GP2 Discorsi 2002 116

IOANNES PAULUS II



AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DI NIGERIA


IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM"


Martedì, 30 aprile 2002




117 Cari Fratelli nell'Episcopato,

1. È una grande gioia per me accogliervi, membri del secondo gruppo di Vescovi nigeriani, in occasione della vostra visita ad limina Apostolorum: "Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo" (
Rm 1,7). L'antica pratica di "venire a vedere Pietro" è una reminiscenza della visita dell'Apostolo Paolo a Gerusalemme, del trascorrere del tempo con Cefa (cfr Ga 1,18) che il Signore aveva costituito come "pietra" sulla quale avrebbe edificato la sua Chiesa.

Nell'abbraccio fraterno di Pietro e di Paolo la prima comunità cristiana riconobbe i convertiti Gentili di Paolo come fratelli e sorelle autentici nella fede, e nel racconto di Paolo dell'abbondante dono di grazia su quei nuovi credenti l'intera comunità trovò motivi ancor più profondi per rendere lode all'infinita misericordia di Dio (cfr seg.). Parimenti, la nostra riunione di oggi riafferma la comunione delle vostre Chiese particolari vibranti e feconde con il Successore di Pietro e con la Chiesa universale, e insieme rendiamo grazie per la vita e la testimonianza dei sacerdoti, dei religiosi e dei laici del vostro Paese, che servono il Signore in fedeltà e gratitudine.

Ho già condiviso con il primo gruppo di Vescovi nigeriani alcune riflessioni e preoccupazioni suscitate dai vostri resoconti sulla situazione specifica della Chiesa nel vostro Paese. Ora, offro ulteriori spunti di riflessione a voi che avete l'incarico nelle vostre comunità locali di "insegnare, di santificare e di governare" (Christus Dominus CD 11).

2. Condivido la vostra preoccupazione pastorale per lo sviluppo pacifico dei vostri popoli, non solo in termini di progresso materiale, ma anche e in particolare, in relazione a un'autentica libertà politica, all'armonia etnica e al rispetto dei diritti dei cittadini. Dovete porvi le seguenti domande: In che modo può incarnarsi il Vangelo in queste nuove circostanze? In che modo la Chiesa e i singoli cristiani possono affrontare nel migliore dei modi le urgenti questioni implicite nell'edificazione di un futuro migliore per se stessi e per i propri figli?

Possiamo trovare una risposta negli obiettivi che cinque anni fa vi siete prefissi nel Piano Pastorale Nazionale per la Nigeria. In quell'ampio programma elaborato dalla vostra Commissione Episcopale sulla Missione, due vasti temi spiegano quella che considerate come la missione pastorale della Chiesa in Nigeria nel terzo millennio cristiano: la nuova evangelizzazione e le responsabilità della Chiesa nella società civile. È in questo duplice contesto che siete riusciti a inserire virtualmente tutti i vostri obiettivi volti alla trasformazione dell'umanità dal di dentro, al rinnovamento dell'innocenza del cuore delle persone e, come raccomandato dall'Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi, all'edificazione della Chiesa come famiglia. È quest'ultimo elemento la chiave dei primi due: come hanno riconosciuto i Padri sinodali, la Chiesa come famiglia di Dio, "è un'espressione della natura della Chiesa particolarmente adatta per l'Africa. L'immagine pone, in effetti, l'accento sulla premura per l'altro, sulla solidarietà, sul calore delle relazioni, sull'accoglienza, il dialogo e la fiducia" (Ecclesia in Africa, n. 63). Infatti, quando l'annuncio e la catechesi riescono a edificare la Chiesa come famiglia, tutta la società ne beneficia: l'armonia fra diversi gruppi etnici riceve una solida base, si evita l'etnocentrismo e si incoraggiano la riconciliazione, una maggiore solidarietà e la condivisione delle risorse fra le persone, la vita sociale si impregna sempre più della consapevolezza dei doveri che derivano dal rispetto per la dignità di ogni essere umano, dono di Dio.

