GP2 Discorsi 2002 130


ALLA DELEGAZIONE DEL CIRCOLO SAN PIETRO


Venerdì, 10 maggio 2002




Carissimi Dirigenti e Soci del Circolo San Pietro!

131 1. Benvenuti a questo incontro, che ogni anno mi aiuta a conoscervi meglio e ad apprezzare l'opera attenta e premurosa che svolgete. Saluto con viva cordialità ciascuno di voi e, attraverso le vostre persone, i Soci che non sono presenti. Saluto le vostre famiglie, che condividono il generoso impegno del benemerito Circolo San Pietro.

Rivolgo un particolare pensiero al Presidente Generale, il dottor Marcello Sacchetti, e lo ringrazio per le cortesi espressioni che ha voluto indirizzarmi, illustrando gli ideali che vi guidano e le varie attività del Sodalizio. Le sue parole hanno offerto a tutti la misura della consistenza e della qualità del vostro impegno liturgico e caritativo, nonché della capacità di porvi di fronte alle necessità dei fratelli con amore creativo.

Un pensiero fraterno va anche al vostro Assistente Spirituale, l’Arcivescovo Ettore Cunial, ed ai sacerdoti che si dedicano alla vostra costante formazione cristiana.

2. "Quando fai l'elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti segreta" (
Mt 6,3-4).

A queste parole di Gesù, riferite dall'evangelista san Matteo, si ispira lo stile ed il programma del vostro Sodalizio, che da più di un secolo svolge un valido servizio sociale e apostolico. Un servizio forse poco conosciuto ai grandi mezzi di comunicazione sociale, ma che costituisce un punto di riferimento sicuro ed accogliente per quanti, soli e abbandonati, si trovano ad affrontare situazioni disagiate e gravi problemi di salute.

Ricordava poc'anzi il vostro Presidente che voi avete scelto per amore di Cristo di considerare come «primi», cioè oggetto di attenzione prioritaria e di amorevole servizio, quelli che il mondo e le logiche del profitto ritengono gli «ultimi», relegandoli ai margini della società opulenta.

Da questo spirito di carità sono nate le vostre opere centenarie e quelle di recente istituzione, come la Casa di Cura per la terapia del dolore.

Tutte queste benefiche iniziative possono contare sulla disponibilità e sui sacrifici dei membri del vostro Sodalizio che, riproponendo l'icona del Buon Samaritano, si chinano sui fratelli feriti nella carne e nello spirito per recare loro, con l'aiuto materiale, il conforto di una parola di speranza e di un gesto di fraterna carità.

3. Nelle vostre molteplici attività non manchi mai il tempo da dedicare all'ascolto della Parola di Dio e sia il Vangelo il vademecum del vostro amore per i poveri. Di fronte alle forme di neo-paganesimo, che affascinano molta gente, auspico che la vostra carità discreta e operosa, alimentata da intensa preghiera, costituisca un segno eloquente della tenerezza di Dio per ogni essere umano.

Nello svolgimento della vostra importante azione caritativa, voi intendete testimoniare la sollecitudine del Papa per chi è nel bisogno. Il Circolo San Pietro è, in un certo senso, un prolungamento della sua "mano caritatevole" verso i più poveri ed abbandonati. Di questa vostra missione fa parte anche la raccolta dell'Obolo di San Pietro a Roma, in occasione della Giornata della carità del Papa, affidata al vostro Sodalizio per antico privilegio. Come di consueto, in questo incontro voi mi presentate il risultato di tale raccolta. Vi sono grato per questo delicato e significativo gesto.

La Vergine Maria accompagni e protegga ciascuno di voi e le vostre famiglie, particolarmente in questo mese di maggio, a Lei dedicato.

132 Anch'io vi sono vicino con la preghiera e di vero cuore imparto a ciascuno di voi, alle vostre famiglie ed ai poveri che amorevolmente assistete, una speciale Benedizione Apostolica.




