GP2 Discorsi 2001 269

269 4. La forza dell'autorità che Norwid riveste per i "nipoti", viene dalla croce. Con quanta eloquenza si svela la sua scientia crucis nelle parole: "Non seguire te stesso con la croce del Salvatore, ma il Salvatore con la tua croce (...) Questo è finalmente il segreto di un movimento giusto" (3). La scientia crucis permetteva a Norwid di valutare gli uomini a seconda se sapevano soffrire insieme al Salvatore, che "è ed era e sarà la radice di ogni verità" (4). Le parole con le quali il nostro poeta parlò della grandezza del beato Pio IX, costituiscono una delle più belle testimonianze, che l'uomo possa rendere all'uomo: "È un grande uomo del XIX secolo. Sa soffrire" (5). È significativo che, secondo Norwid, i crocifissi dovrebbero essere senza la figura del Cristo, potrebbero così indicare in modo più chiaro il luogo dove deve stare un cristiano. Soltanto coloro, infatti, nel cui intimo si svolge ogni giorno il dramma del Golgota, possono dire: la Croce "per noi è divenuta la porta" (6).

5. Norwid non invidiava a nessuno le cose, né gli onori posseduti. La sua povertà in Dio splende nel finale di una delle sue poesie:

"Per qualcun altro l'alloro e la speranza,
per me: l'unico onore è quello di essere uomo" (7).

L'onore di essere uomo, difficilmente concepibile "sulla terra", è "più comprensibile in cielo" (8), e la via per esso passa proprio attraverso la porta della croce. Attraversandola l'uomo percepisce che la verità del suo essere uomo lo supera infinitamente. Da essa proviene la sua libertà. "Tutto prende vita dall'Ideale" (9). L'uomo cammina da pellegrino verso l'ideale, ma lo riceve in dono. "La verità si aspetta e insieme la si raggiunge" (10), perché "l'umanità è di Dio" (11). Da qui l'immensità del lavoro di fronte alla persona umana che, creata "ad immagine e somiglianza" di Dio, è chiamata a diventare simile a Dio, il che non è facile, poiché "la fatica è grande proprio perché è quotidiana" (12). Di questo sono capaci soltanto gli uomini sobri nelle "cose comuni", e sono così soltanto quando sono "entusiasmati" da ciò che è "eterno" (13). Soltanto essi non si prostreranno di fronte alle Circostanze, e non comanderanno alle Verità di "restare dietro la porta" (14). Sono essi, che lavorando per la verità, come si lavora per guadagnarsi il pane, formano la storia. Bruciano la terra con la coscienza (15), ed è la stessa "Verità, Veronica delle coscienze" (16) ad asciugare il sudore dalla loro "pallida fronte".

6. Norwid ricorda con insistenza che senza eroismo l'umanità "Umiliata in volto, in sé ripiegata" cessa di essere se stessa. "L'umanità priva della divinità tradisce se stessa" (17). L'insieme della società non sarà in grado di opporsi alla filosofia non-eroica dei nostri giorni che la sta devastando, se non vi saranno in essa delle persone che vivono l'interrogativo di Norwid:

"Per essere nazionale - essere sovra-nazionale!
E per essere umano, per questo
Essere sovraumano... essere doppio e uno - perché?" (18).

L'uomo è sacerdote, ancora "inconscio ed immaturo" (19), il cui compito nella vita è sin dall'inizio gettare i ponti (ponti-fex) che uniscono l'uomo all'uomo, e tutti a Dio. Sono meschine le società dove scompare questo carattere sacerdotale della persona umana. Questo pensiero mi è stato sempre caro. Posso dire che in una certa misura esso forma la dimensione sociale del mio pontificato.

Con grande dolore diceva Norwid ai polacchi che non saranno mai dei buoni patrioti, se prima non lavoreranno a favore del proprio essere uomini. Per poter infatti risolvere "quel compito che è essere polacco" (20), bisogna non essere "cittadino della Polonia d'oggi (...) ma di quella un po' passata e molto futura" (21). La Patria, secondo Norwid, si trova in un Futuro senza limiti, così da poterla trovare ovunque, persino "ai confini dell'essere" (22). Chi lo dimentica, fa della Patria una setta, e alla fine entra nelle file di coloro che sono "grandi! - nelle cose private; in quelle pubbliche? - dei privati" (23). Questo è il principio del caos in ogni società.

