GP2 Discorsi 2002 339


ALLA COMUNITÀ DEL PONTIFICIO COLLEGIO BEDA DI ROMA


Lunedì, 9 dicembre 2002




Cari amici in Cristo,

sono lieto di salutarvi e di offrire i miei affettuosi buoni auspici in occasione del 150° anniversario del Pontificio Collegio Beda. Mi unisco a voi nel rendere gloria a Dio per le numerose grazie concesse alla Chiesa grazie all'opera del Collegio dalla sua fondazione.

Erano in atto grandi capovolgimenti quando il beato Papa Pio IX istituì quello che divenne poi il Collegio Pio. La società era in tumulto e alla Chiesa non venivano risparmiati i problemi dell'epoca.

In Inghilterra, alcuni anglicani avevano deciso di ricevere l'Ordinazione nella Chiesa cattolica e ciò suggerì al Papa l'istituzione del Collegio. Alla fine del XIX secolo, di nuovo in tempi difficili, il Collegio risorse a nuova vita e nel 1897 divenne il Pontificio Collegio Beda in onore del grande santo e studioso inglese che Papa Leone XIII stava per proclamare Dottore della Chiesa.

Un altro passo importante fu compiuto nel 1960, quando il Collegio si trasferì nella sede attuale all'ombra della Basilica di san Paolo. Nel frattempo, il Collegio ha aperto le porte a studenti di numerosi Paesi. I Vescovi d'Inghilterra e del Galles prestano un grande servizio a tutta la Chiesa e desidero ringraziarli per la loro generosità.

Affido con fervore il Collegio e la sua comunità alla protezione di Maria, Madre della Chiesa, e all'intercessione del vostro Patrono, il venerato Beda. Dio vi benedica tutti.


AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE


DEL BRASILE (NORDESTE III) IN VISITA


"AD LIMINA APOSTOLORUM"


340
Martedì, 10 dicembre 2002




Venerati Fratelli nell'Episcopato,

1. È per me motivo di grande gioia accogliervi oggi, al termine dell'incontro personale che ho avuto con voi. Vi saluto tutti con cordialità fraterna e rendo grazie al Signore per la piena comunione che vi lega alle vostre Chiese locali e al Successore di Pietro.

L'ancora recente divisione della Provincia Ecclesiastica di Salvador, con la costituzione delle due nuove Provincie di Feria de Santana e Vitória da Conquista, è volta ad agevolare il lavoro organizzativo e di accompagnamento di questo territorio che, al pari della Provincia Ecclesiastica di Aracaju, interpella e rappresenta una sfida per la creatività e la capacità evangelizzatrice di tutta la Chiesa.

Avete dinanzi agli occhi, come un libro aperto, questa grande regione, con tutta la sua realtà storica, sociale e religiosa. La fede del popolo brasiliano ebbe origine prevalentemente in queste terre. Nel 1676 fu costituita la Provincia Ecclesiastica del Brasile, con la sede metropolitana a Bahia, attorno alla quale si aggrupparono poi, come suffraganee, le Diocesi di Rio de Janeiro, Pernambuco, Maranhão e, nel secolo successivo, quelle del Grão-Pará, São Paulo e Mariana, con le Prelature di Cuibá e Goiás. Il tempo non può cancellare il ricordo di tanti Pastori originari di lì e i molti venuti dall'estero, che si dedicarono generosamente a piantare i Semi del Verbo.

Ringrazio Monsignor Ricardo José Weberberger, Vescovo di Barreiras e Presidente del vostro Regional, per essersi fatto interprete dei vostri sentimenti nel descrivere le speranze e le difficoltà, i progetti e le aspettative delle Diocesi che vi sono state affidate. Desidero cogliere questa opportunità per inviare il mio affettuoso ricordo ai sacerdoti, religiosi, religiose e a tutto il popolo cristiano delle vostre Comunità diocesane, alle quali penso con stima e simpatia.

