GP2 Discorsi 2001 343

343 4. I gesti concreti di affetto verso le Chiese sorelle, gli aiuti economici e altri segni di solidarietà esprimono il mistero della Chiesa come Communio: tutti sono membri di un unico Corpo e Cristo ne è il Capo. Desidero esprimere il mio apprezzamento anche al gemellaggio fra le Diocesi tedesche e latino-americane che sono sorte con l'aiuto di ADVENIAT e nello scambio reciproco del dare e del ricevere hanno prodotto buoni e abbondanti frutti di solidarietà.

Grazie all'opera instancabile di ADVENIAT è stata creata una salda rete di collegamento fra la Chiesa in Germania e le Chiese particolari in America Latina, i cui Paesi hanno ricevuto la luce di Cristo più di cinquecento anni fa e i cui abitanti sono quasi la metà dei cattolici di tutto il mondo.
Queste regioni si distinguono per una identità culturale, nella quale il Vangelo si è profondamente impresso. Al contempo esiste lì una Chiesa viva che preme per cominciare l'opera di evangelizzazione (cfr Discorso alla Pontificia Commissione per l'America Latina, 23 marzo 2001).

5. La ricchezza e la vitalità della Chiesa nel "continente della speranza" devono essere per i cattolici tedeschi uno sprone a vivere la propria fede con intensità e convinzione sempre maggiori, come raccomandò vivamente san Paolo alla Chiesa di Corinto a proposito della Chiesa di Gerusalemme: "Per il momento la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza, perché anche la loro abbondanza supplisca alla vostra indigenza, e vi sia uguaglianza" (
2Co 8,14).

Il mio auspicio è che lo stretto vincolo fra le vostre Chiese locali e quelle in America Latina rechi abbondanti frutti anche in Germania, cosicché la Chiesa si rinnovi e si orienti a quella ""misura alta" della vita cristiana", che ho evidenziato nella mia Lettera Apostolica Novo Millennio ineunte (cfr n. 31).

6. All'inizio del terzo millennio esorto i Pastori e i fedeli della Germania a "far tesoro della grazia ricevuta" nell'anno giubilare, "traducendola in fervore di propositi e concrete linee operative" (Novo Millennio ineunte NM 3), in modo che possano fiorire e prosperare opere così importanti e positive come ADVENIAT per una solidarietà ecclesiale mondiale.

Che il Signore, per intercessione della Vergine di Guadalupe, protettrice dell'America, riempia il vostro cuore del dono dell'amore e accompagni le vostre azioni, che compie per i fratelli e per le sorelle più poveri uniti nella fede!

Con questo auspicio vi imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.

Castel Gandolfo, 30 agosto 2001

GIOVANNI PAOLO PP. II




MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

AL PRESIDENTE INTERNAZIONALE

DELLA MILIZIA DELL’IMMACOLATA


Al Reverendo Padre


EUGENIO GALIGNANO, O.F.M.Conv.

344 Presidente Internazionale della Milizia dell'Immacolata

1. Con vivo interesse ho appreso che codesto Centro Internazionale della Milizia dell'Immacolata, sostenuto dalle Pontificie Facoltà Teologiche "San Bonaventura" e "Marianum", alle quali si affianca l'Associazione Mariologica Interdisciplinare Italiana, ha promosso il Congresso internazionale "Massimiliano Maria Kolbe nel suo tempo e oggi. Approccio interdisciplinare alla personalità e agli scritti".

Nell'esprimere il mio compiacimento per l'iniziativa, saluto cordialmente Lei, Reverendo Padre, i Signori Cardinali, i venerati Fratelli nell'Episcopato, le Autorità Accademiche, il Ministro Generale e i Frati Minori Conventuali, i Relatori del Convegno e quanti prendono parte a così significativo evento.

Il Simposio, a sessant'anni dall'eroico martirio di Padre Massimiliano Maria, sottolinea quanto sia attuale la sua testimonianza e come il suo pensiero sia presente nella riflessione attuale della teologia cattolica. Il gesto straordinario del Martire di Oswiecim offre l'opportunità, mediante un'indagine interdisciplinare, di comprendere meglio la sua figura e la sua opera; di approfondire le sue penetranti intuizioni teologiche e spirituali nell'ottica della nuova evangelizzazione e del rinnovato slancio missionario che impegnano la Chiesa del terzo millennio.

2. Uomo che conobbe in profondità le ansie e gli aneliti dei suoi contemporanei, Massimiliano Maria Kolbe seppe cogliere in ogni cultura la presenza vivificante di "semi del Verbo" e, attraverso un dialogo fiducioso e amorevole con Colei che generò nel tempo il Figlio di Dio, si sforzò di valorizzarli per un'opera coraggiosa di evangelizzazione. L'Immacolata fu per lui, oltre che "dolce Mamma", esempio e criterio di fedeltà assoluta al piano salvifico di Dio.

