GP2 Discorsi 2001 413


AI PARTECIPANTI AL SIMPOSIO INTERNAZIONALE


IUS ECCLESIARUM - VEHICULUM CARITATIS


PROMOSSO DALLA CONGREGAZIONE


PER LE CHIESE ORIENTALI


Venerdì, 23 novembre 2001



414 1. Sono molto lieto di potervi rivolgere la mia parola, venerati Fratelli, che prendete parte al Simposio promosso dalla Congregazione per le Chiese Orientali in occasione del decimo anniversario dell'entrata in vigore del Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium. Saluto tutti e ciascuno in particolare, a cominciare dal Prefetto della Congregazione, Sua Beatitudine il Cardinale Ignace Moussa I Daoud, che ringrazio per i sentimenti espressi a nome di tutti i presenti.

Una speciale parola di apprezzamento voglio riservare a quanti hanno collaborato a questa iniziativa di approfondimento scientifico, preparandone la celebrazione e guidandone lo svolgimento. In particolare, intendo ringraziare i membri del Comitato scientifico insieme con i Relatori, che hanno recato al Simposio il contributo prezioso della loro specifica competenza. Né voglio trascurare di estendere l'espressione del mio grato riconoscimento a quanti con il loro servizio nascosto ma validissimo ne hanno assicurato la felice riuscita.

2. Ieri ho pregato il Signor Cardinale Segretario di Stato di anticiparvi i miei saluti insieme con alcune considerazioni sui punti importanti della disciplina canonica vigente. Stamane vorrei piuttosto riflettere con voi sul momento in cui si colloca la presente ricorrenza. Essa risente ancora beneficamente del Grande Giubileo dell'Anno 2000, nel quale Oriente ed Occidente si sono sentiti più strettamente uniti nel celebrare l’evento decisivo della nascita di Cristo. Tutta la Chiesa, in quei mesi, si è volta con particolare intensità di fede e di amore verso Oriente. Io stesso, quasi interpretando questo diffuso sentimento dei cristiani del mondo intero, mi feci pellegrino verso la Terra Santa. Fu quello, nel senso più profondo, un pellegrinaggio "ad Orientem", cioè a Cristo, là dove Egli si incarnò "sorgendo dall'alto", come Redentore dell'uomo e speranza del mondo: "orientale Lumen"! (cfr Lett. ap. Orientale Lumen, 1).

Nella luce profetica degli eventi giubilari, guardiamo con speranza, all'inizio del terzo millennio, al cammino futuro verso la piena unità dei cristiani. Per questo, come sapete, confido molto sul contributo delle Chiese Orientali, "auspicando che riprenda pienamente quello scambio di doni che ha arricchito la Chiesa del primo millennio" (Lett. ap. Novo millennio ineunte, 48).

3. Giustamente, pertanto, il vostro Simposio ha avuto presente la necessità di intensificare le relazioni fraterne con gli altri cristiani e, in particolare, con le Chiese ortodosse. Vedo con piacere, a questo proposito, che al Simposio prende parte anche un rappresentante di tali Chiese: lo saluto con affetto. Grazie al Concilio Vaticano II e all’impegno profuso in questi anni, che ho voluto appoggiare e incoraggiare tante volte, "è stata riconosciuta la grande tradizione liturgica e spirituale delle Chiese d’Oriente, il carattere specifico del loro sviluppo storico, le discipline da loro seguite sin dai primi tempi e sancite dai santi Padri e dai Concili ecumenici, il modo che è loro proprio di enunciare la dottrina. Tutto ciò nella legittima diversità che non si oppone affatto all’unità della Chiesa, anzi ne accresce il decoro e contribuisce non poco al compimento della sua missione (Lett. enc. Ut unum sint,
UUS 50) Esprimo l’auspicio che il cammino di riconciliazione tra Oriente ed Occidente sia per voi una preoccupazione costante e prioritaria, come lo è per il Vescovo di Roma.

In questa prospettiva, la Provvidenza mi ha concesso di compiere passi assai significativi durante i recenti viaggi apostolici in Grecia, in Siria, in Ucraina, in Kazakhstan e in Armenia. Le celebrazioni liturgiche e gli incontri fraterni, che in tali circostanze ho avuto modo di vivere, costituiscono per me un incessante motivo di consolazione. In essi ho visto realizzarsi i voti del Concilio Ecumenico Vaticano II, che considera il patrimonio ecclesiastico e spirituale delle Chiese Orientali come bene di tutta la Chiesa (cfr Decr. Orientalium Ecclesiarum OE 5).

