GP2 Discorsi 2002 38

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


A MONS. LUIGI GIUSSANI


IN OCCASIONE DEL VENTESIMO ANNIVERSARIO


DEL RICONOSCIMENTO PONTIFICIO


DELLA FRATERNITÀ DI COMUNIONE E LIBERAZIONE




Al Reverendo Monsignore

LUIGI GIUSSANI

39 Fondatore del movimento "Comunione e Liberazione"

1. Con intensa partecipazione mi unisco alla gioia della Fraternità di "Comunione e Liberazione", nel 20E anniversario del suo riconoscimento da parte del Pontificio Consiglio per i Laici come Associazione di fedeli di diritto pontificio. Già nel 1954, Ella, carissimo Mons. Giussani, aveva dato origine a Milano al movimento "Comunione e Liberazione", che era andato poi diffondendosi in altre parti d'Italia e, in seguito, anche in altri Paesi del mondo. Di questo movimento la Fraternità costituisce il frutto maturo.

Nella felice ricorrenza ventennale, mi è particolarmente gradito ripercorrere i passi significativi dell'itinerario ecclesiale del movimento, per ringraziare Dio di ciò che Egli ha operato attraverso l'iniziativa Sua, Reverendo Monsignore, e quella di quanti a Lei si sono uniti nel corso degli anni. E' motivo di conforto ricordare le vicende attraverso le quali l'azione di Dio si è manifestata e riconoscere insieme la grandezza della sua misericordia.

2. Riandando con la memoria alla vita e alle opere della Fraternità e del movimento, il primo aspetto che colpisce è l'impegno posto nel mettersi in ascolto dei bisogni dell'uomo di oggi. L'uomo non smette mai di cercare: quando è segnato dal dramma della violenza, della solitudine e dell'insignificanza, come quando vive nella serenità e nella gioia, egli continua a cercare. L'unica risposta che può appagarlo acquietando questa sua ricerca gli viene dall'incontro con Colui che è alla sorgente del suo essere e del suo operare.

Il movimento, pertanto, ha voluto e vuole indicare non una strada, ma la strada per arrivare alla soluzione di questo dramma esistenziale. La strada, quante volte Ella lo ha affermato, è Cristo. Egli è la Via, la Verità e la Vita, che raggiunge la persona nella quotidianità della sua esistenza. La scoperta di questa strada avviene normalmente grazie alla mediazione di altri esseri umani. Segnati mediante il dono della fede dall'incontro con il Redentore, i credenti sono chiamati a diventare eco dell'avvenimento di Cristo, a diventare essi stessi «avvenimento».

Il cristianesimo, prima di essere un insieme di dottrine o una regola per la salvezza, è pertanto l'«avvenimento» di un incontro. E' questa l'intuizione e l'esperienza che Ella ha trasmesso in questi anni a tante persone che hanno aderito al movimento. Comunione e Liberazione, più che ad offrire cose nuove, mira a far riscoprire la Tradizione e la storia della Chiesa, per riesprimerla in modi capaci di parlare e di interpellare gli uomini del nostro tempo. Nel Messaggio ai partecipanti al Congresso mondiale dei movimenti ecclesiali e nuove comunità, il 27 maggio 1998, ho scritto che l'originalità del carisma di ogni movimento "non pretende, né lo potrebbe, di aggiungere alcunché alla ricchezza del depositum fidei, custodito dalla Chiesa con appassionata fedeltà" (n. 4). Tale originalità, tuttavia, "costituisce un sostegno potente, un richiamo suggestivo e convincente a vivere appieno, con intelligenza e creatività, l'esperienza cristiana. Sta in ciò il presupposto per trovare risposte adeguate alle sfide e alle urgenze dei tempi e delle circostanze storiche sempre diverse" (ibid.).

3. Occorre ritornare a Cristo, Verbo di Dio incarnato per la salvezza dell'umanità. Gesù di Nazaret, che ha vissuto l'esperienza umana come nessun altro avrebbe potuto, si pone quale traguardo di ogni aspirazione umana. Solo in Lui l'uomo può giungere a conoscere pienamente se stesso.

