GP2 Discorsi 2001 395

GIOVANNI PAOLO II



AI PARTECIPANTI ALLA RIUNIONE


DELLA COMMISSIONE CATTOLICA INTERNAZIONALE


PER LE MIGRAZIONI (ICMC)


Lunedì, 12 novembre 2001

Cari amici in Cristo,


1. Sono lieto di darvi il benvenuto, membri del Consiglio della Commissione Cattolica Internazionale per le Migrazioni in occasione della vostra Assemblea. La vostra presenza qui è particolarmente significativa, dopo che gli eventi tragici dell'11 settembre hanno portato all'annullamento dell'incontro a New York. Essa dimostra la vostra determinazione a perseguire la vostra opera vitale in qualsiasi situazione difficile. Ringrazio il professor Zamagni per le sue cortesi parole e rivolgo un saluto particolare ai rappresentanti dei migranti, vostri partner nella Conferenza Episcopale Italiana. Saluto anche i benefattori della Commissione, il cui contributo è particolarmente importante in un momento in cui cercate di ridurre la dipendenza dal finanziamento pubblico, cosicché la Commissione possa operare sempre come organismo cattolico indipendente.

2. Quest'anno celebrate il vostro quinto anniversario e ciò è motivo di rendimento di grazie. In occasione dell'inaugurazione della Commissione, il futuro Papa Paolo VI dichiarò che la sua causa era la causa di Cristo stesso. In questi decenni, la Commissione non ha smesso di mostrare ai migranti il volto del Figlio dell'Uomo che non aveva "dove posare il capo" (Lc 9, 58).

Dalla vostra fondazione i modelli di migrazione umana sono mutati, ma il fenomeno non è meno drammatico e la vostra opera diviene sempre più urgente poiché il problema dei rifugiati si fa sempre più acuto. Di fatto, ora è il momento di sviluppare forme ancor più generose ed efficaci di servizio nel campo della migrazione umana, contribuendo a garantire che persone già emarginate non vengano ulteriormente paralizzate perché non sono parte del processo di globalizzazione economica. Oggi, quindi, desidero invitarvi a una maggiore consapevolezza della vostra missione: vedere Cristo in ogni fratello e in ogni sorella bisognosi, proclamare e difendere la dignità di ogni migrante, di ogni persona dislocata e di ogni rifugiato. In tal modo, l'assistenza prestata non sarà considerata un'elemosina che dipende dalla bontà del nostro cuore, ma un atto dovuto di giustizia.

396 3. Viviamo in un mondo in cui popoli e culture sono spinti a un'interazione sempre più stretta e complessa. Tuttavia, paradossalmente, osserviamo maggiori tensioni etniche, culturali e religiose che colpiscono duramente i migranti e i rifugiati, particolarmente vulnerabili al pregiudizio e all'ingiustizia che spesso accompagnano queste tensioni. Perciò il sostegno della Commissione ai Governi e alle organizzazioni internazionali e la sua promozione di leggi e politiche volte a tutelare la vulnerabilità sono aspetti particolarmente importanti della sua missione. Inoltre, per questo motivo è necessario continuare a sviluppare programmi di formazione rivolti al vostro personale, per aiutarlo a comprendere in maniera più approfondita le realtà della migrazione forzata e le possibilità per assistere le famiglie sradicate e per promuovere il rispetto reciproco fra persone di culture diverse.

4. Il vostro servizio è vincolato da una duplice fedeltà: a Cristo, l'unico mediatore che è la Via, la Verità e la Vita per tutta la famiglia umana e alla Chiesa da Lui fondata quale sacramento universale di salvezza. Al centro della vostra opera vi è un concetto di dignità umana basata sulla verità della persona umana, creata a immagine di Dio (cfr
Gn 1,26), una verità che illumina tutta la Dottrina Sociale della Chiesa. Da questa visione deriva il senso dei diritti inalienabili, che nessun potere umano può concedere o negare, poiché la loro fonte è Dio. Questa è una visione profondamente religiosa, condivisa non solo da altri cristiani, ma anche da numerosi seguaci di altre grandi religioni del mondo. Per questo l'opera della Commissione è stata un elemento tanto fecondo di cooperazione ecumenica e interreligiosa. Anche questo è un frutto prezioso in un mondo diviso e lacerato. Vi invito, dunque, in quanto Organizzazione Internazionale Cattolica unita alla Santa Sede nel grande compito di promuovere la solidarietà, a non stancarvi mai di ricercare nuove modalità di cooperazione ecumenica e interreligiosa, ora più che mai necessaria.

Ricordandovi nelle mie preghiere e affidando l'opera della Commissione all'amorevole protezione di Maria, Madre della Chiesa, invoco di cuore su di voi la grazia e la pace abbondanti in Gesù Cristo, "il primogenito dei morti e il principe dei re della terra" (Ap 1,5).

