GP2 Discorsi 2001 287

287 Nell'invocare su di voi la costante protezione della Vergine Santissima, a tutti imparto di cuore la Benedizione Apostolica.

                                                                        Agosto 2001

PAROLE DI INTRODUZIONE DEL SANTO PADRE


ALLA CELEBRAZIONE EUCARISTICA NELLA FESTA


DELLA TRASFIGURAZIONE DEL SIGNORE


Lunedì, 6 agosto 2001




Carissimi Fratelli e Sorelle!

L'odierna solennità della Trasfigurazione assume per noi a Castel Gandolfo un tono intimo e familiare, da quando ventitré anni or sono il mio indimenticabile Predecessore, il Servo di Dio Paolo VI, concluse proprio qui, in questo Palazzo Apostolico, la sua esistenza terrena. Mentre la liturgia invitava a contemplare Cristo trasfigurato, egli terminava il suo cammino sulla terra ed entrava nell'eternità, dove il volto santo di Dio rifulge nel suo totale splendore. Questo giorno, pertanto, è legato alla sua memoria avvolta dal singolare mistero di luce che questa solennità diffonde.

Del mistero della Trasfigurazione il venerato Pontefice amava sottolineare anche un altro aspetto, quello "ecclesiale". Non perdeva occasione per mettere in rilievo che la Chiesa, Corpo di Cristo, partecipa per grazia del medesimo mistero del suo Capo. "Vorrei - così esortava i fedeli - che aveste la capacità di intravvedere nella Chiesa la luce che porta dentro, la capacità di vedere trasfigurata la Chiesa, di vedere cioè quello che il Concilio ha illustrato tanto chiaramente nei suoi documenti". "La Chiesa - aggiungeva - racchiude un mistero profondo, immenso, divino ... La Chiesa è il sacramento, il segno sensibile di una realtà nascosta che è la presenza di Dio tra noi" (Insegnamenti, X, 1972, p. 194).

Da queste parole traspare il suo straordinario amore per la Chiesa. Fu questa la grande passione di tutta la sua vita! Che Iddio conceda ad ognuno di noi di servire fedelmente, come lui, la Chiesa, chiamata oggi a una nuova coraggiosa evangelizzazione.

E' quanto chiederemo al Signore nel corso di questa Santa Eucaristia per intercessione di Maria, Madre della Chiesa e Stella della nuova evangelizzazione.

MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AL RETTORE GENERALE DELL'ORDINE DELLA MADRE DI DIO




Al Reverendissimo Padre

VINCENZO MOLINARO

Rettore Generale dell'Ordine della Madre di Dio

1. La felice ricorrenza del IV Centenario dell'affidamento della Chiesa di Santa Maria in Portico, nonché della venerata icona della Beata Vergine Maria Romanae Portus Securitatis - Porto della romana sicurezza, al Fondatore San Giovanni Leonardi ad opera del mio predecessore Clemente VIII, con il Breve Apud Sanctum Marcum del il 14 agosto 1601, costituisce per codesto Ordine motivo di speciale memoria ed esultanza. In tale circostanza, sono lieto di rivolgere a Lei, Reverendissimo Padre, ed all'intera Famiglia religiosa dei Chierici Regolari della Madre di Dio il mio beneaugurante saluto, unendomi spiritualmente al comune rendimento di grazie al Signore per gli innumerevoli doni celesti ricevuti a partire da quel memorabile evento.

288 L'evento era stato lungamente atteso dalla vostra nascente Famiglia spirituale, i cui membri "fecero voto alla Beata Vergine di voler digiunare nelle vigilie delle sue feste comandate, per un anno, sì come fecero" (C. Franciotti, Croniche della Congregatione de' Chierici Regolari della Madre di Dio fondata in Lucca l'anno 1574, in Archivio dei Chierici Regolari della Madre di Dio - Roma, Ms. Armadio A, parte 3, marzo 33, p. 474). Fu quello un momento importante, perché inserì il nuovo Ordine nel cuore della cattolicità e l'aprì a prospettive universali.