270 L'ordine della nazione viene dal di fuori della nazione, in definitiva proviene da Dio, e perciò per coloro che amano la propria nazione in un modo così lungimirante, perché sacerdotale, non c'è il pericolo del nazionalismo. "La nazione è fatta non solo di quello che la distingue dalle altre, ma di quanto alle altre la unisce" (24). Conosciamo a memoria, ma lo conosciamo in pratica, nella nostra coscienza, il contenuto doloroso delle parole: "Oggi il polacco è un gigante, ma l'uomo nel polacco è un nano (...). Il sole sorge sul polacco, ma chiude gli occhi sull'uomo" (25)? Quante questioni polacche potrebbero svolgersi diversamente, se i polacchi avessero ritrovato nella loro coscienza la verità proclamata da Norwid che "la patria è un impegno collettivo" che "per sua natura si compone di due: di ciò che vincola la patria per l'uomo e di ciò che vincola l'uomo per la patria" (26).
Qui a Roma, nel cuore della Chiesa, di cui Norwid scrisse che è il più antico "cittadino nel mondo" (27), ripeto con commozione le parole attinte da Moja Ojczyzna:

"Nessun popolo mi ha redento o creato;
Prima del secolo ricordo l'eternità;
La chiave di Davide la bocca mi ha forzato,
Chiamato uomo la romanità" (28).

7. Cyprian Norwid fu l'uomo della speranza. Grazie ad essa poté vivere degnamente su questa terra, indipendentemente dalle difficili condizioni, in cui si trovava. Attingeva la speranza con la preghiera da Dio, a cui si rivolgeva con parole potenti, come quelle che il Salvatore stesso ci ha insegnato:

"Sia fatta la tua volontà, non come in terra
(Non come è più comodo... ma come è più degno)" (29).

La preghiera "formava" la vista del poeta in modo che egli indovinava le "cose di Dio sotto l'involucro di quelle terrene" (30). Pregando, guadagnava l'Amore nella fede profonda che la voce dell'uomo che si innalza al cielo insieme a quella di Cristo, viene sempre esaudita (31).

8. Vogliate, Signori, accettare alcuni pensieri di Norwid, che "non sono nuovi" (32), come espressione del mio omaggio per il lavoro del Poeta, ed anche della mia gratitudine verso di voi per la fatica intrapresa, affinché nel suo lavoro entrino i Polacchi. Che ognuno di essi "da chi lastrica la strada fino a Copernico" ponga in ciò che fa "il proprio accento originale" (33). Auguro a tutti i polacchi, e in modo particolare a coloro che amano l'opera di Cyprian Norwid, che, mediante il loro lavoro si compiano nella società le parole finali del Fortepian Szopena: "Gemono i ciottoli sordi : L'ideale tocca il selciato" (34).

271 Vi benedico di cuore, chiedendo allo stesso tempo a Colei che chiamiamo Mater admirabilis, e che Norwid cantava in modo così bello nella Legenda e in Litania, di accompagnarvi in questo lavoro che serve la Chiesa, l'Europa e la Polonia.

1) C. K. Norwid, Co to jest ojczyzna, in "Pisma wszystkie", VII, PIW 1971-1976, 50.

2) Klaskaniem majac obrzekle prawice, II, 17.

3) Cfr Motto di Promethidion - Bogumil, III, 431.

4) Lettera a M. Trebicka, maggio 1854, VIII, 213.

5) Lettera a Jan Skrzynecki, maggio 1884, VIII, 63.

6) Dziecie i krzyz, II, 170.

7) Odpowiedz Jadwidze Luszczewskiej, I, 323.

8) Dumanie, I, I, 18.

9) W pracowni Guyskiego, II, 194.

10) Idee i prawda, II, 66.

272 11) Lettera a Józef Ignacy Kraszewski, maggio 1863, IX, 99.

12) Kleopatra i Cezar, V, 54.

13) Piec zarysów. III. Ruiny, III, 492-493.

14) LXIX. Poczatek broszury politycznej)..., II, 99.

15) Socjalizm, II, 19.

16) Czlowiek, I, 274.

17) Rzecz o wolnosci slowa, I, III, 564.

18) Rzecz o wolnosci slowa. II, III, 569.

19) Sfinks II, II, 33.

20) Juliusz Slowacki, Notatki in "Dziennik z lat 1847-1848", in "Dziela", XI, Ossolineum 1959, 292.

21) List do Konstancji Górskiej, luglio 1862, IX, 43.

273 22) Fortepian Szopena, II, 144-145.

23) Rozmowa umarlych. Byron, Rafael-Sanzio, I, 282.

24) Znicestwienie narodu, VII, 86.

25) List do Michaliny z Dziekonskich Zaleskiej, 14 novembre 1962, IX, 63-64.

26) Memorial mlodej emigracji, VII, 86.

27) Cfr Glos niedawno do wychodztwa polskiego przybylego artysty, VII, 7.

28) Moja ojczyzna, I, 336.

29) /Badz wola Twoja.../, I,150.

30) /O modlitwie/, VI, 618 e s.

31) Cfr Monolog, I, 79.

32) Sila ich, I, 172.

274 33) Do Spartakusa (o pracy), VI, 641.

34) Fortepian Szopena, III, 239.

MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO PROMOSSO


DALLA PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA




Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
Illustri Signori e Signore!