Proprio perché fosse salvaguardata e promossa la specificità di tale patrimonio, il 18 ottobre 1990 ho promulgato il Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, entrato poi in vigore il primo ottobre dell’anno successivo.

4. Nella Costituzione apostolica Sacri canones, espressi l'augurio che, grazie a tale strumento giuridico, potesse essere favorita nelle Chiese Orientali quella "tranquillità dell'ordine" che già avevo auspicato in occasione della promulgazione del nuovo Codice latino. L'ordine a cui mira il Codice, precisavo, è quello che assegna il primato all'amore, alla grazia e al carisma, rendendo agevole il loro organico sviluppo nella vita dei singoli fedeli e dell'intera comunità ecclesiale (cfr AAS 82 [1990] 1042-1043).

Lo stesso augurio ricordo di aver ribadito alcuni giorni dopo davanti all’VIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, rilevando che i vari Corpi di leggi regolanti la disciplina ecclesiastica, seppure articolati in numerosi canoni e paragrafi, non sono che una particolare espressione del precetto dell'amore che Gesù, Nostro Signore, ci ha lasciato nell'Ultima Cena, e che la Chiesa, insieme con l’Apostolo Paolo (cfr Ga 5,14), ha sempre considerato come il precetto che riassume in sé ogni altro precetto (cfr n. 5: AAS 83 [1991], 488-489).

Mi è stato, pertanto, molto gradito apprendere che il presente Simposio ha come tema il motto "Ius Ecclesiarum - vehiculum caritatis". Questo motto raccoglie l'intendimento più profondo del Legislatore ecclesiastico nella promulgazione dei vari ordinamenti giuridici. Sono grato che ciò sia stato capito, ed anche messo in evidenza nel "logo" del Simposio, mediante una significativa immagine, ispirata ad un mosaico di Sant'Apollinare Nuovo in Ravenna, città legata alla tradizione bizantina. In essa sono raffigurate tre navi, simbolo delle singole Chiese particolari che a gonfie vele, con la forza dello Spirito Santo, garante della comunione gerarchica con la Chiesa di Roma, conducono le anime attraverso il mare, spesso burrascoso, della vita al sicuro porto della salvezza eterna.

5. Venerati Fratelli! Al termine di queste mie brevi riflessioni, vorrei confidarvi la gioia con cui ho notato che nel vostro Simposio una particolare relazione è stata dedicata al tema "Theotokos e Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium". Alla Madre di tutta la Chiesa ho affidato a suo tempo, come ben sapete, la preparazione di questo Codice e la sua promulgazione. A Lei, concludendo la Costituzione promulgativa, rivolsi allora una speciale preghiera. Quella preghiera rinnovo oggi con lo stesso fervore: "Con la sua materna intercessione impetri dal Figlio suo che questo Codice diventi un veicolo di quella carità che, dimostrata abbondantemente dal Cuore di Cristo trafitto in croce dalla lancia, secondo la straordinaria testimonianza del santo apostolo Giovanni, dev'essere profondamente radicata nell'anima di ogni essere umano" (AAS [1990] 1043).

415 A tutti la mia Benedizione!



MESSAGGIO DEL SANTO PADRE


AL CARD. ALFONSO LOPEZ TRUJILLO,


PRESIDENTE DEL PONTIFICIO


CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA




Al Signor Cardinale

ALFONSO LOPEZ TRUJILLO

Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia

Saluto cordialmente i partecipanti al Congresso sul tema «La Familiaris Consortio nel suo ventesimo, dimensione antropologica e pastorale», promosso da codesto Pontificio Consiglio in occasione del XX anniversario della pubblicazione dell'Esortazione Postsinodale Familiaris Consortio.

Saluto Lei, venerato Signor Cardinale, che presiede alle attività del Dicastero; saluto il Segretario e il Sottosegretario, e tutti i collaboratori come pure quanti hanno curato la preparazione di questo incontro, che commemora un evento di singolare importanza per la vita della Chiesa, e tocca uno degli argomenti che più mi sta a cuore: la famiglia. Il panorama che esso intende analizzare è quanto mai vasto e attiene all'identità e alla missione della famiglia voluta da Dio per «custodire, rivelare e comunicare l'amore» (FC 17). Nei venti anni trascorsi abbiamo assistito al formarsi di una nuova coscienza e di una nuova sensibilità riguardo alla famiglia.