2. Il documento che sanciva la presenza dei Chierici Regolari della Madre di Dio in Roma sopraggiunse in un momento per loro particolarmente positivo. Dal 30 novembre 1597 al 9 aprile dell'anno successivo si svolse la visita apostolica all'Ordine voluta da Clemente VIII. I documenti del tempo riferiscono circa "il frutto che... ha cavato la nostra Congregazione" (G.B. Cioni, Lettera del 18 aprile 1598, copia n. 36, in Archivio dei Chierici Regolari della Madre di Dio - Roma) da tale Visita, la quale, attuando pienamente i desideri del Papa Clemente VIII, portò unità e chiarezza nell'indirizzo carismatico della piccola comunità, riconfermò la fiducia nei confronti del Fondatore e impresse alla Congregazione un più lungimirante slancio apostolico. Non secondario, rispetto a tali risultati, fu il desiderio di uscire da Lucca verso campi di apostolato più vasti e rispondenti alle esigenze dei tempi.

In tale contesto si fece sempre più insistente la richiesta al Fondatore da parte dei suoi figli spirituali perché, alla prima occasione, assumesse qualche ulteriore impegno in una chiesa romana. Vennero messi in atto tentativi che, anche se non riusciti, resero però manifesti a importanti personaggi della Curia il desiderio e, soprattutto, i meriti del Padre Giovanni Leonardi. Tra questi prese particolarmente a cuore la richiesta il Cardinal Benedetto Giustiniani, estimatore del Santo, che ne parlò ad alcuni alti Prelati, ottenendo l'immediata disponibilità del Cardinale Bartolomeo Cesi, nipote del Papa Innocenzo IX e titolare della Chiesa di Santa Maria in Portico e di quella dei Santi Quattro Coronati.

La presa di possesso della Chiesa parrocchiale di Santa Maria in Portico avvenne il 19 agosto 1601, ma la notizia dell'affidamento del tempio era giunta alla vigilia della Festa dell'Assunzione, mentre l'Ordine si apprestava a celebrare la celeste Patrona. Il Fondatore l'accolse con fede ed entusiasmo soprattutto perché vi lesse un segno di speciale predilezione della Vergine, che conduceva lui e i suoi figli dalla chiesetta di Santa Maria della Rosa in Lucca, dove era nata l'opera nel 1574, ad un Santuario ugualmente a Lei dedicato sulle rive del Tevere. Li impegnava così, come scriveva il Fondatore ai suoi Religiosi, a "corrispondere a tanto favore con fare alla Sposa Vergine di voi un presente spirituale promettendole di voler lassare una delle maggiori imperfettioni che avete, e poi temporalmente, sovvenendole in questo principio di cose comuni" (G. Leonardi, Lettera del 24 agosto 1601, in V. Pascucci, Lettere di un fondatore, p. 89).

3. Con l'arrivo dei Chierici Regolari dell'Ordine della Madre di Dio iniziò per Santa Maria in Portico un periodo di rinascita materiale e spirituale tale da far considerare San Giovanni Leonardi il terzo fondatore del Santuario, dopo i miei venerati predecessori Giovanni I e Gregorio VII.

In particolare, la presenza del Santo, che volle raccogliere già dal 1605 un breve compendio della storia e delle tradizioni sorte intorno al Santuario, divenne un punto significativo di riferimento e incrementò la devozione mariana, ponendo le fondamenta di quello che in seguito diventerà un centro di pietà, di studi e di ricerca mariologica.

Non mancarono difficoltà. Precarie erano, infatti, le condizioni strutturali del tempio e dei locali annessi, che si trovavano in uno stato di abbandono tale da apparire "cascina o capanna di pastori". Le inondazioni del Tevere provocavano una malsana umidità e pericolose infezioni che nel 1609 causarono la morte di non pochi religiosi, compreso lo stesso Fondatore. Ciò spinse l'Ordine, in occasione della Dieta riunita per eleggere il successore di san Giovanni Leonardi, pur ribadendo la volontà di rimanere in "quella chiesa di tanta devotione", a far presente la difficile situazione al Papa Paolo V, chiedendo "qualche altra ritirata per tenerci gli infermi e potersi vicendevolmente ricoverare nel tempo pericoloso" (A. Bernardini, Croniche, parte III, p. 6).

