GP2 Discorsi 2002 253

253 Ai fratelli ed alle sorelle nel bisogno dovete assicurare, con la parola e con l'esempio, che "non esiste per l'uomo altra fonte di speranza, al di fuori della misericordia di Dio" (Giovanni Paolo II, Omelia nella consacrazione del Santuario della Divina Misericordia a Lagiewniki, L'Osservatore Romano, 17 agosto 2002).

3. Su tale linea si colloca in effetti l’intera vostra storia sin dalle origini, quando siete nate per curare i malati dello Stato Pontificio. Riconoscendo le più urgenti necessità del tempo, infatti, la Principessa Teresa Orsini in Doria Pamphili, aiutata dal Cardinale Giuseppe Antonio Sala e sotto gli auspici di Papa Pio VII, diede inizio alla vostra Congregazione nell'Ospedale di S. Giovanni in Roma. Ringrazio, insieme a voi, il Signore che, per mezzo del suo Spirito, ha fatto sorgere nella Chiesa il vostro Istituto per servire Cristo nell'ammalato, e vi incoraggio volentieri a non venir mai meno a questo impegno di amore e di fedeltà a Dio e alla Chiesa, rendendo vivo nelle odierne situazioni il tipico carisma che vi contraddistingue e che rappresenta un dono per l'intera società.

La sfida dell'inculturazione chiede oggi ai credenti di annunciare la Buona Novella con linguaggi e modi comprensibili agli uomini di questo tempo. Un'urgente missione e vaste prospettive apostoliche si aprono anche per voi, care Suore Ospedaliere della Misericordia. Da un attento discernimento delle moderne realtà socio-culturali scaturiscono indicazioni concrete perché più incisiva sia la presenza del vostro Istituto nell'ambito della cura della salute, individuando al tempo stesso percorsi più idonei di penetrazione apostolica.

Conservate sempre dinanzi ai vostri occhi il volto sofferente di Cristo. Ripartite da Lui ogni giorno con umile coraggio per essere testimoni del suo amore misericordioso nel vasto campo della malattia e del dolore. Come scrivevo nella citata Lettera Novo millennio ineunte, "non si tratta di inventare un nuovo programma. Il programma c'è già: è quello di sempre, raccolto dal Vangelo e dalla viva Tradizione. Esso si incentra in ultima analisi in Cristo stesso" (n. 29).

4. So bene, Reverenda Madre, quanto preziosa sia l'opera di chi quotidianamente è al servizio dei malati, e mi rendo conto delle tante difficoltà che si incontrano. Troverete la forza per superarle tutte se in ogni persona vi sforzerete di vedere Cristo. Occorre però che mai venga meno questa tensione spirituale nella vostra non facile attività apostolica. Vivificate pertanto la vostra giornata con un’intensa e vigilante orazione. La contemplazione sia il sostegno della vostra azione.

Modello a cui ispirarsi è Maria, Madre di misericordia ed immagine di viva adesione alla volontà di Dio. A Lei affido il vostro Capitolo generale, perché da esso scaturiscano scelte coraggiose e sagge per l'intero Istituto; scelte compiute sempre mantenendo lo sguardo fisso sul volto di Cristo.

Con tali sentimenti, imparto di cuore a Lei e al suo Consiglio, alle Capitolari e a tutte le Suore Ospedaliere della Misericordia una speciale Benedizione Apostolica.

Da Castel Gandolfo, 14 Settembre 2002

IOANNES PAULUS II


AI VESCOVI DEL BRASILE (OESTE 1-2) IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" Sabato, 21 settembre 2002

21902

Cari Fratelli nell'Episcopato,

1. È per me motivo di gioia ricevervi oggi, Arcivescovi e Vescovi delle Provincie ecclesiastiche dei Regionais Oeste 1 e 2, che corrispondono rispettivamente al Mato Grosso do Sul e al Mato Grosso, che siete venuti a Roma per rinnovare la vostra fede sulle tombe degli Apostoli. Questa è la prima volta che la Diocesi di Juína e la Prelatura di Paranatinga, erette nell'ultimo quinquennio, effettuano una visita ad Limina, con la quale tutti i Vescovi riaffermano il loro vincolo di comunione con il Successore di Pietro.

