GP2 Discorsi 2003 314

MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


IN OCCASIONE DEL CONVEGNO:


"LEONE XIII E GLI STUDI STORICI"


Venerati Fratelli,
illustri Signori, gentili Signore!

315 1. Molto opportunamente il Pontificio Comitato di Scienze Storiche ha voluto ricordare il centenario della morte del Papa Leone XIII, di venerata memoria. Infatti, questo mio illustre predecessore non si limitò a fondare la Commissione cardinalizia per la promozione degli studi storici, dalla quale è scaturito l'odierno Pontificio Comitato di Scienze Storiche, ma conferì pure un efficace impulso alle scienze storiche mediante l'apertura agli studiosi dell'Archivio Segreto Vaticano e della Biblioteca Apostolica Vaticana.

Mi rallegro, dunque, per questa iniziativa e volentieri saluto ognuno di voi, che in questi giorni avete voluto rendere omaggio alla memoria di un così illuminato Pontefice, ponendone in particolare evidenza i meriti nei confronti delle discipline storiche.

2. Com'è noto, l'influsso di Leone XIII si estese efficacemente ai vari ambiti dell'azione pastorale e dell'impegno culturale della Chiesa. Su alcuni di essi ho potuto già varie volte soffermarmi in precedenti occasioni. Penso, ad esempio, all’attenzione che Papa Pecci riservò ai problemi emergenti in campo sociale nella seconda metà del secolo XIX, attenzione che egli espresse in special modo nella Lettera enciclica Rerum novarum. A questo tema della dottrina sociale della Chiesa ho dedicato a mia volta l'Enciclica Centesimus annus, con ampi riferimenti a quel fondamentate Documento (cfr nn. 4-11).

Va, inoltre, ricordato il forte impulso impresso da Leone XIII al rinnovamento degli studi filosofici e teologici, in particolare con la pubblicazione della Lettera enciclica Aeterni Patris, con la quale egli contribuì in modo significativo anche allo sviluppo del neotomismo. Proprio a questo particolare aspetto del suo Magistero ho fatto cenno nell'Enciclica Fides et ratio (cfr nn. 57-58).

Infine, non va dimenticata la sua profonda devozione mariana e la sua sensibilità pastorale per le tradizionali forme di pietà popolare verso la Vergine Santa, in particolare per il Rosario. Lo sottolineavo nella recente Lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae, in cui ricordavo la sua Enciclica Supremi apostolatus officio e gli altri suoi numerosi interventi su questa preghiera, che egli raccomandava "come efficace strumento spirituale di fronte ai mali della società" (n. 2).

3. Senza perdere di vista questo ampio contesto teologico, culturale e pastorale nel quale si è sviluppata l'azione di Papa Leone XIII, il presente Convegno mi offre la gradita opportunità di soffermarmi sull’influsso del grande Pontefice nell'ambito degli studi storici.

Come Leone XIII, sono anch’io personalmente convinto che giovi alla Chiesa portare alla luce, per quanto è possibile mediante gli strumenti delle scienze, la piena verità sui suoi duemila anni di storia.

Certo, agli storici viene chiesto non solo di applicare scrupolosamente tutti gli strumenti della metodologia storica, ma anche di prestare una consapevole attenzione all'etica scientifica che sempre deve contraddistinguere le loro ricerche. Nel suo ben noto documento Saepenumero considerantes, Leone XIII indirizzò agli studiosi della storia un famoso monito di Cicerone: "Primam esse historiae legem ne quid falsi dicere audeat, deinde ne quid veri non audeat; ne qua suspicio gratiae sit in scribendo, ne qua simultatis" (Leonis XIII Acta, III, 268).

Queste parole di grande saggezza spingono lo storico a non essere né accusatore né giudice del passato, ma ad adoperarsi pazientemente per comprendere ogni cosa con la massima penetrazione e ampiezza, al fine di delineare un quadro storico il più possibile aderente alla verità dei fatti.

4. Varie volte, nel corso di questi anni, ho avuto modo di sottolineare la necessità della "purificazione della memoria" quale indispensabile premessa per un ordine internazionale di pace (cfr, ad esempio, il Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1997, n. 3).