Alcuni anni dopo, il Pontefice Alessandro VII, riconoscendo che il sito nel quale era ubicata la Chiesa di Santa Maria in Portico era "troppo sequestrato dal commercio ed alquanto sordido e vile, ed insomma poco a proposito", volle innalzare in uno dei luoghi più belli e caratteristici di Roma il tempio di Santa Maria in Campitelli, presso il quale da più di tre secoli codesta Famiglia religiosa ha stabilito la propria Curia generalizia. Nel 1662, l'immagine della Madonna Romanae Portus Securitatis fu trasferita nella nuova Chiesa, che prese perciò il nome di Santa Maria in Portico in Campitelli.

4. Rendo grazie al Signore per il bene compiuto in questi quattro secoli dai membri dell'Ordine al servizio di questo Santuario mariano e della città di Roma. Auspico che le celebrazioni del IV Centenario dell'affidamento della Chiesa di Santa Maria in Portico suscitino in tutti un rinnovato slancio di santità e di servizio apostolico, in piena fedeltà al carisma dell'Istituto e in costante, amorevole discernimento dei segni dei tempi.

Ben volentieri mi unisco ai Chierici Regolari della Madre di Dio che, rendendo grazie per la protezione di Maria, "Porto della Romana Sicurezza", desiderano vivere tale evento come occasione per ripartire da Cristo, ponendo ogni programmazione nell'orizzonte della continua ricerca della santità, misura alta della vita cristiana. In particolare, li incoraggio perché, guidati e protetti dalla Madre di Gesù, si impegnino a fare di ogni comunità una scuola di comunione, di fraternità e di servizio. Siano, cioè, autentico «approdo» per quanti sono in cerca di verità, di pace interiore e di amore divino.

Memore della Visita pastorale, che ho potuto compiere il 29 aprile del 1984, e sull'esempio di tanti miei venerati predecessori, rinnovo l'affidamento alla celeste protezione di Maria dell'intero Ordine della Madre di Dio e dei devoti che quotidianamente frequentano codesto tempio a Lei dedicato.

289 Con tali sentimenti, spiritualmente presente alle celebrazioni giubilari, di cuore imparto a tutti l'implorata Benedizione Apostolica, propiziatrice di fervore, di pace e di ogni desiderato bene.

Dal Vaticano, 25 Luglio 2001

GIOVANNI PAOLO II


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE


AI GIOVANI RADUNATI A CZESTOCHOWA (POLONIA)


IN OCCASIONE DEL 10E ANNIVERSARIO


DELLA VI GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ




Cari giovani Amici!

In questi giorni mi reco spiritualmente in pellegrinaggio con voi a Czestochowa, a Jasna Góra. Con devozione mi inginocchio ai piedi della Madonna Nera accanto a ciascuno e ciascuna di voi. Ciascuno e ciascuna affido al Suo cuore materno.

Lo faccio come dieci anni fa quando, durante l'indimenticabile VI Giornata Mondiale della Gioventù, Jasna Góra ha vissuto un nuovo assedio. L’hanno assediata migliaia di giovani provenienti da tutto il mondo - dall’Ovest e per la prima volta dall’Est. Sono venuti per confessare ad una sola voce dal profondo del cuore: Maria, Regina Mundi! Maria, Mater Ecclesiae! Tibi adsumus! Maria, Regina del Mondo! Maria, Madre della Chiesa! Siamo vicini a Te, ci ricordiamo di Te, vegliamo! Questa triplice professione, che racchiude per così dire il mistero del cristianesimo e determina tutta la realtà della vita della fede, ci ha accompagnato in modo speciale in quei giorni. Oggi ad essa dobbiamo far ritorno.

"Io-Sono": ecco il nome di Dio. Dai tempi di Abramo Dio non cessa di rivelare questo nome, che costituisce il fondamento dell’Antica e della Nuova Alleanza. Questo nome significa non solo l'eterna esistenza di Dio, ma anche la sua presenza piena d’amore - presenza accanto all’uomo, in mezzo alle sue vicende quotidiane. "Io-Sono" si è manifestato in modo definitivo nella croce di Cristo. «L’"Io-Sono" divino dell’Alleanza – del Mistero pasquale – dell’Eucaristia». Ecco perché dieci anni fa i giovani radunati ai piedi di Jasna Góra hanno innalzato al centro dell’assemblea la croce. Volevano ricordarsi di quest’"Io-Sono", che racchiude in sé l’"io sono" d’ogni uomo. E’ così, perché «l’uomo è creato ad immagine e somiglianza di Dio, per poter esistere e poter dire al suo Creatore "io sono". In questo "io sono" umano vi è tutta la verità dell’esistenza e della coscienza. "Io sono" davanti a Te, che "Sei"». Permettete che ricordi le parole che ho rivolto ai giovani durante quell’incontro e che oggi sembrano essere ancora più attuali: «Il mondo che vi circonda, la civiltà moderna, ha influito molto a togliere quell’"Io-Sono" divino dalla consapevolezza dell’uomo. Egli è oggi impegnato a vivere così, come se Dio non esistesse. Questo è il suo programma. Se però Dio non c’è, tu, uomo, davvero potrai esserci? Siete venuti qui, cari Amici, per ritrovare e confermare fino in fondo questa identità umana: "io sono", dinanzi all’"Io-Sono" di Dio. Guardate la croce sulla quale il divino "Io-Sono" significa "Amore". Guardate la croce e non dimenticate! Il "sono vicino a te" rimanga la parola chiave dell’intera vostra vita».

