GP2 Discorsi 2001 335


VISITA PASTORALE IN KAZAKHSTAN

INCONTRO CON GLI ORDINARI DELL'ASIA CENTRALE

Astana - Nunziatura Apostolica

Domenica, 23 settembre 2001



Carissimi Vescovi, Amministratori Apostolici e Superiori
delle Missioni sui iuris dell'Asia Centrale!

1. Con profonda gioia vi incontro nuovamente, dopo la solenne celebrazione eucaristica di questa mattina nella grande Piazza della Madre Patria. Con affetto saluto ognuno di voi e vi ringrazio per lo zelo e il sacrificio con cui state contribuendo alla rinascita della Chiesa in queste vaste regioni, poste al confine tra due continenti.

La Chiesa cattolica è qui solo una pianticella, ma ricca di speranza per la fiducia che nutre nella potenza della grazia divina. I lunghi anni della dittatura comunista, durante i quali tanti credenti furono deportati nei gulag costruiti in queste terre, hanno seminato sofferenze e lutti. Quanti sacerdoti, religiosi e laici hanno pagato con sofferenze inaudite e anche col sacrificio della vita la loro fedeltà a Cristo! Il Signore ha ascoltato la preghiera di questi martiri, il cui sangue ha irrorato le zolle della vostra Terra. Ancora una volta "il sangue dei martiri è stato seme di cristiani" (cfr Tertulliano, Apol. 50,13). Da esso, come virgulti nuovi, sono germinate le vostre Comunità cristiane, che ora guardano con fiducia verso l'avvenire.

Cristo, il Buon Pastore, ripete a voi e al popolo affidato alle vostre cure pastorali : "Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno" (Lc 12,32). Ed ancora, a voi come a Pietro, dice: "Prendi il largo e calate le reti per la pesca!" (Lc 5,4). E' la pesca dell'evangelizzazione, alla quale siamo tutti chiamati. Anche a noi, come agli Apostoli dopo la sua risurrezione, Egli comanda: "Andate dunque e ammaestrate tutte la nazioni" (Mt 28,19).

2. Le vicende della piccola Comunità cristiana dell'Asia centrale sopravvissuta al comunismo e l'attuale sua situazione fortemente minoritaria fanno pensare alla parabola evangelica del lievito che fermenta la massa (cfr Mt 13,33). Il lievito sembra poca cosa, ma ha la forza di trasformare il tutto. Questa è la convinzione che deve animare anche la vostra azione pastorale e sostenere il difficile ed esaltante compito della plantatio Ecclesiae in questi territori, nuovamente aperti al Vangelo. Obiettivi pastorali prioritari della vostra missione apostolica siano diffondere con ogni impegno l'annuncio evangelico e proseguire senza sosta nel consolidamento dell'organizzazione ecclesiale.

La recente erezione delle Amministrazioni Apostoliche e delle Missioni sui iuris, con cui la Chiesa ha acquistato visibilità e consistenza, costituisce l'inizio di una promettente stagione di evangelizzazione.Desidero, pertanto, esprimere gratitudine e ammirazione per il vostro sforzo, cari Ordinari. Ringrazio altresì i sacerdoti, i religiosi e le religiose, che hanno lasciato la loro Patria per rendersi disponibili al compito missionario in queste terre, con spirito di autentica solidarietà ecclesiale. Formulo voti che il generoso impegno ecclesiale di tutti sia confortato dalla maturazione di un'abbondante messe di bene. Né vi abbandoni, carissimi, la consapevolezza di essere un segno dell'amore di Dio tra queste popolazioni, ricche di secolari tradizioni culturali e religiose.

3. "Amatevi gli uni gli altri" è il tema di questa mia visita pastorale. Rivolgo a voi oggi, nel nome del nostro comune Maestro e Signore, questo invito: "Amatevi gli uni gli altri". Sia vostra cura conservare sempre tra voi quell'unità che Cristo ci ha lasciato come suo testamento (cfr Jn 17,21 Jn 17,23).

336 Come ai primordi dell'annuncio del Vangelo, la Chiesa farà breccia nei cuori degli uomini se apparirà quale casa accogliente in cui si vive la comunione fraterna. Siate in primo luogo uniti tra voi, cari Pastori di queste Chiese. Anche se non costituite ancora una Conferenza Episcopale in senso pieno, cercate di realizzare con ogni mezzo forme di efficace collaborazione, così da valorizzare al meglio ogni risorsa pastorale.