Venti anni che segnano anche l'esistenza del Pontificio Consiglio per la Famiglia, al quale volli affidare il compito di approfondire e valorizzare ogni aspetto delle ricchezze contenute nelle Propositiones del Sinodo (cfr FC 2). Rendo grazie a Dio per il lavoro svolto dal vostro Dicastero a difesa e al servizio del Vangelo della Famiglia.

2. In questo periodo, anche se non sono mancate insidie all'istituto familiare forse tra le più pericolose nella storia, sono andate consolidandosi alcune comuni convinzioni. Ad esempio, la causa integrale della famiglia e della vita è oggi riscoperta e promossa in tanti ambiti come valore e diritto appartenente al patrimonio comune dell'umanità. Il Magistero della Chiesa ha fornito significative tracce per questo rinnovamento, con numerosi e importanti interventi e insegnamenti. Già al tempo del Concilio Vaticano II, la famiglia veniva considerata come uno dei temi, su cui occorreva illuminare Ie coscienze dei cristiani e della intera umanità. Su questa scia molti passi sono stati compiuti. L'appello: «Famiglia, diventa ciò che sei», contenuto nella citata Esortazione Pastorale (n. 17), tanta eco ha avuto nella pubblica opinione.

«Famiglia, diventa ciò che sei», ripeto ancora oggi!

Come istituzione naturale, la comunità familiare è stata voluta da Dio al «principio», con la creazione dell'uomo e della donna, per il bene degli uomini. È a questo «principio» che Cristo si richiama, quando i farisei tentano di travisarne la struttura (Mt l9, 3-l2). Non è dato agli uomini il potere di mutare il progetto originario del Creatore.

L'Esortazione Postsinodale Familiaris Consortio ha notevolmente approfondito i compiti specifici dell'istituto familiare dei quali parlava già la Costituzione conciliare Gaudium et Spes.

Ogni famiglia deve essere una vera comunione di persone - «communio personarum» nel rispetto della dignità dei singoli che la compongono. In questo contesto di mutua comprensione si colloca il "servizio alla vita", secondo i due complementari significati, unitivo e procreativo, della sessualità, come ha insegnato il mio venerato predecessore, il Servo di Dio Paolo VI, nella Enciclica Humanae Vitae.

416 3. Al progressivo consolidarsi della consapevolezza da parte della famiglia della propria missione nella Chiesa e nella società hanno contribuito numerosi eventi, che in questi anni hanno visto la partecipazione sempre più numerosa di famiglie. Penso, ad esempio, agli Incontri Mondiali di Roma, in occasione dell'Anno Internazionale della Famiglia del 1994, all'Incontro di Rio di Janeiro nel 1997, e a quello del Giubileo delle Famiglie, lo scorso anno. Ringrazio il Signore per questa crescita di autocoscienza che la famiglia ha offerto di se stessa e della sua missione.

Tuttavia, accanto a consolanti traguardi conseguiti, è doveroso registrare l'aggressione violenta (cfr. FC,
FC 46) da parte di alcuni settori della moderna società all'istituto della famiglia e alla sua funzione sociale. Taluni progetti di legge non consoni con il bene vero della famiglia fondata sul matrimonio monogamico e con la protezione della inviolabilità della vita umana hanno visto la luce, favorendo l'infiltrarsi di pericolose ombre della "cultura di morte" all'interno del focolare domestico. Preoccupazione desta pure la crescente divulgazione nei fori internazionali di fuorvianti concezioni della sessualità e della dignità e missione della donna, soggiacenti a determinate ideologie sul «genere» («gender»).

Che dire poi della crisi di tante famiglie divise, delle persone sole e della situazione delle cosiddette unioni di fatto? Fra le pericolose strategie contro la famiglia c'è altresì il tentativo di negare dignità umana all'embrione prima dell'impianto nel seno materno, come pure attentarne all'esistenza con vari metodi.

Quando si parla della famiglia, non si può non accennare ai figli, che in diversi modi sono vittime innocenti delle comunità familiari disarticolate.

