GP2 Discorsi 2001 455


INCONTRO SUL "FUTURO DEI CRISTIANI IN TERRA SANTA"

Giovedì, 13 dicembre 2001




Cari Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio!

Come vi è stato già anticipato nella lettera di invito, l'incontro di oggi vuole ribadire, una volta di più, l'interesse e la preoccupazione con cui la Santa Sede segue la situazione in Terra Santa, condividendo, attraverso una particolare spirituale vicinanza, il dramma di quelle popolazioni, da lungo tempo duramente provate da atti di violenza e di discriminazione. Esso vuole altresì testimoniare la sollecitudine di tutta la Chiesa per i cristiani in Terra Santa, in particolare per la comunità cattolica, come anche manifestare il comune impegno per la continuità della sua millenaria presenza in quella regione ed offrire il proprio contributo per la giustizia e la riconciliazione tra quanti in quei luoghi hanno le radici della propria fede.

456 Purtroppo, ci troviamo riuniti in un momento che non esito a definire "drammatico", sia per le popolazioni che abitano quelle care regioni, sia per i nostri Fratelli nella fede. Questi, infatti, sembrano schiacciati dal peso di due diversi estremismi che, indipendentemente dalle ragioni che li alimentano, stanno sfigurando il volto della Terra Santa.

In occasione dell'inizio del Grande Giubileo dell'Anno 2000, i Patriarchi ed i Responsabili delle Comunità cristiane di Terra Santa hanno lanciato ai loro fedeli ed ai cristiani del mondo intero un messaggio di fede, di speranza e di carità; un messaggio spirituale che, dalla grotta di Betlemme, con coraggio e determinazione, invitava tutti gli abitanti della Terra Santa e del mondo intero a vivere nella giustizia e nella pace.

Come avremmo voluto che questo messaggio fosse prontamente ascoltato e realizzato! Come avremmo voluto che non ci fosse più stato bisogno di ripeterlo! Come avremmo voluto vedere i nostri Fratelli ebrei e musulmani camminare insieme a noi in un solidale patto di amore per restituire alla Terra Santa il suo vero volto di "crocevia di pace" e di "terra della pace".

A voi, cari Fratelli nell'Episcopato di Terra Santa, spetta il gravoso compito di continuare ad essere testimoni della presenza dell'amore di Dio in quelle terre e portatori del suo messaggio in ambienti a maggioranza islamica od ebraica.

Nel vostro messaggio in occasione dell'inizio dell'Anno Giubilare (4 dicembre 1999), nel sottolineare che la vostra vocazione consiste nell’"essere cristiani in Terra Santa e non in un altro paese del mondo", avete invitato tutti a non lasciarsi vincere dalla paura e a non perdere la speranza davanti alle difficoltà: "Devant tout problème - si legge nel vostro toccante indirizzo - restons fermes avec la force de l'Esprit de Dieu et celle de son amour... La vie au troisième millénaire exige de nous une réflexion profonde et une plus grande conscience de notre identité et de notre mission, afin d'accepter ce que Dieu veut pour nous aujourd'hui et demain dans notre Terre Sainte".

Anche oggi, come feci nell'incontro con voi ad Amman, il 21 marzo del 2000, vi invito ad avere fiducia nel Signore, a rimanere uniti a Lui nella preghiera, affinché Egli, vostra Luce, vi aiuti a guidare il gregge affidatovi.

La presenza, qui tra noi, di alcuni Confratelli in rappresentanza dell'Episcopato del mondo intero, testimonia che, in questo vostro difficile compito, non siete soli: la Chiesa intera è con voi. La Chiesa tutta condivide le vostre preoccupazioni, sostiene i vostri sforzi quotidiani, è vicina alle sofferenze dei vostri fedeli e, attraverso la preghiera, mantiene viva la speranza. Sì, tutta la Chiesa, in questo tempo di Avvento, grida: Vieni, Signore, a visitarci con la tua pace: la Tua presenza ci riempie di gioia" (
Is 38,3).


AI PROMOTORI, AGLI ORGANIZZATORI E AGLI ARTISTI


DEL "CONCERTO DI NATALE IN VATICANO"


Venerdì, 14 dicembre 2001




Gentili Signore, Illustri Signori!

