GP2 Discorsi 2002 166


VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

IN AZERBAIJAN E BULGARIA

CERIMONIA DI CONGEDO

Aeroporto di Plovdiv

Domenica, 26 maggio 2002




167 Illustri Autorità,
Cari Fratelli nell'Episcopato,
Sorelle e Fratelli nel Signore!

1. La mia visita nell'amata terra di Bulgaria, sebbene di breve durata, ha ricolmato il mio cuore di commozione e di gioia. E' stata data al Papa l'opportunità di incontrare il popolo bulgaro, di ammirarne le virtù e le qualità, di apprezzarne i grandi talenti e le generose energie. Rendo grazie a Dio che mi ha concesso di compiere questo pellegrinaggio proprio nei giorni in cui si celebra la memoria dei santi Fratelli Cirillo e Metodio, apostoli dei popoli slavi.

Vada l'espressione della mia riconoscenza a quanti hanno contribuito a rendere gradevole ed utile questo viaggio. Innanzitutto al Signor Presidente della Repubblica e alle Autorità del Governo che mi hanno invitato, hanno collaborato efficacemente alla realizzazione della visita e hanno onorato con la loro presenza i diversi incontri.

Un caloroso grazie va poi a Sua Santità il Patriarca Maxim, ai Metropoliti e Vescovi del Santo Sinodo e ai fedeli tutti della Chiesa Ortodossa di Bulgaria. Insieme con i cattolici, anche gli ortodossi hanno subito in anni ancora recenti una dura persecuzione a causa della loro fedeltà al Vangelo: che tanto sacrificio renda feconda la testimonianza dei cristiani in questo Paese e, con la grazia di Dio, affretti il giorno in cui potremo gioire della ritrovata piena unità tra noi!

Un saluto cordiale rivolgo anche ai fedeli dell'islam e alla comunità ebraica: l'adorazione all'unico Dio Altissimo ispiri a tutti propositi di pace, di comprensione e di mutuo rispetto nell'impegno per costruire una società giusta e solidale.

2. La mia parola di commiato si volge, infine, con accenti di particolare affetto ai cari Fratelli nell'Episcopato e ai figli tutti della Chiesa Cattolica: sono venuto in Bulgaria per celebrare insieme con voi i misteri della nostra fede e riconoscere il dono sublime del martirio con il quale i Beati Eugenio Bossilkov, Kamen Vitchev, Pavel Djidjov e Josaphat Chichkov hanno confermato la loro fedeltà al Signore. Il loro esempio sia per tutti voi un forte incitamento a generosa coerenza nella pratica della vita cristiana.

Alla luce della loro gloriosa testimonianza, vi esorto: "Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi" (
1P 3,15). In questo modo servirete efficacemente la causa del Vangelo e contribuirete con originale creatività al vero progresso della Bulgaria.

3. Un'ultima parola a tutto il diletto popolo bulgaro, senza distinzioni. Una parola che riprende quella pronunciata dal mio venerato predecessore, il Beato Papa Giovanni XXIII, al momento di lasciare questo Paese nel dicembre del 1934. Egli fece allora riferimento ad una tradizione irlandese secondo cui, la vigilia di Natale, ogni casa deve avere una candela accesa sulla finestra, per indicare a Giuseppe e Maria che là una famiglia li attende intorno alla fiamma del focolare. Alla folla che era venuta a salutarlo, Mons. Roncalli disse così: "Se qualcuno di Bulgaria avrà a passare presso casa mia, durante la notte, fra le difficoltà della vita, troverà sempre alla mia finestra la lampada accesa. Batta, batta! Non gli sarà chiesto se è cattolico o ortodosso: fratello di Bulgaria, basta. Entri, due braccia fraterne, un cuore caldo di amico lo accoglieranno a festa" (Omelia di Natale, 25 dicembre 1934).

Queste parole ripete oggi il Papa di Roma che, partendo dal bel Paese delle rose, conserva negli occhi e nel cuore le immagini dei suoi incontri con tutti voi.

168 Dio benedica la Bulgaria, con l'abbondanza della sua grazia faccia sentire ai suoi abitanti il mio affetto e la mia riconoscenza e conceda alla Nazione giorni di progresso, di prosperità e di pace.