4. Nel panorama, appena delineato, risalta quanto mai necessaria la missione delle famiglie cristiane. Il loro esempio di gioia e di donazione, di sforzo e di capacità di sacrificio, sulle orme della Santa Famiglia, può risultare decisivo nell'incoraggiare altri nuclei familiari a corrîspondere alla grazia della loro vocazione. Quanto trascinante è in effetti il modello di una famiglia cristiana! Nella sua umiltà e semplicità, la testimonianza di vita domestica può divenire un veicolo di evangelizzazione di prim'ordine. Per questo è bene che ad essa dedichino attenzione e cura le diverse istituzioni ecclesiali. Ugualmente, non si tralasci di offrire il necessario sostegno a quelle situazioni familiari difficili, che richiedono una maggiore assistenza pastorale, come ad esempio ai divorziati risposati. Si può dire che dopo la pubblicazione della Familiaris Consortio, l'interesse per la famiglia nella Chiesa si è accentuato, e innumerevoli sono le Diocesi e le parrocchie nelle quali la pastorale familiare è diventata obiettivo prioritario. Vanno diffondendosi associazioni e movimenti in favore della famiglia e della vita. Persone di buona volontà contribuiscono, con il loro generoso sforzo, alla formazione di una nuova cultura "pro-vita". Con grande apprezzamento ricordo qui gli Incontri promossi dal vostro Pontificio Consiglio durante questi due decenni. In primo luogo, quello con i Vescovi responsabili della pastorale della famiglia e della vita in tutta la Chiesa, che è risultata una valida occasione per approfondire le nuove problematiche familiari.

Di speciale importanza è il dialogo con politici e legislatori intorno alla verità della famiglia fondata sul matrimonio monogamico e alla dignità della vita umana dal primo istante del suo concepimento. Al riguardo, gli Incontri continentali e nazionali promossi dal vostro Pontificio Consiglio hanno spianato promettenti cammini di dialogo, capaci di infondere spirito cristiano ai dibattiti parlamentari e alle pubbliche legislazioni che regolano la vita dei popoli. La stessa Carta dei Diritti della Famiglia, pubblicata nel 1983, era già stata chiesta nel corso del Sinodo ordinario del 1980.

5. «Famiglia, credi in ciò che sei; credi nella tua vocazione ad essere segno luminoso dell'amore di Dio». Ripeto oggi a voi queste parole che ebbi a pronunciare nel corso dell'Incontro con le Famiglie, il 20 ottobre dell'anno scorso.

Famiglia, sii per gli uomini del nostro tempo "santuario della vita". Famiglia cristiana, sii "chiesa domestica", fedele alla tua vocazione evangelica. Proprio perché «consapevole che il matrimonio e la famiglia costituiscono uno dei beni più preziosi dell'umanità, la Chiesa intende offrire il suo aiuto a chi, già conoscendo il valore del matrimonio e della famiglia, cerca di viverlo fedelmente, come pure a chi incerto ed ansioso, è alla ricerca della verità, senza tralasciare chi è ingiustamente impedito di vivere liberamente il proprio progetto familiare» ( FC, FC 1).

La famiglia, quando vive in pienezza le esigenze dell'amore e del perdono, diviene baluardo sicuro della civiltà dell'amore e speranza per l'avvenire dell'umanità.

Forte di questa consapevolezza, continui il vostro Dicastero ad operare sempre più coraggiosamente al servizio del Vangelo della Famiglia.

Mentre auspico pieno successo al vostro Congresso, assicuro il mio ricordo nella preghiera e, invocando la speciale protezione di Maria, Regina Familiae, imparto di cuore a tutti una speciale Benedizione Apostolica.

417 Dal Vaticano, 22 Novembre 200l.

IOANNES PAULUS II


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE


AL PRESIDENTE DELLE SETTIMANE SOCIALI DI FRANCIA


Al signor Michel CAMDESSUS
Presidente delle Settimane Sociali di Francia

1. Avete scelto come tema della sessione delle Settimane Sociali di Francia di quest'anno, che ha luogo a Parigi dal 23 al 25 novembre 2001: "Biologia, medicina e società, che ne faremo dell'uomo?". È particolarmente opportuno affrontare oggi in modo nuovo le questioni complesse della bioetica, facendo appello a specialisti nei diversi ambiti del sapere scientifico, tecnico, filosofico e teologico. In effetti, è importante che i nostri contemporanei, spesso turbati e persi davanti al progresso della scienza e alle sue implicazioni etiche, non solo siano informati di tutte le possibilità consentite dalla scienza, ma abbiano anche e soprattutto i mezzi per formare la loro coscienza, al fine di prendere decisioni conformi ai valori umani e morali fondamentali, che mostrano il posto insigne dell'uomo nel creato.

