GP2 Discorsi 2001 435

IOANNES PAULUS II



AL NUOVO AMBASCIATORE


DELLA REPUBBLICA DI POLONIA


PRESSO LA SANTA SEDE IN OCCASIONE


DELLA PRESENTAZIONE DELLE LETTERE CREDENZIALI


Lunedì 3 dicembre 2001




Eccellenza,
Signora Ambasciatore,

Le do il cordiale benvenuto in Vaticano. Non è la prima volta che lo faccio. Ho avuto più occasioni per farlo, prima, quando venne ospite qui come Primo Ministro del governo della Repubblica di Polonia, e in seguito come membro della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. Oggi, tuttavia, il mio saluto riveste un carattere particolare. Infatti, Lei viene come Ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica di Polonia presso la Sede Apostolica, per consegnare le lettere credenziali da parte del Presidente, in virtù delle quali svolgerà il Suo incarico. Le accetto volentieri, augurandoLe, che questo servizio di tramite tra la Polonia e la Santa Sede sia efficace e fruttuoso, e Le dia soddisfazione e gioia.

436 Ringrazio delle parole rivoltemi, con le quali ha fatto riferimento agli elementi essenziali dell’attuale realtà della nostra Patria, della Chiesa e del mondo. Non è possibile presentarli diversamente, che proprio nell’ambito di una sintesi. Le sorti della Polonia, della Chiesa e del mondo sono infatti legate tra loro inseparabilmente, si penetrano e si condizionano reciprocamente. Il processo delle trasformazioni sociali ed economiche in Polonia, che continua dall’anno 1989, si compie nel contesto di mutamenti positivi nel mondo come la formazione dell’Unione Europea o l’allargamento del Patto Atlantico. Dall’altra parte le sconvolgenti operazioni belliche nel Golfo Persico, nei Balcani o nell’Afghanistan, la mancanza di pace nel Medio Oriente e i terrificanti atti di terrorismo, come quello compiuto a New York, che destano il senso di mancanza di stabilità dell’ordine politico ed economico finora dominante, esercitano non poca influenza sul modo di pensare e di agire dei polacchi.

Sembra, tuttavia, che nella complessa situazione politica del mondo, la Polonia stia trovando la propria via di sviluppo dello Stato. Cominciando dal 1989, indipendentemente dallo sviluppo degli eventi nel mondo, nonostante gli alti e i bassi, abbiamo potuto osservare in Polonia un costante progresso del processo di attuazione della libertà riconquistata. Le difficoltà, ovviamente, non mancano. Non si possono tuttavia dimenticare i grandi successi dei governi che si sono succeduti e dell’intera società nell’opera dell’edificazione di uno Stato sovrano, di uno Stato di diritto e di uno Stato di prosperità. Qui va sottolineato quanto si è riusciti a raggiungere nel campo delle libertà politiche, della libertà religiosa e nella democratizzazione della vita sociale.

Seguo con attenzione tutte le notizie che giungono dal nostro Paese. Mi rallegro perché continua incessante il processo del suo sviluppo economico. Allo stesso tempo però, risento profondamente dell’indigenza di molte persone e di numerose famiglie che si rivolgono al Papa per ottenere aiuto, per il sostegno materiale e spirituale. Molti di loro sono toccati dolorosamente dal fenomeno della disoccupazione, dalla mancanza delle possibilità di impegnare i propri talenti, l’istruzione e l’energia nella costruzione di un futuro a misura dei bisogni e dei desideri. Ho fiducia che il generale sviluppo della vita pubblica in Polonia aprirà davanti a tutti i cittadini nuove prospettive e ampie possibilità per costruire un futuro degno e felice. Posso assicurare che la Chiesa continuerà ad inserirsi in quest’opera, conformemente alla propria missione e ai propri compiti.

