Partecipando al dono della vita e dell'amore, ricevono la capacità di corrispondervi e, a loro volta, di trasmetterlo.

Il contesto dell'amore sponsale e la mediazione corporea dell'atto coniugale sono quindi l'unico luogo in cui è pienamente riconosciuto e rispettato il valore singolare del nuovo essere umano, chiamato alla vita. L'uomo, infatti, non è riducibile alle sue componenti genetiche e biologiche, che pure partecipano della sua dignità personale. Ogni uomo che viene nel mondo è da sempre chiamato dal Padre a partecipare in Cristo, per lo Spirito, alla pienezza della vita in Dio. Fin dall'istante misterioso del suo concepimento, pertanto, egli dev'essere accolto e trattato come persona, creata a immagine e somiglianza di Dio stesso (cfr Gn 1,26).

220 5. Un'altra dimensione delle sfide che attendono oggi un'adeguata risposta dalla ricerca e dall'attività dell'Istituto è quella di natura socio-culturale e giuridica.

In alcuni Paesi, talune legislazioni permissive, fondate su concezioni parziali ed erronee della libertà, hanno favorito, nel corso degli ultimi anni, presunti modelli alternativi di famiglia, non fondata più sull'impegno irrevocabile di un uomo e di una donna a formare una "comunità di tutta la vita". I diritti specifici riconosciuti finora alla famiglia, primordiale cellula della società, sono stati estesi a forme di associazione, a unioni di fatto, a patti civili di solidarietà, pensati in riferimento ad esigenze e interessi individuali, a rivendicazioni volte a sanzionare giuridicamente scelte indebitamente presentate come conquiste di libertà. Chi non vede che la promozione artificiosa di simili modelli giuridico-istituzionali tende sempre più a dissolvere il diritto originario della famiglia a venire riconosciuta come un soggetto sociale a pieno titolo?

Vorrei qui ribadire con forza che l'istituto familiare, atto a consentire all'uomo di acquisire in modo adeguato il senso della propria identità, gli offre contestualmente un quadro conforme alla dignità naturale e alla vocazione della persona umana. I legami familiari sono il primo luogo di preparazione alle forme sociali della solidarietà. L'Istituto, promovendo nel rispetto della sua natura accademica una "cultura della famiglia", contribuisce a sviluppare quella "cultura della vita", che più volte ho avuto occasione di auspicare.

6. Vent'anni fa nella Familiaris consortio ebbi ad affermare che "l'avvenire dell'umanità passa attraverso la famiglia" (n. 86). Lo ripeto oggi a voi con profonda convinzione e con accresciuta preoccupazione. Lo ripeto anche con piena fiducia, affidando voi e il vostro lavoro alla Madonna di Fatima, in questi anni Patrona dolce e forte dell'Istituto. A Lei, Regina della famiglia, affido ogni vostro progetto e il cammino che vi attende agli albori di questo terzo millennio.

Nell'assicurarvi che vi seguo nel vostro impegno con la mia preghiera, di cuore vi benedico.



CELEBRAZIONE MARIANA PER LA CONCLUSIONE

DEL MESE DI MAGGIO IN VATICANO

PAROLE DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II

Giovedì, 31 maggio 2001

Visitazione di Maria a Santa Elisabetta




"Maria si mise in viaggio verso la montagna..." (Lc 1,39).

Concludiamo ai piedi di questa Grotta, che richiama alla mente il Santuario di Lourdes, cammino mariano svolto nel corso del mese di maggio. Riviviamo insieme il mistero della Visitazione di Maria Santissima, in questo pellegrinaggio attraverso i Giardini Vaticani, che ogni anno coinvolge insieme con Cardinali e Vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, seminaristi e tanti fedeli. Sono grato al caro Cardinale Virgilio Noè e a tutti coloro che hanno attentamente curata la preparazione di questo appuntamento di preghiera ai piedi della Vergine.

Risuonano nel nostro cuore le parole dell'evangelista Luca: "Appena ebbe udito il saluto di Maria,... Elisabetta fu piena di Spirito Santo" (1,41).

L'incontro tra la Madonna e la cugina Elisabetta è come una sorta di "piccola Pentecoste". Vorrei sottolinearlo questa sera alla vigilia ormai della grande solennità dello Spirito Santo.

