GP2 Discorsi 2002 269


AL PATRIARCA ORTODOSSO DI ROMANIA


SUA BEATITUDINE TEOCTIST


Lunedì 7 ottobre 2002




Ho la gioia di dare il benvenuto al Patriarca ortodosso di Romania, Sua Beatitudine Teoctist, e agli illustri componenti della sua Delegazione, che lo accompagnano a Roma per una visita, che ha inizio oggi. Sua Beatitudine il Patriarca è appena arrivato ed io ho voluto che la sua visita iniziasse nel quadro di quest'Udienza generale, alla presenza di tanti fedeli, convenuti da ogni parte del mondo.

Beatitudine si iubite frate, Dumneavoastra faceti aceast vizita însufletit de însesi sentimentele si asteptarile mele. Regasirea împreuna la mormântul Sfintilor Apostoli Petru si Paul este semn al vointei noastre comune de a depasi obstacolele, care impiedica înca restabilirea deplinei comuniuni între noi.

Beatitudine e caro Fratello, Lei compie questa visita animato dai miei stessi sentimenti e dalle mie stesse aspettative. Il ritrovarci presso la tomba dei Santi Apostoli Pietro e Paolo è segno della nostra comune volontà di superare gli ostacoli, che ancora impediscono il ristabilimento della piena comunione tra di noi.

Anche l’attuale visita è un atto purificante delle nostre memorie di divisione, di confronto spesso acceso, di azioni e parole, che hanno condotto a dolorose separazioni. Il futuro, tuttavia, non è un tunnel buio e ignoto. Esso è già illuminato dalla grazia di Dio; su di esso, la luce vivificante dello Spirito già getta un riflesso consolante. Questa certezza non soltanto prevale su ogni umano scoraggiamento, sulla stanchezza che a volte frena i nostri passi; essa ci convince soprattutto che nulla è impossibile a Dio, e che dunque, se ne saremo degni, egli ci concederà anche il dono della piena unità.

270 Affido alle vostre preghiere, cari fedeli qui presenti, la visita a Roma di Sua Beatitudine Teoctist ed auspico di cuore che egli trovi in tutti coloro che lo riceveranno a mio nome gli stessi sentimenti con i quali io lo accolgo oggi. Possano questi giorni alimentare il nostro dialogo, nutrire le nostre speranze, renderci più consapevoli di ciò che ci unisce, delle nostre comuni radici di fede, del nostro patrimonio liturgico, dei Santi e dei Testimoni che abbiamo in comune. Voglia il Signore farci sperimentare ancora una volta quanto è bello e dolce invocarlo insieme.

Ascoltato il saluto del Patriarca Teoctist, il Papa ha così risposto:

Nous remercions Sa Béatitude, le Patriarche, dont la visite commence aujourd'hui et nous lui souhaitons une très bonne semaine à Rome. Nous voulons offrir à Votre Béatitude une très grande hospitalité chez nous. Les personnes qui participent à cette première rencontre, sont les membres de l'Opus Dei. Ils sont venus pour remercier aujourd'hui pour la canonisation de leur fondateur, Escrivá de Balaguer. Je pense qu'ils sont très satisfaits. A la fin de leur audience, ils vont encore rencontrer, écouter Votre Béatitude. Je vous remercie, je vous remercie.




AI PARTECIPANTI ALL’ASSEMBLEA PLENARIA


DELLA PONTIFICIA COMMISSIONE


PER I BENI CULTURALI DELLA CHIESA


Sabato, 9 ottobre 2002




Venerati Fratelli nell'Episcopato,
carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Sono lieto di accogliervi, al termine dei lavori della IV Congregazione Plenaria della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa. Porgo a ciascuno un saluto cordiale, unendo sentimenti di viva gratitudine per il servizio sinora da voi svolto.

Il mio pensiero va, anzitutto, a Mons. Francesco Marchisano, Presidente della Commissione, che ringrazio per i sentimenti espressi a nome di tutti e per l'efficace sintesi dell'attività svolta. Il mio ringraziamento si estende ai Membri, agli Officiali e ai vari esperti, che generosamente offrono la loro intensa e proficua collaborazione. Desidero confermare a tutti il mio apprezzamento per quanto codesta Commissione sta facendo non soltanto per la tutela e la valorizzazione della ricca eredità artistica, monumentale e culturale accumulata dalla comunità cristiana nel corso di due millenni, ma anche per far meglio comprendere la sorgente spirituale da cui essa è scaturita.