Durante la presentazione delle lettere credenziali da parte del Signor Ambasciatore Stefan Frankiewicz, l’11 luglio 1995, dissi che la Chiesa non desidera per sé né privilegi, né un posto particolare. Vuole soltanto avere le debite condizioni per compiere la sua missione spirituale. Oggi posso dire di più. Posso far notare che la Chiesa, adempiendo questa missione, può e desidera continuare l’opera di consolidamento e di formazione del retaggio spirituale, culturale e sociale di una nazione che da mille anni è legata ai valori che porta in sé il cristianesimo. La firma del concordato, nel 1993, e la sua successiva ratifica hanno creato per la Chiesa queste possibilità per un attivo impegno a favore del bene della nazione. Malgrado l’opinione degli scettici si è potuto vedere che il concordato non soltanto ha contribuito a migliorare la cooperazione della Chiesa e degli organi dello Stato a favore del bene comune ampliando gli spazi di libertà delle persone e della società, ma è anche diventato uno strumento ecumenico riguardo ad altre Chiese e comunità confessionali in Polonia.

Nello stesso spirito la Chiesa desidera essere presente anche nel processo di preparazione della Polonia al pieno ingresso nell’Unione Europea. E’ giusto aspirare a che la Polonia abbia il suo dovuto posto negli ambiti politici ed economici delle strutture dell’Europa unita. Bisogna però che sia presente come uno stato che ha il proprio volto spirituale e culturale, la propria inalienabile tradizione storica legata al cristianesimo sin dagli albori della storia. La Polonia non può privarsi di tale tradizione, di tale identità nazionale. Diventando membro della Comunità Europea, la Repubblica di Polonia non può perdere nessuno dei beni materiali e spirituali, che le generazioni dei nostri antenati difesero a prezzo di sangue. Nel difendere tali valori, la Chiesa vuole essere un partner e un alleato di chi governa il nostro Paese. La Chiesa, come dissi nel Parlamento della Repubblica, durante il mio ultimo pellegrinaggio in Patria, «mette in guardia nei confronti di una riduzione della visione dell’Europa che la consideri esclusivamente nei suoi aspetti economici e politici, come pure nei confronti di un rapporto acritico verso un modello di vita consumistico. Se vogliamo che la nuova unità dell’Europa sia duratura, dobbiamo costruire su questi valori spirituali, che ne furono un tempo alla base, tenendo in considerazione la ricchezza e la diversità delle culture e delle tradizioni delle singole nazioni. Questa, infatti, deve essere la grande Comunità Europea dello Spirito». Voglio ripetere una volta ancora che «l’esperienza storica in possesso della Nazione polacca, la sua ricchezza spirituale e culturale, possono contribuire in modo efficace al bene comune di tutta la famiglia umana, specialmente al consolidamento della pace e della sicurezza nell’Europa» (Varsavia, 11.06.1999).

La Polonia si trova ancora di fronte ad enormi sfide, vitali per la società ora e nel futuro. Nutro la speranza che la Chiesa e lo Stato, conservando la loro autonomia e i compiti specifici, andranno concordemente incontro a tali compiti. Non cesso di pregare Dio, affinché questi comuni sforzi portino per ogni polacco e per tutta la nazione i frutti attesi.

Chiedo a Lei, Signora Ambasciatore, di trasmettere i miei cordiali saluti al Signor Presidente e al Governo della Repubblica di Polonia. Conformemente alle indicazioni di San Paolo, prego affinché le decisioni e l’operato di tutti i responsabili della struttura costituzionale della Repubblica e del suo posto sulla scena dell’Europa e del mondo siano dettati dalla più profonda sollecitudine per il suo bene e perché incessantemente generino tale bene.

A Lei, Signora Ambasciatore, auguro una volta ancora che il compimento della missione di tramite tra la Repubblica di Polonia e la Sede Apostolica Le porti soddisfazione e gioia, e serva al bene comune di tutti i figli e le figlie della nostra diletta Patria.


AI VESCOVI DI HONDURAS IN VISITA


"AD LIMINA APOSTOLORUM"


Martedì, 4 dicembre 2001




Cari Fratelli nell'Episcopato,

1. Sono lieto di ricevervi oggi, in occasione della vostra visita ad Limina, nella quale avete avuto l'occasione, ancora una volta, di recarvi in pellegrinaggio presso le tombe degli apostoli Pietro e Paolo, e di rinnovare i vostri vincoli di comunione con il Vescovo di Roma e con la Chiesa universale. Inoltre è un aiuto per vivere la missione di guidare la comunità ecclesiale dell'Honduras, che ho avuto la gioia di visitare nel 1983.