221 Nel racconto evangelico, la Visitazione segue immediatamente l'Annunciazione: la Vergine Santa, che porta in grembo il Figlio concepito per opera dello Spirito Santo, irradia intorno a sé grazia e gaudio spirituale. E' la presenza in Lei dello Spirito che fa sussultare di gioia il figlio di Elisabetta, Giovanni, destinato a preparare la via al Figlio di Dio fatto uomo.

Dove c'è Maria, c'è Cristo; e dove c'è Cristo, c'è il suo Spirito Santo, che procede dal Padre e da Lui nel mistero sacrosanto della vita trinitaria. Gli Atti degli Apostoli sottolineano a ragione la presenza orante di Maria, nel Cenacolo, insieme con gli Apostoli riuniti in attesa di ricevere la "potenza dall'Alto". Il "sì" della Vergine attira sull'umanità il Dono di Dio: come nell'Annunciazione, così nella Pentecoste. Così continua ad avvenire nel cammino della Chiesa.

Riuniti in preghiera con Maria, invochiamo una copiosa effusione dello Spirito Santo sulla Chiesa intera, perché a vele spiegate prenda il largo nel nuovo millennio. In modo particolare, invochiamolo su quanti operano quotidianamente al servizio della Sede Apostolica, affinché il lavoro di ciascuno sia sempre animato da spirito di fede e di zelo apostolico.

Si chiude il nostro pellegrinaggio mariano nella quiete della sera e questo ci induce anche a pensare all'orizzonte ultimo della nostra esistenza. La Vergine Maria cammina con la Chiesa pellegrinante e, al tempo stesso, regna nel Paradiso tra gli Angeli e i Santi. Ella ci insegni, con la sua Visitazione, che la gioia si trova spendendo la vita per Cristo. E' così, infatti, che ci si prepara ad entrare con Lui nella gloria del Padre celeste. Possa lo Spirito Santo rafforzare i nostri passi su questa via, che ci conduce al Cielo.

Con questi sentimenti, tutti di cuore vi benedico.



E’ molto significativo che l’ultimo giorno di maggio ci porti la festa della Visitazione. Con questa conclusione è come se volessimo dire che ogni giorno di questo mese è stato una sorta di visitazione. Abbiamo vissuto durante il mese di maggio una continua visitazione, così come l’hanno vissuta Maria ed Elisabetta. Siamo grati a Dio che questo fatto biblico oggi ci sia riproposto dalla Liturgia.

A tutti voi, qui riuniti così numerosi, auguro che la grazia della visitazione mariana, vissuta durante il mese di maggio e specialmente in quest’ultima serata, si prolunghi nei giorni che verranno.

                                                                         Giugno 2001

DISCORSO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


AI PARTECIPANTI AL CAPITOLO GENERALE


DEL PONTIFICIO ISTITUTO MISSIONI ESTERE




Carissimi Fratelli!

1. E' per me motivo di grande gioia accogliervi quest'oggi e porgervi un cordiale benvenuto. A conclusione delle celebrazioni del 150° anniversario della vostra fondazione e in occasione della vostra dodicesima assemblea generale, avete voluto farmi visita per rinnovare l'espressione della vostra fedeltà al Successore di Pietro nella comunione con tutta la Chiesa. Vi saluto con affetto.

Il mio pensiero si rivolge anzitutto al nuovo Superiore Generale, il Padre Gianbattista Zanchi, al quale porgo i miei auguri per il delicato compito che gli è stato affidato a servizio dell'Istituto e della Chiesa. Al contempo, desidero ringraziare il Padre Franco Cagnasso, per il lavoro svolto come Superiore Generale a vantaggio della vostra fraternità. Il mio saluto si estende ai componenti del nuovo Consiglio della Direzione Generale. In voi, carissimi, scorgo il volto dei numerosi missionari del Pontificio Istituto Missioni Estere che operano generosamente in tante regioni del mondo. Tutti abbraccio con spirituale intensità, pensando al generoso impegno con il quale seminano la Parola di Dio, talora fra tante difficoltà e ostacoli.