La Chiesa ha sempre ritenuto che, attraverso l'arte nelle sue varie espressioni si rifletta, in qualche modo, l'infinita bellezza di Dio e la mente umana venga quasi naturalmente indirizzata verso di Lui. Anche grazie a questo contributo, come ricorda il Concilio Vaticano II, "la conoscenza di Dio viene meglio manifestata e la predicazione evangelica si rende più trasparente all'intelligenza degli uomini" (Gaudium et spes GS 62).

2. La Plenaria appena conclusa ha dedicato la sua attenzione al tema: "I beni culturali per l'identità territoriale e per il dialogo artistico-culturale tra i popoli". Ai giorni nostri, una più marcata sensibilità verso la conservazione e la ‘fruibilità’ delle risorse artistiche e culturali sta caratterizzando le politiche delle pubbliche amministrazioni e le molteplici iniziative di istituzioni private.

Caratterizza infatti il nostro tempo la consapevolezza che arte, architettura, archivi, biblioteche, musei, musica e teatro sacro non costituiscono solamente un deposito di manufatti storico-artistici, bensì un insieme di beni fruibili dall'intera comunità. A ragione, pertanto, la vostra Commissione ha progressivamente esteso i suoi interventi su raggio mondiale, consapevole che i beni culturali ecclesiastici costituiscono un terreno favorevole per un fecondo confronto interculturale. Alla luce di ciò, è quanto mai importante che venga garantita la tutela giuridica di tale patrimonio con opportuni orientamenti e disposizioni, che tengano conto delle esigenze religiose, sociali e culturali delle popolazioni locali.

271 3. Vorrei qui ricordare, con sentimenti di viva gratitudine, il contributo delle circolari e degli orientamenti offerti a conclusione delle periodiche Congregazioni Plenarie della vostra Commissione. Con il tempo ci si rende conto di quanto indispensabile sia collaborare fattivamente con le amministrazioni e le istituzioni civili al fine di creare insieme, ciascuno per quanto di propria competenza, efficaci sinergie operative a difesa e salvaguardia dell'universale patrimonio artistico. Sta molto a cuore alla Chiesa la valorizzazione pastorale del suo tesoro artistico. Essa infatti sa bene che per trasmettere tutti gli aspetti del messaggio affidatole da Cristo, le è singolarmente utile la mediazione dell'arte (cfr Giovanni Paolo II, Lettera agli Artisti, 12).

La natura organica dei beni culturali della Chiesa non permette di separare la loro fruizione estetica dalla finalità religiosa perseguita dall'azione pastorale. L'edificio sacro, ad esempio, raggiunge la sua perfezione ‘estetica’ proprio durante la celebrazione dei divini misteri, dato che è proprio in quel momento che risplende nel suo più vero significato. Gli elementi dell'architettura, della pittura, della scultura, della musica, del canto e delle luci formano parte dell'unico complesso che accoglie per le proprie celebrazioni liturgiche la comunità dei fedeli, costituita da "pietre vive" che formano un "edificio spirituale" (cfr PT 2,5).

4. Carissimi Fratelli e Sorelle! La Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa rende da ormai 12 anni un prezioso servizio alla Chiesa. Vi incoraggio a proseguire nel vostro impegno, coinvolgendo sempre più quanti s'adoperano per vitalizzare il nostro patrimonio storico-artistico. Attraverso la vostra azione, si intensifichi un fecondo dialogo con gli artisti contemporanei, favorendo con ogni mezzo l'incontro e l'abbraccio fra la Chiesa e l'arte. A tale proposito, nella Lettera agli Artisti ricordavo che "a contatto con le opere d’arte, l’umanità di tutti i tempi – anche quella di oggi – aspetta di essere illuminata sul proprio cammino e sul proprio destino" (n. 14)

La Chiesa intende offrire un germe di speranza che superi il pessimismo e lo smarrimento anche attraverso i beni culturali, che possono rappresentare il fermento di un nuovo umanesimo su cui innestare più efficacemente la nuova evangelizzazione.

Con tali sentimenti, invocando la materna intercessione di Maria, la Tota pulchra, imparto di cuore a voi e alle persone care la mia Benedizione.




