GP2 Discorsi 2002 48


AI MEMBRI DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA DI TEOLOGIA


Sabato, 16 febbraio 2002




Signor Cardinale,
Venerati Confratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
cari Fratelli e Sorelle!

1. Sono lieto di questo incontro, con il quale avete voluto sottolineare la celebrazione del primo Forum Internazionale della Pontificia Accademia di Teologia. Rivolgo a tutti il mio saluto cordiale, con uno speciale pensiero di gratitudine per il Signor Cardinale Paul Poupard, che si è reso interprete dei vostri sentimenti ed ha illustrato l'intento del Forum, dal significativo tema: "Gesù Cristo via, verità e vita. Per una rilettura della «Dominus Iesus»".

49 L'argomento s'iscrive nella competenza propria della vostra Accademia. Negli Statuti rinnovati, da me approvati con Motu proprio del 28 gennaio 1999, viene infatti indicato come fine dell'Accademia "quello di curare e promuovere gli studi teologici e il dialogo tra le discipline teologiche e filosofiche" (art. II). Ogni sforzo che l'essere umano compie per progredire nella conoscenza della verità è, in definitiva, orientato alla scoperta di qualche nuovo aspetto del mistero di Dio, "somma e prima verità" (San Tommaso d'Aquino, Summa Theologica, I, q. 16, a. 5) e fonte di verità: "Ogni verità - dice infatti il Dottore Angelico - è da Dio" (Quaestiones disputatae, De Veritate, q. 1, a. 8).

Se l'essere umano si può definire "come colui che cerca la verità" (Fides et ratio, 28), egli sa di aver trovato nell'incontro con Gesù e con la sua divina Rivelazione la verità della sua esistenza: "In Gesù Cristo, che è la Verità, la fede riconosce l'ultimo appello che viene rivolto all'umanità, perché possa dare compimento a ciò che sperimenta come desiderio e nostalgia" (ibid., 33).

2. Il compito primario della Pontificia Accademia di Teologia è la meditazione del mistero di Gesù Cristo, nostro Maestro e Signore, pienezza di grazia e di verità (cfr
Jn 1,16). E' da questa sorgente di luce che scaturisce il mandato dell'annuncio, della testimonianza e dell'impegno nel dialogo sia ecumenico, sia interreligioso.

Nell'Enciclica Fides et ratio ho affermato che "le vie per raggiungere la verità rimangono molteplici: tuttavia, poiché la verità cristiana ha un valore salvifico, ciascuna di queste vie può essere percorsa, purché conduca alla meta finale, ossia alla rivelazione di Gesù Cristo" (n. 38). Cultori e testimoni della verità di Cristo nella Chiesa e nel mondo, gli Accademici nel loro lavoro di studio e di ricerca sono guidati dalla Rivelazione cristiana, "vera stella di orientamento" (ibid., 15), in ordine alla verità da conoscere, al bene da compiere, alla carità da vivere.

3. Due sono gli aspetti che possono caratterizzare oggi l'apostolato e il servizio della verità: la sua dinamicità e la sua ecclesialità. La verità della Rivelazione cristiana apre nella storia sempre nuovi orizzonti di intelligenza del mistero di Dio e dell'uomo. Questo intrinseco slancio di novità non significa relativismo o storicismo, ma suprema concentrazione della verità, la cui comprensione implica un cammino e soprattutto una sequela: quella di Cristo, via, verità e vita. La teologia diventa così un itinerario in comunione con la Verità-Persona che è Gesù Cristo, in un rapporto di fedeltà, di amore e di donazione, sotto l'azione dello Spirito di verità (cfr Jn 16,13), il cui compito non è solo quello di ricordare le parole di Gesù, ma di aiutare i cristiani a comprenderle e a viverle in una sempre maggiore chiarezza interiore, nella storia cangiante dell'umanità.

La qualifica di "Pontificia" della vostra "Accademia Teologica" significa, in secondo luogo, che il suo servizio a Cristo Verità è caratterizzato dalla sua ecclesialità. La ricerca libera del teologo si esercita, infatti, all'interno della fede e della comunione della Chiesa. Nella Chiesa, sale della terra e luce del mondo (cfr Mt 5,13-14), la riflessione teologica svolge il suo compito di rispondere alla volontà salvifica universale di Dio, il quale vuole "che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità" (1Tm 2,4). La comunione ecclesiale, più che un limite, è in realtà il luogo che vivifica la riflessione teologica, sostenendone l'audacia e premiandone la profezia. In tal modo, la scienza teologica, nell'intelligenza sempre più profonda della verità rivelata, diventa un servizio all'intero Popolo di Dio, ne sostiene la speranza e ne rafforza la comunione.

