GP2 Discorsi 2001 234


AI MEMBRI DEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE


DELLA "CAISSE NATIONALE DE CRÉDIT AGRICOLE"


Sabato, 9 giugno 2001




Cari Amici,

Porgo il benvenuto a voi, membri del Consiglio di Amministrazione della Caisse nationale du Crédit Agricole, presenti oggi a Roma, in occasione di un viaggio di lavoro. Un cordiale saluto anche alle vostre famiglie. Ringrazio il vostro Presidente, Dott. Marc Bué, per le sue cordiali parole che manifestano lo spirito con il quale lavorate, apprezzando anche la generosa offerta con la quale gli organismi del Credito agricolo hanno voluto manifestare la sua solidarietà con i Paesi più poveri del pianeta.

Il contesto di un'economia sempre più globalizzata obbliga le aziende a conquistare nuovi mercati adottando strategie di sviluppo spesso aggressive, legate a imperativi di profitto e redditività. Tale logica economica non cessa di generare evidenti disuguaglianze tra i Paesi. E il debito estero dei Paesi poveri costituisce un grande ostacolo al processo di crescita di numerose Nazioni, poiché esso compromette l'economia locale e lo sviluppo integrale delle persone e mette in pericolo la vita delle famiglie e il futuro delle società. Proponendo valori al tempo stesso umani e mutualistici di progresso e promozione dell'uomo nell'azienda come nell'economia, lavorate per consolidare la pace e la solidarietà del genere umano. In questa prospettiva, vi incoraggio a radicare le vostre decisioni in una visione cristiana dell'uomo e dell'umanità, al fine di contribuire efficacemente alla costruzione di un mondo in cui le scelte politiche e le opzioni economiche rispondano veramente alle aspirazioni più profonde delle nuove generazioni.

235 Affidando alla Vergine Maria tutti gli sforzi compiuti attraverso la vostra sollecitudine nell'edificare la civiltà dell'amore e della fraternità, imparto di cuore la Benedizione Apostolica, che estendo a tutti i vostri collaboratori e alle vostre famiglie.


AI PARTECIPANTI ALLA PLENARIA


DELLA PONTIFICIA COMMISSIONE


DI ARCHEOLOGIA SACRA


Sabato, 9 giugno 2001




Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Desidero rivolgere il mio cordiale benvenuto a ciascuno di voi, che partecipate alla riunione plenaria della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra. Oggi mi rendete visita al termine di due intense giornate dedicate ad un approfondito esame dell'attività da voi svolta durante il Grande Giubileo dell'Anno Santo Duemila.

Saluto con affetto Monsignor Francesco Marchisano, vostro Presidente, e lo ringrazio per le cortesi espressioni che ha voluto rivolgermi a vostro nome. Gli sono, altresì, grato per avermi illustrato il tema del vostro incontro: Le catacombe cristiane d'Italia e l'Anno santo: bilancio di un pellegrinaggio.

Grande, in effetti, è stato il contributo da voi offerto alla riuscita dell'Anno giubilare, che tanta eco ha suscitato nel mondo. Grazie per questo vostro servizio; grazie per l'amore e la competenza con cui continuate a impegnarvi per rendere le catacombe cristiane di Roma e d'Italia luoghi di nuova evangelizzazione, di preghiera e di promozione culturale per i pellegrini del mondo intero.

2. Fedeli alle finalità istituzionali della vostra Commissione, in occasione dell'Anno Santo vi siete proposti di agevolare il pellegrinaggio dei devoti e rendere più accoglienti le catacombe aperte al pubblico.

Questi due obiettivi sono stati tenuti presenti nella creazione di itinerari alternativi all'interno delle catacombe romane di San Callisto, San Sebastiano, Domitilla, Priscilla e Sant'Agnese, nei lavori di illuminazione e di restauro realizzati a Roma e in altre catacombe presenti sul territorio italiano. Di particolare rilevanza, quasi alla fine dell'Anno Santo, è stato il ripristino della copertura della splendida Basilica dei Santi Nereo e Achilleo nelle catacombe di Domitilla, in cui è possibile rivivere l'atmosfera spirituale che si respirava nei primi secoli dell'era cristiana.

Tale evento arricchisce ulteriormente quel patrimonio monumentale che rappresenta la testimonianza più concreta e tangibile del mondo delle catacombe, dove i primi cristiani idearono un sistema funerario nuovo, seppellendo i fedeli in tombe simili, umili e sobrie, all'insegna dell'uguaglianza e della comunitarietà.

3. Visitando le catacombe, in effetti, il pellegrino può tornare con la mente ai gesti dei primi cristiani, che organizzarono una sorta di "cassa comune" per assicurare una degna sepoltura a tutti i fratelli, comprese le vedove, gli orfani e gli indigenti. Alla base di tale scelta essi posero il valore della solidarietà e quello, ancora più grande, della carità.

La struttura stessa delle catacombe sottolinea il profondo radicamento di tali valori nella vita di quei primi fratelli nella fede: esse, come documenta la denominazione coemeteria, si presentano come grandi dormitori comunitari, dove tutti, indipendentemente dal loro grado e dalla loro professione, riposano in un abbraccio ideale, in attesa della resurrezione finale.