2. Un posto speciale è riservato nel cuore del Papa e, ne sono certo anche nel cuore di tutti voi, amati Vescovi, ai consacrati nella Chiesa. Il carisma di ognuno è un segno eloquente di partecipazione alla multiforme ricchezza di Cristo, la cui "ampiezza, lunghezza, altezza e profondità" (cfr
Ep 3,18) superano sempre di molto quello che noi possiamo assorbire della sua pienezza. La Chiesa, che è il volto visibile di Cristo nel tempo, accoglie e nutre nel suo grembo Congregazioni e istituti con stili tanto diversi, in quanto tutti contribuiscono a rivelare la variegata presenza e il polivalente dinamismo del Verbo di Dio incarnato e della Comunità di quanti credono il Lui.

In un momento in cui si percepisce chiaramente il rischio di costruire l'uomo con una sola dimensione, che inevitabilmente finisce con l'essere quella storicista e immanentista, i consacrati sono chiamati a mantenere vivo il valore e il significato della preghiera di adorazione, non separata ma unita all'impegno vivo di un generoso servizio prestato agli uomini, che proprio da lì traggono impulso ed efficacia: preghiera e lavoro, azione e contemplazione sono binomi che in Cristo non scadono mai in contrapposizioni antitetiche, anzi maturano nella reciproca complementarità e nella feconda integrazione.

La società attuale ha bisogno di vedere negli uomini e nelle donne consacrate quanta armonia esiste fra l'umano e il divino, fra le cose visibili e quelle invisibili (cfr 2Co 4,18), e quanto le seconde superano le prime, senza mai banalizzarle né umiliarle, ma vivificandole ed elevandole al livello del piano eterno di salvezza. Questa è la testimonianza che devono rendere oggi al mondo: mostrare quanta bontà e quanto amore sono contenuti nel mistero di Cristo (cfr Tt 3,4) e contemporaneamente quanto di trascendente e di soprannaturale si richiede nell'impegno fra gli uomini.

3. Desidero sottolineare nuovamente il merito di tante Congregazioni religiose, che hanno inviato il fior fiore delle loro vocazioni per formare ed educare questo popolo con tanto amore e dedizione. Possiamo forse dimenticarci dei francescani, dei domenicani, degli agostiniani, dei benedettini, dei gesuiti, dei salesiani, dei lazzaristi, dei comboniani, dei presbiteri "fidei donum"? Quello che oggi vediamo in tutto il territorio nazionale è il frutto del lavoro nascosto, silenzioso e benemerito di molti laici e laiche e di tanti religiosi e religiose che hanno contribuito e contribuiscono all'edificazione dell'anima cristiana del brasiliano. Riconosciamolo e rendiamo grazie a Dio, poiché nel silenzio e nel dono di sé disinteressato la Città di Dio è cresciuta e l'albero frondoso della Chiesa ha recato i suoi frutti di bene e di grazia.

Costituiscono certamente una grande ricchezza delle Chiese che presiedete le numerose Comunità religiose, di vita sia attiva sia contemplativa. Ognuna di esse è un dono per la Diocesi, che contribuisce a edificare, offrendo l'esperienza dello Spirito propria del suo carisma e l'attività evangelizzatrice caratteristica della sua missione. Proprio perché sono un dono inestimabile per tutta la Chiesa, si raccomanda al Vescovo di "sostenere ed aiutare le persone consacrate, affinché, in comunione con la Chiesa, si aprano a prospettive spirituali e pastorali corrispondenti alle esigenze del nostro tempo, in fedeltà all'ispirazione fondazionale" (Vita consecrata VC 49). In questo importante compito il dialogo rispettoso e fraterno sarà il cammino privilegiato per unire gli sforzi e assicurare l'indispensabile coerenza pastorale in ogni Diocesi, sotto la guida del suo Pastore.

341 4. Le Comunità religiose che s'inseriscono nella vita della propria Diocesi meritano ogni sostegno e stimolo. Il contributo che offrono è prezioso in quanto, nonostante la "diversità di carismi, ...uno solo è lo Spirito" (1Co 12,4). Il Concilio Vaticano II affermava in tal senso: "I religiosi pongano ogni cura, affinché per loro mezzo la Chiesa ogni giorno meglio presenti Cristo ai fedeli e agli infedeli, o mentre egli contempla sul monte, o annunzia il regno di Dio alle turbe, o risana i malati e i feriti e converte a miglior vita i peccatori" (Lumen gentium LG 46).