1. Con viva cordialità rivolgo a ciascuno di voi il mio saluto in occasione di questo incontro di studio, promosso dalla Pontificia Accademia per la Vita allo scopo di esaminare il delicato problema relativo alla liceità dello xenotrapianto. Uno speciale pensiero dirigo al caro Mons. Elio Sgreccia, Vice Presidente dell'Accademia e animatore del vostro Gruppo.

La finalità del vostro lavoro è prima di tutto d'interesse umano, perché è suggerita dalla necessità di risolvere il problema della grave insufficienza di organi umani validi per il trapianto: si sa che tale insufficienza comporta la morte di un'alta percentuale di malati in lista d'attesa, i quali potrebbero essere salvati con il trapianto, prolungando così una vita ancora valida e sempre preziosa.

2. Certamente il passaggio di organi e tessuti dall'animale all'uomo mediante il trapianto comporta problemi nuovi di natura scientifica e di natura etica. Ad essi voi avete portato attenzione con responsabilità e competenza, avendo a cuore contemporaneamente il bene e la dignità della persona umana, i possibili rischi di ordine sanitario non sempre quantificabili e prevedibili, l'attento riguardo per gli animali che è sempre doveroso anche quando si interviene su di essi per il bene superiore dell'uomo, essere spirituale creato ad immagine di Dio.

La scienza in questi settori è guida necessaria e lume prezioso. La ricerca scientifica deve tuttavia collocarsi nella giusta prospettiva, orientandosi costantemente al bene dell'uomo e alla salvaguardia della sua salute.

3. L'antropologia e l'etica, a loro volta, sono sempre più chiamate a intervenire per offrire una necessaria e complementare illuminazione, definendo valori e criteri a cui attenersi e stabilendo nello stesso tempo le condizioni di armonia e di gerarchia che devono esistere fra di essi.

Sempre più si constata, com'è chiaro dalla vostra stessa presenza e dalla composizione del vostro Gruppo, che l'alleanza tra la scienza e l'etica arricchisce entrambe le branche del sapere e le chiama a convergere nell'aiuto da offrire all'uomo singolo e alla società.

Le cautele e le chiare condizioni di praticabilità dello xenotrapianto, che voi avete sottolineato, sono il frutto di questo dialogo e di questa convergenza.

275 4. La riflessione razionale, confermata dalla fede, scopre che Dio creatore ha posto l'uomo al vertice del mondo visibile e nello stesso tempo gli ha assegnato il compito di orientare il proprio cammino, nel rispetto della propria dignità, verso il perseguimento del bene vero di ogni suo simile.

La Chiesa, pertanto, offrirà sempre il proprio sostegno ed aiuto a chi cerca l'autentico bene dell'uomo con lo sforzo della ragione, illuminata dalla fede: "La fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano s'innalza verso la contemplazione della verità" (Fides et ratio, Intr.).

Nell'esprimervi apprezzamento per il lavoro svolto e per lo sforzo compiuto con generosità e in spirito di servizio all'umanità sofferente, invoco su voi, sulle vostre famiglie e sulle persone con cui svolgete le vostre ricerche le benedizioni del Dio di ogni scienza e di ogni bontà.

Dal Vaticano, 1° Luglio 2001




AI NUOVI VESCOVI NOMINATI


DAL 1° GENNAIO 2000 AL GIUGNO 2001


Giovedì, 5 luglio 2001




Carissimi Confratelli nell'Episcopato!

1. Sono lieto di rivolgere il mio cordiale benvenuto a tutti voi, Vescovi novelli, che prendete parte alle Giornate di studio promosse dalla Congregazione per i Vescovi. Saluto il Signor Cardinale Giovanni Battista Re, Prefetto del Dicastero, e lo ringrazio per le parole che mi ha rivolto, facendosi interprete dei vostri sentimenti e confermando il vostro attaccamento e la vostra devozione al Papa. Esprimo anche il mio grato apprezzamento al caro P. Marciano Maciel per la premurosa ospitalità che i Legionari di Cristo hanno offerto, in questi giorni di preghiera, di ascolto, di riflessione, ai partecipanti al Convegno.

L'iniziativa, che vede radunati a Roma i Vescovi di più recente nomina, provenienti da varie parti del mondo, merita di essere sottolineata con favore. Cari Fratelli nell'Episcopato, siete convenuti a Roma per una pausa di comunione fraterna e di sereno approfondimento di alcuni temi e problemi pratici, che interpellano maggiormente la vita di un Vescovo. Confido che l'aver potuto ascoltare la testimonianza di alcuni Pastori che da lunghi anni sono Vescovi, come pure di alcuni Capi Dicastero della Curia Romana, sia di giovamento per voi che da poco siete rivestiti di questo ministero.

2. So che il vostro incontro ha voluto essere, anche e soprattutto, un pellegrinaggio alla Tomba dell'Apostolo Pietro, al fine di consolidare la comunione collegiale fra voi e con il Successore di Pietro, che Cristo ha voluto come principio e fondamento visibile dell'unità della Chiesa.