4. L'adesione a Cristo Verità, manifestata dai teologi nell'obbedienza al magistero della Chiesa, è una potente forza che unifica ed edifica. Il teologo cattolico è consapevole che il magistero non è una realtà estrinseca alla verità e alla fede, ma, al contrario, come elemento costitutivo della Chiesa, è al servizio della Parola di verità, che tutela da deviazioni e deformazioni, garantendo al Popolo di Dio di vivere sempre nella storia guidato e sostenuto da Cristo-Verità. Il rapporto tra magistero e lavoro teologico è retto, quindi, dal principio dell'armonia. Essendo entrambi al servizio della divina Rivelazione, entrambi riscoprono nuovi aspetti e approfondimenti della verità rivelata. Là dove si tratta della comunione nella fede si impone il principio dell'unità nella verità; dove, invece, è questione di divergenze di opinioni vale il principio dell'unità nella carità.

Queste linee ispiratrici sono presenti sia nell'articolazione che avete dato al Forum di questi giorni, sia nell'impostazione della nuova rivista dell'Accademia, che si intitola PATH, acrostico della denominazione latina della "Pontificia Academia Theologica". Ma «path» è anche termine che, nella lingua globalizzata di oggi, indica sentiero, via, strada. La ricerca teologica è cammino faticoso e allo stesso tempo gratificante in Cristo Via, Verità e Vita.

5. Dopo più di tre secoli dalla sua fondazione, la Pontificia Accademia di Teologia possa continuare a ricevere dalla vostra riflessione e dalla vostra testimonianza nuovo slancio per illustrare cristianamente il millennio appena iniziato.

Con questo auspicio, invocando l'aiuto di Dio sui vostri lavori, a tutti imparto di cuore la mia Benedizione.


ALLE PARTECIPANTI AL CAPITOLO GENERALE


DELLE FIGLIE DELLA CARITÀ CANOSSIANE


Sabato, 16 febbraio 2002




50 Carissime Figlie della Carità Canossiane!

1. Sono lieto di incontrarmi con voi, in occasione del vostro XIV Capitolo Generale, evento di grazia che costituisce un forte richiamo a tornare sempre più alle radici della vostra Congregazione, per approfondirne il carisma e incarnarlo poi nei modi più idonei nell'attuale contesto socio-culturale.

Saluto la Superiora Generale e le delegate all'Assemblea capitolare. Estendo il mio cordiale saluto a tutte le Canossiane, che svolgono il loro generoso apostolato in Italia, in Europa e negli altri continenti. In questi intensi giorni, voi volete riflettere sul tema "Raccontare agli uomini e alle donne del nostro tempo l’amore di Dio che ha tanto amato gli uomini". In linea con il vostro carisma, intendete proclamare e testimoniare il Vangelo della carità, impegnandovi ad essere segni eloquenti dell’amore di Dio e strumenti di pace in ogni ambiente. Iddio benedica questi vostri propositi! Per parte vostra, cercate di conservare fedelmente il patrimonio spirituale tramandatovi dalla vostra Fondatrice, santa Maddalena di Canossa, che amò con intensità Cristo crocifisso, e a Lui sempre si ispirò nell'attuazione di un coraggioso apostolato in favore del prossimo bisognoso. Con ogni energia possibile, la Fondatrice andò infatti incontro alle forme di povertà tipiche del tempo: dalla povertà economica e morale alla povertà di cultura e alla carenza di mezzi per curare le malattie. Seguite il suo esempio e proseguitene la missione, che permane valida ancora oggi, pur nelle mutate condizioni sociali in cui viviamo.

2. Santa Maddalena di Canossa ha proposto a voi, sue figlie spirituali, un ideale di vita consacrata basato sull’umiltà. Lo stile missionario - amava ripetere - sia "umile, alieno dai mezzi potenti e dalla sapienza dell’uomo" e l’azione apostolica abbia un’unica finalità: "per Dio solo e per la sua gloria". Tutto ciò si svolga, poi, in una condizione di convivenza "perfettamente comune", alimentata da quella "perfettissima carità" che si traduce in "dilezione universale e comune".

Sulla base di questi saldi riferimenti spirituali, si è sviluppato nel corso dei secoli lo stile missionario che contraddistingue la vostra Famiglia religiosa. Queste linee essenziali del carisma di fondazione sono diventate testimonianza concreta grazie all’esempio di tante Figlie della Carità Canossiane, totalmente consacrate a Dio solo e al suo Regno. Tra di esse ricordo con commozione le vostre consorelle che, a Timor Est, hanno di recente pagato con il prezzo del sangue la loro fedeltà a Cristo Signore. Il loro eroico sacrificio vi sia di stimolo e vi incoraggi ad andare avanti con fiducia e slancio apostolico, consapevoli che solo così si traduce in maniera efficace quanto raccomandava santa Maddalena: "Soprattutto fate conoscere Gesù!". Lasciatevi pervadere da questo intimo desiderio di servire con carità ogni essere umano, senza distinzioni di razza e di religione. Con profetica libertà e saggio discernimento, testimoniate ogni giorno il Vangelo. Siate presenze significative ovunque operate, distinguendovi per un’intensa comunione e un’attiva cooperazione con i Pastori della Chiesa.