La Chiesa non può non mostrare gioia e apprezzamento per tutto quello che i religiosi realizzano attraverso le università, le scuole, gli ospedali e altre opere e istituzioni. Questo vasto servizio a favore del popolo di Dio è rafforzato da tutte le Comunità religiose che hanno risposto in modo adeguato all'esortazione del Concilio, mediante la fedeltà al carisma fondazionale e il rinnovato impegno in quel che si riferisce agli elementi essenziali della vita religiosa (cfr Decreto Perfectae caritatis PC 2). Prego Dio affinché ricompensi abbondantemente tutte le Comunità religiose per la collaborazione che prestano alla pastorale diocesana, sia nella vita nascosta e silenziosa di un monastero, sia nell'impegno nell'assistere e formare nella fede tutti i settori della società, incluse le popolazioni indigene.

Le attività pastorali siano orientate da un dinamismo sano, per diffondere, in tutti gli ambiti, la fede rivelata; qui vi sono anche, ad esempio, i mezzi di comunicazione sociale da interpellare per una corretta diffusione della verità. I religiosi in tutto il mondo, e il Brasile non fa eccezione, fanno dei mass media un grande strumento di diffusione della Buona Novella. Da qui l'importanza di un buon orientamento, affinché non si lascino trascinare da ideologie contrarie al Magistero della Chiesa, e s'impegnino a mantenere l'unità con la Sede di Pietro.

Nella sua grande diversità, la vita consacrata costituisce una ricchezza della Chiesa nel vostro Paese. La qualità spirituale dei suoi membri, che reca beneficio ai fedeli e costituisce anche un prezioso aiuto per i sacerdoti, rende sempre più presente nella coscienza del popolo di Dio "l'esigenza di rispondere con la santità della vita all'amore di Dio riversato nei cuori dallo Spirito Santo..., rispecchiando nella condotta la consacrazione sacramentale avvenuta per opera di Dio nel Battesimo, nella Cresima e nell'Ordine" (Vita consecrata VC 33).

In fedeltà al loro carisma, in comunione e in dialogo con gli altri componenti della Chiesa, in primo luogo con i Vescovi, le Comunità religiose risponderanno con generosità all'appello dello Spirito e avranno la sollecitudine di cercare vie nuove per la missione, affinché Cristo sia annunciato a tutte le culture, fino alle regioni più lontane.

5. In un ambiente profondamente secolarizzato è determinante la proclamazione del Regno di Dio, attraverso la testimonianza dei religiosi e delle religiose. Desidero pertanto invitarvi a prestare rinnovata attenzione alla promozione e alla cura della vita consacrata nel vostro Paese. La pratica dei consigli evangelici testimonia "la vita nuova ed eterna, acquistata dalla redenzione di Cristo, e meglio preannunzia la futura risurrezione e la gloria del regno celeste" (Lumen gentium LG 44). Il ruolo distintivo del messaggio evangelico giustifica pienamente l'aumento di iniziative, sia nell'ambito diocesano sia attraverso la Conferenza Episcopale, al fine di spronare ancora di più i giovani a rispondere con generosità alla vocazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica.

Se terremo conto del fatto che, in meno di due decenni, in Brasile le vocazioni sacerdotali dei diocesani hanno superato quelle dei religiosi, comprenderemo il peso dello sforzo che si dovrebbe compire, anche fra questi ultimi, per promuovere nuovi operai per la messe del Signore.

Si tratta di un problema di grande importanza per la vita della Chiesa in tutto il mondo. È "urgente impostare una vasta e capillare pastorale delle vocazioni, che raggiunga le parrocchie, i centri educativi, le famiglie, suscitando una più attenta riflessione sui valori essenziali della vita, che trovano la loro sintesi risolutiva nella risposta che ciascuno è invitato a dare alla chiamata di Dio, specialmente quando questa sollecita la donazione totale di sé e delle proprie energie alla causa del Regno" (Novo Millennio ineunte NM 46).

