GP2 Discorsi 2002 245


AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE


DEL BRASILE (NORTE/1 E NOROESTE) IN VISITA


"AD LIMINA APOSTOLORUM"


Sabato, 14 settembre 2002




Cari Fratelli nell'Episcopato,

1. Con piacere vi ricevo oggi, Pastori della Chiesa che è in Brasile, in rappresentanza delle Regionais Norte - 1 e Noroeste della Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile. La visita ad Limina vi offre l'occasione d'incontrare il Successore di Pietro e i suoi collaboratori e di ricevere da essi il sostegno necessario per la vostra azione pastorale.

Ringrazio di tutto cuore Monsignor Luiz Soares Vieira, Arcivescovo di Manaus, per le cordiali parole che mi ha rivolto a nome di tutti, per rinnovare le vostre espressioni di affetto e di stima e rendermi partecipe delle preoccupazioni e delle speranze della Chiesa che egli guida in quella regione. Per mezzo di voi saluto anche i sacerdoti, le religiose, i religiosi e i fedeli delle vostre Diocesi. Portate loro il ricordo pieno di affetto del Papa, che li tiene presenti nella sua preghiera affinché crescano nella fede in Cristo e nella carità verso il prossimo.

2. La nota distintiva della vostra missione di Pastori del popolo che vi è stato affidato è di essere, prima di tutto, promotori e modelli di comunione. Come la Chiesa è una, così l'Episcopato è uno solo e, come afferma il Concilio Vaticano II, il Papa costituisce "il perpetuo e visibile principio e fondamento dell'unità sia dei Vescovi sia della moltitudine dei fedeli" (Lumen gentium LG 23). Per questo, l'unione collegiale dell'Episcopato è uno degli elementi costituitivi dell'unità della Chiesa.
Questa unione fra i Vescovi è particolarmente necessaria ai nostri giorni, dato che le iniziative pastorali hanno molteplici forme e trascendono i limiti della propria Diocesi. La comunione deve inoltre concretizzarsi in una cooperazione pastorale in programmi e progetti comuni "in temi di maggiore importanza, soprattutto in quelli che riguardano i poveri" (Esortazione Apostolica Ecclesia in America, n. 37). La regione amazzonica è senza dubbio sensibile ai problemi dello sviluppo legato allo sfruttamento delle ricchezze del sottosuolo ed è anche nota come granaio della biodiversità. Per questo vi sono un insieme di fattori legati all'uomo e al suo habitat che richiedono una dovuta attenzione al fine di offrire il giusto riparo a buona parte dei suoi abitanti, anche a quelli che vivono a livelli infimi della povertà.

246 D'altro canto, le comunità ecclesiali hanno bisogno di Pastori che siano uomini di fede e siano uniti fra di loro, capaci di affrontare le sfide di una società sempre più propensa alla secolarizzazione e al consumismo. In effetti, sebbene buona parte del popolo abbia ricevuto il battesimo nella Chiesa cattolica e pratichi forme diversificate di religiosità popolare, essa è priva, a volte, di una fede salda e illuminata. In tal senso, la mancanza di un vigore esistenziale ed ecclesiale della fede e l'indifferenza di fronte ai valori religiosi e ai principi etici sono un forte ostacolo all'evangelizzazione. Tutto ciò si complica ancora di più per la presenza di sette e di nuovi gruppi pseudo religiosi, la cui diffusione ha luogo anche in ambienti tradizionalmente cattolici. Questo fenomeno esige un profondo studio "per scoprire i motivi per i quali non pochi cattolici abbandonano la Chiesa" (Ecclesia in America, n. 73).

Come maestri della sana dottrina, chiamati a indicare il cammino sicuro che porta al Padre, e come servitori della luce che è Cristo, "immagine del Dio invisibile" (
Col 1,15), non cessate di offrire uniti, come successori degli Apostoli, l'insegnamento del Magistero ecclesiale.

3. "Il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell'unico pane" (1Co 10,16-17). Questa affermazione dell'Apostolo delle Genti, diretta a tutto il Popolo di Dio, acquista maggiore rilievo quando viene riferita a quella spiritualità della comunione fra i Vescovi chiamati a vivere, con particolare impegno, la collegialità (cfr Lettera Apostolica Novo Millennio ineunte NM 44).