1. Anche quest'anno ho il piacere di ricevere la vostra gradita visita. Questo incontro cordiale mi offre l'opportunità di esprimere a ciascuno di voi il mio vivo compiacimento per la realizzazione dell'ormai tradizionale "Concerto di Natale in Vaticano". Si tratta di una significativa manifestazione artistica e musicale, diventata un appuntamento atteso e familiare, che ben si inserisce tra le diverse iniziative promosse nella nostra città di Roma in occasione del Santo Natale.

Auspico pieno successo al vostro concerto natalizio e auguro che esso rechi a quanti vi assisteranno gioia, serenità e pace.

457 2. Le Festività natalizie evocano sentimenti di solidarietà e di attenzione al prossimo e voi, molto opportunamente, nell'ideare questo incontro avete voluto assegnargli una ben precisa finalità benefica e spirituale. Voi volete, infatti, richiamare alla pubblica opinione una necessità molto avvertita nella comunità cristiana della Città: la mancanza di Chiese e di luoghi di culto, specialmente in alcuni quartieri periferici.

Con la vostra manifestazione intendete reperire fondi per finanziare concretamente progetti di Chiese e strutture d'accoglienza adeguate. Grazie anche a voi, i fedeli potranno meglio esprimere la loro fede contando su attrezzature idonee per le loro riunioni di preghiera, di catechesi e per le altre attività pastorali e sociali.

3. Gentili Signore e illustri Signori! Il vostro concerto, come ogni anno, ripropone canti antichi e moderni, ispirati in gran parte alla grande solennità cristiana del Natale.

Il Natale è ricordo gioioso di ciò che si compì nel corso della notte due mila anni or sono, e che continua a suscitare nei credenti commozione e stupore. Dio si è fatto bambino per essere più vicino all'uomo di ogni tempo, dimostrandogli la sua infinita tenerezza. Possa questa grande ricorrenza cristiana essere occasione propizia, perché tutti scoprano e sperimentino quanto Dio ami l'uomo, ogni uomo, tutti gli uomini!

Porgo cordiali auguri agli organizzatori e ai promotori, agli artisti e ai graditi ospiti, come pure a quanti, attraverso la televisione, assisteranno a questo concerto natalizio.

Avvaloro questi voti con una speciale Benedizione Apostolica, che volentieri estendo alla vostre famiglie e a quanti vi sono cari.


GIOVANNI PAOLO II


AI MEMBRI DEL SENATO ACCADEMICO


DELL’UNIVERSITÀ "CARD. STEFAN WYSZYNSKI"


DI VARSAVIA (POLONIA)


Sabato, 15 dicembre 2001



Rivolgo il mio cordiale benvenuto a tutti voi e vi ringrazio della benevolenza, che si è espressa nel conferirmi il titolo di dottore honoris causa della vostra Università. L’accetto con gratitudine, in considerazione del cordiale ricordo del Primate del Millennio, di cui il vostro Ateneo porta il nome, specialmente perché quest’anno, in occasione del centesimo anniversario della sua nascita, si ravvivano in modo particolare i ricordi di questo grande pastore e uomo di stato. Accetto questo titolo anche a motivo della speranza che nutro -della speranza cioè che l’Università intitolata al Cardinale Stefan Wyszynski, la cui storia è breve, ma le radici sono antiche, si sviluppi sotto ogni aspetto e diventi un centro scientifico e culturale sempre più dinamico e sempre più importante in Polonia.

Prima di condividere con voi la riflessione che nasce nel mio animo in occasione di questo giorno, voglio salutare il Signor Cardinale Primate, Grande Cancelliere dell’Università, e il Rettore Magnifico. Sono grato delle parole che essi mi hanno rivolto. Con un pensiero cordiale abbraccio anche tutti voi: il Senato, i professori, il personale docente e amministrativo, gli studenti e le persone che vi accompagnano. Vi ringrazio per la vostra presenza e vicinanza spirituale.