In tale preziosa opera vi sostiene la solidarietà della Chiesa universale. Vi è accanto con affetto il Successore di Pietro, che oggi vi abbraccia con commozione. Anche se geograficamente distanti, voi siete nel cuore del Papa, che apprezza il vostro faticoso lavoro apostolico.

4. Da dieci anni il Kazakhstan ha conquistato la sospirata indipendenza. Ma come non tener conto del clima di affievolimento dei valori che il passato regime ha lasciato? Il lungo inverno della dominazione comunista, con la sua pretesa di sradicare Dio dal cuore dell'uomo, ha spesso mortificato i contenuti spirituali delle culture di questi popoli. Si registra così una povertà di ideali che rende particolarmente vulnerabile la gente di fronte ai miti del consumismo e dell'edonismo importati dall'Occidente. Si tratta di sfide sociali e spirituali, che richiedono un coraggioso slancio missionario.

Come ricordava il mio venerato predecessore, il Servo di Dio Paolo VI, la Chiesa chiamata ad evangelizzare "comincia con l'evangelizzare se stessa". Comunità di speranza vissuta e partecipata, essa "ha bisogno di ascoltare di continuo... le ragioni della sua speranza". La Chiesa ha bisogno di essere sempre evangelizzata, "se vuol conservare freschezza, slancio e forza per annunziare il Vangelo...". E ancora, c'è bisogno di una "Chiesa che si evangelizza mediante una conversione e un rinnovamento costanti, per evangelizzare il mondo con credibilità" (Evangelii nuntiandi EN 15).

L'azione missionaria deve essere preceduta ed accompagnata da un'incisiva opera di formazione, da una forte esperienza di preghiera, da comportamenti improntati alla fraternità ed al servizio. Grandi sono gli sforzi apostolici che dovete dispiegare per evangelizzare i vari ambienti in cui si esprimono le tradizioni locali, con attenzione particolare per il mondo universitario e i mezzi della comunicazione sociale. Abbiate fiducia in Cristo! La sua presenza vi rassicuri. Vi infonda fortezza e slancio la sua promessa: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (
Mt 28,20).

5. Per portare a compimento la missione che Egli vi affida, curate la formazione dei candidati al sacerdozio ed alla vita religiosa. Dedicatevi con amore ai sacerdoti, vostri principali cooperatori, aiutandoli e seguendoli con cuore paterno.

A tale proposito, desidero esprimere il mio vivo compiacimento per la realizzazione del Seminario di Karagandà, importante promessa per il futuro. Unico seminario per tutta l'Asia Centrale, esso costituisce un segno di efficace collaborazione tra le vostre Chiese. Ponete in atto ogni sforzo perché tra le sue mura sia offerta ai candidati al sacerdozio una seria formazione umana e spirituale, insieme a una solida preparazione teologica e pastorale. Auspico di cuore che possiate contare su buoni formatori, esperti docenti ed esemplari testimoni del Vangelo.

6. Uno spazio speciale riservate alla formazione ed all'apostolato dei laici, accogliendo con illuminato discernimento e larghezza di cuore, accanto alle Associazioni più antiche, quel dono dello Spirito alla Chiesa del post-Concilio che è rappresentato dai Movimenti ecclesiali e dalle nuove Comunità.

La loro presenza, il loro spirito d'iniziativa e gli specifici carismi di cui sono portatori, rappresentano una ricchezza da valorizzare. Con saggezza pastorale, l'Ordinario deve orientare e guidare la loro attività, invitandoli a coadiuvare le Comunità ecclesiali nel rispetto delle strutture esistenti e del loro ordinato funzionamento. A loro volta, i membri dei Movimenti e delle Associazioni, con apertura di spirito e docile disponibilità, rinnovino l'impegno a lavorare in sintonia con i Pastori di queste giovani Chiese. La loro fatica al servizio della nuova evangelizzazione diventerà così testimonianza di quell'amore reciproco che scaturisce dalla fedele adesione all'unico e medesimo Signore.