437 Ringrazio cordialmente il Cardinale Óscar Andrés Rodríguez Maradiaga, Arcivescovo di Tegucigalpa e Presidente della Conferenza Episcopale, per le gentili parole che mi ha rivolto a nome anche dei suoi Fratelli Vescovi, che saluto dicendo con l'apostolo Paolo: "Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo" (Rm 1,7). Parimenti, vi chiedo di trasmettere il mio affettuoso saluto ai membri di ogni comunità ecclesiale del vostro amato Paese.
Mi sento molto unito a voi per condividere "le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce" (Gaudium et spes GS 1) dei cittadini honduregni, tenendo ancora presenti il dolore e le ansie dinanzi alla devastazione causata dall'uragano "Mitch" nell'ottobre 1998, e più di recente dalla tormenta tropicale "Michelle". Di fronte a simili catastrofi avete cercato di alleviare le sofferenze del popolo, già tanto provato dalla povertà, e di suscitare in esso nuove speranze. Spero inoltre che i nuovi capi politici, eletti di recente, possano continuare l'opera di vera ricostruzione nazionale, portando il Paese a un autentico sviluppo, rispettando dovutamente la dignità della persona umana e i suoi diritti fondamentali.

2. È anche motivo di gioia e di speranza per la Chiesa in Honduras la prossima commemorazione dei 500 anni della Prima Messa celebrata sulla terra ferma del continente. Questo anniversario deve essere vissuto come un'opportunità provvidenziale per cominciare un nuovo cammino pieno di iniziative, ricordando sempre le parole del Signore: "io sono con voi tutti i giorni" (Mt 28,20). Nel bando che avete pubblicato per tale evento affermate che "con i grati ricordi e le impressioni ancora fresche dei grandi eventi di spiritualità del Grande Giubileo dell'Anno 2000, la Chiesa che peregrina in Honduras eleva la sua azione di rendimento di grazie a Dio e invita con grande gioia la Chiesa Universale a unirsi a lei nelle lodi a Dio Padre, che salva mediante la fede in suo Figlio Gesù Cristo, costituito Signore della Storia dallo Spirito Santo. A ciò ci ispira e ci muove il considerare che il nostro territorio fu scelto da Dio Provvidente affinché il 14 agosto dell'anno 1502 l'umile frate Alejandro vi celebrasse la Prima Messa in un luogo elevato e alberato che oggi conosciamo con il nome di Baia di Trujillo" (V Centenario della Prima Messa nel Continente Americano, Tegucigalpa, 3-1-2001). È un'occasione propizia per analizzare la storia dell'evangelizzazione di questa terra, che fa parte della storia della vostra Nazione, il che contribuirà a far comprendere l'azione provvidenziale del Signore e a guardare speranzosi al futuro, a rafforzare la fede e a dare un nuovo impulso alla vita ecclesiale in tutti i suoi aspetti.

3. Come Pastori vi preoccupa seriamente la situazione di persistente povertà in Honduras, nonostante possieda un territorio fertile dove non scarseggiano le risorse materiali. Questo fa pensare alla necessità di migliorare l'ordine sociale, promuovendo una maggiore giustizia e strutture che favoriscano una più equa distribuzione dei beni, e soprattutto di evitare che pochi cittadini detengano tante risorse a detrimento della maggioranza. Quando si producono fenomeni come questo, alla penuria economica si aggiunge l'isolamento dei più poveri che, chiusi nel proprio mondo, perdono la speranza in una società migliore. Per questo il Paese soffre quando i contadini si sentono emarginati, le etnie indigene dimenticate e i cittadini più bisognosi di protezione, come i bambini e i giovani, abbandonati alla loro sorte.

È urgente quindi promuovere la giustizia vera, poiché "disattendere tale esigenza potrebbe favorire l'insorgere di una tentazione di risposta violenta da parte delle vittime dell'ingiustizia", ossia "le popolazioni escluse dalla equa distribuzione dei beni, destinati originariamente a tutti" (Sollicitudo rei socialis SRS 10). Desidero ricordare a tale riguardo quello che ho detto nell'Esortazione Apostolica post-sinodale Ecclesia in America: "La Chiesa dev'essere attenta al grido dei più bisognosi. Ascoltando la loro voce, essa deve vivere con i poveri e partecipare dei loro dolori" (n. 58). A tale proposito, occorre promuovere la diffusione del ricco patrimonio della Dottrina Sociale della Chiesa, con il quale i cattolici possono dare impulso e favorire iniziative volte a superare situazioni di povertà e di emarginazione che colpiscono tante persone. Non bisogna dimenticare che la preoccupazione per l'ambito sociale fa parte della missione evangelizzatrice della Chiesa (cfr Sollicitudo rei socialis SRS 41) e che "la promozione umana deve essere la conseguenza logica dell'evangelizzazione, che tende alla liberazione integrale della persona" (Discorso inaugurale della IV Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano, 12-10-1992, n. 13).