A UNA DELEGAZIONE BULGARA


PER LA FESTA DEI SANTI CIRILLO E METODIO


Sabato, 11 maggio 2002


Cari amici bulgari,

ho di nuovo la gioia di porgere il benvenuto a una delegazione bulgara in occasione della Festa dei santi Cirillo e Metodio. La vostra visita è ormai divenuta una tradizione. Quest'anno ha un significato speciale in previsione della mia visita in Bulgaria. Ringrazio Sua Eccellenza, il Ministro degli Affari Esteri, per le cortesi parole che mi ha rivolto e Lei, Eccellenza, Metropolita Kalinik, per le parole fraterne e per il saluto che mi ha trasmesso da parte del Patriarca Maxim. Assicuro la vostra delegazione delle mie sincere preghiere per il benessere del popolo bulgaro, tanto ricco di storia e umanità.

Anche se la mia visita nel vostro Paese avrà uno scopo pastorale, quello di confermare i miei fratelli e le mie sorelle cattolici nella fede, è anche mio fervido desiderio rafforzare i vincoli di comunione cristiana fra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa bulgara. Il nostro incontro aiuterà di certo la Bulgaria a consolidare le sue basi cristiane in un momento in cui è finito il vecchio ordine e sta prendendo forma una nuova vita per il Paese. Sarebbe un servizio reso dalle Chiese al continente europeo che cerca di edificare una nuova unità, attingendo abbondantemente alle ricchezze sia dell'Oriente sia dell'Occidente.

Questo contributo sarebbe anche in sintonia profonda con la visione dei santi Cirillo e Metodio, una visione che non ha perso nulla della sua rilevanza nel corso dei secoli. Scaturita dal Vangelo di Gesù Cristo, la loro è una visione di unità nella diversità, di libertà legata alla verità, di speranza di fronte a ogni afflizione. In Bulgaria, renderò visita a un popolo nato dalla loro testimonianza e incontrerò la cultura che incarna l'anima dei loro insegnamenti.

Al Santo Sinodo invio saluti di pace dalle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo. Al Governo e al popolo della Bulgaria esprimo la mia gioia per poter essere presto nel loro Paese. Affidandovi alla protezione della Madre del Salvatore e all'intercessione dei santi Cirillo e Metodio, invoco sulla vostra nazione le abbondanti benedizioni di Dio Onnipotente.



PAROLE DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


AI PARTECIPANTI ALLA XXII EDIZIONE


DELLA MARATONA DI PRIMAVERA


Domenica, 12 maggio 2002




Sono lieto di rivolgere il mio cordiale saluto a tutti voi, convenuti così numerosi per partecipare alla tradizionale "Maratona di primavera", organizzata in occasione delle Giornate di festa delle Scuole cattoliche romane.

Questo appuntamento vede coinvolti alunni, docenti, collaboratori, ex-alunni e sostenitori della Scuola cattolica per un momento di gioia e di fraternità, nel desiderio di dare visibilità ad una realtà sociale ed educativa, impegnata ad attuare un progetto di formazione ispirato al Vangelo.

Esorto le varie Scuole cattoliche di Roma a perseverare con coraggio e dedizione in questa loro importante missione al servizio delle giovani generazioni. Auspico, al tempo stesso, che possano giungere a buon fine i passi già avviati sulla strada della effettiva parità tra la scuola statale e non statale.

133 Carissimi, auguro a tutti voi una buona corsa lungo le vie di Roma. Che sia una festa di amicizia e di speranza! Con il vostro entusiasmo e la vostra allegria, comunicate a quanti incontrate la gioia del Cristo risorto.

Tutti vi benedico con affetto.


AI SINDACI DI VARIE METROPOLI


DEL MONDO PARTECIPANTI


ALLA PRIMA "GLOCALIZATION CONFERENCE"


Lunedì, 13 maggio 2002




Cari amici,

è per me una grande gioia incontrarvi, Sindaci di alcune delle più importanti città del mondo. Vi siete riuniti a Roma per riflettere sul modo in cui la globalizzazione influenza la vita delle vostre città e sulle opportunità che offre all'instaurazione di vincoli più stretti fra di loro. Sono profondamente grato all'onorevole Walter Veltroni, Sindaco di Roma, per le cortesi parole introduttive e conclusive.

Una città è molto più di un territorio, di un'area economica produttiva, di una realtà politica. È soprattutto una comunità di persone e in particolare di famiglie con i loro figli. È un'esperienza umana viva, radicata storicamente e distinta culturalmente. Coloro che esercitano il controllo politico e amministrativo su di essa hanno la pesante responsabilità del bene comune delle persone, esseri umani dotati di dignità e di diritti inalienabili. Proprio in quanto cittadini hanno doveri importanti verso la comunità.