La definizione del Cardinale Stefan Wyszynski come di un grande Pastore si è soliti associarla con l’opera della preparazione della Chiesa in Polonia all'ingresso nel nuovo millennio del cristianesimo. Quando, invece, parliamo di lui come di un uomo di stato, abbiamo abitualmente nella mente il suo fermo atteggiamento nei riguardi dell’ateismo comunista: grazie a quest’atteggiamento la Chiesa, in condizioni di dura prova, riuscì a mantenere la propria posizione nella nazione e la giusta direzione del suo sviluppo interno. Sembra che tale modo di vedere la sua persona, pur giusto sotto ogni punto di vista, oggi richieda un certo approfondimento. Occorre sottolineare il fatto, che sembra essere raramente messo in rilievo, che il Cardinale Wyszynski, sia come pastore, sia come uomo di stato, poneva un forte accento sul ruolo della cultura, intesa in senso ampio, nella formazione del volto spirituale della Chiesa e della nazione. Anzi, egli mai separava questi due campi nell’influsso esercitato dalla cultura. Tale questione doveva stargli molto a cuore, se nell’anno del Millennio, 1966, egli disse: "Gli studi sul nostro passato culturale, a causa del lavoro della Chiesa e dell’ispirazione che la Chiesa dà all’arte e ad ogni tipo di creatività, sono sempre aperti e molto auspicabili. L’attuale impoverimento del pensiero (...) evidenzia una sventura della cultura, sperimentata come conseguenza dell’abbandono delle ispirazioni religiose" (Varsavia, 23.06.1966).

Il passato culturale, il patrimonio dello sforzo creativo del pensiero e delle mani di generazioni animate dallo spirito di fede radicato nel Vangelo, è il fondamento dell’identità della nazione polacca. Il Primate del Millennio indicava giustamente la necessità di studiare questo patrimonio, di conoscere le fondamenta che mille anni prima furono poste sotto l’ispirazione che di generazione in generazione porta in sé la comunità della Chiesa, unita intorno a Cristo, colma di Spirito Santo, in cammino verso la casa del Padre. Non è questo il primo compito delle università? Ancor più, non è questo il compito di un’Università che porta il nome del Primate del Millennio? Come la sede primaziale di Gniezno salvaguarda la tradizione religiosa di Sant’Adalberto, così la vostra Università salvaguardi il patrimonio culturale che in tale tradizione ha la sua fonte. Siate fedeli alla chiamata del Cardinale Stefan Wyszynski ad essere solleciti verso la cultura.

458 Ultimamente, più volte ho parlato ai rappresentanti dei centri universitari polacchi dell’impellente necessità non soltanto della formazione intellettuale della giovane generazione, ma anche di quella di formare in essa lo spirito di un sano patriottismo, che consiste proprio in un’incessante scoperta delle radici della propria identità umana, nazionale e religiosa, e nello sforzo di partecipazione alla creazione di tale patrimonio, da cui nasce la realtà di oggi. La consapevolezza di chi sono io e la capacità di assumermi la responsabilità per quello che sono, permetterà alle successive generazioni dei giovani polacchi di attingere con piena apertura, ma senza un senso di smarrimento, dal ricco patrimonio della cultura europea e di quella mondiale. Permetterà loro di discernere gli autentici, perenni valori dello spirito umano da quei fuggevoli surrogati del bene, che prendono forma nell’imperativo culturale di oggi.

Ai tempi del Cardinal Wyszynski si doveva sottolineare l’importanza della cultura e della scienza per la sopravvivenza della nazione di fronte ai pericoli del totalitarismo. Sembra che oggi, continuando tale opera di fronte alle altre minacce portate dal nuovo secolo, si debba andare oltre. Osserviamo il processo di unificazione dei paesi dell’Europa e della globalizzazione di numerosi settori della vita nel mondo. Questo processo non può attuarsi senza prendere in considerazione le tradizioni spirituali e culturali delle nazioni. Bisogna dunque provvedere affinché esso si svolga con una positiva, creativa partecipazione delle persone e degli ambienti responsabili alla cultura, alla conservazione e allo sviluppo del proprio retaggio di secoli.