3. La missione della Chiesa in Nigeria, come ovunque del resto, deriva dalla sua stessa natura di sacramento di unione con Dio e dell'unità di tutti i membri della famiglia umana (cfr Lumen gentium LG 1). Proprio come in una famiglia la pace e l'armonia devono essere costantemente edificate, così anche nella Chiesa le differenze non devono essere considerate motivo di conflitto o tensione, ma fonte di forza e unità nella legittima diversità. La pace, l'armonia, l'unità, la generosità e la cooperazione non sono forse i segni di una famiglia forte e sana?

Questi devono essere i tratti distintivi di tutti i rapporti all'interno della Chiesa. "Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli" (Mt 5,16).

Parimenti, l'onestà e l'apertura al dialogo costituiscono un atteggiamento cristiano necessario sia all'interno della comunità sia all'esterno, verso altri credenti e verso uomini e donne di buona volontà. Una comprensione errata o incompleta dell'inculturazione o dell'ecumenismo, tuttavia, non deve compromettere il dovere di evangelizzare, che è un elemento essenziale dell'identità cattolica. La Chiesa, pur mostrando grande rispetto e stima per le religioni non cristiane professate da molti africani, non può non avvertire l'urgenza di portare la Buona Novella a milioni di persone che non hanno ancora udito il messaggio salvifico di Cristo. Come ha scritto Papa Paolo VI nella Evangelii nuntiandi: "Essa pensa che queste moltitudini hanno il diritto di conoscere la ricchezza del mistero di Cristo (cfr Ep 3,8), nella quale noi crediamo che tutta l'umanità può trovare, in una pienezza insospettabile, tutto ciò che essa cerca a tentoni su Dio, sull'uomo e sul suo destino, sulla vita e sulla morte, sulla verità" (n. 53)

4. Inoltre, l'evangelizzazione e lo sviluppo umano integrale, lo sviluppo di ogni persona e di tutta la persona, sono intimamente legati. Il Concilio Vaticano II, nella sua Costituzione Pastorale sulla Chiesa nel Mondo Moderno, lo spiega molto bene: "La Chiesa, certo, perseguendo il suo proprio fine di salvezza, non solo comunica all'uomo la vita divina, ma anche diffonde la sua luce con ripercussione, in qualche modo, su tutto il mondo, soprattutto per il fatto che risana ed eleva la dignità della persona umana, consolida la compagine della umana società, e immette nel lavoro quotidiano degli uomini un più profondo senso e significato. Così la Chiesa, con i singoli suoi membri e con tutta intera la sua comunità, crede di poter contribuire molto a rendere più umana la famiglia degli uomini e la sua storia" (Gaudium et spes GS 40). Infatti, è nell'incarnazione del Verbo di Dio che la storia umana trova il suo significato autentico. È Gesù Cristo, il Redentore dell'umanità, il fondamento della ripristinata dignità umana. Per questo motivo annunciare Gesù Cristo significa rivelare alle persone la loro dignità inalienabile: "Ma poiché la Chiesa ha ricevuto l'incarico di manifestare il mistero di Dio, il quale è il fine ultimo personale dell'uomo, essa al tempo stesso svela all'uomo il senso della sua propria esistenza, vale a dire la verità profonda sull'uomo" (ibidem n. 41).

Proprio perché le persone hanno ricevuto una straordinaria dignità, non dovrebbero essere ridotte a vivere in condizioni politiche, culturali, economiche e sociali infra-umane. Questa è la base teologica della lotta per la difesa della giustizia e della pace sociale, per la promozione, la liberazione e lo sviluppo umano integrale di tutte le persone e di ogni individuo. Quindi, i Padri dell'Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi hanno giustamente osservato che "lo sviluppo integrale suppone il rispetto della dignità umana, la quale non può realizzarsi che nella giustizia e nella pace" (Ecclesia in Africa, n. 69).

118 5. Questo legame fra evangelizzazione e sviluppo umano spiega la presenza della Chiesa nella sfera sociale, nell'arena della vita pubblica e sociale. Seguendo l'esempio del suo Signore, essa esercita il suo ruolo profetico a nome di tutte le persone, in particolare dei poveri, dei sofferenti, degli indifesi.