Da parte mia, vorrei rinnovarvi l'attestazione della mia vicinanza spirituale e confermarvi nella fede e nella fiducia in Gesù Cristo, che vi ha chiamati e costituiti Pastori del suo popolo in questo nostro tempo.

Il raduno di questi giorni sarà stato certamente anche un forte evento di grazia che ha favorito in voi una rinnovata adesione alla vostra identità. Un'occasione per ripensare a come "ravvivare il dono di Dio" che è in voi per l'imposizione delle mani, secondo l'esortazione dell'Apostolo Paolo a Timoteo, sotto la guida dello "Spirito di forza, di amore e di saggezza" (cfr 2Tm 1,6-7).

276 Miei cari Fratelli, voi siete i Vescovi dell'inizio del nuovo millennio! Certamente, viviamo in un mondo difficile e complesso. Lo attesta la serie di questioni che avete affrontato in questi giorni, nelle relazioni e nei dibattiti. Quello del Vescovo non è un ministero all'insegna del trionfalismo, ma piuttosto della Croce di Cristo. Con il sacramento dell'Ordine, infatti, voi siete stati più intimamente configurati a Cristo. Nessuna difficoltà deve turbarvi, perché Cristo è la nostra speranza (cfr 1Tm 1,1), Egli cammina accanto a noi ieri, oggi e sempre (cfr He 13,8). Egli è con noi, come Pastore supremo (cfr 1P 5,4). E' Lui che guida la sua Chiesa alla pienezza della verità e della vita.

3. Nel compiere il vostro ministero, ciò che vi deve animare è un grande spirito di servizio. Oggi più che mai il ruolo del Vescovo va inteso in termini di servizio. Il Decreto conciliare Christus Dominus ci ricorda: "Nell'esercizio del loro ufficio di padri e pastori, i Vescovi in mezzo ai loro fedeli si comportino come coloro che prestano servizio" (n. 16). Il Vescovo è servitore di tutti. Egli è al servizio di Dio e, per suo amore, anche degli uomini.

"Il Vescovo servitore del Vangelo, per la speranza del mondo": sarà questo il tema della X Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo del prossimo autunno, sulla vita e il ministero dei Vescovi.

Il Vescovo deve esercitare il suo ufficio e la sua autorità come un servizio all'unità e alla comunione. Come Vescovi, noi siamo chiamati a condurre il popolo di Dio sulle vie della santità; per questo dobbiamo guardare a Cristo come a nostro modello. Il successo del nostro ministero pastorale non può essere misurato in termini di organizzazione burocratica o di dati statistici: la santità ha altri criteri di misura.

Compito di un Vescovo è di essere "segno vivo di Gesù Cristo" (Lumen gentium LG 21), segno dell'amore di Cristo per ogni persona umana. La nostra efficacia nel mostrare Cristo al mondo dipende in gran parte dall'autenticità della nostra sequela di Cristo.

La santità personale è la condizione per la fruttuosità del nostro ministerocome Vescovi della Chiesa. E' la nostra unione con Gesù Cristo che determina la credibilità della nostra testimonianza al Vangelo e la soprannaturale efficacia della nostra attività e delle nostre iniziative. Noi possiamo proclamare con convinzione "le insondabili ricchezze di Cristo" (Ep 3,8) soltanto se manteniamo fede all'amore e all'amicizia con Cristo.

4. Voi, ancora freschi dell'ordinazione sacramentale, non mancherete di tornare spesso con la mente a quel momento commovente, ricordando il triplice "munus" che vi è stato affidato: essere maestri della fede mediante l'insegnamento di quella verità che avete ricevuto e che avete il compito di trasmettere con fedeltà; essere amministratori dei misteri di Dio per la santificazione delle anime; essere pastori e guide del Popolo di Dio, che Cristo si è acquistato con il suo sangue. Auspico di cuore che l'esperienza vissuta in questi giorni possa ravvivare in voi quello spirito di servizio che trova il suo modello in Cristo Buon Pastore.

5. Cari Vescovi, il servizio apostolico, lo sappiamo bene, porta con sé gioie e speranze, ma anche difficoltà, ansie ed enormi sfide pastorali. Ma voi non siete soli nel vostro ministero, perché siete uniti, come Successori degli Apostoli, con il Papa, Successore dell'Apostolo Pietro, e con tutti i membri del Collegio dei Vescovi, con tutti i Vescovi del mondo. Le immense sfide davanti alle quali ci troviamo sono anche grandi opportunità per l'ora presente.

Ripensando alla ricca esperienza dell'Anno Giubilare, che ha messo in risalto nel mondo un più grande bisogno di Cristo, vorrei riaffidare simbolicamente anche a voi la Lettera apostolica Novo millennio ineunte, che traccia le linee del cammino della Chiesa in questa nuova tappa della storia, proiettandone l'impegno verso nuovi traguardi apostolici.