236 Nella penombra delle catacombe, l'attenzione dei visitatori è attirata da quelle semplici tombe, tutte uguali, chiuse con frammenti di marmo o di pietra, sui quali appaiono soltanto i nomi dei defunti. In molti casi, è assente anche tale semplice elemento di identificazione, quasi a volerne sottolineare, attraverso l'anonimato, l'uguaglianza di hospites. Altre volte questa è evidenziata da alcuni simboli: l'ancora, che riconduce al concetto della sicurezza della fede; il pesce, che allude al Cristo Salvatore e la colomba che richiama la semplicità ed il candore dell'anima, espressioni della comune fede.

4. Accanto ai semplici fedeli, nelle catacombe vennero situate, com'è noto, molte tombe di martiri delle persecuzioni di Decio, di Valeriano e di Diocleziano, subito grandemente venerate dai primi cristiani. Sulle loro tombe, come su quelle dei Papi e dei santi dei primi secoli, i pellegrini provenienti anche da lontane regioni del Mediterraneo e del Nord Europa lasciarono i loro nomi. Tali graffiti, estremamente preziosi per gli studiosi del culto antico, certificano una venerazione ininterrotta fino al presente.

Carissimi Fratelli e Sorelle! Il ricchissimo patrimonio di fede, di arte e di cultura, rappresentato dalla catacombe, trova nella vostra Pontificia Commissione di Archeologia Sacra un custode competente, rispettoso delle finalità di pietà e zelante nel favorirne la conoscenza e il proficuo accesso. A tale riguardo, desidero manifestare il mio compiacimento per l'impegno da voi profuso in vista dell'apertura di altre catacombe, come quelle di San Lorenzo al Verano e, nonostante le difficoltà e la complessità delle situazioni, di San Pancrazio e dei Santi Marcellino e Pietro.

Nell'incoraggiare il vostro prezioso e generoso lavoro, auspico che tale sforzo sia presto coronato da successo. Esso, oltre a restituire al godimento dello storico o del cultore dei monumenti antichi una traccia significativa dei primi secoli cristiani, rende un utile servizio alla nuova evangelizzazione. Infatti, il moderno pellegrino, spesso disorientato e dubbioso, ripercorrendo gli itinerari seguiti dai primi cristiani e riappropriandosi dei loro gesti di devozione, può essere condotto più agevolmente a riscoprire la propria identità religiosa e a decidersi con rinnovato entusiasmo alla sequela di Cristo, come fecero tanti martiri dei primi secoli del cristianesimo.

Grazie, pertanto, per la vostra collaborazione all'annuncio di Cristo agli uomini del nostro tempo. Il Signore ricolmi i vostri cuori dell'ardore dei Santi e dei Martiri, che voi contribuite a far conoscere e ad onorare.

Mentre affido ciascuno di voi e i vostri cari alla celeste protezione della Madre di Dio, a tutti imparto una speciale Benedizione Apostolica.


AI PELLEGRINI CONVENUTI


ALLA CANONIZZAZIONE DI 5 BEATI


Lunedì, 11 giugno 2001




Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Abbiamo celebrato ieri la prima cerimonia di canonizzazione dopo il Grande Giubileo del Duemila. A tutti voi, convenuti per questo felice avvenimento, sono lieto di rinnovare oggi il mio saluto, nel clima più familiare dell'odierno incontro, nel quale abbiamo anche l'opportunità di soffermarci sulle figure dei nuovi Santi.

237 2. Nel pensare a san Luigi Scrosoppi, saluto con affetto i sacerdoti e i fedeli della diocesi di Udine qui presenti insieme con il loro Vescovo, Mons. Pietro Brollo. Un particolare pensiero va alle "Suore della Provvidenza di San Gaetano Thiene", da lui fondate nel 1837. Carissime, voi siete nate da un gruppo di donne piene di fede e di generosità apostolica, che collaboravano con Padre Luigi nella cura amorevole delle ragazze sole e abbandonate di Udine e dintorni. La canonizzazione del vostro Fondatore sta a dimostrare che il disegno della Provvidenza, alla quale egli si affidò totalmente, continua nella Chiesa e nel mondo. Anche oggi c'è bisogno di cuori e di mani disposte a servire le persone in difficoltà, per manifestare loro la larghezza della divina misericordia.

L'eredità di San Luigi Scrosoppi, gelosamente custodita dalle sue figlie spirituali, è però ricca e preziosa per l'intero Popolo di Dio, specialmente per i sacerdoti. Egli, infatti, è modello di vita presbiterale condotta in una costante ricerca di Dio. San Francesco d'Assisi e San Filippo Neri furono le guide che egli seguì con slancio, per conformarsi in tutto a Cristo Salvatore. Umiltà, povertà, semplicità; preghiera, contemplazione, intima unione con Cristo: furono queste le fonti inesauribili della sua carità. Che il suo esempio luminoso attiri non solo le sue figlie spirituali e i devoti, ma tutti coloro che vengono a contatto con l'opera da lui iniziata.