Senza dimenticare il contributo importante della Chiesa in questo ambito, vi invito ancora una volta, cari Fratelli, a insistere nell'opzione preferenziale per i poveri, non esclusiva né escludente, programmando anche attività pastorali nei villaggi e nelle zone rurali. La gente povera ed emarginata ha il diritto di sentire la vicinanza particolare dei suoi Pastori, ricordando quello che dice il salmista: "Beato l'uomo che ha cura del debole" (Ps 40,2).

4. Un fenomeno non meno preoccupante ai nostri giorni, e che si percepisce anche in Honduras, è una certa disgregazione familiare. Come mettete in evidenza nelle relazioni quinquennali, vi sono numerose famiglie che non vivono secondo le norme cristiane. Indipendentemente dalle circostanze che portano a questa situazione problematica, non possiamo rimanere inermi dinanzi ad essa. A tale proposito nell'Enciclica Evangelium vitae ho scritto: "Se è vero che "l'avvenire dell'umanità passa attraverso la famiglia", si deve riconoscere che le odierne condizioni sociali, economiche e culturali rendono spesso più arduo e faticoso il compito della famiglia nel servire la vita. Perché possa realizzare la sua vocazione di "santuario della vita", quale cellula di una società che ama e accoglie la vita, è necessario e urgente che la famiglia stessa sia aiutata e sostenuta. ... Da parte sua la Chiesa deve promuovere instancabilmente una pastorale familiare capace di stimolare ogni famiglia a riscoprire e vivere con gioia e con coraggio la sua missione nei confronti del Vangelo della vita" (n. 94). Inoltre, quando si distruggono i focolari domestici, si producono altre situazioni drammatiche come quella delle madri nubili o abbandonate, che devono lottare per il mantenimento e l'educazione dei figli, e il problema dei bambini di strada, fatti dinanzi ai quali la Chiesa e la società non possono restare insensibili.

Perciò occorre sensibilizzare tutti gli ambiti disponibili, inclusi i mezzi di comunicazione sociale, al fine di rafforzare il matrimonio e la famiglia e far fronte a certe campagne o mode che attentano dissimulatamente all'istituzione familiare e alla vita stessa.

5. Guardando al futuro dell'umanità, è di capitale importanza offrire un'educazione appropriata ai bambini e ai giovani. La società honduregna deve tener conto del fatto che l'educazione, che è un diritto fondamentale di ogni persona, è alla base dello sviluppo degli individui e della società stessa. Come ho scritto nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 1999: "Come non preoccuparsi vedendo che in alcune regioni tra le più povere del mondo le opportunità di formazione vanno in realtà diminuendo, specialmente per quanto concerne l'istruzione primaria? ... Quando si limitano le opportunità formative..., si predispongono strutture di discriminazione capaci di incidere sull'intero sviluppo della società" (n. 8). Nel campo dell'istruzione tutti sono interessati e quindi è necessario uno sforzo comune. Il contributo della Chiesa in Honduras non si può limitare a pochi collegi. Alle scuole cattoliche bisogna aggiungere la testimonianza dei professori e dei maestri cristiani al fine di assicurare una formazione adeguata alle future generazioni.