AI SUPERIORI DI ISTITUTI MISSIONARI


PARTECIPANTI ALL'INCONTRO PROMOSSO DALLA


CONGREGAZIONE PER L'EVANGELIZZAZIONE DEI POPOLI


Venerdì, 31 maggio 2002

Signor Cardinale,

venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Sono lieto di incontrarmi con voi, in occasione della riunione organizzata dalla Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli con i Superiori e le Superiore degli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, impegnati al servizio della missione ad gentes.

Saluto il Signor Cardinale Crescenzio Sepe e lo ringrazio per le cordiali parole che mi ha rivolto, facendosi interprete dei sentimenti dei presenti. Saluto ciascuno di voi, cari Fratelli e Sorelle, che rappresentate i tanti Istituti e Società dediti al lavoro missionario. Tutti vi ringrazio per il servizio ecclesiale, che svolgete secondo il vostro proprio carisma, e per la cooperazione che offrite ogni giorno alla diffusione del Vangelo in ogni angolo del mondo.

Scrivevo nell'Enciclica Redemptoris missio che, dopo duemila anni, "la missione di Cristo Redentore, affidata alla Chiesa, è ancora ben lontana dal suo compimento" (n. 1). Il Concilio Vaticano II ha ribadito che tutta la Chiesa è missionaria, e quindi ogni battezzato deve sentirsi chiamato a dare il proprio contributo per l'annuncio del Vangelo.

2. Inoltre, a ben vedere, missione e vita consacrata sono realtà strettamente interdipendenti. Se infatti la dimensione missionaria fa parte della natura stessa della Chiesa, essa non può certo essere facoltativa per i religiosi e le religiose i quali, "dal momento che si dedicano al servizio della Chiesa, in forza della loro stessa consacrazione, sono tenuti all'obbligo di portare l'opera loro in modo speciale nell'azione missionaria, con lo stile proprio dell'Istituto" (ibid., 69; CIC, can. CIC 783). Si può quindi dire che la missionarietà è insita nel cuore stesso di ogni forma di vita consacrata (cfr Vita consecrata VC 25).

Nel corso dei secoli le persone consacrate sono state sempre all'avanguardia nell’azione missionaria ad gentes. Molti di loro hanno lasciato le case, le famiglie e i paesi d’origine per spingersi con coraggio "fino agli estremi confini della terra" (cfr Ac 1,8) al fine di recare a ogni uomo e a ogni donna il messaggio del Vangelo. Hanno spesso dovuto affrontare difficoltà e ostacoli, rinunce e sacrifici. Alcuni, e non certo pochi, hanno suggellato con il martirio la loro testimonianza a Cristo.

Su questa scia anche i vostri Istituti continuano a camminare con un unico scopo, quello di far sì che la luce del Vangelo rischiari quanti ancora “stanno nelle tenebre e nell'ombra della morte" (Lc 1,79).

169 3. Profitto volentieri di quest'incontro per ringraziarvi del vostro generoso impegno a favore della missione. Al tempo stesso, vorrei invitarvi a dedicarvi con ancor più grande determinazione a questa causa, rivivendo in voi il sentimento infuocato di Paolo, il quale esclamava: "Guai a me se non predicassi il Vangelo" (1Co 9,16).

La missione è certo esigente e, di fronte ai problemi, ai disagi, alle incomprensioni, al calo delle vocazioni missionarie ad vitam, potrebbe talora affiorare la tentazione dello scoramento e della stanchezza. Potreste farvi contagiare dal pericolo della routine quotidiana o di una certa aridità spirituale. Resistete a questi rischi attingendo all'unione profonda con Dio il vigore per superare ogni ostacolo.

Vi sostenga la certezza che Cristo è presente. Egli ci assicura: "Ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,20). Il Signore è sempre con noi, nei momenti di intensità spirituale e di "raccolta dei frutti", come nei tempi della fatica e del dolore "della semina". Come ricorda il Salmista, anche il missionario "nell'andare, se ne va e piange,portando la semente da gettare, ma nel tornare, viene con giubilo, portando i suoi covoni" (Ps 125,6).