2. La Chiesa cattolica apprezza e incoraggia la ricerca biomedica quando è volta alla prevenzione e alla cura delle malattie, all'alleviamento della sofferenza e al benessere dell'uomo. Essa sa che se la ricerca "procede in maniera veramente scientifica e secondo le norme morali non sarà mai in reale contrasto con la fede" (Gaudium et spes GS 36). Inoltre, la ricerca permette di scoprire le grandi leggi che reggono il funzionamento della materia e del mondo vivente, di constatare l'ordine iscritto nel creato e di apprezzare le meraviglie dell'uomo, nel suo intelletto e nel suo corpo, di penetrarne maggiormente il mistero; in lui, in un certa misura, si riflette la luce del Verbo, per mezzo del quale "tutto è stato fatto" (Jn 1,3). Desiderosa di condividere il significato dell'uomo che riceve dal Salvatore, la Chiesa vuole apportare il suo contributo alla riflessione per aiutare quanti sono responsabili del bene comune e tutte le persone che devono prendere gravi decisioni in questi ambiti della vita. È importante, in effetti, che la scienza non riduca l'uomo a un oggetto, ma sia veramente e pienamente al suo servizio. La Chiesa tuttavia non ignora la complessità a volte drammatica di situazioni vissute dolorosamente da alcune persone, ed è anche consapevole delle pressioni esercitate dai potenti interessi economici. I fedeli della Chiesa cattolica e tutti gli uomini di buona volontà sono chiamati a impegnarsi nel dibattito in difesa della dignità dell'uomo. Vi incoraggio dunque a condurre i vostri lavori preoccupandovi della verità, dando così agli uomini del nostro tempo elementi sicuri per la loro riflessione e per le decisioni da prendere.

3. Ponendo l'uomo e la sua inalienabile dignità al centro del vostro approccio interdisciplinare, manifestate l'urgente necessità di fare appello a tutte le risorse della saggezza e dell'esperienza, della ragione e della scienza, per servirlo meglio. Le scoperte e i cambiamenti che hanno segnato le discipline biomediche hanno messo in evidenza che, dietro i progressi sfolgoranti che rimandano al mistero stesso della vita, la scienza a volte è come stordita dalla sua potenza e tentata di manipolare l'uomo come se non fosse che un oggetto o materia. Dinanzi a questa situazione inedita delle conoscenze e delle possibilità offerte dalla scienza e dalla tecnica, auspico che i vostri scambi contribuiscano a una lucida analisi di ciò che è in gioco e delle conseguenze del progresso, delle potenzialità e delle sfide per l'uomo e per l'umanità. Per la sua dignità intrinseca, che integra pienamente la dimensione biologica, l'individuo umano non può mai e in nessun modo essere subordinato né alla specie, né alla società, né al benvolere di altre persone, fossero anche suoi parenti, come fosse un mezzo o uno strumento; egli ha valore per se stesso. Questa verità, che di per sé appartiene alla legge naturale, si illumina per i cristiani di una luce nuova in Gesù Cristo, Verbo incarnato che, "nuovo Adamo,... svela anche pienamente l'uomo all'uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione" (Gaudium et spes GS 22). La ragione e la fede permettono l'impegno costante dei cristiani, nel corso della storia, per la difesa della persona, specialmente dell'essere debole, vulnerabile o emarginato, e del nascituro. "Non vi è nessun uomo, nessuna autorità umana, nessuna scienza, nessuna "indicazione" medica, eugenica, sociale, economica, morale, che possa esibire o conferire un titolo giuridico valido per disporre direttamente e deliberatamente di una vita umana innocente, ossia per disporne in vista della sua distruzione prevista sia come fine sia come mezzo per ottenere un fine che forse di per sé non è del tutto illegittimo" (Pio XII, Discorso ai partecipanti al Congresso dell'Unione cattolica italiana delle levatrici, 29 ottobre 1951, n. 12).

