GP2 Discorsi 2001 261

MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AL CARDINALE JAMES FRANCIS STAFFORD


IN OCCASIONE DEL CONVEGNO TEOLOGICO PASTORALE


SUL TEMA "I MOVIMENTI ECCLESIALI


PER LA NUOVA EVANGELIZZAZIONE"




Al Venerato Fratello
il Signor Cardinale JAMES FRANCIS STAFFORD
Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici

1. Ho appreso con piacere che, su iniziativa del Movimento dei Focolari, si terrà a Castelgandolfo, dal 26 al 29 giugno p.v., un Convegno Teologico Pastorale sul tema: "I Movimenti ecclesiali per la nuova evangelizzazione". A Lei, che competentemente accompagna e orienta il cammino dei "movimenti ecclesiali" nella comunione e nella missione della Chiesa, affido l'incarico di recare il mio cordiale saluto alla Signorina Chiara Lubich, alle collaboratrici ed ai collaboratori, come pure ai relatori del Convegno e a tutti i sacerdoti, i diaconi permanenti e i seminaristi studenti di teologia che prenderanno parte ad esso.

Nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte ho tracciato le linee del cammino che la Chiesa, sospinta dall'abbondante effusione di grazia verificatasi nel recente Grande Giubileo, è chiamata a percorrere all'alba del terzo millennio. La Chiesa deve "ripartire da Cristo", con lo sguardo fisso su di Lui e, immergendosi nel suo mistero, impegnarsi ad essere per tutti scuola di comunione e di operosa carità. Sorretta dalla potenza dello Spirito Santo, nonostante le umane fragilità, la Chiesa potrà così rendere testimonianza dell'amore di Dio in tutti gli ambienti dov'è in gioco la vita dell'uomo e la costruzione della società.

Questa missione investe tutta la Comunità cristiana e i movimenti ecclesiali costituiscono un "dono provvidenziale" per tale cammino, come ho voluto io stesso ricordare nel memorabile incontro del 30 maggio 1998 in Piazza San Pietro. Proprio per questo, nella citata Lettera apostolica ho sottolineato "il dovere di promuovere le varie realtà aggregative, che sia nelle forme più tradizionali, sia in quelle più nuove dei movimenti ecclesiali, continuano a dare alla Chiesa una vivacità che è dono di Dio e costituisce un'autentica 'primavera dello Spirito'" (n. 46).

2. A tanti movimenti ecclesiali partecipano anche, insieme a fedeli laici, numerosi sacerdoti, attratti dall'impeto carismatico, pedagogico, comunitario e missionario che accompagna le nuove realtà ecclesiali. Questa esperienza può risultare quanto mai utile, perché "capace di arricchire la vita sacerdotale del singolo e di animare il presbiterio di preziosi doni spirituali" (Pastores dabo vobis PDV 31). E' ben chiaro nella dottrina della Chiesa cattolica che i sacerdoti sono innanzitutto chiamati a vivere in pienezza la grazia del Sacramento, per la quale vengono configurati a Cristo, Capo e Pastore, per il servizio di tutta la comunità cristiana, in cordiale e filiale riferimento al Vescovo e fraternamente uniti nel presbitero diocesano. Essi appartengono alla Chiesa particolare e collaborano alla sua missione. Ma è vero anche che "i carismi dello Spirito sempre creano delle affinità, destinate ad essere per ciascuno il sostegno per il suo compito oggettivo nella Chiesa" (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII/2, 1985, p. 660). Proprio per questo i movimenti possono essere utili anche ai sacerdoti.

La loro efficacia positiva si manifesta quando i sacerdoti trovano nei movimenti "la luce e il calore" che li aiutano a maturare in una fervorosa vita cristiana e, in particolare, in un autentico "sensus Ecclesiae", che li spinge ad una più salda fedeltà ai legittimi Pastori, rendendoli attenti alla disciplina ecclesiastica sì da assolvere con slancio missionario alle incombenze proprie del loro ministero. I movimenti ecclesiali risultano inoltre "fonte di aiuto e sostegno nel cammino formativo verso il sacerdozio", in particolare per coloro che provengono da specifiche realtà aggregative, fermo restando il rispetto dovuto alla disciplina stabilita nella Chiesa per i Seminari.

E' importante, pertanto, evitare che la partecipazione del sacerdote, del diacono e del seminarista a movimenti o aggregazioni ecclesiali si risolva in una chiusura tanto presuntuosa quanto ristretta. Essa deve piuttosto aprire il loro spirito all'accoglienza, al rispetto e alla valorizzazione di altre modalità di partecipazione dei fedeli nella compagine ecclesiale, spingendoli ad essere sempre più uomini di comunione, "pastori dell'insieme" (cfr Pastores dabo vobis PDV 62).