Fin dalla gioventù volle essere incondizionatamente tutto di Maria, Colei che Dio pensò sin dall'eternità quale Madre del Figlio. La Beata Vergine fu la creatura che meglio seppe accogliere il piano della redenzione che la Santissima Trinità aveva voluto, in Cristo, per tutta l'umanità. "Quanti misteri su Gesù - scriveva San Massimiliano - avrà rivelato soltanto ed esclusivamente alla tua anima immacolata quello Spirito Divino che viveva e operava in te" (SK, 1236).

Fu sua intima convinzione che chi sta con Maria è docile al soffio del Paraclito, sa accoglierne l'ispirazione e può aderire pienamente a Cristo. Chi vuol conoscere e predicare il Vangelo, egli sembra suggerire, si avvicini con fiducia all'Immacolata, poiché Lei conobbe in profondità i misteri del Figlio di Dio.

La Chiesa, nel suo incedere con fiducia verso il compimento del Regno di Dio, continua ad annunciare la Buona Novella in un mondo che cambia, fedele all'eredità ricevuta, ma cosciente che metodi e parole devono essere adattati alla mentalità dell'uomo d'oggi. San Massimiliano seppe parlare e farsi comprendere dai suoi contemporanei; seppe essere fedele a Dio e fedele all'uomo nella verità e nella santità.

3. Padre Kolbe ha lasciato questa eredità ai suoi Confratelli, i Minori Conventuali, e, attraverso il loro impegno e la loro testimonianza, a tutta la comunità cristiana. La Milizia dell'Immacolata, da lui fondata e di recente riconosciuta come Associazione di fedeli pubblica e internazionale, ha raccolto in maniera speciale questa consacrazione a Maria, perché il Vangelo continui ad essere generosamente predicato a tutti e sia luce per l'intera umanità.

Possa il Convegno, attraverso i diversi approcci alla personalità ed agli scritti del Santo martire della carità, contribuire ad approfondirne i contenuti di dottrina e i metodi apostolici a servizio dell'opera evangelizzatrice della Chiesa.

Con tali voti, mentre affido Lei, Reverendo Padre, i partecipanti al Congresso e tutti i membri della Milizia dell'Immacolata alla celeste protezione della Beata Vergine Maria e all'intercessione di san Massimiliano Maria Kolbe, imparto di cuore a tutti una speciale Benedizione Apostolica.

345 Da Castel Gandolfo, 18 Settembre 2001

IOANNES PAULUS II



VISITA PASTORALE IN KAZAKHSTAN

CERIMONIA DI CONGEDO

Aeroporto internazionale

Astana, 25 settembre 2001

Signor Presidente,

Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
Gentili Signore e Signori!

1. Stanno per concludersi questi tre memorabili giorni, che mi hanno permesso di incontrare, qui ad Astanà, tante persone e di conoscere da vicino molte forze vive del popolo kazakhstano. Mi accompagnerà a lungo il ricordo del mio soggiorno in questa nobile Nazione, ricca di storia e di tradizioni culturali.

Grazie per la gentile e cordiale accoglienza che mi è stata riservata. Grazie, Signor Presidente, per la Sua squisita ospitalità, testimoniata in molti modi! Grazie alle Autorità amministrative, militari e religiose, come pure a quanti hanno preparato la mia visita e ne hanno curato i dettagli organizzativi: a tutti e a ciascuno va l'espressione della mia più viva riconoscenza.

Mi restano impresse nell'animo le parole che ho ascoltato nei vari momenti che insieme abbiamo vissuto. Ho ben presenti le speranze e le attese di questo caro popolo, che ho potuto più profondamente conoscere e apprezzare. Un popolo che ha sofferto anni di dura persecuzione, ma che non esita a riprendere con lena il cammino del proprio sviluppo. Un popolo che vuole costruire un futuro sereno e solidale per i suoi figli, perché ama e cerca la pace.

2. Kazakhstan, Nazione carica di secoli di storia, tu ben sai quanto la pace sia importante e urgente! Per conformazione geografica, tu sei Terra di confine e di incontro. Qui, in queste sconfinate steppe, si sono incontrati e continuano a incontrarsi pacificamente uomini e donne appartenenti a etnie, culture e religioni diverse.

Kazakhstan, possa tu, con l'aiuto di Dio, crescere unito e solidale! E' questo l'augurio cordiale che rinnovo, riprendendo il tema ispiratore di tutta la visita: "Amatevi gli uni gli altri"! (Jn 13,34). Queste impegnative parole di Gesù, pronunciate alla vigilia della sua morte sulla croce, hanno illuminato e ritmato le tappe di questo mio pellegrinaggio.

