GP2 Discorsi 2002 22


VISITA PASTORALE ALL’UNIVERSITÀ ROMA TRE

IN OCCASIONE DELL’INAUGURAZIONE DEL DECIMO ANNO ACCADEMICO

Giovedì, 31 gennaio 2002




Magnifico Rettore,
Illustri Ospiti e Docenti,
Cari studenti!

1. E' per me motivo di gioia far visita alla vostra comunità universitaria, in occasione della solenne inaugurazione del decimo anno accademico. Desidero salutare innanzitutto il Signor Rettore, Professor Guido Fabiani, che ringrazio per l'invito rivoltomi, come pure per le parole di benvenuto con cui ha voluto accogliermi. Ho attentamente ascoltato i progetti dell'Ateneo, da lui illustrati, ed ho molto apprezzato l'apertura che anima questo Centro accademico, come pure il desiderio di cooperare in modo speciale con i Paesi del terzo mondo, tra l'altro destinando cinque borse di studio a giovani da essi provenienti.

Saluto i Presidi delle diverse Facoltà, insieme con le Autorità istituzionali e accademiche, che con la loro presenza danno lustro a questo incontro. Saluto pure con deferenza la Signora Letizia Moratti, Ministro dell'Istruzione, Università e Ricerca, che ci onora della sua presenza.

Un caro saluto va, poi, al Cardinale Vicario Camillo Ruini, al Vescovo Ausiliare del Settore e ai sacerdoti che curano la formazione spirituale di quanti frequentano questo Centro universitario, a cui la Chiesa di Roma guarda con simpatia e attenzione. Essa offre la sua disponibilità a collaborare, perché insieme si possa rendere alla Comunità universitaria un qualificato servizio, volto a creare, nella diversità dei ruoli, occasioni di dialogo, di confronto e di proposte. Sono certo che questa comunione d'intenti crescerà, sostenuta pure dall'azione costante della Cappellania universitaria.

Saluto soprattutto voi, carissimi studenti, che qui vi preparate a collaborare nell'edificazione della società di domani. In modo speciale saluto il vostro rappresentante e lo ringrazio per essersi fatto interprete con parole pensose dei vostri comuni sentimenti. Il vostro avvenire dipenderà molto dalla serietà con cui in questi anni vi applicate alle varie discipline, che sono utili strumenti nella quotidiana ricerca della verità su voi stessi e sui vari aspetti del mondo.

2. Per prepararvi a questo incontro, voi avete riflettuto sul contributo che, come universitari, siete chiamati a recare al bene comune ed avete concluso che il primo vostro compito è di essere fedeli alla missione tipica di un Centro universitario. Compito essenziale dell'Università è quello di essere palestra nella ricerca della verità: dalle più semplici verità, come quelle sugli elementi materiali e sugli esseri viventi; a verità più articolate, come quelle sulle leggi della conoscenza, del vivere associato, dell'uso delle scienze; a verità, infine, più profonde, come quelle sul senso dell'agire umano e sui valori che animano l'attività individuale e comunitaria.

23 L'umanità ha bisogno di cattedre di verità e se l'Università è una fucina del sapere, quanti vi operano non possono che avere come bussola del proprio agire l'onestà intellettuale, grazie alla quale è possibile sceverare il falso dal vero, la parte dall'intero, lo strumento dal fine. Sta già qui un contributo significativo alla costruzione di un futuro ancorato ai valori saldi e universali della libertà, della giustizia, della pace.

3. San Tommaso d'Aquino, di cui lunedì scorso abbiamo celebrato la festa, osservava che "genus humanum arte et ratione vivit" (In Arist. Post. Analyt., 1). Ogni conoscenza immediata e scientifica va rapportata ai valori e alle tradizioni che costituiscono la ricchezza di un popolo. Attingendo a quei valori che accomunano e insieme distinguono un popolo dall'altro, l'Università diviene cattedra di una cultura a misura veramente umana e si pone come ambiente ideale per armonizzare il genio individuale di una nazione e i valori spirituali che appartengono all'intera famiglia degli uomini.

Ella, Signor Rettore, ha poc'anzi richiamato quanto ebbi a ricordare alcuni anni or sono, che cioè l'uomo vive una vita veramente umana grazie alla cultura. Cultura e culture non devono porsi in contrapposizione tra loro, bensì intrattenere un dialogo arricchente per l'unità e la diversità del vivere umano. Siamo qui in presenza di una pluralità feconda, che permette alla persona di svilupparsi senza perdere le proprie radici, perché l'aiuta a conservare la dimensione fondamentale del proprio essere integrale.