5. Alla Commissione Cattolica Internazionale per le Migrazioni, si sono uniti oggi anche i rappresentanti e i membri della Fondazione Migrantes, che saluto cordialmente. Quest'anno tale organismo, che opera a nome della Conferenza Episcopale Italiana, celebra i 50 anni della propria istituzione. Sorta per l'evangelizzazione e il servizio pastorale degli Italiani all'estero, la Fondazione è ora impegnata ad affiancare le strutture ecclesiali italiane nella cura umana e spirituale degli emigranti che approdano in Italia. Favorendo il dialogo fra le culture per una civiltà dell'amore e della pace, essa è chiamata a stimolare, nella società civile, la comprensione e la valorizzazione di quanti arrivano nella Penisola, in un clima di pacifica convivenza, rispettosa dei diritti della persona.

Auguro che, con l'intercessione di Maria Santissima, questa benemerita istituzione continui a svolgere il suo prezioso lavoro secondo lo spirito di Cristo. A tutti la mia benedizione.



MESSAGGIO DEL SANTO PADRE


AI PARTECIPANTI ALLA PLENARIA


DEL PONTIFICIO CONSIGLIO


PER LA PROMOZIONE DELL’UNITÀ DEI CRISTIANI




Al Venerato Fratello
il Signor Cardinale WALTER KASPER
Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione
dell'Unità dei Cristiani

1. Rivolgo con affetto il mio saluto a Lei e a tutti i partecipanti alla Sessione Plenaria del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, dedicata a un tema quanto mai significativo: Comunione: dono ed impegno - Analisi dei risultati dei dialoghi e futuro della ricerca ecumenica.

Formulo fervidi auspici che anche quest'importante riunione contribuisca a far avanzare il cammino ecumenico verso il ristabilimento della piena unità di tutti i cristiani, priorità pastorale che sempre è stata presente al mio spirito sin dall'inizio del Pontificato. Ho infatti voluto pienamente assumere, nell'intraprendere il mio ministero petrino, l'invito del Concilio Vaticano II a impegnare la Chiesa cattolica "in modo irreversibile a percorrere la via della ricerca ecumenica, ponendosi così all'ascolto dello Spirito del Signore, che insegna come leggere attentamente i «segni dei tempi»" (Lettera enc. Ut unum sint UUS 3).

397 «I segni dei tempi»! La Chiesa cattolica, consapevole che "credere in Cristo significa volere l'unità; volere l'unità significa volere la Chiesa" (ibid., 9), non cessa di inoltrarsi fiduciosa in questa via difficile, ma tanto ricca di gioia, che conduce all'unità e alla piena comunione fra i cristiani (cfr ibid., 2). Quanti segni dei tempi hanno rinfrancato e sostenuto il nostro percorso nei diversi decenni che ci separano dall'Assise conciliare ed in questo inizio di un nuovo millennio! Le stesse celebrazioni ecumeniche, che hanno scandito il Grande Giubileo dell'Anno 2000, hanno offerto segni profetici e commoventi e "ci hanno fatto prendere più viva coscienza della Chiesa come mistero d'unità" (Lettera ap. Novo millennio ineunte NM 48).

E che dire poi dei tanti segni incoraggianti che offre la ricerca teologica condotta a livello delle maggiori Chiese e Comunità ecclesiali? Le commissioni di dialogo internazionali, con pazienza e costanza, vincendo talora scoraggiamenti e sfiducia, sono pervenute a risultati di convergenza che, seppure intermedi, costituiscono una base solida su cui proseguire la comune ricerca. Si moltiplicano, poi, a livello nazionale iniziative di dialogo, di studio e di riflessione, che dimostrano quanto proficui siano questi scambi: essi aiutano a meglio conoscersi e a confrontare le rispettive posizioni nella carità, propiziando una pronta acquisizione dei risultati in quest'epoca di comunicazione in rete. La ricezione dei risultati e la conseguente accentuazione della dimensione ecumenica nella catechesi, nella formazione e nella diaconia, rappresentano altresì un provvidenziale binomio, che non mancherà di dare consistenza agli sforzi ecumenici finora compiuti. Dall'alacrità di quest'impegno ecclesiale dipende la possibilità di entrare sempre maggiormente in quel dinamismo di mutuo arricchimento fra le comunità ecclesiali, che abbiamo già ricevuto come dono, e che è forza propulsiva verso la piena koinonia.