346 "Amatevi gli uni gli altri"! Di salde intese e di stabili rapporti sociali ha bisogno questo Paese, dove convivono uomini e donne di origini diverse. Non è esagerato sostenere che il vostro è un Paese con una vocazione tutta particolare: quella di essere, in modo sempre più consapevole, un ponte fra l'Europa e l'Asia. Sia questa la vostra scelta civile e religiosa. Siate un ponte di uomini che abbracciano altri uomini; persone che veicolano pienezza di vita e di speranza.

3. Mentre mi congedo da te, caro popolo kazakhstano, voglio assicurarti che la Chiesa continuerà a camminare al tuo fianco. In stretta collaborazione con le altre Comunità religiose e con ogni uomo e donna di buona volontà, i cattolici non faranno mancare il loro sostegno, perché insieme si possa costruire una casa comune, sempre più ampia ed accogliente.

La ricerca del dialogo e dell'armonia ha qui contraddistinto le relazioni tra il Cristianesimo e l'Islam sin dal periodo della formazione del Canato turco negli sconfinati spazi delle vostre steppe, e ha consentito al Paese di diventare anello di congiunzione tra Oriente ed Occidente sulla grande via della seta. Su questa linea anche le nuove generazioni devono proseguire con impegno rinnovato.

"Amatevi gli uni gli altri". Su questa parola del Signore si gioca la credibilità di noi cristiani. E' Gesù stesso ad ammonirci: "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (
Jn 13,35).

4. Il Grande Giubileo dell'anno Duemila, sollecitando i cristiani ad un intenso risveglio spirituale, li ha anche invitati ad essere testimoni dell'amore per rispondere alle sfide del terzo millennio. Siatelo senza sosta anche voi! Siate pronti a dare corpo al bisogno "di pace, spesso minacciata con l'incubo di guerre catastrofiche" (Novo millennio ineunte NM 51). Siate sentinelle vigilanti attente al "rispetto della vita di ciascun essere umano" (ibid.).

Siate testimoni dell'amore anche voi, uomini e donne di altre religioni, che avete a cuore le sorti del vostro popolo! La domanda che si poneva Abai Kunanbai interpella tutti: "Se mi è stato dato il nome di uomo, / posso io fare a meno di amare?" (Poesia 12). Questa domanda mi è caro far echeggiare ora, mentre mi congedo da voi: può un essere umano fare a meno di amare?

Quale Successore dell'apostolo Pietro, ripercorrendo nella mente i tanti eventi che hanno segnato la storia del secolo passato, vi ripeto: Guardate fiduciosi verso l'avvenire! Sono venuto tra voi come pellegrino di speranza, ed ora mi accingo a riprendere la strada del ritorno non senza commozione e nostalgia. Porterò con me i ricordi di questi giorni; porterò con me la certezza che tu, popolo del Kazakhstan, non verrai meno alla tua missione di solidarietà e di pace.

Dio ti benedica e sempre ti protegga!

VIAGGIO APOSTOLICO IN ARMENIA

CERIMONIA DI BENVENUTO

Aeroporto internazionale Zvartnotz

Yerevan, 25 settembre 2001




Signor Presidente,
Santità,
347 Cari Amici dell’Armenia!

1. Rendo grazie a Dio Onnipotente perché oggi, per la prima volta, il Vescovo di Roma si trova sul suolo armeno, in questa antica ed amata terra, della quale così cantava il vostro grande poeta Daniel Varujan: "Dai villaggi fino agli orizzonti / si estende la maternità della vostra terra" (Il richiamo delle terre). Da lungo tempo ho atteso questo momento di grazia e di gioia, e in modo speciale sin dalle visite in Vaticano effettuate da Lei, Signor Presidente, e da Lei, Santità, Supremo Patriarca e Catholicos di Tutti gli Armeni.

Le sono profondamente grato, Signor Presidente, per le gentili parole di benvenuto che mi ha rivolto a nome del Governo e degli abitanti dell’Armenia. Ringrazio altresì le Autorità Civili e Militari, come pure il Corpo Diplomatico accreditato in Armenia, per avermi dato oggi il benvenuto. Nel rivolgermi a Lei, Signor Presidente, desidero estendere l’espressione della mia stima e della mia amicizia non soltanto ai concittadini che vivono in patria, ma anche ai milioni di Armeni sparsi in tutto il mondo, i quali rimangono fedeli al loro retaggio e alla loro identità, ed oggi guardano alla loro terra di origine con rinnovato orgoglio e contentezza. Anche nel loro cuore pulsano i sentimenti espressi da Varujan in una sua poesia: "È squisito per il mio cuore tuffarsi

nell’onda luminosa di azzurro, / naufragare – se è necessario – nei fuochi celesti; / conoscere nuove stelle, l’antica patria perduta, / da dove la mia anima caduta piange ancora la nostalgia del cielo" (Notte sull’aia).