4. Nella promettente stagione della nuova evangelizzazione, che stiamo vivendo, è necessario continuare a coltivare una feconda comunione tra gli Istituti missionari, i Vescovi e le Chiese particolari, intrattenendo un costante dialogo animato dalla carità, sia a livello diocesano che nazionale, con le Unioni dei Superiori maschili e femminili, nel rispetto dei diversi carismi, compiti e ministeri.

A questo proposito, molto utili sono le convenzioni stipulate tra i Vescovi e i Moderatori degli Istituti che si dedicano all'opera missionaria (cfr CIC can. CIC 790 § 1, 2°), affinché le relazioni instaurate, gli sforzi compiuti e le strutture create contribuiscano nel modo migliore all’azione missionaria della Chiesa.

Lo spirito di comunione, che nasce dal sentire cum Ecclesia (cfr Vita consecrata VC 46), si esplica in modo significativo nella collaborazione con la Sede Apostolica e con gli organismi preposti all'attività missionaria, primo fra tutti la Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, a cui compete di "dirigere e coordinare in tutto il mondo l'opera stessa dell'evangelizzazione" (Pastor Bonus, art. 85). Mi rallegro, pertanto, per l'incontro organizzato in questi giorni, dedicato alla riflessione, allo scambio e alla ricerca di una più intensa e fruttuosa collaborazione. Vi invito a ripetere questa esperienza e a mantenere sempre vivo il clima di comunione, che in tali riunioni si instaura.

5. Carissimi Fratelli e Sorelle vi seguo e vi sono vicino con la preghiera, mentre invoco sul vostro impegno la celeste protezione dei molti Martiri e Santi missionari, dei Fondatori e delle Fondatrici dei vostri Istituti. Vi affido, nell’odierna festa della Visitazione della Beata Vergine Maria, alla Stella dell'evangelizzazione, perché vi sostenga nel quotidiano servizio missionario e sia vostro modello di dedizione totale al Vangelo.
Con tali sentimenti, vi imparto di cuore una speciale Benedizione Apostolica, che estendo volentieri a tutti i membri delle vostre rispettive Comunità ed a quanti incontrate nel vostro apostolato. MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


AI PARTECIPANTI ALL’OTTAVA ASSEMBLEA NAZIONALE


DEL MOVIMENTO ECCLESIALE


DI IMPEGNO CULTURALE (MEIC)


1. Sono lieto di inviarvi il mio saluto, carissimi Fratelli e Sorelle, convenuti a Roma per l'VIII Assemblea nazionale del Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale. Un pensiero cordialmente grato rivolgo ai Responsabili dell'Associazione, all'Assistente ecclesiastico, ed a ciascuno dei Delegati, augurando a tutti un proficuo lavoro.


La vostra Assemblea si svolge poco dopo quella dell'Azione Cattolica Italiana, nella cui grande famiglia il vostro Movimento si colloca quale "avanguardia missionaria" per il mondo della cultura e delle professioni. In questi giorni intendete riflettere sul progetto pastorale della Chiesa italiana per il prossimo decennio - "Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia" - in sintonia con il cammino dell'intera Comunità ecclesiale, al cui servizio generosamente spendete le vostre doti di mente e di cuore.

2. E' vostro scopo definire con coraggio e franchezza quale debba essere oggi la missione del MEIC nell'ambito della comunità ecclesiale e nella società civile, conservandovi fedeli alla vostra tradizione associativa, che conta illustri maestri di spiritualità e di umanità, fedeli servitori del Vangelo e delle istituzioni civili. Vi proponete, inoltre, di approfondire e rinnovare la coscienza missionaria, che sempre deve contraddistinguervi, tenendo ben conto della complessa situazione di interculturalità in cui vi trovate ad operare.

170 Non mancherete di tradurre la "fantasia della carità" in forme originali che sappiano farsi "servizio alla cultura, alla politica, all'economia, alla famiglia, perché dappertutto vengano rispettati i principi fondamentali dai quali dipende il destino dell'essere umano e il futuro della civiltà" (Lett. ap. Novo millennio ineunte, 51).