2. "Per la prima volta nella storia l'azione in favore dell'unità dei cristiani ha assunto proporzioni così grandi e si è estesa ad un ambito tanto vasto. Ciò è già un immenso dono che Dio ha concesso e che merita tutta la nostra gratitudine" (Lettera enc. Ut unum sint UUS 41). Questo dono ho sperimentato di persona nei pellegrinaggi apostolici, durante i quali spesso vengo fatto oggetto di non pochi segni di genuina e fraterna carità da parte dei membri di altre Chiese e Comunità ecclesiali. Ho potuto così verificare il grado di comunione esistente tra i cristiani, rafforzandomi nella convinzione che saper "fare spazio" al fratello, portare i suoi pesi ed affidargli i propri contribuisce a far crescere in quella spiritualità di comunione che deve caratterizzare tutto il nostro agire e, a maggior ragione, il nostro agire ecumenico.

Due sono gli orientamenti che sempre debbono guidare questo sforzo: il dialogo della verità e l'incontro nella fraternità. Sono orientamenti che si sono come saldati in un tutto organico consentendo, grazie al loro interscambio, di percorrere un lungo cammino: abbiamo individuato più chiaramente lo scopo, abbiamo ricercato i mezzi per perseguirlo efficacemente, abbiamo stabilito norme e principi capaci di sostenere l'impegno ecumenico della Chiesa cattolica. In particolare, sollecitiamo la presenza degli altri cristiani. In ogni circostanza solenne e significativa, quando ci si imbatte in difficoltà o ostacoli, ci viene in aiuto la fraternità ritrovata stimolandoci a quell'atteggiamento fondamentale di conversione che apre il cuore al perdono. Né sarebbe possibile altrimenti, perché ci siamo già più volte scambiati la promessa di perdonarci abbandonando nelle mani misericordiose di Dio le memorie e le colpe del passato.

Sì! La piena comunione di tutti i cristiani non è ancora purtroppo raggiunta, né ci è dato sapere quale sviluppo lo Spirito Santo vorrà imprimere alla ricerca ecumenica negli anni a venire. E' innegabile però che un lungo tratto di strada è stato percorso, e ben diverso, rispetto al passato, è il clima che regna oggi fra i cattolici e i cristiani delle altre Chiese e Comunità ecclesiali. Iniziamo il terzo millennio consapevoli di trovarci in una situazione nuova, difficilmente immaginabile anche solo cinquant'anni fa. Oggi sentiamo di non poter più fare a meno di questo sforzo che ci accomuna. Ci aiuti il Signore a far tesoro di ciò che è stato sinora realizzato, a custodirlo con cura e ad affrettarne gli sviluppi. Dobbiamo fare di questo tempo, per così dire, intermedio un'occasione propizia per intensificare il ritmo del cammino ecumenico.

3. Il tema scelto per la Plenaria mette tra l'altro in evidenza come i dialoghi teologici ora in corso convergano, a vari livelli e con diverse accentuazioni, attorno al concetto chiave di "comunione". Ciò corrisponde alla visione del Concilio Vaticano II ed evidenzia il nucleo fondamentale dei suoi documenti. Approfondire il senso teologico e sacramentale della nozione di "comunione" equivale, in fondo, a riconfermare gli insegnamenti conciliari come bussola dell'impegno ecumenico nel nuovo millennio. Approfondendo la ricerca e il dibattito su questo tema, la teologia ecumenica affronterà il banco di prova più impegnativo. La messa a punto di una vera nozione ecclesiale di "comunione", a mano a mano purificata da accentuazioni antropologiche, sociologiche o semplicemente orizzontali, renderà possibile un sempre maggiore arricchimento reciproco.

Possa il dialogo ecumenico essere vissuto da ciascun come un pellegrinaggio verso la pienezza della cattolicità che Cristo vuole per la sua Chiesa, armonizzando la pluralità delle voci in una sinfonia unitaria di verità e di amore.

Sono certo che, nello scambio di doni a cui il movimento ecumenico ci ha abituati, nella ricerca teologica rigorosa e serena, nella costante implorazione della luce dello Spirito, potremo affrontare anche le questioni più difficili ed apparentemente insormontabili nei tanti nostri dialoghi ecumenici come, ad esempio, quella del ministero del Vescovo di Roma, su cui mi sono pronunciato in particolare nella mia Lettera enciclica Ut unum sint (cfr nn. 88-96).