"Mi ricordo". "L’uomo è davanti a Dio, rimane presso Dio mediante l’azione del ricordare. In tal modo egli conserva le parole di Dio e le grandi opere di Dio, meditandole nel suo cuore come Maria di Nazaret". Per essere viva, questa memoria deve continuamente ritornare alle fonti, alle parole e agli avvenimenti, per mezzo dei quali Dio ha rivelato e compiuto il suo disegno di salvezza. La verità sull’amore di Dio per l'uomo scritta nelle pagine della Bibbia non va dimenticata! Sapevano questo i giovani dieci anni or sono e per questo motivo ritornarono da Jasna Góra con il libro della Sacra Scrittura. Prendete anche voi, giovani del terzo millennio, questo sacro Libro, non cessate di rimanere in contatto intimo con il Vangelo, con la parola del Dio vivo. Conoscete sempre di più Cristo, per conoscere meglio anche voi stessi e per comprendere quale sia la vostra vocazione e la vostra dignità.

"Io veglio". "Vegliate, e pregate per non entrare in tentazione" (Mc 14,38). Quante volte Cristo ha ripetuto questa esortazione! Io veglio - "vuol dire: mi sforzo di essere un uomo di coscienza. Non soffoco questa coscienza e non la deformo; chiamo per nome il bene e il male, non li confondo; in me faccio crescere il bene e cerco di correggermi dal male, superandolo in me stesso". Io veglio - vuol dire anche: intravedo l’altro uomo, rendo sensibile la mia vista e il mio cuore ai suoi bisogni materiali e spirituali, con amore cerco di venirgli incontro.

Quando dieci anni fa i giovani provenienti da diversi paesi, ambienti e culture hanno meditato su che cosa significhi nella realtà di un credente la parola "veglio" e hanno cercato un comune modello di riferimento, l’intuizione giustamente li ha portato verso la madre. "Veglio" esprime infatti l’atteggiamento della madre. "La sua vita e la sua vocazione si esprimono nel vegliare. Essa veglia sull’uomo sin dai primi attimi del suo esistere". Ecco perché accanto alla croce ed alla Bibbia i giovani hanno messo un altro eloquente simbolo: l’icona della Madre di Dio. Hanno desiderato che l’icona di Maria rappresentasse, durante la Giornata della Gioventù, questo particolare materno vegliare che ha accompagnato la venuta al mondo del Figlio di Dio e la sua agonia sul Golgota, come pure la nascita della Chiesa nel giorno della Pentecoste. Hanno desiderato che l'immagine della Madre vegliante si incidesse profondamente nella memoria e nel cuore, e che formasse la loro vita. Anche oggi, stando davanti all’Icona di Jasna Góra, guardate gli occhi di Maria, leggete nella loro profondità la perfetta purezza del cuore, una pace della coscienza non turbata grazie ad un amore sempre fedele. Questo sguardo rimanga nelle vostre anime. Vi insegni sempre che cosa vuol dire "io veglio".

Con il ricordo della festa dei giovani a Czestochowa, che nella gioia e nella profonda preghiera abbiamo vissuto dieci anni or sono, vi trasmetto - cari Amici - il mio cordiale saluto, invitandovi ai futuri incontri della grande, internazionale comunità dei giovani testimoni di Cristo. Credo che questi incontri formeranno la vita personale di ognuno ed ognuna di voi, e contribuiranno anche a far sì che il mondo nel nuovo millennio sia più umano, sereno e pieno di pace.