Questa rinnovata coscienza missionaria vi chiama, oggi più che mai, ad essere testimoni credibili dell'umanesimo cristiano. Nella misura in cui saprete affermare senza tentennamenti la presenza trascendente di Dio nella storia, sarete in grado di accettare e salvaguardare il mistero che avvolge la persona e che va oltre ogni spiegazione scientifica e interpretazione razionale e potrete coniugare proficuamente la sacralità e la qualità della vita dell'uomo.

3. Senza mai ridurre la fede a cultura, la Chiesa si sforza di dare spessore culturale alla vita di fede ed a far sì che questa ispiri tutta la vita privata e pubblica, come la realtà nazionale ed internazionale. A questo riguardo, voi sapete con quale interesse la Santa Sede segua i lavori della Convenzione Europea. Io stesso ho avuto modo di esprimere rammarico per l'omissione del riferimento ai valori cristiani e religiosi nella redazione della Carta dei diritti fondamentali. Auspico vivamente che anche il MEIC si adoperi affinché non venga ignorata la componente religiosa che nei secoli ha permeato la formazione delle istituzioni europee. Il patrimonio cristiano di civiltà, che tanto ha contribuito alla difesa dei valori della democrazia, della libertà, della solidarietà tra i popoli dell'Europa, non deve né essere disperso né disatteso.

Il vostro Movimento nutre, inoltre, spiccata sensibilità per l'impegno ecumenico della Chiesa e dedica, altresì, settimane di approfondimento teologico all'esame delle sfide che l'attuale società multietnica pone al dialogo interreligioso.Continuate, carissimi, in questo prezioso cammino di formazione nel settore ecumenico e nella conoscenza delle religioni. Per contribuire a creare un mondo più giusto e solidale, sia vostra preoccupazione diffondere e porre l'accento su quello che potremmo chiamare il "decalogo di Assisi", da me delineato in occasione della Giornata di Preghiera per la Pace il 24 gennaio scorso. Si tratta di una via da percorrere insieme. Se è difficile convivere senza pace politica ed economica, non si dà vita degna dell'uomo senza pace religiosa ed interiore.

E qui appare di fondamentale interesse l'apporto che voi potete prestare senza temere ostacoli e difficoltà, ma guardando alla realtà presente e alle prospettive future con il coraggio della profezia e l'ottimismo della speranza evangelica.

4. Carissimi Fratelli e Sorelle! Vorrei chiedervi di essere in ogni circostanza generosi testimoni di Cristo, specialmente quando le esigenze del suo Vangelo si distinguono o si oppongono alle attese più immediate di un'epoca o di una cultura (cfr C.E.I., Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, 35). Più di qualsiasi umana dottrina, è infatti sempre la parola di Dio sull'uomo, parola fedelmente trasmessa dalla Chiesa, a formare le coscienze e a rendere più incisivo il messaggio della salvezza. E' questo il sentiero che Iddio vi chiama a percorrere, sentiero che vi conduce alla santità, vocazione universale di tutti i battezzati. Perché possiate rispondere alla chiamata di Dio, alimentatevi al costante ascolto della sua Parola nella preghiera. La Chiesa ha bisogno del vostro servizio e, per poterlo svolgere in modo efficace, occorre esser dei santi. Vi accompagno con l'affetto e con la preghiera, affinché il Signore avvalori i vostri propositi e li renda fecondi di frutti di bene.

Mentre rinnovo i miei auspici per la presente Assemblea e per ogni vostra iniziativa, che affido alla materna intercessione di Maria, Sede della Sapienza, di cuore imparto l'Apostolica Benedizione a ciascuno di voi, estendendola a tutti i membri del MEIC ed alle rispettive famiglie.

Dal Vaticano, 21 Maggio 2002

IOANNES PAULUS II


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


PER IL 50° ANNIVERSARIO DI FONDAZIONE


DELL’ISTITUTO MONASTICO


DEL PONTIFICIO ATENEO S. ANSELMO DI ROMA


Al Reverendissimo

Abate Primate Notker WOLF O.S.B.
Gran Cancelliere del Pontificio Ateneo Sant'Anselmo

171 1. Ho appreso con vivo compiacimento che l’Istituto Monastico del Pontificio Ateneo S. Anselmo di Roma si appresta a commemorare il 50E anniversario di fondazione. Per tale felice circostanza, mi è gradito inviare a Lei, al Corpo docente, agli alunni, e a quanti prendono parte alle celebrazioni giubilari, il mio cordiale e beneaugurante saluto.