Anche a voi ripeto: "Duc in altum" (cfr Lc 5,4), prendete con coraggio il largo con le vele spiegate al soffio dello Spirito Santo.

Da parte mia, vi abbraccio e vi assicuro un costante ricordo all'altare di Dio, perché rafforzi il vincolo spirituale che ci unisce. Insieme, continuiamo a lavorare con slancio rinnovato nell'edificazione del Regno di Dio, per la speranza del mondo. La vera misura del vostro successo consisterà in una più grande santità, in un servizio più amorevole verso coloro che sono nel bisogno, tutti aiutando "in caritate et veritate".

277 Affidiamo a Maria, Madre della Chiesa, i propositi maturati in questi giorni, perché vi sia vicina con la sua materna protezione e renda fecondo ogni vostro sforzo pastorale.

Con questi sentimenti, imparto di cuore a ciascuno di voi una speciale Benedizione Apostolica, che estendo volentieri alle Comunità affidate alle vostre cure pastorali.


ALLA CONGREGAZIONE


DELLE SUORE FRANCESCANE INSEGNANTI


DEL TERZ'ORDINE REGOLARE DI SAN FRANCESCO


Venerdì 6 luglio 2001

Carissime Sorelle!


1. Sono lieto di rivolgere il mio cordiale benvenuto a ciascuna di voi, convenute a Roma per il 18° Capitolo Generale della Congregazione delle Suore Francescane Insegnanti del Terz'Ordine Regolare di San Francesco. Un particolare pensiero indirizzo a Suor Lucetta Magik, Superiora Generale, e al Consiglio Generale.

Con questa visita al Successore di Pietro, da voi tanto desiderata, avete voluto testimoniare la vostra fedeltà al Vicario di Cristo e il vostro intento di affrontare con rinnovato entusiasmo le odierne sfide apostoliche. Quest'impegno risponde a una dimensione importante del vostro carisma, che da qualche anno vi ha condotto ad assumere una maggiore connotazione missionaria. Per recare il lieto annuncio del Vangelo, vi siete spinte fino a lontane regioni dell'Africa, delle Americhe e dell'Asia, come pure in Kazakhstan e in Kyrgyzstan. Colgo l'occasione per manifestare il mio sincero compiacimento per la generosità con la quale partecipate alla missione della Chiesa a servizio dei poveri e vi incoraggio a proseguire nell'opera iniziata, seguendo la tradizione francescana di vivere il Vangelo "sine glossa".

Fu con questo spirito che la Madre Francesca Antonia Lampel diede inizio alla vostra Famiglia religiosa a Graz, in Austria, nel 1843, e su questa scia continuò Madre Maria Giacinta Zahalka, con una nuova fondazione in Boemia. Esse arricchirono di un nuovo ramo il grande albero piantato dal Poverello di Assisi con questa vostra Congregazione tutta incentrata su Cristo, ascoltato nel Vangelo, celebrato e adorato nell'Eucaristia, servito negli ultimi. Ispirandosi all'essenzialità tipica del francescanesimo, la vostra Regola ruota intorno a quattro fondamentali cardini, rappresentati dalla penitenza, dalla preghiera contemplativa, dalla povertà e dalla minorità. Essa si specifica, altresì, attraverso l'attenzione ai grandi valori della semplicità e della fraternità, che vi rendono pronte ad andare incontro a ogni forma di povertà e a costruire la pace in ogni contesto sociale. Particolarmente illuminante circa il vostro stile missionario risulta una frase della vostra Fondatrice: "Io sono qui con Dio per voi". Opportunamente voi la ricordate spesso, perché vi stimoli a un'esistenza dedicata interamente al servizio del Signore e del prossimo.

2. Certo, oggi il vostro carisma specifico, costituito dalla missione educatrice, esige creatività e generosità per raggiungere le persone ovunque si trovino e promuovere il loro sviluppo integrale, educandole cristianamente.

La grazia del Grande Giubileo, con cui il Signore ha voluto preparare la Chiesa ad affrontare le sfide del nuovo millennio in una inedita stagione di evangelizzazione, spinge anche voi a scelte coraggiose, da realizzare con la saggezza dello scriba evangelico, che trae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche (cfr Mt 13,52).

Queste scelte esigono innanzitutto una profonda adesione a Cristo, nella consapevolezza che, come scrivevo nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte, "non una formula ci salverà, ma una Persona e la certezza che essa ci infonde: Io sono con voi" (n. 29). Cristo, "da conoscere, amare, imitare, per vivere in Lui la vita trinitaria e trasformare con lui la storia fino al compimento nella Gerusalemme celeste" (ibid.), deve essere il centro di ogni programma, di ogni strategia pastorale e di ogni "aggiornamento" della vita religiosa. Solo con Lui è possibile "prendere il largo" verso i nuovi orizzonti della storia e andare avanti con speranza, pur di fronte a problematiche e difficoltà talora apparentemente insuperabili.