3. Con affetto mi rivolgo ora a voi, cari pellegrini venuti da varie regioni per partecipare alla canonizzazione di sant'Agostino Roscelli, fondatore delle "Suore dell'Immacolata". Saluto l'Arcivescovo di Genova, il Cardinale Dionigi Tettamanzi, il clero, i religiosi, le religiose e i fedeli. Il nuovo Santo esercitò con grande dedizione il suo sacerdozio, svolgendo un apostolato fecondo di bene. Seguì il modello di una vita evangelica austera, nella quale si distinse per l'amore verso Dio e verso gli uomini. Questo amore indivisibile per Dio e per i fratelli costituisce la linea fondamentale e qualificante della sua spiritualità, nella quale si fondano in unità la contemplazione e l'azione. Egli amava ripetere: "L'orazione aiuta a far bene l'azione, e l'azione, fatta come si deve, aiuta a far bene l'orazione".

Mi piace qui ricordare le parole con cui il mio venerato predecessore Giovanni Paolo I, al tempo in cui era Vescovo di Vittorio Veneto, ebbe a fotografare il volto ascetico di sant'Agostino Roscelli: "Ha saputo ottimamente unire l'operosità dei tempi moderni a un'alta vita interiore" (cfr. Litt. Post., p. 16, n. 14). La statura spirituale di questo «povero prete», come lui amava definirsi, sprigiona una forza profetica capace di scuotere e affascinare ancora oggi. Egli ripropone, in modo semplice, valori evangelici che all'inizio del terzo millennio occorre riscoprire e rivivere con convinzione: il valore dell'umiltà e della sobrietà, del silenzio e del senso della presenza di Dio che anima la storia, della preghiera e di una carità che non dice mai basta, perché è immensa come è immenso Dio da cui ha origine.

Sant'Agostino Roscelli ricordi alle sue figlie spirituali e a tutti i credenti che i risultati dell'azione pastorale non dipendono principalmente dalle nostre forze, ma soprattutto dall'aiuto di Dio, a cui dobbiamo incessantemente ricorrere con la preghiera.

4. Saluto ora quanti sono venuti a Roma per la canonizzazione di Bernardo da Corleone, umile frate cappuccino nel quale risplende in tutta la sua vivezza la forza del carisma francescano: e cioè l'austerità, l'essenzialità, l'itineranza caritativa. Saluto specialmente il Cardinale Salvatore De Giorgi, Arcivescovo di Palermo, i Vescovi e i fedeli della Sicilia, terra natale di questo nuovo Santo. Egli, analfabeta, ha saputo scrivere luminose pagine di storia con la sua vita, intrisa di amore al Crocifisso, di servizio umile e silenzioso, di solidarietà verso il popolo.

Pur essendo un uomo del secolo decimo settimo, Fra' Bernardo, configurandosi come autentico discepolo del divino Maestro, partecipa all'attualità perenne del Vangelo. Il modello di santità che egli propone è sempre attuale. Anzi, con la sua storia personale intessuta di grandi passioni civili e religiose, con un senso spiccato della giustizia e della verità in mezzo a tante situazioni di sofferenza e di miseria, egli incarna, in un certo senso, l'immagine del santo contemporaneo: quella cioè di un uomo che si apre al fuoco dell'amore soprannaturale e si lascia da esso infiammare, riverberandone il calore sulle anime dei fratelli. Come mostrò ai suoi contemporanei, egli indica anche a noi oggi che la santità, dono di Dio, produce una trasformazione della persona così profonda da farne una testimonianza vivente della presenza confortatrice di Dio nel mondo.

5. Altro esempio eloquente di santità per il nostro tempo è Teresa Eustochio Verzeri, donna di spiccata personalità, nata a Bergamo all'inizio dell'Ottocento. Saluto il clero, i religiosi, le religiose e i fedeli della diocesi con il loro Pastore, Mons. Roberto Amadei. Santa Teresa Verzeri, formata ad una pietà ardente e soda, dopo lunga e travagliata ricerca, dette inizio insieme al canonico Giuseppe Benaglio, suo direttore spirituale e figura prestigiosa del clero bergamasco, all'Istituto delle "Figlie del Sacro Cuore di Gesù" per l'educazione e l'assistenza alle ragazze povere. Trasferita la sua opera a Brescia, si consumò in un'attività febbrile, che la portò a concludere la propria esistenza a soli 51 anni.

Nel suo cammino spirituale fu particolarmente attratta dal Sacro Cuore di Gesù, che propose con insistenza alla devozione delle consorelle, esortandole ad una vita religiosa obbediente, mite e generosa. L'anima che vuol seguire Gesù, amava ripetere, deve imitarlo in tutto, specialmente partecipando alla sua passione redentrice, sull'esempio di Maria Santissima. Scriveva ad una sua figlia spirituale: "Tu vorresti essere sempre con Cristo sul Tabor: ma guarda la Vergine Santissima; ella non è sul Tabor, è solo ai piedi della croce: credi, mia cara, che la maggiore delle grazie che Dio ti fa è quella di patire con lui e per suo amore" (Lettere, parte IV, vol. VII, n. 49).