222 L'assise che vi ha visti riuniti in preghiera e riflessione si è svolta a pochi mesi dalla conclusione del Grande Giubileo, evento di straordinarie grazie per la Chiesa, e all'inizio di un nuovo millennio, che vede la Comunità cristiana protesa con rinnovata fiducia e speranza verso l'annuncio di Cristo, unico Salvatore dell'uomo. L'odierno incontro si svolge alla vigilia della solennità della Pentecoste: risuona nel nostro spirito il comando del Signore di andare e ammaestrare tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo (cfr Mt 28,19). E' la stessa forza dello Spirito, che ha animato la prima Comunità cristiana, a guidare i nostri passi sulle orme di Cristo.

2. I giorni e i secoli trascorrono, Cristo rimane lo stesso ieri, oggi e sempre. Egli è il centro della vita individuale e comunitaria di quanti a lui appartengono. Occorre dunque ripartire costantemente da Lui per comprendere il senso della missione che Egli ha affidato alla Chiesa.

Se è vostra intenzione ripensare il carisma proprio del vostro Istituto per rivitalizzarlo, è indispensabile, anche da questo punto di vista, ripartire dalla centralità di Cristo nella vita comunitaria e nella testimonianza personale. Qualora una "debolezza cristologica" si insinuasse nella vostra azione, allora la vostra opera di evangelizzazione potrebbe rischiare di ridursi ad un'attività prevalentemente sociale, caritativa, o di organizzazione pastorale. Al contrario, la vostra Società nacque per raccogliere anime pie e generose "che facessero di sé offerta a Dio, desiderose di dedicarsi alla dilatazione del santo suo Regno" (Massime e Norme per l'Istituto delle Missioni, Avvertenza preliminare).

Oggi come ieri, siete inviati nel mondo per essere di Cristo, senza timore "che possa costituire offesa all'altrui identità ciò che è invece annuncio gioioso di un dono che è per tutti, e che va a tutti proposto con il più grande rispetto della libertà di ciascuno: il dono della rivelazione del Dio-Amore che «ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito»" (Novo millennio ineunte NM 56). La fede si rafforza donandola!

Certo, le difficoltà e i problemi che l'umanità, nella sua complessità, oggi si trova ad affrontare devono essere tenuti nella giusta considerazione. Penso, ad esempio, all'emergere di nuove visioni planetarie quali la globalizzazione, l'etnocentrismo, o la tentazione di costruirsi una religione «fai-da-te». Penso alla chiusura di non pochi Paesi alla presenza dei missionari e all'evangelizzazione diretta. Né sono da sottovalutare problemi specifici, quali il calo numerico dei membri dell'Istituto e il conseguente invecchiamento o l'incontro, a volte difficile, tra provenienze diverse di quanti vi appartengono. Tuttavia, con la grazia del Signore, occorre guardare verso il futuro con occhi di speranza. Forti della presenza misteriosa di Cristo, occorre inoltrarsi nel vasto oceano che si apre davanti alla Chiesa del terzo millennio e "prendere il largo" con fiducia.

3. Permettete che qui riprenda, così come emerge anche dai lavori dell'Assemblea Generale, le quattro dimensioni forti che caratterizzano l'identità del vostro Istituto. In primo luogo, il missionario del PIME è inviato ad extra. Egli parte, cioè, dalla propria terra, abbandona la propria cultura e persino la propria Chiesa particolare per recare, là dove il Signore lo chiama, l'annuncio della Croce. Il suggestivo rito della consegna del Crocifisso e della partenza sta a significare che siete inviati come dono di Dio all'umanità e alle Comunità fra le quali svolgete il vostro ministero pastorale.

In secondo luogo, la vostra è una missione ad gentes. Costante, pertanto, deve essere il vostro impegno a raggiungere i cosiddetti «lontani», soprattutto coloro che ancora non conoscono il Vangelo. Ciò esige uno sforzo creativo per poter inculturare il messaggio evangelico, un'intensa capacità di dialogo, una costante attenzione alle esigenze della promozione umana, della lotta contro le ingiustizie, della difesa dei più poveri e dei senza diritti. Se saprete formare le nuove vocazioni anche all'interculturalità, potrete sperare di avere missionari capaci di collaborare nell'unità, pur salvaguardando le legittime diversità.

In terzo luogo, la vostra consacrazione è ad vitam. Essa è la risposta a una chiamata e a un progetto che coinvolge tutta l'esistenza e dura per tutta la vita. E' donazione totale a Cristo per la missione. I cardini fondamentali della vostra spiritualità, dunque, sono piantati sull'essere più che sul fare, memori della parola di Cristo secondo cui "con la vostra perseveranza salverete le vostre anime" (Lc 21,19).