La persona è soggettività spirituale e materiale, capace di spiritualizzare la materia, rendendola docile strumento delle proprie energie spirituali, e cioè dell'intelligenza e della volontà. Al tempo stesso, essa è in grado di dare una dimensione materiale allo spirito, di rendere cioè incarnato e storico quanto è spirituale. Si pensi, ad esempio, alle grandi intuizioni intellettuali, artistiche, tecniche, divenute «materia», cioè concrete e pratiche espressioni del genio, che le ha concepite in antecedenza nella propria mente.

4. Questo cammino non può prescindere da un confronto leale a tutto campo con i valori etici e morali connessi con la dimensione spirituale dell'uomo. La fede illumina il quadro di riferimento fondamentale dei valori irrinunciabili iscritti nel cuore di ciascuno. Basta guardare alla storia con occhi obiettivi, per rendersi conto di quanto importante sia stata la religione nella formazione delle culture e quanto abbia plasmato con il suo influsso l'intero habitat umano. Ignorare ciò o negarlo non rappresenta soltanto un errore di prospettiva, ma anche un cattivo servizio alla verità sull'uomo. Perché aver timore di aprire la conoscenza e la cultura alla fede? La passione e il rigore della ricerca nulla hanno da perdere nel dialogo sapienziale con i valori racchiusi nella religione. Da questa osmosi non è forse scaturito quell'umanesimo di cui va giustamente fiera la nostra Europa, oggi protesa verso nuovi traguardi culturali ed economici?

Per quanto dipende dalla Chiesa, come ricorda il Concilio Vaticano II, "il desiderio di stabilire un dialogo che sia ispirato dal solo amore della verità e condotto con la opportuna prudenza... non esclude nessuno: né coloro che hanno il culto di alti valori umani, benché non ne riconoscano ancora la sorgente, né coloro che si oppongono alla Chiesa" (Gaudium et spes
GS 92).

L'incontro di Assisi di giovedì scorso ha mostrato come l'autentico spirito religioso promuova un dialogo sincero che apre gli animi alla reciproca comprensione e all'intesa nel servizio alla causa dell'uomo.

5. Distinte Autorità accademiche, gentili docenti, carissimi studenti, affido queste considerazioni a voi, che formate la grande famiglia dell'Università Roma TRE. Il vostro lavoro sia sempre sorretto da un impegno appassionato, sia svolto con costanza e generosità, sia animato da spirito di comprensione e di dialogo. Da chi, come voi, lavora nell'ambito della ricerca scientifica, dipende in non piccola parte il rinnovamento della nostra società e la costruzione di un futuro di pace migliore per tutti.

Maria, la Madre della Sapienza, vi sostenga nella passione per la verità e vi illumini nei momenti di difficoltà e di prova. Non perdetevi mai di coraggio! Il Papa vi è accanto e vi benedice di cuore, insieme con le persone che vi sono care.



                                                                 Febbraio 2002


AI MEMBRI DEL COMITATO D’ONORE DELL’ASSOCIAZIONE


PER LA COMPUTERIZZAZIONE DELLE


ANALISI ERMENEUTICHE LESSICOLOGICHE (CAEL)


RIGUARDANTI S. TOMMASO D’AQUINO


Venerdì, 1° febbraio 2002




Signor Cardinale
24 Illustri Signori e Signore,
Cari Fratelli e Sorelle!

1. Con viva cordialità rivolgo a tutti il mio saluto, che si ispira ad un sentimento di apprezzamento per le finalità che vi animano.

Ringrazio il Dottor Antonio Fazio, Governatore della Banca d'Italia, per le parole pronunciate in qualità di Presidente del Comitato d'Onore dell'Associazione per la "Computerizzazione delle Analisi Ermeneutiche Lessicologiche" (CAEL) riguardanti san Tommaso d'Aquino.

Saluto, altresì, gli altri membri del Comitato: il Signor Cardinale Giovanni Battista Re, con un pensiero augurale per il Cardinale Dionigi Tettamanzi, il Dottor Camdessus, l'Ambasciatore Bettini, Presidente della CAEL, come pure tutti gli altri intervenuti.

Esprimo il mio più vivo apprezzamento al Padre Roberto Busa, S.J., pioniere della linguistica computazionale, e alla sua équipe per il lavoro svolto. Ne sono testimonianza i 56 volumi dell'Index Thomisticus.