3. La grande sfida dell’inculturazione vi chiede oggi di annunciare la Buona Novella con linguaggi e modi comprensibili agli uomini del nostro tempo, coinvolti in processi sociali e culturali in rapida trasformazione. Vasto pertanto è il campo di apostolato che si apre dinnanzi a voi! Come la vostra Fondatrice, donate la vostra esistenza ai poveri, coltivate una vera passione educativa soprattutto per i giovani, spendetevi con una generosa attività pastorale tra la gente, specialmente a favore dei malati e dei sofferenti.

Tanti nel mondo attendono ancora di conoscere Gesù ed il suo Vangelo. Svariate situazioni di ingiustizia, di disagio morale e materiale colpiscono le popolazioni in vaste regioni della Terra. Un'urgente missione è dinanzi ai credenti di ogni parte del Pianeta. Ciascuna di voi, care Sorelle, sa bene però che per poter rispondere a queste attese occorre in primo luogo tendere con tutte le forze alla santità, alla misura più alta della santità, mantenendo un contatto ininterrotto con Cristo nella preghiera incessante e fervorosa. Solo così si è in grado di indicare agli altri il cammino per incontrare il Signore, via, verità e vita (cfr
Jn 14,6). Solo così si può collaborare con Cristo a salvare le anime, andando incontro ai bisogni dei fratelli con lo spirito caro alla vostra Fondatrice, lo spirito cioè delle "Serve dei poveri".

Maria vi protegga e vi accompagni in quest’arduo ed esaltante itinerario missionario, portando a compimento tutti i vostri progetti di bene. Il Papa vi benedice e vi segue con affetto, assicurando un ricordo partecipe nella preghiera per ciascuna di voi e per quanti incontrate nel vostro quotidiano apostolato.



CONCLUSIONE DEGLI ESERCIZI SPIRITUALI DELLA CURIA ROMANA

PAROLE DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II

Sabato, 23 febbraio 2002




"Sempre discepoli di Cristo".

In questi giorni abbiamo avuto modo di meditare sul discepolato di Cristo, che costituisce l’elemento fondamentale della nostra vita. L'abbiamo intimamente sperimentato e quasi costantemente assaporato nel raccoglimento degli "Esercizi spirituali". E' stato un grande dono del Signore, di cui rendiamo grazie innanzitutto a Lui, al termine ormai di questa intensa settimana di riflessione e di preghiera.

51 La nostra gratitudine - dico "nostra" perché sono certo di interpretare anche i vostri sentimenti, carissimi e venerati Fratelli che mi avete accompagnato in questo corso di Esercizi Spirituali - si rivolge poi al Signor Cardinale Cláudio Hummes, che ci ha guidati con le sue sapienti meditazioni. Per un certo numero di giorni, venerato Fratello, Ella ha dovuto lasciare il grande gregge di São Paulo del Brasile, dove è Arcivescovo, per occuparsi di questo "pusillus grex", "piccolo gregge", in Vaticano. Grazie di cuore per averci guidato ai floridi pascoli della Rivelazione e della Tradizione cattolica, con la premura, la saggezza e la sicurezza del Buon Pastore e di averci portato anche in questi giorni, con l’intonazione della sua voce questa testimonianza di São Paulo e della grande Chiesa brasiliana, "brasileira".

Queste giornate di raccolta contemplazione ci hanno aiutato a riscoprire con gioia la grazia inesauribile della vocazione cristiana e apostolica. Lo Spirito ci ha nuovamente fatto capire che tutta la nostra esistenza è centrata su Cristo, il Rivelatore del Padre. Nella sua Pasqua di morte e di resurrezione, Egli ci ha costituiti suo popolo, raccolto intorno alla Mensa dell'Eucaristia, il Sacramento del suo Sacrificio salvifico e della sua reale presenza tra noi sino alla fine dei tempi.

La profonda coscienza del discepolato, che insieme con Lei, caro predicatore, abbiamo ravvivato, ci sprona a coraggiosa dedizione nel nostro ministero al servizio del Popolo di Dio. Ciascuno torna adesso al suo lavoro. Anche Lei, venerato Fratello, tornerà nella sua diocesi di São Paulo. Quando sarà nuovamente tra la sua gente, porti ai fedeli, in modo speciale ai bambini e ai sofferenti, l'espressione del mio affetto e l'assicurazione della mia preghiera.

Proseguiamo ora il cammino penitenziale verso la Pasqua, itinerario di rinnovamento spirituale per tutta la Chiesa. Ci accompagni Maria, che abbiamo avvertito costantemente presente in queste giornate di ascolto e di preghiera.

A Lei, carissimo Cardinale predicatore, e a tutti voi, venerati e cari Fratelli, la mia Benedizione.


AI PARTECIPANTI AL III FORUM INTERNAZIONALE


DELLA FONDAZIONE ALCIDE DE GASPERI


Sabato, 23 febbraio 2002




Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
Illustri Signori, Gentili Signore!