2. Santità, Catholicos Karekin, abbraccio con fraterno amore nel Signore Lei e la Chiesa che Ella presiede. Senza il Suo incoraggiamento io non sarei ora qui, come pellegrino in viaggio spirituale per onorare la straordinaria testimonianza di vita cristiana offerta dalla Chiesa Apostolica Armena lungo tanti secoli, e soprattutto nel ventesimo secolo, che per voi è stato un tempo di indicibile terrore e sofferenza. Nel 1700° anniversario della proclamazione del Cristianesimo come religione ufficiale di questa terra amatissima, l’intera Chiesa Cattolica condivide la vostra intima gioia e quella di tutti gli Armeni.

Porgo il mio abbraccio ai Fratelli Vescovi e a tutti i fedeli della Chiesa Cattolica in Armenia e delle regioni vicine, lieto di confermarvi nell’amore del nostro Signore Gesù Cristo, come pure nel servizio al prossimo e al vostro Paese.

3. Sono profondamente commosso al pensiero della gloriosa storia del Cristianesimo in questa terra, che, secondo la tradizione, si rifa' alla predicazione degli apostoli Taddeo e Bartolomeo. In seguito, attraverso la testimonianza e l’opera di san Gregorio l’Illuminatore, il Cristianesimo divenne, per la prima volta, la fede di un’intera Nazione. Gli Annali della Chiesa universale affermeranno per sempre che le genti dell’Armenia furono le prime, come popolo, ad abbracciare la grazia e la verità del Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo. Da quei tempi epici, la vostra Chiesa non ha mai cessato di cantare le lodi di Dio Padre, di celebrare il mistero della morte e risurrezione del Figlio suo Gesù Cristo, e di invocare l’aiuto dello Spirito Santo, il Consolatore. Voi custodite con zelo la memoria dei vostri numerosi martiri, e in verità il martirio è stato un marchio speciale della Chiesa e del popolo armeni.

4. Il passato dell’Armenia è inseparabile dalla sua fede cristiana. La fedeltà al Vangelo di Gesù Cristo contribuirà ugualmente anche al futuro che la Nazione sta costruendo, dopo le devastazioni del secolo passato. Signor Presidente, cari Amici, avete appena celebrato il decimo anniversario della vostra indipendenza. Si è trattato di un passo significativo sul cammino verso una società giusta e armoniosa, nella quale tutti si sentano pienamente come a casa e possano vedere rispettati i loro legittimi diritti. Tutti, e in particolare, quanti sono responsabili della cosa pubblica, sono chiamati oggi a un genuino impegno per il bene comune, nella giustizia e nella solidarietà, ponendo il progresso del popolo davanti a qualsiasi altro interesse parziale. E questo è vero anche nell’urgente ricerca della pace in questa regione. La pace può essere costruita solo sulle solide fondamenta del rispetto reciproco, della giustizia nelle relazioni fra comunità diverse, e nella magnanimità da parte dei forti.

L’Armenia è divenuta membro del Consiglio d’Europa, e ciò indica la vostra determinazione di operare con decisione e coraggio nel porre in atto le riforme democratiche delle istituzioni dello Stato, necessarie per garantire il rispetto dei diritti umani e civili dei cittadini. Sono tempi difficili, ma anche tempi che sfidano la Nazione e le infondono coraggio. Ognuno deve fermamente decidere di amare la propria terra e di sacrificare se stesso per il genuino sviluppo come pure per il benessere spirituale e materiale del suo popolo!

Dio benedica il popolo armeno con la libertà, la prosperità e la pace!

VIAGGIO APOSTOLICO IN ARMENIA

VISITA DI PREGHIERA

Cattedrale Apostolica di Etchmiadzin

348
25 settembre 2001




Venerato Fratello,
Supremo Patriarca e Catholicos di Tutti gli Armeni,
Carissimi Fratelli e Sorelle in Cristo!
Scenda su tutti la benedizione di Dio!