Imparare dal Cuore di Gesù, lasciarsi orientare dai sentimenti di quel Cuore e trasfonderli nel servizio ai fratelli: ecco il messaggio che Teresa trasmette anche a noi, all'alba del nuovo millennio, invitando ciascuno di noi a cooperare attivamente all'azione evangelizzatrice della Chiesa.

6. Saluto Sua Beatitudine il Cardinale Sfeir, i Vescovi, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, in particolare i membri dell'Ordine libanese maronita, i rappresentanti delle Autorità, come pure tutti i fedeli del Libano, venuti per partecipare alla canonizzazione di Suor Rafqa, che è motivo di gioia profonda per la Chiesa, soprattutto per i cristiani libanesi. Nel Medio Oriente sconvolto da tanti conflitti cruenti e da tante sofferenze ingiuste, la testimonianza di questa religiosa libanese resta una fonte di fiducia per quanti sono provati. Essendo sempre vissuta in stretta unione con Gesù, capace come lui di non perdere mai la fiducia nell'uomo, diviene il segno discreto ma efficace del fatto che il mistero pasquale di Cristo continua a trasformare il mondo per farvi germogliare la speranza della vita nuova offerta a tutti gli uomini di buona volontà.

238 Accogliendo la sofferenza come un mezzo per amare meglio Cristo e i fratelli, ha vissuto in maniera eminente la dimensione missionaria della sua vita consacrata, traendo dalla Trinità la forza di offrire la propria vita per il mondo e completando nella propria carne quello che "manca ai patimenti di Cristo" (Col 1,24). Possano i malati, gli afflitti, i rifugiati di guerra e tutte le vittime dell'odio di ieri e di oggi trovare in santa Rafqa una compagna di cammino affinché, per sua intercessione, continuino a ricercare nella notte ragioni per sperare ancora e per edificare la pace!

7. Carissimi Fratelli e Sorelle! Spronati da questi luminosi testimoni del Vangelo e sostenuti dalla loro celeste intercessione, proseguiamo con perseveranza nel cammino della santità, tenendo fisso lo sguardo su Cristo (cfr He 12,1-2).

Ciascuno dei nuovi Santi conferma, in modi diversi, quanto ho ricordato nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte, che cioè l'impegno concreto del credente trae la sua ispirazione e la sua efficacia dalla contemplazione del volto di Cristo.

Anche noi, pertanto, nei rispettivi stati di vita e nelle differenti situazioni in cui la Provvidenza ci ha posti, siamo chiamati ad essere contemplativi nell'azione. Ci aiutino in questo impegnativo cammino i santi Luigi Scrosoppi, Agostino Roscelli, Bernardo da Corleone, Teresa Eustochio Verzeri, Rafqa Pietra Choboq Ar-Rayès.

Ci aiuti specialmente la Vergine Santa, discepola perfetta del suo Figlio. Da parte mia, con tanto affetto imparto una speciale Benedizione a voi qui presenti e a tutti vostri cari.


AI PARTECIPANTI AL CAPITOLO GENERALE


DELL'ORDINE DELLA SANTISSIMA TRINITÀ (TRINITARI)


Venerdì, 15 giugno 2001




Carissimi Fratelli dell'Ordine della Santissima Trinità!

1. Sono lieto di incontrarmi con voi, in occasione del Capitolo generale del vostro Istituto. Si tratta di un evento di grazia che costituisce un forte richiamo a ritornare alle radici, ad approfondire il vostro specifico carisma, cercando di discernere i modi più idonei per viverlo nell'attuale contesto socio-culturale.

Saluto il Ministro Generale, Padre José Hernández Sánchez, che è stato riconfermato nell'incarico, ed il suo Consiglio, come pure i Delegati all'assemblea capitolare. Estendo il mio cordiale pensiero a tutti i Trinitari, che svolgono il loro generoso apostolato in varie nazioni. In questi giorni di intensi lavori assembleari, voi state riflettendo sul tema "Vivere quello che siamo". Fedeli al carisma trinitario-redentore, voi intendete mantenere vivo ed operante l'insegnamento della vostra Regola, di cui avete ricordato tre anni orsono l'ottavo centenario dell'approvazione. In quella circostanza anch'io ho voluto unirmi al vostro comune gaudio, inviandovi un messaggio, nel quale tra l'altro ricordavo che il vostro carisma è "straordinariamente attuale nel presente contesto sociale multiculturale, segnato da tensioni e sfide a volte persino drammatiche; tale carisma permette ai Trinitari di individuare sempre con audacia missionaria strade nuove di evangelizzazione e promozione umana" (Lettera del 17 giugno 1998).

2. La vostra spiritualità, che trae vigore dal mistero della Trinità e della Redenzione, non ha cessato di spingervi al servizio dei prigionieri e dei poveri, nella vostra lunga storia segnata da molti esempi di santità. Tra i membri del vostro Ordine ci sono coraggiosi testimoni di Cristo, alcuni dei quali hanno confermato la loro fedeltà al Vangelo col martirio. E' una spiritualità, la vostra, che vi pone nel cuore del messaggio cristiano: l'amore di Dio Padre che abbraccia ogni uomo mediante la Redenzione di Cristo, nel dono permanente dello Spirito Santo.