1. Con soddisfazione vedo che avete scelto l'Europa come oggetto di studio del terzo Forum Internazionale della Fondazione Alcide De Gasperi. E' tema in se stesso altamente suggestivo. Saluto cordialmente ciascuno di voi e ringrazio, in particolare, il Senatore Angelo Bernassola, Presidente della Fondazione, per le nobili parole con cui ha presentato gli intendimenti del Convegno.

Il mio animo, come ben sapete, si volge con speciale affetto al continente europeo, nel quale sorge questa città di Roma che fu sede dell'apostolo Pietro e luogo del suo martirio. Proprio per questo ho visitato i vari Paesi europei e ne ho riunito per due volte in Assemblee sinodali gli Episcopati per discuterne insieme i problemi religiosi. Ho pure reso visita, a Strasburgo, alle Istituzioni europee, volendo anche in questo modo manifestare il mio sostegno agli sforzi in atto verso l'unificazione del continente.

52 2. L'Europa è nata dall'incontro, non sempre pacifico, e dalla fusione, lenta e spesso problematica, tra la civiltà greco-romana e il mondo germanico e slavo, a mano a mano convertito al cristianesimo da grandi missionari, provenienti sia dall'Occidente che dall'Oriente. Ho sempre ritenuto di grande importanza l'apporto dei popoli slavi alla cultura del continente. Certamente, la dolorosa frattura religiosa tra l'Occidente, in gran parte cattolico, e l'Oriente, in gran parte ortodosso, è stato uno dei fattori che hanno impedito la piena integrazione di alcuni popoli slavi nell'Europa, con riflessi negativi prima di tutto per la Chiesa, la quale ha bisogno di respirare "con due polmoni": quello occidentale e quello orientale. Mi sono perciò adoperato per il dialogo tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse in vista della piena unità. In questa prospettiva, ho proclamato patroni dell'Europa anche i santi slavi Cirillo e Metodio.

Oggi constato con soddisfazione che parecchi Paesi dell'Europa centrale e orientale chiedono di poter entrare nell'Unione Europea per svolgere in essa un loro ruolo creativo. Mi auguro che i responsabili di tale Unione sappiano assecondare questo desiderio, mostrando comprensione nella fase iniziale per quanto concerne l'adeguamento alle condizioni economiche previste, condizioni certamente non lievi per le economie ancora deboli dei Paesi dell'Est, usciti di recente da un diverso sistema economico.

3. La mia preoccupazione più grande per l'Europa è che essa conservi e faccia fruttificare la sua eredità cristiana. Non si può, infatti, negare che il continente affondi le proprie radici, oltre che nel patrimonio greco-romano, in quello giudaico-cristiano, che ha costituito per secoli la sua anima più profonda. Gran parte di quello che l'Europa ha prodotto in campo giuridico, artistico, letterario e filosofico ha un'impronta cristiana e difficilmente può essere compreso e valutato se non ci si pone in una prospettiva cristiana. Anche i modi di pensare e di sentire, di esprimersi e di comportarsi dei popoli europei hanno subito profondamente l'influsso cristiano.

Purtroppo, alla metà dello scorso millennio ha avuto inizio, e dal Settecento in poi si è particolarmente sviluppato, un processo di secolarizzazione che ha preteso di escludere Dio e il cristianesimo da tutte le espressioni della vita umana.

Il punto d’arrivo di tale processo è stato spesso il laicismo e il secolarismo agnostico e ateo, cioè l'esclusione assoluta e totale di Dio e della legge morale naturale da tutti gli ambiti della vita umana. Si è relegata così la religione cristiana entro i confini della vita privata di ciascuno. Non è significativo, da questo punto di vista, che dalla Carta d'Europa sia stato tolto ogni accenno esplicito alle religioni e, quindi, anche al cristianesimo? Ho espresso il mio rammarico per questo fatto, che ritengo antistorico e offensivo per i Padri della nuova Europa, tra i quali un posto preminente spetta ad Alcide De Gasperi, a cui è dedicata la Fondazione che voi qui rappresentate.

4. Il "vecchio" continente ha bisogno di Gesù Cristo per non smarrire la sua anima e per non perdere ciò che l'ha reso grande nel passato e ancora oggi lo impone all'ammirazione degli altri popoli. E' infatti in virtù del messaggio cristiano che si sono affermati nelle coscienze i grandi valori umani della dignità e dell'inviolabilità della persona, della libertà di coscienza, della dignità del lavoro e del lavoratore, del diritto di ciascuno a una vita dignitosa e sicura e quindi alla partecipazione ai beni della terra, destinati da Dio al godimento di tutti gli uomini.

Indubbiamente all'affermazione di questi valori hanno contribuito anche altre forze al di fuori della Chiesa, e talora gli stessi cattolici, frenati da situazioni storiche negative, sono stati lenti nel riconoscere valori che erano cristiani, anche se recisi, purtroppo, dalle loro radici religiose. Questi valori la Chiesa li ripropone oggi con rinnovato vigore all'Europa, che rischia di cadere nel relativismo ideologico e di cedere al nichilismo morale, dichiarando talora bene quello che è male e male quello che è bene. Il mio auspicio è che l'Unione Europea sappia attingere nuova linfa al patrimonio cristiano che le è proprio, offrendo risposte adeguate ai nuovi quesiti che si propongono soprattutto in campo etico.