AI PARTECIPANTI AL CONGRESSO CATECHISTICO


INTERNAZIONALE PROMOSSO DALLE CONGREGAZIONI


PER LA DOTTRINA DELLA FEDE E PER IL CLERO


Venerdì, 11 ottobre 2002




1. Sono particolarmente lieto di intervenire a questo Congresso Catechistico Internazionale, convocato per celebrare il decimo anniversario della pubblicazione dell'edizione originale del Catechismo della Chiesa Cattolica e il quinto anniversario della promulgazione della sua edizione tipica latina.

Nello stesso tempo, in tale importante assise, si vogliono anche ricordare altri avvenimenti che hanno caratterizzato, in questi ultimi decenni, la vita catechistica ecclesiale: il XXV anniversario dello svolgimento, nel 1977, della IV Assemblea generale del Sinodo dei Vescovi dedicata alla catechesi, e il V anniversario della pubblicazione, avvenuta nel 1997, della nuova edizione del Direttorio Generale per la Catechesi. Soprattutto, però, mi è caro sottolineare che esattamente quarant'anni or sono, il beato Giovanni XXIII apriva solennemente il Concilio Ecumenico Vaticano II: ad esso il Catechismo fa costante riferimento, tanto che lo si potrebbe a buon diritto chiamare il Catechismo del Vaticano II. I testi conciliari costituiscono una sicura "bussola" per i credenti del terzo millennio.

2. Ringrazio di vivo cuore il Signor Cardinale Joseph Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, per le parole con cui ha introdotto questo nostro incontro e ha presentato il vostro lavoro, e il Signor Cardinale Darío Castrillón Hoyos, Prefetto della Congregazione per il Clero, per aver, di comune intesa, promosso e presieduto tale Congresso. Rivolgo pure un cordiale e grato saluto a voi, venerati Fratelli nell'Episcopato, e a tutti voi, rappresentanti delle varie Chiese locali, impegnati, a diverso titolo ma con il medesimo entusiasmo e coraggio, nei vari Organismi internazionali e nazionali, istituiti per la promozione della catechesi.

3. In questi giorni avete pregato, riflettuto e dialogato insieme su come dare attuazione, nel contesto odierno, a quella che è l'ansia perenne e sempre nuova della Chiesa cattolica: annunciare a tutti il lieto messaggio che Cristo ci ha affidato. Il motto, scelto per questo Congresso, lo esprime egregiamente: "Nutrirci della Parola, per essere ‘servi della Parola’ nell'impegno dell'evangelizzazione: euntes in mundum universum".

Durante queste intense giornate di lavoro, avete cercato di attuare quanto ho scritto nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte: "Aprire il cuore all'onda della grazia e consentire alla parola di Cristo di passare attraverso di noi con tutta la sua potenza: Duc in altum!" (n. 38).

272 Accogliere noi e condividere con gli altri l'annuncio di Cristo, che "è lo stesso ieri, oggi e sempre" (He 13,8): questo è l'assillo che deve caratterizzare la vita di ogni cristiano e di ogni Comunità ecclesiale.

4. Per questo terzo millennio, appena iniziato, il Signore ci ha regalato uno strumento particolare per l'annuncio della sua Parola: il Catechismo della Chiesa Cattolica, da me approvato dieci anni or sono.

Esso mantiene tuttora la sua realtà di dono privilegiato, messo a disposizione di tutta la Chiesa Cattolica, ed anche offerto "ad ogni uomo che ci domanda ragione della speranza che è in noi e che voglia conoscere ciò che la Chiesa Cattolica crede", come scrissi nella Costituzione apostolica Fidei depositum, in occasione della pubblicazione dell'edizione originale del Catechismo.

In quanto esposizione completa e integra della verità cattolica, della doctrina tam de fide quam de moribus valida sempre e per tutti, esso, con i suoi contenuti essenziali e fondamentali, consente di conoscere ed approfondire, in modo positivo e sereno, ciò che la Chiesa Cattolica crede, celebra, vive, prega.

Presentando la dottrina cattolica in modo genuino e sistematico, pur nella sua sinteticità (non omnia sed totum), il Catechismo riconduce ogni contenuto della catechesi al suo centro vitale, che è la persona di Cristo Signore. L'ampio spazio dato alla Bibbia, alla Tradizione occidentale e orientale della Chiesa, ai Santi Padri, al Magistero, all'agiografia; la centralità assicurata al ricco contenuto della fede cristiana; l'interconnessione delle quattro parti, che costituiscono, in modo complementare, l'ossatura del testo e che evidenziano lo stretto legame tra lex credendi, lex celebrandi, lex agendi, lex operandi, sono solo alcuni dei pregi di questo Catechismo, che ci consente ancora una volta di stupirci di fronte alla bellezza e ricchezza del messaggio di Cristo.