7. Carissimi Fratelli, desidero infine incoraggiarvi a promuovere il dialogo ecumenico. La vostra azione pastorale si svolge a stretto contatto con i fratelli della Chiesa ortodossa, che condividono la stessa fede in Cristo e la ricchezza di larga parte di una medesima tradizione ecclesiale. I reciproci rapporti siano improntati a cordialità e rispetto, nel ricordo della parola del Signore: "Amatevi gli uni gli altri". All'alba del nuovo millennio, nutriamo più viva la speranza che, se non pienamente uniti, i discepoli di Cristo possano essere almeno più vicini, anche in virtù dell'esperienza fatta nel corso del Grande Giubileo del 2000.

Rispetto e dialogo nutrite, poi, nei confronti della comunità musulmana, verso gli appartenenti ad altre religioni e per chi si professa non credente. Che tutti possano apprezzare il dono della vostra fede vissuta nella carità e aprire il cuore alle dimensioni più alte della vita.

337 Affido questa vostra missione pastorale a Maria, Stella dell'evangelizzazione e Regina della pace. Nella Cattedrale di Astanà voi La venerate come Madre del Perpetuo Soccorso. Nelle sue mani materne depongo il vostro diuturno lavoro, le vostre attese e i vostri progetti, perché vi guidi e vi sostenga in ogni passo.

Con questi sentimenti di cuore imparto a tutti una speciale Benedizione Apostolica, propiziatrice di ardore apostolico e di grazie per voi e per quanti sono affidati alle vostre cure pastorali.



VISITA PASTORALE IN KAZAKHSTAN

VISITA AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI KAZAKHSTAN

PAROLE DEL SANTO PADRE

Palazzo Presidenziale

Astana, domenica 23 settembre 2001



Sono molto grato al Signor Presidente per le sue parole. Di nuovo voglio ringraziare la Provvidenza per avermi permesso di venire qui e di essere qui. Negli ultimi giorni alcuni ritenevano che ciò non sarebbe stato possibile, a causa dei tragici eventi avvenuti negli Stati Uniti. Ma si è visto che è stato possibile, grazie a Dio!

È la prima volta che mi trovo in questo punto del globo, in Asia Centrale. La prima fonte di informazioni sul Kazakhstan è stata per me il Padre Bukowinski, ben noto qui. Durante la Seconda Guerra Mondiale egli è stato deportato come sacerdote dalla Polonia in Unione Sovietica e qui ha passato tutta la sua vita. Qui è anche morto e sepolto, a Karaganda. Da allora ho cominciato a conoscere alcune cose del Kazakhstan. Ma adesso è la prima volta che posso vederlo "oculis propriis", con i miei propri occhi. Peccato che io non possa visitare Karaganda e la tomba di Padre Bukowinski.

Vedo qui che Astana è una città moderna. Tutti questi incontri, tutte queste esperienze vissute, mi spingono ancora di più a pregare per il vostro Paese, per il vostro popolo e per Lei, Signor Presidente. Sono contento che la mia visita cada nel decimo anniversario della vostra indipendenza, perché io sono convinto - e lo è anche la Chiesa - che ogni Nazione ha il diritto di essere sovrana. Questa sovranità nazionale è anche piena espressione di quello che una Nazione è come soggetto politico. Auguro a tutti, e soprattutto a Lei, Signor Presidente, che questa sovranità sia duratura, fruttuosa, sempre più piena, abbracciando tutti i campi della vita nazionale: economico, politico, culturale. Questo è molto importante.

Spero che i cattolici presenti in Kazakhstan possano anch’essi contribuire al bene comune del Paese. Sono un gruppo ristretto, una minoranza, ma anche così possono e potranno contribuire - per quanto è in loro - al bene comune del Kazakhstan.

Dopo che il Presidente ha concluso il suo saluto auspicando la benedizione di Dio sul Kazakhstan, il Papa ha aggiunto in italiano:

Questo auguro a Lei, Signor Presidente, e a tutto il suo popolo: che Dio benedica voi tutti!



VISITA PASTORALE IN KAZAKHSTAN

INCONTRO CON I GIOVANI

Astana - Università Eurasia

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Domenica, 23 settembre 2001


Carissimi giovani!

1. Con grande gioia mi incontro con voi e vi ringrazio vivamente per questa cordiale accoglienza. Un saluto particolare rivolgo al Signor Rettore ed alle Autorità accademiche di questa recente e già prestigiosa Università. Il suo stesso nome, Eurasia, ne indica la peculiare missione, che è la stessa del vostro grande Paese posto come cerniera tra l'Europa e l'Asia: missione di collegamento tra due continenti, tra le rispettive culture e tradizioni, tra gruppi etnici diversi che vi si sono incontrati nel corso dei secoli.