Infine, la caratteristica della vostra opera apostolica è di essere fatta insieme. Siete missionari di varie nazionalità, presbiteri e laici che vivono in comunione, in uno stile tutto orientato alla missione. La spiritualità di comunione è la testimonianza di Cristo più vera che potete dare al mondo, armonizzando in unità ogni diversità affinché diventi ricchezza comune. Ciò esige un continuo processo di kenosi personale che apra ciascuno all'altro, presbitero o laico che sia. A questo proposito, come non vedere l'utilità di sostenere la dimensione laicale del compito missionario, in risposta ai segni dei tempi che esigono la presenza del laico per l'evangelizzazione? Sarà importante che presbiteri e laici sappiano lavorare insieme, perché la diversità di ministero diventi ricchezza di tutti ed eloquente testimonianza di Cristo.

4. Carissimi Missionari, nella Chiesa, per grazia di Dio, si aprono ogni giorno nuovi cantieri di evangelizzazione e di impegno. Sappiate ascoltare lo Spirito che vi interpella e rispondetegli con generosità, accogliendo le sfide dell'ora attuale. Non temete di recarvi anche là dove il missionario non viene accolto come tale, a causa di ragioni politiche, sociali, ideologiche o addirittura religiose.

Non dimenticate, poi, che anche nei Paesi di antica cristianizzazione vi è bisogno di un saldo impegno missionario, specie nelle città, dove più evidente appare il bisogno di una nuova evangelizzazione, se non addirittura, in qualche caso, di un primo annuncio di Cristo. Inoltre, la storia del vostro Istituto è un lungo racconto di incontro e di dialogo con le altre religioni. Continuate su questa scia, sapendo gioire per le ricchezze presenti in esse e capaci di offrire ai vostri interlocutori lo specifico dono della vostra fede cristiana.

223 Affido l'intera vostra Famiglia a Maria, Stella dell'evangelizzazione. Sia lei a sostenervi e consolarvi. Vi protegga insieme con i Santi e i Beati che hanno offerto interamente la loro esistenza per la missione. Vi accompagni pure la mia Benedizione, che di gran cuore imparto a voi, ai vostri Confratelli e a quanti incontrerete nel vostro ministero.

Dal Vaticano, 1° Giugno 2001

UDIENZA ALL’ARCIVESCOVO DI CANTERBURY


E PRIMATE DELLA COMUNIONE ANGLICANA




PAROLE DI SALUTO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


1° giugno 2001


Vostra Grazia,
Cari amici,

Vi saluto e vi porgo il benvenuto con la preghiera del grande apostolo delle genti: "Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo" (Ph 1,2).

Sono particolamente lieto, Vostra Grazia, di incontrarla così presto dopo la celebrazione dei suoi dieci anni come Arcivescovo di Canterbury.

Le auguro personalmente ogni felicità, fiducioso nel fatto che il Signore continuerà a sostenerla nei numerosi e difficili compiti del suo servizio alla Comunione Anglicana nel mondo.

Ricordando la meravigliosa esperienza del Grande Giubileo dell'Anno 2000, la mia preghiera per l'unità cristiana è sempre più intensa. Sono stato lieto di apprendere dei buoni risultati sortiti dall'incontro dei Vescovi anglicani e cattolici in Canada lo scorso anno. Che il Signore benedica questa iniziativa con frutti di riconciliazione e comprensione più profonde fra gli anglicani e i cattolici in un mondo che ha così tanto bisogno della nostra testimonianza comune della Buona Novella di Gesù Cristo, nostro Salvatore Risorto!

La ringrazio per la cortese visita e preparandoci a celebrare la Pentecoste apriamo il nostro cuore e la nostra mente alla grazia trasformatrice dello Spirito Santo. Le benedizioni di Dio siano con tutti voi!

UDIENZA ALLA COMUNITÀ

DEL PONTIFICIO COLLEGIO FILIPPINO IN ROMA

PAROLE DI SALUTO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II

2 giugno 2001

224
Cari amici filippini,


nella lieta occasione del quarantesimo anniversario della fondazione del Pontificio Collegio Filippino, mi unisco a voi nel rendere grazie a Dio per quanto il Collegio ha rappresentato per la Chiesa nelle Filippine e per la comunità filippina a Roma a partire dalla sua solenne inaugurazione il 7 ottobre 1961 da parte del mio predecessore Papa Giovanni XXIII.