5. Non va neppure dimenticata la sua natura di testo magisteriale collegiale. Suggerito infatti dal Sinodo episcopale del 1985, redatto da Vescovi quale frutto della consultazione dell'intero Episcopato, da me approvato nella versione originale del 1992 e promulgato nell'edizione tipica latina del 1997, destinato anzitutto ai Vescovi, quali maestri autorevoli della fede cattolica e primi responsabili della catechesi e dell'evangelizzazione, il testo è destinato a diventare sempre di più uno strumento valido e legittimo al servizio della comunione ecclesiale, con il grado di autorevolezza, autenticità e veridicità che è proprio del Magistero ordinario pontificio.

Del resto la buona accoglienza e la larga diffusione, che esso ha avuto in questo decennio nelle varie parti del mondo, anche in ambito non cattolico, sono una positiva testimonianza della sua validità e continua attualità.

Tutto ciò non deve far diminuire, ma piuttosto intensificare il nostro rinnovato impegno per una sua maggiore diffusione, per una sua più gioiosa accoglienza e un suo migliore utilizzo nella Chiesa e nel mondo, come anche è stato ampiamente auspicato e concretamente indicato durante i lavori di questo Congresso.

6. Un ruolo particolare il Catechismo è chiamato a svolgere nei confronti dell'elaborazione dei catechismi locali, per i quali esso si propone come "punto di riferimento" sicuro e autentico nel delicato impegno di mediazione a livello locale dell'unico e perenne deposito della fede. E' necessario, infatti, coniugare insieme, con l'aiuto dello Spirito Santo, la meravigliosa unità del mistero cristiano con la molteplicità delle esigenze e delle situazioni dei destinatari dell'annuncio.

Per realizzare tale obiettivo, è a disposizione da 5 anni anche la rinnovata edizione del Direttorio Generale per la Catechesi. In quanto revisione del Direttorio del 1971 voluto dal Concilio Vaticano II, il nuovo testo costituisce un documento importante per orientare e stimolare il rinnovamento catechetico, sempre indispensabile per tutta la Chiesa.

Come è ben indicato nella sua Prefazione, esso, assumendo i contenuti della fede proposti dal Catechismo della Chiesa Cattolica, offre, in particolare, norme e criteri per la loro presentazione, come pure i principi di fondo per l'elaborazione dei Catechismi per le Chiese particolari e locali, formulando altresì le linee essenziali e le coordinate fondamentali di una sana e ricca pedagogia della fede, ispirata alla pedagogia divina e attenta alle molteplici e complesse situazioni dei destinatari dell'annuncio catechistico, immersi in un variegato contesto culturale.

273 7. Auspico cordialmente che i vostri lavori contribuiscano a dare ulteriore risalto a quella priorità pastorale che è una catechesi chiara e motivata, integrale e sistematica e, quando occorre, anche apologetica. Una catechesi che sia tale da poter rimanere fissata nella mente e nel cuore, così da nutrire la preghiera, imprimere uno stile alla vita, orientare il comportamento dei fedeli.

Sui partecipanti al Congresso e sui vostri lavori invoco la protezione della Vergine Maria, la perfetta "serva della Parola", che cammina sempre davanti a noi per indicarci la Via, per tenere i nostri sguardi fissi sulla Verità e ottenerci ogni grazia di Vita, che scaturisce unicamente da Gesù Cristo suo Figlio e nostro Signore.

Con la mia Benedizione.

VISITA DEL PATRIARCA DELLA CHIESA ORTODOSSA ROMENA,

SUA BEATITUDINE TEOCTIST,A SUA SANTITÀ PAPA

GIOVANNI PAOLO II E ALLA CHIESA DI ROMA

Sabato, 12 ottobre 2002




Beatitudine e caro Fratello!

1. L'accolgo con viva gioia in questo nostro incontro, che ci permette nuovamente di salutarci l'un l'altro con sentimenti di carità (cfr 1P 14), prima di ritrovarci insieme davanti al Signore, domani, durante la Liturgia eucaristica in San Pietro. L'odierno incontro ci consente uno scambio più diretto e personale, e dà forma concreta ad una promessa: continuare insieme, come abbiamo fatto in questi giorni, a pascere il gregge che Dio ci ha affidato, facendoci modelli del gregge (cfr ibid., 5, 2-3), affinché esso ci segua con docilità lungo la via difficile, ma tanto ricca di gioia, dell'unità e della comunione (cfr Lettera enc. Ut unum sint UUS 2).