Chi indaga sulle radici dei conflitti in atto in varie parti del Pianeta scopre che eventi risalenti a secoli passati continuano a far sentire anche nel presente le loro funeste conseguenze. Non di rado - e ciò rende più complessa la situazione - queste memorie ‘inquinate’ sono addirittura diventate punti di cristallizzazione dell'identità nazionale e, in alcuni casi, persino di quella religiosa. Ecco perché occorre rinunciare a qualsiasi strumentalizzazione della verità. L'amore degli storici per il proprio popolo, per la propria comunità anche religiosa, non deve entrare in competizione con il rigore per la verità elaborata scientificamente. E' da qui che ha inizio il processo della purificazione della memoria.

316 5. L'invito ad onorare la verità storica non comporta, ovviamente, che lo studioso abdichi a un suo orientamento o abbandoni la sua identità. Da lui ci si attende soltanto la disponibilità a comprendere e la rinuncia ad esprimere un giudizio affrettato o addirittura fazioso.

Infatti, nello studio della storia non si possono automaticamente applicare al passato criteri e valori acquisiti solo dopo un processo secolare. E’ invece importante sforzarsi anzitutto di risalire al contesto socio-culturale dell’epoca, per comprendere quanto è accaduto a partire dalle motivazioni, dalle circostanze e dai risvolti del periodo in esame. Gli eventi storici sono il risultato di intrecci complessi tra libertà umana e condizionamenti personali e strutturali. Tutto ciò va tenuto presente quando si intende "purificare la memoria".

6. Illustri Signori e gentili Signore! Da queste riflessioni emerge con chiarezza che è necessario in primo luogo riconciliarsi con il passato, prima di avviare un processo di riconciliazione con altre persone o comunità. Questo sforzo di purificare la propria memoria comporta sia per gli individui che per i popoli il riconoscimento degli errori effettivamente compiuti e dei quali è giusto chiedere perdono: "Non si può rimanere prigionieri del passato", ammonivo nel Messaggio citato (n. 3). Ciò talvolta domanda non poco coraggio e abnegazione. Solo questa, però, è la via attraverso la quale gruppi sociali e nazioni, liberati dalla zavorra di antichi risentimenti, possono unire le loro forze con fraterna e reciproca lealtà, per creare un futuro migliore per tutti.

Che questo avvenga sempre! Ecco l’auspicio che avvaloro con un particolare ricordo nella preghiera. Nel rinnovare a ciascuno di voi il mio vivo ringraziamento per il servizio che rendete alla Chiesa, vi porgo l’augurio di ogni bene nel Signore e tutti di cuore vi benedico.

Dal Vaticano, 28 Ottobre 2003

IOANNES PAULUS II



Novembre 2003


MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


ALL’EM.MO CARD. WALTER KASPER


IN OCCASIONE DELLA PLENARIA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO


PER LA PROMOZIONE DELL’UNITÀ DEI CRISTIANI


Al Venerato Fratello
WALTER Card. KASPER
Presidente del Pontificio Consiglio
per la Promozione dell'Unità dei Cristiani

1. Volentieri mi rivolgo a Lei, con questo Messaggio, per chiederLe di voler partecipare il mio saluto ai Membri, ai Consultori e agli Officiali di codesto Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, in occasione della sua Plenaria. Molti dei partecipanti a questo importante evento sono per la prima volta associati all'impegno affidato al Pontificio Consiglio, del quale cominciano così a condividere in modo diretto la "passione" per l'unità di tutti i discepoli di Cristo.

Che i discepoli fossero "una cosa sola" è stata la preghiera che Cristo ha rivolto al Padre la vigilia della sua Passione (cfr Jn 17,20-23). E’ una preghiera che ci impegna, costituendo un imprescindibile compito per la Chiesa, la quale si sente chiamata a spendere ogni sua energia per affrettarne l’adempimento. Infatti, "volere l'unità significa volere la Chiesa; volere la Chiesa significa volere la comunione di grazia che corrisponde al disegno del Padre da tutta l'eternità. Ecco qual è il significato della preghiera di Cristo: ut unum sint" (Lett. enc. Ut unum sint UUS 9).