In realtà, il vostro è un Paese in cui la convivenza e l'armonia tra popoli differenti possono essere additate al mondo come segno eloquente della chiamata di tutti gli uomini a vivere insieme nella pace, nella conoscenza ed accoglienza reciproca, nella scoperta progressiva e nella valorizzazione delle tradizioni proprie di ciascuno. Il Kazakhstan è terra di incontro, di scambio, di novità; terra che stimola in ciascuno l'interesse per nuove scoperte e induce a vivere la differenza non come una minaccia ma come un arricchimento.

E' con questa consapevolezza, cari giovani, che rivolgo a ciascuno di voi il mio saluto. A tutti dico con cuore d'amico: la pace sia con voi, la pace ricolmi i vostri cuori! Sentitevi chiamati ad essere artefici di un mondo migliore. Siate operatori di pace, perché una società saldamente fondata sulla pace ha davanti a sé il futuro.

2. Preparando questo mio viaggio, mi sono domandato che cosa i giovani del Kazakhstan vorrebbero sentire dal Papa di Roma, che cosa vorrebbero chiedergli. Conosco i giovani e so che essi vanno alle questioni di fondo. Probabilmente la prima domanda che voi desiderereste pormi è questa: "Chi sono io secondo te, Papa Giovanni Paolo II, secondo il Vangelo che tu annunci? Qual è il senso della mia vita? Qual è il mio destino?". La mia risposta, cari giovani, è semplice, ma di enorme portata: Ecco, tu sei un pensiero di Dio, tu sei un palpito del cuore di Dio. Affermare questo è come dire che tu hai un valore in certo senso infinito, che tu conti per Dio nella tua irripetibile individualità.

Voi capite allora, cari giovani, perché io mi accosto a voi, questa sera, con rispetto e trepidazione e vi guardo con grande affetto e fiducia. Sono lieto di incontrarmi con voi, discendenti del nobile popolo kazakhstano, fieri del vostro indomabile desiderio di libertà, sconfinato come la steppa in cui siete nati. Avete vicende diverse alle spalle, non prive di sofferenza. Siete qui seduti, l'uno accanto all'altro, e vi sentite amici, non perché avete dimenticato il male che c'è stato nella vostra storia, ma perché giustamente vi interessa di più il bene che potrete costruire insieme. Non c'è infatti vera riconciliazione, che non sfoci generosamente in un impegno comune.

Siate consapevoli del valore unico che ciascuno di voi possiede e sappiate accettarvi nelle rispettive convinzioni, pur cercando assieme la verità piena. Il vostro Paese ha sperimentato la violenza mortificante dell'ideologia. Che non succeda a voi di essere ora preda della violenza non meno distruttrice del "nulla". Quale vuoto asfissiante, se nella vita non v'è nulla che conti, se non si crede a nulla! Il nulla è la negazione dell'infinito, che la vostra steppa sconfinata evoca con forza, di quell'Infinito a cui aspira in modo irresistibile il cuore dell'uomo.

3. Mi hanno detto che nella vostra bellissima lingua, il kazako, "ti amo" si dice: "mien siené jaksè korejmen", espressione che si può tradurre: "io ti guardo bene, ho su di te uno sguardo buono". L'amore dell'uomo, ma ancora prima l'amore stesso di Dio verso l'uomo e verso il creato nasce da uno sguardo buono, uno sguardo che fa vedere il bene e induce a fare il bene: "Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona", è detto nella Bibbia (
Gn 1,31). Un tale sguardo permette di cogliere tutto il positivo che c'è nella realtà e conduce a considerare, al di là di un approccio superficiale, la bellezza e la ricchezza di ogni essere umano che ci si fa incontro.

E' spontaneo chiederci: "Che cosa rende bello e grande l'essere umano?". Ecco la risposta che vi propongo: ciò che rende grande l'essere umano è l'impronta di Dio che egli porta in sé. Secondo la parola della Bibbia, egli è creato "ad immagine e somiglianza di Dio" (cfr Gn 1,26). Proprio per questo il cuore dell'uomo non è mai pago: vuole di meglio, vuole di più, vuole tutto. Nessuna realtà finita lo soddisfa e lo acqueta. Diceva Agostino d'Ippona, l'antico Padre della Chiesa: "Ci hai fatti, o Signore, per te e il nostro cuore è inquieto finché non trova pace in te" (Confes. 1,1). Non scaturisce forse da questa stessa intuizione la domanda che il vostro grande pensatore e poeta Ahmed Jassavi più volte ripete nei suoi versi: "A che serve la vita, se non per essere donata, e donata all'Altissimo?".