Incoraggio i responsabili delle Congregazioni e degli Istituti presenti nelle vostre Diocesi a offrire ai novizi e alle novizie una formazione umana, intellettuale e spirituale che permetta una conversione di tutto il loro essere a Cristo, affinché la consacrazione configuri sempre più la loro oblazione al Padre.

Le attività e i programmi della Conferenza Nazionale dei Religiosi devono, prima di tutto, "distinguersi per il riverente rispetto e per la speciale obbedienza al Successore di Pietro e alle sue linee direttrici" emanate da questa Sede Apostolica. Inoltre ricordo nuovamente che "tutte le iniziative in questo importante settore, sia quelle promosse dalla Conferenza nazionale che le altre, avviate dalle altre strutture di coordinamento regionale o locale, devono essere poste sotto la supervisione e la responsabilità materiale dei superiori maggiori e del Vescovo diocesano.... Costoro hanno una responsabilità oggettiva e devono avere la possibilità di un controllo e di un effettivo accompagnamento" (Discorso, 11/07/1995, n. 6).

D'altro canto, si sente parlare a volte di rifondazione di Congregazioni, trascurando però che - al di là dell'insicurezza e della confusione suscitate in molte persone di buona fede -, si tratta soprattutto di partire di nuovo e integralmente da Cristo e di esaminare con umiltà e generosità il sentire cum Ecclesia. È poi urgente che, con la riorganizzazione, non si miri soltanto alla competenza umana, ma all'esplicita formazione cristiana e cattolica. Una vita religiosa che non esprime la gioia di appartenere alla Chiesa, e con essa a Gesù Cristo, ha già perso la prima e fondamentale opportunità di una pastorale vocazionale.

342 6. Come Conferenza, e anche individualmente come Pastori, esaminerete sicuramente, con obiettività e rispetto, la crescente scarsità di vocazioni che si sta verificando in molti Istituti, mentre altri fioriscono continuamente.

È parte costitutiva del vostro ministero sostenere e orientare l'osservanza dei consigli evangelici, mediante i quali i religiosi sono consacrati a Dio, in Gesù Cristo, per appartenerGli in modo esclusivo.

La cura della vita religiosa è particolarmente urgente quando si parla di identità vocazionale. In uno spirito di profonda umiltà, e tenendo come punto di riferimento Colui "che in tutto ha potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare" (
Ep 3,20), i religiosi e le religiose s'interrogano sul rinnovamento proposto dal Concilio Vaticano II: cercano di seguirlo fedelmente e si sono prodotti gli attesi frutti di santità e di zelo apostolico? Alcuni documenti pubblicati in anni successivi, con la mia approvazione, sulla formazione negli Istituti religiosi e sulla vita contemplativa (v.g. Istruzione Verbi sponsa del 1999), sono stati messi in atto?

Il rinnovamento della vita religiosa dipenderà dalla crescita nell'amore di Dio, tenendo sempre presente che "primo e particolare dovere di tutti i religiosi deve essere la contemplazione delle verità divine e la costante unione con Dio nell'Orazione" (Codice di Diritto Canonico, can. 663,1). L'unico modo effettivo di scoprire sempre più la propria identità è l'arduo ma consolante cammino della conversione sincera e personale, con un umile riconoscimento delle proprie imperfezioni e dei propri peccati; e la fiducia nella forza della resurrezione di Cristo (cfr Ph 3,10) aiuterà a superare ogni aridità e debolezza, eliminando il senso di disillusione provato in certe occasioni.

7. L'uomo e la donna consacrati a Dio nella castità perfetta, si scontrano a volte con l'abbandono o l'indifferenza di quanti li circondano e di conseguenza con la solitudine nel senso amaro e duro del termine. In quei momenti il desiderio di sostegno e di consolazione umani possono risvegliare il ricordo di ciò che ci si è lasciati dietro nella vita: la naturale ansia di perpetuazione attraverso i figli, il desiderio di affetto e la consolazione del calore familiare. Sono aspirazioni umanamente comprensibili ma, nella prospettiva della fede, è possibile trascenderle in vista del Regno di Dio.