262 3. Con queste premesse, l'inserimento nei movimenti ecclesiali si tradurrà per i sacerdoti in una possibilità di arricchimento spirituale e pastorale. Partecipando ad essi, infatti, i presbiteri possono meglio imparare a vivere la Chiesa nella coessenzialità dei doni sacramentali, gerarchici e carismatici che le sono propri, secondo la pluriformità dei ministeri, stati di vita e compiti che la edificano. "Toccati" e "attratti" dallo stesso carisma, partecipi di una stessa storia, inseriti in una stessa compagine, sacerdoti e laici condividono un'interessante esperienza di con-fraternità tra "christifideles" che si edificano a vicenda, senza mai confondersi.

Sarebbe tuttavia grave perdita, se si andasse verso una "clericalizzazione" dei movimenti. Ugualmente, sarebbe un danno se la testimonianza e il ministero dei sacerdoti venissero in qualche modo offuscati e progressivamente assimilati a uno stato laicale. Il sacerdote deve porsi all'interno d'un movimento, al di là delle funzioni e mansioni che in esso è chiamato ad assumere, come una presenza singolare di Cristo, Capo e Pastore, ministro della Parola di Dio e dei Sacramenti, educatore nella fede, tramite di collegamento con il ministero gerarchico. Anzi, è proprio dal loro apporto che può dipendere in grande misura la crescita dei movimenti in quella "maturità ecclesiale" che è stata da me evocata nel citato incontro della Pentecoste del 1998.

Incoraggio, pertanto, codesto Dicastero a seguire con attenzione il cammino dei movimenti ecclesiali, favorendo un intenso dialogo con loro e accompagnandoli con pastorale saggezza, non facendo mancare loro, quando necessario, gli opportuni discernimenti, chiarimenti ed orientamenti.

Affido a Maria, la Vergine Fedele, l'incontro e, mentre volentieri assicuro un ricordo nella preghiera per coloro che vi interverranno, invio a tutti una speciale Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 21 Giugno 2001

GIOVANNI PAOLO II



CERIMONIA DI CONGEDO NELL' AEROPORTO INTERNAZIONALE DI LVIV

Mercoledì, 27 giugno 2001




La ringrazio cordialmente Signor Leonid Danilovic Kucma, per questo coraggioso invito in Ucraina. Grazie anche a tutti coloro che hanno contribuito al mio incontro pastorale con i fedeli della Chiesa Cattolica ucraina e la gente del vostro nobile Paese. Che Dio benedica il Suo servizio, Signor Presidente, per il bene del popolo ucraino.

Signor Presidente della Repubblica Ucraina,
Signori Cardinali, Venerati Fratelli nell'Episcopato,
Illustri Signori, carissimi Ucraini!

1. E' giunto il momento del congedo. Con emozione saluto voi qui presenti e, in voi, saluto il popolo dell'Ucraina, che in questi giorni ho potuto meglio conoscere. In modo particolare il mio pensiero va agli abitanti delle città di Kyiv e Leopoli che mi hanno accolto, e a quanti sono venuti da altre città e paesi per incontrarmi.

263 Al mio arrivo mi sono sentito come abbracciato dall'affetto della città di Kyiv dalle cupole d'oro, intessuta di giardini. Ho, poi, assaporato la tradizionale ospitalità di Leopoli, città dagli insigni monumenti così ricchi di memorie cristiane.

Con grande nostalgia parto ora da questa Terra, crocevia di popoli e culture, dalla quale più di mille anni fa il Vangelo ha iniziato la sua corsa per diffondersi e radicarsi nel tessuto storico e culturale delle popolazioni dell'Europa dell'Est. A tutti e a ciascuno di voi vorrei ripetere: grazie!

2. Grazie a Te, Ucraina, che hai difeso l'Europa nella tua instancabile ed eroica lotta contro gli invasori.

Grazie a voi, Autorità civili e militari, per quanto fate, nei rispettivi campi, a servizio dell'ordinato progresso del Popolo ucraino, e grazie per la generosa dedizione con cui avete assicurato il buon esito di questo mio viaggio apostolico.

Grazie a voi, cari Fratelli e Sorelle, che fate parte di questa Comunità cristiana, "fedele fino alla morte" (
Ap 2,10). Da tempo desideravo manifestarvi la mia ammirazione e il mio apprezzamento per l'eroica testimonianza che avete dato durante il lungo inverno della persecuzione nel secolo scorso.