4. Al giorno d'oggi la dignità dell'uomo è minacciata, soprattutto nelle fasi più critiche dell'esistenza, il concepimento e la morte naturale; una nuova tentazione si fa strada, quella di arrogarsi il diritto di fissare, di determinare le soglie di umanità di un'esistenza singola. Come dimenticare, come ho ricordato nell'Enciclica Evangelium vitae, che "dal momento in cui l'ovulo è fecondato, si inaugura una vita che non è quella del padre o della madre, ma di un nuovo essere umano che si sviluppa per proprio conto" (n. 60)? La genetica moderna mostra che fin dal primo istante si trova "fissato il programma di ciò che sarà questo vivente: una persona, questa persona individua con le sue note caratteristiche già ben determinate" (Ibidem). Ciò esige un rispetto assoluto dell'essere umano, dalla fase embrionale fino alla fine della sua esistenza, essere che non può mai venire considerato come un oggetto o un materiale da sperimentazione. Parimenti, è opportuno trattare con rispetto le cellule germinali umane a motivo del patrimonio umano di cui esse sono portatrici.

5. La sperimentazione biomedica che non ha come obiettivo il bene del soggetto considerato comporta aspetti selettivi e discriminatori inaccettabili; in effetti, ogni approccio terapeutico o di ricerca deve avere come fine l'essere sul quale si realizza. Benefici ipotetici per l'umanità e per il progresso della ricerca non possono assolutamente costituire un criterio decisivo di bontà morale.

Ciò contribuisce indubbiamente a un affievolimento delle convinzioni morali concernenti l'essere umano, favorendo l'accettazione della pratica di scartare le persone portatrici di anomalie congenite, alle quali la diagnostica pre-impiantatoria e uno sviluppo abusivo di indagini prenatali danno luogo. Numerosi Paesi sono già impegnati sulla via di una selezione dei nascituri, tacitamente incoraggiata, che costituisce un vero eugenismo e che conduce a una sorta di anestesia delle coscienze, ferendo gravemente fra l'altro le persone portatrici di anomalie congenite e quelle che le accolgono. Un simile atteggiamento più o meno generalizzato porta anche, come si comincia a percepire, all'apparizione di un certo numero di patologie coniugali e familiari. D'altro canto, simili comportamenti non possono che dissuadere dall'intraprendere gli sforzi necessari alla scoperta di nuove vie terapeutiche, all'accoglienza e all'integrazione delle persone portatrici di un handicap, rafforzando in queste ultime un forte sentimento di anormalità e di esclusione. Rendo grazie per gli sforzi di quei genitori che hanno accettato di accogliere un bambino disabile, mostrando così il loro attaccamento alla vita. Bisogna auspicare che possano essere incessantemente sostenuti e aiutati dalla società, che ha il dovere della solidarietà. Lo sviluppo a scopo selettivo delle indagini prenatali, la diagnostica pre-impiantatoria, come pure l'utilizzazione, la produzione e la distruzione di embrioni umani al mero fine della sperimentazione e dell'ottenimento di cellule staminali embrionali, costituiscono gravi oltraggi al rispetto assoluto dovuto a ogni vita e alla grandezza di ogni essere umano, che non dipende dal suo aspetto esteriore o dai vincoli che intrattiene con altri membri della società. Sono grato al Consiglio permanente della Conferenza dei Vescovi di Francia per aver allertato l'opinione pubblica e aver contribuito a formare le coscienze pubblicando nel 1998 il documento "Essor de la génétique e dignité humaine" (Sviluppo della genetica e dignità umana).

6. Le possibilità tecnologiche apparse in campo biomedico richiedono l'intervento dell'autorità politica e del legislatore, poiché è una questione che va al di là della mera sfera scientifica.

All'autorità pubblica corrisponde il dovere di "agire in modo tale che la legge civile sia regolata sulle norme fondamentali della legge morale per tutto ciò che concerne i diritti dell'uomo, della vita umana e dell'istituzione familiare" (Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione sul rispetto della vita umana nascente e la dignità della procreazione, III). Spetta anche al legislatore di proporre le regole giuridiche che proteggono le persone da tutti gli eventuali arbitri, che costituiscono in un certo senso negazioni dell'essere umano, della sua dignità e dei suoi diritti fondamentali. Le scelte legislative e politiche devono essere orientate al bene delle persone e dell'intera società, e non essere in funzione di mere esigenze scientifiche che, di per sé, non hanno la possibilità di elaborare e di stabilire un sistema di criteri morali. Il futuro dell'uomo e dell'umanità è in gran parte legato alla sua capacità di esaminare rigorosamente le diverse questioni bioetiche, sul piano etico, senza temere di rimettere in discussione comportamenti divenuti correnti.