Ringrazio di cuore Monsignor Bonifácio Piccinini, Arcivescovo di Cuiabá, per il saluto che mi ha rivolto a nome di tutti, e ognuno di voi per l'opportunità che mi è stata offerta, negli incontri personali, di conoscere i sentimenti delle Comunità che servite come Pastori, partecipando così all'anelito che il vostro gregge cresca "in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo" (
Ep 4,3).
Al fine di incoraggiare la vostra sollecitudine pastorale, desidero ora condividere con voi alcune riflessioni, suggerite dalla situazione concreta in cui esercitate il ministero di far conoscere e "annunciare il mistero di Cristo" (Col 4,3).

2. La visita ad Limina dei successivi e numerosi gruppi di Pastori che formano l'Episcopato del Brasile traccia il cammino e attua una forte esperienza di comunione, affettiva ed effettiva, attraverso tanti ed edificanti dialoghi, come ho voluto sottolineare nel precedente incontro con il gruppo dell'Amazzonia. Constato con soddisfazione lo sforzo che state compiendo, sia in modo congiunto sia nelle diverse Diocesi, per forgiare una comunità ecclesiale piena di vitalità ed evangelizzatrice, che viva una profonda esperienza cristiana alimentata dalla Parola di Dio, dalla preghiera e dai Sacramenti, coerente con i valori evangelici nella sua esistenza personale, familiare e sociale.

Nel quadro della vasta e avvincente responsabilità che vi è propria, desidero soffermarmi in particolare sulla collaborazione dei fedeli laici alla vita diocesana, ma in particolare al sacro ministero dei sacerdoti.

Non è una novità il fatto che il vostro Paese abbia il maggior numero di battezzati nella Chiesa cattolica di tutto il mondo. Sulla scia del Concilio Vaticano II, del Sinodo dei Vescovi del 1987 e dell'Esortazione Apostolica Christifideles laici, che ne è il frutto, è stato messo in risalto il fatto che l'identità dei laici è fondata sulla "radicale novità cristiana che deriva dal battesimo" (CL 10). La chiamata fatta a tutti i membri del Corpo Mistico di Cristo a partecipare attivamente all'edificazione del Popolo di Dio, risuona continuamente nei documenti del Magistero (cfr Lumen gentium LG 3 Decreto Apostolicam actuositatem LG 24).

3. Nel 1997 è stato nuovamente messo in luce questo principio nel quale è stata riaffermata l'identità propria, nella dignità comune e nella diversità di funzioni, dei fedeli laici, dei ministri sacri e dei consacrati (cfr Istruzione su alcune questioni circa la collaborazione dei laici al ministero dei sacerdoti, Premessa). È importante riflettere su questa partecipazione, per realizzarla nel modo più opportuno, specialmente nelle comunità che normalmente costituiscono la vita delle Diocesi e attorno alle quali i loro membri collaborano attivamente.

La Chiesa nasce dal "liberissimo e arcano disegno di sapienza e di bontà" del Padre (Lumen gentium LG 2) di salvare tutti gli uomini attraverso suo Figlio e nello Spirito Santo. "De unitate Patris et Filii et Spiritus Sancti plebs adunata", così descrive la Chiesa il Vescovo e martire san Cipriano (De Orat. dom. 23; PL 4, 553). Cristo, nel fondare la sua Chiesa, lo fa non come fosse una semplice istituzione che si autosostenterebbe giuridicamente e nella quale s'inserirebbero gli uomini per ottenere la salvezza. Essa è molto più di tutto ciò. Il Padre ha chiamato uomini e donne, affinché costituissero un Popolo di figli nel Figlio, in Cristo, mediante la carne immolata di suo Figlio fatto uomo; in altre parole, affinché fossero Corpo di Cristo.

Il Concilio si è aperto a una visione positiva del carattere peculiare dei fedeli laici, che ha come aspetto specifico quello di "cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio" (Lumen gentium LG 31). Quanti vivono nel mondo e da esso traggono la loro materia prima di santificazione, cercano di trasformare le realtà umane al fine di favorire il bene comune familiare, sociale e politico, ma soprattutto per elevarle a Dio, glorificando il Creatore e vivendo cristianamente fra i loro simili.