5. La vostra Fondazione intende lavorare "per la democrazia, la pace e la cooperazione internazionale". Tale programma è in piena consonanza con l'azione della Chiesa nel mondo di oggi, manifestatasi anche nel mio recente pellegrinaggio ad Assisi. Nella promozione della democrazia, della pace e della cooperazione internazionale, l'Europa deve impegnarsi in maniera del tutto particolare a motivo delle immense ricchezze spirituali e materiali di cui dispone.

Nell'esprimere l'augurio che i lavori del terzo Forum della Fondazione Alcide De Gasperi offrano ulteriore stimolo a questo impegno europeo, a tutti imparto una speciale Benedizione Apostolica.


ALLA DELEGAZIONE DELLA LEGA ITALIANA


PER LA LOTTA CONTRO I TUMORI


Lunedì, 25 febbraio 2002

Carissimi Fratelli e Sorelle!


53 1. Sono lieto di accogliervi in occasione dell'ottantesimo anniversario di fondazione della vostra benemerita associazione. Rivolgo un cordiale saluto al Presidente nazionale, il Professor Francesco Schittulli, che ringrazio per le cortesi parole rivoltemi a nome di tutti. Estendo il mio saluto al Consiglio direttivo, come pure a voi qui presenti in rappresentanza delle Sezioni provinciali della Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori.

Nel corso di questi decenni di proficua e intensa attività, la vostra Associazione si è distinta nel realizzare speciali iniziative nei settori dell'informazione, dell'educazione sanitaria, della prevenzione, dell'assistenza e della ricerca. Grazie anche al vostro generoso contributo, non poche persone colpite dal tumore possono guardare con speranza al loro futuro. Lo spirito che vi anima si iscrive certamente in quel grande processo di umanizzazione, che ben possiamo definire cammino della "civiltà dell'amore" (cfr Salvifici doloris, n. 30).

2. Dinanzi ai tumori che minacciano la salute dell'uomo, si è tentati talora di assumere un atteggiamento sconfortato e fatalista, atteggiamento che deprime il malato e rende più difficile la cura stessa. Opportunamente, pertanto, la vostra Associazione si adopera affinché il segnale-malattia sia colto senza drammi e affrontato con realismo, contando con fiducia sulle risorse dell'organismo umano e sulla ricerca medica.

Ringraziamo il Signore perché la scienza sta compiendo molti progressi nella prevenzione e nella lotta contro il cancro. In questo ambito, però, come del resto in ogni sperimentazione che interessi la persona, tutti debbono operare per far sì che gli esperimenti siano compiuti nel pieno rispetto della dignità umana. La ricerca scientifica sarà allora un inestimabile dono per tante famiglie e per l'intera umanità.

Accanto allo studio sulle origini dei tumori, voi vi applicate pure a quello sulla terapia del dolore. Si tratta d'un campo di ricerca quanto mai attuale perché, migliorando la qualità della vita di coloro che sono afflitti dalla malattia, dà loro la possibilità di essere alleviati e sostenuti validamente.

3. Vasto e complesso è il mondo della sofferenza e del dolore. Esso può, però, rappresentare per l'uomo un'occasione di crescita spirituale, aprendo orizzonti più ampi di quelli a cui costringono la limitatezza e la precarietà dell'essere fisico. Quando viene opportunamente sostenuto, il malato, pur constatando la propria fragilità corporale, è condotto non poche volte a scoprire una dimensione che supera la propria corporeità.

Ecco perché nell'impegno medico e assistenziale verso i sofferenti, come pure in quello alle frontiere della ricerca, è importante che si tenga sempre presente la centralità della persona, a qualunque razza o religione appartenga. Su ogni malato dobbiamo chinarci con amorevole premura, seguendo l'esempio dell'evangelico Buon Samaritano.

Mai si deve perdere di vista la finalità del vero bene dell'uomo; mai si deve cedere alla tentazione di una medicina e di un progresso scientifico senza regole e valori, che potrebbe tramutarsi in una pericolosa forma di "controllo tecnologico" della vita.

4. Carissimi Fratelli e Sorelle! In un campo talmente importante, non sarebbe ammissibile che i credenti e le persone di buona volontà non facessero sentire la loro voce. E' doveroso, infatti, che la società e quanti sono di essa, a vario titolo, responsabili comprendano l'urgenza di finalizzare i fondi della ricerca a cause benefiche come la lotta al cancro, e sostengano concretamente quelle iniziative che migliorano la salute della gente.

Voi, cari membri della Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori, proseguite nella vostra attività con costante dedizione. Essa può contribuire a suscitare nella pubblica opinione un maggior senso di solidarietà verso chi soffre e a favorire la ricerca di un opportuno equilibrio tra salute, economia e società.