La fede appare in tal modo come un'autentica avventura della conoscenza, non essendo un discorso astratto, né un vago sentimento religioso, ma un incontro personale con Cristo, che dà nuovo senso alla vita. L'opera educativa che, nell'ambito delle vostre attività e comunità, tanti genitori e insegnanti hanno cercato di svolgere, è consistita proprio nell'accompagnare fratelli, figli, amici, a scoprire dentro gli affetti, il lavoro, le più differenti vocazioni, la voce che porta ciascuno all'incontro definitivo con il Verbo fatto carne. Soltanto nel Figlio unigenito del Padre l'uomo può trovare piena e definitiva risposta alle sue attese intime e fondamentali.

Questo dialogo permanente con Cristo, alimentato dalla preghiera personale e liturgica, è stimolo per un'attiva presenza sociale, come testimonia la storia del movimento e della Fraternità di Comunione e Liberazione. La vostra è, in effetti, storia anche di opere di cultura, di carità, di formazione e, nel rispetto della distinzione tra le finalità della società civile e della Chiesa, è storia anche di impegno nel campo politico, un ambito per sua natura ricco di contrapposizioni, in cui arduo risulta talora servire fedelmente la causa del bene comune.

4. In questi vent'anni la Chiesa ha visto sorgere e svilupparsi al suo interno tanti altri movimenti, comunità, associazioni.La forza dello Spirito di Cristo non smette mai di superare, quasi di rompere, gli schemi e le forme sedimentate della vita precedente, per urgere a inedite modalità espressive. Questa urgenza è il segno della vivace missione della Chiesa, in cui il volto di Cristo si delinea attraverso i tratti dei volti degli uomini di ogni tempo e luogo della storia. Come non stupirsi dinanzi a questi prodigi dello Spirito Santo? Egli compie meraviglie e all'alba di un nuovo millennio spinge i credenti a prendere il largo verso frontiere sempre più avanzate nella costruzione del Regno.

Anni fa, in occasione del trentennale della nascita di Comunione e Liberazione, ebbi a dirvi: "Andate in tutto il mondo a portare la verità, la bellezza e la pace, che si incontrano in Cristo Redentore" (Roma, 29 settembre 1984, n. 4). All'inizio del terzo millennio dell'era cristiana, con forza e gratitudine vi affido di nuovo lo stesso mandato. Vi esorto a cooperare con costante consapevolezza alla missione delle diocesi e delle parrocchie, dilatandone coraggiosamente l'azione missionaria sino agli estremi confini del mondo.

40 Il Signore vi accompagni e fecondi i vostri sforzi. Maria, Vergine fedele e Stella della nuova evangelizzazione, sia il vostro sostegno e vi guidi sul sentiero di una sempre più audace fedeltà al Vangelo.

Con tali sentimenti, volentieri imparto a Lei, Mons. Giussani, ai suoi collaboratori e a tutti i membri della Fraternità come pure agli aderenti al movimento una speciale Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 11 Febbraio 2002, festa della Beata Vergine Maria di Lourdes.

IOANNES PAULUS II


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


AL PRESIDENTE DELLA PONTIFICIA COMMISSIONE


DI ARCHEOLOGIA SACRA PER IL


150° ANNIVERSARIO DI FONDAZIONE




Al Venerato Fratello
Mons. FRANCESCO MARCHISANO
Presidente della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra

1. Sono trascorsi centocinquant'anni da quando il mio Predecessore, il Beato Pio IX, rese operativo il primo progetto articolato della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, istituita poco tempo prima per ampliare la raccolta delle antichità cristiane, riunirle in un apposito locale e formarne un museo, che avrebbe in seguito preso il nome di museo Cristiano-Pio.

Lo scopo che egli affidò a tale Commissione fu di occuparsi con saggio discernimento "che rimangano possibilmente al posto nelle catacombe tutte quelle cose, le quali senza pericolo di deperimento potrebbero [...] edificare i devoti col richiamare alla loro memoria la semplicità delle catacombe stesse" (in: Archivio della Società Romana di Storia Patria, 91 [1968], 259). Rendendo note le disposizioni di quel venerato Pontefice, l'allora Cardinale Segretario di Stato Giacomo Antonelli, il 6 gennaio 1852, comunicò la definitiva composizione della Commissione, comprendente illustri e lungimiranti studiosi, fra i quali il P. Giuseppe Marchi, S.J., e Giovanni Battista De Rossi.