Alcuni dei signori Vescovi qui presenti ricorderanno che, in occasione del mio Incontro con il Laicato cattolico di Campo Grande, nel 1991, ho voluto ricordare le "diverse forme di partecipazione organica dei laici nell'unica missione della Chiesa-comunione" proprio nella situazione, nel luogo che Dio ha disposto che questi occupassero nel mondo (n. 1).

La Chiesa ha il fine di continuare nel mondo la missione salvifica di Cristo. Nel corso della storia, essa s'impegna ad adempiere a questo mandato con la luce dello Spirito Santo, mediante l'azione dei suoi membri, nei limiti della funzione propria che ognuno esercita dentro il Corpo Mistico di Cristo.

4. Fra gli obiettivi della riforma liturgica, stabilita dal Concilio Vaticano II, vi era la necessità di portare "tutti i fedeli" a "quella piena, consapevole e attiva partecipazione alle Celebrazioni Liturgiche, che è richiesta dalla natura stessa della liturgia e alla quale il popolo cristiano, "stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo di acquisto" (1P 2,9), ha diritto e dovere in forza del battesimo" (Sacrosanctum concilium SC 14).

255 In pratica, tuttavia, negli anni successivi al Concilio, al fine di dare compimento a questo auspicio, si è estesa arbitrariamente "la confusione delle funzioni in quel che si riferisce al ministero sacerdotale e alla funzione dei laici: la recita indiscriminata e comune della preghiera eucaristica, omelie pronunciate da laici, amministrazione della Comunione da parte dei laici, in quanto i sacerdoti si esimono" (cfr Instr. Inestimabile donum, 3/04/1980, Premessa).

Tali gravi abusi pratici hanno avuto spesso la propria origine in errori dottrinali, soprattutto riguardo alla natura della Liturgia, del sacerdozio comune dei cristiani, della vocazione e della missione dei laici, e riguardo al ministero ordinato dei sacerdoti.

Venerabili Fratelli nell'Episcopato, il Concilio, come sapete, ha ritenuto la liturgia "quell'esercizio dell'ufficio sacerdotale di Gesù Cristo mediante il quale con segni sensibili viene significata e, in modo proprio a ciascuno, realizzata la santificazione dell'uomo, e viene esercitato dal corpo mistico di Gesù Cristo, cioè dal capo e dalle sue membra, il culto pubblico integrale" (Sacrosanctum concilium
SC 7).

La redenzione è totalmente realizzata da Cristo. Tuttavia, in questa opera tanto grande, attraverso la quale Dio viene perfettamente glorificato e gli uomini santificati, il nostro Salvatore associa sempre a sé la sua Sposa amatissima, la Chiesa (cfr Sacrosanctum concilium, n. SC 7). Attraverso la Liturgia, il Signore "continua nella sua Chiesa, con essa e per mezzo di essa, l'opera della nostra redenzione" (Catechismo della Chiesa Cattolica CEC 1069).

La Liturgia è azione di tutto il Corpo Mistico di Cristo, Capo e membra (Ibidem, CEC 1071). È azione di tutti i fedeli, perché tutti partecipano al sacerdozio di Cristo (Ibidem, CEC 1141 CEC 1273). Non tutti però hanno la stessa funzione, perché non tutti partecipano allo stesso modo del sacerdozio di Cristo. Attraverso il Battesimo, tutti i fedeli partecipano del sacerdozio di Cristo; è quello che è stato chiamato il "sacerdozio comune dei fedeli". Oltre a questo sacerdozio, e per servirlo, esiste un'altra partecipazione alla missione di Cristo: quella del ministero conferito con il Sacramento dell'Ordine (Catechismo della Chiesa Cattolica CEC 1591), ossia il "Sacerdozio ministeriale". "Il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale o gerarchico, quantunque differiscano essenzialmente e non solo di grado, sono tuttavia ordinati l'uno all'altro: infatti l'uno e l'altro, ognuno a suo proprio modo, partecipano all'unico sacerdozio di Cristo. Il sacerdote ministeriale, con la potestà sacra di cui è investito, forma e regge il popolo sacerdotale, compie il sacrificio eucaristico in persona di Cristo e lo offre a Dio a nome di tutto il popolo; i fedeli, in virtù del regale loro sacerdozio, concorrono all'oblazione dell'eucaristia, ed esercitano il sacerdozio con la partecipazione ai sacramenti, con la preghiera e il ringraziamento, con la testimonianza di una vita santa, con l'abnegazione e l'operosa carità" (Lumen gentium LG 10).