Chi ha compiuto il passo decisivo per la consacrazione, lo ha fatto rassicurato dalla promessa di Cristo che "non c'è nessuno che abbia lasciato casa e moglie o fratelli o genitori o figli per il Regno di Dio, che non riceva molto di più nel tempo presente e la vita eterna nel tempo che verrà" (Lc 18,29-30). Nei momenti di prova è necessario imitare Gesù che, nella notte della Passione, si abbandonò senza riserve alla volontà del Padre, dando così l'esempio di una vera obbedienza, che non è servile e non limita la propria autonomia, ma è un cammino di autentica libertà dei figli di Dio. Per questo è necessario riaffermare la serena convinzione che Colui che ha iniziato nei consacrati questa opera la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù (cfr Ph 1,6).

La storia insegna che certi casi di declino nel fervore e nella vitalità della vita religiosa sono legati a un declino nella comprensione e nella pratica della povertà evangelica, sebbene l'inadempimento degli altri consigli evangelici incida certamente, in grado maggiore o minore, sulla fedeltà alla vita consacrata. Nell'imitare Cristo, che "si è fatto povero" per la nostra salvezza (cfr 2Co 8,9), i religiosi sono chiamati a "fare una sincera revisione della propria vita nel senso della solidarietà con i poveri" (Redemptoris missio RMi 60). In caso contrario, cadranno nella tentazione di essere predicatori di una povertà che non trova un modello nella propria vita quando rivendica la povertà altrui e non la propria. È facile cadere nelle maglie di ideologie materialistiche quando la testimonianza personale non serve da modello di condotta per gli altri.

Infine, mediante il libero e totale dono di sé a Cristo e alla Chiesa, le religiose e i religiosi possono testimoniare in modo sorprendente che lo spirito delle Beatitudini è il cammino per eccellenza per trasformare il mondo e restaurare tutte le cose in Cristo (cfr Lumen gentium LG 31).

8. Venerati Fratelli, nel concludere questo mio incontro fraterno con voi, desidero riaffermare tutto l'affetto e la stima che nutro per ciascuno. Ascoltandovi, mi sono reso conto della dedizione con cui guidate le vostre Diocesi e ho apprezzato la comunione che vi unisce gli uni agli altri. Maria, sublime modello di consacrazione, sostenga il vostro impegno e la vostra unità, che io di tutto cuore confermo con un'ampia Benedizione Apostolica, che estendo ai sacerdoti e ai seminaristi, ai consacrati, ai novizi e alle novizie, e agli altri membri delle vostre Comunità cristiane.

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


ALL’OSSERVATORE PERMANENTE


DELLA SANTA SEDE PRESSO L’UNESCO




A Monsignor Francesco Follo
Osservatore permanente della Santa Sede presso l'UNESCO

343 1. Il cinquantesimo anniversario della Missione permanente della Santa Sede presso l'UNESCO riveste un'importanza particolare ed io sono lieto di unirmi ad esso con il pensiero, salutando cordialmente tutti i partecipanti all'Incontro che segna questo evento. Ho il piacere di evocare in questa occasione il ricordo luminoso del suo predecessore, Monsignor Angelo Roncalli, il Beato Papa Giovanni, che fu il primo Osservatore permanente di questa Missione della Santa Sede.

2. Creata subito dopo il secondo conflitto mondiale del XX secolo, l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura è nata dal desiderio delle Nazioni di vivere in pace, nella giustizia e nella libertà, e di disporre dei mezzi per promuovere attivamente questa pace, mediante una cooperazione internazionale nuova, caratterizzata da uno spirito di assistenza reciproca e fondata sulla solidarietà intellettuale e morale dell'umanità. Era naturale che la Chiesa cattolica si unisse a questo grande progetto, a motivo della sovranità specifica della Santa Sede, ma anche e soprattutto, come ho dichiarato di fronte a questa assemblea nel 1980, per il "legame organico e costitutivo che esiste fra la religione in generale e il cristianesimo in particolare da una parte, e la cultura dall'altra" (Discorso all'UNESCO, n. 9).