Ideato come struttura stabile al servizio di uno studio metodico della vita e della cultura dei monaci, l’Istituto Monastico fu eretto all’interno della Facoltà teologica del Pontificio Ateneo, con decreto del 21 marzo 1952, della Sacra Congregazione per i Seminari, in risposta all’ardente desiderio dell’Abate Primate Bernhard Kaelin di volgere l’attenzione alle fonti letterarie e alle grandi figure del monachesimo, nonché alla riflessione teologica e alle implicazioni istituzionali della vita monastica. Si avvertiva infatti un’urgente necessità di studiare in modo sistematico il monachesimo. Nella lettera, che annunciava l’apertura dell’Istituto, venne indicato un compito preciso: "Occorre che alcuni monaci idonei, capaci di insegnare agli altri, coltivino una metodica disciplina scientifica. Non sarebbe troppo dare ad alcuni giovani sacerdoti dotati la possibilità di specializzarsi per due anni in tale studio" (26 Maggio 1952).

2. La nuova istituzione fu affidata a studiosi di fama internazionale, affinché i giovani monaci venissero adeguatamente formati alla spiritualità, alla storia e alla dottrina monastica. Tra di essi, vorrei ricordare Cipriano Vagaggini, maestro di teologia sapienziale, Basilius Steidle e Adalbert de Vogüé, che hanno enucleato lo sfondo patristico della Regola di san Benedetto, Benedetto Calati e Gregorio Penco singolari interpreti della storia monastica.

In questi decenni, l’Istituto Monastico ha saputo tradurre la sua finalità generale in concreti percorsi didattici e in efficaci linee operative. Come non pensare, ad esempio, ai monaci ed alle monache avviati, con l'aiuto di adeguati strumenti di lavoro, alla conoscenza critica ed allo studio metodico delle fonti e dei testi classici del monachesimo? L’opportunità di accostare la storia del monachesimo cristiano orientale e di quello occidentale ha reso possibile la scoperta di interazioni esistenti tra le rispettive scuole di teologia, di spiritualità, di vita monastica.

A distanza di cinquant'anni, rendiamo grazie a Dio per quest'istituzione tanto provvidenziale per i vari Monasteri benedettini; essa ha svolto un ruolo significativo nel tessere un fecondo rapporto tra la vita spirituale e lo studio, ed è diventato valido punto di riferimento, nonché privilegiato luogo di formazione, per il mondo monastico oggi.

3. Il servizio reso alla Chiesa dall'Ordine Benedettino mediante l'ormai cinquantenario Istituto, che tanto ha contribuito a formare schiere di monaci insieme ai molti che sono interessati alla conoscenza critica e all'approfondimento delle fonti e dei testi classici del monachesimo, si colloca nel solco della più larga e affascinante ricerca di Dio alla quale san Benedetto, stabilendo la «Schola Christi», desiderava avviare i suoi discepoli. Incoraggio le Autorità religiose ed accademiche a continuare ad operare su questa strada, proseguendo la lunga e apprezzata tradizione culturale dell'Ordine.

Questa felice ricorrenza, grazie anche alle previste manifestazioni giubilari, faccia sì che l'Istituto Monastico e l'Ateneo di S. Anselmo possano individuare le prospettive verso cui tendere al fine di promuovere un vasto rilancio spirituale dell'intera Famiglia benedettina. «Prendere il largo»! Sia questo l'impegno di tutti, in sintonia con le attese della Chiesa proiettata nel terzo millennio.

4. Perché ciò avvenga, è indispensabile anzitutto che cresca in ciascuno l'adesione personale a Cristo, unica vera fonte di rinnovata vitalità evangelica. Solo a questa condizione è in effetti possibile affrontare con coraggio le sfide del tempo presente. Oggi, come in passato, al monaco è chiesto, in primo luogo, di coltivare una ininterrotta intimità con il divin Maestro. L'ora della contemplazione potrà così coniugarsi armoniosamente con il labora dell'azione, in un approfondimento incessante del patrimonio monastico arricchitosi sempre più, attraverso i secoli, grazie al contributo di tanti monasteri.