Ancora una volta affido alla protezione della Madonna di Jasna Góra voi, i vostri genitori, i vostri pastori e tutta la gioventù polacca. Vi benedico di cuore.

290 Da Castel Gandolfo, 13 agosto 2001

GIOVANNI PAOLO II



AI PARTECIPANTI AL II MEETING INTERNAZIONALE


"GIOVANI VERSO ASSISI"


Sabato, 18 agosto 2001




1. Carissimi giovani partecipanti al secondo meeting internazionale "Giovani verso Assisi", benvenuti! Sono lieto di accogliervi e con gioia vi rivolgo il saluto evangelico a voi caro: "Il Signore vi dia pace"! Vi siete dati appuntamento da tante parti del mondo per approfondire insieme, nella semplicità dei luoghi francescani, la testimonianza di due campioni dello Spirito: san Francesco e santa Chiara d'Assisi.

Grazie per questa vostra gradita visita. Saluto in modo particolare il Ministro Generale dei Frati Minori Conventuali, Padre Joachim Anthony Giermek, e lo ringrazio per le parole che mi ha indirizzato a nome di tutti. Saluto i Frati e le Suore, che sono per voi guide nel sentiero della vita evangelica.

Il tema scelto per il vostro meeting internazionale è quello della gioia. E' un argomento di grande interesse e di grande attualità, perché di gioia autentica e duratura abbiamo tutti bisogno.

2. Il giovane Francesco era chiamato dagli amici il re delle feste per la sua disponibilità e per la sua generosità, per il suo fare brillante e simpatico. Umanamente poteva avere tanti motivi per essere felice, eppure qualcosa gli mancava. Abbandonò tutto quando trovò quel che più gli era necessario. Incontrò Cristo e scoprì la vera felicità. Comprese che si può essere felici solo donando la vita per un ideale, costruendo qualcosa di duraturo alla luce dei consigli esigenti del Vangelo.

Cari giovani, molti falsi maestri indicano vie pericolose che portano a gioie e soddisfazioni effimere. Si registra oggi in molte manifestazioni della cultura dominante tanta indifferenza e superficialità. Voi, cari giovani, imitando Francesco e Chiara, rifiutate di svendere i vostri sogni! Sognate, ma nella libertà! Progettate, ma nella verità!

Anche a voi il Signore chiede: "A chi volete andare dietro?". Rispondete con l'apostolo Pietro: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna!" (Jn 6,68). Dio solo è l'orizzonte infinito della vostra esistenza. Più lo conoscerete e più scoprirete che Lui soltanto è amore e sorgente inesauribile di gioia.

Ma per entrare e restare in contatto con Dio è indispensabile stabilire con Lui un rapporto profondo nella preghiera. Quando è autentica, la preghiera dissemina l'energia divina in ogni ambito e momento della vita. Ci fa vivere in maniera nuova. Non è forse la preghiera che fece di Francesco un uomo nuovo e di Chiara una sorgente di luce?

3. Voi siete di Dio e Dio è vostro! La consapevolezza di appartenere a Dio vi renderà, come Francesco e Chiara, creature pacificate dalla sua presenza: "L'amore di Dio rende felici, - scrive santa Chiara in una sua lettera - la soavità di lui pervade tutta l'anima, che è la più degna fra tutte le creature, è resa dalla grazia di Dio più grande del cielo. Mentre, infatti, i cieli con tutte le altre cose create non possono contenere il Creatore, l'anima fedele invece, ed essa sola, è sua dimora e soggiorno" (FF 2901; 2892).

L'anima è più grande del cielo! Avendo compreso questa intima realtà spirituale, Francesco e Chiara non esitarono a correre verso la vetta della santità. La santità non è una sorta di percorso ascetico straordinario, praticabile solo da alcuni «geni», ma, come ho ricordato nella recente Lettera apostolica Novo millennio ineunte, è la «misura alta» della vita cristiana ordinaria (cfr n. 31). Santità è fare qualcosa di bello ogni giorno per Dio, ma anche riconoscere ciò che Lui ha fatto e continua a compiere in noi e per noi. Siate santi, giovani carissimi, perché la mancanza di santità è ciò che rende triste il mondo! I santi a cui voi vi ispirate continuano ad esercitare un fascino straordinario, perché hanno dedicato senza sosta la loro esistenza a Cristo. E, senza volerlo, hanno dato origine a un "rivoluzionario" stile evangelico, che continua ancor oggi ad affascinare tanti giovani, e non solo giovani. Pure voi siete stati presi dal fascino della loro testimonianza e la vostra presenza a questo meeting sottolinea il vostro desiderio di imitarli fedelmente.