Essa diviene la voce di chi non ha voce, insistendo sul fatto che la dignità della persona umana dovrebbe essere sempre al centro dei programmi locali, nazionali e internazionali. Essa "interpella la coscienza dei capi di Stato e dei responsabili della cosa pubblica, perché garantiscano sempre più la liberazione e lo sviluppo delle loro popolazioni" (Ibidem, n. 70).

L'annunzio della Buona Novella, quindi, implica la promozione di iniziative che contribuiscano allo sviluppo e alla nobilitazione delle persone nella loro esistenza materiale e spirituale. Denuncia anche e combatte tutto ciò che degrada o distrugge la persona umana.

"All'esercizio del ministero dell'evangelizzazione in campo sociale, che è un aspetto della funzione profetica della Chiesa, appartiene pure la denuncia dei mali e delle ingiustizie. Ma conviene chiarire che l'annuncio è sempre più importante della denuncia" (Sollicitudo rei socialis
SRS 41). Quindi, come Pastori di anime dovete predicare il Vangelo in modo positivo, sempre, in ogni occasione opportuna e non opportuna (cfr 2Tm 4,2), per edificare la Famiglia di Dio che è la Chiesa, in carità e in verità, e per servire l'intera famiglia dell'uomo poiché aspira a una giustizia, a una libertà e a una pace più grandi.

6. Cari Fratelli, queste sono alcune riflessioni suscitate dalla vostra visita sulle tombe degli Apostoli e che ho voluto aggiungere ai commenti già fatti in occasione della visita del primo gruppo di Vescovi nigeriani. Ho fiducia nel fatto che il vostro pellegrinaggio doni nuova forza al vostro ministero, che non vi stanchiate mai di predicare la Parola di Dio, celebrando i Sacramenti, guidando il gregge affidato alla vostra sollecitudine e cercando quanti si sono allontanati o non hanno ancora udito la voce del Signore. La Chiesa in Nigeria resta sempre vicina al mio cuore: prego affinché la gioia della Resurrezione del Signore e i doni di saggezza e di coraggio dello Spirito divengano sempre più visibili nella vita dei membri del vostro popolo, affinché possano essere veramente "figli generosi della Chiesa, che è famiglia del Padre, Fraternità del Figlio, Immagine della Trinità" (Ecclesia in Africa, n. 144). Affidando voi, i sacerdoti, i religiosi e i laici all'amorevole protezione di Maria, Regina d'Africa, e all'intercessione del vostro amato Cyprian Michael Iwene Tansi, imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica quale pegno di grazia e di comunione nel nostro Signore Gesù Cristo.

Maggio 2002



AI PARTECIPANTI ALL’ASSEMBLEA PLENARIA


DEL PONTIFICIO CONSIGLIO


PER LA PASTORALE DELLA SALUTE


Giovedì, 2 maggio 2002




Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Sono particolarmente lieto di questo nostro incontro, in occasione dell'Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, nel corso della quale vi proponete di studiare e delineare un nuovo piano di lavoro per i prossimi cinque anni.

Saluto il Presidente del Dicastero, l'Arcivescovo Mons. Javier Lozano Barragán, e lo ringrazio per le cordiali parole rivoltemi per interpretare i comuni sentimenti dei presenti. Il mio saluto si estende ai Signori Cardinali ed ai venerati Fratelli nell'Episcopato, Membri del Pontificio Consiglio, ai Consultori ed Esperti, al Segretario, al Sottosegretario, nonché agli Officiali sacerdoti, religiosi e laici. Tutti vi ringrazio, carissimi, per il prezioso aiuto che mi date, in un ambito così qualificato della testimonianza evangelica.

2. La mole di lavoro svolto dal vostro Dicastero, in questi diciassette anni dalla sua istituzione, conferma quanto è necessario che, tra gli organismi della Santa Sede, ve ne sia uno specificamente deputato a manifestare "la sollecitudine della Chiesa per gli infermi, aiutando coloro che svolgono il servizio verso i malati ed i sofferenti, affinché l'apostolato della misericordia, a cui attendono, risponda sempre meglio alle nuove esigenze" (Cost. ap. Pastor Bonus, art. 152).