In così fausta ricorrenza, ho chiesto al Signor Cardinale Angelo Sodano, mio Segretario di Stato, di recare ai membri dell'odierna benemerita Pontificia Commissione di Archeologia Sacra il mio saluto cordiale e un fervido incoraggiamento, perché proseguano nel conservare, studiare e far conoscere la preziosa eredità delle venerande memorie della Chiesa, in particolare delle catacombe dell'Urbe e dell'Italia.

2. Come non sottolineare, in questa circostanza, l'attenta premura con cui i Romani Pontefici hanno conservato le memorie della comunità cristiana disseminate nella città di Roma e nella Penisola italiana sin dagli inizi?

E' degna di essere menzionata, ad esempio, la decisione di Papa Zefirino, che per primo volle creare una catacomba sulla via Appia, affidandone la cura al diacono Callisto. Questo complesso catacombale, che è il più grande, prenderà in seguito il nome da Callisto, divenuto Papa e successore di Zefirino. Un altro Pontefice molto impegnato nella valorizzazione delle catacombe fu il Papa Damaso, che, durante il suo pontificato, si pose alla ricerca delle tombe dei martiri, per decorarle con splendide epigrafi metriche, a memoria delle gesta di quei primi testimoni della fede.

41 Nel secolo scorso, nel confermare e aggiornare le disposizioni degli immediati predecessori, il Papa Pio XI, con il Motu proprio "I primitivi cemeteri", ampliò e rafforzò la Commissione di Archeologia Sacra, "affinché i vetusti monumenti della Chiesa siano conservati nel miglior modo allo studio dei dotti, non meno che alla venerazione e all'ardente pietà dei fedeli di ogni paese" (AAS 17 [1925], 621). La provvida iniziativa di quel grande Pontefice si inserì nel contesto speciale dell'Anno Santo del 1925, che vide giungere folle di pellegrini per rendere omaggio alle memorie della Chiesa di Roma. Fu pertanto, come sempre, una preminente finalità pastorale-spirituale quella che spinse i Successori dell'apostolo Pietro a infondere nuova linfa alla Pontificia Commissione di Archeologia Sacra.

3. Le catacombe hanno rappresentato, in ogni epoca, per i credenti un cardine di pietà e di unità. In esse vengono affettuosamente custodite e venerate testimonianze eloquenti della santità della Chiesa, le quali stanno a ricordare la comunione che unisce i vivi ai defunti, la terra al cielo, il tempo all'eternità. In quei sacri luoghi attendono la venuta gloriosa di Cristo quanti sono stati segnati con il sigillo del Battesimo e, non di rado, hanno reso al Vangelo la prova suprema dell'effusione del sangue.

Mi piace citare per esteso, fra i molti, l'ammirata epigrafe che il Papa san Damaso compose in onore di san Saturnino martire, di cui oggi ricorre la memoria liturgica. Sono parole che possono applicarsi ai molti che, per Cristo, hanno offerto la vita e ora dormono nella pace, attendendo il giorno senza fine, quando il Signore tornerà nella gloria. E' un omaggio che vogliamo rendere a questi nostri fratelli e sorelle nella fede:

Incola nunc Christi fuerat Chartaginis ante.
Tempore quo gladius secuit pia viscera Matris,
sanguine mutavit patriam, vitamque, genusque
Romanum civem Sanctorum fecit origo.

Mira fides rerum: docuit post exitus ingens.
Cum lacerat pia membra, fremit Gratianus ut hostis;
posteaquam fellis vomuit concepta venena,
cogere non potuit Christum te, sancte, negare;
42 ipse tuis precibus meruit confessus abire.

Supplicis haec Damasi vox est: venerare sepulcrum.
[Solvere vota licet castasque effundere preces,
Sancti Saturnini tumulus quia martyris hic est.]
Saturnine tibi martyr mea vota rependo"

(Epigrammata Damasiana, a cura di A. Ferrua, Roma 1942, p. 188-189).



[Cittadino ora di Cristo, lo fu già di Cartagine.
Al tempo in cui la spada trafisse il pio seno della Madre,
per merito del suo sangue mutò patria, nome e prosapia,
la nascita alla vita dei santi lo rese cittadino romano.