La componente etica di una città dovrebbe essere soprattutto basata sul concetto di solidarietà. Ognuno di voi deve affrontare problemi economici e sociali che non si possono risolvere senza la creazione di un nuovo stile di solidarietà umana. Istituzioni e organizzazioni sociali a diversi livelli, così come lo Stato, devono partecipare alla promozione di un movimento generale di solidarietà fra tutti i settori della popolazione, prestando un'attenzione speciale ai deboli e agli emarginati. Non è solo una questione di convenienza. È una necessità di quell'ordine morale al quale tutti vanno educati e verso il quale chi esercita un qualche tipo di influenza deve impegnarsi per una questione di coscienza.

Lo scopo della solidarietà deve essere il progresso di un mondo più umano per tutti, un mondo al quale ogni individuo possa partecipare in modo positivo e fecondo e in cui il benessere di alcuni non sia più un ostacolo allo sviluppo degli altri, ma un aiuto.

Mentre riflettete sulle numerose e complesse questioni sollevate dalla vostra Conferenza, vi esorto a considerare il vostro mandato come un'opportunità preziosa per fare il bene, per migliorare realmente il mondo in cui viviamo. Che l'Onnipotente illumini e sostenga i vostri sforzi! Su di voi e su i vostri cittadini invoco abbondanti benedizioni divine di armonia e di pace.

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


AL PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA CULTURA


IN OCCASIONE DEL VENTESIMO ANNIVERSARIO


DELLA CREAZIONE DEL DICASTERO




Signor Cardinale,

mi unisco volentieri a Lei e ai suoi collaboratori, agli Ambasciatori accreditati presso la Santa Sede e a tutte le personalità convenute per celebrare il ventesimo anniversario della creazione del Pontificio Consiglio della Cultura.

134 Fin dall'inizio del mio Pontificato, ho colto ogni occasione per ribadire quanto sia importante il dialogo fra la Chiesa e le culture. E' questo un ambito vitale non soltanto per la nuova evangelizzazione e l'inculturazione della fede, ma anche per il destino del mondo e il futuro dell'umanità.

Durante i trascorsi venti anni sono notevolmente mutati i modelli di pensiero e i costumi delle nostre società, mentre i progressi tecnici, con l'avvento delle moderne tecnologie della comunicazione, hanno influito profondamente sui rapporti dell'uomo con la natura, con se stesso e con gli altri. La globalizzazione stessa, inizialmente concernente l'ambito economico, è diventata ormai un fenomeno che investe anche altri settori della vita umana. Dinanzi a tali mutamenti culturali, appare quanto mai pertinente la riflessione dei Padri del Concilio Ecumenico Vaticano II che, nella Costituzione pastorale Gaudium et spes, vollero sottolineare l'importanza della cultura per il pieno sviluppo dell'uomo. Nella Lettera autografa per la creazione del Pontificio Consiglio della Cultura scrivevo: "La sintesi tra cultura e fede non è solo un'esigenza della cultura, ma anche della fede... Una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta".

2. Dopo il Concilio, nel corso delle Assemblee del Sinodo dei Vescovi, sono spesso ritornate queste tematiche, che ho ripreso in apposite Esortazioni apostoliche. Vorrei qui ringraziare codesto Pontificio Consiglio, da me creato il 20 maggio 1982, per l'aiuto che mi ha offerto in questo campo, tanto importante per l'azione missionaria della Chiesa.

Nel 1993 ho poi voluto unire il Pontificio Consiglio per il Dialogo con i Non-Credenti, istituito dal mio venerato Predecessore, il Servo di Dio Paolo VI, a codesto Dicastero, nella convinzione che la cultura è una via privilegiata per comprendere il modo di pensare e di sentire di quegli uomini del nostro tempo che non fanno riferimento ad alcuna credenza religiosa. In tale prospettiva, scrivevo per l'occasione: "Il Consiglio promuove l'incontro tra il messaggio salvifico del Vangelo e le culture del nostro tempo, spesso segnate dalla non credenza e dall'indifferenza religiosa, affinché esse si aprano sempre più alla fede cristiana, creatrice di cultura e fonte ispiratrice di scienze, lettere ed arti" (Motu proprio Inde a Pontificatus, 25 marzo 1993, art. 1).