La Chiesa è Una come il Corpo di Cristo è Uno. L'unità della Chiesa non è solo una "nota" che deve essere riconosciuta nel mondo, ma "la sua stessa natura". Essa è in tal modo l'inizio della sua esistenza, il suo fondamento e la sua meta, dono originale e compito da realizzare e svolgere. I fedeli "cibandosi del corpo di Cristo nella santa assemblea, mostrano concretamente l'unità del popolo di Dio, che da questo augustissimo sacramento è felicemente espressa e mirabilmente prodotta" (Lumen gentium LG 11). Non è solo la comunità locale dei fedeli che si riunisce di fronte all'altare, ma la Chiesa cattolica, tutta intera e nel suo insieme, che si rende presente in ogni celebrazione del sacramento dell'unità.

Unendo più strettamente gli uomini a Cristo, l'Eucaristia fa di essi un solo corpo, il Corpo Mistico di Cristo, che è la Chiesa, al punto di poter chiamare l'Eucaristia sacramentum unitatis (cfr San Tommaso d'Aquino, Suplementum, q. 71, a. 9). Raccogliendo l'insegnamento biblico-patristico, il mio predecessore san Pio X affermò con vigore che "L'Eucaristia è simbolo, principio e radice dell'unità cattolica, fattore di concordia fra gli spiriti" (Constitutio Apostolica de SS. Eucharistia promiscuo sumenda: AAS 1912, 675). Lo stesso Concilio Vaticano II ha sottolineato, come sappiamo, che essa è "segno di unità, vincolo di carità" (Sacrosanctum Concilium SC 47).

Queste conclusioni, che certamente non vi sfuggono, le ho volute ricordare pensando proprio a quelle immense regioni che vi sono familiari e che, per opera e grazia dello Spirito Consolatore, sono state affidate al vostro zelo pastorale. Non vi dovete sentire distanti gli uni dagli altri, nonostante la vastissima superficie che spesso dovete percorrere, non solo per raggiungere le zone più remote dello Stato, ma anche per mantenere quel contatto necessario, anzi indispensabile, nell'esercizio dell'incarico episcopale. Desidero manifestare qui il mio sincero apprezzamento per il grande sforzo missionario compiuto da voi e da tanti presbiteri, religiosi, religiose e laici in queste regioni del nord brasiliano. Che Dio vi ricompensi, con abbondanti frutti di gioia e di pace!

4. Dice il Profeta Isaia, "non est abbreviata manus Domini" (59, 1), non è troppo corta la mano di Dio. Egli non è oggi meno potente di quanto lo è stato in altre epoche, e il suo amore per gli uomini non è meno autentico. La sua azione, anche oggi, è una realtà che il fedele sa riconoscere alla luce dei segni dei tempi, e alla quale cerca di corrispondere con giubilo e gratitudine.

Cristo diede alla sua Chiesa la sicurezza della dottrina, fece sì che vi fossero persone che orientassero con la sua luce, che guidassero e ricordassero costantemente il cammino da Lui tracciato. Disponiamo di un tesoro di scienza infinito: la Parola di Dio, custodita dalla Chiesa; la grazia di Cristo, affidata ai suoi Pastori, attraverso l'amministrazione dei Sacramenti. E, come non ricordare la testimonianza e l'esempio di quanti vivono con rettitudine accanto a noi, e che hanno saputo costruire con la loro vita un cammino di fedeltà a Dio?

Questa è la Chiesa di Cristo, venerabili Fratelli nell'Episcopato, che ci ha generato e che ora ci accompagna, perdonando i nostri peccati e animandoci a una vita nuova, fiduciosi in Colui che "è risuscitato dai morti" (Mt 28,6).

A questa Chiesa è inevitabile dimostrare il nostro amore e la nostra venerazione. È l'atteggiamento naturale dei figli verso la propria madre. Ai suoi Pastori corrisponde un amore privilegiato, una dedizione senza limiti, un servizio abnegato, sentendosi capaci di rinunciare a qualsiasi interesse personale per vivere la stessa obbedienza con cui Cristo soffrì dall'alto della Croce.

5. Oltre a questa dimensione della koinonia ecclesiale affettiva, è bene anche ricordare la dimensione effettiva poiché, come sappiamo, esiste un'unica Chiesa, che sussiste nella Chiesa cattolica, governata dal Successore di Pietro e dai Vescovi in comunione con lui.

247 Venerabili Fratelli nell'Episcopato, ci serve qui nuovamente da luce per questo nostro incontro fraterno l'ecclesiologia eucaristica, di innegabile trascendenza, quando si tratta di evidenziare che nell'unità della Chiesa è parimenti radicata l'unità nell'Episcopato.