6. La spiritualità di comunione, che "incarna e manifesta l'essenza stessa del mistero della Chiesa" (Novo Millennio ineunte NM 42) ed è una "grande sfida che ci sta davanti nel millennio che inizia" (Ibidem, n. 43), si deve applicare con premura alle Chiese particolari, essendo responsabilità dei loro Pastori promuovere la concordia fra tutti e, in modo particolare, l'unione dei sacerdoti fra di loro e attorno al loro Vescovo. Per questo vi invito vivamente a rivolgere la vostra attenzione a coloro che sono i vostri principali collaboratori, senza lesinare sforzi né accontentarvi di un lavoro di gestione e di organizzazione del clero. Sono necessari vicinanza, un contatto personale assiduo, cordialità e incoraggiamento nella missione affidata a ognuno, seguendo l'esempio del Buon Pastore che chiama le sue pecore "una per una" (Jn 10,3). In Honduras, dove ai sacerdoti è spesso affidato un gran numero di fedeli, a volte distribuiti in regioni di difficile accesso, e dove un numero considerevole di essi ha lasciato la propria terra di origine per servire le comunità ecclesiali honduregne, i Vescovi devono prodigarsi nella loro disponibilità ad accoglierli, considerandoli "come figli e amici" (Christus Dominus CD 16).

Queste considerazioni mettono in risalto la validità della norma che prescrive la residenza personale del Vescovo diocesano nella sua sede (cfr C.I.C., c. 395), come pure l'urgenza del suo stretto adempimento. In tal modo, inoltre, si darà l'esempio affinché i parroci e gli altri cooperatori nel ministero pastorale si dedichino con tutto il cuore alla porzione di fedeli che è stata affidata loro, cercando di fare in modo che "il senso della comunità parrocchiale fiorisca soprattutto nella celebrazione comunitaria della messa domenicale" (Sacrosanctum Concilium SC 42).

438 7. Un altro ambito nel quale lo spirito di comunione deve recare frutti abbondanti in ogni Chiesa particolare è quello della vita consacrata. I diversi Istituti e Società sono portatori del proprio carisma e devono conservare fedelmente il loro spirito fondazionale, ma tenendo anche conto che si tratta di una "grazia che non riguarda soltanto un istituto, ma rifluisce a vantaggio di tutta la Chiesa" (Vita consecrata VC 49). Nella vostra patria, dove i consacrati e le consacrate svolgono un ruolo importante nei compiti evangelizzatori, è necessario che questo tipo di vita "sia maggiormente stimata e promossa da Vescovi, sacerdoti, e comunità cristiane" (Ecclesia in America, n. 43), integrandosi al contempo pienamente nella Chiesa particolare alla quale appartengono (cfr Ibidem). Perciò i Pastori, nel coordinare i diversi sforzi e iniziative, devono proporre non solo una maggiore efficacia nell'azione pastorale, ma anche una crescita più armoniosa della comunità ecclesiale, dove vi è diversità di carismi e di ministeri, ma uno solo è il Signore e "opera tutto in tutti" (1 Cor 12, 6).

8. Sebbene si constati con speranza un leggero incremento nel numero dei seminaristi in Honduras, continua ad essere urgente un generoso sforzo nella promozione delle vocazioni al sacerdozio e alla vita di speciale consacrazione. Pertanto, oltre a pregare con insistenza il Signore affinché "mandi operai nella sua messe" (Mt 9,38) e far sì che la vita esemplare di sacerdoti e persone consacrate attiri le nuove generazioni, è necessario intensificare un'efficace pastorale delle vocazioni (cfr Novo Millennio ineunte NM 46).

Alla pastorale delle vocazioni corrisponde l'appassionante compito di suscitare inquietudini profonde nel cuore dei giovani e prepararli ad accogliere con generosità l'invito del Signore: "vieni e seguimi" (Mt 19,21). Non si deve eludere questa proposta in maniera esplicita e diretta, ma non bisogna dimenticare che la prima risposta alla vocazione è solo l'inizio di un cammino. In effetti, si percepisce sempre meglio l'importanza decisiva che rivestono per la Chiesa un accurato discernimento delle vocazioni e una seria formazione spirituale, umana, teologica e culturale dei candidati al sacerdozio e alla vita consacrata. In nessun caso la scarsità di vocazioni deve portare a negligenza nell'esame della loro idoneità, che, date le circostanze sociali e culturali del nostro tempo, deve essere, se possibile, ancora più esigente che in passato.