Mirabile la sua fede: lo dimostrò poi l'eroica sua morte.
43 Freme Graziano come nemico, mentre lacera le pie membra;
ma benché sfoggiasse tutta la sua venefica bile,
non poté indurti, o santo, a rinnegare Cristo;
che anzi egli stesso per le tue preghiere meritò di morire cristiano.

E’ questa la preghiera di Damaso: venera questo sepolcro!
(Qui è dato di sciogliere voti e di effondere l'animo in caste preghiere,
perché questo è il sepolcro del martire san Saturnino.)
A te, o martire Saturnino, sciolgo i miei voti.]

(Epigrafe di Papa Damaso su san Saturnino)

Come negare, alla luce anche di questi ispirati versi, che le catacombe siano uno dei simboli storici della vittoria di Cristo sul male e sul peccato? Esse stanno ad attestare che le tempeste imperversanti sulla Chiesa mai possono raggiungere lo scopo di distruggerla, perché è fondata sulla promessa del Signore: "portae inferi non praevalebunt adversus eam" (
Mt 16,18).

4. Mi piace, inoltre, ricordare che la Commissione da Lei degnamente presieduta non si occupa soltanto di conservare in modo appropriato queste "vestigia del popolo di Dio", ma si sforza anche di raccogliere e diffondere il messaggio religioso e culturale che esse evocano. L'apporto di quanti collaborano con voi abbraccia, infatti, aspetti tecnici, scientifici, epigrafici, nonché antropologici, teologici e liturgici. Questo permette alla Chiesa di conoscere sempre meglio il patrimonio lasciato dalle generazioni dei primi cristiani. E, grazie anche al costante messaggio che tale patrimonio silenziosamente proclama, il popolo cristiano è aiutato a rimanere fedele al depositum fidei, ricevuto quale tesoro prezioso da conservare con cura.

44 I qualificati interventi degli esperti della Commissione, nel corso dei centocinquant'anni trascorsi, sono stati e rimangono importanti non solo per il loro carattere scientifico, ma specialmente per quello religioso ed ecclesiale. Desidero, in questa felice circostanza giubilare, esprimere la mia più viva gratitudine per il vasto e generoso impegno con il quale ciascuno di essi contribuisce a incrementare tale opera storica e pastorale.

Faccio voti, altresì, che il lavoro di codesta Pontificia Commissione sia sempre più conosciuto, così da andare incontro al desiderio di quanti amano avvicinare le testimonianze di coloro che li hanno preceduti nel segno della fede. Le giovani generazioni, venendo a contatto con la saldezza della fede dei primi cristiani, attraverso questi monumenti e memorie, potranno sentirsi efficacemente stimolate a vivere a loro volta con coerenza il Vangelo anche a costo di personale sacrificio.

Con tali sentimenti, confermo a Lei, Venerato Fratello, ai membri della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, ai collaboratori e a quanti interverranno alle manifestazioni programmate il mio costante affetto, e, mentre affido ciascuno a Maria, Madre della Chiesa, di cuore imparto a tutti una speciale Benedizione Apostolica, propiziatrice di abbondanti favori celesti.

Dal Vaticano, 12 febbraio 2002, memoria dei ss. Saturnino e Compagni martiri.

IOANNES PAULUS II



INCONTRO CON I PARROCI E IL CLERO DELLA DIOCESI DI ROMA

Giovedì, 14 febbraio 2002




Signor Cardinale,
Venerati Fratelli nell'Episcopato,
carissimi Sacerdoti romani!

1. Questo incontro con il clero romano, che si rinnova ogni anno all'inizio della Quaresima, è per me una gioia del cuore. Saluto con affetto ciascuno di voi e vi ringrazio di essere qui e del vostro servizio alla Chiesa di Roma. Saluto e ringrazio il Cardinale Vicario, il Vicegerente, i Vescovi Ausiliari e coloro tra voi che mi hanno rivolto la parola.

"Salì sul monte, chiamò a sé quelli che egli volle ed essi andarono da lui. Ne costituì Dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare" (Mc 3,13-15). Mentre inizia il cammino quaresimale, queste parole dell'Evangelista Marco, che avete posto alla base del programma pastorale diocesano, richiamano noi Sacerdoti a quella ricerca di intima vicinanza con il Signore che è per ogni cristiano, ma in particolare per noi, il segreto della nostra esistenza e la sorgente della fecondità del nostro ministero.