317 2. Sono certo che i Cardinali, gli Arcivescovi e i Vescovi, come pure gli esperti in varie discipline, riuniti in seduta plenaria, sono pienamente consapevoli dell'urgenza con la quale la Chiesa deve portare avanti il compito del ristabilimento della piena comunione fra i cristiani. Sta, del resto, sotto gli occhi di tutti l’impegno con cui i miei Predecessori hanno operato e pregato per il raggiungimento di un tale fine. Io stesso ho più volte affermato che il movimento teso alla ricomposizione dell'unità di tutti i cristiani è una delle grandi sollecitudini pastorali del mio Pontificato. Oggi, a venticinque anni dalla mia elezione alla Sede di Pietro, ringrazio il Signore perché posso constatare che nel cammino ecumenico, pur con alterne vicende, sono stati fatti passi importanti e significativi verso la mèta.

3. Certamente, la via ecumenica non è una via facile. A mano a mano che progrediamo, gli ostacoli sono più facilmente individuati e la loro difficoltà è più lucidamente avvertita. Lo stesso traguardo dichiarato dei vari dialoghi teologici, in cui la Chiesa cattolica è impegnata con le altre Chiese e Comunità ecclesiali, sembra in certi casi farsi persino più problematico. La prospettiva della piena comunione visibile può a volte ingenerare fenomeni e reazioni dolorose in chi vuole accelerare a tutti costi il processo, o in chi si scoraggia per il lungo cammino ancora da percorrere. Noi tuttavia, alla scuola dell’ecumenismo, stiamo imparando a vivere con umile fiducia questo periodo intermedio, nella consapevolezza che esso resta comunque un periodo di non ritorno.

Vogliamo superare insieme contrasti e difficoltà, vogliamo insieme riconoscere inadempienze e ritardi nei confronti dell’unità, vogliamo ristabilire il desiderio della riconciliazione là dove esso sembra minacciato da diffidenze e sospetti. Tutto questo può essere fatto, all'interno della stessa Chiesa cattolica e nella sua azione ecumenica, soltanto partendo dalla convinzione che non vi è altra scelta, poiché "il movimento a favore dell'unità dei cristiani, non è soltanto una qualche ‘appendice’, che si aggiunge all'attività tradizionale della Chiesa. Al contrario, esso appartiene organicamente alla sua vita e alla sua azione" (Lett. enc. Ut unum sint
UUS 20).

4. Come un faro che guida tra le ombre delle divisioni ereditate da tanti secoli di peccati contro l'unità, resta l’incrollabile speranza che lo Spirito di Cristo ci sosterrà in questa traversata, guarendo le nostre debolezze e reticenze, ed insegnandoci a vivere in pienezza il comandamento dell'amore: "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (Jn 13,35).

La forza dell’amore ci spinge gli uni verso gli altri e ci aiuta a predisporci all'ascolto, al dialogo, alla conversione, al rinnovamento (cfr Unitatis redintegratio UR 1). In questo preciso contesto si inserisce molto opportunamente il tema principale di questa Sessione Plenaria del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani: La spiritualità ecumenica.

5. Nel corso degli anni, molte iniziative sono state avviate per incoraggiare la preghiera dei cristiani. Ho scritto nell’Enciclica Ut unum sint: "Sulla via ecumenica verso l'unità, il primato spetta senz'altro alla preghiera comune, all'unione orante di coloro che si stringono insieme attorno a Cristo stesso" (n. 22). Tra queste iniziative, la "Settimana di Preghiera per l'unità dei Cristiani" merita di essere particolarmente incoraggiata. Io stesso ho più volte esortato affinché essa diventi una prassi ovunque diffusa e seguita, non assumendo connotati di abitudinarietà, ma essendo costantemente animata dal sincero desiderio di un sempre più diffuso impegno per la ricomposizione dell'unità di tutti i battezzati. Anzi, ho anche incoraggiato, in molti modi, i fedeli della Chiesa cattolica a non trascurare, nel loro quotidiano colloquio con Dio, di far propria la preghiera per l'unità dei cristiani. Sono, pertanto, profondamente grato a quanti hanno assecondato questa mia preoccupazione ed hanno fatto della preghiera per l'unità dei cristiani una preoccupazione costante del loro dialogo con il Signore.

A quarant'anni dalla celebrazione del Concilio Vaticano II, mentre molti dei pionieri dell'ecumenismo sono già entrati nella Casa del Padre, noi, guardando al cammino percorso, possiamo riconoscere di aver compiuto un considerevole tratto di strada e di esserci addentrati nel cuore stesso delle divisioni là dove esse sono più dolorose. Ciò è avvenuto soprattutto grazie alla preghiera. Dobbiamo pertanto ancora una volta prendere atto del "primato" che deve essere attribuito all’impegno della preghiera. Soltanto un’intensa spiritualità ecumenica, vissuta nella docilità a Cristo e nella piena disponibilità ai suggerimenti dello Spirito, ci aiuterà a vivere con il necessario slancio questo periodo intermedio durante il quale dobbiamo fare i conti con i nostri progressi e con le nostre sconfitte, con le luci e con le ombre del nostro cammino di riconciliazione.