4. Il cammino resta lungo e arduo. Il Signore non ci chiede di misurarne la difficoltà con categorie umane. C'è oggi una prospettiva nuova, profondamente diversa rispetto al passato ancora recente: ne siamo grati a Dio. Che questo infonda coraggio e induca tutti a bandire dal vocabolario ecumenico parole come crisi, ritardi, lentezze, immobilismo, compromessi! Pur nella consapevolezza delle presenti difficoltà, invito ad assumere come parole chiave per questo tempo nuovo quelle di fiducia, pazienza, costanza, dialogo, speranza. E vorrei aggiungere ad esse anche impulso ad agire. Mi riferisco qui al fervore suscitato da una buona causa, di fronte alla quale si è stimolati a ricercare i mezzi per sostenerla, alimentando l'inventiva e a volte anche il coraggio di cambiare. La coscienza di servire una buona causa funziona come forza propulsiva che spinge a coinvolgere anche gli altri perché la conoscano e si uniscano a noi nel sostenerla. L'impulso ad agire ci farà scoprire quante cose nuove è possibile fare per sostenere la comune tensione verso la comunione piena e visibile di tutti i cristiani.

Non intendo però con ciò suggerire semplicemente l'atteggiamento di Marta che - secondo le parole di Gesù - si preoccupava ed agitava per molte cose, tralasciando di ascoltare i suoi insegnamenti (cfr Lc 41). Indispensabile è, infatti, la preghiera e l'ascolto costante del Signore, perché è Lui che, con la forza del suo Spirito, converte i cuori e rende possibile ogni concreto progresso sulla strada dell'ecumenismo.

Mentre auspico che la Sessione Plenaria di codesto Pontificio Consiglio offra spunti importanti di riflessione in prospettiva del futuro lavoro, raccomando al Signore ogni vostro progetto. A Lui chiedo, per intercessione di Maria, Madre della Chiesa, di aiutare tutti i cristiani ad operare sempre secondo il comandamento dell'unità, che Egli stesso ci ha lasciato nel cenacolo: "Ut unum sint".

398 Con tali voti, invio a Lei e a ciascuno dei partecipanti all'importante riunione una speciale Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 10 Novembre 2001

IOANNES PAULUS II



DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II

AI VESCOVI DELLA THAILANDIA IN VISITA

"AD LIMINA APOSTOLORUM"


Venerdì, 16 novembre 2001




Caro Cardinale Kitbunchu,
Cari Fratelli Vescovi,

1. Con grande gioia vi porgo il benvenuto, Vescovi della Thailandia, in occasione della vostra visita ad Limina. Siete giunti a Roma per confermare la vostra fede sulle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo e per cercare guida e forza per il servizio del Vangelo che vi è stato affidato. La vostra visita è un segno della comunione di cuore e di mente (cfr Ac 4,32) che vi unisce al Successore di Pietro nel Collegio Apostolico. Vi assicuro delle mie preghiere in questi giorni affinché possiate essere colmi della conoscenza della volontà di Dio in sapienza e intelligenza spirituali (cfr Col 1,9), cosicché attraverso il vostro ministero il Regno di Dio possa continuare a crescere e a progredire fra il vostro popolo. Penso anche ai sacerdoti, ai consacrati, uomini e donne, e ai laici della Chiesa in Thailandia e attraverso di voi li incoraggio a restare saldi nella fede e nell'amore del Signore.

Lo scorso anno, il Grande Giubileo della nascita di Gesù Cristo ha liberato nuove energie e generato un rinnovato entusiasmo nella comunità cristiana in tutto il mondo e anche nel vostro Paese. Non possiamo conoscere tutti i modi con i quali Dio ha toccato la vita delle persone durante l'anno, ma sappiamo che molti cristiani hanno sperimentato il suo amore misericordioso, in particolare nei Sacramenti della Penitenza e dell'Eucaristia. Le innumerevoli grazie e benedizioni del Giubileo ci esortano a rendere sinceramente grazie al Signore "perché è buono, perché eterna è la sua misericordia" (Ps 118,1). Ora abbiamo la responsabilità di pensare al futuro e di trarre vantaggio dalla grazia ricevuta, elaborando un programma concreto di rinnovamento pastorale in grado di soddisfare le necessità della Chiesa all'inizio di questo nuovo millennio.

2. La vostra visita ad Limina si svolge quasi immediatamente dopo la Decima Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che ha concentrato la propria attenzione ancora una volta sulla figura del Vescovo quale uomo di Dio, che si preoccupa innanzitutto della propria santità e della santità del Popolo di Dio. I Padri Sinodali hanno più volte sottolineato che il Vescovo deve essere un uomo di preghiera e di crescita nella grazia mediante i Sacramenti, un uomo dalla vita esemplare, del tutto dedito all'insegnamento, alla santificazione e al governo della porzione del gregge di Dio affidata alla sua sollecitudine. Oggi, desidero incoraggiarvi a riporre tutta la vostra fiducia in Gesù Cristo, che vi ha chiamato e consacrato a questo compito. Non vi abbandonerà mentre lotterete per rispondere a quella chiamata e cercherete di osservare nel vostro Paese il grande comandamento che il Signore ha dato ai suoi Apostoli al momento dell'Ascensione: l'evangelizzazione di tutte le nazioni.