San Tommaso col suo genio ha segnato un'epoca e rimane una figura luminosa per la ricerca e l'amore della verità, che ne dominano tutta la mirabile costruzione filosofica e teologica.

2. Sono felice d'incoraggiare la vostra intenzione di sostenere una nuova impresa, che sarà compiuta da un'équipe internazionale di giovani accompagnati da studiosi più maturi: l'elaborazione cioè di un "Lessico Tomistico Biculturale", che in alcuni decenni dovrebbe tradurre tutte le voci dell'enorme lessico di San Tommaso in parole odierne.

Avete scelto l'opera dell'Aquinate come vera e propria enciclopedia del suo tempo, sintesi di 40 secoli di cultura mediterranea: ebraica, greca, latina, araba e cristiana. Infatti il "Lessico Tomistico Biculturale" considererà in San Tommaso principalmente quanto egli ha in comune con gli autori suoi contemporanei.

Nella visione sapienziale di San Tommaso, che pur dipende in alcune delle sue parti dalla scienza coeva, il cosmo appare retto da un unico programma universale in cui tutto è organicamente legato; un programma incorporato nella natura dal Pensiero divino, creatore di quell'intelligenza umana che ha concepito l'informatica.

Affido alla divina Provvidenza l'opera che vi accingete a compiere, mentre di cuore imparto ai presenti e alle loro famiglie la mia affettuosa Benedizione.




AI PARTECIPANTI ALLA SESSIONE PLENARIA


DELLA CONGREGAZIONE PER L’EDUCAZIONE CATTOLICA


(DEI SEMINARI E DEGLI ISTITUTI DI STUDI)


25
Lunedì, 4 febbraio 2002




Venerati Signori Cardinali,
Cari Confratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
Cari Fratelli e Sorelle!

1. E' per me motivo di gioia accogliervi all'inizio della Sessione Plenaria del vostro Dicastero. Nel rivolgere a ciascuno il mio cordiale saluto, desidero ringraziare in particolar modo il Signor Cardinale Zenon Grocholewski, vostro Prefetto, per le nobili e calorose espressioni con cui ha interpretato i vostri sentimenti.

Ho ascoltato quanto il Cardinale Prefetto mi ha esposto circa il programma e ho anche visto il materiale preparatorio di questi intensi giorni di riflessione. La Chiesa vive del continuo dialogo fraterno tra la Curia Romana e le Conferenze Episcopali. Questo dialogo si svolge abitualmente attraverso la corrispondenza ordinaria, ma esige a volte anche momenti forti di condivisione e di scambio. La Plenaria è uno di questi momenti, grazie ai quali si sviluppa una proficua collaborazione e si rafforza l'unità d'intenti nel costante impegno a servizio della comunione ecclesiale.

2. Voi avete in esame alcuni Orientamenti per l'utilizzo delle competenze psicologiche nell'ammissione e nella formazione dei candidati al sacerdozio. E' un documento che si propone come utile strumento per i formatori, chiamati a discernere l'idoneità e la vocazione del candidato in vista del bene suo e della Chiesa. Naturalmente l'ausilio delle scienze psicologiche va inserito con equilibrio all'interno dell'itinerario vocazionale, integrandolo nel quadro della formazione globale del candidato, in modo tale da salvaguardare il valore e lo spazio propri dell'accompagnamento spirituale. Il clima di fede, nel quale soltanto matura la generosa risposta alla vocazione ricevuta da Dio, permetterà una corretta comprensione del significato e dell'utilità del ricorso alla psicologia, che non elimina ogni genere di difficoltà e di tensioni, ma favorisce una più ampia presa di coscienza e un più sciolto esercizio della libertà, per ingaggiare una lotta aperta e franca, con l'aiuto insostituibile della grazia.

Per questo motivo, sarà opportuno curare la preparazione di esperti psicologi i quali, al buon livello scientifico, uniscano una comprensione profonda della concezione cristiana circa la vita e la vocazione al sacerdozio, così da essere in grado di fornire supporti efficaci alla necessaria integrazione tra la dimensione umana e quella soprannaturale.

3. Ho notato pure con soddisfazione il grande impegno profuso per portare a compimento le Visite Apostoliche ai Seminari di diritto comune e il desiderio di offrirne una visione sintetica per assicurarne l'efficacia.