6. Mi auguro, Signor Cardinale, che la Plenaria di codesto Pontificio Consiglio possa far emergere intuizioni nuove per ampliare e radicare più profondamente la spiritualità ecumenica negli animi di tutti. Ciò costituirà l'antidoto efficace per ogni scoraggiamento, dubbio o esitazione. Veramente il sacrificio più gradito da offrire a Dio è la pace e la fraterna concordia dei cristiani; è lo spettacolo di un popolo radunato dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo (cfr San Cipriano, De Dominica oratione, 23: PL 4, 536).

A tutti la mia benedizione!

Dal Vaticano, 3 Novembre 2003

IOANNES PAULUS II



AI MEMBRI DELLA FONDAZIONE "GIOVANNI PAOLO II"


E AI PARTECIPANTI A VARI PELLEGRINAGGI DALLA POLONIA


Martedì, 4 novembre 2003

318
Do il mio cordiale benvenuto a tutti i qui presenti. Ringrazio i cari Arcivescovi per le benevoli parole rivoltemi. Saluto i pellegrini dell’Arcidiocesi di Danzica, che, conformemente alla tradizione ormai pluriennale, mi accompagnano nel giorno del mio patrono, San Carlo Borromeo. Saluto anche i pellegrini della Diocesi di Gniezno e di Tarnów con i loro Pastori. Tante grazie per la vostra presenza. La mia cordiale riconoscenza va a tutti gli artisti, che hanno preparato questo bel programma.


In modo particolare desidero salutare i membri e gli amici della Fondazione Giovanni Paolo II, la quale ha organizzato questa solenne serata. Sono grato perché essa è divenuta l’occasione per incontrare il numeroso stuolo dei miei connazionali, abitanti a Roma e giunti da varie parti del mondo. Da tanto tempo ormai non si è più avuto un incontro di questo genere. Esso, in un certo senso, si inscrive nelle finalità che si è posta venti anni fa la Fondazione. Come, infatti, è stabilito nello Statuto originale, lo scopo della Fondazione è l’attività religiosa, culturale, scientifica, pastorale e caritativa a favore dei polacchi che vivono in Patria e di quelli emigrati, per facilitare il consolidamento dei legami tradizionali esistenti tra la Nazione polacca e la Santa Sede, per promuovere la propagazione del patrimonio della cultura cristiana polacca e l’approfondimento dello studio della dottrina della Chiesa. Oggi l’ambito dell’attività della Fondazione si è ampliato in modo che essa possiede carattere internazionale. Ciononostante non possiamo dimenticare le radici polacche. E’ bene che oggi esse siano state ricordate in questo modo poetico.

Sono presenti oggi qui gli amici della Fondazione dagli Stati Uniti e dall’Indonesia. Voglio salutarli cordialmente e dire loro il mio grazie perché si inseriscono volentieri e con generosità in quest’opera. Vi ringrazio perché non solo sostenete la Fondazione materialmente, ma vi assumete attivamente delle iniziative di carattere religioso e culturale, che diventano occasione di evangelizzazione e di diffusione di una cultura pervasa dallo spirito cristiano. Dio vi benedica.

Saluto anche gli amici della Fondazione giunti dalla Francia. So quanto bene viene operato grazie al vostro impegno, alla vostra testimonianza di fede e all’attaccamento al Successore di Pietro. Vi ringrazio dell’aiuto che portate alla Fondazione e a tutti coloro che usufruiscono delle sue iniziative. Prego Dio affinché vi sostenga con la sua grazia e con la sua benedizione.

Saluto cordialmente gli ospiti venuti da Roma e dall’Italia. Constato con gratitudine che in questo Paese la Fondazione può sviluppare la propria attività in un’atmosfera di benevolenza e di sostegno. Esprimo al Signor Cardinale Camillo Ruini e alla Conferenza Episcopale Italiana il mio particolare ringraziamento per l’aiuto materiale nell’opera dell’istruzione dei giovani dei Paesi dell’ex blocco orientale, che studiano a Lublino, a Varsavia e a Cracovia. E’ una significativa espressione della solidarietà della Chiesa in Italia con le Chiese che continuano a curare le ferite dell’epoca passata. Voglia il buon Dio ricompensare la vostra bontà.