9. La partecipazione dei laici alla vita ecclesiale honduregna merita un riconoscimento particolare. Sto pensando ai numerosi agenti di pastorale e ai Delegati della Parola di Dio, scelti e incaricati di tenere celebrazioni appropriate la domenica, in luoghi dove il sacerdote non può essere presente per celebrare l'Eucaristia. Non si devono neppure dimenticare i diversi Movimenti ecclesiali che con il loro carisma arricchiscono la vita del Popolo di Dio. Senza dubbio i servizi che i fedeli laici offrono alla Chiesa sono molto validi. Ciononostante, bisogna evitare l'errore di pensare che possano sostituire i ministri ordinati quando questi mancano. Ai suddetti agenti di pastorale occorre impartire una salda preparazione teologica nella spiritualità della comunione, mettendo in risalto la differenza fra il servizio ecclesiale dei fedeli laici e i ministeri propri ed esclusivi dell'Ordine sacro (cfr Lumen gentium LG 10 Christifideles laici CL 22).

Occorre invitare i laici impegnati a collaborare in modo attivo e responsabile alla catechesi per la prima Comunione e per la Confermazione, come pure alla preparazione dei fidanzati per il Sacramento del Matrimonio. È fondamentale che le parrocchie offrano un'educazione sistematica nella fede cattolica, che non si limiti a una preparazione superficiale per ricevere i Sacramenti dell'Iniziazione cristiana. Ogni fedele ha diritto a ricevere da parte della Chiesa una formazione profonda nella fede cattolica, appropriata alla sua età e condizione, per crescere così nella fede. Inoltre le carenze che si originano in questo campo possono essere uno dei motivi per cui molti fedeli si allontanano e passano alle sette.

10. Cari Fratelli, come ho già proposto nella Lettera Apostolica Novo Millennio ineunte, procediamo di nuovo a partire da Cristo, contemplando sempre il suo volto, rendendoci testimoni del suo amore per prendere il largo. Nel nostro procedere speranzoso, cerchiamo di stare sempre più con Lui, per essere inviati di nuovo ad annunciare il suo messaggio salvifico a tutti i nostri fratelli e le nostre sorelle.

Su ognuno di voi imploro la costante protezione della Vergine di Suyapa, affinché vi accompagni in queste nuove sfide pastorali. Le affido anche i vostri sacerdoti, i consacrati e le consacrate, come pure tutti i figli e le figlie dell'Honduras, e al contempo vi imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE


IN OCCASIONE DELL’ANNO INTERNAZIONALE


DEL VOLONTARIATO


Cari Volontari!


1. Al termine di quest'anno, che le Nazioni Unite hanno dedicato al Volontariato, desidero esprimervi vivo e cordiale apprezzamento per la costante dedizione con cui, in ogni parte del mondo, andate incontro a quanti versano nell'indigenza. Sia che operiate come singoli oppure raggruppati in specifiche associazioni, voi rappresentate per bambini, anziani, ammalati, gente in difficoltà, rifugiati e perseguitati un raggio di speranza, che squarcia le tenebre della solitudine e incoraggia a vincere la tentazione della violenza e dell'egoismo.

Cosa spinge un volontario a dedicare la sua vita agli altri? Anzitutto quel moto innato del cuore, che stimola ogni essere umano ad aiutare il proprio simile. Si tratta quasi di una legge dell'esistenza. Il volontario avverte una gioia, che va ben oltre l'azione compiuta, quando riesce a dare qualcosa di sé agli altri gratuitamente.

Proprio per questo, il Volontariato costituisce un fattore peculiare di umanizzazione: grazie alle svariate forme di solidarietà e di servizio che promuove e concretizza, rende la società più attenta alla dignità dell'uomo e alle sue molteplici aspettative. Attraverso l'attività che svolge, il Volontariato giunge a sperimentare che, solo se ama e si dona agli altri, la creatura umana realizza pienamente se stessa.

439 2. Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo, ci comunica la ragione profonda di questa universale esperienza umana. Manifestando il volto di Dio che è amore (cfr 1Jn 4,8), Egli rivela all'uomo l'amore come legge suprema del suo essere. Nella vita terrena Gesù ha reso visibile la divina tenerezza, spogliando "se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini" (Ph 2,7) e "ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore" (Ep 5,1). Condividendo sino ala morte la nostra vicenda terrena, ci ha insegnato a "camminare nella carità".