Grazie per le preghiere e per la lunga preparazione spirituale con cui avete voluto incontrare il Successore di Pietro, per essere da Lui confermati nella fede e aiutati a vivere in quell'amore fraterno che "tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta" (1Co 13,7).

Un saluto rispettoso e cordiale, nel momento di lasciare il suolo ucraino, desidero inviare ai fratelli e sorelle di questa venerabile Chiesa Ortodossa e ai loro Pastori.

Tutti accompagno con la preghiera e a tutti rivolgo come augurio le parole benedicenti dell'apostolo Paolo ai cristiani di Tessalonica: "Il Signore della pace vi dia egli stesso la pace sempre e in ogni modo" (2Th 3,16).

3. Il Signore dia pace a te, Popolo ucraino, che, riacquistata finalmente la libertà con dedizione tenace e concorde, hai avviato un'opera di riscoperta delle tue radici più vere e ti stai impegnando in un laborioso cammino di riforme, per dare a tutti la possibilità di vivere ed esprimere la propria fede, la propria cultura e le proprie convinzioni in un quadro di libertà e di giustizia.

Anche se ancora doloranti sono le cicatrici delle tremende ferite subite lungo interminabili anni di oppressione, di dittatura e di totalitarismo, nei quali i diritti del popolo sono stati negati e conculcati, guarda con fiducia verso l'avvenire. Questo è il tempo propizio! Questo è il tempo della speranza e dell'audacia!

Il mio augurio è che l'Ucraina possa inserirsi, a pieno titolo, in un Europa che abbracci l'intero continente dall'Atlantico agli Urali. Come dicevo al termine di quel 1989 che tanto rilievo ha avuto nella storia recente del Continente, non ci potrà essere "un'Europa pacifica ed irradiatrice di civiltà senza questa osmosi e questa partecipazione di valori differenti eppure complementari", che sono tipici dei popoli dell'Est e dell'Ovest (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XII/2, 1989, p. 1591).

264 4. In questo importante passaggio epocale la Chiesa, consapevole della sua missione, non mancherà di esortare i suoi fedeli a cooperare attivamente con lo Stato nella promozione del bene comune. Vi è infatti una carità sociale, che si traduce in "servizio alla cultura, alla politica, all'economia, alla famiglia, perché dappertutto siano rispettati i principi fondamentali dai quali dipende il destino dell'essere umano e il futuro della civiltà" (Novo millennio ineunte NM 51).

I cristiani, del resto, sanno di essere a pieno titolo parte integrante della Nazione ucraina. Lo sono in virtù di una storia millenaria, iniziata con il battesimo di Vladimiro e della Rus' di Kyiv nel 988 nelle acque del fiume Dniepr; ma lo sono soprattutto oggi, in virtù del battesimo di sangue che hanno ricevuto nel corso delle tremende persecuzioni del XX secolo: in quegli anni terribili numerosissimi sono stati i testimoni della fede, non solo cattolici ma anche ortodossi e riformati, che per amore di Cristo hanno affrontato privazioni di ogni genere, giungendo in molti casi fino al sacrificio della vita.

5. L'unità e la concordia! Ecco il segreto della pace e la condizione d'un vero e stabile progresso sociale. E' grazie a questa sinergia di intenti e di azioni che l'Ucraina, patria di fede e di dialogo, potrà vedere riconosciuta la sua dignità nel consesso delle Nazioni.

Mi torna alla mente il monito solenne del vostro grande poeta Taras Shevchenko: "Solamente nella tua casa troverai la verità, la forza e la libertà". Ucraini, è nel fecondo terreno delle vostre tradizioni che affondano le radici del vostro futuro! Insieme potete costruirlo; insieme potete affrontare le sfide dell'ora presente, animati da quei comuni ideali che costituiscono il patrimonio incancellabile della vostra storia passata e recente. Comune è la missione; comune sia anche l'impegno assunto dall'intero Popolo ucraino!

Io rinnovo a Te, Terra di Ucraina, il mio auspicio di prosperità e di pace. Tu lasci nel mio cuore ricordi indimenticabili! Arrivederci, popolo amico, che stringo in un abbraccio di simpatia e di affetto! Grazie per la cordiale accoglienza e ospitalità, che non potrò mai dimenticare!

Arrivederci, Ucraina! Faccio mie le parole del tuo sommo poeta ed invoco da "Dio forte e giusto" ogni benedizione per i figli della tua Terra, "cento volte insanguinata, un tempo terra gloriosa". Carissimi Fratelli e Sorelle, anch'io dico con il vostro poeta e con voi: Iddio ti protegga sempre "o santa, santa Patria mia!".