La cura dei Seminari riveste oggi, per la situazione generale in cui versa la Chiesa, un'importanza del tutto singolare. E' necessario far sì che la formazione in essi impartita sia di livello eccellente dal punto di vista sia intellettuale che spirituale. I candidati devono essere introdotti alla pratica della preghiera, della meditazione, dell'ascesi personale, fondata sulle virtù teologali vissute nel quotidiano.

Occorrerà, in special modo, alimentare negli alunni la gioia della propria vocazione. Lo stesso celibato per il Regno di Dio dovrà essere presentato come una scelta eminentemente favorevole all'annuncio gioioso del Cristo risorto. Sarà importante, da questo punto di vista, suscitare negli animi dei seminaristi il gusto della carità ecclesiale ed apostolica: vivere in comunione con Cristo, con i Superiori, con i compagni è la preparazione più adatta ai futuri impegni ministeriali.

26 4. Voi intendete affrontare anche la discussione circa la formazione degli studenti di Diritto Canonico. Si tratta di un argomento molto attuale: il Diritto Canonico, fondato sull'eredità giuridico-legislativa di una lunga tradizione, va considerato come uno strumento che, poggiando sul primato dell'amore e della grazia, assicura il giusto ordine nella vita sia della società ecclesiale sia dei singoli individui, che ad essa appartengono in virtù del Battesimo.

Nelle circostanze attuali la Chiesa ha bisogno di specialisti in tale disciplina, per affrontare le esigenze giuridico-pastorali, che risultano essere oggi più complesse rispetto al passato. Le riflessioni che proporrete al riguardo, con l'apporto dei Padri della Plenaria provenienti da diverse parti del mondo, vi consentiranno di elaborare indicazioni appropriate per la futura azione del Dicastero.

5. La vostra attenzione, in questi giorni, si concentrerà anche sul ruolo delle persone consacrate (religiosi e religiose) nel mondo dell'educazione. La Chiesa ha un debito di riconoscenza verso le persone consacrate per le meravigliose pagine di santità e di dedizione alla causa dell'educazione e dell'evangelizzazione che esse hanno scritto, soprattutto nel corso degli ultimi due secoli. Nell'Esortazione post-sinodale Vita consecrata ho avuto già modo di sottolineare la loro insostituibilità nel mondo dell'educazione. Rinnovo oggi, pur nella consapevolezza delle difficoltà di molte famiglie religiose, l'invito a continuare ad immettere "nell'orizzonte educativo la testimonianza radicale dei beni del Regno" (n. 96).

Una peculiare caratteristica della comunità educativa, operante nella scuola cattolica, è costituita dalla presenza di persone consacrate e di laici. Le une e gli altri possono e devono arricchire il progetto educativo con l'esperienza che è loro propria. Ciò avverrà se, nella loro formazione spirituale, ecclesiale e professionale, sapranno perseguire l'obiettivo di una missione condivisa.

6. Per il settore vocazionale è prezioso il lavoro della Pontificia Opera per le Vocazioni Ecclesiastiche, che dal lontano 1941 accompagna e anima la pastorale vocazionale. In essa, l'azione princeps è la preghiera, in obbedienza al mandato di Cristo: "Pregate dunque il Padrone della messe perché mandi operai nella sua messe" (
Mt 9,38 Lc 10,2). Per questo, ha grande valore la Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni, che si celebra ormai da trentanove anni, per coinvolgere tutte le comunità cristiane in una corale e intensa preghiera, perché non manchino numerose e sante vocazioni sacerdotali e religiose.

Vedo con soddisfazione che, dietro l'impulso della menzionata Pontificia Opera, prosegue il programma delle celebrazioni dei Congressi continentali sulle vocazioni ai ministeri ordinati e alla vita consacrata. Nel prossimo mese di aprile, dopo un proficuo lavoro di coinvolgimento delle comunità diocesane e regionali, si celebrerà a Montréal il terzo Congresso per il Nord America, dopo quelli ben riusciti per l'America Latina e l'Europa. E' un evento che tutta la Chiesa seguirà con la preghiera, come ho già invitato a fare nel mio Messaggio per la prossima Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni. Confido che questo importante evento ecclesiale, provvidenzialmente vicino nel tempo e nel luogo alla celebrazione della Giornata Mondiale della Gioventù a Toronto, faccia crescere nelle Chiese locali un rinnovato impegno a servizio delle vocazioni e un più generoso entusiasmo tra i cristiani del «Nuovo Mondo».