119 Rendiamo grazie al Signore per l'ampia e articolata attività pastorale che si compie a livello mondiale nel campo della sanità con lo stimolo e il sostegno del vostro Dicastero. Vi incoraggio tutti a proseguire con ardore e fiducia in tale cammino, pronti a offrire agli uomini del nostro tempo il Vangelo della misericordia e della speranza.

3. Prendendo lo spunto dalla Lettera apostolica Novo millennio ineunte, la vostra Assemblea si pone come obiettivo quello di riflettere su come meglio mostrare il Volto di Cristo dolente e glorioso, illuminando con il Vangelo il mondo della salute, della sofferenza e della malattia, santificando il malato e gli operatori della salute, e promuovendo il coordinamento della pastorale della salute nella Chiesa.

In questo tempo pasquale noi contempliamo il Volto glorioso di Gesù, dopo averne meditato, specialmente nella Settimana Santa, il Volto dolente. Sono due dimensioni nelle quali si trova il nocciolo del Vangelo e del ministero pastorale della Chiesa.

Ho scritto nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte che Gesù, "mentre si identifica col nostro peccato, «abbandonato» dal Padre, si «abbandona» nelle mani del Padre"; in questo modo vive "insieme l'unione profonda col Padre, di sua natura fonte di gioia e di beatitudine, e l'agonia fino al grido dell'abbandono" (n. 26).

Nel Volto dolente del Venerdì Santo è nascosta la vita di Dio offerta per la salvezza del mondo. Mediante il Crocifisso, la nostra contemplazione deve aprirsi al Risorto. Confortata da questa esperienza, la Chiesa è sempre pronta a riprendere il suo cammino per annunciare Cristo al mondo.

4. La vostra attuale Assemblea Plenaria pone a fuoco programmi che mirano ad illuminare con la luce del Volto dolente e glorioso di Cristo l'intero universo della sanità. E' decisivo approfondire la riflessione sulle tematiche attinenti alla salute, alla malattia e alla sofferenza in tale prospettiva, lasciandosi guidare da una concezione della persona umana e del suo destino fedele al piano salvifico di Dio.

Le nuove frontiere aperte dal progresso delle scienze della vita, e le applicazioni che ne derivano, hanno posto un potere e una responsabilità enormi nelle mani dell'uomo. Se prevarrà la cultura della morte, se nel campo della medicina e della ricerca biomedica gli uomini si lasceranno condizionare da scelte egoistiche o da ambizioni prometeiche, sarà inevitabile che la dignità umana e la vita stessa siano pericolosamente minacciate. Se, al contrario, il lavoro in questo importante settore della salute sarà improntato alla cultura della vita, sotto la guida della retta coscienza, l'uomo troverà risposte valide alle sue attese più profonde.

Il vostro Pontificio Consiglio non mancherà di dare il suo contributo ad una nuova evangelizzazione del dolore, che Cristo assume e trasfigura nel trionfo della Resurrezione. Essenziale, a questo riguardo, è la vita di preghiera e il ricorso ai Sacramenti, senza i quali diventa difficile il cammino spirituale non soltanto dei malati, ma anche di quanti li assistono.

5. L'ambito della salute e della sofferenza sono oggi di fronte a nuovi e complessi problemi, che richiedono un impegno corale da parte di tutti. Il numero decrescente di religiose impegnate in questo ambito, il non facile ministero dei cappellani ospedalieri, la difficoltà ad organizzare a livello delle Chiese locali un'adeguata ed incisiva pastorale della salute e l'approccio con il personale sanitario, che non sempre è in sintonia con gli orientamenti cristiani, costituiscono un insieme di temi, con risvolti problematici, che non sfuggono certamente alla vostra attenta riflessione.

Fedele alla sua missione, il vostro Dicastero proseguirà nel manifestare la sollecitudine pastorale della Chiesa per i malati; aiuterà tutti coloro che hanno cura dei sofferenti, in modo particolare chi lavora negli ospedali, ad avere sempre un atteggiamento di rispetto per la vita e la dignità dell'essere umano. Per conseguire tali obiettivi, utile risulta la collaborazione generosa con le organizzazioni internazionali della salute.

Il Signore, Buon Samaritano dell'umanità dolorante, vi assista sempre. La Vergine Santissima, Salute degli Infermi, vi sostenga nel vostro servizio, e sia vostro modello nell'accoglienza e nell'amore.