Pochi giorni fa dicevo agli studenti riuniti nella Basilica di San Pietro: "L’Europa ha bisogno di una nuova vitalità intellettuale. Una vitalità che proponga progetti di vita austera, capace di impegno e di sacrificio, semplice nelle sue legittime aspirazioni, lineare nelle sue realizzazioni, trasparente nei suoi comportamenti. E’ necessario un ardimento nuovo del pensiero, libero e creativo, pronto a cogliere, nella prospettiva della fede, le domande e le sfide che sorgono dalla vita, per farvi emergere con chiarezza le verità ultime dell’uomo. (...) Siete come un simbolo dell’Europa che dovete insieme costruire" (11.12.2001). Oggi rivolgo queste parole a voi, ai rappresentanti dell’Università "Kardynal Stefan Wyszynski", sperando che essa, mediante l’onesto impegno scientifico dei professori e degli studenti, contribuisca a formare il volto spirituale non soltanto della Polonia ma dell’intera Europa. E’ un compito grande - potrebbe sembrare perfino ambizioso - ma è una missione alla quale è chiamato ogni ambiente scientifico europeo che si rifaccia alla tradizione cristiana. Accettate con fiducia questa chiamata. La giovinezza della vostra istituzione può essere la vostra forza, la fonte di nuove energie che scaturiscono dal fresco modo di affrontare i problemi con cui gli altri ambienti scientifici si confrontano da secoli. Sfruttate le possibilità che vengono dalla giovinezza - dalla giovinezza dell’istituzione e dalla giovinezza dello spirito!

Questo è anche il mio augurio per tutta l’Università "Kardynal Stefan Wyszynski: che essa si sviluppi, palpiti di vita creativa; si inserisca con slancio nel futuro della Polonia e dell’Europa, modellando la loro forma spirituale, conservando tutta la ricchezza del patrimonio cristiano. La benedizione divina accompagni il vostro lavoro creativo ed educativo.

Voglio ancora salutare i rappresentanti della gioventù di Varsavia, che hanno portato un singolare dono: la foto degli otto mila partecipanti all’incontro di preghiera, che si svolse il 22 settembre ai Campi di Wilanów. Vi ringrazio per questa espressione di ricordo e di benevolenza, e soprattutto per il dono della vostra preghiera. Benedico di cuore voi e tutti i giovani a Varsavia e in Polonia.

Il Cardinale Primate mi aveva chiesto di benedire, in occasione del nostro incontro, la copia dell’immagine della Madonna di Czestochowa, che continuerà la peregrinazione da una parrocchia all’altra delle diocesi della Polonia. Lo faccio volentieri. So quanto bene spirituale viene portato da essa. E’ un riferimento particolarmente fruttuoso all’opera del Millennio realizzata dal Cardinale Wyszynski. Benedico di cuore tutti coloro che davanti a questa effige chiederanno di essere confermati nella fede, speranza e carità. Che la protezione della Regina di Jasna Góra accompagni voi e tutti i miei connazionali nella Polonia. Dio vi sia propizio!


ALLA DELEGAZIONE DELLA ROMANIA


IN OCCASIONE DELLA CONSEGNA


DELL’ALBERO DI NATALE


Lunedì, 17 dicembre 2001




Signor Presidente,
Distinte Autorità civili ed accademiche,
Venerati Fratelli nell'Episcopato,
Carissimi Fratelli e Sorelle!

459 Sono lieto di accogliere tutti voi, venuti a presentarmi il dono dell'albero di Natale, che quest'anno proviene dai monti Carpazi orientali, cuore della bella e cara Romania. Grazie per questo significativo gesto, che molto mi colpisce. Grazie pure per gli altri alberi natalizi, destinati ad adornare vari luoghi del Vaticano.

La vostra presenza mi richiama alla mente i giorni intensi, che ho avuto la gioia di trascorrere nella vostra amata Terra, in occasione dell'indimenticabile Visita Apostolica di due anni or sono. Ricordo con intensa emozione l’incontro col Patriarca Teoctist e la Chiesa ortodossa romena; ricordo pure con affetto il venerato Cardinale Alexandru Todea e la fervorosa Comunità cattolica. Profitto volentieri di questa opportunità per rinnovare all'intero popolo romeno l'espressione della mia gratitudine per la squisita ospitalità che in quella circostanza mi è stata riservata.

Signor Presidente, mentre La ringrazio per la sua gentile presenza e per i cordiali sentimenti che a nome di tutti mi ha manifestato, desidero sottolineare l'attiva presenza della Romania, durante l'anno che sta per concludersi, alla Presidenza dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. Fra le decisioni assunte con la collaborazione del vostro Paese, mi piace citare quelle relative al tema dei valori spirituali e della libertà religiosa. Iddio continui a benedire gli sforzi del Nazione romena, perché non cessi di svolgere fedelmente il suo ruolo di "ponte" tra le diverse tradizioni culturali e religiose europee, favorendo così la pace e la comprensione tra gli uomini.