3. Signor Cardinale, vorrei profittare di questa felice circostanza per incoraggiare il Pontificio Consiglio della Cultura e tutti i suoi componenti a proseguire sul cammino intrapreso, facendo sì che la voce della Santa Sede possa pervenire nei vari "areopaghi" della cultura moderna, intrattenendo contatti proficui con i cultori dell'arte e della scienza, delle lettere e della filosofia.

Negli incontri ecclesiali e interculturali di scienza, cultura ed educazione, come pure nelle Organizzazioni internazionali, sia vostro sforzo costante testimoniare l'interesse della Chiesa per il dialogo fecondo del Vangelo di Cristo con le culture e una fattiva partecipazione dei cattolici alla costruzione di una società sempre più rispettosa della persona umana, creata ad immagine di Dio.

Invocando, nella prospettiva dell'imminente festa di Pentecoste, la luce del Divino Spirito sull'attività del Dicastero, imparto di cuore a Lei, Signor Cardinale, ai suoi collaboratori e a tutti quelli che si sono riuniti per celebrare questa fausta ricorrenza una speciale ed affettuosa Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 13 Maggio 2002

IOANNES PAULUS II


MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AI PARTECIPANTI ALL’ASSEMBLEA GENERALE


DELLE PONTIFICIE OPERE MISSIONARIE




Al venerato Fratello
il Signor Cardinale CRESCENZIO SEPE
Prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli

135 1. L'incontro annuale con voi, cari Direttori Nazionali, collaboratori e collaboratrici delle Pontificie Opere Missionarie è per me motivo di grande gioia.

La realtà missionaria della Chiesa costituisce un forte stimolo a rispondere, con responsabilità e lungimiranza, alle sfide del mondo attuale. Di fronte alle difficoltà e alle attese del tempo presente, che interpellano la nostra fede, la Chiesa con umile coraggio addita come risposta Gesù Cristo, speranza viva. La Chiesa è consapevole che "l'evangelizzazione missionaria [...] costituisce il primo servizio che può rendere a ciascun uomo e all'intera umanità nel mondo odierno" (Redemptoris missio
RMi 2), rivelando l'amore di Dio, che si è manifestato nel Redentore. La comunità dei credenti avanza così nei secoli obbediente al mandato del Signore: "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni [...], insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato" (Mt 28,9-20).

Non ha forse assicurato Gesù che sarà con noi "tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,20)? Certi della sua Parola, i cristiani vivono ogni tempo come il "momento favorevole" e il "giorno della salvezza" (cfr 2Co 6,2), giacché "Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre!" (He 13,8).

Ed il vostro impegno, carissimi Fratelli e Sorelle, è proprio quello di aiutare le comunità ecclesiali a rispondere ai doni dello Spirito e a collaborare attivamente all'universale opera della salvezza.

2. Nelle giornate che precedono l'Assemblea Generale delle Pontificie Opere Missionarie, voi vi siete soffermati, seppure brevemente, a riflettere sulla necessità di un'adeguata formazione del personale missionario e sul dialogo, oggi sempre più necessario, con le altre religioni. A voi è ben chiaro che questa formazione non è "marginale, ma centrale nella vita cristiana" (Redemptoris missio RMi 83).

E' necessario, infatti, che, ai diversi livelli di responsabilità, tutti, nella Chiesa, siano educati a cooperare insieme alla missione stessa di Cristo. Occorre che non manchino vocazioni ad gentes, e operai con varie funzioni nel vasto campo della evangelizzazione. Inoltre l'attività missionaria non può mai ridursi a semplice promozione umana, ad aiuto ai poveri e a liberazione degli oppressi. Anche se deve coraggiosamente intervenire su questi fronti, in collaborazione con ogni persona di buona volontà, la Chiesa ha un altro compito primario e specifico, quello di far incontrare ogni uomo e ogni donna con Cristo, unico Redentore.