1. I miei passi di pellegrino mi hanno condotto in Armenia per dar lode a Dio per la luce del Vangelo che, diciassette secoli fa, si è diffusa in questa terra da questo luogo dove San Gregorio l’Illuminatore ricevette la visione celeste del Figlio di Dio in forma di luce. La Santa Etchmiadzin si erge quale grande simbolo della fede dell’Armenia nell’Unigenito Figlio di Dio che discese dal cielo, morì per la nostra redenzione dal peccato, e la cui risurrezione inaugura i nuovi cieli e la nuova terra. Per tutti gli Armeni, Etchmiadzin rimane il pegno della perseveranza in quella medesima fede, nonostante le sofferenze e lo spargimento di sangue di ieri e di oggi, che la vostra storia travagliata ha richiesto come prezzo della vostra fedeltà. In questo luogo desidero testimoniare che la vostra fede è la nostra fede in Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo: "Un solo Signore, una sola fede, un solo Battesimo" (
Ep 4,5).

Qui nella Santa Etchmiadzin, con animo colmo di gioia ricambio il bacio di pace che Vostra Santità mi diede lo scorso novembre presso la tomba dell’apostolo Pietro in Roma. Con emozione intensa, saluto Lei, gli Arcivescovi, i Vescovi, i monaci, i sacerdoti e i fedeli dell’amata Chiesa Apostolica Armena. Come Vescovo di Roma, mi inginocchio ammirato di fronte al dono celeste del Battesimo del vostro popolo, e rendo omaggio a questo tempio, simbolo della Nazione, che sin dagli inizi, secondo la visione di san Gregorio, porta sulle sue colonne il segno del martirio.

2. Grazie, Santità, per avermi dato il benvenuto nella Sua casa. È la prima volta che il Papa di Roma, durante l’intero suo soggiorno in un Paese, dimora nella casa di un suo Fratello, che presiede ad una gloriosa Chiesa d’Oriente, e con lui condivide la vita quotidiana sotto lo stesso tetto. Grazie per questo segno di amore che mi commuove grandemente e parla al cuore di tutti i cattolici di profonda amicizia e di carità fraterna.

Il mio pensiero, in questo momento, va ai Suoi venerati Predecessori. Mi riferisco al Catholicos Vazken I, che tanto fece perché il suo popolo potesse vedere la terra promessa della libertà, e ritornò a Dio proprio nel momento in cui giunse l’indipendenza. Penso all’indimenticabile Catholicos Karekin I, che per me fu come un fratello. Il mio progetto di rendergli visita, quando la cattiva salute stava prendendo il sopravvento su di lui, non poté essere realizzato, anche se lo speravo con tutto il cuore. Questo desiderio si compie qui oggi con Vostra Santità, Fratello egualmente caro e amato. Attendo ardentemente i prossimi giorni quando, mano nella mano con Lei, incontrerò il popolo armeno e insieme renderemo grazie a Dio Onnipotente per diciassette secoli di fedeltà a Cristo.

3. Gesù Cristo, Signore e Salvatore, donaci di comprendere la splendida verità che san Gregorio ha udito in questo posto: che "le porte del tuo amore per le tue creature sono spalancateche la luce che riempie la terra è la predicazione del tuo Vangelo".

Signore, rendici degni della grazia di questi giorni. Accogli la nostra comune preghiera; accetta la gratitudine della Chiesa intera per la fede del popolo armeno. Ispiraci parole e gesti che dimostrino l’amore del fratello per il fratello. Questo ti chiediamo per l’intercessione di Maria, la gran Madre di Dio, Regina dell’Armenia, e di san Gregorio, al quale il Verbo qui apparve in forma di luce. Amen.



VIAGGIO APOSTOLICO IN ARMENIA

VISITA DI PREGHIERA

PREGHIERA DI GIOVANNI PAOLO II

349
Memoriale di Tzitzernakaberd

Yerevan, 26 settembre 2001




O Giudice dei vivi e dei morti, abbi pietà di noi!

Ascolta, o Signore, il lamento che si leva da questo luogo,
l’invocazione dei morti dagli abissi del Metz Yeghérn,
il grido del sangue innocente che implora come il sangue di Abele,
come Rachele che piange per i suoi figli perché non sono più.
Ascolta, o Signore, la voce del Vescovo di Roma,
che riecheggia la supplica del suo Predecessore, il Papa Benedetto XV,
quando nel 1915 alzò la voce in difesa
"del popolo armeno gravemente afflitto,
350 condotto alla soglia dell’annientamento".

Guarda al popolo di questa terra,
che da così lungo tempo ha posto in te la sua fiducia,
che è passato attraverso la grande tribolazione
e mai è venuto meno alla fedeltà verso di te.
Asciuga ogni lacrima dai suoi occhi
e fa che la sua agonia nel ventesimo secolo
lasci il posto ad una messe di vita che dura per sempre.