291 4. Francesco e Chiara divennero fratello e sorella di ogni essere umano. E non solo, ma di tutte le creature animate e inanimate. Nel contemplare la natura, lo sguardo si riempie di gioia allorché Francesco scopre che tutto gli parla di Dio, ed esclama nel Cantico di frate sole: tutto "... de Te, Altissimo, porta significatione" (FF 263).

Carissimi giovani, imparate anche voi a guardare il prossimo e il creato con gli occhi di Dio. Rispettate principalmente il suo vertice, che è la persona umana. Alla scuola di così validi maestri, apprendete l'uso sobrio e attento dei beni. Adoperatevi perché essi siano meglio distribuiti e condivisi, nel pieno rispetto dei diritti di ogni persona. Leggendo il grande libro della creazione, si apra il vostro spirito alla lode riconoscente verso il Creatore.

5. Come Chiara e Francesco, imparate a far costante ricorso all'aiuto divino. Essi ripetono a ciascuno di voi: "Riponi la tua fiducia nel Signore ed egli avrà cura di te" (FF 367). Sì, cari ragazzi e ragazze, abbiate fiducia in Dio! Imitate Francesco e Chiara anche nel loro filiale affidamento alla Madonna, e cercate in Lei calore e protezione. Stringetevi a Maria, Madre dolcissima, che da secoli la Chiesa invoca come causa della nostra gioia. Sarà motivo di gioia anche per voi, perché Maria è per tutti madre premurosa!

Con questo augurio vi assicuro il mio ricordo nella preghiera e di cuore tutti vi benedico.



MESSAGGIO INVIATO DAL CARDINALE SODANO


A NOME DEL SANTO PADRE A MONS. MARIANO DE NICOLÒ,


VESCOVO DI RIMINI, IN OCCASIONE DEL


22° MEETING PER L'AMICIZIA TRA I POPOLI




Eccellenza Reverendissima,

Sua Santità, accogliendo la domanda rivoltaGli dagli organizzatori, invia il Suo beneaugurante pensiero ai promotori e ai partecipanti al Meeting per l'amicizia tra i popoli, giunto ormai alla sua XXII edizione. Egli incarica Vostra Eccellenza di farsi interprete con loro dei Suoi sentimenti e del Suo vivo apprezzamento per questa provvida iniziativa culturale e religiosa.

"Tutta la vita chiede l'eternità": la frase, posta come titolo all'interessante Convegno, compendia in modo suggestivo i temi su cui si intende attirare l'attenzione. L'idea coglie ed esprime un aspetto centrale della natura dell'uomo e cioè la sete di pienezza di vita che l'abita. L'essere umano, quando si ferma a riflettere, non può non avvertire la sua esistenza come troppo breve, segnata dal dolore e dal limite, esperienze che gli ricordano la sua incapacità a realizzarsi compiutamente e a ottenere con le sole sue forze ciò per cui si sente fatto. Ecco, dunque, questo grido, cui gli spiriti più acuti hanno dato voce con drammatica intensità in tutte le epoche della storia; ecco l'implorazione di eternità, che sgorga dal più intimo della nostra esperienza di umani viandanti verso l'eternità.

"Tutta la vita chiede l'eternità". Mentre stimola in profondità il cuore dell'uomo, il tema del Meeting di quest'anno interpella con efficacia la mentalità attuale, richiamando le questioni nodali oggi dibattute. Sono questioni che, mediante i mezzi di comunicazione e attraverso l'attività legislativa di molti Stati, sono destinate a interessare sempre maggiormente l'opinione pubblica. Basti pensare alle aspettative suscitate dai progressi delle scoperte scientifiche nel campo dell'ingegneria genetica e alle problematiche non risolte che accompagnano tali sviluppi. Di ciò si discute appassionatamente a più livelli nella prospettiva che sia presto possibile dotarsi degli strumenti necessari per assicurarsi un prolungamento dell'esistenza, eliminando il dolore, la malattia, l'imperfezione fisica.