L'attività missionaria, pertanto, prima di tutto deve preoccuparsi di trasmettere la salvezza che Gesù ha operato. E, d'altra parte, chi meglio di voi può testimoniare che i poveri hanno fame anzitutto di Dio, e non solo di pane e di libertà? Quando i credenti in Cristo restano fedeli alla loro missione, diventano strumenti privilegiati di liberazione globale.

3. Ma la formazione missionaria necessita in primo luogo di testimonianza evangelica. Il vero missionario è il santo e il mondo attende missionari santi. Non basta allora dedicarsi unicamente al rinnovamento dei metodi pastorali e delle strutture, meglio coordinando le forze ecclesiali; non basta limitarsi ad esplorare con maggior acutezza le basi bibliche e teologiche della fede. Quel che è indispensabile è suscitare un nuovo «ardore di santità» fra i missionari e in tutta la comunità cristiana, e specialmente fra i più stretti collaboratori dei missionari.

Ancora una volta vorrei qui ribadire l'urgenza di missionari ad gentes ed ad vitam. Questa vocazione "conserva tutta la sua validità: essa rappresenta il paradigma dell'impegno missionario della Chiesa, che ha sempre bisogno di donazioni radicali e totali, di impulsi nuovi e arditi" (Redemptoris missio RMi 66).

Ringrazio il Signore per quanti, ascoltando la sua voce, gli rispondono con generosità, pur consapevoli della propria inadeguatezza, e si fidano delle sue promesse e del suo aiuto. Sostenuti dalla grazia divina, i missionari - sacerdoti, religiosi, religiose e laici - dedicano a Cristo ogni loro energia in terre lontane, talora fra difficoltà, incomprensioni, pericoli e persino persecuzioni.

4. Come non ricordare con gratitudine coloro che, anche negli ultimi mesi, sono caduti sulla breccia per restare fedeli alla loro missione? Sono Vescovi e sacerdoti, ma non mancano religiosi e religiose, e tanti laici. Sono "i martiri e i testimoni della fede" del nostro tempo, che incoraggiano tutti i credenti a servire il Vangelo con piena dedizione.

136 Elevo la preghiera a Dio per ciascuno di loro, mentre affido voi, carissimi Fratelli e Sorelle, alle mani di Maria, Stella dell'evangelizzazione, e di cuore vi imparto una speciale Benedizione Apostolica, che estendo ai vostri collaboratori e collaboratrici nell'infaticabile lavoro di animazione, formazione e cooperazione missionaria.

Dal Vaticano, 16 Maggio 2002

IOANNES PAULUS II


DISCORSO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


AGLI AMBASCIATORI IN OCCASIONE DELLA PRESENTAZIONE


COLLETTIVA DELLE LETTERE CREDENZIALI


Venerdì, 17 maggio 2002



Eccellenze,

1. Sono lieto di accogliervi oggi e di ricevere le Lettere che vi accreditano come Ambasciatori straordinari e plenipotenziari dei vostri Paesi: la Bielorussia, il Niger, la Svezia, la Thailandia, il Benin, il Sudan, l'Islanda, la Giordania. Desidero ringraziarvi per avermi trasmesso i cortesi messaggi dei vostri rispettivi Capi di Stato. Vi sarei grato se poteste porgere in cambio i miei deferenti saluti e i miei voti cordiali per la loro persona e per la loro alta missione al servizio di tutti i concittadini. Per mezzo di voi, desidero anche salutare cordialmente tutte le autorità civili e religiose dei vostri Paesi, come pure tutti i vostri concittadini, assicurandoli della mia stima e della mia amicizia.

2. Il nostro mondo attuale deve affrontare un certo numero di crisi gravi e di atti di violenza, dei quali i mezzi di comunicazione sociale ci mettono ogni giorno a conoscenza. È dovere della comunità internazionale e di tutti gli uomini di buona volontà mobilitarsi più intensamente affinché si operino quei cambiamenti ai quali aspirano i popoli che soffrono maggiormente. La pace deve essere la prima priorità per tutti i Paesi e in tutti i continenti, affinché cessino i conflitti armati, che non fanno altro che ipotecare il futuro delle nazioni e delle popolazioni, alcune delle quali sono sottoposte a condizioni di vita degradanti e indegne. Nessuno può disinteressarsi della sorte dei propri fratelli e agire come se non sapesse.