Nell'approvare la Lettera rivolta all'Episcopato mondiale proprio su questo tema, ho fatto mia l'affermazione secondo la quale "unità dell'Eucaristia e unità dell'Episcopato con Pietro e sotto Pietro non sono radici indipendenti dell'unità della Chiesa, perché Cristo ha istituito l'Eucaristia e l'Episcopato come realtà essenzialmente vincolate. L'Episcopato è uno così come una è l'Eucaristia: l'unico Sacrificio dell'unico Cristo morto e risorto" (Congregazione per la Dottrina della Fede: Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica su alcuni aspetti della Chiesa intesa come Comunione, n. 14). Più avanti si concludeva: "ogni valida celebrazione dell'Eucaristia esprime questa universale comunione con Pietro e con l'intera Chiesa..." (Ibidem).

Con evidente obiettività san Cipriano ammoniva: "dobbiamo mantenere e difendere con ogni energia questa unità, specialmente noi Vescovi, che siamo stati posti a capo della Chiesa, per dimostrare che lo stesso Episcopato è uno e indivisibile" (De catholicae Ecclesiae unitate, 4-6).

Pertanto questo vostro sforzo nel venire a Roma per, in "obbedienza alla fede" (
Rm 1,5), andare da Pietro e vivere, nel vostro ministero sotto Pietro, potrà tradursi solo in quell'unità di spirito e di azione che si convertirà in opere, per una maggiore edificazione del Regno di Dio in questo mondo.

6. Nel corso di questo Pontificato, il Signore mi ha permesso, sulla scia dei miei immediati predecessori nella Sede di Pietro, di valutare con maggiore profondità quelle verità che sono state sempre implicite nella coscienza ecclesiale, come il ruolo dei laici nella Chiesa, l'origine sacramentale della potestà di giurisdizione dei Vescovi, la necessità di una cristianizzazione delle strutture terrene e di un'attuazione delle direttrici sui diritti dell'uomo e della famiglia, il rispetto per la vita, la straordinaria importanza di tutte le manifestazioni sincere della libertà, ecc.

Si potrà dire che sono molti i documenti pubblicati da questa Sede Apostolica e, dinanzi all'urgenza dei lavori pastorali, non vi è tempo per approfondirli, come sarebbe auspicabile. Come ho già avuto occasione di dire, il Romano Pontefice compie la sua missione universale aiutato dagli organismi della Curia Romana e in particolare dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, in ciò che si riferisce alla dottrina sulla Fede e sulla Morale (cfr Costituzione Apostolica Pastor bonus, 28/06/1988, nn. 48-55). Pertanto, spetta ai Vescovi esplicitare con autorità, direttamente o per mezzo dei presbiteri e della catechesi, questa missione intrasferibile di insegnare la Verità evangelica.

L'occasione mi è propizia per ricordare allora l'importanza della priorità nella formazione delle vocazioni, attraverso un'adeguata formazione dei candidati al sacerdozio (cfr Esortazione Apostolica Ecclesia in America, n. 40). Allo stesso tempo, è opportuno impegnarsi nell'accompagnamento dei presbiteri nelle loro funzioni ministeriali, con un'appropriata formazione permanente umana, spirituale, intellettuale e pastorale, nei limiti delle possibilità di ogni Diocesi, o con iniziative a carattere regionale o nazionale.

Infine, a volte si sente dire che il Papa ignora la realtà locale, o quella più vasta del continente latinoamericano. Egli tuttavia cerca di prestare la massima attenzione a quello che i suoi fratelli Vescovi gli dicono periodicamente nelle visite ad Limina.Inoltre, le numerose occasioni in cui, con la grazia di Dio, gli è stato possibile visitare l'America Latina e avere un contatto diretto con le popolazioni di quella terra ricca di promesse evangelizzatrici, attestano ancora una volta la fiducia che il Successore di Pietro ripone nella vostra missione di Pastori. Formulo quindi voti affinché i messaggi che vi sono rivolti possano contribuire all'orientamento dei fedeli di quello che è considerato il Continente della speranza.