Oggi, insieme a voi, rendo grazie a Dio per ogni bene che nell’arco di ventidue anni è stato compiuto per iniziativa della Fondazione. Grazie allo sforzo disinteressato di numerose persone, migliaia di pellegrini che giungono a Roma da varie parti del mondo, hanno potuto trovare l’assistenza spirituale e i necessari aiuti di ogni genere. Ho potuto incontrare personalmente molti di loro. Mi riempiva sempre di gioia la loro testimonianza di fede e la loro preghiera. Le numerose prove di unione spirituale con il Successore di Pietro sono state per me fonte di incoraggiamento e di forza. Ho fiducia che la Fondazione continuerà a sostenere tutti coloro che giungono nella Città Eterna per rafforzare la propria fede in Cristo e nella Chiesa una, santa, cattolica e apostolica.

La Fondazione si è assunta l’impegno di curare la preservazione dei documenti riguardanti il pontificato e la diffusione dell’insegnamento del Magistero della Chiesa. Bisogna che questo patrimonio di bene, nato per grazia divina in questo tempo, rimanga per le generazioni future. Nello spazio dell’ultimo quarto di secolo si sono compiuti numerosi e significativi eventi nella Chiesa e nel mondo, che mettono in evidenza il fatto che le nostre azioni umane, sebbene maldestre, si inscrivono nei piani della bontà divina e portano frutti che dobbiamo alla Sua grazia. Tali eventi non possono essere dimenticati. Che la loro memoria formi l’identità cristiana delle generazioni future e sia motivo di rendimento di grazie a Dio per la Sua bontà.

E’ difficile non menzionare i successi della Fondazione nel campo della diffusione della cultura cristiana. Grazie allo sforzo degli uomini di scienza e al sostegno materiale da parte della Fondazione, sono apparse numerose, preziose pubblicazioni, che avvicinano agli uomini di oggi i segreti della storia, lo sviluppo della filosofia e della teologia. La più preziosa opera però è quella che lascia per sempre la traccia nei cuori e nelle menti dei giovani. Grazie alla Fondazione centinaia di studenti dei Paesi ex comunisti hanno potuto usufruire delle borse di studio e terminare in Polonia gli studi in varie discipline. Essi tornano nei loro paesi di origine per servire lì con la loro scienza e con la testimonianza di fede coloro che per anni furono privati dell’accesso alla scienza e alla cultura intesa in senso ampio, al messaggio del Vangelo. Alcune volte ho avuto occasione d’incontrare questi giovani e sempre ho avuto l’impressione che essi costituiscano un tesoro di cui possiamo essere orgogliosi.

Sono passati ventidue anni dal 16 ottobre 1981, giorno in cui firmai il primo Statuto della Fondazione. Quel documento, nel quale furono definiti sia i fini che i mezzi della Fondazione, nell’arco degli anni ha assicurato le basi per sviluppare numerose iniziative di carattere religioso, culturale e pastorale, che hanno portato frutti benedetti. Tuttavia, l’esperienza acquisita durante questi due decenni ha mostrato la necessità di adattare lo Statuto della Fondazione alle sfide di oggi. Per questo il Consiglio della Fondazione ha presentato un progetto di cambiamenti nello Statuto, che io - conservando validità al decreto di fondazione - ho approvato e confermato il 16 ottobre u.s., precisamente ventidue anni dopo l’istituzione della Fondazione. In questo solenne momento voglio trasmettere al Presidente del Consiglio della Fondazione, l’Arcivescovo Szczepan Wesoly il nuovo Decreto, in forza del quale sin da oggi entrerà in vigore il rinnovato Statuto della Fondazione. Possa esso aiutare ad attuare in modo più efficace i fini, che guidarono i fondatori agli inizi di questo pontificato.

Vi ringrazio tutti ancor una volta per la benevolenza. Vi chiedo di pregare e di perseverare nel fare il bene. Di cuore benedico tutti: Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.




