GP2 Discorsi 2002 232

232 Venerabili Fratelli nell'Episcopato

1. Con grande gioia vi do il benvenuto, Vescovi della Regione Sud II del Brasile, mentre siete riuniti a Roma in occasione della visita "ad limina Apostolorum". Essa è destinata ad esprimere il vincolo di comunione che unisce ognuno di voi e le vostre comunità locali al Successore di Pietro, chiamato a confermare i suoi fratelli e sorelle nella fede (cfr
Lc 22,32). È con affetto fraterno che vi saluto con le parole dell'Apostolo: la grazia e la pace da parte di Dio, nostro Padre, e del Signore Gesù Cristo, siano con voi (cfr Rm 1,7). Per mezzo di voi, rivolgo questo stesso saluto ai sacerdoti, ai religiosi e ai fedeli laici delle Chiese particolari del Paraná, che presiedete nella carità.

2. Ringrazio l'Arcivescovo di Cascavel, Mons. Lúcio Ignácio Baumgaertner, per le parole amabili che, a nome della vostra Regione, ha voluto rivolgermi, poiché esprimono i sentimenti di unione fraterna di tutti i Vescovi con il Successore di Pietro e con la Chiesa che, dai quattro punti cardinali, è unita a questa Sede Apostolica. Non è stato forse questo il punto centrale di una delle conclusioni che il Sinodo dei Vescovi dell'anno scorso ha voluto manifestare?

"Soltanto se sarà chiaramente percepibile" come ho affermato in occasione della solenne Concelebrazione Eucaristica conclusiva "una profonda e convinta unità dei Pastori fra loro e col Successore di Pietro, come pure dei Vescovi con i loro sacerdoti, potrà essere data una risposta credibile alle sfide che provengono dall'attuale contesto culturale" (Omelia, n. 4).

La Chiesa che è nel Paraná considera sicuramente le prospettive lanciate dalle Direttive Generali dell'Azione Evangelizzatrice del Brasile, come frutto della Tertio Millennio adveniente. Leggendo i vostri rapporti quinquennali, ho potuto costatare evidenti progressi nell'organizzazione delle Diocesi e nello sviluppo di numerose azioni pastorali, che ogni Ordinario locale, insieme ai suoi agenti di pastorale, va assumendo con coraggio e determinazione, per far fronte alle esigenze della nuova evangelizzazione. Vorrei senz'altro riferirmi a questo, ma la premessa sarà sempre quell'ecclesiologia di comunione preconizzata insistentemente nell'ultimo Sinodo. La Chiesa universale vuole ricominciare, all'inizio di questo millennio, unitamente al Successore di Pietro e ai Vescovi tra di loro.

3. Uniti per la missione!

In diverse occasioni nel corso del mio Pontificato, ho voluto menzionare le due grandi colonne delle esigenze di comunione: "conservare il deposito della fede nella sua purezza ed integrità", così come "l'unità di tutto il Collegio dei Vescovi, sotto l'autorità del Successore di Pietro" (cfr Esortazione apostolica post sinodale Ecclesia in America, 33), in quanto il pieno esercizio del Primato di Pietro è fondamentale per l'identità e la vitalità della Chiesa.

Inoltre, è compito che spetta proprio alla Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile, manifestare la sollecitudine verso la Chiesa e la sua missione universale, per mezzo della comunione e della collaborazione con la Sede Apostolica e mediante l'attività missionaria, specialmente quella ad gentes. Perciò, ogni Vescovo dovrà incoraggiare gli evangelizzatori della propria Diocesi, e soprattutto se stesso, alla fedeltà piena alla dottrina cattolica, prestando un'attenzione costante alla conformità della spiegazione della Parola alla Rivelazione affidata dal Maestro divino al Magistero ecclesiastico. Si aggiunga che tale identità suppone una chiara sintonia disciplinare e dottrinale con l'Episcopato mondiale, per così mantenere, insieme ad esso, il vincolo essenziale con il Papa.

All'insegna dei progetti pastorali che potranno essere delineati nei prossimi anni, come frutto del nostro incontro fraterno, e tenendo conto del Progetto di Evangelizzazione della Chiesa in Brasile sul tema "Essere Chiesa nel nuovo millennio", approvato dalla CNBB nel 2000, mi auguro che si possa percorrere questa "via comune di tutta la Chiesa", condivisa dall'episcopato brasiliano.