In questa lieta circostanza, il mio pensiero torna con gratitudine ai giorni del Concilio Vaticano II, al quale partecipai come Pastore di Cracovia. Nelle discussioni di quell'assise conciliare intorno al mistero della Chiesa, fu inevitabile constatare con dolore la divisione che perdurava da quasi un millennio tra le venerabili Chiese Orientali e Roma, così come affiorò chiaramente che i tanti secoli di incomprensioni e malintesi dall'una e dall'altra parte avevano provocato ingiustizie ed un vuoto d'amore. Papa Giovanni XXIII, già nell'espletamento dei suoi incarichi di Delegato Apostolico a Sofia e a Costantinopoli, aveva gettato le basi di una più profonda comprensione e di un maggiore rispetto reciproci.

2. Il Concilio riscoprì che la ricca tradizione spirituale, liturgica, disciplinare e teologica delle Chiese d'Oriente appartiene al patrimonio comune della Chiesa una, santa, cattolica e apostolica (cfr Unitatis redintegratio UR 16); esso sottolineò, inoltre, la necessità di conservare nei confronti di tali Chiese quelle fraterne relazioni che ci devono essere tra le Chiese locali, come tra Chiese sorelle (ibid., 14).

A conclusione dei lavori del Concilio, con un gesto altamente significativo, compiuto contemporaneamente a Roma nella Basilica di San Pietro e a Costantinopoli, furono cancellate dalla memoria della Chiesa le reciproche condanne del 1054. Tra il mio predecessore, Papa Paolo VI, ed il Patriarca Ecumenico Athenagoras era già avvenuto a quell'epoca un incontro memorabile, ed era iniziato tra loro un importante scambio epistolare, che porta a giusto titolo il nome di Tomos Agapis.

Da allora, la nostra comunione, e penso di poter dire la nostra amicizia, si è approfondita grazie ad un reciproco scambio di visite e di messaggi. Con gioia ricordo la prima visita che Vostra Beatitudine ha compiuto a Roma nel 1989, ed il mio viaggio a Bucarest nel 1999. Con il trascorrere del tempo, il proficuo scambio tra le nostre Chiese è avvenuto anche ad altri livelli: tra Vescovi, teologi, sacerdoti, religiosi e studenti. Nel 1980 hanno preso avvio i lavori di una Commissione Mista Internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa nel suo insieme, ed essa ha potuto elaborare e pubblicare vari documenti. Si tratta di testi dai quali affiora tutta l'ampiezza della nostra comunione di fede nel mistero dell'Eucarestia, dei Sacramenti, del Sacerdozio e del ministero episcopale nella successione apostolica. Alla luce di questa sua funzione di fondamentale importanza, sarebbe auspicabile che la Commissione riprenda quanto prima la sua ricerca.

3. Profondamente grati al Signore per quanto abbiamo potuto realizzare insieme, non possiamo tuttavia negare l'insorgere di alcune difficoltà lungo il nostro comune cammino. Negli anni 1989/90, dopo quarant'anni di dittatura comunista, l'Europa dell'Est ha potuto nuovamente assaporare la libertà. Anche le Chiese orientali in piena comunione con la sede di Pietro, che erano state duramente perseguitate e brutalmente represse, hanno ritrovato il loro posto nella vita pubblica.

274 Ciò ha generato tensioni, che speriamo possano essere superate in uno spirito di giustizia e di amore. La pace della Chiesa è un bene talmente grande, che ognuno deve essere pronto a compiere sacrifici per la sua realizzazione. Noi siamo pienamente fiduciosi che Ella, Beatitudine, saprà perorare la causa della pace con intelligenza, sapienza ed amore. Nel percorrere questa via, verranno in nostro aiuto e ci accompagneranno i molti testimoni che, in luoghi e tempi diversi, hanno dato il loro luminoso esempio.

4. Mentre con sentimento di viva gratitudine volgo lo sguardo al cammino su cui ci ha guidato lo Spirito di Dio nel corso degli ultimi decenni, sento sorgere in me anche un interrogativo: come proseguire? Quali potranno essere i nostri prossimi passi per pervenire finalmente alla piena comunione? E' certo che, anche nel futuro, dovremo continuare sulla via comune del dialogo della verità e dell'amore.