Chiedo a Dio Onnipotente di benedirti, o Popolo ucraino, e di sanare ogni tua ferita. Il suo grande amore colmi il tuo cuore e ti guidi nel terzo millennio cristiano verso un nuovo futuro di speranza. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo!




ALLA DELEGAZIONE DEL PATRIARCATO ECUMENICO


Venerdì 29 giugno 2001


Cari Fratelli in Cristo,

1. "Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo; nella sua grande misericordia egli ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per una eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce" (1P 1,3-4).

È con le parole di Pietro ai cristiani del Ponto, di Galazia, di Cappadocia, d'Asia e di Bitinia che ho voluto accogliervi oggi. Amati fratelli, membri della delegazione del Patriarca ecumenico, Sua Santità Bartholomaios I, e del Santo Sinodo del Patriarcato di Costantinopoli, in occasione della visita che rendete alla Chiesa di Roma, per la quale mi rallegro dal profondo del cuore. "Grazia a voi e pace da parte di Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo" (Ga 1,3). Siate i benvenuti fra noi in questi giorni in cui celebriamo la festa dei santi Pietro e Paolo.

265 Questo scambio di delegazioni fra la Chiesa di Roma e il Patriarcato ecumenico per le feste patronali nel corso delle quali viene onorata la memoria degli Apostoli Pietro e Paolo, e Andrea, è un'iniziativa benedetta dal Signore. Possiamo anche dire che è divenuta ormai una pratica naturale di fraternità ecclesiale. Sono profondamente lieto di questa usanza e vivamente riconoscente al Patriarca ecumenico e al Santo Sinodo per i sentimenti che provano, come la Chiesa di Roma, riguardo a questa iniziativa che ci permette di celebrare l'opera compiuta dal Signore grazie ai primi Apostoli. Inoltre, ci permette di partecipare insieme alla preghiera e al contempo è un'occasione di dialogo costante e armonioso. La vostra presenza, cari Fratelli, vi rende partecipi di questa festa della Chiesa di Roma.

2. Fra i primi discepoli, Gesù chiamò due fratelli, Simone e Andrea. Erano pescatori. "E disse loro: "Seguitemi, vi farò pescatori di uomini". Ed essi subito, lasciate le reti, lo seguirono" (
Mt 4,19).

Da allora il messaggio evangelico è stato portato fino ai confini della terra e noi siamo chiamati a proseguire nella storia la missione affidata agli Apostoli. Come il Signore ha chiamato "insieme" Pietro e Andrea per essere pescatori di uomini per il Regno di Dio, così è insieme che i successori degli Apostoli sono invitati ad annunciare la Buona Novella della salvezza, affinché, mediante le nostre parole e la nostra unità fraterna, il mondo creda.

Ogni anno la presenza di una delegazione cattolica nella celebrazione eucaristica del Phanar e la vostra partecipazione alla celebrazione che si tiene a San Pietro dimostrano che siamo chiamati dal Signore a questa missione comune. Tuttavia, l'impossibilità di prendere parte insieme all'unico sacrificio di Cristo è per noi tutti una sofferenza e un appello a ricercare vie che permettano di superare le divergenze ancora esistenti fra ortodossi e cattolici.

3. È a questo fine che i rapporti fraterni fra le Chiese particolari cattoliche e ortodosse e il dialogo teologico devono essere intensificati. È importante affrontare e chiarire ciò che resta del contenzioso teologico, basandosi sulla Sacra Scrittura e sulla Tradizione. Il lavoro della Commissione mista deve essere completato secondo il programma che si è prefissata. So che il Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, il Patriarcato Ecumenico e il co-presidente ortodosso della Commissione mista sono in stretto contatto per decidere insieme il modo migliore di rilanciare il dialogo. La Chiesa cattolica è parimenti in contatto con le Chiese ortodosse autocefale e autonome. La promozione del dialogo della carità, che ha permesso di creare le condizioni necessarie all'apertura del dialogo teologico, si rivela ancora una volta il mezzo più diretto per incontrarci nella verità e nell'affetto reciproco in Cristo.

4. La festa dei santi Pietro e Paolo ci ha dato ancora una volta l'opportunità di pregare insieme i santi Apostoli che hanno interceduto per tutti i discepoli di Cristo, affinché "tutti siano uno" e siano insieme "pescatori di uomini" fra le giovani generazioni di questo nuovo millennio, che hanno sete di conoscere Cristo e di seguirlo. Che possiamo annunciare insieme il Salvatore, al fine di dare a queste generazioni "una speranza viva" che non delude.