418 7. La moltiplicazione di scambi interdisciplinari e una riflessione filosofica e teologica favoriranno il lavoro di verità e di rispetto del mistero dell'essere umano e faranno evitare qualsiasi tentazione di fondare i comportamenti su fattori unicamente scientifici, su circostanze particolari, sul desiderio delle persone, o in funzione di pressioni dei mercati finanziari o di interessi privati. Il dialogo che voi perseguite con i diversi interlocutori sociali può permettere di ristabilire l'armonia fra le esigenze della ricerca e i valori umani. L'edificazione di una società dove ognuno ha il posto che gli corrisponde a motivo della sua appartenenza all'umanità non dipende né dalla sua funzione né dalla sua utilità. È soprattutto quando la malattia e la sofferenza indeboliscono le persone, e le rendono più fragili, che bisogna percepire il valore e il significato di ogni esistenza. A tale compito si dedicano in modo ammirevole coloro che, essendo in tanti modi al servizio dei malati, apportano loro, in seno a un universo medico caratterizzato da una tecnicizzazione crescente, quell'insostituibile sovrappiù di attenzione e di delicata tenerezza che dimostrano loro che sono persone a tutti gli effetti. È al personale medico e paramedico, ai gruppi di cappellani e di visitatori di ospedali, a tutte le persone che sono impegnate nelle le cure palliative e che stanno accanto a quanti soffrono, ai ricercatori, ai filosofi, ai responsabili politici e a tutti coloro che sono impegnati in questo lavoro quotidiano al servizio della dignità delle persone, che vanno il pensiero e la riconoscenza della Chiesa. Il loro impegno e le loro convinzioni sono preziosi e sono fonte di speranza.

8. Possano i lavori delle Settimane Sociali incoraggiare ognuno a riaffermare la grandezza e il valore di ogni vita umana, valore senza il quale la vita sociale non è più possibile e il progresso umano autentico è minacciato! Possano essere un ambito di proposte per un futuro migliore e contribuire a conservare in tutti uno sguardo contemplativo, che nasce dalla fede nel Dio della vita, "lo sguardo di chi vede la vita nella sua profondità, cogliendone le dimensioni di gratuità, di bellezza, di provocazione alla libertà e alla responsabilità. È lo sguardo di chi non pretende d'impossessarsi della realtà, ma la accoglie come un dono, scoprendo in ogni cosa il riflesso del Creatore e in ogni persona la sua immagine vivente" (Enciclica Evangelium vitae
EV 83)!

Invocando Cristo, Re dell'Universo, affinché accresca nel mondo la civiltà dell'amore, vi imparto di tutto cuore la Benedizione Apostolica, che estendo agli organizzatori, ai relatori e ai partecipanti delle Settimane sociali di Francia.

Dal Vaticano, 15 novembre 2001

GIOVANNI PAOLO II



AI MEMBRI DEL ANGLICAN – ROMAN CATHOLIC


WORKING GROUP


Sabato, 24 novembre 2001

Cari amici in Cristo,


1. Nella pace del Signore Gesù Cristo saluto voi che siete giunti a Roma in occasione dell'incontro inaugurale del nuovo Gruppo di Lavoro Anglicano-Cattolico Romano, un incontro che è cominciato a Londra dove avete incontrato l'Arcivescovo Carey di Canterbury.

La vostra presenza qui è un segno di come gli anglicani e i cattolici si sono avvicinati gli uni agli altri dai giorni del Concilio Vaticano II. "Il cammino ecumenico resta certo faticoso, forse lungo" (Novo Millennio ineunte NM 12), tuttavia questo non dovrebbe farci dimenticare i numerosi progressi compiuti finora. Non possiamo che lodare il Dio di ogni Misericordia per i molti e autentici progressi dell'ecumenismo.