Volentieri vi affido all'Immacolata Madre di Dio, Sede della Sapienza, unitamente ai vostri progetti. Mentre assicuro un ricordo nella preghiera per gli ammalati e per le loro famiglie, di cuore imparto a voi, ai vostri cari, ai numerosi soci volontari e a quanti incontrate nel vostro quotidiano impegno una speciale Benedizione Apostolica.

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


AL PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE


ARGENTINA E AGLI ARCIVESCOVI E VESCOVI


DELLA REPUBBLICA ARGENTINA


54
A Monsignor Estanislao Karlic

Arcivescovo di Paraná e Presidente della Conferenza Episcopale Argentina e agli Arcivescovi e Vescovi della Repubblica Argentina

1. In occasione dell'inaugurazione del Collegio Sacerdotale Argentino, saluto cordialmente gli Arcivescovi e i Vescovi di questa Conferenza Episcopale, che con tale iniziativa hanno voluto rafforzare la presenza delle diocesi argentine a Roma. Alla chiesa nazionale Santa Maria Addolorata si aggiunge ora un centro per sacerdoti i quali, accanto alla qualificata formazione teologica e scientifica conseguita nei vari Istituti accademici, potranno coltivare più facilmente un senso di particolare vicinanza alla Sede del Successore di Pietro, propiziando così una visione più universale della Chiesa e una maggiore adesione di mente e cuore al Magistero Pontificio.

2. In effetti i sacerdoti inviati dallo stesso Vescovo a questo Centro avranno la privilegiata opportunità di perfezionare i propri studi e di approfondire, con metodi scientifici particolarmente qualificati, la riflessione su una stessa e unica fede, che si esprime in diverse lingue e forme culturali. In tal modo, nell'esercizio del loro ministero pastorale, saranno particolarmente in grado di focalizzare con ampiezza di vedute il loro compito evangelizzatore, poiché, come presbiteri, devono rendere visibile la Chiesa universale e raccogliere "la famiglia di Dio, come una fraternità animata dallo spirito d'unità" (Lumen gentium
LG 28).

Accanto al contributo di maestri e condiscepoli provenienti da altre regioni del mondo, che ci fanno conoscere le diverse realtà ecclesiali, a Roma risuona l'eco della primitiva evangelizzazione e si percepisce ancora il fuoco che di essa hanno lasciato gli apostoli Pietro e Paolo, come pure tanti martiri dei primi secoli della Chiesa. Alla formazione nelle aule si aggiunge la familiarità con alcune radici cristiane che rimangono vive e visibili nelle numerose vestigia che si integrano nella struttura urbana attuale. Qui i cristiani appresero a vivere in un ambiente ostile e di persecuzione, offrendo un perenne esempio di fermezza e di fedeltà al Vangelo di Cristo, e seppero conquistare a Cristo una moltitudine di gente di ogni età e condizione con la sola forza della verità e la testimonianza della loro vita.

Attraverso i secoli, molti altri santi e sante hanno lasciato un'orma profonda in questa città, dove si possono parimenti ammirare tante opere esimie, frutto di una squisita creatività ispirata al messaggio cristiano, che hanno fatto di essa una meta prediletta di numerosi devoti e pellegrini di tutto il mondo.

3. Accanto a questa esperienza commovente, la permanenza nella Chiesa di Roma, sede di Pietro e dei suoi successori, deve servire a accrescere la fedeltà ad essa, "nella quale risiedette il primato della cattedra apostolica" (sant'Agostino, Ep 43,7) e che è "il principio e il fondamento perpetuo e visibile dell'unità della fede e della comunione" (Lumen gentium LG 18). A ciò contribuisce potentemente la vicinanza fisica e la possibilità di vedere e di ascoltare personalmente colui che ha ricevuto la missione di confermare nella fede i propri fratelli (cfr Lc 22,32) e di pascere il Popolo di Dio come un amoris officium (cfr sant'Agostino, In Io. Ev., 123, 5). In tal modo, si è ancora più incentivati a seguire fedelmente il Magistero della Chiesa nell'annunciare il Vangelo, spiegarlo come messaggio di salvezza per tutti, proporlo come alimento di vita spirituale (cfr Optatam totius OT 15) e aprire l'anima sacerdotale all'amore universale.

Tutte queste circostanze sono, senza alcun dubbio, fonte di vigore evangelizzatore e di vitalità ecclesiale, poiché fanno vedere meglio lo stretto vincolo di qualsiasi progetto o azione pastorale con le origini stesse della missione della Chiesa. Si potrà così dare un nuovo impulso agli sforzi di tanti argentini affinché, in questa società, lo spirito del mondo non prevalga sulla Parola di Dio.

4. Che la Santissima Vergine protegga i progetti del Collegio Sacerdotale e indichi con dolcezza ai responsabili e ai residenti il cammino che conduce a Cristo! Essi potranno contemplarla nell'abside che presiede il tempio, come Nuestra Señora de los Dolores, e di fronte all'immagine della Vergine di Luján, che ho avuto l'opportunità di benedire e di intronizzare personalmente, avranno un motivo particolare per unirsi alla fervente devozione del popolo argentino e chiedere l'incoraggiamento costante per i Pastori e i fedeli di questa amata Nazione.