AI MEMBRI DEL


"POPE JOHN PAUL II CULTURAL CENTER TRUSTEES"


DAGLI STATI UNITI D'AMERICA


Giovedì, 6 novembre 2003




319 Gentile Cardinale Maida,
Distinti Amici in Cristo,

Sono lieto di salutarvi, Amministratori fiduciari del Pope John Paul II Cultural Center, e vi porgo un cordiale benvenuto.

È con gratitudine e incoraggiamento che seguo i vostri sforzi per promuovere i contatti, i rapporti reciproci e la comprensione tra i popoli e le culture diverse. Infatti, proprio questo scambio reciproco è tanto necessario, oggi, per costruire la cultura della pace, la civiltà dell'amore che deve sempre essere la luce che guida il nostro mondo in questo nuovo millennio.

Possa il vostro lavoro in questo ambito essere coronato dal successo! Grazie per il vostro impegno, e che Dio vi benedica sempre!


AI PARTECIPANTI ALL’INCONTRO PROMOSSO


DALLA FONDAZIONE "ROBERT SCHUMAN"


PER LA COOPERAZIONE DEI DEMOCRATICI CRISTIANI D’EUROPA


Venerdì, 7 novembre 2003




Signor Presidente,
Distinti Signori e Signore,

1. Sono lieto di darvi il benvenuto in occasione di questo seminario organizzato dalla Robert Schuman Foundation. Porgo un cordiale saluto a tutti, e rivolgo un particolare ringraziamento al Signor Jacques Santer, che ha dato espressione ai vostri sentimenti di rispetto e di stima.

Come cristiani impegnati nella vita pubblica, vi siete riuniti per riflettere sulle prospettive che attualmente si stanno aprendo dinanzi all'Europa. La "nuova" Europa che si sta costruendo adesso, giustamente desidera diventare un "edificio" solido e armonioso. Questo significa trovare un giusto equilibrio tra il ruolo dell'Unione e quello degli Stati membri, come pure tra le inevitabili sfide che la globalizzazione pone al continente e il rispetto delle sue caratteristiche storiche e culturali, delle identità nazionali e religiose dei suoi popoli, e dei contributi specifici che possono giungere da ciascuno dei Paesi membri. Comporta anche la costruzione di un "edificio" che sia accogliente nei confronti degli altri Paesi, a incominciare con i vicini più prossimi, e una "casa" aperta a forme di cooperazione che non siano solo economiche, ma anche sociali e culturali.

2. Affinché ciò accada, occorre che l'Europa riconosca e preservi il suo patrimonio più caro, costituito da quei valori che hanno, e che continuano a garantirle, un'influenza provvidenziale sulla storia della civiltà. Questi valori riguardano soprattutto la dignità della persona umana, il carattere sacro della vita umana, il ruolo centrale della famiglia fondata sul matrimonio, la solidarietà, la sussidiarietà, il governo della legge e la solida democrazia.

320 Sono numerose le radici culturali che hanno aiutato a rendere saldi questi valori, tuttavia è innegabile che è stato il cristianesimo la forza capace di promuoverli, conciliarli e consolidarli. Per questa ragione, appare logico che il futuro trattato costituzionale europeo, che mira a realizzare "l'unità nella diversità" (cfr Preambolo, 5), debba fare esplicito riferimento alle radici cristiane del Continente.

Una società che dimentica il proprio passato è esposta al rischio di non riuscire a far fronte al proprio presente e, peggio ancora, di diventare vittima del proprio futuro!

A questo riguardo, sono lieto di osservare che molti di voi provengono da Paesi che si stanno preparando a entrare nell'Unione, Paesi ai quali il cristianesimo, spesso, ha offerto un aiuto decisivo sul cammino della libertà. Da questo punto di vista, voi potete facilmente comprendere quanto sarebbe ingiusto se l'Europa d'oggi nascondesse il contributo centrale dato dai cristiani alla caduta di regimi oppressivi di qualunque genere e alla costruzione della democrazia autentica.

3. Nella mia recente Esortazione Apostolica Post-sinodale Ecclesia in Europa, non ho potuto fare a meno di sottolineare, con rammarico, come questo Continente tragicamente sembri soffrire di una profonda crisi dei valori (cfr n. 108), che in ultimo ha portato a una crisi di identità.