Fate tesoro, carissimi, di questo incalcolabile patrimonio spirituale. Risuonino nel vostro spirito le parole di Cristo: "Duc in altum" (Lc 5,4). Ho voluto richiamarle nella recente Lettera apostolica Novo millennio ineunte, perché fossero monito e invito per tutti i battezzati, all'alba del terzo millennio. Sì! Prendete il largo; gettate le reti nel nome di Cristo. "Vivete" con passione quello che "siete", aprendovi con fiducia al futuro. In un'epoca segnata da una preoccupante "cultura del vuoto" e da esistenze "senza senso", voi siete chiamati ad annunciare senza compromessi il Dio Trinitario, il Dio che ascolta il grido degli oppressi e degli afflitti. Al centro e alla radice del vostro impegno apostolico ci sia sempre la Santissima Trinità. La comunione trinitaria sia per tutti e per ciascuno fonte, modello e fine di ogni azione pastorale.

239 3. La Chiesa conta su di voi! Operate in unione a Cristo, "rivelatore del nome del vero Dio, glorificatore del Padre e Redentore dell'uomo" (Costituzioni dell'Ordine Trinitario, 2). Egli è il Redentore; in Lui potete essere "trinitari" e "redentori", partecipando della carità redentrice che sgorga dal suo Cuore misericordioso. Vivere quello che siete vi porta a riaffermare la fedeltà al patrimonio spirituale del vostro Fondatore, san Giovanni di Mata. Tornate spesso al suo esempio e al suo insegnamento. Siete chiamati a proseguire la sua missione, valida oggi come allora, perché tesa ad annunciare e testimoniare Cristo, morto e risorto per la salvezza di tutti gli uomini.

Si apre dinanzi a voi un'importante prospettiva missionaria. Non abbiate paura di orientare tutte le vostre energie a Cristo, che dovete "conoscere, amare, imitare, per vivere in Lui la vita trinitaria e trasformare con Lui la storia" (Novo millennio ineunte
NM 29). La santità è compito essenziale per la vostra Famiglia religiosa e per ognuno dei suoi membri. Solo se sarete santi, renderete il servizio che la Chiesa e il Papa attendono da voi. In modo speciale siate modelli di intensa vita trinitaria, come vi chiede la vostra identità vocazionale, in quanto specialmente consacrati alla Santissima Trinità per la redenzione degli uomini - identità espressa dall'antico motto: Gloria tibi Trinitas et captivis libertas.Ecco la vostra missione; ecco il migliore apporto che potete dare alla nuova evangelizzazione, con un servizio apostolico in favore dei più bisognosi.

4. Si aprono dinanzi a voi prospettive feconde, anche se non mancano difficoltà e ostacoli. Abbiate fiducia nel Signore e non esitate ad accettare le sfide del momento storico che stimo vivendo. Vi ricordo che sforzo prioritario d'ogni vostra comunità è quello di essere un cenacolo di lode al Dio Uno e Trino ed una fucina di donazione gratuita ai fratelli (cfr Lettera ai Trinitari, 3). Nel ripetervi questa esortazione che ebbi a rivolgervi tre anni orsono, vi incoraggio ad abbracciare nella carità ogni uomo senza distinzioni, a spingervi coraggiosamente nel cercare, con profetica libertà e saggio discernimento, strade nuove perché possiate essere presenze vive nella Chiesa, in comunione con il Papa ed in collaborazione con i Vescovi.

Guardando ai vasti orizzonti della nuova evangelizzazione, emerge viva l'urgenza di proclamare e testimoniare il messaggio evangelico a tutti, senza distinzioni. Quante persone attendono ancora di conoscere Gesù e il suo Vangelo! Quante situazioni di ingiustizia, di disagio morale e materiale sono presenti in tante parti della terra! Urgente è la missione e indispensabile è l'apporto di ciascuno. Apporto che richiede il sostegno d'una preghiera incessante e fervorosa. Solo così si può essere in grado di indicare agli altri il cammino per incontrare Cristo e per seguirlo fedelmente. Così hanno fatto il vostro fondatore, San Giovanni de Mata, e il vostro riformatore, san Giovanni Battista de la Concepción, sulle cui orme intendete camminare fedelmente. Questa è la testimonianza offerta da tanti vostri confratelli, che hanno servito la Chiesa nei campi più diversi, spesso in situazioni difficili. Come loro, fatevi pure voi fedeli discepoli di Cristo e generosi operai del Vangelo con costante fiducia e rinnovato slancio apostolico.

La Vergine Santissima, che nel vostro Ordine venerate col bel titolo di Nostra Signora del buon rimedio, vi protegga e vi guidi nel cammino verso la santità, portando a compimento tutti i vostri progetti di bene.

Con questi voti, vi benedico con affetto, mentre assicuro il mio ricordo nella preghiera per ciascuno di voi e per quanti incontrate nel vostro quotidiano ministero apostolico.