7. Cari Fratelli nell'Episcopato, siamo chiamati ad ascoltare come un discepolo quello che lo Spirito dice alle Chiese (cfr Ap 2,7), al fine di parlare come maestri in nome di Cristo, dichiarando, colmi di gioia, come fece san Giovanni Damasceno: "E voi, nobile vertice della più integra purezza, illustre assemblea della Chiesa, che attendete l'aiuto di Dio, voi, nei quali Dio dimora, ricevete dalle nostre mani la dottrina della fede, che fortifica la Chiesa, così come ce l'hanno trasmessa i nostri padri" (Expositio fidei, n. 1). Prego Dio affinché abbiate successo in questo importante compito pastorale, cosicché la Chiesa in Brasile, e in particolare in Amazzonia, risplenda con tutta la sua gloria, come Sposa di Cristo, che Egli ha scelto con amore infinito. Nell'affidare la vostra missione apostolica all'intercessione della Vergine Maria, che in tutte le epoche è la splendente Stella dell'Evangelizzazione, imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica a voi, ai sacerdoti, alle religiose, ai religiosi e ai laici delle Diocesi.

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


ALLA SUPERIORA GENERALE DELL’ISTITUTO SUORE MINIME


DI NOSTRA SIGNORA DEL SUFFRAGIO




Alla Reverenda Madre
Suor FABIOLA DETOMI
248 Superiora Generale dell'Istituto
Suore Minime di Nostra Signora del Suffragio

1. Desidero anzitutto inviare a Lei il mio beneaugurante saluto in occasione del Capitolo generale della Congregazione. Lo rivolgo, poi, alle Sorelle chiamate al servizio di guida e di animazione della vostra Famiglia religiosa, incoraggiandole a svolgere con animo generoso il delicato compito di governo loro affidato. Lo estendo, inoltre, alle Religiose capitolari, auspicando che l'esperienza di questi intensi giorni trascorsi a Roma sia fonte di arricchimento umano e spirituale. Giunga, infine, il mio cordiale pensiero a ciascuna delle Suore Minime di Nostra Signora del Suffragio operanti in Italia, Argentina, Colombia e Romania, con l'assicurazione del mio paterno sostegno.

L'Assemblea capitolare costituisce un'importante occasione per riflettere sul cammino comunitario finora percorso, come pure per elaborare progetti di servizio apostolico, nella fedeltà al carisma originario dell'Istituto. Il tema "Testimoniare Cristo, nostra speranza, in un mondo che cambia" si pone in sintonia con gli orientamenti pastorali dell'Episcopato italiano per il primo decennio del nuovo secolo e millennio.

Reverenda Madre, è comune intendimento di codesta Famiglia religiosa riprendere con rinnovato entusiasmo, dopo la pausa capitolare, le attività quotidiane, sottolineando che Cristo, nostra speranza, sta alla base di tutto ed è il fine a cui tutto è orientato. La sua misteriosa presenza tiene viva quella tensione escatologica, che deve essere di ogni credente. La vostra Congregazione considera questa tensione escatologica dell'esistenza come una delle proprie caratteristiche fondamentali, che ha ricevuto in eredità dal beato Fondatore.

2. Vita intrisa di speranza fu quella del beato Francesco Faà di Bruno, che ho avuto la gioia di elevare agli onori degli altari il 25 settembre 1988. Animato sempre dall'anelito interiore di cooperare alla salvezza dei fratelli, si preoccupò della loro sorte finale. Meta ultima dell'uomo è, in effetti, l'incontro con Dio, incontro a cui occorre prepararsi fin d'ora con un costante impegno ascetico, rigettando il male e operando il bene.

Sin da giovane, egli avvertì la preoccupazione di operare per la salvezza delle anime e per questo volle, ancor prima di fondare la Congregazione, costruire a Torino un tempio dedicato a Nostra Signore del Suffragio. Preoccuparsi del "suffragio" per le anime del purgatorio: è questo, Reverenda Madre e care Sorelle, il vostro carisma caratteristico, che vi spinge ad una costante preghiera per coloro che ci hanno preceduto. Questa stessa intuizione carismatica è stimolo concreto a riempire ogni giornata terrena di quei beni che non passano, né marciscono.

Si tratta di un'importante verità che intendete annunciare con la vostra attività di evangelizzazione, sostenuta dalla preghiera ed accompagnata dall'accettazione e dall'offerta a Dio della sofferenza, in unione al sacrificio di Cristo, perché le anime siano salvate. La prima e più alta forma di carità per i fratelli è l'anelito per la loro eterna salvezza. L'amore cristiano non conosce confini e si sottrae perfino ai limiti dello spazio e del tempo, permettendoci di amare quanti hanno già lasciato questa terra.