Le mie visite nel vostro Paese mi hanno permesso di sperimentare direttamente la calorosa ospitalità e la fede viva del vostro popolo. Sono le persone che voi, giovani sacerdoti del collegio, preparate al servizio.

Sapete di essere spesso nei miei pensieri e nelle mie preghiere e che quelle persone si aspettano molto da voi. Si aspettano che siate sacerdoti secondo il cuore di Gesù.

Vi invito a sviluppare una profonda e autentica spiritualità eucaristica e a lasciarvi plasmare secondo il modello di Cristo, il Buon Pastore, che diede la vita per il suo gregge (cfr
Jn 10,11). Imparate ad amare il sacramento della penitenza cosicché in qualità di confessori possiate far conoscere ai fedeli il cuore compassionevole di Dio che ci riconcilia a sé. Siate uomini di preghiera, carità e zelo.
Anche lo studio è una dimensione essenziale della vita del sacerdote. Partecipa alla missione profetica di Cristo ed è chiamato a rivelare agli altri, in Gesù Cristo, il volto autentico di Dio e quindi il volto autentico dell'uomo. Attraverso il vostro impegno nello studio sarete pronti a svolgere il ministero della Parola, proclamando il mistero della salvezza chiaramente e senza ambiguità, distinguendolo dalle mere opinioni umane.

Considerate sempre la vostra opera intellettuale come servizio al Popolo di Dio, aiutandolo a rendere conto, a chi glielo chiede, della propria speranza cristiana (cfr 1P 3,15).

Prego affinché il Pontificio Collegio Filippino continui a compiere la sua missione di formare sacerdoti pieni dell'amore di Dio e solleciti nel diffondere il Vangelo. Affidando voi e la vostre famiglie all'intercessione della vostra Patrona, Nuestra Señora de la Paz y Buen Viaje imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.

DISCORSO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II

AI BAMBINI AMMALATI DI CANCRO DELLA FONDAZIONE

"INTESA SENZA BARRIERE", DALLA POLONIA


Lunedì, 4 giugno 2001


Miei Cari,

A voi tutti il mio cordiale benvenuto. Ringrazio la Consorte del Signor Presidente per l’introduzione a questo incontro. Sono molto lieto di potervi ospitare qui. Spero che questa breve visita in Vaticano vi permetta, almeno per un attimo, il distacco dalla realtà in cui vi trovate normalmente a motivo della vostra malattia.

225 So quanto sia difficile l’esperienza della malattia, specialmente se riguarda un bambino. Perciò, insieme a voi, prego con tutto cuore il Signore Gesù per il dono della salute per voi e per tutti i vostri coetanei provati dall’infermità e dalla sofferenza. Prego anche perché abbiate la speranza per voi stessi, per i vostri genitori e per coloro che hanno cura di voi, affinché siate forti nello spirito, specialmente quando il corpo soggiace alla debolezza. Pensando alla difficile situazione in cui versa oggi il servizio sanitario in Polonia, chiedo anche a Dio di infondere in tutti i responsabili lo spirito di amore e di sapienza, che li spinga a fare il possibile per cambiare efficacemente tale realtà, per il bene di tutti i polacchi.

Insieme a voi, voglio anche rendere grazie a Dio per ogni bene. Succede che a colui che soffre sia difficile scorgere che anche nella malattia un grande bene si compie sia in lui che nei cuori di tutti coloro che gli sono vicini. Dobbiamo ringraziare Gesù per l’amore di cui siete circondati da parte dei vostri genitori e parenti, per le premure nei vostri riguardi da parte dei medici e delle infermiere, per la generosità di persone, spesso sconosciute, che vi sostengono materialmente e spiritualmente. Non manchino mai questo amore e questa bontà!

Vi prego di portare il mio saluto e la mia benedizione ai vostri cari, ai vostri compagni e compagne, specialmente a coloro, che come voi lottano contro la malattia. Dio vi conceda la grazia della salute e vi benedica.