Continuare il dialogo della verità significa tentare di chiarire e superare le differenze che ancora permangono, moltiplicando gli scambi e le riflessioni a livello teologico. L'obiettivo è quello di giungere, alla luce del sublime modello della Santa Trinità, ad un'unità che non comporti ne assorbimento né fusione (cfr Slavorum Apostoli, 27), ma che rispetti la legittima differenza tra le diverse tradizioni, che sono parte integrante della ricchezza della Chiesa.

Abbiamo dei principi di comportamento, che sono stati formulati in testi comuni e che, per la Chiesa cattolica, sono tuttora validi. Siamo anche noi preoccupati di fronte al proselitismo di nuove comunità o movimenti religiosi, non storicamente radicati, che invadono paesi e regioni dove sono presenti le Chiese tradizionali e dove da secoli viene proclamato l'annuncio del Vangelo. Anche la Chiesa cattolica fa la triste esperienza di tutto ciò in diverse parti del mondo.

Da parte sua, la Chiesa cattolica riconosce la missione che le Chiese ortodosse sono chiamate a svolgere nei paesi dove sono radicate da secoli. Essa non desidera fare altro che aiutare e collaborare a questa missione, e poter svolgere il suo compito pastorale nei confronti dei suoi fedeli e di coloro che ad essa si rivolgono liberamente. A riprova di tale atteggiamento, la Chiesa cattolica ha cercato di sostenere ed aiutare la missione delle Chiese ortodosse nei loro paesi di origine come anche l'attività pastorale delle molte comunità che vivono nella diaspora accanto alle comunità cattoliche. Tuttavia, se dovessero insorgere problemi o incomprensioni, è necessario affrontarli mediante un dialogo fraterno e franco, ricercando soluzioni che possano impegnare reciprocamente le due parti. La Chiesa cattolica è sempre aperta a questo dialogo per dare insieme una testimonianza cristiana sempre più convincente.

Proseguire con il dialogo dell'amore significa continuare a promuovere lo scambio e l'incontro personale tra Vescovi, sacerdoti e laici, tra centri monastici e studenti di teologia. Sì, penso che dovremmo incoraggiare soprattutto l'incontro dei giovani, poiché essi sono sempre curiosi di conoscere mondi diversi dal loro, di aprirsi ad una dimensione più vasta. Il nostro compito è dunque quello di estirpare i vecchi pregiudizi e di preparare un futuro nuovo all'insegna della pace reciprocamente data.

5. Un altro aspetto mi sembra interessante. Mi chiedo, cioè, se le nostre relazioni siano diventate sufficientemente profonde e mature da permetterci, con la grazia di Dio, di dare ad esse una salda struttura istituzionale, in modo da trovare anche forme stabili di comunicazione e di scambio regolare e reciproco di informazioni con ciascuna Chiesa ortodossa, e a livello della Chiesa cattolica e della Chiesa ortodossa nel suo insieme. Sarei grato se tale questione potesse essere oggetto di seria riflessione nel corso dei dialoghi futuri, e se si potessero suggerire soluzioni costruttive in tal senso.

Siamo consapevoli di essere soltanto deboli strumenti nelle mani di Dio. Solo lo Spirito di Dio può donarci la piena comunione. Perciò è importante pregarlo con sempre maggiore intensità, affinché Egli ci conceda pace e unità. Come Maria e gli Apostoli, riuniamoci insieme e preghiamo per la venuta dello Spirito d'amore e d'unità. E continuiamo il nostro comune pellegrinaggio verso la visibile unità, nella fiducia che Egli guida i nostri passi.
***


Discorso di Sua Beatitudine Teoctist

DICHIARAZIONE COMUNE


DI SUA SANTITÀ IL PAPA GIOVANNI PAOLO II


E


DI SUA BEATITUDINE IL PATRIARCA TEOCTIST




"E la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me" (Jn 17,22-23).

275 Nella gioia profonda del ritrovarci insieme nella città di Roma, presso la tomba dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, ci scambiamo l'abbraccio di pace di fronte a Colui che veglia sulla sua Chiesa e guida i nostri passi, e meditiamo ancora una volta queste parole che l'evangelista Giovanni ci ha tramandato e che sono l'accorata preghiera di Cristo alla vigilia della sua Passione.

1. Questo nostro incontro si pone come continuazione dell'abbraccio che ci siamo scambiati a Bucarest nel mese di maggio del 1999, mentre risuona ancora nel nostro cuore l’appello accorato: "Unitate, unitate! Unità, unità!", levatosi spontaneamente davanti a noi, in tale occasione, da una grande folla di fedeli. Esso faceva eco alla preghiera di nostro Signore "affinché tutti siano una cosa sola" (
Jn 17,21).