AI VESCOVI DEL BENIN IN VISITA


"AD LIMINA APOSTOLORUM"


Sabato, 16 giugno 2001




Cari Fratelli nell'Episcopato,

1. È per me una grande gioia accogliervi in questi giorni in cui realizzate la vostra visita ad limina. Attraverso i vostri incontri con il Successore di Pietro e con i suoi collaboratori, manifestate la comunione delle Diocesi del Benin con la Chiesa universale. Auspico che queste giornate di pellegrinaggio e di riflessione siano per ognuno di voi una fonte di rinnovamento spirituale e di dinamismo apostolico per il compimento del vostro ministero episcopale.

Con le sue cordiali parole, Monsignor Nestor Assogba, Arcivescovo di Cotonou e Presidente della vostra Conferenza Episcopale, si è fatto vostro interprete per trasmettermi le vostre speranze e preoccupazioni all'inizio di questo nuovo millennio. Lo ringrazio molto cordialmente. Saluto in particolare i Vescovi che compiono per la prima volta questa visita. Li incoraggio vivamente nel loro compito di Pastori, al servizio della missione della Chiesa. Portate i miei affettuosi saluti ai vostri sacerdoti, ai religiosi, alle religiose, ai catechisti e a tutti i fedeli delle vostre Diocesi. Che il Signore faccia fruttificare in essi le grazie dell'anno giubilare! A tutto il popolo del Benin, che per due volte ho avuto la gioia di visitare, auguro di vivere nella pace e nella prosperità, chiedendo a Dio di assisterlo nei suoi sforzi per costruire una società sempre più fraterna e solidale.

2. Le sfide che la Chiesa deve affrontare all'inizio del nuovo millennio sono un invito pressante a rinnovare in noi l'impegno ad annunciare il Vangelo a tutti gli uomini. Oggi più che mai, l'urgenza della missione è evidente. Successori degli Apostoli che hanno fatto l'esperienza vivente del Verbo di vita, i Vescovi hanno ricevuto il compito di orientare lo sguardo degli uomini verso il mistero di Cristo. In questa nuova fase dell'evangelizzazione che si apre dinanzi a noi, solo l'incontro intimo con il Signore può infondere l'audacia di un impegno autentico e risoluto al servizio del Vangelo.

240 Permettete al Successore di Pietro di invitare le vostre comunità e i loro Pastori a compiere un atto di fede risoluto nella Parola di Cristo che ci esorta con forza a prendere il largo. Che questo atto di fede si esprima innanzitutto in un impegno rinnovato di preghiera e di dialogo fiducioso con Dio!

Il compito missionario deve dunque consistere in primo luogo nell'aiutare i fedeli a rafforzare la loro fede in Cristo Salvatore, affinché, di fronte alle molteplici sollecitazioni che si presentano loro, non si lascino portare qua e là da qualsiasi vento di dottrina, ma vivendo nella verità e nell'amore, crescano in Cristo per elevarsi in ogni cosa verso di Lui (cfr
Ep 4,14-15). Che tutti trovino nel loro attaccamento alla persona di Gesù e nel sostegno della loro comunità la forza di procedere lungo le vie del Vangelo e delle sue esigenze, ricordando che "nessuno che ha messo mano all'aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio" (Lc 9,62)!

Nei loro sforzi per edificare la Chiesa famiglia di Dio, che i cristiani delle vostre Diocesi siano anche uomini e donne di comunione e di unità! Come ho già scritto nella Lettera Apostolica Novo Millennio ineunte, prima di programmare iniziative concrete per essere fedeli al disegno di Dio e per rispondere alle attese profonde del mondo, "occorre promuovere una spiritualità della comunione, facendo emergere come principio educativo in tutti i luoghi dove si plasma l'uomo e il cristiano, dove si educano i ministri dell'altare, i consacrati, gli operatori pastorali, dove si costruiscono le famiglie e le comunità" (n. 43). In questo spirito di comunione vi è un cammino fondamentale affinché ognuno venga riconosciuto e rispettato nella vocazione che gli è propria, condividendo i doni ricevuti dallo Spirito e affinché si edifichi un'umanità solidale e fraterna.

Che l'unità delle vostre comunità, fondata sul disegno di Cristo per la sua Chiesa, sia un segno concreto della presenza di Dio che dimora in esse e la cui luce deve risplendere sul volto di tutti gli uomini!

3. Da diversi anni, state compiendo un bello sforzo per favorire le vocazioni. Il numero dei giovani che entrano nei seminari è in continuo aumento. È quindi importante che questi giovani abbiano una viva coscienza del fatto che la vocazione è un dono del Signore che ricevono attraverso la Chiesa e che è attraverso la Chiesa che si compie questa vocazione. "Il candidato al presbiterio deve ricevere la vocazione non imponendo le proprie personali condizioni ma accettando anche le norme e le condizioni che la Chiesa stessa, per la sua parte di responsabilità, pone" (Esortazione Apostolica Pastores dabo vobis PDV 35). È pertanto una seria responsabilità per il Vescovo discernere le attitudini umane, intellettuali, morali e spirituali dei candidati e riconoscere l'autenticità della loro vocazione.