Queste medesime parole evangeliche mettono assai bene in luce il profondo legame che esiste tra la vocazione divina, accolta nell'ubbidienza della fede, e la missione cristiana di essere testimoni e annunciatori di Cristo, collaboratori umili ma coraggiosi della sua opera di salvezza. Fate bene, dunque, a dedicare speciale attenzione alle vocazioni, in particolare a quelle al sacerdozio e alla vita consacrata, all'interno del grande orientamento alla missionarietà che caratterizza la vita e la pastorale della nostra Diocesi.

45 2. Sappiamo tutti quanto siano necessarie le vocazioni per la vita, la testimonianza e l'azione pastorale delle nostre comunità ecclesiali. E sappiamo anche che il diminuire delle vocazioni è spesso, in una diocesi o in una nazione, conseguenza dell'attenuarsi dell'intensità della fede e del fervore spirituale. Non dobbiamo dunque accontentarci facilmente della spiegazione secondo la quale la scarsità delle vocazioni sacerdotali sarebbe compensata dal crescere dell'impegno apostolico dei laici, o addirittura sarebbe voluta dalla Provvidenza per favorire la crescita del laicato. Al contrario, quanto più numerosi sono i laici che intendono vivere con generosità la propria vocazione battesimale, tanto più diventano necessarie la presenza e l'opera specifica dei ministri ordinati.

Non vogliamo nascondere per questo le difficoltà ben note che ostacolano oggi, a Roma come in larga parte del mondo occidentale, una risposta positiva alla chiamata del Signore. E' diventato difficile infatti, per molteplici motivi, concepire e intraprendere grandi e impegnativi progetti di vita, che coinvolgano in maniera non parziale e provvisoria, ma piena e definitiva. Ed è ancor meno agevole, per molte persone, intendere simili progetti non come qualcosa che sia soltanto loro, frutto delle loro scelte e del loro ingegno, ma che nasca invece, in primo luogo, dalla chiamata di Dio, dal disegno di amore e di misericordia che Egli, dall'eternità, ha concepito per ciascuna persona.

Alla base dell'impegno della Chiesa per le vocazioni deve stare dunque un grande impegno comune, che chiama in causa i laici come i sacerdoti e i religiosi, e che consiste nel riscoprire quella dimensione fondamentale della nostra fede per la quale la vita stessa, ogni vita umana, è frutto della chiamata di Dio e può realizzarsi positivamente soltanto come risposta a questa chiamata.

3. All'interno di questa grande realtà della vita come vocazione e, in concreto, della nostra comune vocazione battesimale, manifesta tutto il suo straordinario significato la vocazione al ministero ordinato,vocazione sacerdotale. Essa è, infatti, dono e mistero, il mistero della gratuita elezione divina: "Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga" (
Jn 15,16).

Sì, cari Fratelli nel sacerdozio, la nostra vocazione è un mistero. E', come ho scritto in occasione del mio Giubileo sacerdotale, "il mistero di un «meraviglioso scambio» - admirabile commercium - tra Dio e l'uomo. Questi dona a Cristo la sua umanità perché Egli se ne possa servire come strumento di salvezza, quasi facendo di quest'uomo un altro se stesso. Se non si coglie il mistero di questo «scambio», non si riesce a capire come possa avvenire che un giovane, ascoltando la parola «Seguimi!», giunga a rinunciare a tutto per Cristo, nella certezza che per questa strada la sua personalità umana si realizzerà pienamente" (Dono e Mistero, p.84).

Perciò, quando parliamo del nostro sacerdozio e ne diamo testimonianza, dobbiamo farlo con grande gioia e gratitudine, e al tempo stesso con altrettanto grande umiltà, consapevoli che Dio "ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo proposito e la sua grazia" (2Tm 1,9).