Continuate il vostro servizio a sostegno della pastorale vocazionale con spirito di gioiosa gratitudine al Signore per il continuo dono di vocazioni al ministero ordinato e alla vita consacrata e affrontate con fiducia operosa i motivi di preoccupazione per la mancanza di vocazioni in alcune parti del mondo, nonché per le gravi esigenze del discernimento e della formazione dei chiamati.

7. Vi ringrazio, infine, per il quotidiano servizio che come Congregazione rendete alla Chiesa nel campo dei Seminari, delle Università e delle Scuole, in una parola nel vasto settore dell'educazione. Dalle istituzioni educative è atteso un contributo fondamentale per l'edificazione di un mondo più umano, fondato sui valori della giustizia e della solidarietà.

Nell'assicurarvi una speciale preghiera per il vostro lavoro durante la Plenaria, su tutti invoco abbondanti lumi celesti, in pegno dei quali di cuore vi imparto la mia Benedizione.


ALLE SUORE CAPPUCCINE DI MADRE RUBATTO


Giovedì, 7 febbraio 2002




Carissime Suore Cappuccine di Madre Rubatto!

27 1. Sono lieto di incontrarmi con voi, a conclusione del vostro Capitolo Generale. Vi saluto con affetto, con un particolare pensiero alla Madre Generale e alle Consorelle che l'affiancano nell'impegnativo servizio di governo e di animazione dell'Istituto. Estendo il mio cordiale saluto a tutte le Religiose che operano in varie parti del mondo, diffondendo, mediante molteplici attività apostoliche, formative e di solidarietà, il buon seme del Vangelo, secondo lo specifico carisma francescano e cappuccino dell'Istituto.

In questi giorni avete riflettuto sulla vostra identità e sulla vostra missione, per orientare l'intero Istituto verso nuove imprese apostoliche. Auspico di cuore che, dalle indicazioni scaturite dai lavori capitolari, fiorisca un rinnovato slancio di spiritualità e di impegno, sulle salde basi dell'originale intuizione della vostra Fondatrice.

2. L'esistenza di Madre Francesca Rubatto, che ho avuto la gioia di proclamare Beata il 10 ottobre 1993, è fondata su due grandi pilastri: l'amore ardente per Dio, percepito come "sommo bene" (cfr San Francesco d'Assisi, Lodi di Dio altissimo, 5: Fonti Francescane, 261), e l'instancabile servizio ai fratelli, specialmente a quelli più bisognosi e abbandonati. Sotto la guida di illuminati maestri di spirito, la vostra Madre seguì l'esempio di san Francesco e di santa Chiara, per essere nella Chiesa e nella società un segno umile ma eloquente del Vangelo vissuto "sine glossa" (cfr Legenda perugina, 69.113: Fonti Francescane, 1622.1672).

Come sue figlie spirituali, sappiate anche voi farvi povere nell'esistenza personale e nell'attività quotidiana, scegliendo l'ultimo posto in semplicità e minorità e servendo i fratelli in francescana letizia. Sarete così le Suore missionarie del popolo, impegnate ad annunciare e testimoniare il Vangelo a tutti coloro che incontrate sul vostro cammino.

L'attività apostolica e il servizio ai fratelli assumeranno, in tal modo, una significativa ridondanza d'amore, traendo la propria linfa dall'intima unione con Dio, alimentata dalla preghiera e, in particolare, dalla familiarità con Gesù Eucaristia. Madre Francesca aveva una fede viva e ardente in Gesù presente nel Santissimo Sacramento, e voleva che l'Eucaristia fosse il cuore della Famiglia religiosa da lei fondata. Unita a Cristo nell'offerta della propria vita, esprimeva la propria partecipazione al Mistero pasquale in una donazione totale al prossimo.

Sull'esempio della Beata Fondatrice, sappiate anche voi spezzare il pane delle vostre esistenze di persone consacrate nei diversi campi del vostro servizio al prossimo: dalla catechesi all'educazione scolastica, dall'assistenza ai malati alla solidarietà con i bisognosi, dalla collaborazione nella pastorale parrocchiale alla missione "ad gentes".

Dinanzi alle sfide dei tempi nuovi, fate rivivere l'ispirazione fondamentale di Madre Francesca, traducendola nei nuovi ambiti apostolici che vi si aprono davanti, sorrette dallo stesso suo ardore verso Dio e dalla stessa sua disponibilità verso le necessità del prossimo.