La vita nei seminari è per voi una preoccupazione costante. Vi esorto vivamente a restare esigenti circa la qualità della formazione che vi si impartisce in tutti gli ambiti. I seminari devono permettere ai giovani che sono chiamati al sacerdozio di porsi generosamente nella sequela di Cristo per lasciarsi iniziare da Lui al servizio del Padre e degli uomini. A tal fine è necessario che i formatori, i professori e i direttori spirituali, ben preparati ed esemplari nella loro vita sacerdotale, siano in numero sufficiente. È auspicabile che, grazie all'aiuto generoso di altre Chiese locali, possiate assicurare un accompagnamento effettivo dei seminaristi affinché abbiano una visione chiara della loro vera vocazione e vi rispondano in modo libero e consapevole.

4. Al ritorno nelle vostre Diocesi, porgete il mio cordiale saluto a ognuno dei vostri sacerdoti. La Chiesa conta su di loro, affinché, mediante la loro vita esemplare, siano testimoni credibili della Parola che annunciano, pienamente impegnati lungo le vie della santità alla quale Cristo li chiama e verso la quale devono condurre i fedeli. Nel corso del loro ministero, i sacerdoti sono invitati a prestare attenzione alla loro formazione permanente, divenuta indispensabile per rispondere alle esigenze nuove dell'evangelizzazione. Che vi ritrovino prima di tutto l'espressione e la condizione della propria fedeltà al loro ministero e allo loro stesso essere! Che siano convinti di compiere un atto di amore e di giustizia verso il popolo di Dio di cui sono i servitori! Invito inoltre con insistenza i sacerdoti a prendere sempre più coscienza della dimensione missionaria del loro sacerdozio. In effetti, come ha ricordato il Concilio Vaticano II: "Il dono spirituale che i presbiteri hanno ricevuto nell'ordinazione non li prepara a una missione limitata e ristretta, bensì a una vastissima e universale missione di salvezza... Ricordino quindi i presbiteri che a loro incombe la sollecitudine di tutte le Chiese" (Decreto Presbyterorum ordinis PO 10). In questa prospettiva, incoraggio le Diocesi che sono maggiormente fornite a proseguire generosamente gli scambi di sacerdoti con quelle meno dotate. Tali scambi favoriranno anche l'unità del popolo di Dio nelle diverse regioni del Paese che conoscono situazioni missionarie e pastorali molto diverse.

5. Fin dalle origini dell'annuncio della fede cristiana nel vostro Paese, gli Istituti religiosi hanno svolto un ruolo importante. Non si può che ammirare il lavoro dei missionari, dei religiosi, delle religiose e dei laici che, al prezzo di una grande abnegazione, hanno permesso alla Chiesa di nascere e di crescere in mezzo a voi. Oggi, sebbene il loro numero stia diminuendo, la loro opera coraggiosa e disinteressata resta apprezzabile, manifestando l'universalità della Chiesa. Auspico che, con spirito di stima reciproca, la collaborazione fraterna si rafforzi sempre più fra i sacerdoti diocesani e i membri degli Istituti missionari.

Conosco parimenti la grande considerazione di cui godono fra la popolazione le religiose che si dedicano senza riserva al servizio delle persone più povere e abbandonate della società, senza alcuna distinzione di origine. La Chiesa è loro riconoscente perché così facendo esprimono, spesso in modo molto umile e in condizioni difficili, la carità di Cristo per l'umanità sofferente. In effetti, l'impegno dei religiosi e delle religiose nella missione della Chiesa è una manifestazione eloquente dell'amore di Dio per ogni uomo. Mediante la fedeltà ai loro impegni e l'approfondimento della loro amicizia con Dio nella preghiera e nella rinuncia interiore, che le persone consacrate siano anche per i loro fratelli e le loro sorelle esempi audaci e li aiutino nella ricerca della perfezione alla quale sono tutti chiamati! Auspico che siano numerosi i giovani che, sentendosi attratti da questo dono di sé a Cristo e agli altri, accettino di rispondervi per manifestare agli occhi del mondo il primato di Dio e dei valori del Vangelo nella vita cristiana.

6. Per ampliare gli orizzonti dell'evangelizzazione, è opportuno spronare e sostenere attraverso una formazione umana e spirituale salda un laicato maturo e responsabile, consapevole delle sue responsabilità nella Chiesa e nella società. Di fatto, essendo membri della Chiesa, i laici hanno la vocazione e la missione di annunciare il Vangelo nei loro ambiti di vita. I campi in cui possono esercitare un'azione missionaria sono molto estesi. Un posto speciale spetta quindi loro nell'animazione cristiana dell'ordine temporale. I cristiani devono occupare il loro posto e agire con competenza nel mondo tanto complesso della politica, della vita sociale e dell'economia, secondo gli insegnamenti della dottrina sociale della Chiesa, proponendo ai loro concittadini una visione dell'uomo e della società conforme ai valori umani fondamentali. Li invito in particolare ad adoperarsi senza sosta per promuovere il rispetto della dignità inviolabile di ogni persona umana.