AI PRESULI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE


DEL GABON IN VISITA


"AD LIMINA APOSTOLORUM"


5 giugno 2001




Cari Fratelli nell'Episcopato,

1. Sono lieto di accogliervi, Vescovi della Chiesa cattolica nel Gabon, mentre realizzate la vostra visita ad Limina. All'indomani della celebrazione della festa della Pentecoste, auspico che lo Spirito Santo vi colmi dei suoi doni affinché siate sempre più fedeli nell'esercitare il ministero che avete ricevuto dal Signore. Che i vostri incontri con il Successore di Pietro e con i Dicasteri della Curia romana siano per voi intensi momenti di comunione ecclesiale e di conforto apostolico!

Porgo i miei cordiali ringraziamenti a Monsignor Basile Mvé Engone, Arcivescovo di Libreville e Presidente della vostra Conferenza episcopale, per le gentili parole che mi ha rivolto a nome vostro. Dalla sua ultima visita ad Limina, l'Episcopato del Gabon è stato ampiamente rinnovato. Vi incoraggio vivamente ad approfondire sempre più fra di voi i vincoli di comunione che vi uniscono al fine di svolgere il vostro incarico in modo fecondo e di sviluppare fra le vostre diocesi un'autentica armonia pastorale. Trasmettete ai vostri sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai catechisti e a tutti i fedeli delle vostre diocesi il mio saluto affettuoso e assicurateli della mia vicinanza spirituale.

Attraverso di voi saluto tutto il popolo del Gabon, chiedendo a Dio di concedergli di vivere nella pace e di assisterlo nei suoi sforzi volti a costruire una società solidale dove ognuno possa trovare il suo pieno sviluppo.

2. L'anno giubilare che si è appena concluso è stato per tutta la Chiesa l'occasione di un rinnovamento spirituale e missionario. È dunque ora necessario che in ogni Paese venga conferito un nuovo slancio all'evangelizzazione. Pertanto, come ho avuto l'opportunità di scrivere nella Lettera Apostolica Novo Millennio ineunte, "la prospettiva in cui deve porsi tutto il cammino pastorale è quella della santità" (n. 30), poiché se il nostro Battesimo ci fa veramente entrare nella santità di Dio, "sarebbe un controsenso accontentarsi di una vita mediocre, vissuta all'insegna di un'etica minimalistica e di una religiosità superficiale" (n. 31). Per essere testimoni credibili del Vangelo che annunciano fra i loro fratelli, i cristiani devono volgere risolutamente il proprio sguardo a Cristo Signore e Salvatore di tutta l'umanità.

Vi esorto dunque a procedere con entusiasmo lungo le difficili vie della missione. Certo, conosco i limiti dei vostri mezzi umani e materiali. Tuttavia, il Signore ci ha assicurato della sua presenza in mezzo a noi. Non abbiate paura di lasciarvi pervadere dallo slancio missionario che animava l'Apostolo Paolo, andando incontro agli uomini e alle donne che non hanno ancora ricevuto la Buona Novella. In effetti, tutti hanno il diritto di conoscere la ricchezza del mistero di Cristo.
D'altro canto, da alcuni anni nel vostro Paese l'attività della Chiesa, che vuole essere al servizio di tutti gli abitanti del Gabon senza distinzioni, si può sviluppare in un quadro giuridico nuovo. Sono lieto dell'accordo concluso fra la Santa Sede e la Repubblica del Gabon per lavorare alla promozione del bene comune, garanzia del benessere spirituale e materiale delle persone. È auspicabile che, nel rispetto dell'indipendenza e dell'autonomia delle due parti, questo spirito di collaborazione si sviluppi maggiormente, in particolare per permettere alle scuole cattoliche di contribuire con sempre maggiore efficacia all'educazione umana e spirituale della gioventù del vostro Paese.

226 3. La formazione degli agenti dell'evangelizzazione è molto importante per assicurare il futuro della Chiesa nel continente africano. L'Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi ha posto l'accento sulla necessità di formare i laici affinché possano assumere il loro ruolo insostituibile nella Chiesa e nella società. Desidero pertanto salutare in modo particolare i catechisti delle vostre diocesi, il cui ruolo resta determinante per lo sviluppo delle comunità cristiane. Vi incoraggio vivamente a offrire a questi preziosi collaboratori della missione un sostegno materiale, morale e spirituale attento, e a far sì che beneficino di una salda formazione dottrinale iniziale e permanente.
I fedeli del vostro Paese devono essere parimenti capaci di assumersi le proprie responsabilità civili e di "esercitare sul tessuto sociale un influsso volto a trasformare non soltanto le mentalità, ma le stesse strutture della società in modo che vi si rispecchino meglio i disegni di Dio sulla famiglia umana (Esortazione Apostolica Ecclesia in Africa, n. 54). È dunque opportuno aiutare i laici a condurre una vita in armonia con la loro fede, affinché le loro attività e le loro responsabilità siano una testimonianza sempre più autentica resa al Vangelo in tutti i settori della vita sociale.