3. Le intuizioni che hanno portato alla fondazione dell'UNESCO più di cinquant'anni fa, prendevano atto dell'importanza dell'educazione alla pace e alla solidarietà degli uomini, ricordando che "avendo le guerre origine nello spirito degli uomini, è nello spirito degli uomini che devono essere levate le difese della pace" (Atto costitutivo dell'UNESCO, 16 novembre 1945). Simili intuizioni sono oggi ampiamente confermate: il fenomeno della mondializzazione è divenuto una realtà che caratterizza la sfera dell'economia e della politica, ma anche quella della cultura, con aspetti positivi e altri negativi; sono tutti ambiti che richiedono la nostra responsabilità per organizzare una vera solidarietà mondiale, l'unica capace di dare alla nostra terra un futuro di sicurezza e di pace duratura. A nome della missione che ha ricevuto dal suo fondatore di essere il sacramento universale della salvezza, la Chiesa non cessa di parlare e di agire a favore della giustizia e della pace, invitando le Nazioni al dialogo e allo scambio, senza trascurare alcun fattore.

Essa rende così testimonianza della verità che ha ricevuto riguardo l'uomo, la sua origine, la sua natura e il suo destino. Sa che questa ricerca della verità è la ricerca più profonda di ogni persona, che non si definisce innanzitutto per ciò che possiede ma per ciò che è, per la sua capacità di superare se stessa e di crescere in umanità. La Chiesa sa anche che invitando i nostri contemporanei a cercare in modo esigente e con passione la verità su se stessi, giova alla loro autentica libertà, mentre altre voci, trascinandoli su vie apparentemente facili, contribuiscono piuttosto ad asservirli al fascino e al potere sempre rinascenti degli idoli.

4. La Chiesa cattolica, inviata a tutti i popoli della terra, non è legata a nessuna razza o nazione, né a un modo particolare di vivere. Nel corso della sua storia, ha sempre utilizzato le risorse delle diverse culture per far conoscere agli uomini la Buona Novella di Cristo, sapendo bene che la fede di cui è portatrice non si riduce mai a un elemento della cultura, ma è fonte di una salvezza che riguarda tutta la persona umana e tutta la sua attività. È però attraverso la diversità e la molteplicità delle lingue e delle culture, come pure delle tradizioni e delle mentalità, che la Chiesa esprime la sua cattolicità e la sua unità, insieme alla sua fede. Si sforza dunque di rispettare ogni cultura umana poiché s'impegna, nella sua attività missionaria e pastorale, a far sì che "ogni germe di bene che si trova nel cuore e nella mente degli uomini o nei riti e nelle culture proprie dei popoli, non solo non vada perduto, ma sia purificato, elevato e perfezionato per la gloria di Dio, per la confusione del demonio e la felicità dell'uomo" (Lumen gentium
LG 17).

Per tutti questi motivi la Chiesa cattolica nutre una grande stima per la Nazione, che è il crogiolo dove si forgia il senso del bene comune, dove si apprende l'appartenenza a una cultura, attraverso la lingua, la trasmissione dei valori familiari e l'adesione alla memoria comune. Allo stesso tempo, l'esperienza multiforme delle culture degli uomini che la caratterizza, poiché essa è "cattolica", ossia universale nello spazio e insieme nel tempo, le fa però auspicare anche il necessario superamento di ogni particolarismo e di ogni nazionalismo limitato ed esclusivo. Dobbiamo conservare la consapevolezza che "ogni cultura, essendo un prodotto tipicamente umano e storicamente condizionato, implica necessariamente anche dei limiti" (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2001, n. 7). Pertanto, "perché il senso di appartenenza culturale non si trasformi in chiusura, un antidoto efficace è la conoscenza serena, non condizionata da pregiudizi negativi, delle altre culture" (Ibidem, n. 7).