3. Sappiate soprattutto conservare intatto il vostro stile di vita, a più riprese evidenziato dalla vostra Fondatrice. A proposito dello spirito che deve animare la Suora Cappuccina, scriveva a un gruppo di novizie: "Serve il Signore con letizia, con amore disimpegna gli uffici che le sono affidati, lavora senza stancarsi perché sa che è prezioso il lavoro al cospetto del Signore. E dopo essersi affaticata per la gloria di Dio che tanto ama, si chiama serva inutile del suo Signore, ed è convinta di esserlo, perché sa che a niente è capace senza il divin aiuto" (Alle Novizie di Montevideo e di Rosario: Lettere, Genova 1995, p. 550).

Servire i fratelli senza riserve e senza confini: ecco che cosa spinse la beata Francesca Rubatto ad aprire il proprio cuore e la vita dell'Istituto alla dimensione missionaria, da lei stessa riconosciuta "come una grazia speciale fatta alla nostra comunità" (A Suor Felicita: Op. cit., p. 129). Questo stesso spirito animò le Sorelle missionarie, che il 13 marzo 1901 testimoniarono, fino al supremo sacrificio della vita, fedeltà a Cristo e donazione di amore al prossimo nella missione di Alto Alegre, in Brasile.

Il loro esempio vi sia di stimolo a intensificare ogni sforzo per tradurre in modo sempre più adeguato il vostro carisma in nuove scelte di vita e di attività apostolica. Da parte mia, vi assicuro volentieri la mia vicinanza spirituale con l'affetto e con la preghiera.

Vi assista la celeste intercessione di Francesco e Chiara d'Assisi. Vi protegga la grande schiera dei santi e delle sante della famiglia religiosa cappuccina, nella quale brilla di luce speciale la Beata Francesca Rubatto. Vi accompagni anche la mia Benedizione, che imparto di cuore a voi e alle vostre Comunità religiose sparse in Italia e nel mondo.


ALL'ASSEMBLEA PLENARIA


DEL PONTIFICIO CONSIGLIO "COR UNUM"


28
Giovedì, 7 febbraio 2002




Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
Cari Fratelli e Sorelle!

1. Sono lieto di porgere il mio cordiale benvenuto a ciascuno di voi, in occasione della ventiquattresima Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio "Cor Unum". Saluto il Presidente, Monsignor Paul Joseph Cordes, e lo ringrazio per le cortesi espressioni che ha voluto indirizzarmi a nome dei presenti, a cominciare dal Segretario e dai collaboratori del Dicastero. Saluto i Signori Cardinali, i Vescovi, i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i laici di diversa provenienza che partecipano alla Plenaria; alcuni di essi sono di recente nomina. A tutti e a ciascuno esprimo la mia più sincera riconoscenza per la disponibilità e lo spirito di collaborazione di cui danno prova in un ambito tanto importante dell'apostolato ecclesiale.

Attraverso il Pontificio Consiglio "Cor Unum", l'amore della Chiesa raggiunge tanti poveri e bisognosi nel mondo intero, avvalendosi di molteplici interventi ed iniziative delle Comunità locali e delle Istituzioni caritative internazionali.

2. Nella vostra Assemblea Plenaria avete scelto quest'anno di approfondire il tema del volontariato, un fenomeno rilevante che tante energie di bene risveglia oggi nella Chiesa e nel mondo. Si tratta di un tema che è stato al centro dell'attenzione anche delle Nazioni Unite. Proprio al volontariato l'ONU ha dedicato la sua riflessione l'anno scorso.

Il volontariato, in effetti, frutto di scelte consapevoli, anche se talora sofferte, offre alla società, oltre che un servizio concreto, la testimonianza del valore della gratuità.In se stesso altamente eloquente, questo valore si pone in controtendenza rispetto all'individualismo, purtroppo diffuso nelle nostre società, specialmente quelle opulenti. Di fronte a interessi economici, che sembrano non di rado costituire la categoria dominante dei rapporti sociali, l'azione dei volontari mira a porre in evidenza la centralità dell'uomo. E' la persona, in quanto tale, che merita di essere servita e amata sempre, specialmente quando è minata dal male e dalla sofferenza o quando viene emarginata e vilipesa.

In tal senso, il volontariato rappresenta un significativo fattore di umanizzazione e di civiltà. In occasione della Giornata del Volontariato, lo scorso 5 dicembre, per sottolineare l'interesse con cui la Chiesa guarda a questo vasto fenomeno, ho voluto indirizzare un messaggio a quanti sono impegnati sul terreno del servizio all'uomo e al bene comune. In esso ho ribadito la validità di questa esperienza, che offre a tanti la possibilità di vivere concretamente la chiamata all'amore, insita nel cuore di ogni essere umano.