120 Nell'assicurarvi la mia preghiera, vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica.

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


ALL’ARCIVESCOVO DI RAVENNA-CERVIA




Al Venerato Fratello

GIUSEPPE VERUCCHI

Arcivescovo di Ravenna-Cervia

1. Ricorre quest'anno il millenario della costruzione della prima Chiesa dedicata in Ravenna a sant'Adalberto, Vescovo di Praga, e dell'invio in Polonia dei monaci Giovanni di Classe e Benedetto di Benevento.

In tale felice circostanza, desidero unirmi alla gioia dell'intera Arcidiocesi ravennate-cervese nell'elevare al Signore una fervida azione di grazie per aver voluto renderla partecipe, in modo singolare, dell'annuncio cristiano ai Popoli slavi e, in specie, a quello polacco.

Auspico che le solenni celebrazioni giubilari, iniziate nello scorso autunno e che si avviano ormai alla conclusione, suscitino nel Popolo di Dio che è in Ravenna-Cervia, un grato stupore per i segni luminosi accesi nel suo seno dall'amore di Dio, nonché un rinnovato ardore missionario nel seguire le orme di così grandi testimoni della fede, la cui memoria è viva in codesta Comunità ecclesiale.

All'inizio del secondo millennio, dall'antica e nobile città di Ravenna, divenuta un importante crocevia della fede cristiana, partirono diverse missioni apostoliche che, nel giro di pochi decenni, contribuirono in maniera determinante all'implantatio ecclesiae nell'Europa Orientale, dove si erano insediati i popoli slavi e magiaro.

2. In tale contesto, spicca la figura dell'Abate san Romualdo, che nell'Isola del Peréo, tra le odierne sant'Alberto e Mandriole, aveva fondato un eremo e raccolto intorno a sé una comunità monastica. L'imperatore Ottone III, di ritorno dal pellegrinaggio alla tomba del suo antico maestro ed amico sant'Adalberto, nella città polacca di Gniezno, trasmise al Santo Abate la richiesta di Boleslao I, sovrano della Polonia, di poter ricevere missionari che proseguissero l'opera evangelizzatrice interrotta dalla morte violenta del Vescovo di Praga. Due monaci romualdini, Giovanni di Classe e Benedetto di Benevento, partirono nell'estate del 1001 e arrivarono in Polonia nell'autunno del medesimo anno.

Il giovane imperatore cercò di coinvolgere san Romualdo nel generoso progetto, maturato sotto la guida e l'ispirazione del Papa Silvestro II, di promuovere la diffusione della fede cattolica tra gli Slavi. Curò a tal fine la fondazione di un monastero, distinto dall'eremo, per la formazione dei monaci destinati alla missione nei Paesi orientali, e nell'autunno del 1001 venne edificata la nuova chiesa, dedicata al martire sant'Adalberto. In essa venne collocata una preziosa reliquia del Santo, recata dalla Polonia dallo stesso imperatore e donata a san Romualdo.

Che cosa spinse questi fedeli discepoli di Cristo a impegnarsi in un'impresa tanto complessa? Perché lasciarono tutto e scelsero di vivere tra popoli diversi e allora quasi sconosciuti? Li animava senza dubbio una viva fede nella potenza liberatrice del Vangelo e un vitale desiderio di annunciare, anche a costo del martirio, Cristo Salvatore.

3. All'amore per Cristo, che contraddistinse l'esistenza di sant'Adalberto, Vescovo di Praga, di san Romualdo, e dei santi monaci Giovanni e Benedetto, devono continuare a far riferimento quanti vogliono proseguire la loro opera missionaria. Infatti il progetto di evangelizzazione del Papa Silvestro II e dell'imperatore Ottone III travalica il contesto storico di allora e diviene stimolo per i credenti di oggi a rendersi sempre più consapevoli del fatto che il grande mosaico dell'identità sociale e religiosa del continente europeo trova nella fede cristiana uno dei principali fattori della sua unità più profonda.