4. Cari amici, questa parola di Ahmed Jassavi contiene in sé un grande messaggio. Richiama ciò che la tradizione religiosa qualifica come "vocazione". Dando la vita all'uomo, Dio gli affida un compito e attende da lui una risposta. Affermare che la vita dell'uomo, con le sue vicende, le sue gioie e i suoi dolori, ha come fine di "essere donata all'Altissimo", non costituisce diminuzione o rinuncia. E' piuttosto la conferma dell'altissima dignità dell'essere umano: fatto ad immagine e somiglianza di Dio, egli è chiamato a divenire suo collaboratore nel trasmettere la vita e nel dominare la creazione (cfr Gn 1,26-28).

339 Il Papa di Roma è venuto per dirvi proprio questo: c'è un Dio che vi ha pensato e vi ha dato la vita. Egli vi ama personalmente e vi affida il mondo. E' Lui che suscita in voi la sete di libertà e il desiderio di conoscere. Permettetemi di professare davanti a voi con umiltà e fierezza la fede dei cristiani: Gesù di Nazaret, Figlio di Dio fatto uomo duemila anni orsono, è venuto a rivelarci questa verità con la sua persona e il suo insegnamento. Solo nell'incontro con Lui, Verbo incarnato, l'uomo trova pienezza di autorealizzazione e di felicità. La religione stessa, senza un'esperienza di stupita scoperta e di comunione con il Figlio di Dio, fattosi nostro fratello, si riduce a una somma di principi sempre più ardui da capire e di regole sempre più difficili da sopportare.

5. Cari amici, voi intuite che nessuna realtà terrestre vi potrà soddisfare pienamente. Voi siete coscienti che l'apertura al mondo non è sufficiente a colmare la vostra sete di vita e che la libertà e la pace possono venire solo da un Altro, infinitamente più grande di voi, eppure a voi familiarmente vicino.

Sappiate riconoscere di non essere i padroni di voi stessi, e apritevi a Colui che vi ha creati per amore e vuole fare di voi persone degne, libere e belle. Io vi incoraggio in questo atteggiamento di fiduciosa apertura: imparate ad ascoltare nel silenzio la voce di Dio, che parla nell'intimo di ciascuno; date basi solide e sicure alla costruzione dell'edificio della vostra vita; non abbiate paura dell'impegno e del sacrificio, che richiedono oggi un grande investimento di forze, ma che sono garanzia del successo di domani. Scoprirete la verità su voi stessi e nuovi orizzonti non cesseranno di aprirsi davanti a voi.

Cari giovani, questo discorso vi può forse apparire inconsueto. Io ritengo invece che sia attuale ed essenziale per l'uomo moderno, che talvolta si illude di essere onnipotente, perché ha realizzato grandi progressi scientifici e riesce in qualche modo a controllare il complesso mondo tecnologico. Ma l'uomo ha un cuore: se l'intelligenza dirige le macchine, il cuore pulsa per la vita! Date al vostro cuore risorse vitali, permettete a Dio di entrare nella vostra esistenza: essa sarà allora rischiarata dalla sua luce divina.

6. Sono venuto a voi per incoraggiarvi. Siamo all'inizio di un nuovo millennio: è un'epoca importante per il mondo, perché nell'animo della gente si sta diffondendo la convinzione che non è possibile continuare a vivere così divisi. Purtroppo, se da un lato le comunicazioni divengono ogni giorno più facili, le differenze sono spesso avvertite in modo persino drammatico. Vi incoraggio a lavorare per un mondo più unito, e a farlo nel quotidiano della vita, portandovi il contributo creativo di un cuore rinnovato.

Il vostro Paese conta su di voi e aspetta molto da voi per gli anni futuri: l'orientamento della vostra Nazione sarà quello che le imprimerete voi con le vostre scelte. Il Kazakhstan di domani avrà il vostro volto! Siate coraggiosi ed intrepidi, e non sarete delusi.