5. Il prescindere da questa differenza essenziale, e dalla reciproca ordinazione fra sacerdozio ministeriale e sacerdozio comune dei fedeli, ha avuto ripercussioni immediate sulle Celebrazioni Liturgiche, atti della Chiesa organicamente strutturata.

Ho voluto ricordare quelle dichiarazioni del Magistero della Chiesa, nella certezza che, pur conoscendole, possiate esporle nuovamente con semplicità affinché i laici evitino di esercitare nella liturgia le funzioni che sono di esclusiva competenza del sacerdozio ministeriale, poiché solo questo agisce specificatamente in persona Christi capitis.

Ho già avuto occasione di far riferimento alla confusione e, a volte, all'equiparazione fra sacerdozio comune e sacerdozio ministeriale, alla scarsa osservanza di certe leggi e norme ecclesiastiche, all'interpretazione arbitraria del concetto di "supplenza", alla tendenza alla "clericizzazione" dei fedeli laici, ecc., indicando che è necessario che "i pastori siano vigilanti perché si eviti un facile ed abusivo ricorso a presunte "situazioni di emergenza" o di "necessaria supplenza", là dove obiettivamente non esistono e là dove è possibile ovviarvi con una programmazione pastorale più razionale" (Christifideles laici CL 23).

Desidero ricordare qui che i fedeli non ordinati possono esercitare certi compiti o funzioni di collaborazione al servizio pastorale quando vi sono stati espressamente preparati dai loro rispettivi Pastori sacri (...) e secondo le prescrizioni del diritto (can. CIC 228, 1). Parimenti, non godono del diritto di aver voce attiva o passiva nel consiglio presbiterale i diaconi, i fedeli non ordinati, come pure i presbiteri che hanno perso lo stato clericale o che, in qualche modo, hanno abbandonato il ministero sacro (Cfr Instr. Su alcune questioni circa la collaborazione dei laici al ministero dei sacerdoti, Art. 5).

Infine, ricordo anche che i componenti del Consiglio Pastorale diocesano o parrocchiale godono esclusivamente di voto consultivo, che non può pertanto divenire deliberativo (Ibidem). Il Vescovo ascolterà i fedeli, clerici e laici, per farsi un'opinione, anche se questi non possono formulare il giudizio definitivo della Chiesa, che spetta al Vescovo discernere e pronunciare, non per una mera questione di coscienza, ma in quanto Maestro della Fede (can. CIC 212 CIC 512, 2). In tal modo, si eviterà che il Consiglio Pastorale possa intendersi in maniera costrittiva come organo rappresentativo o portavoce dei fedeli della Diocesi.

6. In un contesto più ampio, ma senza volersi allontanare da queste considerazioni che ho appena fatto, desidero anche far riferimento al tema del ripristino del Diaconato permanente per gli uomini coniugati, che ha costituito un importante arricchimento per la missione della Chiesa dopo il Concilio.

256 Di fatto, il Catechismo della Chiesa Cattolica considera la sua convenienza "nella vita liturgica e pastorale, ... nelle opere sociali e caritative" (CEC 1571). La collaborazione che il Diacono permanente offre alla Chiesa, in modo particolare laddove mancano i presbiteri reca, senza dubbio, grande beneficio alla vita ecclesiale. In Brasile esiste la Commissione Nazionale dei Diaconi, che ha la funzione di vegliare affinché l'indole del loro servizio possa esprimersi, sotto l'autorità dei Vescovi, dove fosse richiesto per il bene dei fedeli. Certamente il servizio del Diacono permanente è e sarà sempre limitato alle prescrizioni del diritto, poiché spetta ai presbiteri esercitare la piena potestà ministeriale; si evita, in tal modo, il rischio dell'ambiguità che può confondere i fedeli, soprattutto nelle Celebrazioni Liturgiche.

I Pastori devono, pertanto, sentire il bisogno di promuovere la pastorale vocazionale di quei giovani che, per amore verso Dio e la sua Chiesa, desiderano far dono di sé nel celibato apostolico reale e definitivo, con rettitudine morale e autentica libertà spirituale, alla causa di Dio. La proposta del celibato sacerdotale da parte della Chiesa è chiara nelle sue esigenze: abbraccia la perfetta continenza per il Regno dei Cieli.