4. "All'alba del terzo millennio la figura ideale del Vescovo su cui la Chiesa continua a contare è quella del Pastore che, configurato a Cristo nella santità della vita, si spende generosamente per la Chiesa affidatagli portando contemporaneamente nel cuore la sollecitudine per tutte le Chiese sparse sulla terra (cfr 2Co 11,28)" (Omelia conclusiva del Sinodo dei Vescovi, 27 ottobre 2001, L'Osservatore Romano n. 44, 3).

Da quest'affermazione scaturiscono il fondamento e la speranza di ciò che il Sinodo, rompendo le barriere di una formulazione circoscritta ad una semplice Diocesi o a un Paese, ha voluto riproporre a tutti i Vescovi, Successori degli Apostoli. Duc in altum, prendete il largo! Lanciatevi nelle imprese coraggiose, osate grandi mete, sicuri che Dio non perde le battaglie! Anzi, aspirate ai carismi migliori. Qual è il carisma migliore, se non quello della santità personale?

233 Ritorna qui l'immagine del Buon Pastore, che dà la vita per le sue pecore (cfr Jn 10,15). Il Buon Pastore non è soltanto colui che guida con efficacia e metodo le pecore, anche se questi elementi sono necessari in ogni lavoro umano, e ancor di più se si tratta di guidare le anime. Dev'essere soprattutto buono. Qualsiasi programma pastorale, la catechesi a tutti i livelli, la cura animarum in genere di tutto il popolo fedele, traendo la sua santità da Gesù, Sommo Pastore, deve ricevere nella vita e nella testimonianza del Vescovo e del clero il suo stimolo immediato, il suo modello.

Altrimenti, tutto il lavoro sarà vano. Soltanto Dio è buono (cfr Mc 10,9), dice il Signore, ma per Lui, con Lui e in Lui noi partecipiamo nella grazia che ci è stata data, per renderla feconda, non già come proprietà, ma come dono da amministrare. Tutta la bontà e tutto il bene vengono dall'Altissimo, datore di ogni bene (cfr Jc 1,17).

Il Vescovo di Ippona notava giustamente l'insistenza con cui il Signore domandava a Pietro: Tu mi ami? Pasci le mie pecore, perché questo è un serio avvertimento per tutti coloro che hanno la responsabilità di guidare un gregge. "Vuol dire: se mi ami, nel pascere non pensare a te stesso, ma alle mie pecore; guidale come mie, non come tue! Cerca in esse la mia gloria e non la tua, la mia proprietà e non la tua, i miei interessi e non i tuoi! Non essere come quelli che, nei momenti di pericolo, amano soltanto se stessi e tutto ciò che deriva da questo principio, che è la radice di ogni male. Coloro che pascolano le pecore di Cristo non amino se stessi! Non le pascolino come proprie, ma come quelle di Cristo!" (Trattato sul Vangelo di S. Giovanni, Jn 123,5 CCL Jn 36,166-168). Da qui, la grande responsabilità di sapere come sono amministrati i beni che vi saranno affidati.

Ogni cinque anni i Vescovi vengono a Roma, non per una mera questione di routine amministrativa, ossia di presentare un rapporto sullo stato della propria Diocesi. Si tratta, in fondo, della condizione della propria anima e, di conseguenza, della santità personale e del proprio gregge. Nessun Vescovo può sottrarsi a questa esigenza divina "redde rationem villicationis tuae": rispondi del tuo ministero e delle anime che ti sono state affidate (cfr Lc 16,2). Quindi, la fedeltà al suo impegno, gli intenti, le esperienze avute qui presso la Sede Apostolica dovranno essere affidati al Divino Consolatore, perché nel futuro rafforzino l'anima di tutta la Diocesi, portandola ad avvicinarsi sempre più alla Patria celeste.

5. Con queste premesse, vi ripeto di nuovo: Duc in altum! L'amore di Dio ci esorta! "Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli" (Mt 5,16).