Profondamente turbati dalla terribile violenza inflitta al popolo armeno,
ci chiediamo con sgomento come il mondo possa ancora
conoscere aberrazioni tanto disumane.
351 Ma rinnovando la nostra speranza nella tua promessa, o Signore,
imploriamo riposo per i defunti nella pace che non ha fine,
e la guarigione, mediante la potenza del tuo amore, di ferite ancora aperte.
La nostra anima anela a te, Signore, più che la sentinella il mattino,
mentre attendiamo il compimento della redenzione conquistata sulla Croce,
la luce di Pasqua che è l’alba di una vita invincibile,
la gloria della nuova Gerusalemme dove la morte non sarà più.

O Giudice dei vivi e dei morti, abbi pietà di noi!

Signore pietà, Cristo pietà, Signore pietà (in Armeno)

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE


AI PARTECIPANTI ALL’ASSEMBLEA PLENARIA


DELLA CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI


DI VITA CONSACRATA


E LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA




Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio!

352 1. "Santificati in Cristo Gesù e chiamati ad essere santi, insieme a tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo, grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo" (1Co 1,2-3).

Con il saluto dell'apostolo san Paolo ai cristiani di Corinto, mi rivolgo innanzitutto a Lei, Signor Cardinale Eduardo Martínez Somalo, che con tanta saggezza e prudenza guida il Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica. Estendo il mio saluto agli altri Signori Cardinali, ai venerati Presuli e agli Officiali della Congregazione che prendono parte alla Plenaria, nella quale si riflette sul denso e suggestivo tema: "«Ripartire da Cristo», un rinnovato impegno della vita consacrata nel terzo millennio".

Vi ringrazio della collaborazione che offrite alla Santa Sede nello studio e nel discernimento degli orientamenti da proporre alle persone consacrate. La Chiesa conta sulla dedizione costante di questa eletta schiera di suoi figli e figlie, sul loro anelito di santità e sull'entusiasmo del loro servizio per "favorire e sostenere la tensione di ogni cristiano verso la perfezione" e rafforzare la "solidale accoglienza del prossimo, specialmente quello più bisognoso" (Vita consecrata VC 39). In questo modo, viene ad essere testimoniata la vivificante presenza della carità di Cristo in mezzo agli uomini.

2. E' ancora vivo il ricordo del Grande Giubileo, al termine del quale ho invitato tutta la Chiesa a proseguire l'itinerario spirituale intrapreso, ripartendo con rinnovato vigore dalla "contemplazione del volto di Cristo: lui considerato nei suoi lineamenti storici e nel suo mistero, accolto nella sua molteplice presenza nella Chiesa e nel mondo, confessato come senso della storia e luce del nostro cammino" (Novo millennio ineunte NM 15).

In questo cammino, che concerne la Comunità ecclesiale nel suo insieme, le persone consacrate, chiamate "a porre la propria esistenza a servizio della causa del Regno di Dio, lasciando tutto e imitando da vicino la forma di vita di Gesù Cristo" (Vita consecrata VC 14), assumono un ruolo eminentemente pedagogico per l'intero Popolo di Dio. L'assiduo ascolto della Parola, la frequente lode al Padre, datore di ogni bene e la testimonianza di una carità operosa verso i fratelli più bisognosi, mostra a tutti la "profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio!" (Rm 11,33).

Per svolgere questo ministero pedagogico nella Chiesa, la vita consacrata deve sviluppare relazioni spirituali e apostoliche sempre più autentiche all'interno del tessuto ordinario delle Comunità cristiane, condividendo i beni spirituali: il cammino di fede e l'esperienza di Dio, il carisma e i doni dello Spirito che la distinguono. Grazie a questa compartecipazione, maturerà in ogni Comunità ecclesiale un vicendevole e più intenso sostegno. Ciascuno diventerà responsabile e, insieme, bisognoso dell'altro, avanzando nella vita di fede e secondo il carisma e il ministero proprio di ciascuno.

3. E' un impegno importante, che richiede un rinnovato slancio di santità. "La vita spirituale deve essere dunque al primo posto nel programma delle Famiglie di vita consacrata, in modo che ogni Istituto e ogni comunità si presentino come scuole di vera spiritualità evangelica" (Vita consecrata VC 93). La vita quotidiana dei consacrati e delle consacrate, resa luminosa dall'assiduo contatto con il Signore nel silenzio e nella preghiera, dalla gratuità dell'amore e del servizio specialmente per i più poveri, testimonia che la libertà è frutto dell'aver trovato la perla preziosa (cfr Mt 13,45-46), Cristo, per il quale si è disposti ad abbandonare tutto, affetti e sicurezze terrene, dicendo con gioia: Maestro, "Ti seguirò dovunque tu vada" (Lc 9,57). Ecco il percorso di tanti consacrati e consacrate in molte parti della terra, che giungono anche fino al dono supremo della vita con il martirio.