2. In questa occasione significativa, pensiamo naturalmente all'incontro fra Papa Paolo VI e l'Arcivescovo Ramsey nel 1966, dal quale scaturì la Prima Commissione Internazionale Anglicana-Cattolica romana. Nella loro Dichiarazione Congiunta, il Papa e l'Arcivescovo parlarono della necessità di "un serio dialogo che, basato sui Vangeli e sulle antiche tradizioni comuni, possa condurre a quell'unità nella verità per la quale Cristo ha pregato". Ora, guardando al passato, possiamo affermare che quel dialogo è proseguito fecondo negli anni successivi.

La mia visita a Canterbury nel 1982, durante la quale l'Arcivescovo Runcie ed io concordammo nell'istituire la Seconda Commissione Internazionale Anglicana-Cattolica Romana, ha dato nuovo impulso a questa istanza.

La nostra Dichiarazione Congiunta ha riconosciuto che il dialogo teologico "deve essere accompagnato dal lavoro zelante e dalla fervente preghiera dei cattolici romani e degli anglicani di tutto il mondo, poiché essi desiderano crescere nella reciproca comprensione, nell'amore fraterno e nella comune testimonianza del Vangelo" (n. 4). Questo è stato di per sé un segno di crescita, poiché il dialogo teologico è stato considerato essenziale, ma non sufficiente. Il nostro viaggio comune ha richiesto che gli anglicani e i cattolici imparassero a pregare e a operare insieme.

419 Un'altra pietra miliare è stata posta nel 1996, quando l'Arcivescovo Carey ed io pubblicammo una Dichiarazione Comune che esortava il nostro popolo a "pentirsi per il passato, a pregare per la grazia dell'unità e ad aprirsi alla forza trasformatrice di Dio". È divenuto sempre più chiaro che l'unità piena e visibile non si sarebbe raggiunta come risultato della volontà e della pianificazione umane, per quanto importanti esse siano, ma come dono divino in un momento che non possiamo sapere, ma al quale dobbiamo prepararci. La Dichiarazione ha anche fatto presagire l'incontro internazionale dei Vescovi cattolici e anglicani a Mississauga, in Canada, durante il quale si è deciso di istituire il nuovo Gruppo di Lavoro di cui fate parte.

3. Quale gruppo episcopale internazionale siete in particolar modo qualificati a prendere in considerazione i prossimi passi concreti da intraprendere non solo al fine di consolidare i risultati già ottenuti, ma anche di condurci a nuove profondità di comunione lungo il cammino verso la pienezza dell'unità che è la volontà di Cristo. Solo l'esperienza di una comunione più profonda ci permetterà di recare una testimonianza ancor più efficace di Cristo nel mondo e di svolgere la missione che Egli ci ha affidato (cfr
Mt 28,19-20). È chiaro che la disunità ha impedito la nostra missione nel mondo.

In questi momenti difficili il mondo ha bisogno più che mai di una testimonianza cristiana comune in ogni ambito, dalla difesa della vita e della dignità umana alla promozione della giustizia e della pace.

4. Sono certo che il nuovo Gruppo di Lavoro si sentirà sostenuto dalla "speranza di essere guidati dalla presenza del Risorto e dalla forza ineusaribile del suo Spirito, capace di sorprese sempre nuove" (Novo Millennio ineunte NM 12). Abbiamo assistito a molte di queste sorprese negli ultimi decenni e quando lo scoraggiamento ci minaccia e sorgono nuove difficoltà, dobbiamo concentrarci ancora di più sulla forza dello Spirito di fare anche quanto ci sembra impossibile. In momenti di apparente stallo dobbiamo aspettare che lo Spirito Santo operi ciò che noi non possiamo fare.

Tuttavia, quest'attesa non è passiva. È un'esperienza molto attiva della speranza cristiana che grida "Vieni, Spirito Santo!", ma implica anche il duro lavoro di dialogo e di testimonianza comune che state svolgendo.

Oggi, desidero incoraggiarvi in tale speranza e offrire le mie preghiere nella certezza che Cristo "Colui che vi chiama è fedele e farà tutto questo!" (1Th 5,24).

Presto comincerà il Tempo di Avvento e la nostra preghiera sarà: "Vieni, Signore Gesù!". Lungo il nostro cammino ecumenico è già Avvento. Oggi, dunque, guardando fiduciosi al successo del nuovo Gruppo di Lavoro, preghiamo insieme: Vieni Signore Gesù! Rendici uno come solo tu puoi, affinché il mondo veda alla fine "la sposa dell'Agnello" che scende "dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio" (Ap 21,9-10).

Amen. Vieni, Signore Gesù!




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