In tal senso, possedete già un vostro programma pastorale incentrato su Cristo stesso "da conoscere, amare, imitare, per vivere in lui la vita trinitaria, e trasformare con lui la storia fino al compimento nella Gerusalemme celeste" (Novo Millennio ineunte NM 29). Dovete sempre preoccuparvi di discernere ciò che va fatto nelle vostre Chiese particolari per far sì che la proclamazione di Cristo raggiunga il cuore delle persone, per edificare e formare comunità cristiane vibranti e per esercitare un effetto profondo ed incisivo nel far sì che i valori evangelici influiscano sulla società e sulla cultura.

L'impegno e il sacrificio di innumerevoli missionari stranieri hanno contribuito molto allo sviluppo della Chiesa in Asia e l'esempio del loro zelo dovrebbe essere ricordato e imitato con profonda gratitudine. Oggi, tuttavia, è necessario che siano innanzitutto gli stessi asiatici a compiere lo sforzo missionario. L'urgente opera di evangelizzazione nel vostro Paese dipenderà da una convincente testimonianza di vita, da un impegno sollecito e dal dispiegamento di energie nuove da parte di tutti i cattolici thailandesi. Parimenti, la Società Missionaria Thailandese, fondata negli ultimi anni, è un frutto maturo della vostra Chiesa locale che merita il vostro sostegno poiché è dando agli altri che anche voi riceverete dal Signore ciò di cui avete bisogno.

3. Poiché non può esservi evangelizzazione autentica "se il nome, l'insegnamento, la vita, le promesse, il regno, il mistero di Gesù di Nazareth, Figlio di Dio, non sono proclamati" (Evangelii nuntiandi EN 22), i Pastori devono garantire che il loro popolo acquisisca una conoscenza corretta e sistematica della persona e del messaggio di Gesù Cristo, una conoscenza che gli permetterà a sua volta di trasmettere agli altri il messaggio salvifico del Vangelo con gioia e convinzione. Come per i primi maestri della fede nelle vostre Diocesi, il vostro compito consiste nel rendere il messaggio cristiano accessibile al vostro popolo, spiegando in che modo il Vangelo illumina il senso della vita di fronte alle domande poste dalla società contemporanea.

399 Sebbene la comunità cattolica in Thailandia sia una piccola minoranza, è tuttavia molto stimata per l'ottimo lavoro che svolge nel campo della sanità e dell'educazione. Le vostre scuole cattoliche offrono un alto livello d'istruzione, rendendo un prezioso contributo alla vita della Chiesa e della società. Per sua natura l'educazione cattolica non è volta solo a trasmettere conoscenza e formazione, ma anche, e ciò è ancor più importante, a trasmettere una visione coerente della vita, improntata al Vangelo, che permetta ai giovani di crescere in libertà autentica e saggezza.

La società contemporanea ha urgente bisogno di queste istituzioni cattoliche per offrire una solida formazione morale e aiutare gli studenti ad acquisire le virtù e le capacità necessarie al servizio di Dio e del prossimo. Bisognerebbe incoraggiare gli studenti a impegnarsi in forme di servizio e di volontariato per poter compiere più attivamente la missione ecclesiale e imparare a contribuire in modo concreto al rinnovamento della società. Ho fiducia nel fatto che farete quanto potrete per mantenere e rafforzare il carattere cattolico delle vostre scuole e per trovare nuovi modi volti a garantire che i poveri e gli emarginati, che altrimenti non ne avrebbero l'opportunità, possano accedere all'educazione.

4. Poiché la famiglia è il fondamento della società e il primo luogo in cui le persone apprendono i valori che le guideranno nella vita, essa deve essere un luogo speciale di sollecitudine pastorale. In ogni Diocesi un attivo apostolato familiare dovrebbe essere teso a garantire che i genitori e i figli ricevano un aiuto a vivere la propria vocazione secondo il pensiero di Cristo e che i coniugi di matrimoni interreligiosi vengano aiutati a evitare qualsiasi indebolimento della fede. La famiglia è minacciata da varie forme di materialismo e da diffuse offese contro la dignità umana, quali il flagello dell'aborto e lo sfruttamento sessuale di donne e bambini. Nelle vostre comunità locali bisogna compiere sforzi continui per affrontare queste difficoltà e formare i fedeli laici a compiere la loro missione specifica nell'ordine temporale, in ogni settore della vita culturale, sociale, economica e politica.

È essenziale allora che i catechisti laici e religiosi, il cui ruolo è tanto importante nelle vostre comunità, continuino a essere preparati "per ogni opera buona" (
2Tm 3,16), mediante una formazione sistematica, giornate di preghiera e corsi di aggiornamento. Nella trasmissione della fede, il Catechismo della Chiesa Cattolica sarà una risorsa inestimabile.