7. Al termine di questo incontro, vi chiedo vivamente di essere portatori del mio cordiale ricordo ai vostri diocesani del Mato Grosso. Ho presenti in particolare i giovani all'inizio del loro cammino ecclesiale. Divenite partecipi dell'esperienza di quelle comunità diocesane più antiche e animatevi a vivere con gioia la fede in Cristo, nostro Salvatore.

Affido i vostri propositi e progetti pastorali alla protezione materna della Vergine Maria, che con tanto fervore viene invocata sempre in Brasile come la Senhora Aparecida. Colgo parimenti l'occasione per salutare, per mezzo di voi, i presbiteri e tutti i ministri della Chiesa, i Diaconi permanenti, le comunità di consacrati, le parrocchie, le Associazioni cristiane, le famiglie, gli anziani e quanti soffrono per ogni sorta di dolore fisico o morale; ricordo anche con gioia i giovani e i bambini, oggetto delle mie grandi speranze; infine assicuro tutti i cari diocesani del Mato Grosso e del Mato Grosso do Sul, del mio affetto e del mio incoraggiamento a vivere la propria vocazione cristiana in unione con Dio Nostro Signore e con il Successore di Pietro, con la Benedizione Apostolica che imparto loro di tutto cuore.


A CATECHISTI E PRESBITERI DEL CAMMINO NEOCATECUMENALE Sabato, 21 settembre 2002



1. È con grande piacere che vi ricevo, cari Catechisti e Presbiteri del Cammino Neocatecumenale, convenuti oggi qui per incontrare il Papa. Saluto e accolgo ognuno di voi con affetto e, nelle vostre persone, saluto tutto il Cammino Neocatecumenale, una realtà ecclesiale ormai diffusa in molti Paesi, con apprezzamento da parte di non pochi Pastori. Ringrazio per il caloroso indirizzo che mi ha rivolto il Signor Kiko Argüello, iniziatore del Cammino insieme alla Signorina Carmen Hernández. Con le sue parole egli, oltre ad esprimere il vostro fedele attaccamento alla Sede di Pietro ha testimoniato il vostro concorde amore per la Chiesa.

2. Come non ringraziare il Signore per i frutti portati dal Cammino Neocatecumenale nei suoi oltre trent’anni di esistenza? In una società secolarizzata come la nostra, dove dilaga l’indifferenza religiosa e molte persone vivono come se Dio non ci fosse, sono in tanti ad aver bisogno di una nuova scoperta dei sacramenti dell’iniziazione cristiana; specialmente di quello del Battesimo. Il Cammino é senz’altro una delle risposte provvidenziali a questa urgente necessità. Guardiamo le vostre comunità: quante riscoperte della bellezza e della grandezza della vocazione battesimale ricevuta! Quanta generosità e zelo nell’annunzio del Vangelo di Gesù Cristo, in particolare ai più lontani! Quante vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa sorte grazie a questo itinerario di formazione cristiana!

3. Ho vivo nella memoria il nostro ultimo incontro svoltosi nel mese di gennaio 1997, subito dopo il vostro raduno nei pressi del Monte Sinai per commemorare i trent’anni di vita del Cammino Neocatecumenale. In quel momento vi ho detto che la stesura degli Statuti del Cammino «è un passo molto importante, che apre la strada verso il suo formale riconoscimento giuridico da parte della Chiesa, dando a voi una ulteriore garanzia dell’autenticità del vostro carisma» (Insegnamenti, vol. XX/1, p. 143).

Il nostro incontro odierno esprime la gioia per la recente approvazione degli Statuti del Cammino Neocatecumenale da parte della Santa Sede. Sono lieto che questo itinerario, iniziatosi più di cinque anni or sono, sia stato portato a compimento mediante un intenso lavoro di consultazione, riflessione e dialogo. Il mio pensiero va ora alla persona del Cardinale James Francis Stafford, al quale desidero manifestare il mio ringraziamento per 1’impegno e la sollecitudine con cui il Pontificio Consiglio per i Laici ha accompagnato l’Èquipe responsabile internazionale del Cammino in questo processo.