Sottolineo qui con piacere quanto sia possibile fare, da questo punto di vista, attraverso una partecipazione responsabile e generosa alla vita "politica", e di conseguenza alle varie attività economiche, sociali e culturali che possono essere svolte per promuovere il bene comune in modo organico e istituzionale. Conoscete le parole del mio predecessore Paolo VI a riguardo: "La politica è una maniera esigente (...) di vivere l'impegno cristiano al servizio degli altri" (Octogesima adveniens, n. 46).

Le osservazioni fatte spesso contro l'attività politica non giustificano un atteggiamento di scetticismo disimpegnato da parte del cattolico, che invece ha il dovere di assumersi la responsabilità per il benessere della società. Non è sufficiente chiedere la costruzione di una società giusta e fraterna. Occorre anche lavorare in maniera impegnata e competente per la promozione dei valori umani perenni nella vita pubblica, conformemente ai metodi corretti propri all'attività politica.

4. Il cristiano deve anche assicurare che il "sale" del suo impegno cristiano non perda il suo "sapore" e che la "luce" dei suoi ideali evangelici non venga oscurata dal pragmatismo o, peggio, dall'utilitarismo. Per questo, egli ha bisogno di approfondire la sua conoscenza della dottrina sociale cristiana, cercando di assimilarne i principi e di applicarla con saggezza laddove è necessario.

Questo presuppone una formazione spirituale seria, alimentata dalla preghiera. Una persona che sia superficiale, spiritualmente tiepida oppure indifferente, o che si preoccupi in modo eccessivo del successo e della popolarità, non potrà mai esercitare in modo adeguato la sua responsabilità politica.

La vostra Fondazione può trovare in colui che le ha dato il nome, Robert Schuman, un modello importante a cui ispirarsi. La sua vita politica è stata spesa al servizio dei valori fondamentali della libertà e della solidarietà, compresi pienamente alla luce del Vangelo.

5. Cari amici, in questi giorni in cui riflettete sull'Europa, è naturale ricordare che tra i principali promotori della riunificazione di questo Continente vi sono stati uomini ispirati da una profonda fede cristiana come Adenauer, De Gasperi e Schuman. Come possiamo, per esempio, sottovalutare il fatto che nel 1951, prima di iniziare i delicati negoziati che avrebbero poi portato all'adozione del Trattato di Parigi, essi abbiano desiderato incontrarsi in un monastero benedettino sul Reno per meditare e pregare?

Anche voi avete la responsabilità non solo di preservare e di difendere, ma anche di sviluppare e rafforzare l'eredità spirituale e politica lasciata da queste grandi figure. Nell'esprimere questo auspicio, cordialmente imparto a voi e alle vostre famiglie la mia Benedizione Apostolica.



MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AI PARTECIPANTI ALL'OTTAVA SEDUTA PUBBLICA


DELLE PONTIFICIE ACCADEMIE




321 Al Venerato Fratello
PAUL Card. POUPARD
Presidente del Consiglio di Coordinamento
tra Accademie Pontificie

1. E’ con viva gioia che invio questo mio messaggio ai partecipanti all’ottava Seduta Pubblica delle Pontificie Accademie. E’ un incontro che intende promuovere l’opera di codeste importanti Istituzioni culturali ed assegnare, al tempo stesso, un riconoscimento a quanti si adoperano per favorire un rinnovato umanesimo cristiano.

La saluto cordialmente, Venerato Fratello, e La ringrazio per la sollecitudine con la quale segue questa iniziativa. Saluto poi i Presidenti di ciascuna Accademia e i loro collaboratori, come pure i Membri della Curia Romana intervenuti. Estendo il mio saluto alle Autorità, ai Signori Ambasciatori ed a quanti hanno voluto onorare con la loro presenza codesta manifestazione.

2. Il tema scelto per l’odierna seduta pubblica - I Martiri e le loro memorie monumentali, pietre vive nella costruzione dell’Europa - intende offrire una singolare chiave di lettura della svolta epocale che stiamo vivendo in Europa. Si tratta di scoprire il legame profondo tra la storia di ieri e quella di oggi, tra la testimonianza evangelica offerta coraggiosamente nei primi secoli dell’era cristiana da tantissimi uomini e donne e la testimonianza che, anche nei giorni nostri, non pochi credenti in Cristo continuano ad offrire al mondo per riaffermare il primato del Vangelo di Cristo e della carità.