In tale profonda relazione di amore per Cristo e di spirituale cammino sulle sue orme è racchiusa ogni speranza di futuro per la vita consacrata, che richiede un impegno personale, cosciente, volontario, libero, amoroso verso la santità. I consacrati e le consacrate sono chiamati a mostrare in questo cammino un'autentica spirituale «professionalità», affrontando con gioiosa speranza i sacrifici e i distacchi, le difficoltà e le attese che tale itinerario comporta ed esige. E' la via del ritorno alla casa del Padre, che Cristo ci ha aperto e nella quale ci ha preceduto. Essa è insieme distacco e ricerca; unisce gli aspetti faticosi della rinuncia con gli aspetti gioiosi dell'amore (cfr Lc 9,23ss.). Fedeli alla loro vocazione, i consacrati e le consacrate potranno un giorno esultare con il Salmista: "Beato chi abita la tua casa: sempre canta le tue lodi! Beato chi trova in te la sua forza e decide nel suo cuore il santo viaggio. Passando per la valle del pianto la cambia in una sorgente, anche la prima pioggia l'ammanta di benedizioni. Cresce lungo il cammino il suo vigore, finché compare davanti a Dio in Sion" (Ps 83 [84],5-8).

4. La pedagogia della santità si esprime in modo singolare nell'attenzione primaria alla comunione che deve splendere nella vita consacrata di ogni tempo. Ogni comunità religiosa è chiamata ad essere il luogo dove s'impara naturalmente a pregare, dove si educa a riconoscere e contemplare il volto di Cristo, si cresce di giorno in giorno nella sequela radicale del Signore, cercando con sincerità la verità su di sé e orientandosi decisamente al servizio del Regno di Dio e della sua giustizia.

Dalla condivisione della fede, umile ed operosa, nasce la comunione autentica. Essa, infatti, porta a mettere in comune non solo i doni di bontà e di grazia, ma anche i limiti e le povertà di ogni persona. I beni di grazia e di bontà vengono condivisi perché alimentino la santità di tutti; si è fatti partecipi delle povertà umane e spirituali di ciascuno, per assumerle su di sé e celebrare insieme la misericordia del Padre.

L'autentica comunione in Cristo promuove così un nuovo stile di apostolato. L'annuncio del Vangelo della vita consacrata, quando parte da una fraternità intensa e generosa, diventa più vivo ed efficace. E' quanto ci ha insegnato l'apostolo san Giovanni nella sua prima Lettera: "Ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi" (1Jn 1,1 1Jn 1,3).

353 In questo modo, anche quanto è tipico della vita consacrata, come ad esempio i voti o la peculiare spiritualità, diventa un dono ricevuto da non conservare gelosamente per sé, ma da dispensare umilmente e generosamente al Popolo di Dio con la parola e la testimonianza, perché tutti, anche chi è lontano o sembra ostile, possano conoscere e comprendere la profonda novità del cristianesimo.

5. Nella storia della Chiesa la vita consacrata è stata sempre in prima linea nell'opera dell'evangelizzazione. Anche oggi essa si fa pellegrina, cammina accanto ad ogni persona, ne condivide le vicende, ne riscalda il cuore con l'amore ricevuto nella contemplazione del volto di Cristo, e la conduce alle sorgenti d'acqua viva della grazia divina, condividendo con lei il pane dell'Eucaristia e della carità. In questo itinerario misterioso, intessuto di donazione e di accoglienza, di rinunce e di conquiste, i consacrati imparano a riconoscere le provocazioni e le sfide dell'odierna società.

Seguendo Cristo povero, casto e obbediente, con tutto il cuore e con tutte le forze, essi offrono la testimonianza di un'esistenza capace di dare senso e speranza ad ogni impegno personale e, pertanto, di un'esistenza alternativa al modo di vivere del mondo.

Questa testimonianza diventa la più efficace via per incoraggiare le vocazioni alla vita consacrata. Sì, occorre presentare ai giovani il volto di Cristo contemplato nella preghiera e teneramente servito nei fratelli con amore gratuito. Dobbiamo essere persuasi che "non una formula ci salverà, ma una Persona" (Novo millennio ineunte
NM 29). Gesù ci assicura: "Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo" (Mt 28,20). Non dobbiamo solo «parlare» di Lui, ma dobbiamo farlo «vedere», con l'audace testimonianza della fede e della carità. Cristo deve diventare il riferimento sicuro; il suo Volto la sorgente della luce, forte e misericordiosa, che illumina il mondo. Soltanto in Lui si trova l'energia soprannaturale che può trasformare il mondo secondo il disegno divino.