4. Desidero sottolineare l’importanza degli Statuti appena approvati per la vita presente e futura del Cammino Neocatecumenale. Infatti questa norma, innanzi tutto, ribadisce ancora una volta la natura ecclesiale del Cammino Neocatecumenale che, come ho già avuto modo di dire alcuni anni fa, costituisce «un itinerario di formazione cattolica, valida per la società e per i tempi odierni» (AAS 82 [1990] 1515).

Gli Statuti del Cammino Neocatecumenale, inoltre, descrivono, gli aspetti essenziali di questo itinerario rivolto ai fedeli che nelle loro comunità parrocchiali desiderano ravvivare la loro fede, come pure a quelle persone ormai adulte, che si preparano a ricevere il sacramento del Battesimo. Soprattutto, però, gli Statuti, stabiliscono i compiti fondamentali delle diverse persone, che hanno specifiche responsabilità nel portare avanti questo iter formativo all’interno delle comunità neocatecumenali, cioè: i presbiteri, i catechisti, le famiglie in missione e le équipes responsabili ad ogni livello. In questa maniera, gli Statuti devono costituire per il Cammino Neocatecumenale una «chiara e sicura regola di vita» (Lettera a S. Em. R. il Card. James F. Stafford 5 aprile 2001), un punto di riferimento fondamentale affinché questo processo di formazione, che ha come obiettivo di portare i fedeli ad una fede matura, possa essere realizzato in un modo confacente alla dottrina e alla disciplina della Chiesa.

257 5. L’approvazione degli Statuti apre una nuova tappa nella vita del Cammino. La Chiesa si aspetta adesso da voi un impegno ancora più forte e generoso nella nuova evangelizzazione e nel servizio alle Chiese locali e alle parrocchie. Pertanto voi, Presbiteri e Catechisti del Cammino avete la responsabilità che gli Statuti siano mesi in opera fedelmente in tutti i loro aspetti, così da diventare un vero fermento per un nuovo slancio missionario.

Gli Statuti costituiscono, altresì, un importante aiuto per tutti i Pastori della Chiesa, particolarmente per i Vescovi diocesani, ai quali è affidata dal Signore la cura pastorale e, in particolare, l’iniziazione cristiana delle persone nella diocesi. "Nel loro paterno e vigile accompagnamento delle comunità neocatecumenale" (Decreto del Pontificio Consiglio per i Laici, 29 giugno 2002), gli Ordinari diocesani potranno trovare negli Statuti i principi-base di attuazione del Cammino Neocatecumenale in fedeltà al suo progetto originario.

Desidero specialmente rivolgere una parola a voi sacerdoti, che siete impegnati al servizio delle comunità neocatecumenali. Non dimenticate mai che, in quanto Ministri di Cristo, avete un ruolo insostituibile di santificazione, di insegnamento e di guida pastorale nei confronti di coloro che percorrono l’itinerario del Cammino. Servite con amore e generosità le comunità a voi affidate!

6. Cari Fratelli e Sorelle, con l'approvazione degli Statuti del Cammino Neocatecumenale si è giunti felicemente a definirne l'essenziale configurazione ecclesiale. Ne ringraziamo insieme il Signore.

Spetta ora ai Dicasteri competenti della Santa Sede esaminare il Direttorio catechetico e tutta la prassi catechetica nonché liturgica del Cammino stesso. Sono certo che i suoi membri non mancheranno di assecondare con generosa disponibilità le indicazioni che loro verranno da tali autorevoli Fonti.

Continuo a seguire con viva attenzione la vostra opera nella Chiesa e nelle mie preghiere vi affido tutti alla Santissima Vergine Maria, Stella della Nuova Evangelizzazione, e vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica.


AI VESCOVI NOVELLI


Lunedì, 23 settembre 2002




Carissimi Confratelli nell’Episcopato!

1. Con grande gioia do il mio cordiale benvenuto a tutti voi, giovani Vescovi, provenienti da vari Paesi del mondo e riuniti a Roma in occasione dell’annuale Convegno promosso dalla Congregazione per i Vescovi. E’ con affetto fraterno che vi saluto rivolgendovi le parole dell’Apostolo: “Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo” (Rm 1,7).

Ringrazio il Signor Cardinale Giovanni Battista Re per le cortesi parole che, anche a nome di tutti voi, mi harivolto per manifestare la vostra ferma volontà di piena comunione con il Successore di Pietro.

Sono grato anche ai Legionari di Cristo per la premurosa accoglienza che, anche quest’anno, hanno offerto ai partecipanti al Convegno.