Nel corso di questi anni, molte volte ho ribadito l'appello alla nuova evangelizzazione. E lo faccio ancora una volta per ricordare soprattutto che bisogna riaccendere lo zelo apostolico in tutti gli strati della società del Paraná e di tutto il Brasile, esortando gli individui e le comunità a uno sforzo quotidiano per l'impegno missionario. La proposta sia fatta, come ho già avuto modo di affermare "agli adulti, alle famiglie, ai giovani, ai bambini, senza mai nascondere le esigenze più radicali del messaggio evangelico" (Novo Millennio ineunte NM 40).

Conosco bene lo sforzo di questa Regione nel servizio destinato a tutti gli uomini e a tutte le donne, in particolare ai poveri e agli emarginati, nel dialogo con i cristiani non cattolici e con i membri delle diverse religioni e culture, nel vero e proprio annuncio, che ha come destinatari i cattolici lontani e nella testimonianza di comunione ecclesiale che va vissuta da coloro che partecipano alla vita della Chiesa.

Ho potuto anche costatare, nei diversi piani di azione pastorale, l'accento posto sulla gioventù, la famiglia, la catechesi, le vocazioni ed i mezzi di comunicazione sociale. Mi auguro che si continui anche lo sforzo volto a un adeguato accompagnamento della Pastorale del Bambino.

Tuttavia, nel contesto del Regionale Sud II, l'Episcopato del Paraná si è distinto nella preparazione dei piani e nella loro attuazione, per buona organizzazione, dinamismo, equilibrio e affetto collegiale, che si sono manifestati nelle assemblee, nel lavoro di gruppo, nelle commemorazioni diocesane e in particolare nella promozione delle vocazioni e dei seminari. Il Paraná è ricco di clero e contribuisce anche all'invio di nuovi presbiteri in regioni situate al di là dei confini provinciali e alla gestione e all'interscambio nelle comunità nippo-brasiliane.

In questa linea di azione, bisogna proseguire anche l'impegno per la Catechesi a tutti i livelli, in particolare nel modo di vivere i Sacramenti. So che in alcune Diocesi i fedeli preferiscono praticare forme di religiosità popolare (processioni, novene, ecc.), e trovano una certa difficoltà quando si tratta di partecipare attivamente alla liturgia. Quindi, rinnovo l'appello perché si ricorra a tutti i mezzi per far sì che il popolo possa accedere ai Sacramenti, in particolare a quelli della Penitenza e dell'Eucaristia, dovutamente preparati per questo. La presenza dei Movimenti apostolici, numerosi e dinamici, che operano "in piena sintonia ecclesiale e in obbedienza alle direttive autorevoli dei Pastori" (NMI, 46), aiuta la Pastorale diocesana in maniera particolare. In molti casi, la sua azione può essere determinante per contribuire a questo processo permanente di conversione, che è proprio dell'evangelizzazione, e promuovere così una società più giusta e riconciliata con Dio.

Perciò, l'apostolato dei laici sta assumendo un'importanza determinante per avvicinare tanti uomini e donne a Dio, perché è nell'ambiente loro familiare, nel mondo del lavoro, nel focolare domestico e nella società in generale, che il ruolo del laico diventa imprescindibile e, spesso, insostituibile.
234 Bisogna considerare anche che il fenomeno dell'immigrazione, che certamente conoscete da diverse generazioni, riceve oggi un impulso crescente dalle regioni di confine, le cui popolazioni latinoamericane cercano nel vostro Paese un miglior tenore di vita. Rendo grazie a Dio per la vostra costante preoccupazione di mantenere contatti mutui con le Conferenze episcopali dei Paesi vicini per armonizzare gradatamente le diverse pastorali e per accogliere i più bisognosi con generosità e dignità. All'azione dei Pastori e dei presbiteri affido anche la missione di vigilare su tutta l'influenza negativa delle sette, da una parte dall'altra della frontiera. L'indole buona e ospitale della vostra gente non deve lasciarsi trascinare dalla tendenza conformista e utilitaristica a ricorrere a soluzioni a breve termine. Non è mai troppo ripetere qui che è "necessario rivedere i metodi pastorali adottati, in modo che ogni Chiesa particolare offra ai fedeli un'attenzione religiosa più personalizzata, fortifichi le strutture di comunione e missione e usi le possibilità evangelizzatrici che offre una religiosità popolare purificata, così da rendere più viva la fede di tutti i cattolici in Gesù Cristo" (Ecclesia in America, n. 73).