Augurando a tutti un sereno e fecondo lavoro sotto la guida luminosa dello Spirito Santo, imparto con affetto a ciascuno di voi e a tutti i membri degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica la mia paterna Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 21 Settembre 2001

IOANNES PAULUS II


DICHIARAZIONE COMUNE


DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II


E DI SUA SANTITÀ KAREKIN II




La celebrazione del 1700° anniversario della proclamazione del cristianesimo quale religione dell'Armenia ha riunito qui noi, Giovanni Paolo II, Vescovo di Roma e Pastore della Chiesa Cattolica, e Karekin II, Patriarca Supremo e Catholicos di Tutti gli Armeni; rendiamo grazie a Dio per averci concesso questa gioiosa opportunità di essere di nuovo insieme nella preghiera comune, a lode e gloria del suo Santissimo Nome. Benedetta sia la Santissima Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, ora e sempre.

Commemorando questo evento meraviglioso, ricordiamo con rispetto, gratitudine e amore il grande confessore di nostro Signore Gesù Cristo, san Gregorio l'Illuminatore, così come i suoi collaboratori e successori. Essi hanno illuminato non solo il popolo Armeno, ma anche altri popoli dei vicini Paesi del Caucaso. Grazie alla loro testimonianza, alla loro dedizione e al loro esempio, il popolo Armeno nel 301 d.C. fu inondato dalla luce divina e si volse sinceramente a Cristo, come alla Verità, alla Vita e alla Via della salvezza.

Gli Armeni hanno adorato Dio come loro Padre, hanno professato Cristo come loro Signore e hanno invocato lo Spirito Santo come loro santificatore; hanno amato la Chiesa apostolica universale come loro Madre. Il supremo comandamento di Cristo di amare Dio sopra ogni cosa e il prossimo come se stessi è divenuto uno stile di vita per gli Armeni fin dall'antichità. Sorretti da grande fede essi hanno scelto di rendere testimonianza alla verità e di accettare la morte, se necessario, per aver parte alla vita eterna. Il martirio per amore di Cristo divenne così una grande eredità per molte generazioni di Armeni. Il tesoro più prezioso che una generazione poteva trasmettere alla successiva era quello della fedeltà al Vangelo cosicché, con la grazia dello Spirito Santo, i giovani divenissero risoluti quanto i loro antenati nel rendere testimonianza alla verità. Lo sterminio di un milione e mezzo di Cristiani Armeni, che generalmente viene definito come il primo genocidio del XX secolo, e il successivo annientamento di migliaia di persone sotto il regime totalitario, sono tragedie ancora vive nel ricordo della generazione attuale. Gli innocenti che furono massacrati senza motivo non sono canonizzati, ma molti di loro sono stati certamente confessori e martiri per il nome di Cristo. Noi preghiamo per il riposo delle loro anime ed esortiamo i fedeli a non perdere mai di vista il significato del loro sacrificio. Rendiamo grazie a Dio perché il cristianesimo in Armenia è sopravvissuto alle avversità degli ultimi diciassette secoli e perché la Chiesa Armena è ora libera di compiere la propria missione di proclamare la Buona Novella nella moderna Repubblica di Armenia e in molte zone vicine e lontane, nelle quali sono presenti comunità Armene.

L'Armenia è di nuovo un Paese libero, come negli antichi tempi del Re Tiridate e di san Gregorio l'Illuminatore. Negli ultimi dieci anni, è stato riconosciuto il diritto dei cittadini della nascente Repubblica a professare liberamente la propria religione. In Armenia e nella diaspora, sono state fondate nuove istituzioni Armene, sono state costruite chiese e sono state create scuole e associazioni. In tutto ciò riconosciamo la mano amorevole di Dio, poiché Egli ha reso visibili i suoi miracoli nel corso di tutta la storia di una piccola nazione, che ha conservato la sua particolare identità grazie alla fede cristiana. A motivo della sua fede e della sua Chiesa, il popolo Armeno ha sviluppato un'unica cultura cristiana, che di fatto è un preziosissimo apporto al tesoro del cristianesimo nel suo insieme.

L'esempio dell'Armenia cristiana attesta che la fede in Cristo suscita speranza in ogni situazione umana, per quanto difficile. Preghiamo affinché la luce salvifica della fede cristiana possa risplendere sui deboli e sui forti, sulle nazioni sviluppate e su quelle in via di sviluppo di questo mondo. Oggi in particolare, la complessità e le sfide della situazione internazionale richiedono una scelta tra il bene e il male, fra il buio e la luce, fra l'umanità e la disumanità, fra la verità e la falsità.


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