121 Le celebrazioni millenarie rappresentano, pertanto, una singolare occasione per riflettere sul patrimonio spirituale e culturale ricevuto da loro in eredità. Nel loro stile di vita e nella loro passione per l'uomo, animata dalla forza del Vangelo, emerge un prezioso modello valido per costruire una società fondata sui valori della spiritualità, del rispetto della persona, della ricerca del dialogo e della concordia tra gli individui e i popoli.

Tocca ai cristiani del nostro tempo, eredi di un così ricco patrimonio di fede e di civiltà, svolgere fino in fondo il loro ruolo. Ad essi è chiesto di infondere nell'odierna società, con l'annuncio e la testimonianza del Vangelo, quel supplemento d'anima e quella carica ideale che costituiscono la garanzia di un promettente e proficuo avvenire.

4. Il ricordo di Adalberto, di Romualdo, di Giovanni e di Benedetto, in questa ricorrenza giubilare, richiami codesta Comunità diocesana e ogni cristiano a salvaguardare la dimensione spirituale e morale dell'Europa, offrendo al progetto dell'unità dei popoli europei un "ancoraggio trascendente" mediante un esplicito riconoscimento dei "diritti di Dio". E' questa l'unica garanzia veramente inoppugnabile della dignità dell'uomo e della libertà dei popoli.

Andando oltre le pur necessarie normative tecniche, amministrative, economiche e monetarie, si deve recuperare quell'identità autentica e quel patrimonio di civiltà, che hanno nel cristianesimo una componente fondamentale, ispiratrice di quel sogno di un universalismo europeo che è stato conservato durante tante generazioni.

Adalberto, Romualdo, Giovanni e Benedetto trovarono nella fede cristiana le motivazioni per superare le tentazioni di anguste visioni esistenziali e politiche. Si fecero così carico del destino di popoli in gran parte sconosciuti. Anche ora sarà la piena adesione a valori di matrice cristiana, quali la spiritualità, la solidarietà, la sussidiarietà, la centralità della persona, che permetterà all'Europa di svilupparsi in maniera armonica e di svolgere un ruolo significativo nel consesso delle Nazioni.

5. I popoli dell'Europa Orientale, primi beneficiari degli eventi che quest'anno si celebrano in Ravenna, non faranno mancare, per parte loro, un efficace apporto al progetto di rilancio dell'identità europea. Essi si sono liberati da alcuni anni da dittature atee e comuniste, che hanno tentato di sradicare dalla loro cultura e dalla loro vita quei valori religiosi e morali che pur erano profondamente iscritti nella loro storia nazionale. Con la ritrovata libertà si è fortunatamente costatato che tale patrimonio, lungi dall'essere stato annientato, ha acquistato in alcuni casi, proprio grazie alle persecuzioni, nuovo vigore e può essere offerto, come precipuo contributo, ai popoli dell'Europa occidentale, vittime spesso del male sottile dell'indifferenza e del secolarismo.

Che questo scambio di doni sia di arricchimento per tutti! Perché ciò avvenga, è importante che, mentre ci inoltriamo nel terzo millennio, il nostro sguardo resti fisso in Cristo, Redentore dell'uomo ieri, oggi e sempre. E' Lui la salda roccia su cui è possibile costruire un mondo più giusto e solidale.

Mentre invoco su di Lei, venerato Fratello, sui Sacerdoti, sui Religiosi e le Religiose e sulla diletta Arcidiocesi di Ravenna-Cervia la materna intercessione della Vergine Maria, dei Santi Adalberto e Romualdo, dei Cinque Fratelli Protomartiri della Polonia e di tutti i Santi che hanno impreziosito la vicenda spirituale di codesta Comunità ecclesiale, imparto di cuore a tutti una speciale Benedizione Apostolica, pegno di grazia e di spirituale fervore.

Dal Vaticano, 24 Aprile 2002

IOANNES PAULUS II



AI PARTECIPANTI ALL'INCONTRO PROMOSSO


DAL MOVIMENTO CURSILLOS DE CRISTIANDAD


Sabato, 4 maggio 2002




Carissimi Fratelli e Sorelle!