Vi sono senza dubbio due elementi fondamentali sui quali è opportuno influire congiuntamente: il dialogo e i negoziati fra i protagonisti, chiamati a vivere insieme sulla stessa terra; d'altro canto il fenomeno della mondializzazione e del crescente contrasto fra le nazioni ricche e le nazioni povere, crea disparità sempre più evidenti. La pace a lungo termine presuppone che i Paesi meno sviluppati beneficino della crescita economica e di aiuti appropriati. La prima prospettiva deve essere quella di sostenere le economie locali e di formare persone che si occupino domani del futuro della loro comunità nazionale, per giungere così alla necessaria autonomia del Paese. Ciò richiede da parte di tutti una solidarietà sempre più grande e comportamenti coerenti.

3. In questa ottica, la missione dei diplomatici è di somma importanza. Essi sono chiamati a creare vincoli fra di loro e a gettare ponti fra i loro rispettivi Paesi, apportando così un contributo significativo all'amicizia fra i popoli, nel rispetto delle persone e delle popolazioni, e favorendo i negoziati e gli scambi. La vostra nuova missione vi inserisce nel Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, la quale, grazie ai propri diplomatici e alle comunità cattoliche locali, è presente in tutto il mondo, operando per il bene comune e per il rispetto della dignità di ogni essere umano. Potrete qui cogliere dall'interno le sue preoccupazioni e le sue azioni. Troverete anche porte aperte per incontrare personalità di tutto il mondo e tessere vincoli fraterni. Inoltre, con la nascita di nuovi Stati moderni, sono state create nuove missioni diplomatiche stabili, che ampliano le relazioni internazionali e avvicinano i Paesi gli uni agli altri, invitandoli a cooperare sempre più per la pace nel mondo.

4. La disparità fra i popoli c'interpella continuamente e deve essere per tutti oggetto di un'attenzione particolare. Paesi il cui suolo e il cui sottosuolo contengono abbondanti ricchezze e numerose materie prime sono sottoposti a pressioni che impediscono a interi settori della popolazione di trarne qualsiasi beneficio. Affinché si operino cambiamenti a livello internazionale, occorre che ognuno accetti di modificare il proprio modo di vivere. Faccio quindi appello, di tutto cuore, a un sussulto di solidarietà e di carità fraterna da parte di tutti gli uomini di buona volontà. Di fatto la pace va di pari passo con lo sradicamento della miseria e con l'eliminazione delle disparità fra i popoli. Presuppone anche l'educazione per tutti. Le giovani generazioni, particolarmente sensibili alle situazioni drammatiche, hanno bisogno di segni forti perché le loro speranze non siano vane.

Mediante la sua partecipazione attiva sul piano diplomatico e grazie alle comunità locali, la Chiesa cattolica nei diversi Paesi del mondo s'impegna per il rispetto della dignità delle persone e per il riconoscimento dei popoli, cercando con tutti i mezzi pacifici di far sì che s'instauri la pace, come pure un'intesa fra le nazioni e una fraternità fra tutti, per offrire a ognuno una terra dove sia bello vivere, dove potrà condurre la sua vita personale, familiare e sociale e partecipare secondo le sue possibilità alla vita pubblica.

5. Mentre comincia la vostra missione presso la Santa Sede, vi porgo i miei cordiali auguri. Invocando l'abbondanza delle Benedizioni Divine su di voi, come pure sulle vostre famiglie, sui vostri collaboratori e sulle nazioni che rappresentate, chiedo all'Altissimo di colmarvi dei suoi doni.


ALLA COMUNITÀ DELL’ABBAZIA


DI HEILIGENKREUZ (AUSTRIA)


137
Venerdì, 17 maggio 2002




Reverendo Abate Gregor,
Egregio Padre
Decano della Scuola,
Reverendi Rettori
dei seminari sacerdotali,
cari Professori e cari Studenti!