A conferma di questi vivi auspici, imparto con piacere ai membri di questa Conferenza Episcopale, come pure alla comunità del nuovo centro, una speciale Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 24 febbraio 2002

GIOVANNI PAOLO II


MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AI FIGLI DI DON BOSCO


55
Carissimi Figli di don Bosco!


1. Con grande affetto mi rivolgo a voi, convenuti dai cinque continenti per la celebrazione del 25° Capitolo Generale del vostro Istituto. È il primo del terzo millennio e vi offre l'opportunità di riflettere sulle sfide dell'educazione e dell'evangelizzazione dei giovani, sfide alle quali i Salesiani desiderano rispondere, seguendo le orme del Fondatore, san Giovanni Bosco. Vi auguro che il Capitolo sia per voi un tempo di comunione e di proficuo lavoro, durante il quale possiate condividere l'ardore che vi accomuna nella missione tra i ragazzi, come pure l'amore per la Chiesa e il desiderio di aprirvi a nuove frontiere apostoliche.

Il pensiero in questo momento va spontaneamente al compianto Rettore Maggiore, don Juan Vecchi, recentemente scomparso dopo una lunga malattia, offerta a Dio per tutta la Congregazione e specialmente per quest'Assemblea Capitolare. Mentre ringrazio il Signore per il servizio da lui reso alla vostra Famiglia religiosa e alla Chiesa, nonché per la testimonianza di fedeltà evangelica che sempre l'ha contraddistinto, assicuro per la sua anima una speciale preghiera di suffragio. A voi tocca ora di proseguire l'opera da lui felicemente svolta sulla scia dei suoi predecessori.

Educatori attenti e accompagnatori spirituali competenti quali voi siete, saprete andare incontro ai giovani che anelano a "vedere Gesù". Saprete condurli con dolce fermezza verso traguardi impegnativi di fedeltà cristiana. "Duc in altum!". Sia questo il motto programmatico anche della vostra Congregazione, che con la presente Assemblea Capitolare stimola tutti i suoi membri a un coraggioso rilancio della propria azione evangelizzatrice.

2. Avete scelto come tema del Capitolo: "La comunità salesiana oggi". Siete ben consapevoli di dover rinnovare metodi e modalità di lavoro, perché con chiarezza emerga la vostra identità "salesiana" nelle attuali mutate situazioni sociali, che esigono, fra l'altro, anche l'apertura all'apporto di collaboratori laici, con i quali condividere lo spirito e il carisma lasciati in eredità da don Bosco.

L'esperienza degli ultimi anni ha posto in luce le grandi opportunità di tale collaborazione, che permette ai vari componenti e gruppi della vostra Famiglia salesiana di crescere nella comunione e di sviluppare un comune dinamismo apostolico e missionario. E per aprirvi alla cooperazione con i laici è importante per voi focalizzare bene l'identità peculiare delle vostre comunità: che siano comunità, come don Bosco voleva, raccolte attorno all'Eucaristia ed animate da profondo amore a Maria Santissima, pronte ad operare insieme, condividendo un unico progetto educativo e pastorale. Comunità capaci di animare e coinvolgere gli altri anzitutto con l'esempio.

3. In tal modo don Bosco continua ad essere presente fra di voi. Vive attraverso la vostra fedeltà all'eredità spirituale che vi ha lasciato. Egli ha impresso alla sua opera un singolare stile di santità. E di santità ha oggi bisogno anzitutto il mondo! Opportunamente, pertanto, il Capitolo Generale intende riproporre con coraggio "il tendere alla santità" come principale risposta alle sfide del mondo contemporaneo. Si tratta, in definitiva, non tanto di intraprendere nuove attività e iniziative, quanto piuttosto di vivere e testimoniare il Vangelo senza compromessi, sì da stimolare alla santità i giovani che incontrate. Salesiani del terzo millennio! Siate appassionati maestri e guide, santi e formatori di santi, come lo fu san Giovanni Bosco.

Cercate di essere educatori della gioventù alla santità, esercitando quella tipica pedagogia di santità allegra e serena, che vi contraddistingue. Siate accoglienti e paterni, in grado in ogni occasione di chiedere ai giovani con la vostra vita: "Vuoi diventare santo?". E non esitate nel proporre loro la "misura alta" della vita cristiana, accompagnandoli sulla strada d'una radicale adesione a Cristo, che nel discorso della montagna proclama: "Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste" (
Mt 5,48).

La vostra è una storia ricca di santi, molti dei quali giovani. Sul "Colle delle beatitudini giovanili", come oggi chiamate il Colle don Bosco ove nacque il Santo, nel corso della mia visita del 3 settembre 1988, ebbi la gioia di proclamare beata Laura Vicuña, la giovane Salesiana cilena che voi ben conoscete. Altri Salesiani sono in cammino verso quella meta: si tratta di due confratelli, Artemide Zatti e Luigi Variara, e di una Figlia di Maria Ausiliatrice, suor Maria Romero. In Artemide Zatti sono messi in evidenza il valore e l'attualità del ruolo del salesiano coadiutore; in don Luigi Variara, sacerdote e Fondatore, si manifesta un'ulteriore realizzazione del vostro carisma missionario.