Gli uomini e le donne consacrati, che per la propria forma di vita possono recare una testimonianza dell'amore di Dio particolarmente efficace, offrono un contributo significativo alla vita della Chiesa in Thailandia. Il particolare carisma che li contraddistingue permette loro di soddisfare la diffusa esigenza di spiritualità autentica e di direzione spirituale fra i fedeli. L'apostolato di preghiera è il segreto di un cristianesimo veramente vitale in ogni epoca (cfr Novo Millennio ineunte NM 32) e per questo motivo gli uomini e le donne consacrati, in particolare i contemplativi, dovrebbero non solo offrire il luminoso esempio di una vita dedita alla preghiera e alla riflessione, ma anche divenire maestri autentici di preghiera per gli altri. È significativo il fatto che il Concilio Vaticano II ci ricordi che i contemplativi incrementano la Chiesa "con una misteriosa fecondità apostolica" (Perfectae caritatis PC 7).

5. È soprattutto nell'attenzione alla formazione e al benessere dei sacerdoti che un Vescovo si dimostra un Pastore autentico, un vero padre, fratello e amico dei suoi più stretti collaboratori nel ministero. La Chiesa in Thailandia continua a essere benedetta da numerose vocazioni. È importante che prestiate attenzione ai vari elementi della formazione in seminario per garantire che le vostre Chiese particolari possiedano sempre quei sacerdoti esemplari che le vostre comunità hanno il diritto di aspettarsi.

I candidati hanno bisogno di una solida formazione nelle scienze ecclesiali, una formazione spirituale ben strutturata, se devono comprendere correttamente e profondamente il proprio ministero, l'espressione di una particolare configurazione sacramentale a Cristo che non si può ridurre a un ruolo modellato sulle carriere secolari.

Durante l'anno giubilare, ho avuto la gioia di beatificare un sacerdote thailandese, Padre Nicolas Bunkerd Kit Bamrung, che è stato "eccezionale nel trasmettere la fede, nel cercare gli emarginati e nell'essere caritatevole verso i poveri" (Omelia, 5 marzo 2000, n. 3). Il Beato Nicolas è un modello autentico per i presbiteri thailandesi e confido che il suo esempio spingerà seminaristi e sacerdoti a comprendere che lungi dall'essere un mero custode di istituzioni ecclesiali, il sacerdote dovrebbe sempre pensare a se stesso come a uno strumento vivo di Cristo, l'eterno Sommo Sacerdote (cfr Presbyterorum ordinis PO 12). La sua vita "è un mistero totalmente innestato sul mistero di Cristo e della Chiesa in un modo nuovo e specifico" che "lo impegna totalmente nell'attività pastorale" (cfr Direttorio per il Ministero e la Vita dei Presbiteri, n. 6). Il sacerdote, con la sua identità e le sue attività di predicazione del Vangelo, di celebrazione dei Sacramenti e di diffusione del Regno di Dio, deve essere nel vero senso della parola Cristo per gli altri. Deve avere "il pensiero di Cristo" (cfr 1Co 2,16). In un momento in cui esiste un desiderio profondo di spiritualità autentica, il sacerdote deve essere un uomo di preghiera, uso alla parola di Dio e con un forte attaccamento al Signore. Poiché il messaggio che predichiamo è la verità su Dio e l'uomo, i sacerdoti dovrebbero prestare particolare attenzione alla preparazione dell'omelia domenicale, cosicché i fedeli possano conoscere in che modo il Vangelo illumina il cammino degli individui e della società. Un rapporto stretto fra il Vescovo e i suoi sacerdoti e una cooperazione fraterna fra questi ultimi contribuiscono a edificare la Diocesi come una famiglia nella quale tutti i membri, Vescovo, sacerdoti, religiosi e laici, possano porre le proprie capacità e il proprio talento al servizio del Corpo di Cristo.

6. Come la vostra esperienza giornaliera vi insegna, l'evangelizzazione in Asia, un continente plasmato da antiche culture e tradizioni religiose, presenta sfide particolari.

La Chiesa svolge il proprio compito missionario in obbedienza al comandamento di Cristo, sapendo che ogni persona ha il diritto di ascoltare il suo messaggio salvifico in tutta la sua pienezza.

Deve farlo con rispetto e stima per i suoi interlocutori, prendendo in considerazione i loro valori spirituali, culturali e filosofici e impegnandosi in un dialogo con essi. Nel vostro Paese, come nel resto dell'Asia, la questione del dialogo interreligioso è pressante. Il contatto, il dialogo e la cooperazione con i seguaci di altre religioni sono per voi sia un dovere sia una sfida.