1. Con grande gioia vi porgo il benvenuto nel Palazzo Apostolico. Avete scelto il tempo della Novena di Pentecoste per compiere questo pellegrinaggio a Roma, sulle Tombe degli Apostoli e nella sede del Successore di Pietro, in occasione del bicentenario della Scuola Superiore di Teologia e di Filosofia della Santa Croce. Questo pellegrinaggio comune, guidato dal reverendissimo Abate, non solo rafforza la comunità accademica dei docenti e degli studenti, ma esprime anche il fine ultimo dei vostri studi e dei vostri sforzi: una communio profonda e indistruttibile con Dio Uno e Trino nella Sua santa Chiesa, ora qui sulla terra e in futuro nella beatitudine del cielo!

2. In questi giorni di pentecoste preghiamo: "veni, sancte Spiritus, reple tuorum corda fidelium; et tui amoris in eis ignem accende!".

Il vostro pellegrinaggio giubilare è destinato a essere una non trascurabile pietra miliare lungo il vostro cammino di comunità di studi teologici: lo spirito di fedeltà al Magistero e alla tradizione della Chiesa, che l'Abbazia della Santa Croce e la vostra scuola hanno dimostrato fin dalla loro fondazione nel 1802, possa sperimentare, grazie all'opera dello Spirito Santo, un rinnovamento vitale e mettere le ali al vostro apostolato. Il vostro desiderio più intimo di ricevere lo "Spirito di verità" (
Jn 16,13), che fu proprio anche dei discepoli riuniti con Maria, vi apre al grande compito che vivamente affido a tutti voi: essere agenti entusiasti e stimolanti della nuova evangelizzazione dell'Europa.

3. Saldamente radicata nella tradizione spirituale dell'Ordine dei Cistercensi, la vostra Scuola si pone la sfida di una seria formazione dei sacerdoti e dei religiosi nel nostro tempo. Per questo ringrazio sinceramente l'Abate e i monaci del monastero della Santa Croce. Di cuore auguro alla Scuola Superiore di Teologia e di Filosofia della Santa Croce e a tutti i suoi membri, di crescere in fede, speranza e carità. Per questo affido all'intercessione di Maria, Magna Mater Austriae, di san Bernardo e di tutti i santi dell'Ordine cistercense voi, i vostri cari e i confratelli che sono rimasti nel monastero e a tutti imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.


AI PARTECIPANTI ALL’INCONTRO PROMOSSO


DAI FRATELLI DELLE SCUOLE CRISTIANE


138
Sabato, 18 maggio 2002

Carissimi Fratelli e Sorelle!


1. Con grande gioia vi accolgo, in occasione del terzo centenario della presenza in Italia dei Fratelli delle Scuole Cristiane. Da quando, nel 1702, giunse dalla Francia a Roma Fratel Gabriel Drolin, il seme da lui piantato a costo di eroici sacrifici ha portato abbondanti frutti nel campo dell'educazione. Questo campo è sempre stato particolarmente caro alla Chiesa che, in fedeltà a Cristo, tutto opera perché l'uomo abbia la vita "in abbondanza" (cfr
Jn 10,10). Sono lieto, pertanto, di incontrare oggi in voi gli eredi di questa mirabile opera, che intendete fedelmente portare avanti, sulle orme di san Giovanni Battista de La Salle e di Gabriel Drolin.

Saluto con affetto il Superiore Generale, Fratel Alvaro Rodríguez Echeverría, e lo ringrazio per le cortesi parole che mi ha rivolto. Saluto tutti voi, dando a ciascuno il mio più cordiale benvenuto.

2. Nel suo testamento, san Giovanni Battista de La Salle ha scritto memorabili parole, che spiegano il significato ecclesiale di tutto l'anno tricentenario che state celebrando: "Ai Fratelli raccomando di essere sempre e totalmente sottomessi alla Chiesa, specialmente in tempi così terribili e, per darne prova, non si separino mai dal nostro Santo Padre il Papa e dalla Chiesa di Roma, ricordando sempre che ho inviato due Fratelli a Roma per chiedere a Dio la grazia che la loro Società gli fosse sempre e completamente sottomessa".

Queste parole non hanno perso nulla della loro forza ed attualità, ed ispirano la missione a voi affidata al servizio della formazione integrale dei giovani, secondo gli insegnamenti della Chiesa.

3. Fratel Gabriel Drolin fu scelto da La Salle per testimoniare fedeltà al Papa in quei tempi di giansenismo, e per piantare l'albero della Società delle Scuole Cristiane all'ombra e sotto lo sguardo benedicente del Successore di Pietro. Per tutti gli educatori lasalliani egli resta un modello ispiratore di grande forza e rilevanza.