5. Cari Fratelli, vi ringrazio della vostra visita e vi prego di trasmettere i miei saluti fraterni a Sua Santità Bartholomaios I, come pure a tutti i membri del Santo Sinodo del Patriarcato ecumenico. Che il Signore sia sempre con noi! Che ci guidi lungo le vie del suo Regno!




AGLI ARCIVESCOVI METROPOLITI


CHE HANNO RICEVUTO IL PALLIO


NELLA SOLENNITÀ


DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO


Sabato 30 giugno 2001

Carissimi Arcivescovi Metropoliti!


1. Dopo la solenne celebrazione di ieri sera, durante la quale vi ho consegnato il sacro Pallio, ho la gioia di incontrarvi nuovamente stamane, per rinnovarvi il mio fraterno abbraccio.

Sono lieto di accogliere, insieme con voi, i vostri familiari, gli amici e i fedeli delle rispettive Comunità, che hanno voluto farvi corona in questo momento di singolare importanza ecclesiale.

266 Saluto anzitutto voi, venerati Fratelli che appartenete all'amata Chiesa che è in Italia: Monsignor Pietro Brollo, Arcivescovo di Udine; Monsignor Carmelo Ferraro, Arcivescovo di Agrigento; Monsignor Agostino Superbo, Arcivescovo di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo; Monsignor Antonio Cantisani, Arcivescovo di Catanzaro-Squillace; Monsignor Giuseppe Agostino, Arcivescovo di Cosenza-Bisignano; Monsignor Ennio Antonelli, Arcivescovo di Firenze; Monsignor Antonio Buoncristiani, Arcivescovo di Siena-Colle di Val d'Elsa-Montalcino. Il Signore sia largo di grazie con ciascuno di voi e con il ministero pastorale che vi ha affidato. Da parte vostra, carissimi, servite a Lui con tutto il cuore e con tutte le forze, sul modello dei santi Apostoli Pietro e Paolo.

2. Je salue cordialement les nouveaux archevêques métropolitains venus recevoir le Pallium, Mgr Arthé Guimond, de Grouard-McLennan (Canada), Mgr Laurent Ulrich, de Chambéry (France), Mgr Pierre-Marie Carré, d'Albi (France), Mgr Anselme Titianma Sanon, de Bobo-Dioulasso (Burkina Faso), Mgr Séraphim Rouamba, de Koupéla (Burkina Faso), Mgr François Garnier, de Cambrai (France), Mgr Anatole Milandou, de Brazzaville (République du Congo), et Mgr Charles Kambale Mbogha, de Bukavu (République Démocratique du Congo). Puisse cette liturgie en la fête des saints Apôtres Pierre et Paul être un soutien pour leur ministère épiscopal ! J'adresse mes salutations à leurs familles, à leurs amis, aux prêtres et aux fidèles qui les ont accompagnés. Ce signe est pour tous un appel à participer toujours plus activement à la mission de l'Église en communion avec leurs évêques. Avec la Bénédiction apostolique.

Traduzione:

2. Saluto cordialmente i nuovi Arcivescovi Metropoliti venuti per ricevere il Pallio, Mons. Arthé Guimond, di Grouard-McLennan (Canada), Mons. Laurent Ulrich, di Chambéry (Francia), Mons. Pierre-Marie Carré, d'Albi (Francia), Mons. Anselme Titianma Sanon, di Bobo-Dioulasso (Burkina Faso), Mons. Séraphim Rouamba, di Koupéla (Burkina Faso), Mons. François Garnier, di Cambrai (Francia), Mons. Anatole Milandou, di Brazzaville (Repubblica del Congo) e Mons. Charles Kambale Mbogha, di Bukavu (Repubblica Democratica del Congo). Possa questa liturgia nella festa dei santi Apostoli Pietro e Paolo essere un sostegno per il loro ministero episcopale! Porgo i miei saluti alle loro famiglie, ai loro amici, ai sacerdoti e ai fedeli che li hanno accompagnati. Questo segno è per tutti un appello a partecipare sempre più attivamente alla missione della Chiesa in comunione con i propri Vescovi. Con la Benedizione Apostolica.