Seguendo le sue orme, la Chiesa, in questi due millenni, non ha cessato di testimoniare quest'amore, scrivendo pagine edificanti grazie a santi e sante che hanno segnato la storia. Penso, tra i più recenti, a san Massimiliano Kolbe, che si è sacrificato per salvare un padre di famiglia, e a Madre Teresa di Calcutta, che ha consacrato se stessa ai più poveri tra i poveri.

Attraverso l'amore per Dio e l'amore per i fratelli, il cristianesimo sprigiona tutta la sua potenza liberante e salvifica. La carità rappresenta la forma più eloquente di evangelizzazione perché, rispondendo alle necessità corporali, rivela agli uomini l'amore di Dio, provvidente e padre, sempre sollecito per ciascuno. Non si tratta di soddisfare unicamente i bisogni materiali del prossimo, come la fame, la sete, la carenza di abitazioni, le cure mediche, ma di condurlo a sperimentare in modo personale la carità di Dio. Attraverso il Volontariato, il cristiano diviene testimone di questa divina carità; l'annuncia e la rende tangibile con interventi coraggiosi e profetici.

3. Non basta venire incontro a chi si trova in difficoltà materiali; occorre al tempo stesso rispondere alla sua sete di valori e di risposte profonde. E' importante il tipo di aiuto che si offre, ma ancor più lo è il cuore con cui esso è dispensato. Che si tratti di microprogetti o grandi realizzazioni, il Volontariato è chiamato ad essere in ogni caso scuola di vita soprattutto per i giovani, contribuendo a educarli ad una cultura di solidarietà e di accoglienza, aperta al dono gratuito di sé.

Quanti volontari, nell'impegnarsi coraggiosamente per il prossimo, giungono a scoprire la fede! Cristo, che chiede di essere servito nei poveri, parla al cuore di chi si pone al loro servizio. Fa sperimentare la gioia dell'amore disinteressato, amore che è fonte della vera felicità.

Auspico vivamente che l'Anno Internazionale del Volontariato, durante il quale si sono tenute numerose iniziative e manifestazioni, aiuti la società a valorizzare sempre più le tante forme di Volontariato, che rappresentano un fattore di crescita e di civiltà. Spesso i volontari suppliscono e anticipano gli interventi delle pubbliche istituzioni, alle quali spetta di riconoscere adeguatamente le opere nate grazie al loro coraggio e di favorirle senza spegnerne lo spirito originario.

4. Cari Fratelli e Sorelle, che costituite quest'"esercito" di pace diffuso in ogni angolo della terra, voi siete un segno di speranza per i nostri tempi. Là dove emergono situazioni di disagio e di sofferenza, fate fruttificare le insospettabili risorse di dedizione, di bontà e persino di eroismo, che sono nel cuore dell'uomo.

Facendomi voce dei poveri di tutto il mondo, voglio dirvi grazie per il vostro incessante impegno. Proseguite con coraggio nel vostro cammino; le difficoltà non vi fermino mai. Cristo, il Buon Samaritano (cfr Lc 10,30-37), sia l'eccelso modello di riferimento di ogni volontario.

Imitate pure Maria che, recandosi "in fretta" a soccorrere la cugina Elisabetta, diventa messaggera di gioia e di salvezza (cfr Lc 1,39-45). Ella vi insegni lo stile della carità umile e fattiva e vi ottenga dal Signore la grazia di riconoscerlo nei poveri e nei sofferenti.

Con tali voti, imparto di cuore a voi tutti ed a quanti incontrate ogni giorno sulle strade del servizio all'uomo una speciale Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 5 Dicembre 2001