Per questo stesso spirito di comunione che deve guidare la vita pastorale di ogni Diocesi, si distinguono le numerose congregazioni religiose che, specialmente nel campo dell'istruzione, offrono un contributo fondamentale alla formazione della gioventù e, inoltre, alla Pastorale vocazionale. Conosco bene lo sforzo compiuto dai religiosi in questo senso, e in modo particolare nella missione ad gentes. Il Brasile potrà senza alcun dubbio essere la culla di generose vocazioni missionarie per l'Africa e l'Asia. E se, alle volte, il Signore permette che quelle terre siano irrorate con il suo sangue, sappia tutta la Chiesa che il martirio, comunione singolare con Cristo Redentore, è fonte di grazie straordinarie per il Popolo di Dio.

6. Carissimi Fratelli, queste sono le brevi riflessioni che quest'oggi condivido con voi, cercando di offrirvi tutto l'incoraggiamento nel Signore e di animarvi nel vostro ministero in favore del suo popolo.

Tutto ciò che avete fatto in questi anni è prezioso agli occhi di Dio. Tuttavia, questo incontro costituisce una occasione provvidenziale per dare impulso al vostro impegno pastorale. Prego con molto fervore perché riusciate in questo importante compito pastorale, in modo che la Chiesa in Paraná risplenda con tutta la sua gloria, come Sposa di Cristo, che Lui ha scelto con amore infinito. Mentre affido la vostra missione apostolica all'intercessione della Vergine Maria, che in ogni epoca è la splendente Stella dell'Evangelizzazione, imparto di cuore a tutti voi, ai sacerdoti, ai religiosi e ai fedeli laici delle vostre Diocesi la mia Benedizione Apostolica.


AI PARTECIPANTI AL PELLEGRINAGGIO


DELL’ORATORIO DI SAN VITTORE, IN VARESE


Sabato, 31 agosto 2002




1. Vi accolgo con gioia e con affetto, cari amici di Varese, che commemorate i cento anni dell'Oratorio giovanile San Vittore e dell'Associazione Sportiva "Robur et Fides".Saluto Mons. Marco Ferrari, che ringrazio per le sue cortesi parole, e con lui Mons. Pasquale Macchi, Mons. Bernardo Citterio, Mons. Giovanni Giudici e Mons. Attilio Nicora. Saluto pure il vostro Prevosto e gli altri Sacerdoti; come anche il Sindaco della città e le autorità civili, che con la loro presenza attestano quanto l'Oratorio stia a cuore alla comunità varesina.

Sono lieto, in particolare, di accogliere le nuove leve: i ragazzi e i giovani. Benvenuti, carissimi! E grazie anche ai Cori per i bei canti.

2. E' degno di nota il fatto che un pellegrinaggio così significativo sia stato promosso per il centenario di un Oratorio giovanile. Questo dice non solo quanto la vostra comunità sia legata a tale istituzione, ma più ancora quanto sia alta la considerazione in cui voi la tenete. Mi rallegro con voi, perché portate avanti un progetto educativo che ha nell'oratorio il centro pulsante, il "laboratorio" di una fede che intende coniugarsi con ogni aspetto del vivere e del sentire dei giovani: una fede piena di vita per una vita piena di fede!

La pastorale giovanile, insieme a quella familiare, costituisce una priorità della Chiesa in Italia. E proprio l'Oratorio è luogo in cui queste due attenzioni pastorali naturalmente convergono: luogo di educazione e di co-educazione, che si affianca in maniera quanto mai opportuna all'opera educativa dei genitori. I ragazzi, in effetti, hanno bisogno di un ambiente in cui rafforzare, con altre figure e altre dinamiche, i valori ricevuti in famiglia. A tale scopo contribuisce efficacemente anche l'attività sportiva. Se ben impostata, infatti, essa aiuta i giovani ad essere generosi e solidali. Possa la vostra "Robur et Fides" distinguersi sempre per generosa apertura alla solidarietà.

3. L'Oratorio è poi scuola di servizio, dove si impara a lavorare generosamente per la comunità, per i piccoli, per i poveri. Ed è proprio il servizio, animato dalla preghiera, la via privilegiata per la nascita e la crescita di autentiche vocazioni al sacerdozio, alla vita consacrata e missionaria, come pure di robuste vocazioni laicali, coniugali e non, improntate alla dedizione di sé nel servizio verso gli altri. Mantenete sempre vivo questo spirito nel vostro Oratorio e nella vostra Società sportiva. Camminate sempre uniti, per essere "sale della terra e luce del mondo" (Mt 5,13-14).