L'odierna circostanza rafforza il nostro impegno di pregare e operare per giungere alla piena unità visibile di tutti i discepoli di Cristo. Il nostro scopo ed il nostro desiderio ardente è la comunione piena, che non è assorbimento, ma comunione nella verità e nell’amore. E’ un cammino irreversibile, che non ha alternative: è la via della Chiesa.

2. Segnate ancora dal triste periodo storico durante il quale si è negato il Nome e la Signoria del Redentore, le comunità cristiane in Romania non di rado trovano ancora oggi difficoltà a superare gli effetti negativi che quegli anni hanno prodotto sull’esercizio della fraternità e della condivisione e sulla ricerca della comunione. Il nostro incontro deve essere considerato un esempio: i fratelli debbono ritrovarsi per rappacificarsi, per riflettere insieme, per scoprire i modi di giungere ad intese, per esporre e spiegare le ragioni degli uni e degli altri. Esortiamo, dunque, coloro che sono chiamati a vivere fianco a fianco nella medesima terra romena, a trovare soluzioni di giustizia e di carità. Occorre superare, mediante il dialogo sincero, i conflitti, i malintesi ed i sospetti sorti nel passato, affinché i cristiani in Romania, in questo periodo decisivo della loro storia, possano essere testimoni di pace e di riconciliazione.

3. Il nostro rapporto deve riflettere la comunione vera e profonda in Cristo che esiste già tra noi, anche se ancora non è piena. Riconosciamo, infatti, con gioia che condividiamo la tradizione della Chiesa indivisa, centrata sul mistero dell’Eucaristia, di cui sono testimoni i santi che noi abbiamo in comune nei nostri calendari. D’altra parte i numerosi testimoni della fede al tempo dell'oppressione e della persecuzione del secolo scorso, che hanno mostrato la loro fedeltà a Cristo, sono un seme di speranza nelle difficoltà di oggi.

Per alimentare la ricerca della piena comunione, anche nelle divergenze dottrinali che tuttora permangono, occorre trovare strumenti concreti, instaurando consultazioni regolari, nella convinzione che nessuna situazione difficile è destinata a rimanere irrimediabilmente tale, e che grazie all'atteggiamento di ascolto e di dialogo e allo scambio regolare di informazioni possono essere individuate soluzioni soddisfacenti per appianare le frizioni e giungere ad una equa soluzione di problemi pratici. Occorre rafforzare questo processo perché la piena verità della fede divenga patrimonio comune, condiviso dagli uni e dagli altri e capace di suscitare una convivenza veramente pacifica, radicata e fondata nella carità.

Sappiamo bene come regolarci nello stabilire gli orientamenti che debbono guidare l’opera di evangelizzazione, tanto necessaria dopo il periodo buio dell’ateismo di Stato. Siamo d’accordo nel riconoscere la tradizione religiosa e culturale di ogni popolo, ma anche la libertà religiosa. L’evangelizzazione non può essere basata su uno spirito di competitività, ma sul rispetto reciproco e sulla cooperazione, che riconoscono a ciascuno la libertà di vivere secondo le proprie convinzioni, nel rispetto della propria appartenenza religiosa.

4. Nello sviluppo dei nostri contatti, dalle Conferenze Panortodosse e dal Concilio Vaticano II in poi, siamo stati testimoni di un promettente ravvicinamento tra Oriente ed Occidente, fondato sulla preghiera, sul dialogo nella carità e nella verità, così denso di momenti di profonda comunione. Per questo vediamo con preoccupazione le difficoltà che attraversa attualmente la Commissione Mista Internazionale di Dialogo tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa e, in occasione di questo nostro incontro, desideriamo formulare l'auspicio che non si tralasci alcuna iniziativa per riattivare il dialogo teologico e per rilanciare l’attività della Commissione. Abbiamo il dovere di farlo, poiché il dialogo teologico renderà più forte l'affermazione della nostra condivisa volontà di comunione di fronte all’attuale stato di divisione.