3. Carissime Sorelle in Cristo, conservate integro lo spirito del Fondatore! Mi è caro oggi ripetervi quanto ebbi ad affermare in occasione della sua beatificazione. Francesco Faà di Bruno - dicevo allora - è "un gigante della fede e della carità", poiché il suo messaggio di luce e di amore, "lungi dall'esaurirsi, si rivela quanto mai attuale, spingendo all'azione quanti hanno a cuore i valori evangelici" (Insegnamenti XI/3 [1988], p. 948).

Seguendo le sue orme, avanzate con fedeltà e coraggio sul cammino intrapreso, traendo luce e forza dal suo insegnamento e rendendo viva ed attuale la sua straordinaria esperienza e la sua luminosa eredità. Soprattutto sarete infaticabili e liete annunciatrici di speranza all'umanità del nostro tempo, troppo spesso quasi oscurata da violenze e ingiustizie e rinchiusa in orizzonti meramente terreni. Imitando il vostro Beato, siate voi stesse per prime a rinnovarvi nella speranza, per essere di essa, a vostra volta, nella Chiesa e nel mondo feconde portatrici. Abbiate ‘sete’ di anime da salvare, aiutando ogni fratello e sorella a scoprire quel "non ancora" e quell'"al di là" eterno, verso il quale siamo tutti incamminati. L'avvenire eterno si costruisce fin d'ora, nel tempo, attraverso la fatica d'ogni giorno.

Con questi sentimenti e auspici, invoco su di voi, Sorelle carissime, sulle vostre Comunità e su quanti incontrate nel vostro quotidiano servizio la celeste intercessione della Vergine del Suffragio e del beato Francesco Faà di Bruno, mentre di cuore vi benedico, insieme con tutte le persone a voi care.

249 Da Castel Gandolfo, 2 Settembre 2002

IOANNES PAULUS II



AL "FÚTBOL CLUB REAL MADRID"


Lunedì 16 settembre 2002

Signor Presidente,

Signore e Signori,

Sono lieto di ricevere i membri del Comitato Direttivo, i tecnici e gli sportivi del Fútbol Club Real Madrid, e quanti li accompagnano. Ringrazio per le cordiali parole il Signor Presidente della società, che ha voluto interpretare i vostri sentimenti.

La Chiesa, come ho indicato durante il Giubileo degli Sportivi (29. X. 2000), considera lo sport uno strumento educativo quando promuove elevati ideali umani e spirituali e quando forma in modo integrale i giovani a valori come la lealtà, la perseveranza, l'amicizia, la solidarietà e la pace. Lo sport, superando la diversità di culture e di ideologie, è un'occasione idonea di dialogo e di intesa fra i popoli, per l'edificazione dell'auspicata civiltà dell'amore.

Vi invito, quindi, a mettere in pratica questi valori, basati sulla dignità della persona umana, dinanzi a possibili interessi che possono offuscare la nobiltà dello sport stesso. Che perciò vi accompagni sempre la protezione materna della Virgen de la Almudena, Patrona di Madrid! Nel ribadirvi il mio ringraziamento per la vostra visita, vi imparto con affetto la mia Benedizione Apostolica, che estendo alle vostre famiglie.

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


AL CAPITOLO GENERALE DELLE SUORE MINISTRE


DEGLI INFERMI DI S. CAMILLO




Reverenda Madre
Suor Tomasina Gheduzzi
Superiora Generale
della Congregazione delle Suore Ministre degli Infermi di S. Camillo

250 1. In occasione del Capitolo Generale, che in questi giorni vede riunite Lei e le Consorelle delegate, sono lieto di far giungere a ciascuna un cordiale saluto insieme con l'assicurazione della mia spirituale vicinanza.

Voi provenite da diversi Paesi dell'Europa, dell'America Latina, dell'Africa e del Sud-est Asiatico: in ognuna di voi mi è caro salutare tutte le vostre sorelle, come pure le comunità ecclesiali in cui esse operano al servizio degli ammalati e dei sofferenti.

L'Assemblea Capitolare costituisce un'opportuna circostanza per pregare e riflettere sulle sfide che interpellano la Chiesa e il mondo in questo singolare periodo storico. Essa vi offre altresì l'occasione di approfondire sempre più il carisma che vi contraddistingue, adattandolo alle esigenze attuali.