3. I am pleased to greet the English-speaking Metropolitans who yesterday received the Pallium: Cardinal Theodore Edgar McCarrick of Washington (United States of America), Archbishop Roger Lawrence Schweitz of Anchorage (United States of America), Archbishop Vincent Michael Concessao of Delhi (India), Archbishop Oswald Gracias of Agra (India), Archbishop George Pell of Sydney (Australia), Archbishop Denis James Hart of Melbourne (Australia), Archbishop Brendan Michael O’Brien of Saint John's, Newfoundland (Canada), and Archbishop Edward Joseph Gilbert of Port of Spain (Trinidad and Tobago). I welcome their family members and friends, and the faithful of their Archdioceses who have accompanied them to Rome.

The pallium is a symbol of the special bond of communion uniting you with the See of Peter and an expression of the universality of the one Church of Christ, founded on the "rock" of the Apostolic faith. May your witness to this faith be steadfast and untiring, so that you may effectively guide your communities in the ways of truth, life and love. When you return to your local Churches, I ask you to take to your people my affectionate greeting in the Lord, who is "the same yesterday and today and for ever" (
He 13,8).

Traduzione:

3. Sono lieto di salutare i Metropoliti anglofoni che ieri hano ricevuto il Pallio: Il Cardinale Theodore Edgar McCarrick di Washington (Stati Uniti d'America), l'Arcivescovo Roger Lawrence Schweitz di Anchorage (Stati Uniti d'America), l'Arcivescovo Vincent Michael Concessao di Delhi (India), l'Arcivescovo Oswald Gracias di Agra (India), l'Arcivescovo George Pell di Sydeney (Australia), l'Arcivescovo Denis James Hart di Melbourne (Australia), l'Arcivescovo Brendan Michael O'Brien di Saint John's, Newfoundland (Canada) e l'Arcivescovo Edward Joseph Gilbert di Port of Spain (Trinidad e Tobago). Accolgo i loro familiari e amici e i fedeli delle loro Arcidiocesi che li hanno accompagnati a Roma.

Il pallio è il simbolo del vincolo speciale di comunione che vi unisce alla Sede di Pietro ed è espressione dell'universalità dell'unica Chiesa di Cristo, fondata sulla "pietra" della fede apostolica. Che la vostra testimonianza di fede sia salda e instancabile, cosicché possiate effettivamente guidare le vostre comunità lungo il cammino della verità, della vita e dell'amore. Una volta tornati nelle vostre Chiese locali, portate al vostro popolo il mio saluto affettuoso nel Signore, che "è lo stesso ieri, oggi e sempre" (He 13,8).

4. Me complace recibir a los Señores Arzobispos Ubaldo Ramón Santana, de Maracaibo (Venezuela), Cristian Caro Cordero, de Puerto Montt (Chile), Felipe Aguirre Franco, de Acapulco (México), Luis Abilio Sebastiani, de Ayacucho (Perú) y Rodolfo Quezada, de Guatemala, acompañados de sus familiares, sacerdotes y fieles, así como de las autoridades que han asistido ayer a la entrega del Palio. Este antiguo símbolo eclesial manifiesta un estrecho vínculo del Prelado Metropolitano con la Sede Apostólica y una especial responsabilidad de mantener y fomentar la comunión con las diócesis sufragáneas.

Confío este nuevo compromiso eclesial a la intercesión maternal de la Virgen María, invocada con tanta devoción en los pueblos latinoamericanos. Estoy seguro de que no les faltará en su ministerio pastoral las oraciones, la cercanía y la colaboración generosa de todos sus fieles. Les ruego que lleven a sus respectivas Provincias eclesiásticas el saludo cordial del Papa, que de corazón les imparte la Bendición Apostólica.

Traduzione:

267 4. Sono lieto di ricevere i Signori Arcivescovi Ubaldo Ramón Santana, di Maracaibo (Venezuela), Cristian Caro Cordero, di Puerto Montt (Cile), Felipe Aguirre Franco, di Acapulco (Messico), Luis Abilio Sebastiani, di Ayacucho (Perù) e Rodolfo Quezada, di Città del Guatemala, accompagnati dai familiari, sacerdoti e fedeli, come pure dalle autorità che hanno assistito ieri alla consegna del Pallio. Questo antico simbolo ecclesiale manifesta lo stretto vincolo del Prelato Metropolita con la Sede Apostolica e la particolare responsabilità di mantenere e promuovere la comunione con le Diocesi suffraganee.

Affido questo nuovo impegno ecclesiale all'intercessione materna della Vergine Maria, invocata con tanta devozione nei paesi latinoamericani. Sono sicuro che non vi mancheranno nel vostro ministero pastorale le preghiere, la vicinanza e la collaborazione generosa di tutti i vostri fedeli. Vi prego di trasmettere alle vostre rispettive Provincie ecclesiastiche il saluto cordiale del Papa, che vi imparte di cuore la Benedizione Apostolica.