Vi accompagnino la protezione e la benedizione dell'Altissimo, che invoco su ciascuno di voi, sui vostri cari e su tutta la vostra vita!
* * *


Voglio esprimere la mia profonda riconoscenza per questo incontro con l’Università. L’Università è da sempre molto vicina a me. E sono tanto contento di trovarla qui, perché essa è fondamento della cultura nazionale e delle sviluppo nazionale. La cultura è il fondamento dell’identità di un popolo. Tante grazie!

VISITA PASTORALE IN KAZAKHSTAN

INCONTRO CON I RAPPRESENTANTI DEL MONDO DELLA CULTURA

Auditorium del Palazzo dei Congressi

Astana 24 settembre 2001




340 Signor Presidente della Repubblica,
Gentili Signore, Illustri Signori!

1. Con grande gioia mi incontro con voi questa sera. A tutti porgo il mio rispettoso e cordiale saluto, mentre ringrazio vivamente chi, con nobili parole, ha espresso i sentimenti di tutti i presenti. Ho accolto volentieri l'invito a trascorrere qualche momento con voi, per manifestare ancora una volta l'attenzione e la fiducia con le quali la Chiesa Cattolica e il Papa guardano agli uomini di cultura. Sono infatti ben consapevole dell'insostituibile contributo che voi potete recare allo stile e ai contenuti della vita dell'umanità con la ricerca onesta e l'efficace espressione del vero e del bene.

Uomini della cultura, dell'arte e della scienza! Il Kazakhstan è erede di una storia che vicende complesse e spesso dolorose hanno arricchito di tradizioni diverse, tanto da farne oggi un esempio singolare di società multi-etnica, multi-culturale, multi-confessionale. Siate orgogliosi della vostra Nazione e consapevoli del compito grande che avete nel prepararne il futuro. Penso, in particolare, ai giovani che hanno il diritto di attendere da voi una testimonianza di scienza e di saggezza, trasmessa loro attraverso l'insegnamento e soprattutto con l'esempio della vita.

2. Il Kazakhstan è un grande Paese, che nei secoli ha coltivato una cultura locale viva e ricca di fermenti, grazie anche all'apporto di esponenti della cultura russa, qui confinati dal regime totalitario.

Quante persone hanno percorso questa vostra Terra! Mi piace ricordare, in particolare, il diario del viaggiatore e commerciante veneziano Marco Polo che, già nel Medioevo, descrisse con ammirazione le qualità morali e la ricchezza delle tradizioni degli uomini e delle donne della steppa. La sconfinata ampiezza delle vostre pianure, il senso dell'umana fragilità alimentato dallo scatenarsi delle forze della natura, la percezione del mistero nascosto dietro i fenomeni avvertiti dai sensi, tutto favorisce nel vostro popolo l'apertura agli interrogativi fondamentali dell'uomo e l'esplorazione di risposte significative per la cultura universale.

Illustri Signori e Signore, voi siete chiamati a diffondere nel mondo la ricca tradizione culturale del Kazakhstan: compito arduo e al tempo stesso affascinante, che vi impegna a scoprirne gli elementi più profondi per raccoglierli in armoniosa sintesi.

Un grande pensatore della vostra Terra, il maestro Abai Kunanbai, li esprimeva così: "L'uomo non può essere uomo senza avere la percezione dei misteri visibili e nascosti dell'universo, senza cercare una spiegazione per ogni cosa. Colui che ci rinuncia non si distingue in nulla dagli animali. Dio differenzia l'uomo dall'animale dotandolo di un'anima..." (I detti di Abai, cap. 7).

3. Come non cogliere la profonda saggezza di queste parole, che sembrano quasi sviluppare un commento alla inquietante domanda posta da Gesù nel Vangelo: "Che giova all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima?" (
Mc 8,36). Esistono nel cuore dell'uomo domande insopprimibili, ignorando le quali l'uomo non diventa più libero, ma più debole, e finisce spesso in balia della propria istintività, oltre che della prepotenza altrui.

"Se il cuore non desidera più nulla - dice ancora Abai Kunanbai - / chi può svegliare il pensiero? / ... Se la ragione s'abbandona alla voglia, / perde tutta la sua profondità. / ... Un popolo degno di questo nome può fare a meno della ragione?" (Poesia 12).

Domande come questa sono di loro natura religiose, nel senso che rinviano a quei valori supremi che hanno in Dio il loro fondamento ultimo. A sua volta la religione non può non misurarsi con questi interrogativi esistenziali sotto pena di perdere contatto con la vita.