D'altro canto, è indispensabile che le famiglie cristiane prendano vivamente coscienza della loro missione nella Chiesa e nella società. Una pastorale familiare adattata ai grandi problemi che si pongono oggi, soprattutto per ciò che concerne il rispetto della vita umana, contribuirà a promuovere la testimonianza di fede dei coniugi attraverso una esistenza vissuta in conformità con la legge divina sotto tutti gli aspetti, come pure mediante un impegno a dare ai propri figli una formazione autenticamente cristiana. Che, offrendo loro il suo aiuto disinteressato, la Chiesa si dimostri vicina alle famiglie che si trovano in situazioni difficili, sapendo di essere sempre per esse il volto di verità, di bontà e di comprensione del Signore!

Ai giovani delle vostre diocesi auguro di trovare nel loro incontro con Cristo il segreto della vera libertà e della gioia profonda del cuore. Nelle difficoltà che vivono, che non perdano mai la fiducia nel futuro, ma che accettino di lavorare coraggiosamente con i propri fratelli per l'avvento di un mondo nuovo fondato sulla fraternità e sulla giustizia.

4. Nel riunire la famiglia di Dio in una fraternità animata dalla carità e condurla al Padre attraverso Cristo nello Spirito Santo (cfr Decreto Presbyterorum ordinis
PO 6), i sacerdoti sono i collaboratori necessari e insostituibili che dovete considerare come fratelli e amici, preoccupandovi della loro situazione materiale e spirituale ed esortandoli a una collaborazione fraterna con voi e fra di loro.

Saluto di cuore tutti i vostri sacerdoti e li esorto a perseverare generosamente, malgrado gli ostacoli, negli impegni che hanno preso il giorno della loro ordinazione. Che si ricordino sempre che hanno ricevuto una chiamata specifica alla santità e sono tenuti a tendere alla perfezione in tutti gli ambiti della loro esistenza, soprattutto attraverso una vita morale retta, poiché tutta la loro persona, consapevole, libera e responsabile, è profondamente impegnata nell'esercizio del proprio ministero! Deve pertanto esistere uno stretto vincolo fra l'esercizio del ministero e una vita spirituale intensa. È dunque fondamentale che ogni sacerdote "rinnovi continuamente e approfondisca sempre più la coscienza di essere ministro di Gesù Cristo in forza della consacrazione sacramentale e della configurazione a lui, Capo e Pastore della Chiesa (Esortazione Apostolica Pastores dabo vobis PDV 25). Solo un'intimità abituale con Cristo, manifestata in particolare nella preghiera e nella ricezione dei sacramenti dell'Eucaristia e della Riconciliazione, darà loro la forza e il coraggio di sostenere le prove, e di accettare di ritornare fedelmente al Signore dopo la caduta. Esorto anche il presbiterio di ognuna delle vostre diocesi, sacerdoti autoctoni e missionari originari di altri Paesi, a manifestare la sua unità e la sua profonda comunione attorno al Vescovo, con la convinzione di essere al servizio di un'unica missione che gli è stata affidata dalla Chiesa in nome di Cristo.

La pastorale delle vocazioni sacerdotali e religiose esige la più grande attenzione affinché la Chiesa locale prosegua la sua edificazione e la sua crescita. L'esempio di vita irreprensibile dei sacerdoti e delle persone consacrate è per i giovani uno sprone vigoroso per aiutarli a rispondere con generosità all'appello del Signore. Nella promozione delle vocazioni, come pure nel loro discernimento e nel loro accompagnamento, la prima responsabilità è quella del Vescovo, responsabilità che deve assumersi personalmente, assicurando la collaborazione indispensabile del suo presbiterio e ricordando alle famiglie cristiane, ai catechisti e all'insieme dei fedeli, la loro responsabilità particolare in questo ambito.