4. Diventa così del tutto chiaro perché il primo e principale impegno per le vocazioni non possa essere altro che la preghiera: "La messe è molta, ma gli operai sono pochi! Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe" (Mt 9,37-38 cfr Lc 10,2). La preghiera per le vocazioni non è e non può essere il frutto della rassegnazione, come se pensassimo che per le vocazioni abbiamo già fatto tutto il possibile, con ben pochi risultati, e quindi non ci resta che pregare. La preghiera, infatti, non è una specie di delega al Signore, perché faccia lui al nostro posto. E' invece un fidarsi di lui, un mettersi nelle sue mani, che ci rende a nostra volta fiduciosi e disponibili a compiere le opere di Dio.

Perciò la preghiera per le vocazioni è certamente compito di tutta la comunità cristiana, ma va intensamente praticata anzitutto da coloro che si trovano nell'età e nelle condizioni per scegliere il proprio stato di vita, come sono in particolare i giovani.

Per lo stesso motivo, la preghiera deve essere accompagnata da tutta una pastorale che abbia una chiara ed esplicita impronta vocazionale. Fin da quando incominciano a conoscere Dio e a formarsi una coscienza morale, i nostri bambini e ragazzi devono essere aiutati a scoprire che la vita è vocazione e che Dio chiama alcuni a seguirlo più da vicino, nella comunione con lui e nel dono di sé. Perciò le famiglie cristiane hanno una grande e insostituibile missione e responsabilità riguardo alle vocazioni e vanno aiutate a corrispondervi in maniera consapevole e generosa. Analogamente la catechesi e tutta la pastorale di iniziazione cristiana devono comprendere al proprio interno una prima proposta vocazionale.

Naturalmente questa proposta va resa più forte e penetrante, sempre nel pieno rispetto delle coscienze e della libertà delle persone, man mano che alla fanciullezza subentra l'adolescenza e poi la giovinezza: la pastorale giovanile, scolastica e universitaria hanno, pertanto, uno dei propri criteri fondamentali nella cura e nella sollecitudine per le vocazioni. Ma finalmente ogni parrocchia e comunità cristiana, in tutte le sue componenti e articolazioni, deve sentirsi corresponsabile della proposta e dell'accompagnamento vocazionale.

5. E' chiaro però, carissimi Sacerdoti, che la pastorale vocazionale chiama in causa anzitutto noi ed è affidata in primo luogo alla nostra preghiera, al nostro ministero, alla nostra testimonianza personale. E' difficile, infatti, che una vocazione al sacerdozio nasca senza rapporto alla figura di una sacerdote, senza contatto personale con lui, senza la sua amicizia, la sua paziente e premurosa attenzione, la sua guida spirituale.

46 Se i ragazzi e i giovani vedono sacerdoti indaffarati per troppe cose, pronti allo scontento e al lamento, trascurati nella preghiera e nei compiti propri del loro ministero, come potranno essere affascinati dalla via del sacerdozio? Se, invece, sperimentano in noi la gioia di essere ministri di Cristo, la generosità nel servizio alla Chiesa, la prontezza nel farsi carico della crescita umana e spirituale delle persone a noi affidate, saranno spinti ad interrogarsi se non possa essere questa, anche per loro, la "parte migliore" (Lc 10,42), la scelta più bella per le loro giovani vite.

Carissimi Fratelli Sacerdoti, affidiamo a Maria Santissima, Madre di Cristo, Madre della Chiesa e Madre, in particolare, di noi Sacerdoti, questa nostra peculiare sollecitudine per le vocazioni. Le affidiamo ugualmente il nostro cammino quaresimale e soprattutto la nostra personale santificazione: di sacerdoti santi infatti la Chiesa ha bisogno, per aprire a Cristo anche le porte che sembrano più chiuse.

Grazie ancora per questo incontro. Vi benedico tutti di cuore e con voi benedico le vostre comunità.

Al termine del discorso pronunciato questa mattina ai Parroci e al Clero della Diocesi di Roma il Papa ha aggiunto le seguenti parole:

Ho visto che la maggior parte degli intervenuti, di quelli che hanno parlato, hanno preparato il testo scritto. Così anche io ho seguito loro. Ma ho visto che alcuni hanno anche improvvisato. Forse anch’io devo improvvisare un po’.