Vi affido alla Madonna santissima e di cuore tutti vi benedico, insieme con i vostri cari e le vostre attività.

Settembre 2002


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


AI PARTECIPANTI AL XVI INCONTRO INTERNAZIONALE


DI PREGHIERA PER LA PACE




235 Al venerato Fratello
il Signor Cardinale ROGER ETCHEGARAY
Presidente emerito del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace

1. Voglia gradire, Signor Cardinale, il mio affettuoso saluto, che Le chiedo di trasmettere agli illustri partecipanti al XVI Incontro Internazionale di Preghiera per la Pace, in programma a Palermo sul tema "Religioni e Culture tra conflitto e dialogo".

Saluto l'Arcivescovo di Palermo, il Signor Cardinale Salvatore De Giorgi, le amate Chiese di Sicilia ed i loro Pastori. Sono certo che questi giorni di riflessione e di preghiera aiuteranno gli abitanti della Sicilia a fare, con maggiore consapevolezza, della loro Isola una terra di accoglienza e di solidarietà, di coabitazione e di pace. Vocazione della Sicilia, infatti, è di essere crocevia di incontro, nel cuore del Mediterraneo, tra il Nord e il Sud, tra l'Oriente e l'Occidente.

2. L'ormai imminente appuntamento palermitano mi riporta idealmente ad Assisi, a quel 27 ottobre del 1986, quando per la prima volta invitai i rappresentanti delle Chiese, delle Comunità cristiane e delle grandi religioni a pregare per la pace, l'uno accanto all'altro. E Lei, Signor Cardinale, fu tra i principali artefici di quella memorabile giornata, che segnò l'inizio di un nuovo modo di incontrarsi tra credenti di diverse religioni: non nella vicendevole contrapposizione e meno ancora nel mutuo disprezzo, ma nella ricerca di un costruttivo dialogo in cui, senza indulgere al relativismo né al sincretismo, ciascuno si apra agli altri con stima, essendo tutti consapevoli che Dio è la fonte della pace.

Da allora, quasi prolungando lo "spirito di Assisi", si è continuato, anno dopo anno, ad organizzare queste riunioni di preghiera e di comune riflessione e ringrazio la Comunità di Sant’Egidio per il coraggio e l’audacia con cui ha ripreso lo "spirito di Assisi" che di anno in anno ha fatto sentire la sua forza in diverse città del mondo. Grazie a Dio, non sono pochi i casi in cui lo "spirito di Assisi", favorendo il dialogo e la mutua comprensione, ha portato frutti concreti di riconciliazione. Siamo, pertanto, chiamati a sostenerlo e a diffonderlo, percorrendo i sentieri della giustizia e contando sull'aiuto di Dio, che sa aprire strade di pace là dove non riescono gli uomini.

Nel nostro tempo, vivere questo spirito è ancor più necessario. Perciò, nel gennaio scorso, ho voluto ritornare ad Assisi assieme ai rappresentanti delle Chiese cristiane e delle grandi religioni, dopo i tragici eventi dell'11 settembre scorso. Ad Assisi, divenuta come un'agorà della pace tra i popoli, ebbi a dire che occorre diradare le nebbie del sospetto e dell'incomprensione. Ma le tenebre non si dissipano con le armi; si allontanano accendendo fari di luce (cfr Discorso ad Assisi, 24 gennaio 2002, 1: L'Osservatore Romano, 25.01.2002, p. 6).

3. Il 1E settembre a Palermo questi fari di luce si accenderanno di nuovo per proiettare i propri fasci luminosi in tutta l'area del Mediterraneo, luogo di antica coabitazione tra religioni e culture diverse, ma teatro anche di vivaci incomprensioni e di conflitti cruenti. Penso in particolare alla Terra Santa, precipitata in una spirale che pare di violenza inarrestabile.

Quanti popoli, oltre che da dolorosi conflitti, sono oppressi dalla fame e dalla povertà, specialmente in Africa, continente che sembra incarnare lo squilibrio esistente tra il Nord e il Sud del pianeta! Salga da Palermo un nuovo appello perché tutti, responsabilmente, si impegnino per la giustizia e l'autentica solidarietà.