5. Saúdo com afecto a ti caro novo Arcebispo de Luanda (Angola), Mons. Damião António Franklin, e a ti Mons. Tomé Makhweliha, Arcebispo de Nampula (Moçambique); saúdo também os novos Arcebispos do Brasil: Mons. Celso José Pinto da Silva, de Teresina, Mons. Dadeus Grings, de Porto Alegre, e Mons. Geraldo Majela de Castro, de Montes Claros. Com as minhas felicitações por esta data, faço votos por que, ao regressardes às vossas Arquidioceses, revestidos do Palio, sinal de um particular vínculo de comunhão com a Sé de Pedro, vos dediqueis com renovado empenho em favor dessa comunhão e da unidade da Igreja, em cuja causa vos deveis sentir comprometidos.

Traduzione:

5. Saluto con affetto te, caro nuovo Arcivescovo del Luanda (Angola), Mons. Damião António Franklin, e te, Mons. Tomé Makhweliha, Arcivescovo di Nampula (Mozambico); saluto anche i nuovi Arcivescovi del Brasile: Mons. Celso José Pinto da Silva, di Teresina, Mons. Dadeus Grings, di Porto Alegre, e Mons. Geraldo Majela de Castro, di Montes Claros. Con le mie felicitazioni per questa data, formulo voti affinché, al ritorno nelle vostre Arcidiocesi, rivestiti del Pallio, segno di un particolare vincolo di comunione con la Sede di Pietro, vi adoperiate con rinnovato impegno a favore di questa comunione e dell'unità della Chiesa, nella cui causa dovete sentirvi impegnati.

6. Srdacno pozdravljam tebe, dragi rijecki nadbiskupe metropolite monsinjore Ivane Devcicu iz Hrvatske, tvoj kler i sve vjernike. Na poseban se nacin rijecima dobrodošlice obracam brojnoj skupini koja je došla zajedno s tobom da bi ponovno potvrdila sveze ljubavi što u jedno povezuju Crkvu rijecku s apostolskom stolicom.

S ljubavlju pozdravljam tebe, dragi beogradski nadbiskupe metropolite monsinjore Stanislave Hocevaru iz Jugoslavije, tvoje svecenike i vjernike, a posebno one koji su te dopratili u ovoj prigodi primanja svetoga palija, znaka jedinstva i svjedocanstva zajedništva s Petrovim nasljednikom.

Svima rado udjeljujem apostolski blagoslov.

Saluto di cuore te, caro Arcivescovo Metropolita di Rijeka in Croazia, Mons. Ivan Devcic, il tuo clero ed i fedeli tutti. Mi rivolgo in modo speciale con le parole di benvenuto al folto gruppo venuto con te per riconfermare i vincoli della carità che uniscono la Chiesa di Rijeka con la Sede Apostolica.

Saluto con affetto te, caro Arcivescovo Metropolita di Belgrado in Jugoslavia, Mons. Stanislav Hocevar, i tuoi sacerdoti ed i fedeli, in modo particolare quanti ti accompagnano in questa occasione dell'imposizione del Sacro Pallio, segno dell'unità e attestato di comunione con il Successore di Pietro.

Volentieri imparto la Benedizione Apostolica a tutti voi.

268 7. Serdecznie pozdrawiam Arcybiskupa Wojciecha Ziembe i wszystkich pielgrzymów z archidiecezji Bialostockiej, którzy przybyli do Rzymu i uczestniczyli w uroczystosci ku czci swietych apostolów Piotra i Pawla, i w przekazaniu paliusza ksiedzu arcybiskupowi. Niech ten paliusz bedzie zawsze znakim jednosci Kosciola w Bialymstoku z cala wspólnota Ludu Bozego na swiecie.

Trzeciego w historii Arcybiskupa archidiecezji Bialostockiej i was, tu obecnych powierzam opiece Najswietszej Maryi Panny Ostrobramskiej, Patronki Archidiecezji, i z serca wam Blogoslawie.

Saluto cordialmente l'Arcivescovo di Bialystok Wojciech Ziemba, i suoi parenti e i pellegrini dell'Arcidiocesi, che sono venuti a Roma ed hanno partecipato alla solennità dei santi apostoli Pietro e Paolo, ed alla consegna del Pallio all'Arcivescovo. Questo Pallio sia un segno dell'unione dell'Arcidiocesi di Bialystok con il Popolo di Dio in tutto il mondo.