341 4. I cristiani sanno che in Gesù di Nazareth, chiamato il Cristo, è data risposta esauriente agli interrogativi che l'uomo porta nel cuore. Le parole di Gesù, i suoi gesti e, finalmente, il suo Mistero pasquale lo hanno rivelato come Redentore dell'uomo e Salvatore del mondo. Di questa "notizia", che da duemila anni corre sulle labbra di innumerevoli uomini e donne in ogni parte della terra, il Papa di Roma è oggi davanti a voi umile e convinto testimone, nel pieno rispetto per la ricerca che altre persone di buona volontà stanno compiendo su strade diverse. Chi ha incontrato la verità nello splendore della sua bellezza non può non sentire il bisogno di farne partecipi anche gli altri. Prima che di un obbligo derivante da una norma, per il credente si tratta del bisogno di condividere con tutti il Valore supremo della propria esistenza.

Per questo - pur nel contesto di una sana laicità dello Stato, chiamato per sua funzione a garantire ad ogni cittadino, senza differenza di sesso, razza e nazionalità, il fondamentale diritto alla libertà di coscienza - occorre affermare e difendere il diritto del credente a testimoniare pubblicamente la sua fede. Una autentica religiosità non può essere ridotta alla sfera del privato né rinchiusa in spazi ristretti e marginali della società. La bellezza dei nuovi edifici sacri, che si cominciano a vedere quasi dovunque nel nuovo Kazakhstan, è un segno prezioso di rinascita spirituale e lascia ben presagire per il futuro.

5. Gli stessi centri dell'educazione e della cultura non potranno che guadagnare dall'aprirsi alla conoscenza delle esperienze religiose più vivaci e significative nella storia della Nazione. Nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 1E gennaio 2001 ho messo in guardia contro la "supina omologazione" della cultura occidentale, osservando che "a motivo della loro spiccata connotazione scientifica e tecnica, i modelli culturali dell'Occidente appaiono fascinosi ed attraenti, ma rivelano, purtroppo, con sempre maggiore evidenza, un progressivo impoverimento umanistico, spirituale e morale. La cultura che li genera è segnata dalla drammatica pretesa di voler realizzare il bene dell'uomo facendo a meno di Dio, Bene sommo" (n. 9).

Ascoltiamo ancora il grande maestro Abai Kunanbai: "La prova dell'esistenza di un Dio unico e onnipotente è che da più millenni gli uomini parlano in lingue differenti di questa esistenza e tutti, qualunque sia la loro religione, attribuiscono a Dio l'amore e la giustizia. All'origine dell'umanità ci sono l'amore e la giustizia. Colui nel quale dominano i sentimenti dell'amore e della giustizia è un vero sapiente" (I detti di Abai, cap. 45).

In questo contesto, e proprio qui, in questa Terra, aperta all'incontro e al dialogo, e di fronte ad un'assemblea così qualificata, desidero riaffermare il rispetto della Chiesa Cattolica per l'Islam, l'autentico Islam: l'Islam che prega, che sa farsi solidale con chi è nel bisogno. Memori degli errori del passato anche recente, tutti i credenti devono unire i loro sforzi, affinché mai Dio sia fatto ostaggio delle ambizioni degli uomini. L'odio, il fanatismo ed il terrorismo profanano il nome di Dio e sfigurano l'autentica immagine dell'uomo.

6. Amo vedere e salutare in voi qui presenti, illustri Signori e Signore, altrettanti "ricercatori della verità", impegnati a trasmettere alle nuove generazioni di questo grande Paese i valori sui quali fondare la propria esistenza personale e sociale. Senza un saldo radicamento in tali valori, la vita è come un albero dai rami frondosi, che il vento della prova può facilmente scuotere e divellere.