Mi è rimasta nella memoria questa parola: "pupilla oculi". "Pupilla oculi" del Vescovo è il Seminario, perché attraverso questa "pupilla", questo Seminario, egli vede il futuro della Chiesa. Lo dico con l’esperienza che mi viene dall’essere Vescovo da tanti anni, prima a Cracovia, poi a Roma: a Cracovia per vent’anni, a Roma già da ventiquattro anni. Questo è molto vero, questa "pupilla oculi". E auguro a tutti i Vescovi di Roma, a quelli che verranno dopo di me e a tutti i Vescovi del mondo, di mantenere questo principio e di guardare con speranza attraverso questa "pupilla oculi", attraverso i nostri Seminari. Che non manchino le vocazioni! Grazie a Dio a Roma non mancano vocazioni. Grazie a Dio! Mi ricordo anche, nel mio passato, che alcuni momenti storici nella vita della Chiesa in Polonia hanno suscitato più vocazioni. Per esempio, il Millennio, ma non soltanto: anche la peregrinatio della Madonna di Czestochowa ed altre occasioni.

Così ho cercato di imitare non solamente quelli che hanno letto, ma anche quelli che hanno improvvisato!


AI MEMBRI DEL CONSIGLIO GENERALIZIO


DELL’ORDINE DEI FRATI PREDICATORI


(FRATI DOMENICANI)


Venerdì, 15 febbraio 2002

Carissimi Religiosi!


1. Con grande gioia accolgo voi, che fate parte del Consiglio Generale dell'Ordine dei Frati Predicatori. A ciascuno rivolgo il mio saluto cordiale e, attraverso di voi, lo estendo all'intera vostra Famiglia religiosa. Ringrazio, in particolare, il Maestro Generale, P. Carlos Azpiroz Costa, che si è fatto interprete dei comuni sentimenti di adesione e fedeltà alla Sede Apostolica.

Incontrandovi oggi, ripenso ai contatti che ho avuto con il vostro Ordine. E' sempre vivo nel mio animo il ricordo degli anni dei miei studi presso la Pontificia Università San Tommaso d'Aquino in Urbe. E' stato un periodo molto fruttuoso per la mia formazione teologica, grazie anche al contributo qualificato di prestigiosi e indimenticabili maestri domenicani. Vorrei qui citare il Padre Garrigou-Lagrange, i Padri Paul Philippe e Mario Luigi Ciappi, divenuti poi Cardinali, ed altri illustri docenti domenicani. Quel che ho avuto modo di assimilare nelle aule dell'Angelicum non ha mai cessato di accompagnarmi nel ministero pastorale.

47 2 Il benemerito Ordine domenicano, del quale voi siete qualificati rappresentanti, ha un suo specifico compito nella vasta opera della nuova evangelizzazione, che il Grande Giubileo del 2000 ha con vigore rilanciato. Si tratta di una corale impresa ecclesiale, a cui tutti i componenti del Popolo di Dio e in special modo le Famiglie religiose devono recare il loro apporto.

"Gli uomini del nostro tempo - ho scritto nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte -, magari non sempre consapevolmente, chiedono ai credenti di oggi non solo di «parlare» di Cristo, ma in certo senso di farlo loro «vedere»" (n. 16). Questa esigenza non coincide forse col programma di vita, così efficacemente espresso da san Tommaso: "contemplata aliis tradere"? Solo chi ha fatto esperienza di Dio può parlare di Lui in modo convincente agli altri. Alla scuola di san Domenico e dei tanti santi domenicani, voi siete chiamati ad essere maestri di verità e di santità.

3. Sia questo, carissimi, l'orientamento di fondo del vostro Consiglio Generale nel dare indicazioni coraggiose per la vita e l'apostolato dei Frati Domenicani nel mondo. Io vi seguo con affetto, augurando ogni desiderato bene per le vostre Comunità sparse in ogni continente. Su di esse invoco la materna assistenza della Beata Vergine del Rosario e la protezione dei Santi e Beati dell'Ordine.

Nell'assicurare il mio ricordo nella preghiera, imparto di cuore la Benedizione Apostolica a voi, ai vostri Confratelli e a quanti fanno parte della Famiglia spirituale domenicana.