IOANNES PAULUS II



AI NUOVI AMBASCIATORI IN OCCASIONE


DELLA PRESENTAZIONE COLLETTIVA


DELLE LETTERE CREDENZIALI


440
Giovedì 6 dicembre 2001

Eccellenze,


1. Sono lieto di ricevervi in questo giorno e di porgervi il benvenuto mentre presentate le Lettere che vi accreditano presso la Sede Apostolica come Ambasciatori straordinari e plenipotenziari dei vostri Paesi: il Bangladesh, il Gibuti, la Finlandia, l'Eritrea, la Georgia, il Lesotho, il Rwanda, l'Isola Maurizio, il Mali. Saluto anche il nuovo Ambasciatore della Svizzera in Missione speciale. Vi sarei grato se poteste esprimere ai vostri rispettivi Capi di Stato la mia gratitudine per i messaggi a me rivolti di cui siete forieri, trasmettendo loro i miei saluti cordiali e deferenti, come pure i miei voti ferventi per le loro persone e per la loro missione al servizio di tutti i concittadini. Permettetemi anche di cogliere questa opportunità per salutare attraverso di voi le Autorità dei vostri Paesi e l'insieme dei vostri concittadini. Aggiungo volentieri un'intenzione speciale per i vostri concittadini cattolici e per i loro Pastori. Tutti si preoccupano di apportare il proprio contributo alla concordia e alla pace.

2. I nostri contemporanei sono oggi più che mai segnati dalla paura, che deriva al contempo dalla situazione di instabilità che il nostro mondo vive e di incertezza del domani; molti sembrano non poter guardare più serenamente al loro futuro, soprattutto i giovani che sono turbati dagli eventi drammatici che il mondo degli adulti offre loro. Spetta in maniera particolare ai Responsabili delle Nazioni e ai loro Rappresentanti nel servizio diplomatico impegnarsi più che mai e in modo sempre più intenso, attraverso la via del dialogo e della cooperazione internazionale, per sradicare tutto ciò che è fonte di conflitti e di tensioni fra gruppi umani e fra Paesi. Nessuna questione particolare, che deve sempre poter avere soluzioni negoziate, deve prevalere sul rispetto delle persone e dei popoli.

3. La vostra missione, Signore e Signori Ambasciatori, consiste nel servire allo stesso tempo la nobile causa del vostro Paese e la nobile causa della pace. Sono eminenti atti di amore verso il prossimo, che devono essere compiuti con il desiderio di contribuire al bene comune e a un'intesa migliore fra le persone e fra i popoli. Potremo allora offrire alle generazioni che ci seguiranno una terra dove è bello vivere. Dobbiamo costantemente ricordarci che tutte le ingiustizie che i nostri contemporanei possono conoscere, le situazioni di povertà, la mancanza di educazione della gioventù, sono all'origine di numerosi focolai di violenza in tutto il mondo. La giustizia, la pace, la lotta contro la miseria e contro la mancanza di formazione spirituale, morale e intellettuale dei giovani, sono aspetti essenziali dell'impegno al quale invito i Dirigenti delle Nazioni, i servizi diplomatici e tutti gli uomini di buona volontà.

4. Mentre cominciate la vostra missione presso la Santa Sede, desidero porgervi i miei migliori auguri. Invoco di buon grado l'abbondanza delle Benedizioni Divine su di voi e sulle vostre famiglie, sui vostri collaboratori e sulle Nazioni che rappresentate.


AI RELIGIOSI DELLE CONGREGAZIONI DEI ROGAZIONISTI


E DELLE FIGLIE DEL DIVIN ZELO


Giovedì, 6 dicembre 2001




Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Con gioia vi accolgo e a ciascuno porgo il mio più cordiale benvenuto. Grazie per questa vostra visita, che intende sottolineare una quanto mai significativa ricorrenza: il centocinquantesimo anniversario della nascita del vostro Fondatore, il Beato Annibale Maria Di Francia. Un saluto speciale dirigo al Superiore Generale, Padre Giorgio Nalin, e lo ringrazio per le cordiali parole che mi ha rivolto a nome di tutti.

Accogliendo voi, che costituite una rappresentanza qualificata dei Rogazionisti, delle Figlie del Divino Zelo, delle Missionarie Rogazioniste, degli ex-Allievi e degli Animatori Vocazionali Laici che condividono il medesimo carisma, estendo il mio saluto alla folta e benemerita schiera di vostri Confratelli e Consorelle. Essi, in ogni continente, umili e generosi spendono la vita lietamente e alacremente per la diffusione del "Rogate" sgorgato dal Cuore di Cristo.

Durante l'anno giubilare, le vostre zelanti Famiglie religiose hanno avuto l'opportunità di riandare spiritualmente alla loro comune origine per trarne ispirazione e incoraggiamento. Al tempo stesso, non hanno mancato di protendersi verso il futuro, col rinnovato impegno di approfondire l'ideale carismatico rogazionista e irradiarlo con entusiasmo in ogni continente.


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