A questo riguardo, il pensiero va subito al 6 maggio 1995, quando ebbi la gioia di proclamare beata la vostra Fondatrice, Madre Maria Domenica Brun Barbantini. Con vivo compiacimento ho appreso che quell'evento di grazia ha costituito per l'intera Congregazione un motivo di rinnovata ispirazione, e vi ha spinte ad approfondire la conoscenza del vostro carisma e della vostra spiritualità, perché, attingendo da tali radici la linfa più genuina, il vivere e l'operare quotidiani ne continuino ad essere vivificati e illuminati.

2. È in questo contesto che meglio si comprende il tema da voi scelto per il 32° Capitolo generale: "Verso una nuova regola di vita". La novità a cui mirate non è certo quella di chi voglia mutare l'orientamento originario, bensì, al contrario, il frutto di una ricerca rigorosa e appassionata sulle fonti, un frutto che aspira ad essere, se possibile, sempre più fedele alle sue radici, al dono cioè che il Signore ha affidato alla beata Maria Domenica e alle sue compagne, per il bene della Chiesa e dell'umanità. Dal piccolo gruppo di donne, che con Maria Domenica vollero chiamarsi "oblate infermiere", si è sviluppato, grazie anche al discernimento e all'incoraggiamento dei Pastori della Chiesa, un Istituto oggi presente in nove Paesi di tre continenti.

Lo Spirito Santo, che sempre "prende" dalle inesauribili ricchezze di Cristo per distribuire nella Chiesa nuovi doni di luce e di grazia (cfr
Jn 16,14), pose nel cuore e nella vita della Fondatrice una singolare vocazione a servire i malati, ad imitazione e prolungamento del ministero stesso di Gesù, il quale si è chinato su ogni umana infermità per guarirla con la sua divina potenza (cfr Lc 10,30-35 Mt 4,23). Nella sua traboccante misericordia, il Figlio di Dio si è reso prossimo facendosi egli stesso "servo sofferente" per guarire noi. Per questo, nel più piccolo dei fratelli in difficoltà egli è presente ed attende che gli apriamo il cuore. Se a lui offriamo il "poco" che siamo ed abbiamo, riceviamo in cambio il "tutto" che egli è.

3. Come la beata Fondatrice scrisse nelle Regole, le Suore devono agire con tale spirito: esse "serviranno Nostro Signore nella persona delle povere inferme con generosità e purità d'intenzione, pronte sempre a esporre la propria vita per amor di Gesù morto sopra una croce per noi" (I, 11). Per poter mantenere fede a questa vocazione, è indispensabile alimentare la propria esistenza nella preghiera, e in modo speciale mediante la devota partecipazione alla santissima Eucaristia, in cui Gesù rende sacramentalmente presente ogni giorno il prodigio salvifico della sua, passione, morte e risurrezione. Restando a lui intimamente unite e configurate, voi potrete essere per tanti fratelli e sorelle le sue mani, il suo sguardo e il suo cuore, secondo il luminoso esempio di san Camillo de Lellis.

Testimoniare la carità sia lo sforzo incessante della vostra Congregazione, carissime Sorelle, una carità che non conosce confini e che parla la lingua d'ogni regione del pianeta. L'umanità contemporanea, provata com'è da antiche e nuove miserie e povertà, ha più che mai bisogno di sperimentare l'amore e la misericordia di Dio. Ha bisogno di sentirsi amata per amare e accogliere la vita. Voi lavorate dove non mancano purtroppo gravi attentati alla vita da parte di una cultura di morte, che tende a diffondersi sempre più nelle società segnate dal materialismo e dal consumismo edonista. Continuate, care Sorelle, a tenere a cuore ed ad operare generosamente su questo "fronte" apostolico. Si tratta di una urgenza pastorale, che chiede di essere affrontata con competenza professionale e ardore apostolico.

4. Per poter svolgere questa esigente missione occorre pertanto un impegno formativo a vasto raggio ed opportunamente il vostro Capitolo intende porre l'accento su tale priorità. È necessario promuovere la vita spirituale e, in sapiente armonia con essa, la dimensione culturale e professionale, quella apostolica e quella del carisma specifico (cfr Esort. ap. Vita consecrata, 71). Si deve poi curare l'aspetto comunitario: esso, infatti, è parte integrante e decisiva della testimonianza ecclesiale, tanto più nelle comunità di vita consacrata, chiamate ad essere segno profetico all'interno del popolo di Dio.

Carissime, accompagno queste mie considerazioni con l'assicurazione di un particolare ricordo nella preghiera, perché scenda, serena e corroborante, la luce dello Spirito Santo su ciascuna di voi e sui lavori capitolari.