4. La tematica del Convegno offre lo spunto per un'ampia analisi della situazione nel pianeta e per valutare quali debbano essere gli sforzi da compiere insieme.

236 "Su quali fondamenta bisogna costruire la nuova epoca storica?". Quest'interrogativo, scaturito dalle grandi trasformazioni del secolo XX, interpella le nostre tradizioni religiose e le diverse culture. "Sarà sufficiente - chiedevo ai giovani convenuti a Toronto per la recente Giornata Mondiale della Gioventù - scommettere sulla rivoluzione tecnologica in corso, che sembra essere regolata unicamente da criteri di produttività e di efficienza, senza un riferimento alla dimensione religiosa dell'uomo e senza un discernimento etico universalmente condiviso?" (Discorso nella Veglia, 27 luglio 2002: L'Osservatore Romano, 29-30.07.2002, p. 5).

L'urgenza del momento ricorda all'umanità che solo nel volto di Dio possiamo trovare la ragione della nostra esistenza e la radice della nostra speranza. Possa il Convegno di Palermo favorire questa generale presa di coscienza e contribuire ad edificare un mondo più libero e fraterno.

Assicuro la mia spirituale partecipazione ed invoco di cuore da Dio ogni benedizione sui lavori congressuali e su tutti i presenti.

Da Castel Gandolfo, 29 Agosto 2002

IOANNES PAULUS II



MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II

AL SUPERIORE GENERALE DELLA SOCIETÀ

DEI SACERDOTI DI SAN GIUSEPPE BENEDETTO COTTOLENGO




Al Reverendo Signore
Sac. ALDO SAROTTO
Superiore Generale della Società dei Sacerdoti
di san Giuseppe Benedetto Cottolengo

1. Sono trascorsi 175 anni da quando, il 2 settembre del 1827, san Giuseppe Benedetto Cottolengo, chiamato al capezzale di una giovane madre di tre bambini non accolta negli ospedali cittadini, ebbe l'ispirazione di fondare a Torino un'opera per i più poveri e abbandonati. Cinque anni dopo, il 27 aprile del 1832, egli dette inizio effettivo alla Piccola Casa della Divina Provvidenza, dalla sapienza popolare definita "cittadella del miracolo". Secondo le parole del santo Fondatore, in essa avrebbero trovato assistenza gli ammalati che "altrimenti perirebbono abbandonati, come di condizione morbosa non ammissibili in alcun venerando spedale", oltre ad "altre specie di persone povere, ed abbandonate" da incamminar "nella via del lavoro, e di salute". A ciascuno sarebbe stata inoltre assicurata "una stanza di educazione santa", la possibilità cioè di vivere un'esistenza cristiana impegnata e fervorosa.

Dieci anni dopo, il 30 aprile del 1842, il Cottolengo moriva a soli 56 anni. In questo decennio di intenso fervore apostolico, egli aprì le porte ad ogni categoria di bisognosi, e fondò la comunità delle suore, dei fratelli religiosi e dei sacerdoti, nonché alcuni monasteri di vita contemplativa.

Il seme della Piccola Casa, con il passar del tempo, è diventato vigoroso albero di carità che continua a produrre abbondanti frutti di bene. Le diverse branche di codesta Famiglia religiosa, pur essendo state approvate distintamente dalla Santa Sede, lavorano insieme sotto la guida del Padre della Piccola Casa, successore del Fondatore. Da circa un quarantennio si è moltiplicato poi il numero dei volontari che offrono la loro collaborazione, mentre un numeroso gruppo di laici ha dato vita di recente all'associazione "Amici del Cottolengo".

237 Le felici ricorrenze, che cadono in quest'anno 2002, offrono la provvidenziale opportunità di rendere grazie al Signore per il crescente sviluppo della Piccola Casa, la quale attualmente estende il raggio della sua azione fuori delle proprie originarie strutture, allargando le braccia ai poveri di altre città e nazioni, dal Kenya agli Stati Uniti, alla Svizzera, all'India, all'Ecuador, e, dall'anno scorso, alla Tanzania. Il fuoco acceso dal Cottolengo arde ormai in tante regioni della terra.