3. Per i cristiani la radice di tale impegno si trova in Cristo. E' per amore che Gesù ha donato la sua vita ai fratelli, e lo ha fatto gratuitamente. I credenti ne seguono l'esempio. Impegnati così in molteplici campi di azione umanitaria, possono diventare per i non credenti un vero e proprio stimolo a sperimentare la profondità del messaggio evangelico. Mostrano in maniera concreta che il Redentore dell'uomo è presente nel povero e nel sofferente e vuole essere riconosciuto e amato in ogni umana creatura.

Perché questa testimonianza sia incisiva, auspico che quanti operano in associazioni e istituzioni cattoliche di volontariato prendano a modello i tanti santi della carità, che con la loro esistenza hanno tracciato nella Chiesa una scia di luminoso eroismo evangelico. Si preoccupi ciascuno di incontrare personalmente Cristo, che colma di amore il cuore di quanti vogliono servire il prossimo.

29 4. La vostra Plenaria si svolge a pochi mesi dal trentesimo anniversario di fondazione del Pontificio Consiglio "Cor Unum", istituito il 15 luglio 1971 dal Servo di Dio Paolo VI. Sono già trascorsi tre decenni, che hanno visto crescere e diffondersi l'azione caritativa della Chiesa attraverso il servizio degli organismi ecclesiali e il contributo di innumerevoli fedeli. I risultati ottenuti confermano la validità dell'intuizione del mio venerato Predecessore che, accogliendo gli orientamenti emersi nel Concilio Ecumenico Vaticano II, volle istituire presso la Sede Apostolica un'istanza di coordinamento e di animazione delle tante istituzioni presenti nella Chiesa, nell'ambito della promozione umana e della cristiana solidarietà.

Anche oggi, nel vostro Pontificio Consiglio, le diocesi e le organizzazioni cattoliche deputate all'esercizio della carità trovano un luogo d'incontro, di dialogo e di orientamento, perché si possa intervenire più efficacemente negli ambiti delle diverse povertà.

5. Nel rendere grazie a Dio per i trent'anni di attività di "Cor Unum", sento il bisogno di rinnovare la mia gratitudine per la sollecitudine con la quale in numerose occasioni, talora in dolorosi e tragici contesti, esso si è fatto tramite della carità del Papa. In particolare, mi è caro ricordare l'impegno recentemente profuso nell'assistenza dei profughi dell'Afghanistan, come pure in altre regioni della Terra colpite dalla guerra o dalle calamità naturali.

Cari Fratelli e Sorelle, vi incoraggio a proseguire in quest'opera già felicemente avviata, con la quale contribuite non poco alla promozione della dignità dell'uomo e alla causa della pace. Formulo voti, altresì, che il quotidiano sforzo da voi profuso per animare la pastorale caritativa delle Comunità diocesane e per sostenere il volontariato cattolico si traduca in un sempre più incisivo annuncio del Vangelo della speranza e della carità.

Con tali auspici, mentre vi affido tutti alla materna protezione della Vergine Maria, in pegno di spirituale fervore e di ogni desiderato bene, di cuore imparto a ciascuno una speciale Benedizione Apostolica.


AI PARTECIPANTI ALL'INCONTRO INTERNAZIONALE


DEI VESCOVI E SACERDOTI, AMICI


DELLA COMUNITÀ DI SANT'EGIDIO


Venerdì, 8 febbraio 2002




Venerati Confratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
cari Fratelli e Sorelle!

1. Sono particolarmente lieto di porgervi il mio saluto, mentre partecipate al quarto Incontro Internazionale dei Vescovi e sacerdoti, amici della Comunità di Sant'Egidio. Siete venuti a Roma da varie parti del mondo per vivere assieme alcuni giorni di riflessione sul primato della santità e della preghiera nella missione della Chiesa. So poi che all’incontro hanno aderito anche persone appartenenti ad altre Chiese e Comunità ecclesiali. Con gioia do loro il mio benvenuto e fraternamente li saluto. L'inizio di questo nuovo millennio chiede a tutti i seguaci di Cristo una maggiore fedeltà nell'adesione al Vangelo e nella ricerca dell'unità.

Nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte, in cui indico alcune prospettive prioritarie per la Chiesa dopo il Giubileo, ho esortato a "prendere il largo" con coraggio nel mare del nuovo millennio. Non partiamo fidando sulle nostre povere forze, ma sulla certezza dell'aiuto del Signore, come Egli ha assicurato mentre saliva al cielo: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,20). Tra le dimensioni decisive del cammino della Chiesa ci sono la santità e la preghiera: "Per questa pedagogia della santità c'è bisogno di un cristianesimo che si distingua innanzitutto nell'arte della preghiera" (Novo millennio ineunte NM 32). "Si, carissimi Fratelli e Sorelle, le nostre comunità cristiane - concludevo - debbono diventare autentiche «scuole» di preghiera" (ibid., n. 33). La Comunità di Sant'Egidio ha tratto la sua forza di amore proprio dallo sforzo di farsi "scuola di preghiera". Ogni sera, a Roma, i suoi membri si raccolgono nella basilica di Santa Maria in Trastevere a pregare. E così fanno gli aderenti alla Comunità nelle chiese dislocate in tante altre parti del mondo.

2. Le riflessioni che farete in questi giorni e le risoluzioni che prenderete sono destinate ad arricchire il vostro bagaglio spirituale e pastorale per il tempo che viene. Il secolo appena iniziato attende che il Vangelo venga comunicato "sine glossa", come amava dire san Francesco; attende discepoli che ne siano testimoni coerenti sino in fondo. Sta davanti a noi l'innumerevole schiera di Vescovi, di sacerdoti e di fedeli, che nel Novecento hanno dato la loro vita per il Vangelo. La testimonianza di questi "nuovi martiri", che ho voluto ricordare in modo particolare durante il Giubileo, sia per tutti noi un'eredità preziosa.

30 Sono certo che l'amicizia con la Comunità di Sant'Egidio vi è di giovamento sia sul piano personale che su quello ecclesiale. Ho incontrato la Comunità fin dall'inizio del mio pontificato, e ne ho potuto constatare la vitalità spirituale e la passione missionaria. L'ho vista operare nella Chiesa di Roma e di qui incamminarsi per le vie del mondo. Mi piace ricordare un bel canto che la accompagna ovunque: "Noi non abbiamo molte ricchezze, ma solo la Parola del Signore". Questo canto, in cui riecheggiano le parole di Pietro al paralitico seduto alla Porta Bella del Tempio (cfr Ac 3,6), ricorda come il Vangelo sia la vera forza della Chiesa e la sua ricchezza. Lo era agli inizi e lo è ancora oggi, mentre essa si avvia nel nuovo secolo.

3. So che ieri avete celebrato l'anniversario della Comunità di Sant'Egidio nella Basilica di San Giovanni in Laterano, Cattedrale di Roma. Mentre ringrazio Monsignor Vincenzo Paglia per le parole che mi ha rivolto, saluto di cuore il professore Andrea Riccardi, che in quel 7 febbraio del 1968 iniziò il cammino della Comunità. Sono ormai passati 34 anni. Sono stati anni di ascolto del Vangelo e di amicizia con tutti. Si potrebbe dire che l'amicizia caratterizza ogni dimensione della vita della Comunità di Sant'Egidio. L'amicizia vissuta con sensibilità evangelica è un modo efficace di essere cristiani nel mondo: permette di varcare frontiere e di colmare distanze, anche quando sembrano insuperabili. Si tratta di una vera e propria arte dell'incontro, di un'attenzione premurosa per il dialogo, di una passione amorevole per la comunicazione del Vangelo. Questa amicizia diviene forza di riconciliazione; una forza davvero necessaria in questo tempo drammaticamente segnato da conflitti e da scontri violenti.

4. Abbiamo appena celebrato l'incontro di preghiera per la pace nella Città di San Francesco. Dal primo incontro del 1986, la Comunità si è fatta promotrice, anno dopo anno, di incontri che hanno portato lo "spirito di Assisi" a soffiare nel cielo di varie città europee. Ne è nato come un singolare movimento di uomini e di donne di religioni diverse i quali, senza confusione alcuna, non cessano tuttavia di invocare da Dio la pace per tutti i popoli.

Questo inizio di millennio, venerati Confratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio, amici della Comunità di Sant'Egidio, vi trovi tutti attenti alla chiamata del Signore, perché "andiate al largo" a comunicare a tutti i popoli il Vangelo dell'amore. Con questo augurio, mentre vi assicuro la mia preghiera, tutti vi benedico di cuore.


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