Sì! Solo con lo sguardo fisso su Cristo, voi potrete anche oggi mettere a fuoco la vostra identità spirituale. E' questo in effetti il tema di approfondimento del vostro Capitolo Generale, che auguro apporti gli auspicati frutti religiosi e pastorali.

278 3. Confrontandovi con le molteplici attese e proposte che segnano la vostra quotidiana attività, abbiate sempre presente che ogni scelta e ogni programma rischia di non avere successo, se non nasce nel contesto di una ricerca individuale e comunitaria della santità. L'anelito verso la santità, "misura alta della vita cristiana ordinaria" (Ibid., 31), vi aiuterà a tradurre in gesti coerenti il vostro impegno per l'inculturazione del Vangelo, come pure a recare la pace nei diversi e complessi scenari nei quali operate, spesso dominati da logiche di violenza e di morte.

Perché, fedeli al vostro carisma francescano, possiate testimoniare il grande comandamento dell'Amore, vivendolo con gioia e perseverante pazienza, occorre che le vostre comunità e le vostre opere siano autentiche case e scuole di fraternità, dove la spiritualità della comunione emerga come stile di vita e fondamentale principio educativo. A tal fine, valorizzate l'apporto di tutte le Consorelle, anche di quelle anziane, portatrici di un notevole patrimonio di esperienza e di maturità.

Dalla vostra testimonianza e dalla vostra preghiera scaturirà, ne sono certo, la sperata fioritura di vocazioni, che darà nuova linfa e frutti abbondanti all'albero antico e fecondo del vostro Istituto. Non dimenticate soprattutto che la contemplazione e l'ascolto della Parola di Dio costituiscono la forza interiore di ogni attività apostolica e il cuore pulsante di una vita religiosa fervente ed equilibrata.

Nel vostro quotidiano impegno spirituale e missionario vi sia vicina, come maestra di fede e di speranza, la Vergine Maria. A Lei affido la vostra missione educativa, il vostro desiderio di servire i fratelli, come pure i lavori e i generosi propositi del Capitolo Generale che state celebrando.

Per intercessione di San Francesco e di santa Chiara d'Assisi, invoco dal Signore sulla Congregazione celesti doni di pace e di bene, mentre di cuore imparto a voi, alle vostre Consorelle e a quanti sono oggetto delle vostre cure pastorali una speciale Benedizione Apostolica.




ALLE SUORE ADORATRICI DEL SANTISSIMO SACRAMENTO


Venerdì, 6 Luglio 2001




Carissime Sorelle!

1. La provvida circostanza del XIV Capitolo Generale del vostro Istituto mi offre la gradita opportunità di porgervi un cordiale saluto, e di far giungere a tutte le vostre Consorelle un pensiero di grato apprezzamento per la testimonianza evangelica che date con la vostra attività.

Saluto, anzitutto, la Reverenda Suor Camilla Zani, Superiora Generale, e il Consiglio Generale, che l'ha coadiuvata nel governo della Famiglia religiosa nel trascorso periodo. Desidero, inoltre, inviare un affettuoso pensiero anche a quanti, nei vari campi di apostolato in cui la Congregazione è impegnata, beneficiano della generosa testimonianza delle Suore Adoratrici del Ss.mo Sacramento. Voi siete, infatti, presenti in diverse parti del mondo, dove, animate dal fuoco della carità, vi ponete al servizio del Corpo di Cristo, specialmente nelle sue membra più doloranti e bisognose.

Il ministero della misericordia nei confronti dei figli di Dio colpiti dalle "antiche" e "nuove" povertà è uno degli elementi qualificanti della presenza della Chiesa nel terzo millennio. Infatti, "stando alle inequivocabili parole del Vangelo, nella persona dei poveri c'è una presenza speciale [di Cristo] che impone alla Chiesa un'opzione preferenziale per loro" (Lett. ap. Novo millennio ineunte, 49). In questo spirito, assume significativa rilevanza la vostra decisione di impostare le riflessioni dell'assise capitolare sulla condivisione del pane, della Parola e della missione, secondo l'esempio di Cristo che, al vedere la folla affamata che lo seguiva, ne ebbe compassione (cfr Mc 8,1-9).

2. Come può, tuttavia, il discepolo del Signore rimanere fedele a questa vocazione, se non coltiva un permanente e quotidiano dialogo di amore con Lui nell'ascolto della Parola di Dio, nella preghiera e nella contemplazione?

279 Il carisma specifico che contraddistingue la vostra presenza nella Chiesa, secondo la consegna lasciatavi dal vostro Fondatore, è di adorare "con l'amore più ardente l'Augustissimo Sacramento" e di attingere "da esso la fiamma della carità verso il prossimo". Non si tratta soltanto di una traccia spirituale, ma di un preciso programma di vita. Nell'Eucaristia il cristiano giunge all'intimità spirituale più completa con il Signore della vita e, sorretto da Lui, si eleva alla contemplazione dell'amore nel mistero stesso della Santissima Trinità.