258 Esprimo apprezzamento per l’iniziativa di questo incontro, a Roma, di preghiera, di riflessione e di studio circa alcuni principali impegni, sfide e problemi che i Vescovi sono chiamati ad affrontare.

2. Cari Fratelli nell’Episcopato, il vostro incontro odierno con il Papa ben si inserisce tra le finalità del vostro Convegno, perché vuol essere anche un pellegrinaggio alla Tomba dell’Apostolo Pietro.

Mira infatti a consolidare il vincolo di comunione con suo Successore, che ha ricevuto la missione di confermare i suoi fratelli (cfr
Lc 22,32), costituendo “il principio e il fondamento perpetuo e visibile dell’unità della fede e della comunione” (LG 18).

Nella solenne Concelebrazione conclusiva del Sinodo dello scorso anno sul ministero e la vita dei Vescovi, ho affermato: “Soltanto se sarà chiaramente percepibile una profonda e convinta unità dei Pastori fra loro e col Successore di Pietro, come pure dei Vescovi con i loro sacerdoti, potrà essere data una risposta credibile alle sfide che provengono dall’attuale contesto culturale” (in “L’Osservatore Romano”, 28 ottobre 2001).

Da parte mia, desidero confermarvi il mio affetto, il mio sostegno e la mia vicinanza spirituale e assicurarvi che condivido gli aneliti e le preoccupazioni del vostro servizio apostolico che, all’alba del terzo millennio, si annuncia molto impegnativo ma anche singolarmente esaltante.

3. La figura del Vescovo, quale è emersa nel recente Sinodo episcopale, è quella del Pastore che, configurato a Cristo nella santità della vita, si spende generosamente per il suo gregge. Con il sacramento dell’Ordine, mediante una nuova effusione dello Spirito Santo, noi siamo stati configurati a Cristo, sommo ed eterno sacerdote, Pastore e Vescovo delle anime (cfr 1P 2,25).

E, nel contempo, come ricorda il Decreto conciliare Christus Dominus, noi siamo stati deputati al ministero dell’annuncio, della santificazione e dell’animazione, per 1’edificazione del Corpo di Cristo che è la Chiesa (cfr CD 2).

L’efficacia e la fecondità del nostro ministero dipende in gran parte dalla nostra configurazione a Cristo e dalla nostra santità personale. Nella Lettera Apostolica Novo millennio ineunte ho ricordato che “la prospettiva in cui deve porsi tutto il cammino pastorale è quella della santità” (n. 30). Compito primario del Pastore è di far crescere in tutti i credenti un autentico desiderio di santità, alla quale siamo tutti chiamati e nella quale culminano le aspirazioni dell’essere umano. A questo mira il nostro ministero pastorale. Se la santità è “la misura alta” della vita cristiana ordinaria, a maggior ragione essa deve rifulgere nella vita di un Vescovo, ispirandone ogni comportamento (cfr ibid, n. 31).

4. Cari Confratelli, un’altra priorità che vorrei sottolineare è l’attenzione verso i vostri sacerdoti, che sono i collaboratori più stretti del vostro ministero.

Abbiate un affetto privilegiato verso i presbiteri e curate la loro formazione permanente. La cura spirituale del presbiterio è un dovere primario per ogni Vescovo diocesano. Il gesto del sacerdote che pone le proprie mani nelle mani del Vescovo, nel giorno dell’ordinazione presbiterale, professandogli “filiale rispetto e obbedienza”, a prima vista può sembrare un gesto a senso unico. Il gesto in realtà, impegna entrambi: il sacerdote e il Vescovo. Il giovane presbitero sceglie di affidarsi al Vescovo e, da parte sua, il Vescovo si impegna a custodire queste mani. Il Vescovo diviene in tal modo responsabile della sorte di quelle mani che accetta di stringere tra le sue. Un prete deve poter sentire, specie nei momenti di difficoltà o di solitudine, che le sue mani sono strette da quelle del Vescovo.

Inoltre, dedicatevi con passione a promuovere autentiche vocazioni al sacerdozio, con la preghiera, la testimonianza della vita e la sollecitudine pastorale.