Grazie Signor Presidente, grazie Signori e Signore rappresentanti del mondo della cultura del Kazakhstan. Al termine di questo incontro, che in un certo senso conclude la mia visita nel vostro affascinante Paese, desidero assicurare, insieme con la collaborazione fattiva, la preghiera più sincera del Papa e di tutta la Chiesa Cattolica al Dio Altissimo e Onnipotente, affinché il Kazakhstan, fedele alla sua naturale vocazione eurasiatica, continui ad essere terra di incontro e di accoglienza, nella quale gli uomini e le donne dei due grandi Continenti possano vivere lunghi giorni di prosperità e di pace.
*****


Al termine dell’incontro con i rappresentanti del mondo della cultura, dell’arte e della scienza, il Santo Padre, rivolgendosi al Presidente della Repubblica e a tutti i presenti, ha pronunciato le seguenti parole:

In italiano

Voglio ringraziare cordialmente per questo incontro con la cultura kazakha. L’incontro con la cultura è sempre il cuore dell’incontro con un popolo. Io vi ringrazio per avermi aperto questo vostro cuore che è la vostra cultura, alla conclusione della mia visita nel vostro Paese. Grazie di cuore.

342 Traduzione italiana delle parole in polacco

Nella mia memoria e nel mio cuore rimarrà questa visita in Kazakhstan. Sono grato a voi per tutto quello che avete fatto per me, per tutto quello che hanno fatto il Signor Presidente e i suoi collaboratori. Al Kazakhstan, al suo popolo e alla sua società, ai rappresentanti del Governo, alla Chiesa del Kazakhstan, a tutte le comunità religiose, auguro la benedizione di Dio, per molti anni, in un futuro rinnovato.

Traduzione italiana delle parole in russo

Auguro molti anni, molti anni al Presidente, ai rappresentanti dello Stato, e a tutto il popolo.

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE


AL PRESIDENTE DI ADVENIAT




Al mio venerato Fratello nell'Episcopato, Monsignor Franz Grave
Presidente della Azione Episcopale ADVENIAT

1. Quarant'anni fa l'Assemblea Plenaria della Conferenza Episcopale Tedesca decise di introdurre per la prima volta, durante i servizi liturgici del Santo Natale una colletta a favore della Chiesa in America Latina. Questa decisione del 30 agosto 1961 è l'inizio della meritevole opera di cooperazione e solidarietà fra le Chiese particolari in Germania e le Chiese particolari nel continente latino-americano, che in seguito ha assunto il nome di Azione Episcopale ADVENIAT e negli anni della sua esistenza ha contribuito in modo essenziale a rafforzare e a promuovere l'impegno per l'evangelizzazione in America Latina.

2. Anche io desidero essere fra coloro che rendono grazie a Dio per la generosità con la quale i cattolici tedeschi hanno soddisfatto il desiderio del mio venerato predecessore, il beato Giovanni XXIII, e hanno sostenuto con offerte le Chiese in America Latina, per realizzarvi progetti ecclesiali.

Con gratitudine e apprezzamento speciali ricordo due Cardinali che si sono particolarmente distinti: Joseph Frings, Arcivescovo di Colonia e Franz Hengsbach, Vescovo di Essen, che possono essere considerati gli artefici di quest'opera episcopale. Il mio riconoscimento va anche all'intera Conferenza Episcopale Tedesca che è riuscita a promuovere e a dare impulso a questa opera tanto significativa. Parimenti, ringrazio tutti i benefattori e gli innumerevoli, "semplici" fedeli che, di anno in anno, hanno attivamente sostenuto con il proprio contributo i loro fratelli e le loro sorelle in America Latina. Il Signore, che vede anche ciò che è nascosto, vi ricompenserà abbondantemente per la vostra bontà (cfr Mt 6,2-4).

3. Oggi, dopo quarant'anni di feconda collaborazione nella Chiesa, possiamo guardare pieni di gioia a questo raccolto abbondante, frutto dell'amore grande e inesauribile dei cattolici tedeschi verso le loro Chiese sorelle in America Latina. Esso garantirà aiuto nella formazione di sacerdoti, religiosi e catechisti così come nell'edificazione di chiese, cappelle, seminari, centri parrocchiali e conventi. Verranno messi a disposizione anche automobili e altri mezzi di trasporto e innumerevoli altri strumenti utili all'opera di evangelizzazione e alle necessità della pastorale.

In tal modo i cattolici tedeschi hanno risposto insieme ai propri Pastori alla grande sfida pastorale di lenire le necessità materiali, che gravano sulle Chiese locali in America latina, che sono ricche di fede, ma spesso povere di infrastrutture religiose. In un certo senso, i cattolici tedeschi partecipano anche alla particolare sollecitudine che il Successore di Pietro nutre per i fratelli e per le sorelle in America Latina, e si rendono sempre più conto di essere membri della Chiesa universale.


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