Quale sazietà dell'anima (cfr
Lc 9,17) si prova nelle intense ore trascorse in adorazione davanti al Signore della storia! Con tale coscienza eucaristica, il Beato Spinelli vi raccomandava: "Camminate nella carità; s'accenda finalmente il fuoco di carità nelle vostre anime, amatelo il vostro Dio e nulla, nulla mettete al pari o al di sopra di Lui" (Circ.32).

3. Auspico di cuore che le vostre comunità sappiano fare quotidiana memoria, davanti all'Eucaristia, di questa eredità lasciatavi dal vostro Fondatore. Così, irrobustite dalla potenza del Pane della vita, saprete mantener viva la fiamma della carità all'interno di ogni vostra Casa.

Sia la vostra vita, come lo fu quella del vostro Padre, costantemente scandita dall'amore a Cristo eucaristico, dal servizio al povero, icona di Cristo, e dalla pratica di un sempre generoso perdono, strumento di più intensa unione comunitaria. L'Eucaristia, memoriale perfetto del sacrificio di Cristo, sia il paradigma delle vostre esistenze personali.

4. Il Fondatore, come ben sapete, ebbe pure quale punto di riferimento spirituale il binomio "culla" e "croce". Al mistero di Betlemme e del Golgota egli si ispirò costantemente, soprattutto nei momenti tempestosi della sua esistenza, tanto da insegnarvi che "il presepio e il calvario sono la prima e l'ultima nota, la prima e l'ultima pagina di quel poema immenso, divino, ineffabile d'amore e di sacrificio, che è tutta la vita di Gesù Cristo" (Circ. 29).

Fate così anche voi e comunicate a quanti incontrate questo stesso ideale di santità. A tale proposito, come non apprezzare le opportunità di incontro e di dialogo che vi vengono offerte dalla cooperazione con i fedeli laici? Nell'Esortazione apostolica Vita consecrata osservavo che "oggi non pochi Istituti, spesso in forza delle nuove situazioni, sono pervenuti alla convinzione che il loro carisma può essere condiviso con i laici" (n. 54), specie di fronte alle sfide della modernità. E concludevo dicendo che "questi nuovi percorsi di comunione e di collaborazione meritano di essere incoraggiati" (n. 55), ferme restando la prudenza e la consapevolezza della distinzione delle vocazioni e dei compiti nella Chiesa.

5. Carissime Sorelle! Siate felici di avere scelto come scopo della vita il rimanere in intima unione con il Redentore. L'energia che ricevete dalla sosta prolungata in contemplazione dinanzi all'Eucaristia trasformi le vostre esistenze in quotidiana oblazione a Cristo.

Ad immagine di Maria, sappiate meditare nel vostro cuore il mistero del Figlio (cfr Lc 2,51) ed offrirne testimonianza a quanti la Provvidenza vi fa incontrare. L'esempio e l'intercessione del Beato Francesco Spinelli vi spronino ad unire il vostro sacrificio a quello di Gesù, affinché "il mondo abbia la vita e l'abbia in abbondanza" (Jn 10,10).

Vi accompagna in questo vostro sforzo diuturno la Benedizione, che di gran cuore imparto a voi qui presenti, alle vostre Consorelle e a tutti coloro ai quali si rivolgono le vostre cure apostoliche.




ALLE SUORE DELLA SACRA FAMIGLIA DI NAZARETH


Venerdì, 6 luglio 2001




Care Suore della Sacra Famiglia di Nazaret!

280 1. Vi saluto cordialmente in occasione di questo incontro, che si svolge durante il XXI° Capitolo Generale della vostra Congregazione. Uno speciale saluto rivolgo alla Madre Generale, Sr. Maria Teresa Jasionowicz.

Voi rappresentate le vostre otto province religiose, che abbracciano quindici Paesi, dove si svolge la vostra attività apostolica. Siete venute a Roma, nella Casa Generalizia e alle tombe dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, per riflettere con senso di responsabilità sulla situazione attuale della Congregazione e per predisporne il futuro. In questa prospettiva, intendete aggiornare le vostre Costituzioni e procedere all'elezione del nuovo Governo Generale.

2. Nel ‘Messaggio ai Consacrati’, da me rivolto alle comunità religiose, nel Santuario della Madonna di Czstochowa, il 4 giugno 1997, ho ricordato che ‘viviamo in tempi di caos, di smarrimento e di confusione spirituali, nei quali si avvertono varie tendenze liberali e laiciste; spesso si cancella apertamente Dio dalla vita sociale, (...) e, nella condotta morale degli uomini si infiltra un dannoso relativismo. Si diffonde l’indifferenza religiosa. La nuova evangelizzazione è un’impellente necessità del momento (...) la Chiesa attende da voi che vi dedichiate con tutte le vostre forze (...) per opporvi alla più grande tentazione dei nostri tempi, quella di rifiutare il Dio dell’Amore’.