Si potrebbe, in proposito, osservare il verificarsi di un paradosso: quello della vita che nega l'eternità. Da un lato, in effetti, quando la scienza viene usata come strumento che tende a non riconoscere altre limitazioni se non quelle da essa stessa fissate, l'uomo è spinto ad atteggiarsi quale padrone assoluto della realtà. La ricerca di una vita "compiuta", priva cioè delle limitazioni che la connotano, viene ad essere accompagnata di fatto, implicitamente o dichiaratamente, da un rifiuto della trascendenza.

Questo paradosso ha le sue radici in una visione che esclude ogni intervento divino nella natura e nella storia. Si tratta di una concezione del mondo ben diversa da quella ebraica e cristiana. Secondo quest'ultima, Dio non è separato dal mondo, non è confinato in una "eternità" di impassibile indifferenza, ma interviene nelle vicende dell'universo. Egli si interessa a ciò che l'uomo vive, dialoga con lui, si prende cura di lui. Tutto ciò è testimoniato dalla storia di Israele, lungo cammino di maturazione di questo rapporto, e giunge alla sua totale realizzazione in Gesù, "nato da donna" (cfr Ga 2,20), per condurre ogni uomo e tutto l'uomo alla salvezza.

L'eternità non è, allora, una semplice a-temporalità, descrivibile in termini puramente negativi, come ciò che ha le caratteristiche opposte a quelle della realtà temporale. Lo spirito umano non chiede che l'istante presente sia indefinitamente prolungato, ma aspira a un amore in cui non ci sia posto per la paura di perdere l'Amato. Se il limite della vita terrena è ineliminabile, nonostante il contributo ancora grande che la scienza può offrire all'alleviamento delle sofferenze e del dolore degli uomini, allora l'umana creatura ha bisogno, dentro il limite, di fare esperienza reale della compagnia dell'Eterno.

292 Chi incontrò Gesù sulle strade della Palestina, trovò in Lui la risposta a tali interrogativi esistenziali. Per questo i discepoli del Nazareno percorsero il mondo proclamando, guidati dallo Spirito Santo, che solo Cristo aveva parole di vita eterna. Il loro annuncio attraverso i secoli è giunto a noi, continuando ad affascinare uomini e donne di ogni condizione. Nell'annuncio del discepolo è Cristo stesso che offre a chi gli apre il proprio cuore la possibilità di penetrare il senso dell'esistenza fuggevole e di sondare il mistero dell'eternità.

L'auspicio del Santo Padre è che il prossimo Meeting, con le sue molteplici attività, contribuisca a porre in evidenza un aspetto importante dell'esistenza, ben sintetizzato dal lemma "Tutta la vita chiede l'eternità". Augura altresì che i giorni del Congresso siano occasione propizia di approfondimento della fede cristiana e proficua palestra di dialogo con la cultura contemporanea. A tal fine, Sua Santità assicura un particolare ricordo nella preghiera e invia a Vostra Eccellenza, ai promotori, agli organizzatori e ai partecipanti tutti una speciale Benedizione Apostolica.

Unisco i miei personali auguri di pieno successo per il Meeting e profitto della circostanza per confermarmi con sensi di distinto ossequio
Suo dev.mo in Domino

Angelo Card. Sodano

Segretario di Stato




MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AL SUPERIORE GENERALE DELLA CONGREGAZIONE


DEI FIGLI DELL'AMORE MISERICORDIOSO




Al Reverendissimo Padre

MAXIMIANO LUCAS

Superiore Generale della Congregazione
dei Figli dell'Amore Misericordioso

1. Con gioia ho appreso che la vostra Famiglia religiosa celebra quest'anno il 50° anniversario di fondazione e ben volentieri mi unisco all'azione di grazie che elevate al Signore in così felice circostanza.

Cinquant'anni fa, la Serva di Dio Madre Speranza Alhama Valera, ispirata dal Signore, diede vita al vostro Istituto. Ricordando con emozione quel giorno, da tutti voi, cari Figli dell'Amore Misericordioso, s'eleva una corale lode a Dio onnipotente. Memori dell'insegnamento della venerata Fondatrice, voi ringraziate Colui "che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo" (Ep 1,3). Al tempo stesso, uniti in un sol cuore, intendete rinnovare la vostra filiale adesione al Magistero del Successore di Pietro.