122 1. E' per me motivo di gioia incontrarmi oggi con voi: grazie per questa visita! La vostra presenza, così numerosa e gioiosa, testimonia quanto dissi ai "Cursillisti" di tutto il mondo convenuti a Roma in occasione del grande Giubileo dell'anno 2000: davvero, "il piccolo seme gettato in Spagna più di cinquant'anni fa è diventato un grande albero ricco di frutti dello Spirito" (L'Osservatore Romano, 31 luglio - 1 agosto 2000, p. 7). A tutti va il mio più cordiale benvenuto. Saluto in particolare i due vostri rappresentanti che si sono fatti interpreti dei comuni sentimenti, come pure gli animatori spirituali e i vari responsabili del Movimento.

I Cursillos de Cristiandad sono attualmente presenti in più di 60 Paesi di tutti i continenti e in ben 800 diocesi. Quel seme è germinato e cresciuto durante questi anni anche in terra italiana, portando abbondanti frutti di conversione e di santità di vita, in profonda sintonia con gli orientamenti pastorali della Conferenza Episcopale Italiana.

2. Mi è caro, in questo momento, ritornare col pensiero insieme con voi a due appuntamenti che sono stati di grande significato e portata. Mi riferisco, innanzitutto, all'incontro con gli appartenenti ai Movimenti Ecclesiali e alle Nuove Comunità in Piazza San Pietro, nell'indimenticabile vigilia di Pentecoste del 30 Maggio 1998.

In quell'occasione riconoscevo in queste nuove realtà ecclesiali una risposta provvidenziale, suscitata dallo Spirito Santo per la formazione cristiana e per l'evangelizzazione. Allo stesso tempo, però, esortavo a crescere nella coscienza e nell'identità ecclesiale: "Oggi dinanzi a voi si apre una tappa nuova: quella della maturità ecclesiale... La Chiesa si aspetta da voi frutti "maturi" di comunione e di impegno" (Insegnamenti XXI/1 [1998], p. 1123).

L'invito conserva tutta la sua attualità e urgenza, rappresentando un'autentica sfida che va affrontata con coraggio e determinazione. Nella linea di questo impegno per il raggiungimento di una sempre più solida maturità ecclesiale si pone la richiesta che l'Organismo mondiale dei Cursillos ha sottoposto al competente Dicastero della Curia Romana, per ottenere il riconoscimento canonico e l'approvazione degli Statuti.

3. Il secondo importante evento che vorrei qui ricordare è la terza «Ultreya» Mondiale, coronata con l'incontro giubilare dei vostri aderenti in Piazza San Pietro, a cui facevo poc'anzi riferimento. A tale proposito, desidero rinnovarvi l'esortazione, che vi ho rivolto in quella occasione, ad essere testimoni coraggiosi della "diaconia della verità", operando instancabilmente con la "forza della comunione".

Quella consegna diventa infatti ogni giorno più necessaria e impegnativa. Da parte vostra, non farete certo mancare il prezioso contributo che scaturisce dal vostro particolare carisma. Che cosa significa, infatti, l'annunzio kerygmatico che costituisce il cuore del vostro Movimento, se non quel "fissare lo sguardo sul volto di Cristo", a cui ho invitato nella Novo millennio ineunte (cfr nn. 16ss.)? Che cosa comporta tale sguardo, se non un affidarsi al "primato della grazia", per intraprendere un cammino di catechesi e di preghiera, di conversione e di santità di vita? Quali frutti esso produce, se non un più saldo senso di appartenenza alla Chiesa e un rinnovato slancio di evangelizzazione negli ambienti di vita e di attività quotidiana?

4. Carissimi "Cursillisti"! Proseguite con fiducia il cammino di formazione e di vita cristiana che avete intrapreso con tanta generosità. "Duc in altum"! Vi affido alla materna protezione di Maria Santissima, esempio mirabile di obbedienza alla volontà del Padre e discepola fedele del suo Figlio.

Nell'assicurarvi uno speciale ricordo nella preghiera, con affetto imparto la Benedizione Apostolica a voi qui presenti e a quanti vi sono cari.