259 5. A1 cuore del vostro Convegno, al cuore delle riflessioni di questi giorni, c’è la volontà di rispondere nel modo migliore alla missione che vi è stata affidata, per comunicare Cristo all’uomo di oggi, nel mondo di oggi. L’ideale appassionato dell’Apostolo, che diceva: “Guai a me se non predicassi il Vangelo” (1Co 9,16), sia anche il vostro.

Ogni giorno facciamo esperienza che il nostro tempo, così ricco di mezzi tecnici, di mezzi materiali e di comodità si presenta drammaticamente povero di fini, di valori e di ideali. L’uomo di oggi, privo di riferimenti ai valori, si ripiega spesso su orizzonti ristretti e relativi. In questo contesto agnostico e a volte ostile, la missione di un Vescovo non è facile. Non dobbiamo, però, cedere al pessimismo e allo scoraggiamento, perché è lo Spirito che guida la Chiesa e le dà, con il suo soffio gagliardo, il coraggio di osare nel cercare nuovi metodi di evangelizzazione per raggiungere ambiti finora inesplorati. La verità cristiana è attraente e persuasiva proprio perché sa imprimere forti orientamenti all’esistenza umana, annunciando in maniera convincente che Cristo è l’unico Salvatore di tutto il genere umano. Questo annuncio resta valido oggi come lo fu all’inizio del cristianesimo, quando si operò la prima grande espansione missionaria del Vangelo.

6. Cari Vescovi novelli, in questi giorni avete potuto ascoltare la testimonianza di Vescovi già sperimentati nel servizio episcopale, come pure di Capi di Dicasteri della Curia Romana, per un sereno approfondimento di alcuni temi e problemi pratici che interpellano maggiormente la vita di un Vescovo. Auspico di cuore che questa esperienza contribuisca a suscitare in voi, da poco rivestiti del mandato apostolico, generosità e grandezza d’animo, dando nuovo slancio al vostro ministero.

Insieme a voi ricordo al Signore ciascuna delle vostre Chiese, i vostri amati sacerdoti, i diaconi, i seminaristi, ireligiosi e le religiose, i fedeli laici e le loro famiglie e tutto il popolo di Dio.

Mentre affido la vostra missione apostolica all’intercessione della Vergine Maria, imparto a tutti la Benedizione Apostolica, propiziatrice della continua assistenza divina.


AI PARTECIPANTI AL PELLEGRINAGGIO


DELL'ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE "FOI ET LUMIÈRE"


Giovedì, 26 settembre 2002




Cari Amici,

Sono particolarmente lieto di accogliervi, voi che rappresentate l'Associazione internazionale "Foi et Lumière", e saluto in modo speciale Marie-Hélène Mathieu e Jean Vanier, suoi fondatori.

Nato a Lourdes, il vostro movimento ha ricevuto molto della grazia di questo luogo particolare, dove i malati e i disabili occupano il primo posto. Accogliendo tutti questi "piccoli" segnati da un impedimento mentale, avete riconosciuto in essi dei testimoni particolari della tenerezza di Dio, dai quali abbiamo molto da imparare e che hanno un posto specifico nella Chiesa. Di fatto, la loro partecipazione alla comunità ecclesiale apre la via a rapporti semplici e fraterni, e la loro preghiera filiale e spontanea ci invita tutti a volgerci al nostro Padre celeste.

Penso parimenti ai loro genitori che, grazie a voi, si sentono sostenuti nella loro sofferenza e che vedono la loro disperazione tramutarsi in speranza, per accogliere in umanità e nella fede i loro figli disabili. Essi scoprono il cammino della conversione che il Vangelo apre all'uomo: mediante la Croce, espressione dell'"amore più grande" del Signore per i suoi amici, a ognuno è dato di partecipare alla vita di Dio, che è amore.

Desidero rendere ancora grazie per la vostra testimonianza nella nostra società, chiamata a scoprire sempre più la dignità dei disabili, ad accoglierli e a integrarli nella vita sociale, anche se resta molto da fare affinché sia realmente rispettata la dignità di ogni essere umano e non si rechi mai danno al dono della vita, soprattutto quando si tratta di quella di bambini disabili. Voi lavorate a ciò con generosità e competenza. Rendo anche omaggio al coraggio delle famiglie e delle associazioni che si occupano dei disabili. Esse ci ricordano il significato e il valore di ogni esistenza.


GP2 Discorsi 2002 253