4. Al non piccolo drappello di Santi e Beati salesiani siete chiamati ad unirvi anche voi, impegnati a calcare le orme di Cristo, fonte di santità per ogni credente. Fate in modo che l'intera vostra Congregazione risplenda per santità e fraterna comunione.

All'inizio di questo millennio, la grande sfida della Chiesa consiste, come ho ricordato nella Lettera apostolica Novo Millennio ineunte, nel "fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione" (n. 43). Perché l'apostolato porti frutti di bene, è indispensabile che le comunità vivano uno spirito di mutua e reale fraternità. Per portare avanti un unico progetto educativo e pastorale, è necessario che tutte le comunità siano legate da un saldo spirito di famiglia. Ogni comunità sia vera scuola di fede e di preghiera aperta ai giovani, dove si renda possibile condividere le loro attese e difficoltà, e rispondere alle sfide con cui adolescenti e giovani si devono confrontare.

56 Ma dove sta il segreto dell'unione dei cuori e dell'azione apostolica se non nella fedeltà al carisma? Tenete pertanto gli occhi sempre fissi su don Bosco. Egli viveva interamente in Dio e raccomandava l'unità delle comunità attorno all'Eucaristia. Solo dal Tabernacolo può scaturire quello spirito di comunione che diviene fonte di speranza e d'impegno per ogni credente.

L'affetto per il vostro Padre continui ad ispirarvi e a sostenervi. Il suo insegnamento vi invita alla mutua confidenza, al perdono quotidiano, alla correzione fraterna, alla gioia del condividere. È questa la strada da lui percorsa, e sulla quale pure voi potrete attirare i fedeli laici, specialmente giovani, a condividere la proposta evangelica e vocazionale che vi accomuna.

5. Come vedete, ritorna spesso, anche in questo Messaggio, il riferimento ai giovani. Non meraviglia questo legame che unisce i Salesiani alla gioventù. Potremmo dire che i giovani e i Salesiani camminano insieme. La vostra vita, carissimi, si svolge in effetti in mezzo ai ragazzi, così come voleva don Bosco. Siete felici tra loro e questi godono della vostra presenza amichevole. Le vostre sono "case" in cui essi si trovano bene. Non è questo l'apostolato che vi contraddistingue in ogni parte del mondo? Continuate ad aprire le vostre istituzioni specialmente ai ragazzi poveri, perché vi si sentano "a casa loro", godendo dell'operosità della vostra carità e della testimonianza della vostra povertà. Accompagnateli nel loro inserimento nel mondo del lavoro, della cultura, della comunicazione sociale, promovendo un clima di cristiano ottimismo nel contesto di una chiara e forte coscienza dei valori morali. Aiutateli ad essere a loro volta apostoli dei loro amici e coetanei.

Quest'impegnativa azione pastorale vi pone in relazione con le tante realtà operanti nel campo dell'educazione delle nuove generazioni. Siate pronti ad offrire generosamente il vostro apporto ai vari livelli, cooperando con quanti elaborano le politiche educative nei Paesi dove vi trovate. Difendete e promuovete i valori umani ed evangelici: dal rispetto della persona all'amore per il prossimo, specialmente verso i poveri e gli emarginati. Lavorate perché la realtà multiculturale e multireligiosa della società odierna vada verso un'integrazione sempre più armoniosa e pacifica.

6. Carissimi Figli di don Bosco, a voi è affidato il compito di essere educatori ed evangelizzatori dei giovani del terzo millennio, chiamati ad essere "sentinelle del futuro", come ebbi a dir loro a Tor Vergata, in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù dell'Anno 2000. Camminate insieme con loro, affiancandoli con la vostra esperienza e la vostra testimonianza personale e comunitaria.

Vi accompagni la Vergine Santa, che voi invocate con il bel titolo di Maria Ausiliatrice. Seguendo don Bosco, fidatevi sempre di Lei, proponetene la devozione a quanti incontrate. Con il suo aiuto si può fare tanto; anzi, come amava ripetere don Bosco, nella vostra Congregazione è Lei ad aver fatto tutto.

Il Papa vi esprime il Suo compiacimento per il vostro impegno apostolico ed educativo e prega per voi, perché possiate continuare a camminare in piena fedeltà alla Chiesa e in stretta collaborazione fra voi. Vi accompagnino don Bosco e la schiera di Santi e Beati salesiani.

Avvaloro questi voti con una speciale Benedizione Apostolica, che invio a voi, Membri del Capitolo Generale, ai Confratelli sparsi in tutto il mondo e all'intera Famiglia salesiana.

Dal Vaticano, 22 febbraio 2002, Festa della Cattedra di San Pietro.


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