AI MEMBRI DELLA COMMISSIONE SU DUNS SCOTO


DELL’ORDINE DEI FRATI MINORI


Sabato, 16 febbraio 2002




Al Reverendissimo Padre
Fra GIACOMO BINI
Ministro Generale del'Ordine dei Frati Minori

1. Con viva gioia e cordialità rivolgo il mio saluto, in primo luogo, a Lei, Fra Giacomo Bini, ai membri della Commissione Scotista e a quanti lavorano nella Segreteria generale per la Formazione e gli Studi del vostro Ordine. Estendo, poi, il mio affettuoso pensiero all'intero Ordine dei Frati Minori.

Sono molto grato per il dono del volume VIII dell'Opera Omnia del beato Giovanni Duns Scoto, in cui è riportata l'ultima parte del libro II dell'Ordinatio, l'ultimo e più importante lavoro del Doctor subtilis.

E' ben nota, nella filosofia e teologia cattolica, la figura del beato Giovanni Duns Scoto, che il mio predecessore, il Papa Paolo VI, nella Lettera apostolica Alma Parens del 14 luglio 1966, definiva come "il perfezionatore" di san Bonaventura, "il rappresentante più qualificato" della Scuola francescana. In quella circostanza Paolo VI asseriva che negli scritti di Duns Scoto "latent certe ferventque Sancti Francisci Asisinatis perfectionis pulcherrima forma et seraphici spiritus ardores", ed aggiungeva che dal tesoro teologico delle sue opere si possono ricavare spunti preziosi per "sereni colloqui" tra la Chiesa cattolica e le altre Confessioni cristiane (cfr AAS 58 [1966] 609-614).

48 2. Le Opere di Duns Scoto, più volte ristampate nei secoli precedenti, avevano bisogno di una grande revisione, per essere liberate dai molti errori degli amanuensi e dalle interpolazioni fatte dai discepoli. Non era più possibile studiare Scoto in quelle edizioni. Si imponeva un'edizione critica seria, basata sui manoscritti. Era la stessa esigenza che si era avvertita per le Opere di san Bonaventura e di san Tommaso.

Questo onere fu affidato dal Ministro generale dell'Ordine dei Frati Minori e dal suo Definitorio ad un'apposita équipe di studiosi che prese il nome di Commissione Scotista e fu installata nel Pontificio Ateneo Antonianum di Roma. A tutt'oggi i volumi pubblicati sono dodici. Con grande impegno sono state in essi individuate e indicate le fonti dirette ed indirette, di cui si è servito Scoto nella sua stesura. Sono date in nota tutte le informazioni e le indicazioni utili per meglio comprendere il pensiero del grande Maestro della Scuola Francescana.

Duns Scoto, con la sua splendida dottrina sul primato di Cristo, sull'Immacolata Concezione, sul valore primario della Rivelazione e del Magistero della Chiesa, sull'autorità del Papa, sulla possibilità della ragione umana di rendere accessibili, almeno in parte, le grandi verità della fede, di dimostrarne la non contraddittorietà, rimane ancor oggi un pilastro della teologia cattolica, un Maestro originale e ricco di spunti e sollecitazioni per una conoscenza sempre più completa delle verità della Fede.

3. Cari membri della Commissione Scotista! Sono contento d'incoraggiare il vostro lavoro poiché, come dice la Ratio Studiorum Ordinis Fratrum Minorum, "i centri di ricerca dell'Ordine, come la Commissione Scotista, mediante la loro attività scientifica e editoriale, svolgono un servizio di primaria importanza per quanto riguarda la conservazione e la trasmissione del patrimonio storico, filosofico, teologico e spirituale dell'Ordine" (124). Approfitto ben volentieri dell'occasione per incoraggiare i giovani frati a prepararsi adeguatamente per continuare nei Centri di ricerca dell'Ordine l'insegnamento e la ricerca.

Faccio voti perché la Commissione Scotista possa nel 2004, anno in cui ricorrerà il 150E anniversario del dogma dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, pubblicare il volume XX, che conterrà il libro III della Lectura, ancora inedito, in cui Duns Scoto, per la prima volta, difese il privilegio mariano e si meritò il titolo di "Dottore dell'Immacolata".

Alla Regina dell'Ordine Francescano affido il lavoro della Commissione, mentre di cuore imparto a Lei, Ministro Generale, a voi qui presenti e a tutti quelli che rendono possibile la vostra attività la mia affettuosa Benedizione.




GP2 Discorsi 2002 38