Il mondo di oggi porta con sé numerose minacce. Ne fanno esperienza uomini e donne, coppie di sposi, giovani, bambini... La più minacciata, tuttavia, sembra essere la famiglia! Non ci si deve perdere d'animo. Più numerosi sono i pericoli, più grande è il bisogno di fede, di speranza, di carità, di preghiera e di testimonianza di vita cristiana. La vostra Congregazione vuol offrire una risposta evangelica alle inquietudini dell’uomo contemporaneo. Mi rallegro perché, durante i lavori capitolari, voi intendete rileggere il vostro carisma religioso nella prospettiva della nuova evangelizzazione.

3. La vostra Fondatrice, la beata Franciszka Siedliska, Maria di Gesù Buon Pastore, che mi è stato dato di proclamare Beata il 23 aprile 1989, indicò alla vostra Comunità, come modello di vita, la vita della Sacra Famiglia di Nazaret: giustamente vi invitò a rifarvi agli esempi di Gesù, Maria e Giuseppe. Ella amava qualificare l’incarnazione del Figlio di Dio e la vita nascosta di Gesù nel mistero della Sacra Famiglia come il regno dell'Amore divino.

Formando una comunità religiosa d’amore, aiutate le famiglie ad opporsi ‘alla più grande tentazione dei nostri tempi’, il rifiuto del Dio dell’Amore. Aiutate le famiglie ad aprirsi a Cristo! Ciò sarà possibile nella misura in cui la vostra vita di preghiera e la vostra testimonianza saranno filtrate in modo particolare dalla sollecitudine per la famiglia. Possano le famiglie, grazie al vostro servizio, ritrovare nella Famiglia di Nazaret il modello della propria vita e della propria condotta. Sia per voi di conforto l’esempio delle Beate vostre Consorelle, le undici Martiri di Nowogròdek, che durante la seconda guerra mondiale offrirono la loro vita per la liberazione dalla prigionia di alcuni padri di famiglia, abitanti in quella località. Esprimo la mia gioia di aver potuto elevarle alla gloria degli altari durante le celebrazioni del Grande Giubileo dell’Anno 2000, il 5 marzo. Che la testimonianza della vostra vita e la fedeltà al carisma sostengano l’opera di evangelizzazione e l’edificazione, nelle famiglie, del Regno dell’Amore di Dio.

4. Il tema dei lavori del vostro Capitolo Generale è: La legge dell’Amore come chiamata ad un totale dono di sé a Dio. Da molti anni state cercando di corrispondere a questa chiamata attraverso il vostro apostolato, nel quale vi sforzate di cooperare con Cristo e con la sua Chiesa. Rendete testimonianza alla legge dell’amore nelle vostre comunità, e specialmente nel servizio alle famiglie bisognose di sostegno spirituale e materiale, nei consultori e nella pastorale familiare, nel servizio zelante tra gli infermi, tra i portatori di handicap, nel lavoro parrocchiale, nelle scuole, nei centri di educazione, nella case per le madri sole, in mezzo agli indigenti e ai senzatetto, tra i bambini, tra le persone smarrite e indesiderate.

Colgo l’occasione del vostro Capitolo per esprimervi il mio vivo apprezzamento per questo apostolato dell’amore, che è il più efficace annuncio di Cristo al mondo dei nostri giorni e la concreta realizzazione del vostro carisma religioso. Affido a voi, care Sorelle qui convenute, questo Messaggio perché lo trasmettiate a tutta la comunità delle Suore. Prego il Signore perché le autorità della Congregazione, elette durante il Capitolo, accolgano, nello spirito delle sue indicazioni, le nuove sfide, in modo che il vostro carisma - il regno dell’Amore di Dio - brilli con uno splendore ancor maggiore nelle vostre comunità, nella Chiesa e nel mondo. Che esso rimanga il chiaro riflesso di quell'’Amore che ci ha visitato dall’alto’ (cfr. J 1, 8)!

5. Nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte ho rivolto a tutti i fedeli l’esortazione: Duc in altum - prendi il largo! Oggi con le stesse parole invito la vostra Comunità ‘a fare memoria grata del passato, a vivere con passione il presente, ad aprirvi con fiducia al futuro: ‘Gesù Cristo è lo stesso, ieri, oggi e sempre’’ (cfr. n° 1). Nello spirito di questa esortazione, prego Dio, affinché la grazia della vostra vocazione religiosa porti abbondanti frutti spirituali.

Di cuore imparto la Benedizione Apostolica alla Superiora Generale, alle partecipanti al Capitolo e all’intera comunità delle Suore della Sacra Famiglia di Nazaret.


GP2 Discorsi 2001 269