La Vergine Maria e il santo Padre Benedetto proteggano quanti sono impegnati nell'Istituto e li aiutino a condurre a felice compimento ogni loro progetto. Mentre assicuro un costante ricordo nella preghiera, di cuore imparto a Lei, Padre Abate Primate, ed a quanti compongono la Famiglia spirituale dell'Istituto Monastico e dell'Ateneo Anselmiano una speciale Benedizione Apostolica, che estendo volentieri a quanti condividono la gioia del cinquantesimo di fondazione.

Dal Vaticano, 27 Maggio 2002

IOANNES PAULUS II


Giugno 2002



AL NUOVO AMBASCIATORE


DELLA REPUBBLICA DI ROMANIA


PRESSO LA SANTA SEDE IN OCCASIONE


DELLA PRESENTAZIONE DELLE LETTERE CREDENZIALI


Sabato, 1° giugno 2002




172 Signor Ambasciatore!

1. Desidero porgerLe il mio cordiale benvenuto, mentre accolgo volentieri le Lettere con le quali il Signor Ion Iliescu, Presidente della Repubblica di Romania, La accredita quale nuovo Rappresentante Straordinario e Plenipotenziario presso la Santa Sede. Esprimo gratitudine al Primo Magistrato della Nazione, che Ella rappresenta, per le parole di stima e di considerazione che ha voluto indirizzarmi per Suo tramite, parole e sentimenti che ricambio cordialmente.

L'odierno incontro mi riporta a quello straordinario, a lungo atteso, in Terra rumena dal 7 al 9 maggio 1999 e del quale rimane nel mio cuore un'eco profonda. In quella circostanza, potei anche stringere tra le braccia il carissimo e venerato Cardinale Alexandru Todea, che il Signore ha recentemente chiamato al premio eterno. Il calore col quale fui allora accolto mi hanno lasciato intravedere la vivace fede di un popolo che, sin dagli inizi della sua storia, si è modellato sull'annuncio cristiano facendone motivo di identità nazionale.

Dopo gli anni tristi e dolorosi del regime comunista, la Romania ha imboccato la strada della democrazia. Testimonianza concreta della maturità di questa svolta è l'alternanza pacifica dei partiti al governo. E' mio fervido auspicio che tale cammino possa proseguire costantemente, così che la Romania sia in grado di far sentire sempre più autorevolmente la propria voce in Europa e nel mondo.

2. E' opinione largamente condivisa che le riforme in campo democratico, economico e sociale, nelle quali il Paese si è da tempo avviato, siano a buon punto e, nonostante qualche disagio, stiano apportando positivi frutti per il bene di tutti. Si tratta di sforzi che, oltre a favorire l'auspicato progresso all'interno del Paese, sono di buon auspicio per la desiderata integrazione della Romania nell'Unione Europea, come pure per il suo inserimento in altre Organizzazioni regionali e internazionali, che sicuramente l'aiuteranno a crescere nella pace e nella sicurezza.

In questo cammino di rinnovamento, la Chiesa cattolica sta offrendo, attraverso le sue strutture e in quanto di sua competenza, il proprio convinto apporto. Sono noti, tra gli altri, gli sforzi che la Comunità cattolica compie in campo sociale, scolastico e sanitario, oltre che nel delicato ministero spirituale dell'evangelizzazione e della cura delle anime. Il Vangelo costituisce l'ispirazione profonda del Popolo romeno in tante sue manifestazioni storiche, che hanno trovato nella fede cristiana la loro fresca sorgente.

Alla luce di queste ascendenze spirituali tanto significative, come non incoraggiare gli sforzi e i richiami a comportamenti di limpida onestà da parte di tutti i protagonisti della vita del Paese? L'adempimento dei propri doveri, secondo il dettato e lo spirito della legalità, contribuisce ad evitare che le riforme si rallentino, che il rispetto per i diritti di tutti si affievolisca e, in ultima analisi, che venga tradita la fiducia nella stabilità delle istituzioni statali. Inoltre, quanto più la Nazione romena sarà unita e solidale, tanto maggiormente saprà valorizzare le sue diverse componenti, operando in modo da non privilegiare alcun gruppo etnico, ma facendo sì che tutti i cittadini si sentano di essa parte integrante.