La costituzione di gruppi di formatori e di direttori spirituali per il seminario maggiore deve essere una priorità per i Vescovi. Vi esorto dunque a unire le vostre forze e a cercare collaborazioni, affinché il seminario maggiore nazionale possa accogliere i giovani delle vostre diocesi che hanno ricevuto la chiamata del Signore al sacerdozio e offrire loro una formazione salda che li preparerà a svolgere il ministero presbiterale con le qualità richieste di rappresentanti di Cristo, di veri servitori e animatori delle comunità cristiane. È indispensabile che questa formazione umana, intellettuale, pastorale e spirituale permetta loro anche di mettere alla prova e di sviluppare la propria maturità affettiva e di acquisire forti convinzioni sull'indissociabilità del celibato e della castità del sacerdote (cfr Ecclesia in Africa, n. 95).

5. Desidero testimoniare la riconoscenza della Chiesa per l'opera degli istituti missionari nella vita ecclesiale del Gabon. Mediante il loro lavoro apostolico disinteressato e a volte eroico, i loro membri, ma anche laici cristiani, hanno trasmesso la fiaccola della fede al vostro popolo e hanno permesso alla Chiesa di radicarsi e di crescere nel vostro Paese.

Oggi, originari del Gabon o provenienti da altri Paesi, in spirito di comunione e di collaborazione con voi e con il clero diocesano, i religiosi svolgono un ruolo importante nella vita pastorale delle vostre diocesi; le religiose, mediante le loro attività parrocchiali, educative od ospedaliere, svolgono un generoso lavoro al servizio della popolazione, senza distinzione di origine o di religione, attirandosi così la stima di tutti.

Auspico vivamente che la vita consacrata si sviluppi nelle vostre diocesi al fine di contribuire all'edificazione della Chiesa locale nella carità secondo il carisma proprio di ogni istituto. Accoglietela come un dono di Dio "prezioso e necessario anche per il presente e per il futuro del Popolo di Dio, perché appartiene intimamente alla sua vita, alla sua santità, alla sua missione" (Esortazione Apostolica Vita consecrata VC 3)! Con il vostro sostegno, incoraggiate i diversi istituti a offrire a tutti i loro membri una salda formazione, che permetterà loro di rispondere alle esigenze spirituali e umane della propria vocazione.

227 6. Fra le urgenze che si pongono alla Chiesa cattolica all'inizio del nuovo millennio, vi è la ricerca dell'unità fra i cristiani. Certo, un lungo cammino resta da percorrere. Non dobbiamo perderci d'animo ma sviluppare con fiducia rapporti sempre più sereni e più fraterni con i membri delle altre Chiese e Comunità ecclesiali. Parimenti, l'incontro con i credenti dell'Islam e della Religione tradizionale africana, in uno spirito di apertura e di dialogo, è molto importante. Vi incoraggio dunque a mantenere vincoli cordiali con le comunità religiose che costituiscono la società, al fine di assicurare a tutti gli abitanti del Gabon le condizioni di un'esistenza armoniosa nel rispetto reciproco.

Tuttavia, come ho già scritto nella Lettera Apostolica Novo Millennio ineunte, "il dialogo non può essere fondato sull'indifferentismo religioso, e noi cristiani abbiamo il dovere di svilupparlo offrendo la testimonianza piena della speranza che è in noi" (n. 56).

7. Cari Fratelli nell'Episcopato, è con questi sentimenti che al termine del nostro incontro vi invito a proseguire con coraggio e con audacia l'annuncio gioioso del dono che il Signore offre a tutti gli uomini. "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito" (
Jn 3,16). Il compito prioritario della missione è quello di annunciare a tutti che è in Cristo che gli uomini trovano la salvezza. Forte della sua presenza operante, la Chiesa non può sottrarsi all'urgenza del comandamento missionario che la invia a tutte le nazioni e a tutti i popoli. Che l'esperienza dell'anno giubilare che abbiamo appena celebrato vi dia un entusiasmo rinnovato per andare avanti con speranza!

Affido all'intercessione materna della Vergine Maria, Regina dell'Africa, l'insieme delle vostre diocesi e vi imparto di tutto cuore un'affettuosa Benedizione Apostolica, che estendo volentieri ai vostri sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai catechisti e a tutti i fedeli laici nel Gabon.




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