La nobile missione dell'UNESCO è proprio quella di sollecitare questa reciproca conoscenza delle culture e di promuovere il loro dialogo istituzionale, con ogni sorta di iniziativa a livello internazionale, di incontro, di scambio, di programma di formazione. Costruire ponti fra gli uomini, a volte anche ricostruirli quando la follia della guerra si è adoperata a distruggerli, costituisce un lavoro di ampio respiro, sempre da riprendere, che comporta la formazione delle coscienze e dunque l'educazione dei giovani e l'evoluzione delle mentalità. È una delle poste in gioco importanti della mondializzazione, che non deve portare a un livellamento dei valori e neppure a una sottomissione alle sole leggi del mercato unico, ma piuttosto alla possibilità di mettere in comune le ricchezze legittime di ogni Nazione al servizio del bene di tutti.

5. Da parte sua la Chiesa cattolica si rallegra del lavoro già svolto, anche se ne conosce i limiti, e desidera continuare a incoraggiare con determinazione l'incontro pacifico fra gli uomini, attraverso le loro culture e la considerazione della dimensione religiosa e spirituale degli individui, che fa parte della loro storia. È questo il senso che bisogna dare alla presenza di un Osservatore permanente della Santa Sede presso l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura, testimone attento da cinquant'anni della specificità cattolica della Chiesa e del suo impegno risoluto al servizio della comunità degli uomini.

Possa la celebrazione di questo anniversario rafforzare l'impegno di tutti a lavorare instancabilmente al servizio di un vero dialogo fra i popoli, attraverso le loro culture, affinché la coscienza di appartenere a una stessa famiglia umana diventi sempre più viva e la pace del mondo sia assicurata sempre meglio!

A lei e a tutti i partecipanti all'Incontro imparto di tutto cuore una particolare Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 25 novembre 2002

GIOVANNI PAOLO II



ALLA CONGREGAZIONE DELLE SUORE

DI SANTA CATERINA VERGINE E MARTIRE


344
Giovedì, 12 dicembre 2002




Care Sorelle,

1. È con un cordiale saluto che accolgo tutte voi nel Palazzo Apostolico. Mi unisco con piacere a voi nella gioia per il 400º anniversario dell'approvazione pontificia della Congregazione delle Suore di santa Caterina Vergine e Martire e per il 450º anniversario della nascita della vostra fondatrice. Questo doppio anniversario ci invita, in fedeltà al carisma della Beata Regina Protmann, a rinnovare la dedizione alla missione ereditata, per portare l'amore di Dio a quanti cercano e soffrono.

2. La spiritualità di una comunità religiosa deve sempre ispirarsi al carisma fondazionale, farsi interpellare da esso e misurarvisi. Regina Protmann è nata a Braunsberg im Ermland all'epoca della Riforma. Lei stessa ha vissuto lo spirito dell'autentica riforma religiosa nella sequela di Cristo. Si è recata dai poveri, dai malati e dai bambini per rendere loro testimonianza della bontà divina. Considerava suo compito sacro di confortare gli afflitti e di curare i malati (cfr seg.) e dare ai bambini una buona educazione.

3. Strettamente collegato a questo servizio di amore, la preoccupazione principale della Beata Regina Protmann era il rapporto vivo con il suo Signore e Sposo Gesù. "Pregava nella verità e incessantemente", dice il suo primo biografo. La preghiera prepara il terreno per l'azione. "Aprendo il cuore all'amore di Dio, lo apre anche all'amore dei fratelli, e rende capaci di costruire la storia secondo il disegno di Dio" (Novo millennio ineunte
NM 33).

4. Care Sorelle! Come figlie di Madre Regina siete chiamate ad amare Cristo nei poveri. La Regola (del 1602) vi esorta a "servire con solerzia Cristo, Signore e Sposo, secondo il Suo consiglio divino" (art. 1). Questa disponibilità al servizio prosegue l'adorazione di Cristo nella vita quotidiana. "Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori", dice Pietro. Siate sempre pronte a rendere testimonianza a chiunque "domandi ragione della speranza che è in voi" (1P 3,15). Così potrete davvero portare il Salvatore agli uomini.

Con l'intercessione della Beata Vergine e Martire Caterina, della Beata Madre Regina e di tutti i Santi, imparto di cuore a voi, care Sorelle, e a tutti coloro che sono affidati alle vostre cure, la Benedizione Apostolica.