400 L'antica tradizione monastica thailandese dovrebbe offrire un punto di contatto e di fraternità per promuovere un dialogo fecondo fra buddisti e cristiani. Quella tradizione ci ricorda il primato delle cose dello spirito e dovrebbe controbilanciare il materialismo e il consumismo che colpiscono un ampio settore della società.

Le verità di fede, che compongono il contenuto e il contesto di questo compito missionario, sono la dottrina di Gesù quale unico Salvatore del mondo e della Chiesa quale strumento necessario del disegno redentore di Dio.Sono verità da proclamare in modo ragionevole e convincente per invitare quanti ascoltano a ponderarle con cuore aperto. All'inizio di un nuovo millennio la Chiesa in Thailandia è sfidata a presentare il mistero di Cristo in modo corrispondente ai modelli culturali e al pensiero del vostro popolo, attingendo elementi positivi dal grande patrimonio umano thailandese.

D'altro canto, il processo d'inculturazione richiede un attento discernimento da parte vostra, volto a garantire che i principi di compatibilità con il Vangelo e di comunione con la Chiesa universale siano totalmente rispettati. Chiaramente, l'inculturazione è più di un adattamento esteriore poiché implica "l'intima trasformazione degli autentici valori culturali mediante l'integrazione nel cristianesimo e il radicamento del cristianesimo nelle varie culture" (Redemptoris missio
RMi 52). Vi esorto a compiere sforzi costanti in questo campo, affinché le verità e i valori del Vangelo vengano visti ancor più chiaramente come risposte alle autentiche necessità e aspirazioni umane e spirituali del vostro popolo.

7. Cari Fratelli Vescovi, penso spesso alla vostra terra e al vostro popolo. Prego con affetto affinché le grazie del Grande Giubileo continuino a rafforzare il vostro attaccamento a Cristo e il vostro impegno per l'evangelizzazione. Chiedo a Maria, Stella luminosa di evangelizzazione in ogni epoca, di intercedere per le persone che servite e di condurvi all'incontro salvifico con suo figlio, il nostro redentore. A Lei affido le necessità e le speranze delle vostre Chiese particolari, così come i fardelli e le gioie del vostro ministero episcopale. A voi e ai sacerdoti, ai religiosi e ai laici delle vostre Diocesi imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.


ALLA COMUNITÀ DEL PONTIFICIO COLLEGIO CROATO


DI SAN GIROLAMO IN ROMA


Venerdì, 16 novembre 2001




Signor Cardinale,
Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
Fratelli e Sorelle in Cristo!

1. Sono lieto di accogliervi in occasione delle celebrazioni del primo centenario del Pontificio Collegio Croato di San Girolamo nell'Urbe, che si stanno concludendo in questi giorni. Vi porgo il mio cordiale benvenuto, salutandovi nel nome di "Cristo Gesù, nostra speranza" (1Tm 1,1).

Ringrazio il Venerato Fratello Mons. Ratko Peric, Vescovo di Mostar-Duvno ed Amministratore Apostolico di Trebinje, per le affettuose parole che mi ha rivolo a nome di tutti voi.

L'importante presenza croata a Roma si è segnalata nel corso dei secoli mediante le "istituzioni geronimiane", tra cui il Capitolo, l'Ospizio e la Confraternita, erette o approvate dai Sommi Pontefici in epoche diverse e poste al servizio della nobile Nazione croata. Il vostro Collegio si colloca sulla scia di tale plurisecolare presenza, costituendo un mirabile segno dell'operosità dei cattolici croati. Ideato in uno specifico contesto ecclesiastico e culturale, fu eretto dal mio predecessore Leone XIII con la Lettera apostolica Slavorum gentem, del 1E agosto 1901, come Collegium Hieronymianum pro Chroatica Gente. Giungeva così a compimento, in un certo qual modo, l'ambizioso progetto del Papa Pio VI, il quale, il 27 febbraio 1790, aveva dato vita con poca fortuna al Collegium Chroaticum ad Sanctum Hieronymum: l'istituzione per varie ragioni non riuscì a consolidarsi e, dopo vari tentativi di ripresa, dovette chiudere definitivamente nel 1889.

401 2. A distanza di un secolo, possiamo costatare con piacere che l'iniziativa di Leone XIII di fondare il Collegio S. Girolamo si è mostrata provvidenziale per le Comunità ecclesiali della Nazione croata. Infatti, tale Istituzione, denominata per vari decenni pure Collegium Hieronymianum Illiricorum, ha svolto un ruolo insostituibile in favore dell'evangelizzazione nelle care Regioni di Croazia e di Bosnia ed Erzegovina. Ha rappresentato, altresì, un costante segno della vicinanza dei Papi al Popolo croato, come pure dell'affezione del vostro Popolo al Successore di Pietro, il Romano Pontefice. Il Collegio ha contribuito a conservare e ad incrementare il vostro patrimonio religioso e culturale, in continuità ideale con le istituzioni croate precedenti in Roma.