La Vergine Maria, Salute degli Infermi, vi assista, e faccia fruttificare ogni vostra iniziativa. Vi dia la gioia e l'amore di servire il suo divin Figlio nel prossimo bisognoso. Vi sia di conforto anche la Benedizione Apostolica, che invio di cuore a voi ed all'intera vostra Famiglia religiosa.

251 Da Castel Gandolfo, 12 Settembre 2002

IOANNES PAULUS II



AL CAPITOLO GENERALE DELL’ORDINE CISTERCENSE


DELLA STRETTA OSSERVANZA (TRAPPISTI)


Giovedì, 19 settembre 2002




1. La riunione dei due Capitoli generali del venerando Ordine Cistercense di stretta osservanza mi offre la gradita opportunità di incontrare voi, cari abati, abbadesse, e rappresentanti dei monaci e delle monache trappisti.

Grazie per questa visita, con cui intendete rinnovare l’espressione della vostra fedele adesione al successore di Pietro. Saluto con affetto ciascuno di voi. Un particolare e grato pensiero rivolgo a dom Bernardo Olivera che si è fatto interprete dei comuni sentimenti, illustrando anche lo scopo e gli obiettivi della vostra assemblea. Attraverso le vostre persone saluto i confratelli e le consorelle dei vostri monasteri sparsi in ogni parte del mondo. Il Papa vi è grato perché dal silenzio dei vostri chiostri sale verso il cielo un’incessante preghiera per il suo ministero e per le intenzioni e le necessità dell’intera comunità ecclesiale.

2. Carissimi Fratelli e Sorelle! Vi siete riuniti in questi giorni per riflettere su come far sì che il comune patrimonio spirituale, conservando inalterato lo spirito delle origini, risponda sempre meglio alle esigenze del momento presente. L’umanità, anche a seguito di recenti tragici eventi, di cui proprio in questi giorni ricorre l’anniversario, appare disorientata, in cerca di sicurezze: anela alla verità, aspira alla pace.

Ma dove cercare un rifugio sicuro se non in Dio? Solo nella misericordia divina – ricordavo nel recente viaggio in Polonia – il mondo può trovare la pace e l’uomo la felicità. Di questo segreto, nascosto ai sapienti e agli intelligenti, ma rivelato ai piccoli (cfr Mt 11,25), i vostri monasteri sono da secoli privilegiati testimoni.

Sin dall’inizio, in effetti, i cistercensi si caratterizzarono per una sorta di "passione mistica", mostrando come la ricerca sincera di Dio, attraverso un austero itinerario ascetico, conduca all’ineffabile gioia dell’incontro sponsale con Lui in Cristo. Insegna al riguardo san Bernardo che chi è assetato dell’Altissimo non ha più nulla di proprio e tutto ormai ha in comune con Dio. Ed aggiunge che l’anima, in questa situazione, "non chiede libertà, non mercede, non eredità, e neppure dottrina, ma il bacio [di Dio] a modo di sposa castissima, ardente di santo amore, e totalmente incapace di nascondere la fiamma di cui brucia" (Bernardo, Super Cantica canticorum, 7, 2).

3. Quest’alta spiritualità conserva tutto il suo valore di testimonianza nell’odierno contesto culturale, che troppo spesso incentiva il desiderio di beni fallaci e di paradisi artificiali. La vostra vocazione, carissimi Fratelli e Sorelle, è infatti quella di testimoniare, con l’esistenza raccolta nella trappa, l’ideale alto della santità compendiato in un amore incondizionato verso Dio, bontà infinita, e, di riflesso, un amore che nella preghiera abbraccia misticamente l’intera umanità.

Lo stile di vita, che vi contraddistingue, ben sottolinea queste due coordinate portanti dell’amore. Voi non vivete come eremiti in comunità, ma come cenobiti in un singolare deserto. Dio si manifesta nella vostra solitudine personale, come pure nella solidarietà che vi unisce ai membri della comunità. Siete soli e separati dal mondo per inoltrarvi nel sentiero dell’intimità divina. Al tempo stesso, condividete quest’esperienza spirituale con altri fratelli e sorelle, in un equilibrio costante fra contemplazione personale ed unione alla liturgia della Chiesa.

Conservate inalterato questo patrimonio carismatico! Esso costituisce una ricchezza per l’intero popolo cristiano.