5. La Chiesa non è una realtà rinchiusa su se stessa: essa è inviata al mondo ed è aperta al mondo. Le nuove possibilità che si creano in un'Europa già unita, e che sta estendendo i suoi confini per abbracciare i popoli e le culture della parte centro-orientale del Continente, costituiscono una sfida che i cristiani d'Oriente e d'Occidente debbono raccogliere insieme. Più essi saranno uniti nella loro testimonianza all'unico Signore, più essi contribuiranno a dare voce, consistenza e spazio all'anima cristiana dell’Europa: alla santità della vita, alla dignità e ai diritti fondamentali della persona umana, alla giustizia e alla solidarietà, alla pace, alla riconciliazione, ai valori della famiglia, alla tutela del creato. L’Europa intera ha bisogno della ricca cultura forgiata dal Cristianesimo.

La Chiesa ortodossa di Romania, centro di contatto e di scambio tra le feconde tradizioni slave e bizantine dell’Oriente, e la Chiesa di Roma che evoca, nella sua componente latina, la voce occidentale dell’unica Chiesa di Cristo, debbono contribuire insieme ad un compito che caratterizza il terzo millennio. Secondo un’espressione tradizionale e tanto bella, le Chiese particolari amano designarsi quali Chiese sorelle. Aprirsi a questa dimensione, significa collaborare per restituire all'Europa il suo ethos più profondo ed il suo volto veramente umano.

Con queste prospettive e con questi propositi, insieme ci affidiamo al Signore implorandoLo di renderci degni di edificare il Corpo di Cristo, "finché arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo" (Ep 4,13).

276 Vaticano, 12 ottobre 2002

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE


GIOVANNI PAOLO II


A MONS. LUIGI GIUSSANI




Al Reverendo Monsignore

LUIGI GIUSSANI

In occasione del Suo 80° genetliaco, caro Monsignore, mi unisco volentieri a Lei nel rendere grazie al Signore per i tanti benefici che Le sono stati da Lui concessi in questi otto decenni di crescita umana e spirituale.

Le rinnovo i sentimenti più cordiali della mia stima e del mio affetto ed insieme a Lei desidero abbracciare con un solo sguardo questi 80 anni per affidarli a Maria, nostra celeste Madre, che Ella si è preoccupato di indicare a tutti quale strada privilegiata per incontrare Gesù e servirlo fedelmente.

Con animo riconoscente, ripercorro con Lei gli anni dell'infanzia, ripensando all'esempio e all'aiuto dei Suoi genitori; gli anni del cammino verso il sacerdozio, durante i quali ha incontrato maestri che hanno molto contribuito alla Sua formazione umana e spirituale; gli anni dell'insegnamento liceale e universitario, con la nascita e lo sviluppo del Movimento di Comunione e Liberazione; gli anni, poi, che hanno visto il rapido diffondersi dell'opera da Lei fondata in tanti Paesi. Ma mi soffermo con singolare partecipazione sugli anni più recenti provati dalla malattia, e La ringrazio per la testimonianza di fiduciosa adesione alla Volontà divina, che Ella non ha mai smesso di offrire al Movimento e alla Chiesa. Il Signore, datore di ogni bene, Le faccia sperimentare il conforto della sua presenza e la gioia del suo amore.

Condivido tali voti con i Suoi familiari e con gli innumerevoli amici e figli e figlie spirituali, che partecipano alla Sua festa. Le assicuro la mia preghiera e di cuore Le imparto una speciale Benedizione, che volentieri estendo a tutte le persone a Lei care.

Dal Vaticano, 7 Ottobre 2002

IOANNES PAULUS II





AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL CILE


IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM"


Martedì, 15 ottobre 2002

Cari Fratelli nell'Episcopato,


1. Vi ricevo con profonda gioia, Pastori della Chiesa in Cile, durante questa visita ad limina nella quale vi avvicinate alle tombe di san Pietro e di san Paolo, rinnovando la fede in Cristo Gesù trasmessa dagli Apostoli e che spetta a voi custodire quali loro successori. Siete venuti a Roma anche per ravvivare i vincoli di comunione con il Successore di Pietro e accrescere la vostra "sollecitudine per tutta la Chiesa" (Christus Dominus CD 6).

Ringrazio il signor Cardinale Francisco Javier Errázuriz, Arcivescovo di Santiago e Presidente della Conferenza Episcopale, per le cordiali parole che mi ha rivolto, con le quali si è fatto portavoce dei vostri sentimenti di affetto e di adesione al Vescovo di Roma, Sede, "nella quale sempre risiedette il primato della cattedra apostolica" (sant'Agostino, Ep 43,3), rendendomi al contempo partecipe delle vostre principali inquietudini e speranze pastorali.


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