3. Durante la mia visita in Romania, ho potuto constatare di persona la buona volontà che anima i rapporti tra la Chiesa ortodossa, maggioritaria nel Paese, e la Chiesa cattolica. Ricordo con ammirazione le parole di Sua Beatitudine il Patriarca Teoctist, fratello a me molto caro: in esse ho percepito la profonda consapevolezza del dovere di operare insieme per annunciare l'unico Vangelo di Cristo, Via Verità e Vita, nel rispetto reciproco e nella fattiva collaborazione.

So che le iniziative a carattere ecumenico sono numerose e che in diverse diocesi si è instaurato un clima di vera fraternità, di vicendevole amore e di mutuo sostegno. Prego affinché tali occasioni si moltiplichino, così che si possa obbedire sempre meglio a Cristo, che chiede ai suoi discepoli di essere una cosa sola (cfr
Jn 17,11).

4. Certo le difficoltà non mancano, ma con il contributo di tutti possono essere superate. E' mio fervido auspicio che, ad esempio, si dia pratica attuazione, in materia di strutture ecclesiali, alle intese sin qui raggiunte tra i responsabili della Chiesa ortodossa, della Chiesa cattolica e della Santa Sede. "La fine della persecuzione - dicevo a tale proposito durante la mia sosta a Bucarest - ha ripristinato la libertà, ma il problema delle strutture ecclesiali attende ancora una soluzione definitiva. Che il dialogo sia la via per curare le ferite ancora aperte e per superare le difficoltà che tuttora sussistono!" (Discorso al Palazzo Patriarcale: L'Osservatore Romano 10-11 maggio 1999, p. 5). Pur con la necessaria prudenza, occorrerà che la speciale Commissione mista tenga conto della reale urgenza, per la Chiesa cattolica, di poter disporre degli edifici sacri.

Si rafforzerebbero di certo il rispetto e la collaborazione, se le istanze civili si assumessero il compito non solo di aiutare a trovare le opportune soluzioni, ma anche di restituire, secondo un criterio di giustizia, il patrimonio ecclesiastico confiscato, così da consentire alla Chiesa cattolica di disporre di tali beni per l'adempimento della sua missione. Non si dimentichi mai che quanto più si cercherà di risanare le ferite del passato, che costituiscono potenziali occasioni di contrasto, tanto più si aiuteranno i cristiani a dedicare ogni loro energia per il bene dell'intera società.

173 5. Signor Ambasciatore, la Chiesa, nello svolgere la propria missione, si sforza di condurre l'uomo a realizzare appieno la sua vocazione. Essa desidera incontrare l'uomo nei vari momenti della sua vita: in famiglia, nella scuola, nel mondo del lavoro e della cultura, negli ospedali e in ogni altro ambito nel quale egli vive. Essa è infatti consapevole di avere per ciascuno un annuncio di speranza da proporre e doni santi da offrire.

Anche per questa ragione, auspico che lo Stato permetta alla Chiesa di intrattenere un costante dialogo con le pubbliche autorità, al fine di giungere ad accordi di cooperazione nei diversi settori del vivere sociale. La Chiesa non chiede per sé privilegi o immunità. Al contrario, fedele alla finalità che le è propria, desidera servire ogni persona nel nome di Cristo e la sua missione si fa tanto più urgente quando l'uomo soffre o si trova in situazione di difficoltà. Penso qui ai molti problemi collegati alla mancanza di lavoro, all'emigrazione, al dissesto della famiglia, come pure agli ostacoli che impediscono ai giovani di guardare con serenità al loro avvenire.

6. Nel momento in cui si accinge ad assumere l'alto incarico affidatoLe dal Presidente della Repubblica, Signor Ambasciatore, mi è gradito confermarLe che presso i miei collaboratori Ella potrà sempre trovare persone pronte ad offrire ogni assistenza necessaria all'adempimento dei Suoi doveri. Le auguro di cuore di contribuire con la sua missione a rafforzare i già saldi vincoli esistenti tra il Suo Paese e la Santa Sede ed invoco su di Lei, nonché sul carissimo popolo romeno, abbondanti benedizioni divine.



MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


ALL’ARCIVESCOVO


DI URBINO-URBANIA-SANT’ANGELO IN VADO




Al venerato Fratello

FRANCESCO MARINELLI

Arcivescovo di Urbino-Urbania-Sant'Angelo in Vado

1. Ho appreso con gioia che nella prossima solennità del santo Patrono, il martire Crescentino, verrà riaperta al culto la Basilica-Cattedrale di codesta Arcidiocesi, dopo un periodo di dolorosa e forzata chiusura a causa del terremoto che, cinque anni or sono, ha colpito la città di Urbino e un'ampia zona delle Marche.

Desidero, innanzitutto, congratularmi con Lei, venerato Fratello, e con quanti hanno contribuito a restituire al sacro edificio la sua bellezza architettonica e il suo splendore originario: in tal modo esso, attraverso le mirabili opere d'arte che contiene e le tante espressioni di spiritualità e cultura cristiana che lo arricchiscono, potrà continuare ad essere testimone singolare di una storia gloriosa. Il tempio, inoltre, in quanto Cattedrale diocesana, riveste per la Comunità un significato particolarmente profondo, come rilevava il mio Predecessore di v.m., il servo di Dio Paolo VI: "La cattedrale, nella maestà delle sue strutture architettoniche, raffigura il tempio spirituale che interiormente si edifica in ciascuna anima, nello splendore della grazia, secondo il detto dell'Apostolo: «Voi infatti siete il tempio del Dio vivente» (2Co 6,16)" (Cost. ap. Mirificus eventus: Enchiridion Vaticanum, Supplementum 1, n. 72).

Nella Cattedrale si trova la cattedra del Vescovo, segno di magistero e di potestà ecclesiale, nonché simbolo dell'unità di coloro che condividono quella fede che il Vescovo, come Pastore del gregge dei credenti, custodisce, proclama e condivide con la Chiesa universale. Per questo la Cattedrale deve essere considerata come il centro della vita dell'Arcidiocesi. In essa il Vescovo presiede la liturgia, benedice il sacro crisma e compie le ordinazioni. Amare e venerare la Cattedrale è amare la Chiesa in quanto comunità di persone unite dallo stesso credo, dalla stessa liturgia e dalla stessa carità. Per questo, tutti devono compiere ogni sforzo per agire sempre in spirito di unità attorno al Vescovo, "principio visibile e fondamento dell'unità della Chiesa particolare" (Cost. dogm. Lumen gentium LG 23).

La chiesa Cattedrale di Urbino non possiede solamente una storia gloriosa da raccontare, ma è espressione anche di una grande storia da costruire. Ciò che ho proposto all'intera Cattolicità come eredità del Giubileo, vale anche per codesta amata Comunità. Ad essa dico, pertanto: Chiesa di Dio che vivi in Urbino, Urbania e Sant'Angelo in Vado, «prendi il largo» (Lc 5,6), guarda con fiducia al futuro, nel quale lo Spirito ti proietta per formare dei tuoi fedeli, pietre vive, il tempio dello Spirito Santo (cfr 1P 2,5).

2. In questa prospettiva di rinnovata vitalità e di slancio apostolico, desidero esprimere il mio apprezzamento e il mio incoraggiamento per alcune iniziative pastorali intraprese di recente. Mi riferisco, innanzitutto, alla riapertura, in concomitanza con questo felice evento, del Seminario diocesano. L'attenzione e la cura per un'efficace pastorale vocazionale sono il segno inequivocabile del vigore della Comunità cristiana e devono sempre accompagnarsi alla preghiera insistente al Signore, perché chiami nuovi e degni operai per la messe evangelica. Auspico di cuore che questo nuovo inizio susciti numerose e sante vocazioni al sacerdozio ministeriale e, più in generale, contribuisca a rinnovare e a rendere sempre più efficace e fruttuosa la pastorale vocazionale.

In secondo luogo, merita una particolare menzione la presenza, in codesta Città, dell'Università. Nata dalla premura della Chiesa per l'approfondimento degli studi di carattere teologico e giuridico, l'Università urbinate da sempre vive e opera in stretta simbiosi con la comunità locale, creando professionalità e divenendo strumento di trasmissione di forme aggiornate del sapere.


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