Ben preciso è lo scopo per cui è stato istituito il vostro Collegio: offrire ai sacerdoti, che "per l'origine e la lingua appartengono al Popolo croato", la possibilità di completare i propri studi presso gli Atenei Pontifici di Roma. La celebrazione del primo centenario costituisce un'occasione propizia per considerare l'apporto che questa benemerita Istituzione ha dato all'apostolato della Chiesa nella Repubblica di Croazia e nella Bosnia ed Erzegovina, e per riflettere, allo stesso tempo, all'impulso da imprimere alle iniziative formative e pastorali del Collegio stesso, in sintonia con le esigenze apostoliche della Chiesa all'inizio del terzo millennio. In effetti, "molto ci attende" (cfr Novo millennio ineunte
NM 15) e lo Spirito Santo ci chiama a "proiettarci verso il futuro" (cfr ibid., 3), guardando in avanti con fede viva, speranza forte e carità operosa.

3. Chiamato ad essere luogo privilegiato di formazione umana, spirituale, culturale e scientifica dei giovani sacerdoti, il Collegio, ancora oggi, ha il compito di assicurare le condizioni per un'idonea preparazione al ministero pastorale dei presbiteri. Nel dare ad ogni alunno la possibilità di diventare esperto nelle discipline dei vari settori della Teologia, della Liturgia, del Diritto Canonico, della Filosofia e delle Scienze umanistiche, il vostro Collegio dovrà però adoperarsi affinché lo studio vada di pari passo con una soda spiritualità sacerdotale. Infatti, per quanto lo studio possa essere impegnativo ed esigente, esso non deve mai volgersi a scapito della vita spirituale e della dimensione pastorale del sacerdote.

La presenza del Collegio croato nella città di Roma esige poi che gli alunni abbiano la possibilità di approfondire ulteriormente la dimensione ecclesiale del Ministero petrino, familiarizzando con le istituzioni e l'attività della Santa Sede, che è a servizio dell'unità della fede e della carità di tutte le Chiese locali. Terminati i loro studi secondo le direttive dei rispettivi Vescovi, gli alunni del Collegio potranno arricchire del loro servizio la vita della Chiesa là dove la Provvidenza li destinerà.

4. Incontrandovi quest'oggi, mi tornano alla mente ricordi molto belli, che mi legano al vostro Collegio. Come Vescovo polacco, ho potuto visitarlo varie volte, accolto con amabilità da Superiori e studenti. Dopo l'elezione alla Cattedra di Pietro, ho visitato il Collegio il 21 ottobre 1989, in occasione del quarto centenario della costruzione della Chiesa di San Girolamo dei Croati e del 50E anniversario dell'inaugurazione dell'attuale edificio del Collegio. Fu in quella circostanza che ebbi a manifestare il desiderio di recarmi in Visita pastorale nelle vostre care Regioni. Iddio mi ha concesso per ben due volte la grazia di visitare la Repubblica di Croazia, nel settembre del 1994 e nell'ottobre del 1998. Non potrò, inoltre, dimenticare il pellegrinaggio alla città di Sarajevo, in Bosnia ed Erzegovina, nell'aprile del 1997, per implorare il dono della pace per l'intera Regione.

Anche per questi motivi, condividendo con voi la gioia di questo anniversario, rendo grazie a Dio per la sua continua assistenza e per i frutti di sapienza e di grazia che ha elargito mediante la vostra benemerita Istituzione.

5. Modello per tutti voi, cari Superiori e alunni, è il Patrono celeste del Collegio, San Girolamo. Da lui imparate a nutrirvi della Parola di Dio, attingendo da essa l'acqua viva che ne zampilla a ristoro delle anime. Potrete così rimanere fedeli al ministero sacerdotale di cui la misericordia divina vi ha resi partecipi. Vegli San Girolamo sul Collegio, perché continui a svolgere il suo prezioso servizio, realizzando gli scopi e la missione per i quali è stato istituito.

Affido, infine, alla Vergine Maria, Regina dei Croati e Madonna del Grande Voto Battesimale Croato, tutti voi, come pure il presente e il futuro della vostra importante Istituzione.

Con tali sentimenti, imparto a ciascuno di voi la Benedizione Apostolica, estendendola volentieri agli ex-Alunni che non hanno potuto venire a Roma per questa circostanza ed alle Comunità ecclesiali dei vostri Paesi.

Siano lodati Gesù e Maria!


GP2 Discorsi 2001 395