VISITA PASTORALE ALLA DIOCESI DI ISCHIA

PAROLE DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II

AL TERMINE DELL'INCONTRO


E PRANZO CON I VESCOVI DELLA CAMPANIA


NELL’EPISCOPIO DI ISCHIA


5 maggio 2002




C’è un proverbio latino che dice: Repetitio est mater studiorum. Questa volta il proverbio non si riferisce agli studiosi, ma si riferisce, da un lato al Papa, e, dall’altro alla Chiesa di Dio che è in Campania.

123 Ho avuto diverse possibilità di conoscere queste Chiese attraverso le visite "ad limina" e le visite pastorali in alcune vostre Diocesi. Era tuttavia utile e opportuno venire di nuovo in Campania. Poche cose sono rimaste come prima ed anche alcune persone non vi sono più. Pensiamo con gratitudine a tutti.

Vi è anche un altro proverbio che dice: Visa repetita placent. Dobbiamo però trovare sempre un nuovo punto di osservazione, un angolo più interessante da ammirare. La visita a questa Diocesi mi offre la possibilità di ammirare la bellezza della vostra Regione e di questa isola; di godere dell’armonia che c’è tra cielo e terra; di toccare con mano le meraviglie della natura, della gente, della religiosità popolare.

Vi ringrazio per tutto questo e vi auguro una buona continuazione.

Questi gli auspici anche per tutti voi: Repetitio est mater studiorum; visa repetita placent.



VISITA PASTORALE ALLA DIOCESI DI ISCHIA

INCONTRO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II

CON I GIOVANI DI ISCHIA


5 maggio 2002




Carissimi giovani!

1. "Voi siete il sale della terra ... Voi siete la luce del mondo" (Mt 5,13-14). Queste parole di Gesù, come sapete, costituiscono il tema della prossima Giornata Mondiale della Gioventù. Così il Maestro divino si rivolse ai suoi discepoli sulle rive del Lago di Galilea, duemila anni fa. Così di nuovo parlerà a migliaia di giovani cristiani di ogni parte del mondo, nella prossima estate, a Toronto. Queste stesse parole risuonano oggi qui, sulle rive del Mare Tirreno, mentre si conclude la mia rapida, ma intensa visita alla vostra bella isola. Esse risuonano per voi, cari giovani di Ischia. Ed è per me una grande gioia farmi eco della voce di Cristo, che vi invita ad ascoltare, a riflettere, ad agire. Solo la parola di Cristo può veramente illuminare i vostri passi.

Vi saluto con grande affetto, carissimi giovani amici. Tutti e ciascuno. Ringrazio il vostro Vescovo che vi ha presentati come "sentinelle del mattino". Ringrazio i vostri rappresentanti, che hanno parlato a nome di tutta la gioventù di Ischia. Grazie della vostra calorosa accoglienza, in cui ben si esprime l'entusiasmo della gioventù ed il "genio" della vostra terra.

2. "Voi siete il sale della terra" (Mt 5,13). Cari ragazzi e ragazze, non è difficile comprendere questa prima immagine usata da Gesù: il sale. E' un'immagine assai significativa. Quando non esistevano mezzi per garantire la lunga conservazione degli alimenti, il sale non aveva solo la funzione di dare sapore, ma era spesso indispensabile per garantire la stessa possibilità di accesso ai cibi. Dicendo "voi siete il sale della terra", il Redentore affidava ai discepoli una duplice missione: dare sapore alla vita, mostrandone il senso rivelato in Lui, e consentire a tutti l'accesso al nutrimento che viene dall'Alto. E' in questo duplice senso che vorrei riferirle quest'oggi anche a voi.

Giovani di Ischia, siate il sale della terra, che da sapore e bellezza alla vita. Mostrate con gesti concreti e con la convinzione delle parole che vale la pena vivere e vivere insieme l'amore che Gesù è venuto a rivelarci e donarci. Non è forse l'amore di Cristo, vincitore del male e della morte, che ci ha trasformati? Fate in modo che il maggior numero di giovani sia raggiunto da questa stessa esperienza.

Siate il sale che consente al nutrimento del Cielo di essere distribuito a tutti, in modo che anche i più distratti e lontani, grazie al vostro entusiasmo, alla vostra passione, al vostro impegno umile e perseverante, si sentano chiamati a credere in Dio e ad amarLo nel prossimo.


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