Auguro in modo speciale a voi, venerati Fratelli nell'Episcopato, e all'intera Comunità cristiana di testimoniare con coerenza i valori spirituali della vita, dell'amore e della pace che il Natale di Cristo diffonde nel mondo. Il Natale rechi a voi qui presenti e a tutti i Romeni la gioia e la pace che ci ha portato Gesù nascendo dalla Vergine Maria.

A tutti buone feste di Natale e di Capodanno!
Con questo augurio, di cuore tutti vi benedico.




ALL’AZIONE CATTOLICA RAGAZZI,


AL CORO "ALPINISTI TRENTINI"


E ALL’ASSOCIAZIONE "AMICI DEL PRESEPIO"


Venerdì, 21 dicembre 2001




Cari Bambini e cari Ragazzi!

1. Vi saluto con tanto affetto. Sono lieto di accogliervi ancora una volta per questo incontro, che mi offre l’opportunità di prendere nuovamente contatto con l’importante realtà ecclesiale dell’Azione Cattolica Ragazzi, di cui voi fate parte. Ringrazio il vostro coetaneo per le parole che ha voluto rivolgermi, interpretando i vostri sentimenti. Sono molti i bambini e i ragazzi che, grazie alla vostra Associazione, hanno l’opportunità di conoscere più da vicino Gesù, e sono aiutati a vivere il Vangelo nella concretezza dell’esistenza quotidiana. Amare Gesù, sperimentare il suo grande amore sia sempre il desiderio più ardente del vostro cuore. Se Lo seguirete fedelmente potrete farLo conoscere e amare anche dai vostri coetanei e amici.

Vedo che vi accompagnano la Presidente dell’Azione Cattolica Italiana, la Signora Paola Bignardi, e l’Assistente Generale, Mons. Francesco Lambiasi. Li saluto cordialmente e li ringrazio per la sollecitudine con cui si dedicano alla vostra educazione religiosa.

2. Ho appreso con piacere della vostra iniziativa in favore della pace, denominata "Mese della pace", che vi apprestate a porre in atto durante il gennaio prossimo. Realizzatela con entusiasmo e generosità. Essa è come un invito alla pace che, fatto da voi, acquista la forza di una supplica convincente, perché la "misura nuova" del Regno di Dio si scorge pure nella "piccolezza" dei bambini. Il "Mese della Pace", proponendo alle diverse realtà parrocchiali il vostro messaggio di pace, offrirà certamente ai credenti l’opportunità di riflettere ulteriormente su questo prezioso dono che, come ho scritto nel Messaggio per la Giornata Mondiale della pace del 2002, è frutto e opera della giustizia e dell’amore.

460 Con questi sentimenti vi auguro un felice e santo Natale. Estendo i miei voti augurali alle vostre famiglie e all’intera Azione Cattolica, mentre per l’intercessione della Vergine Maria, di cuore tutti vi benedico.

3. Rivolgo ora un affettuoso pensiero di benvenuto ai componenti del coro "Società Alpinisti Tridentini", accompagnati dall’Arcivescovo di Trento, Mons. Luigi Bressan e venuti a Roma in occasione del settanta-cinquesimo anniversario di fondazione. Carissimi, mantenete vive le belle tradizioni canore, che caratterizzano la vostra terra. Il canto è una singolare via per innalzare al Creatore l‘inno di lode e di ringraziamento per le meraviglie del suo amore.

Saluto infine i membri dell’Associazione "Amici del presepio" provenienti da Torre del Greco, compiacendomi per il bel presepe che hanno realizzato in questa sala. Carissimi, vi incoraggio a proseguire nel vostro impegno di promuovere la tradizionale rappresentazione della nascita di Cristo, sulle orme di san Francesco.

Formulo per tutti voi qui presenti e per i vostri cari i migliori auguri per le Feste Natalizie e per il nuovo Anno, e mentre assicuro il mio ricordo nella preghiera, volentieri imparto a tutti una speciale Benedizione Apostolica.