Se si perdesse la memoria dei cristiani che hanno sacrificato la vita per affermare la loro fede, il tempo presente, con i suoi progetti ed i suoi ideali, perderebbe una componente preziosa, poiché i grandi valori umani e religiosi non sarebbero più confortati da una testimonianza concreta, inserita nella storia.

3. “Stringendovi a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale” (
1P 2,4).

Queste parole dell’apostolo Pietro hanno animato e sostenuto migliaia di uomini e donne nell’affrontare le persecuzioni e il martirio durante duemila anni di cristianesimo. Oggi in Europa - ma così non è in altre regioni del mondo – la persecuzione non è più fortunatamente un problema. I cristiani tuttavia devono spesso affrontare forme di ostilità più o meno palesi e questo li impegna ad una testimonianza chiara e coraggiosa. Insieme a tutti gli uomini di buona volontà, essi sono chiamati a costruire una vera “casa comune”, che non sia solo edificio politico ed economico-finanziario, ma “casa” ricca di memorie, di valori, di contenuti spirituali. Questi valori hanno trovato e trovano nella Croce un eloquente simbolo che li riassume e li esprime.

Nell’Esortazione apostolica post-sinodale Ecclesia in Europa ho sottolineato che il Continente europeo sta vivendo una “stagione di smarrimento” e che le Chiese europee sono anch’esse tentate da “un offuscamento della speranza” (n. 7). Tra i segnali preoccupanti ho posto in evidenza il progressivo smarrimento dell’eredità cristiana, che porta di conseguenza la cultura europea a scivolare in una sorta di “apostasia silenziosa”, nella quale l’uomo vive come se Dio non esistesse.

322 4. I discepoli di Cristo sono chiamati a contemplare e imitare i tanti testimoni della fede cristiana, vissuti nell’ultimo secolo, all’Est come all’Ovest, i quali hanno perseverato nella loro adesione al Vangelo in situazioni di ostilità e persecuzione, spesso fino alla prova suprema del sangue. Questi testimoni sono convincente segno di speranza, che viene additato innanzitutto alle Chiese d’Europa. Essi, infatti, ci attestano la vitalità e la fecondità del Vangelo anche nel mondo di oggi. Sono davvero un faro luminoso per la Chiesa e per l’umanità, perché hanno fatto risplendere nelle tenebre la luce di Cristo.

Si sono sforzati di servire fedelmente Cristo ed il suo “Vangelo della speranza”, e con il loro martirio hanno espresso in grado eroico la loro fede e il loro amore, ponendosi generosamente a servizio dei fratelli. Così facendo hanno dimostrato che l’obbedienza alla legge evangelica genera una vita morale e una convivenza sociale che onorano e promuovono la dignità e la libertà di ogni persona.

Sta a noi, dunque, raccogliere questa singolare e preziosissima eredità, questo patrimonio unico ed eccezionale, come già hanno fatto le prime generazioni cristiane, che hanno costruito sulle tombe dei Martiri memorie monumentali, basiliche e luoghi di pellegrinaggio, per ricordare a tutti il loro supremo sacrificio.

5. Questa solenne Seduta Pubblica vuol essere, perciò, innanzitutto memoria e accoglienza interiore della testimonianza dei Martiri. I cristiani di oggi non devono dimenticare le radici della loro esperienza di fede e dello stesso loro impegno civile.

Sono pertanto lieto di incaricarLa, Signor Cardinale, di consegnare il premio delle Pontificie Accademie per l’anno 2003 alla Dottoressa Giuseppina Cipriano per il suo studio dal titolo I Mausolei dell’Esodo e della Pace nella necropoli di El-Bagawat. Riflessioni sulle origini del Cristianesimo in Egitto. La prego altresì di consegnare la Medaglia del Pontificato alla Dottoressa Sara Tamarri, per l’opera dal titolo L’iconografia del leone dal Tardoantico al Medioevo.

Voglia al tempo stesso, Venerato Fratello, esprimere alle vincitrici il mio compiacimento per i rispettivi lavori che sottolineano il valore del patrimonio archeologico, liturgico e storico, al quale la cultura cristiana deve tanto e dal quale può tuttora attingere elementi di autentico umanesimo.

Nell’assicurare a tutti un particolare ricordo nella preghiera, volentieri imparto a Lei, Signor Cardinale, ed a ciascuno dei presenti la mia Benedizione.

Dal Vaticano, 3 Novembre 2003


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