Affido alla protezione della Santissima Vergine Maria di Ostra Brama, Patrona dell'Arcidiocesi, l'Arcivescovo Wojciech e tutti voi qui presenti, e di cuore vi benedico.

8. Venerati Fratelli, ritornando nelle vostre Chiese particolari, porterete con voi il Pallio che ieri avete ricevuto dalle mie mani. Sappiate tradurre in coerenti scelte pastorali ciò che questo tradizionale segno liturgico intende significare, cioè la fedele e fattiva comunione con la Sede Apostolica. Vi sia di aiuto in questo cammino anche la Lettera apostolica Novo millennio ineunte, che state approfondendo con le varie componenti delle vostre Comunità.

La nostra unità deve essere sempre animata e alimentata anzitutto dalla preghiera. Se insieme terremo lo sguardo rivolto a Cristo, coopereremo efficacemente a guidare il Popolo di Dio sulle vie del Signore. Ci sostenga in tale impegno l'intercessione dei santi Apostoli Pietro e Paolo, e quella, materna e sollecita, di Maria Santissima, Madre della Chiesa.

A ciascuno di voi, venerati Fratelli, ai vostri cari e a tutti i fedeli che vi sono affidati rinnovo di cuore la Benedizione Apostolica.

Luglio 2001


UDIENZA AI RAPPRESENTANTI


DELL’ISTITUTO DEL PATRIMONIO NAZIONALE POLACCO


IN OCCASIONE DEL 180° ANNIVERSARIO


DELLA NASCITA DEL POETA CYPRIAN NORWID


1° luglio 2001


Illustri Signori,


1. A tutti il mio cordiale benvenuto. La vostra presenza a Roma e in Vaticano si unisce con le celebrazioni del 180 della nascita di Cyprian Kamil Norwid, uno dei più grandi poeti e pensatori dell'Europa cristiana. Tutti abbiamo un grande debito verso questo poeta - il quarto bardo - e vogliamo approfittare della presente circostanza, per estinguerlo almeno in una certa misura. Ho sempre ritenuto che il luogo dove dovrebbe riposare Cyprian Norwid, sia la cripta dei grandi poeti nella cattedrale di Wawel. Ciò si è dimostrato inattuabile, poiché non è stato possibile ritrovare ed identificare i resti del poeta. Ho dunque cercato altri mezzi d'espressione, per poter in qualche senso riparare quanto non era stato compiuto nei riguardi di Norwid e che sentiamo essere il nostro dovere collettivo. È bene che almeno l'urna con la terra tratta dalla fossa comune dove fu sepolto il poeta, trovi ora a Wawel il posto a lui dovuto nella patria, perché la patria, scrisse Norwid: "È il luogo dove trovare riposo e morire" (1).

2. Cari Signori! Sono molto lieto di questo incontro e vi attribuisco una grande importanza. Perciò anche, preparandomi ad esso, sono tornato alla lettura degli scritti di Norwid e ho parlato con coloro ai quali, come a me, Norwid è caro. Ciò che vi voglio dire è in grande misura frutto dello scambio di pensieri con loro. Volevo pagare con onestà il mio debito personale nei riguardi del poeta, alla cui opera mi unisce una stretta confidenza spirituale, sin dagli anni del ginnasio. Durante l'occupazione nazista i pensieri di Norwid sostenevano la nostra speranza posta in Dio, e nel periodo dell'ingiustizia e del disprezzo, con cui il sistema comunista trattava l'uomo, essi ci aiutavano a perseverare accanto alla verità dataci in compito e a vivere degnamente. Cyprian Norwid ha lasciato un'opera da cui emana la luce che permette di penetrare più profondamente nella verità del nostro essere uomini, cristiani, europei e polacchi.

3. La poesia di Norwid è nata dalla sua difficile vita. Si è formata alla luce di una profonda estetica della fede in Dio e nella nostra umanità in Dio. La fede nell'Amore che si rivela nella Bellezza che "entusiasma" al lavoro, apre la parola di Norwid al mistero dell'alleanza, che Dio stringe con l'uomo, affinché l'uomo possa vivere, come vive Dio. Il canto sulla bellezza dell'Amore e sul lavoro, Promethidion, indica l'atto stesso della creazione, nel quale Dio svela agli uomini il legame che unisce il lavoro all'amore (cfr Gn 1,28); nell'amore laborioso l'uomo nasce e risorge. Il lettore deve maturare ad una parola che mira così lontano. Lo sapeva benissimo il poeta, quando disse: "Il figlio - ignorerà, ma tu, nipote, ricorderai" (2).


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