ALLA CURIA ROMANA


Sabato, 22 dicembre 2001




1. Prope est iam Dominus. Venite, adoremus!

Con queste parole della Liturgia di Avvento vi accolgo e vi saluto cordialmente, Signori Cardinali, venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio, religiosi e laici che fate parte della Curia Romana e del Vicariato di Roma. Ringrazio il caro Cardinale Decano, Bernardin Gantin, per i sentimenti augurali che ha espresso a nome vostro, e a tutti dico la mia gioia di ritrovarmi con voi per questo tradizionale appuntamento di famiglia. E’ un incontro che esprime bene il senso di profonda comunione col Successore di Pietro che anima e sostiene il vostro lavoro. Vi sono grato per la devozione che nutrite verso la Sede Apostolica e per l'impegno generoso con cui partecipate ogni giorno, in modi diversi, alla mia sollecitudine nell’adempimento del ministerium petrinum che mi è stato affidato. A tutti grazie di cuore!

Il Natale del Signore è vicino. Venite, adoriamo! È con stupore sempre nuovo che ci accostiamo al mistero della nascita di Cristo, nel cui volto umano rifulge la tenerezza di Dio. Sì, Dio ci ama davvero! Non si è dimenticato degli uomini, abbandonandoli all'impotenza e alla solitudine, ma ha mandato il suo Figlio a rivestire la loro carne mortale per sottrarli al vuoto del peccato e della disperazione.

"A quanti lo hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio", ci dice l'apostolo Giovanni (Jn 1,12). In Gesù di Nazaret, Egli ci dona la sua stessa vita. Ci rende "figli nel Figlio", mettendoci a parte della sua intimità trinitaria e rendendoci fratelli tra di noi. Il Natale è il terreno sicuro e sempre fecondo, su cui germoglia la speranza dell’umanità. Contemplare il Bimbo di Betlemme significa sperare nell’avvento di un'umanità nuova, ricreata a sua immagine, vittoriosa sul peccato e sulla morte; significa credere che, nella nostra storia segnata da tante sofferenze, l'ultima parola apparterrà alla vita e all’amore. Dio ha posto la sua tenda tra di noi, per aprirci il cammino verso la sua dimora eterna.

2. E’ con questa "cifra" di eternità che vogliamo leggere la storia e riandare – com’è consuetudine in questo nostro incontro annuale – ai principali eventi che hanno segnato i dodici mesi passati: lo faccio volentieri insieme con voi, miei apprezzati collaboratori, in atteggiamento di gratitudine al Dio della vita, che tiene nelle sue mani le opere e i giorni degli esseri umani.

Ricordo innanzitutto con quale intima commozione la mattina dell'Epifania ho apposto la firma alla Lettera apostolica Novo millennio ineunte. Desidero nuovamente lodare Dio, fonte di ogni bene, per le innumerevoli grazie che il Grande Giubileo dell'anno 2000 ha arrecato alla comunità cristiana e per il rinnovato slancio apostolico scaturito nelle diverse Chiese locali dalla celebrazione del bimillenario della nascita di Cristo. "Duc in altum!" (Lc 5,4). Ancora una volta "questa parola risuona oggi per noi, e ci invita a fare memoria grata del passato, a vivere con passione il presente, ad aprirci con fiducia al futuro: Gesù Cristo è lo stesso, ieri, oggi e sempre!" (Novo millennio ineunte NM 1). Agli inizi del nuovo millennio tutta la Chiesa, ripartendo da Cristo, sostenuta dall'amore del Padre e confortata dal dono inesauribile dello Spirito, si pone con umiltà al servizio del mondo e con la testimonianza della vita e delle opere intende offrirgli la sua unica ricchezza: Cristo Signore, Salvatore e Redentore dell'uomo (cfr Ac 3,6).

461 3. Tale missione è affidata in particolare a quanti, come successori degli Apostoli, sono chiamati e mandati a pascere il gregge di Dio (cfr 1P 5,2). In questa prospettiva, il mio pensiero va innanzitutto ai Vescovi delle diverse Nazioni, che ho avuto la gioia di accogliere nei mesi scorsi durante le visite ad Limina Apostolorum. Penso poi ai numerosi Presuli che hanno vissuto insieme con me nel mese di ottobre l'esperienza della X Assemblea Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, sul tema: "Il Vescovo servitore del Vangelo di Cristo per la speranza del mondo". Il 22 novembre, inoltre, ho reso pubblica l'Esortazione apostolica Ecclesia in Oceania, nella quale ho raccolto le conclusioni dell'Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi, celebrata nel 1998, su problemi e prospettive di quel grande continente. Non posso, infine, non ricordare il Concistoro del mese di febbraio, nel quale numerosi Vescovi e alcuni Sacerdoti sono stati chiamati a far parte del Collegio Cardinalizio, che si è poi riunito a Roma nel mese di maggio per il Concistoro Straordinario.