2. "Charitas Christi urget nos" (
2Co 5,14), amava egli ripetere, consapevole che ogni attività assistenziale deve trarre ispirazione dalla pagina evangelica del giudizio finale (Mt 25,31-40) e dall'ammonimento di Gesù ad abbandonarsi con fiducia alla Provvidenza celeste (cfr Mt 6,25-34). Questa sua convinzione emerge con chiarezza, ad esempio, nella fondazione della casa per disabili mentali, chiamati "buoni figli" e "buone figlie". Era la carità cristiana illuminata dalla fede che gli diceva: "Quod uni ex minimis meis fecistis mihi fecistis".

Quale significativo e ricco patrimonio carismatico il Cottolengo lascia ai suoi figli e figlie spirituali! E' patrimonio che essi devono conservare gelosamente, anzi attualizzare e rinnovare con coraggio, tenendo conto delle sfide emergenti nel nostro tempo. E' un servizio ecclesiale che raggiunge i più miseri e gli ultimi; un servizio alimentato da un'incessante fiducia nella Provvidenza divina. In un'epoca in cui non di rado la vita è misconosciuta e persino disprezzata. l'egoismo, l'interesse e il profitto personale sembrano essere prevalenti criteri di comportamento, il divario fra poveri e ricchi si allarga pericolosamente nel pianeta ed a farne le spese sono specialmente i piccoli, le persone più fragili e deboli, è urgente proclamare e testimoniare il Vangelo della carità e della solidarietà. La carità è tesoro prezioso della Chiesa, la quale con le sue opere caritative parla anche ai cuori più duri ed apparentemente insensibili.

3. Certo, tante situazioni sono mutate rispetto a quando ebbe inizio la Piccola Casa. E' migliorato il generale tenore della vita, si registra più attenzione e rispetto per la dignità dell'uomo, come dimostrano le normative in materia di legislazione assistenziale.

In ambito ecclesiale, la vita consacrata incontra sfide inedite nell'epoca attuale, dopo aver attraversato nel recente passato una preoccupante crisi vocazionale, che non ha risparmiato nemmeno gli Istituti cottolenghini. E' cresciuto il ruolo dei laici e il volontariato è diventato risorsa qualificante per la gestione di molte iniziative socio-assistenziali.

In questo contesto, l'intuizione carismatica del Cottolengo, ben espressa nel motto della Piccola Casa, appare quanto mai attuale. Adesso, come allora, san Giuseppe Benedetto Cottolengo ricorda che ogni servizio ai fratelli deve nascere da un costante e profondo contatto con Dio. A quanti si trovano in difficoltà non bastano risposte contingenti, e chi li assiste non si deve contentare di soddisfare le loro pur legittime esigenze materiali. Bisogna aver dinanzi agli occhi la salvezza delle anime, ricercando sempre la gloria di Dio, pronti a compiere la sua volontà e abbandonati con fiducia ai suoi misteriosi disegni salvifici. In una parola, occorre tendere alla santità, "prospettiva in cui deve porsi tutto il cammino pastorale" (Novo millennio ineunte NM 30).

A "questa ‘misura alta’ della vita cristiana ordinaria" (ibid. 31), tendano tutti i figli e le figlie spirituali del Cottolengo, preoccupandosi, come egli stesso raccomandava, di avere il cuore e la mente il più possibile occupati di Dio e di cose spettanti alla salute dell'anima. L'esercizio dell'amore sia come un unico fuoco a due fiamme, dirette una al Signore e l'altra all'uomo povero, perché - osserva sempre il Santo - "lo zelo per la gloria di Dio e il vantaggio degli infermi non vanno mai disgiunti".

4. "Vergine Maria, Madre di Gesù, fateci santi!". Questa abituale invocazione del Fondatore sia per ogni membro della Famiglia cottolenghina un richiamo a tendere ogni giorno alla santità, la profezia più significativa che la Piccola Casa della Divina Provvidenza può offrire all'umanità del terzo millennio.

Riprendo qui volentieri quanto ebbi a dire nel corso della mia visita alla vostra Istituzione torinese, autentica cittadella della sofferenza e della pietà, il 13 aprile 1980: "Se al vostro impegno dovesse venir a mancare questa dimensione soprannaturale, il Cottolengo cesserebbe di esistere" (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III, 1, 1980, pag. 875).