Il 21 novembre 1691, assieme al Fondatore e ad un altro Fratello, egli emise quello che viene chiamato il "voto eroico", per assicurare il futuro delle Scuole Cristiane ad ogni costo e a prezzo di una fedeltà senza calcoli né limiti: "Anche se restassimo solo noi tre e fossimo costretti a chiedere l'elemosina e a vivere di solo pane".

Nel 1702 è pronto a partire dalla Francia per una missione importante e difficile: far conoscere una nuova realtà educativa, pedagogica e metodologica, nata vent'anni prima al di là delle Alpi.

4. Il pensiero ascetico-educativo lasalliano verte non tanto sul "come educare", bensì sul "come essere" per educare, come cioè vivere in sé il timbro e la sostanza dell'educatore. Il modello è Cristo, Maestro perché aperto all'ascolto, esempio perché testimone. La Salle mira all'educazione dei giovani attraverso il rinnovamento dell'educatore.

Se l'educatore, con la testimonianza e la parola, non è modello per il giovane, la scuola non consegue il suo fine. "Voi - diceva ai suoi - siete gli ambasciatori e i ministri di Cristo nella professione che esercitate; dovete dunque comportarvi come rappresentanti di Cristo stesso. E' lui che vuole che i giovani guardino a voi come a lui stesso, che ricevano i vostri insegnamenti come se fosse lui stesso a insegnare: devono essere persuasi che è la verità di Cristo che parla per bocca vostra, che è nel suo nome che voi insegnate e che è lui stesso che vi dà autorità su di loro" (Med. III, per il tempo del ritiro, n. 2).

139 I ventisei anni trascorsi a Roma da Fratel Gabriel, quale unico esponente dell'Istituto, costituiscono una lezione di fedeltà totale alla sua vocazione religiosa ed educativa. Sono un esempio di profondo spirito religioso e di sano realismo nell'affrontare gli imprevisti e la fatica di ogni giorno. Fratel Gabriel è perciò un modello a cui guardare con ammirazione anche oggi, poiché la fedeltà al carisma e alla missione lasalliana esigono sempre coraggio e forza d'animo intrepido e a tutta prova.

Le opere educative lasalliane continuano ad essere una provvidenziale risorsa per il bene della gioventù, della Chiesa e dell'intera società. Per questo la fedeltà al carisma necessita più che mai di nuova ispirazione e creatività, per poter rispondere, in modo adeguato, ai bisogni del mondo di oggi.

5. Carissimi, come ho avuto modo di scrivere nell'Esortazione apostolica Vita consecrata, "voi non avete solo una gloriosa storia da ricordare e da raccontare, ma una grande storia da costruire! Guardate al futuro, nel quale lo Spirito vi proietta per fare con voi ancora cose grandi" (n. 110). Queste parole si applicano anche a voi, qui in Italia e nel resto del mondo. Un compito di grande importanza attende la Famiglia lasalliana. Voi, cari Fratelli, Associati, docenti, genitori, ex-alunni e giovani, siete chiamati a riaffermare il vostro impegno di fedeltà e di rinnovamento.

Nel corso di tre secoli, nel contesto sociale e culturale della società italiana, voi avete camminato al fianco dei giovani, impostando il servizio educativo intorno ai grandi valori della solidarietà, della tolleranza, del pluralismo, del servizio, della cultura.

6. Auspico di cuore che la ricorrenza tricentenaria rappresenti un'opportunità non solo per guardare al cammino percorso, ma pure per rivitalizzare un progetto fortemente propositivo per l'uomo del terzo millennio.

Il vostro venerato Fondatore, insieme con Fratel Gabriel Drolin, dal Cielo non vi faranno certamente mancare il loro spirituale sostegno. Affido alla Madre di Dio, Maria Santissima, ogni vostra scuola e casa religiosa, particolarmente quelle che sono in Italia e, in modo tutto speciale, a Roma. Vi ringrazio ancora per l'odierno caloroso incontro e, mentre vi incoraggio ad andare avanti con entusiasmo e generosità, tutti di cuore vi benedico.




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