4. Lo sviluppo dell’Ordine vi pone oggi, specialmente nel lontano Oriente, a contatto con differenti tradizioni religiose, con le quali è necessario tessere un saggio e prudente dialogo perché dappertutto rifulga, nella pluralità delle culture, l’unica luce di Cristo. Gesù è il sole risplendente, del quale la Chiesa deve essere fedele riflesso, secondo l’espressione "mysterium lunae", assai cara alla contemplazione dei Padri. Questo compito, come scrivevo nella Lettera Apostolica "Novo millennio ineunte", fa trepidare, se si tiene conto dell’umana fragilità, ma diventa possibile quando ci si apre alla grazia rinnovatrice di Dio (cfr n.55).

252 Non vi scoraggino, Fratelli e Sorelle carissimi, le difficoltà e le prove, pur molto dolorose. Penso, in proposito, ai sette monaci di Notre Dame d’Atlas, a Tibhirine, in Algeria, barbaramente trucidati nel maggio del 1996. Il loro sangue versato sia seme di numerose e sante vocazioni per i vostri monasteri in Europa, dove più sensibile è l’invecchiamento delle comunità di monaci e monache, e nelle altre parti del pianeta, dove si pone un’altra urgenza, quella cioè di assicurare la formazione dei non pochi aspiranti alla vita circestense. Auspico, inoltre, che un più organico coordinamento fra i diversi rami dell’Ordine, renda sempre più eloquente la testimonianza del comune carisma.

5. "Duc in altum"! (
Lc 5,4). Rivolgo anche a voi, carissimi fratelli e sorelle, l’invito di Gesù a prendere il largo; invito risuonato per l’intero popolo cristiano al termine del Grande Giubileo del 2000. Avanzate senza temere nel cammino intrapreso, animati dal "buono zelo" di cui parla San Benedetto nella sua regola, nulla assolutamente anteponendo a Cristo (cfr cap. LXXII).

Vi accompagna vigile Maria, la Vergine Santa e con lei vi proteggono i santi e i beati dell’Ordine. Il Papa vi assicura un costante ricordo nella preghiera, mentre di cuore benedice voi qui presenti e le vostre comunità monastiche.

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


AL CAPITOLO GENERALE DELLE SUORE OSPEDALIERE


DELLA MISERICORDIA




Alla Reverenda Madre
Suor AURELIA DAMIANI
Superiora Generale
della Congregazione delle Suore Ospedaliere della Misericordia

1. Sono lieto di indirizzare a Lei ed alle Consorelle il mio cordiale pensiero in occasione del 42.mo Capitolo generale, che vi vede impegnate nella concorde ricerca della volontà di Dio riguardo al vostro Istituto, in questo singolare momento della storia, all'inizio di un nuovo millennio.

Estendo l'espressione del mio paterno apprezzamento a tutte le Suore Ospedaliere della Misericordia, che svolgono la loro missione in Italia e in altre nazioni. Quanto prezioso è, care Sorelle, il servizio che rendete a tante persone bisognose, con vivo zelo pastorale. Quale grande merito ha la vostra missione! Operando in ambito ospedaliero, voi recate sollievo a malati e sofferenti, e testimoniate loro la provvidente misericordia divina. Conservate sempre vivo questo singolare carisma, suggellato dal vincolo di uno speciale voto.

2. Ogni giorno al capezzale degli ammalati e a contatto con i loro familiari, come pure con il personale sanitario, avete modo di recare a ciascuno un'eloquente testimonianza evangelica, in piena fedeltà al mandato di Cristo: "Andate, annunciate il Regno di Dio e curate gli infermi" (cfr Lc 5,1-2).

Si tratta di una fra le più urgenti forme di evangelizzazione, alla quale, come avete avuto modo di ribadire in occasione del Grande Giubileo dell'Anno 2000, ed ancora più nel presente Capitolo, la vostra Famiglia religiosa intende dedicarsi, approfondendo il senso e le modalità concrete di questo vostro compito. Esercitate così quella "fantasia della carità", di cui ho parlato nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte, ammonendo che essa deve dispiegarsi "non tanto e non solo nell'efficacia dei soccorsi prestati, ma nella capacità di farsi vicini, solidali con chi soffre" (n. 50). In questa stessa prospettiva si situa il tema del Capitolo: "Radicate nella carità, per vivere e testimoniare la Misericordia di Cristo, Buon Samaritano di tutti i tempi e di tutte le culture".


GP2 Discorsi 2002 245