Questi incontri - caratterizzati dalla preghiera, dal lavoro, dalla ricerca comune e dalla condivisione fraterna - ci hanno aiutato a cercare le strade sulle quali la Chiesa si deve incamminare per annunciare Cristo nel nostro tempo ed essere così sempre più sale della terra e luce del mondo (cfr Mt 5,13), affinché l'umanità intera "ascoltando creda, credendo speri, sperando ami" (Dei Verbum DV 1).

4. Il Signore mi ha concesso di portare a compimento il "pellegrinaggio giubilare" nei luoghi legati alla Storia della Salvezza: mi sono potuto infatti recare sulle orme di san Paolo ad Atene, Damasco e Malta per fare memoria dell'avventura umana e spirituale dell'Apostolo delle genti e della sua dedizione senza riserve alla causa di Cristo.

In ogni Paese ho incontrato con gioia le comunità cattoliche dei diversi Riti ed ho voluto anche rendere visita ai Patriarchi e Arcivescovi delle venerabili Chiese Ortodosse d'Oriente, alle quali ci lega la professione della fede in Cristo unico Signore e Salvatore. Con essi ho potuto esprimere nuovamente l'anelito verso la piena unità di tutti i credenti in Cristo, rinnovando l'impegno a lavorare, perché si affretti il giorno della comunione anche visibile tra Oriente ed Occidente cristiani. A Damasco, inoltre, ho visitato la Moschea degli Omayyadi, che conserva il monumento a Giovanni il Battista, Precursore di Gesù, manifestando così, pur nel chiaro riconoscimento delle differenze, il rispetto che la Chiesa Cattolica nutre verso l'Islam.

5. Proseguendo nell’impegno che sta alla base dei viaggi apostolici fin qui compiuti, quello cioè di confermare i fratelli nella fede (cfr Lc 22,32) e di consolarli in ogni genere di afflizione (cfr 2Co 1,3-4), nel mese di giugno mi sono recato in Ucraina, dove i figli della Chiesa Cattolica, insieme agli altri fratelli cristiani, hanno esperimentato nel secolo appena concluso una feroce persecuzione ed hanno testimoniato fino al martirio la loro adesione al Signore Gesù. In quei giorni ho chiesto insistentemente a Dio che la Chiesa in Europa possa riprendere a respirare con i suoi due polmoni, perché l'intero continente conosca una rinnovata evangelizzazione.

Nel mese di settembre, sono poi stato in Kazakhstan, dove ho potuto cogliere la ferma volontà di quel popolo di superare un duro passato, segnato dall'oppressione della dignità e dei diritti della persona umana. Là ho invitato di nuovo i seguaci di ogni religione a ripudiare fermamente la violenza, per contribuire a formare un'umanità amante della vita, protesa verso traguardi di giustizia e di solidarietà.

Mi sono recato quindi in Armenia, per rendere omaggio ad una Nazione che da diciassette secoli ha legato la sua storia al Cristianesimo ed ha pagato a caro prezzo la fedeltà alla propria identità: basti pensare al tremendo sterminio di massa subito agli inizi del ventesimo secolo. L'ospitalità offertami con squisita cortesia da Sua Santità il Catholicos Karekin II mi ha profondamente toccato.

Ringrazio di cuore quanti mi hanno accolto come amico, fratello e pellegrino. A tutti assicuro il mio orante ricordo. Così come accompagno con particolare affetto il diletto popolo cinese, che ho avuto particolarmente presente nella recente commemorazione del 400 anniversario dell'arrivo a Pechino di Padre Matteo Ricci, celebre figlio della Compagnia di Gesù.

Senza ignorare le difficoltà e anche le sofferenze che talora segnano il cammino, riaffermo qui la mia profonda convinzione che la strada della conoscenza reciproca e, dove è possibile, della preghiera comune è la via privilegiata verso l’intesa, la solidarietà e la pace.