"La dignità personale è il bene più prezioso che l'uomo possiede, grazie al quale egli trascende in valore tutto il mondo materiale" (Esortazione Apostolica Christifideles laici CL 37). È un dovere imperioso per il cristiano impegnarsi per il rispetto della vita di ogni essere umano dal suo concepimento fino alla sua morte naturale. Tale rispetto della persona deve anche e soprattutto manifestarsi nei riguardi dei più bisognosi, dei malati e di tutti i feriti della vita. Che nelle vostre comunità essi non vengano mai dimenticati! "Nella persona dei poveri c'è una sua (del Figlio di Dio) presenza speciale, che impone alla Chiesa un'opzione preferenziale per loro" (Novo Millennio ineunte, n. 49).

241 In seno alla Chiesa, i diversi tipi di servizio e forme di animazione affidati ai laici devono essere valorizzati al fine di conferire un rinnovato vigore alla vita cristiana e all'apostolato. Permettetemi, cari Fratelli nell'Episcopato, di rivolgere una particolare parola di riconoscenza e di incoraggiamento ai catechisti delle vostre Diocesi. Nella vita delle vostre comunità sono evangelizzatori insostituibili. Che, mediante la loro testimonianza di vita irreprensibile e il loro impegno al servizio del Vangelo, manifestino sempre agli occhi dei loro fratelli la felicità di aver scoperto Cristo e di vivere della sua vita!

7. L'impegno dei laici trova nella coppia e nella famiglia un ambito fondamentale per svilupparsi. Nei vostri rapporti quinquennali avete evidenziato i gravi problemi che si pongono oggi alla famiglia, alla sua unità e alla sua indissolubilità. Vi incoraggio vivamente a proseguire una pastorale familiare vigorosa e mi rallegro degli sforzi di formazione che avete intrapreso, soprattutto mediante la creazione di un centro universitario. È fondamentale per il futuro educare i giovani a una corretta gerarchia dei valori e prepararli a vivere l'amore coniugale in modo responsabile, conformemente alle sue esigenze di comunione e di servizio alla vita. La visione cristiana del matrimonio deve essere presentata in tutta la sua grandezza, sottolineando che, senza amore, la famiglia non può vivere, crescere e perfezionarsi come comunità di persone, e che i coniugi sono chiamati a crescere incessantemente nella loro comunione attraverso la fedeltà quotidiana alla promessa di quel dono reciproco, totale, unico ed esclusivo che il matrimonio comporta. È dunque necessario che la sollecitudine della Chiesa si manifesti anche attraverso un accompagnamento discreto e delicato delle famiglie, che sarà un aiuto efficace per affrontare e risolvere i problemi della vita coniugale.

8. L'incontro con i fedeli delle altre religioni, che spesso si vive pacificamente nella condivisione quotidiana dell'esistenza, può a volte conoscere situazioni più difficili. Per la Chiesa cattolica, il dialogo interreligioso è un impegno che riveste grande importanza e che ha come obiettivo quello di promuovere l'unità e la carità fra gli uomini e i popoli. "Tutti i fedeli e le comunità cristiane sono chiamati a praticare il dialogo, anche se non nello stesso grado e forma" (Enciclica Redemptoris missio
RMi 57). Vi incoraggio nei vostri sforzi volti a favorire una migliore conoscenza reciproca come pure relazioni più vere e più fraterne fra le persone e le comunità, in particolare con i musulmani. Auspicando vivamente un'autentica reciprocità, è necessario perseverare con fede e amore, anche laddove gli sforzi non incontrano né attenzione né risposta (cfr Ibidem). La formazione di persone competenti in questo ambito è fondamentale per aiutare i fedeli a volgere uno sguardo evangelico ai loro concittadini di religione diversa e a collaborare con tutti al bene comune della società. Inoltre, dall'inizio della loro educazione, i giovani devono essere invitati al rispetto e alla stima reciproca, in uno spirito che favorisca lo sviluppo di un'autentica libertà di coscienza.

9. Cari Fratelli nell'Episcopato, al termine del nostro incontro, vi esorto a proseguire il vostro ministero episcopale con fiducia incondizionata nella fedeltà di Cristo alla sua promessa di restare con noi fino alla fine del mondo (cfr Mt 28,20). Di fronte alle difficoltà, la sua presenza amorevole non viene mai meno per colui che resta fedele alla grazia ricevuta. Come ho sottolineato nella Lettera Apostolica Novo Millennio ineunte, "Il nostro passo, all'inizio di questo nuovo secolo, deve farsi più spedito nel ripercorrere le strade del mondo" (n. 58).

Restate vicini al vostro popolo e in particolare ai giovani, che invito a considerare il futuro con uno sguardo pieno di speranza. Che conservino il loro entusiasmo per costruire un mondo nuovo! Sentinelle del mattino, oggi più che mai lasciate spalancata quella porta vivente che è Cristo!

Vi affido tutti all'intercessione materna della Vergine Maria, Madre di Cristo e Madre degli uomini, e di cuore vi imparto un'affettuosa Benedizione Apostolica, che estendo a tutti i vostri diocesani.


GP2 Discorsi 2001 234