293 2. Questa significativa ricorrenza, oltre a rendere grazie a Dio, vi offre l'opportunità di meditare sullo specifico carisma che vi contraddistingue. E' quanto volete fare con il Convegno che si svolge in questi giorni a Collevalenza sul tema: "I Figli dell'Amore Misericordioso e la fraternità sacerdotale". Questo tema, che ben pone in luce la vostra missione e il vostro servizio ai sacerdoti, vi spinge ad essere dappertutto intrepidi e infaticabili apostoli della misericordia divina.

Vi auguro pertanto, con le parole dell'apostolo Paolo, "che il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l'ampiezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità, e conoscere l'amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza" (
Ep 3,17-19). E' il suo amore, infatti, che dovete diffondere; è la sua grazia che siete chiamati a comunicare con ogni mezzo a vostra disposizione.

"Dio ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo" (Ep 2,4-6). Tornate spesso a queste parole dell'apostolo Paolo agli Efesini. La vita di un sacerdote è "mistero di misericordia". E' quanto ho voluto ricordare nella Lettera che, in occasione del Giovedì Santo di quest'anno, ho inviato ai sacerdoti del mondo intero.

Pur se la mentalità contemporanea, più che in passato, sembra voler emarginare dalla vita e distogliere dal cuore dell'uomo l'idea stessa della misericordia, occorre proclamare senza sosta l'assoluta gratuità con cui Dio ci ha scelti e ci ama. "Misericordia - osservavo nella citata Lettera ai Sacerdoti - è la condiscendenza con cui ci chiama ad operare come suoi rappresentanti... è il perdono che Egli mai ci rifiuta" (n. 6).

3. Ricordo con commozione il pellegrinaggio che ho avuto la gioia di effettuare al santuario dell'Amore Misericordioso di Collevalenza, venti anni or sono. Fu quello il mio primo viaggio apostolico dopo l'incidente del 13 maggio in Piazza San Pietro. Ritorno ora in spirituale pellegrinaggio a Collevalenza, dove la vostra Comunità si riunisce per le celebrazioni giubilari. Mi inginocchio insieme a voi e contemplo il grande e suggestivo Crocifisso, dinanzi al quale tanti pellegrini sostano in preghiera.

Dal Cuore trafitto del Redentore sgorga la sorgente infinita dell'amore misericordioso. Dio è "ricco di misericordia": la vostra esistenza sia tutta un canto a questo sublime mistero di salvezza. Fate sentire a quanti incontrate nel vostro quotidiano apostolato che il Padre celeste è sempre "particolarmente vicino all'uomo, soprattutto quando questi soffre, quando viene minacciato nel nucleo stesso della sua esistenza e della sua dignità" (Dives in misericordia DM 2).

Sì! Accogliete e diffondete l'amore del Signore, amore che tutto comprende e rinnova; amore che abbraccia ogni uomo e tutto l'uomo; amore che cambia la tristezza in gioia, le tenebre in luce, la morte in vita. In un mondo segnato dalla solitudine e dall'angoscia, a voi è chiesto di far risplendere la verità e il calore dell'Amore divino, fonte di pace e di speranza.

4. Carissimi Figli dell'Amore Misericordioso! Cinquant'anni per un Istituto religioso non sono tanti, ma costituiscono un significativo traguardo. In questi giorni, voi opportunamente tornate con la mente alle origini, per proiettarvi con più generoso slancio verso l'avvenire. La Chiesa conta su di voi! All'alba di un nuovo millennio, vi chiede di prendere il largo con fiducia, mantenendo fisso lo sguardo su Cristo.

Vi sia accanto e vi sostenga la Madre del Verbo fatto Uomo. A Lei, che nella sua totale disponibilità è stata "la serva del Signore" (Lc 1,38) e ha fatto della sua esistenza un canto di lode e di benedizione alla tenerezza immensa di Dio, ricorrete con quella devota fiducia che contraddistingueva la vostra indimenticabile Fondatrice.

Quanto a me, vi assicuro la mia preghiera, mentre con affetto benedico Lei, Reverendissimo Padre, i membri dell'Istituto e quanti fanno parte della vostra famiglia spirituale.

Da Castel Gandolfo, 11 Agosto 2001


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