6. L'ombra del tragico attentato terroristico di New York, della risposta armata in Afghanistan e dell'accrescersi delle tensioni in Terra Santa ha funestato gli ultimi mesi dell'anno. Di fronte a questa situazione i discepoli di Cristo, Principe della pace (cfr Is 9,5), sono chiamati a proclamare con costanza che ogni forma di violenza terroristica disonora la santità di Dio e la dignità dell'uomo e che la religione non può diventare mai motivo di aggressione bellica, di odio e di sopraffazione. Rinnovo il mio pressante invito a tutti gli uomini di buona volontà a non lesinare gli sforzi per trovare soluzioni eque ai molteplici conflitti che travagliano il mondo e per assicurare a tutti un presente e un futuro di pace. Non si dimentichi che "non c'è pace senza giustizia, non c'è giustizia senza perdono!" (Messaggio per la Giornata Mondiale della pace, 1° Gennaio 2002).

Prima di essere frutto di sforzi umani, però, la pace vera è dono di Dio: Gesù Cristo, infatti, "è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo" (Ep 2,14). Siccome "ciò per cui la preghiera bussa lo ottiene il digiuno e lo riceve la misericordia, e queste tre, preghiera, digiuno, misericordia, sono una cosa sola e ricevono vita l'una dall'altra" (S. Pier Crisologo, Sermo 43; PL 52, 320), ho voluto proporre ai figli della Chiesa un giorno di penitenza e di solidarietà lo scorso 14 dicembre. In ideale continuità, il prossimo 24 gennaio ci rivolgeremo ancora una volta a Colui che, solo, è capace di abbattere i muri di inimicizia che separano gli uomini: nella città di San Francesco i rappresentanti delle religioni del mondo, in particolare cristiani e musulmani, eleveranno la loro accorata preghiera per il superamento delle contrapposizioni e la promozione dell'autentica pace.

462 Ringrazio tutti coloro che, nelle diverse regioni della terra, si uniscono in questo esercizio penitenziale: il frutto del loro sacrificio servirà ad alleviare le sofferenze di tanti fratelli e sorelle innocenti provati dal dolore. Li invito poi, e invito in special modo voi, cari Membri della Curia Romana e del Vicariato di Roma, ad unirvi spiritualmente alla preghiera che si farà ad Assisi, affinché il mondo conosca giorni di pace.

7. A nostra consolazione e a sostegno della nostra speranza, ammiriamo il dono della santità che fiorisce incessantemente nel popolo di Dio: la Chiesa è madre di santi! La fecondità della grazia battesimale è resa manifesta dalla vita di tanti cristiani che, durante l'anno, ho avuto la gioia di elevare all'onore degli altari, qui a Roma e nel corso dei viaggi apostolici in Ucraina e a Malta. In questo luminoso panorama di "testimoni", vescovi e sacerdoti, consacrati e laici, mi piace in particolare ricordare i coniugi Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi, i primi nella storia della Chiesa ad essere beatificati insieme, come coppia, testimonianza eloquente della santità nel matrimonio.

Alla comune intercessione di tutti questi nostri fratelli esemplari affido la corale invocazione per la pace in questo tempo natalizio.

8. Rorate caeli desuper, et nubes pluant iustum!

Chiamati a guardare in alto (cfr
Os 11,7), riassumiamo in questa invocazione l'attesa ardente del Salvatore. A Natale Dio, l'invisibile, si rende per noi presente e visibile in Gesù, il figlio di Maria, la Theotokos; Egli è l'Emmanuele, il Dio con noi. "Questa è la gioiosa convinzione della Chiesa fin dall'inizio, allorché canta "il grande Mistero della pietà": Egli si è manifestato nella carne" (Catechismo della Chiesa Cattolica CEC 463).

In Gesù, Dio si ricorda della sua alleanza, sorge come un sole dall'alto sopra di noi per concederci di servirlo in santità e giustizia e per dirigere i nostri passi sulla via della pace (cfr Lc 1,78-79). La Chiesa, custode della certezza della sua presenza fino alla fine del mondo (Mt 28,20), proclama con Agostino: "Rallegratevi, voi giusti: è il Natale di colui che giustifica. Rallegratevi voi deboli e malati: è il Natale del Salvatore... Rallegratevi voi cristiani tutti: è il Natale di Cristo" (Sermo 184, 2; SCh 116).

Il Signore che viene conceda a tutti e a ciascuno il dono della gioia e della pace: è il mio augurio riconoscente e la mia preghiera per voi e per quanti vi sono cari mentre, implorando per ciascuno un sereno Nuovo Anno, vi imparto di cuore una speciale Benedizione Apostolica.
















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