AI NUOVI AMBASCIATORI IN OCCASIONE


DELLA PRESENTAZIONE COLLETTIVA


DELLE LETTERE CREDENZIALI


Venerdì 13 dicembre 2002


Eccellenze,

1. È con piacere che vi accolgo in Vaticano in occasione della presentazione delle Lettere che vi accreditano come Ambasciatori straordinari e plenipotenziari dei vostri rispettivi Paesi: Sierra Leone, Giamaica, India, Ghana, Norvegia, Rwanda e Madagascar. Ringraziandovi per esservi fatti portavoce dei cordiali messaggi dei vostri Capi di Stato, vi sarei grato se poteste trasmettere loro i miei rispettosi saluti e i miei ferventi voti per la loro persona e per l'alta missione che svolgono al servizio di tutti i loro concittadini. Per mezzo di voi, saluto cordialmente anche le Autorità civili e religiose dei vostri Paese, come pure tutti i vostri concittadini, assicurandoli della mia stima e della mia simpatia.

2. La pace è uno dei beni più preziosi per le persone, per i popoli e per gli Stati. Come già sapete, voi che seguite attivamente la vita internazionale, tutti gli uomini la desiderano ardentemente. Senza la pace, non vi può essere autentico sviluppo degli individui, delle famiglie, della società e dell'economia stessa. La pace è un dovere per tutti. Volere la pace non è un segno di debolezza, bensì di forza. Essa si realizza nel rispetto dell'ordine internazionale e del diritto internazionale, che devono essere le priorità di tutti coloro che sono responsabili del destino delle Nazioni. Parimenti, è importante considerare il valore fondamentale delle azioni comuni e multilaterali, per la risoluzione dei conflitti nei diversi continenti.

345 3. Le miserie e le ingiustizie sono fonte di violenza e contribuiscono al mantenimento e allo sviluppo di diversi conflitti locali o regionali. Penso in particolare ai Paesi nei quali la carestia cresce in maniera endemica. La comunità internazionale è chiamata a fare tutto il possibile affinché questi flagelli possano essere poco a poco debellati, soprattutto con mezzi materiali e umani che aiuteranno i popoli che ne hanno più bisogno. Un maggiore sostegno all'organizzazione delle economie locali permetterebbe senza dubbio alle popolazioni autoctone di prendere maggiormente in mano il loro futuro.

La povertà grava oggi in maniera allarmante sul mondo, mettendo in pericolo gli equilibri politici, economici e sociali. Nello spirito della Conferenza internazionale di Vienna del 1993 sui diritti umani, essa è un attentato contro la dignità delle persone e dei popoli. Occorre riconoscere il diritto di ognuno ad avere il necessario e a poter beneficiare di una parte della ricchezza nazionale. Per mezzo di voi, Signori Ambasciatori, desidero lanciare ancora una volta un pressante appello alla Comunità internazionale, affinché si riesamini, al più presto, la duplice questione della ripartizione delle ricchezze del pianeta e di un'assistenza tecnica e scientifica equa nei riguardi dei Paesi poveri, che costituiscono un dovere per i Paesi ricchi. Il sostegno allo sviluppo di fatto passa attraverso la formazione, in tutti gli ambiti, di responsabili locali che domani si preoccuperanno del destino dei loro popoli, affinché questi ultimi possano beneficiare in maniera più diretta delle materie prime e delle ricchezze estratte dal sottosuolo e di quelle della terra.

È in questa prospettiva che la Chiesa cattolica desidera proseguire la sua azione, nell'ambito diplomatico e con la sua presenza e vicinanza nei diversi Paesi del mondo, impegnandosi per il rispetto delle persone e dei popoli, e per la promozione di tutti, in particolare attraverso l'educazione integrale e le opere di socializzazione.

4. Mentre comincia la vostra missione presso la Santa Sede, vi porgo i miei cordiali auguri.

Invocando l'abbondanza delle Benedizioni divine su di voi, come pure sulle vostre famiglie, sui vostri collaboratori e sulle nazioni che rappresentate, chiedo all'Altissimo di colmarvi dei suoi doni.


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