Per vivere questo alto ideale ascetico ed apostolico, il Cottolengo ha fondato tre Istituti che, pur nella diversità della loro condizione canonica, offrono una singolare e valida testimonianza agendo in forma unitaria nell'ambito della Piccola Casa. Auspico che essi proseguano a camminare uniti, fedeli alle scelte caritative e pastorali di fondo da lui operate, coinvolgendo nelle loro azione, con lungimirante saggezza, i laici e specialmente i giovani. Siano infaticabili nel servizio agli ultimi, ma, al tempo stesso, non dimentichino che "la preghiera è il primo e più importante nostro lavoro", - come affermava il Fondatore – "perché la preghiera fa vivere la Piccola Casa". A questo riguardo, quanto provvidenziale fu la sua intuizione di istituire, sul finire del suo pellegrinaggio terreno, monasteri di vita contemplativa! Mentre alcuni fratelli e sorelle notte e giorno vegliano al servizio dei più poveri, altri ardono silenziosi dinanzi a Dio, consumandosi come ceri nella contemplazione e nella preghiera.

Quale straordinario esempio si offre così al mondo di quella sintesi armoniosa tra azione e preghiera che deve contraddistinguere l'esistenza di ogni cristiano!

238 La celeste Madre di Dio e san Giuseppe Benedetto Cottolengo aiutino ogni vostra comunità a conservare con vigore quest'intuizione carismatica delle origini. Quanto a me, vi accompagno con profondo affetto, tutti benedicendo unitamente agli ospiti delle varie case, le loro famiglie e quanti generosamente sostengono una così provvidenziale opera sgorgata dal cuore di un grande apostolo della carità del secolo XIX.

Da Castel Gandolfo, il 26 Agosto del 2002

IOANNES PAULUS II


MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AL PRESIDENTE DELLA FEDERAZIONE BIBLICA CATTOLICA




Al Reverendissimo Mons. Vincenzo Paglia
Vescovo
di Terni-Narni-Amelia
Presidente della Federazione Biblica Cattolica

In occasione della Sesta Assemblea Plenaria della Federazione Biblica Cattolica che si svolge a Beirut dal 3 al 12 settembre 2002 e il cui tema è "Mi indicherai il sentiero della vita" (Ps 16,11 cfr Ac 2,28), saluto di cuore i delegati e i partecipanti e li assicuro della mia vicinanza nella preghiera in questi giorni di lavoro e riflessione.

Dall'Est e dall'Ovest, dal Nord e dal Sud vi siete riuniti per condividere le vostre esperienze e rinnovare il vostro impegno nell'apostolato biblico sotto la guida dello Spirito Santo, nella convinzione che la Parola di Dio, la vera fonte di vita, sia una benedizione per tutte le nazioni. Il luogo stesso del vostro incontro è particolarmente significativo: il Libano è una delle terre bibliche dalle quali la Parola, il compimento della promessa di benedizione per tutti i popoli, ha cominciato il suo viaggio in un mondo diversificato e pluralista.

Confidando nella forza e nel potere della Parola di Dio, la Federazione Biblica Cattolica ha la grande responsabilità, che è di tutta la Chiesa, di rendere la Parola Divina accessibile a persone in ogni parte del mondo cosicché possa radicarsi e prosperare nel loro cuore. Infatti "la Chiesa ha sempre venerato le divine scritture come ha fatto per il corpo stesso del Signore... insieme con la sacra tradizione, la Chiesa le ha sempre considerate e le considera come la regola suprema della propria fede" (Dei verbum DV 21).

Il vostro impegno di creare un ascolto rinnovato della Parola di Dio, che è un elemento necessario della nuova evangelizzazione, rafforza anche i vincoli di unità già esistenti fra tutti i cristiani. Nel dialogo ecumenico stesso la Parola sacra è uno "strumento prezioso nella mano potente di Dio per ottenere quell'unità che il Salvatore dona a tutti gli esseri umani" (cfr Unitatis redintegratio UR 22).

Prego affinché la Sesta Assemblea Plenaria della Federazione Biblica Cattolica vi offra un'opportunità feconda per valutare quanto è stato ottenuto finora e per determinare cosa bisogna ancora fare per proclamare la Parola di Dio in un mondo che anela alla verità.


GP2 Discorsi 2002 232